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Unaltro frammento @ditono scherzoso Nasce nel 61. 062aComo Eunpoiitico disuccesso Scrive discorsi giudiziaried epidittici eopere di poesia Di tono diverso, apertamente scherzoso, sono altri versi di Adriano (riportati nella stessa biografia), scritti in risposta a una breve poesia dell’amico Floro, che cost commentava | bitudine dell imperatore di compiere lunghi viaggi nelle pitt lontane regioni dell’impero: Ego nolo Caesar esse, Non vorrei essere Cesare, ambulare per Britannos, andare in giro fra i Britanni [latitare-per Sugambros}, imboscarmi fra i Sigambri*, is i sopportare le scitiche nevi. Scythicas pati pruinas. i 1. Nei manoscrttsileggono soltanto tre veri: primo, il secondo e il quarto. I trzo viene integrato conget- turalmente sulla base del verso corrispondente nellarisposta di Adriano. Nella sua replica Adriano, servendosi di una puntuale parodia dei versi dell’amico, con- trappone implicitamente alla propria vita, faticosa ma attiva, quella scioperata e dissipata di Floro, non priva di noiosi inconvenienti: Ego nolo Florus esse, Non vorrei essere Floro, ambulare per tabernas, andare in giro per le osterie, imboscarmi nelle bettole, latitare per popinas, ; per pop’ sopportare gli insetti rotondi. cullices pati rotundos. Le due strofette sono soprattutto documenti di quell’usanza di scrivere versi d’occa- sione, leggeri e scherzosi, che fu propria fin dall’eta repubblicana di moltissimi perso- naggi romani, non poeti di professione, ma intenditori e amanti della poesia. 3. Loratoria e l’epistolografia Plinio il Giovane Un politico e un letterato a tutto tondo Gaio Cecilio Plinio Secondo, esponente di spicco dell’oratoria e dell’epistolografia in eta traianea, nacque nel 61 0 nel 62 a Novum Comum (oggi Como). Figlio di una sorella di Plinio il Vecchio, rimasto orfano di padre, fu adottato dallo zio, che alla sua morte, nel 79, lo lascid erede di possedimenti in Etruria e in Campania. Studid a Roma e fu al- lievo di Quintiliano, il pid illustre retore dell’epoca. Fece una brillante carriera politica rivestendo varie cariche sotto Domiziano e giungen- do al consolato (come consul suffectns) sotto Traiano, nell’anno 100. Amico personale dell’imperatore, che lo volle nel suo consilium principis, nel 110 0 111 fu da lui nominato legato (ossia governatore) in Bitinia: Gli abitanti della provincia, penso, comprenderanno che ho avuto per loro un particolare ri- guardo. Giacché anche tu da parte tua farai in modo che appaia loro chiaro che tu sei stato scelto per esser loro inviato in mia vece. (Epistulae, X, 18, 2-3; trad. L. Rusca ed E. Faeli) Con ogni probabilita mori durante tale incarico nel 112 0 nel 113, dal momento che non si hanno sue notizie successive a quelle contenute nelle lettere scritte a Traiano dalla provincia. Oratore molto rinomato (come egli stesso tiene a ricordare), pubblicd discorsi giudizia~ ri ed epidittici che non ci sono pervenuti. Lasola orazione superstite @ una gratiarum actio Celebrale qualita traianee Caro Massimo, sovente mi é capitato, mentre tenevo un‘arringa, che i Centumviri, dopo aver a lungo conservato un/autorita e una serieta degna di giudici, d'un tratto, quasi vinti e co- stretti, si sian levati tutti in piedi ad applaudirmi; di frequente io riportai in Senato un tal fa- vore quale non avrei potuto desiderar maggiore. (Epistulae, 1X, 23, 1-2; trad. L. Rusca ed E. Faelli) Scrisse inoltre elegie ed epigrammi (cui accenna nelle epistole, citandone alcuni), in- serendosi deliberatamente nella tradizione della poesia come lusus, di cui avevano da to esempio molti personaggi illustri fra i quali Cicerone, suo modello principale anche in campo oratorio ed epistolografico. Il Panegirico di Traiano Lunica orazione di Plinio conservata é il discorso di ringraziamento (gratianum actio) che egli, secondo I’uso, pronuncié in Senato assumendo la carica di console, i] 1° settembre dell’anno 100, ¢ che poi rielabord ¢ amplid in vista della pubblicazione. Si trata in realti di un vero € proprio panegirico dell’imperatore ¢ con questo titolo fu conosciuto nei se- coli successivi, quando fu assunto a modello di letteratura encomiastica. Traiano viene presentato all’inizio come un grande dono fatto dagli déi ai Romani per il bene dell’impero, un uomo dotato di attributi che lo rendono assai simile a una di- vinita, anche se nella sua modestia e nel suo rispetto delle istituzioni non pretende (come Vodiato predecessore Domiziano) onori divini. Vengono poi rievocate le vicende che portarono alla sua elezione all'impero; Plinio elo- gia il metodo della successione per adozione, che consente di scegliere, come in que- sto caso, il migliore tra i cittadini. Sono quindi esaleate le straordinarie qualita di Traiano come comandante militare, la sua generosita ¢ munificenza, la sua affabilita e mode- stia. Alle colpe e ai delitti di Domiziano, presentato come un bieco tiranno e violente- mente biasimato, Voratore contrappone le eccelse virti, pubbliche e private, e i saggi provvedimenti dell’optimus princeps. La giustizia ¢ la clemenza in cui Traiano LE PAROLE DELLA CIVILTA LATINA Optimus princeps Uappellativo di optimus princeps, attestato nelle fonti epigrafiche fin dall'eta giulio-claudia, connota la fi- gura dell'imperatore ideale, ma affonda le proprie radici nella cultura repubblicana. Con respressione princeps Senatus si indicava infattil membro pit autorevole del consiglio, cui spettava il diritto di votare per primo. Uaccezione di “principe” — e quindi di “imperatore” — nasce da un'ambiguita semantica sapientemente ideata da Augusto, il quale si attribuisce la qualifica di princeps omettendo il genitivo di specificazione e conferendo cosi al termine un significato pid vasto e onnicomprensivo. Laggettivo optimus, invece, assumeva originariamente una duplice valenza: dal punto di vista politico era riferito agli aristocraticiromani che componevano la fazione piu conservatrice del Senato (glioptima- tes appunto}, ma indicava anche, dal punto di vista morale, il cittadino integerrimo. Unito al sostantivo princeps passa a definire l'imperatore esemplare, abile stratega militare ed eccellente amministratore ma anche uomo benevolo e generoso, conservando quindi loriginale sfumatura etica. Un'eco dell’acce- zione politica si pud forse riconoscere nel fatto che i principi meritevoli dellepiteto optimus sono quelli che intrattengono rapporti diriguardo nei confronti del Senato. Particolare risalto @ dato al rispetto di Traiano per le istituzioni Lalibertae frutto della generosita del principe Eun funzionario zelante Lostile vuole essere sublime Eunaraccoltadi epistole in dieci libri libro Xé un carteggio Ufficiale con Traiano eccelle ¢ la fiducia ¢ Vaffetto reciproci, che lo legano al Senato e al popolo, garantiscono all'impero un futuro di pace e di prosperit’. Loratore da il massimo risalto al rispetto dimostrato da Traiano per le magistrature (il con- solato in primo luogo) e per il Senato, sottolineando la perfetta armonia che regna tra il principe e i senatori, a cui sono finalmente assicurate la dignitas ¢ la securitas. Mentre Do- miziano (otto il quale Plinio ammette di aver fatto buona parte della sua carriera politica, ma da cui prende ostentatamente le distanze) odiava coloro che erano stimati dal Senato, ora «l’imperatore € il Senato approvano e disapprovano le stesse cose» (62, 5). E evidente che tra gli scopi principali di Plinio vi @ quello di incoraggiare la politica filosenatoria di Traiano, che garantisce onori e privilegi alla classe cui egli stesso appartiene. E altrettanto evidente tuttavia che egli riconosce all’imperatore, senza esitazioni o riser- ve, il diritto di esercitare un potere assoluto; pur richiamandosi infatti pitt volte all’anti- ca libertas che Traiano avrebbe ripristinato, Plinio la presenta come un dono gratuito, frutto della straordinaria generosit’ del sovrano, e arriva ad affermare: Te vero securi et alacres quo vocas sequimur, Senza timori e pieni di zelo noi ti seguiamo Tubes esse liberos: erimus; inbes quae dove ci chiami. Ci comandi di essere liberi: ‘i lo saremo; ci comandi di dire pubblicamente sentimus promere in medium: proferemus. 2 : ' cid che pensiamo: lo diremo. (Panegirico, 66, 3-4) Come si vede, & una concezione piuttosto singolare della liberta, sottoposta alla guida ¢ alla tutela del principe, anzi addiriteura (¢ quasi paradossalmente) imposta da lui. Un confronto con il De clementia di Seneca (utYaltra opera che, elogiando l'imperatore re- gnante, delinea al tempo stesso la figura del sovrano ideale; “+p. 60) porta a rilevare che Plinio non propone un programma di governo (sia pure astratto ¢ utopistico, come quello prospettato dal filosofo stoico), ma si limita ad approvare incondizionatamente la politica traianea. La sua figura infatti «non é quella di un consigliere o di un collaborato- re a pieno titolo del principe, ma quella di un funzionario subalterno, di un portavoce che possiede gli strumenti tecnici per trasmettere (¢ imporre) all’uditorio tradizionale (ama soprattutto al Senato) le decision e i mandata del principe» (G. F. Gianotti). Per quanto riguarda lo stile del Panegirico, esso vuole essere sublime, come si addice all’e- loquenza epidittica, alla solennita della situazione e alla persona del destinatario perd spesso ridondante, iperbolico e magniloquente. Nel complesso questa ampia orazione costituisce un documento storico importantissi- mo e un saggio non meno notevole di stile elevato e ornato, anche se vi traspaiono chiaramente le tendenze di una letteratura cortigiana, sempre insidiata dagli eccessi dell’amplificatio retorica risulta Tutto il mondo di Plinio in forma dilettera Lopera piti importante di Plinio & una raccolta di epistole in dieci libri (Epistularum libri X). I primi nove contengono le lettere agli amici che l’autore scrisse ¢ pubblicd negli anni dal 103-105 al 110-111, quando parti per la Bitinia: sono circa 250 e sono indirizzate a oltre 100 destinatari, i pid illustri dei quali sono Tacito e Svetonio. I libro X contiene invece un carteggio ufficiale tra Plinio ¢ l’imperatore Traiano: so- no in tutto 124 lettere (di cui 51 di Traiano), risalenti perlopit al periodo del governato- rato in Bitinia, dal 110-111 al 112-113. Lelettere dei primi rove libri hanno un intento letterario Lordine @ ispirato al criterio della varietas Gli argomenti testimoniano a vita delcivis in eva imperiale Mentre le lettere dell’ultimo libro, che vertono su questioni amministrative, hanno rattere ufficiale e documentario, quelle agli amici costituiscono un tipico epistolario letterario, civ’ seritto espressamente in vista della pubblicazione. Cid risulta chiaramente dalla dedica a Setticio Claro (che fu poi prefetto del pretorio sotto Adriano ¢ a cui Svetonio dedicd le sue Vite), premessa alla raccolta: Spesso mi hai esortato a raccogliere e a pubblicare le lettere che avessi scritto un po’ pitt ac- curatamente. Le ho raccolte senza rispettare Yordine cronologico (visto che non componevo unopera storica), ma come mi capitavano tra le mani. Ora mi resta solo da sperare che tu non ti penta di avermi dato quel consiglio, né io di averlo seguito. (Epistulae, 1, 1, 1-2) Con [espressione «scritte un po’ piti accuratamente» (paulo curatius) Plinio si riferisce all'elaborazione letteraria di testi che ambiscono, per la loro eleganza formale, a inserir- si nel filone del genere epistolografico, che aveva avuto a Roma il suo principale esponente in Cicerone. E probabile che in buona parte le lettere siano state effettiva- mente inviate ai destinatari; certamente reali sono le circostanze concrete (avveni- menti storici, fatti di cronaca quotidiana) a cui fanno riferimento, ma molte tra le epi- stole pid! ampie e piti accurate stilisticamente (narrazioni, descrizioni, sviluppi di lnoghi comuni) furono scritte direttamente ed esclusivamente per essere pubblicate. Per quanto riguarda lordine in cui le lettere sono disposte all’interno dei libri, esso non appare del tutto casuale (come Plinio vuol far credere nella dedica che abbiamo citato), ma sembra piuttosto ispirato al criterio della varietas degli argomenti e delle situazioni. Con tale varieta, cio? con l'alternanza dei temi, l'autore cerca di compensare una certa ripetitivit’, che riflette la monotonia della vita che egli conduce. Plinio si propone infatti di tracciare, sulle orme di Cicerone, un quadro ampio ¢ animato delle sue attiviti pubbli- che e private, e insieme del periodo storico e dell’ambiente sociale cui appartiene. Tuttavia si rende conto che le vicende in cui & immerso non hanno il rilievo ¢ Vinteresse, spesso drammatico, di quelle rispecchiate nelle lettere del suo grande predecessore. Egli lo ammette esplicitamente in un'epistola in cui si scusa con un amico che gli aveva chiesto missive piti frequenti e pitt lunghe richiamandolo all’esempio ciceroniano: Infatti la mia situazione non & quella di Marco Tullio, al cui esempio mi richiami. Egli, oltre ad avere un ingegno straordinario, aveva anche a disposizione in grande abbondanza argomenti adeguati, per varieta e per importanza, al suo ingegno; in quali angusti confini, invece, io sia rinchiuso, tu lo vedi anche se non te lo dico, a meno che io voglia mandarti lettere scolastiche e, per cosi dire, umbratili”, (Epistulae, 1X, 2, 2-3) 1. Ciot scritte nella penombra del proprio studio. Lepistolario documenta con grande fedeltd e precisione le oecupazioni ¢ le abitudini di un eminente cittadino romano sotto limpero: discorsi tenuti in tribunale o in Sena- to, “recitazioni” organizzate in casa propria o presso conoscenti, inviti a cena, soggiorni nelle case di campagna, visite di cortesia, condoglianze in occasione di lutti, scambi con gli amici di favori, di libri, di giudizi sulle rispettive opere letterarie. Troviamo inoltre lettere di raccomandazione, resoconti di sedute del Senato, descrizioni particolareggiate delle splendide ville dell’autore (che egli possedeva in gran numero sul lago di Como, nel Lazio presso Laurento e in Etruria) ¢ di altre localita (come le fonti del Clitumno), Emerge la personalita pregevole di Plinio Evidenti sono anche i suoi limiti racconti di avvenimenti passati (come la morte dello zio durante leruzione del Vesuvio che distrusse Pompei; ~# 6, p. 411), svolgimenti di luoghi comuni presentati come medi- tazioni suggerite da fatti ed episodi della vita di ogni giorno (~# t4-5 e t7-8, pp. 406 ss) Dalle lettere emerge e assume grande risalto la personalita di Plinio, con le sue nume- rose qualita positive: 'onesti morale, la cultura raffinata, il buon gusto (degno di un gran signore, che rifugge dall’ostentazione della ricchezza e del lusso), "hunanitas, fatta di cortesia, affabiliti, comprensione e sollecitudine per le esigenze e le difficolti altrui, indulgenza per i difetti e sincera gioia per i successi degli amici. La sua generosita e l'attaccamento alla terra natia si maniféstano nella donazione agli abitanti di Como di una biblioteca publica (Epistulae, I, 8) ¢ nell’iniziativa (che co- munica in una lettera all’amico Tacito) di fare aprire a Como una scuola superiore in mo- do che i giovani non siano piti costretti a trasferirsi a Milano per studiare (IV, 13). Plinio esercita inoltre il mecenatismo, offrendo ad esempio a Marziale il denaro necessario per tornare in Spagna e interessandosi in pid di una circostanza a favore di Svetonio. Dallabbondantissima documentazione che abbiamo emergono perd anche i limiti dell’autore: innanzitutto la vanita, che si rivela nel continuo bisogno di riconoscimenti (tra Valtro, egli confessa candidamente di essere prodigo di elogi anche perché ama mol- Pompei, una finestra sempre aperta sul passato Dal 1997 ilsito archeologico di Pompei, insierne con quell di Ercolano e di Oplonti & stato inserito nella lista dei Patrimoni dell'Umanita del unesco: esso rappresenta infatti una testimonianza eccezionale per la conoscenza della vita quotidiana di una ricca cittd romana di provincia nel | secolo «.C. Gi scavi che hanno permesso a milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo di passeggiare per le antiche strade e di accedere a botteghe e ville sono cominciati a meta del XVI per iniziativa di Carl Il di Borbone, re di Napoli, e continuano ancora oggi: attualmente circa un terzo dell'area accupata dall'antico insediamento resta ancora sepolto sotto la lava del Vesuvio. "Grande Progetto Pompe stanziato ne! 2012 e finanziato all Unione Europea, ha dato grande impulso alle indagini nella Regio V, non ancora accessibile al pubblico In questa zona, in particolare, nelottobre del 2018 é stata ritrovata un'inscrizione a carboncino tracciata sulla parete di una casa in ristrutturazione che presenta la data del 17 ottobre. Tale ritrovamento sposterebbe il momento dell’eruzione dall agosto del 79 alottobre (probabilmente il 24) dello stesso anno, e sarebbe in linea con altri resti archeologici che farebbero propendere per unferuzione in autunno. La Via dell’Abbondanza al tramonto, Pompei, Parco Archeoloaica Laletteratura occupa un posto centrale nella sua vita Lostile@ elegante libro X hainteresse documentario to essere lodato a sua volta); un ottimismo un po’ ingenuo che lo porta a compiacer- si, ad esempio, della straordinaria abbondanza di recitationes, come se fosse segno dell’al- to livello della letteratura dei suoi tempi (mentre si trattava piti che altro di riti mondani). E significativo che un giudizio ben diverso sulla vitalita di quella cultura (¢ in partico- are sulle recitationes) sia espresso da Giovenale (~ p. 369). La frequenza delle epistole di argomento letterario conferma l’importanza centrale del- Ja letteratura nella vita di Plinio: egli é l’animatore di una sorta di circolo la cui attivita promuove ¢ incoraggia con ogni mezzo, convinto che la passione e l'applicazione siano sufficienti per conseguire risultati artisticamente eccellenti. Affiora, nel complesso, una certa superficialita: Plinio, perfettamente integrato nell’epoca e nella societ’ in cui vi- ve, non vede — se non raramente (“# t11, p. 426) — quei sintomi di crisi culturale che il suo stesso maestro Quintiliano era invece costretto a rilevare; tanto meno é turbato dai dubbi e dalle inquietudini che travagliavano uno spirito incomparabilmente piti profon- do ¢ problematico qual era quello di Tacito. Caro Tacito, tu non sei contento di te stesso, ¢ io non sono mai pitt veritiero di quando scrivo di te. Non so se i posteri si occuperanno di noi; noi certo lo meriteremmo, non dico per lin- gegno (sarebbe infatti da superbo), ma per lapplicazione, la fatica, e per il rispetto verso la posterita. Continuiamo dunque per la via intrapresa, che se condusse pochi alla fama e alla gloria, molti perd trasse dalle tenebre e dal silenzio. Addio, (Epistulae, 1X, 14; trad. L. Rusca ed E. Faelli) Lepistolario ha in ogni caso un notevolissimo valore dal punto di vista non soltanto sto- rico-culturale ma anche stilistico: é scritto in modo limpido e conciso, clegantemente colloquiale, con voluta semplicita, ma anche con largo uso di figure retoriche. Plinio ama le sentenze epigrammatiche ¢ le battute di spirito (sempre fini ¢ garbate), in- serisce citazioni letterarie e da spazio a parole ed espressioni greche, derivate pitt dall’u- so epistolare ciceroniano che dal linguaggio comune. Ecco alcuni esempi di sentenze che racchiudono il suo pensiero sull’'uomo: Nulla che con Vabilita e la pazienza non possa, se non essere vinto, almeno attenuato. (Epistulac, VIL, 4, 5; trad. L. Rusca e E. Faelli) I potere sbaglia quando vuole provare la propria autorita offendendo gli altri (Epistuiae, VUL, 24, 6; trad. L. Rusca ¢ E. Faelli) Molto diverso dai primi nove @ ultimo libro: il carteggio con Traiano riveste un ecce- zionale interesse documentario in quanto offre un quadro, prezioso per gli storici, delle mansioni di un governatore provinciale Particolarmente importanti sono le due epistole sui cristiani, che costituiscono una delle prime testimonianze di parte pagana sulla diffusione del cristianesimo (~+t9-10, pp. 418 ss) In questo come in altri casi, alla scrupolosa dipendenza di Plinio dalle direttive imperia- li, alle sue incertezze, dovute alla costante preoccupazione di non prendere iniziative che rischino di essere disapprovate, fa riscontro l'energica ¢ talora sbrigativa sicurezza di Traiano, il cui modo di esprimersi semplice ¢ conciso rispecchia, soprattutto nel lessico, il linguaggio tecnico-amministrativo della cancelleria imperiale. Limpostazione formalee argomentativa esimile a quella dei Dialogi 4. Oltre le limitazioni del dialogo: i Trattati I Tiattati (De clementia, De beneficiis e Naturales quaestiones) rispondono all’esigenza di affron- tare alcuni argomenti in opere di pid vasto respiro e ampiezza; tuttavia, non differiscono sostanzialmente dai Dialogi nell’impostazione formale. Anche in essi Yautore parla sempre in prima persona rivolgendosi a un dedicatario con cui immagina di dialogare ¢ di discutere; anche qui si rileva un impianto argomentativo e dialettico energico e impegnato, ¢'uso di procedimenti diatribici, come la vivace polemica con obiettori fittizi e il fre- quente ricorso ad aneddoti e ad esempi tratti dalla storia greca e romana. Il sogno del principato illuminato: il De clementia Ll De clementia & un trattato di filosofia politica che risale agli anni 55-56 in cui Seneca teo- rizza ed esalta la monarchia illuminata (~# t19, p. 149), e che per questo motivo ebbe grande sucesso ed esercitd un notevole influsso sul pensiero politico successivo, special- mente in eti moderna, Rivolgendosi a Nerone, da poco divenuto imperatore, il filosofo lo clogia perché, pur disponendo di un potere illimitato, egli di prova di possedere la vired OCs a LETTERATURA Seneca e la politica Lanecessita del principato Nato sotto Augusto, Se- neca nella sua esistenza vide ben quattro imperatori al potere: Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone. Nei suoi scrittiil filosofo dimostra di non essere mai stato in du- revole sintonia con nessuno di loro. Cid & dovuto al fat- to che lautore, pur prendendo ato che il principato era una realta di fatto e che non si poteva né doveva tornare indietro, comprese che 'accentramento del potere nelle mani di un solo detentore, senza Inter- mediazione di altre istituzioni politiche, finiva per cor- romperlo; Seneca per®, che per tutta la vita si pose il problema di come Fintellettuale potesse giovare (pro- desse) ai sui simili, cercd di dare il suo contributo stando accanto al principe, talvolta in modo piuttosto ingombrante, nel ruolo di consigliere e non seguendo, come altri suoi contemporanei, a via dell’opposizione. Vita attiva o vita contemplativa? Egli dunque avverti la necesita di affrontare nelle sue opere il problema del rapporto tra vita attiva (negotium) e vita contem- plativa (otium), con riflessioni che presentano varie oscillazioni, legate alle vicende biografiche e al conte- sto storico. Il suo discorso sulla politica si concentrd essenzialmente sull'etica della politica: del principato non & separata dalla morale del prin- cops ed é caratterizzata da un crescente pessimismo. | giudizi di Seneca sugli imperatori Nella Consolatio ad Marciam trapelano giovanili simpatie repubblica- ne, accompagnate dalla condanna del principato di Ti- berio, che diventa un acerbissimum tempus dominato dalla figura del prefetto del pretorio Seiano. 1! pri pato di Caligola & considerato nel De ira 'emblema della pit crudele e folle tirannide (-} p. 57). Lantipatia era ricambiata: lmperatore aveva pensato addirittura di fare uccidere il filosofo, di cui disprezzava anche la produzione letteraria. II giudizio su Claudio @ oscillan- la sua visione lire giusto garantisce lastabilita del potere Lagiustiziae sostituita dalla clemenza came principale virta politica Lafigura di Nerone eidealizzata pit grande del sovrano, la clemenza, definita dal filosofo come la moderazione ¢ l’in- dulgenza che chi ha la facolta di punire adotta spontaneamente nell’infliggere le pene. La clemenza contraddistingue il rex iustus (il re giusto e buono) rispetto al tiranno e pro- cura a chi governa amore e riconoscenza, garantendo la stabilit’ dell'impero assai pit dell’odio che nasce dalla crudelti. I] re buono e clemente (dice Seneca, seguendo fonti stoiche) instaura con i sudditi un rapporto paterno: punisce malvolentieri, soltanto quando & indispensabile, ¢ sempre per il bene dei sottoposti, che lo contraccambiano con sincero affetto, devozione e fedelta. Si pud notare che Seneca prende atto realistica- mente del fatto che il principato, nonostante la finzione augustea della restaurazione della repubblica, é una monarchia assoluta. Proprio per questo l'autore pone al centro del suo discorso, considerandola la virtti po- litica per eccellenza, non pid la giustizia (come avevano fatto Platone ¢ Cicerone), ma la clemenza, ossia una qualiti che implica un rapporto di dipendenza, in quanto eser- citata dal superiore verso gli inferiori: il punto di riferimento non é piti costituito dalle leggi, a cui tutti i cittadini devono sottostare, ma dalla volonta del principe, libera da ogni limite o vincolo esterni al principe stesso. Partendo da questo dato di fatto, il filosofo cerca di motivare teoricamente la realti po- sitiva del principato e trova un efficace supporto nella dottrina politica stoica, che in- dicava nella monarchia la migliore forma di governo a condizione che il re fosse saggio. Ecco dungue che Seneca presenta Nerone come tale, attribuendogli tutte le virtit (in primo luogo la clemenza) proprie del sovrano perfetto. Lopera si risolve cosi in un solenne ed entusiastico elogio del giovane imperatore. E chiaro che sulla figura di Nerone il filosofo proietta un modello ideale: i comportamenti esemplari che gli attribuisce corrispondono a un programma politico che implicitamente lo esorta a realizzare, fingendo di considerare gia attuati quelli che sono i suoi auspici e le sue speranze. te: durante il lungo esilio in Corsica il filosofo compose la Consolatio ad Polybium (~* p. 56), in cui pronuncid lodi esagerate della clementia del princepse si abbas- 50 all'adulazione piti evidente per poter tornare in pa- tria; alla morte di Claudio scrisse, come sappiamo da Tacito (Annales, Xill, 3), la Jaudatio funebris che Nero- ne pronuncid in Senato, ma subito dopo sfog il suo ri- sentimento nell/Apokolokyntosis (-# p. 78), in cul rise Violentemente il defunto. Il principato di Nerone fu sa- lutato come una nuova aurea aetas, in cui Seneca avrebbe avuto un ruolo attivo nella politica come pre- cettore del princeps. Al giovane sovrano, infatti, egli si rivolge con il De clementia, elaborando una teoria di collaborazione tra intellettuale e principe, che nella finzione del filosofo @ ilrex iustus stoico, cio@ il sapien- te al governo. Come abbiamo visto, la collaborazione con Nerone durd cinque anni, il quinquennium au- eum, durante i quali Seneca scese a compromessi e si rese complice dei delitti perpetrati dallimperatore fino al matricidio, prendendo progressivamente co- scienza degli ostacoli che impediscono al sapiens di partecipare alla vita politica. I saggio deve giovare agli altri Ne! De tranquillitate animi Seneca sostiene che il saggio non deve ritirarsi precipitosamente dalla vita politica, ma deve farlo sol- tanto se é un’inevitabile necessitae sensim relato gra- du et salvis signis, salva militari dignitate, “arretrando ‘poco a poco e con le insegne salve, con lonore mi tare salvo" (De tranquilltate animi, 4,1; trad. U. Boella; “#5, p. 99), se le condizioni impediscono di agire se- condo virtd. Comunque, neltotium ilsapientenon sara nattivo, ma potra giovare agli altri esercitando gli offi- cia hominis, i“doveri dell'uomo”, visto che gli sono pre- clusi quelli del civis. Nel De otio (~# p. 58) egli accet- tera lestraniamento del saggio dallimpegno politico, ma sempre nella prospettiva di prodesse al prossimo: non si trattera pid di servire una res publica specifica, con una sua concretezza spaziale e temporale, ma di agire in un contesto cosmopolita (una res publica ma- jor), che abbraccia tutti gli uomini. Sitratta diuna visione Lutopistica Un trattato su come elargire ericeverei benefici Un trattato discienze naturali Studiai fenameni atmosfericienaturali ‘Seneca si propone uno scopo marale Tale scopo risulta da prefazioni,epiloghi edigressioni IWfilosofo ha fiducia nel progresso scientifico E altrettanto evidente, cuttavia, il carattere astratto € utopistico di tale programma politico, la cui realizzazione, in assenza di qualsiasi garanzia legale o condizionamento esterno, & affi- data esclusivamente alla spontanea volonta del sovrano ¢ dipende dall’improbabile even- tualit’ che quest'ultimo si identifichi con la figura del saggio stoico, Laltruismo e la gratitudine: il De beneficiis Implicazioni politiche meno esplicite e vistose, ma non irrilevanti, ha Tampio trattato De beneficiis (“I benefici”), in sette libri, dedicato all’amico Ebuzio Liberale. Seguendo, come al solito, fonti greche prevalentemente stoiche, Seneca da precetti par- ticolareggiati sul retto modo di fare e di ricevere i benefici, da lui presentati come il fondamento della convivenza civile ¢ della vita sociale. Sono svolti, con abbondan- za di argomentazioni e di esempi, ¢ con V'attenzione rivolta a una casistica molto minu- ta, i temi dellaiuto reciproco, dei doveri del superiore verso gli inferiori, della liberalit’, della riconoscenza ¢ dell'ingratitudine. Seneca “scienziato”: le Naturales quaestiones Negli anni del ritiro, quando Seneca ebbe il tempo di dedicarsi sistematicamente alla filo~ sofia, furono scritte le Naturales quaestiones (“Questioni naturali”), un trattato di scienze naturali in sette libri, dedicato a Lucilio (il destinatario delle Epistole). Gli antichi face- vano rientrare nel campo della ricerca filosofica anche le scienze naturali, considerate per- tinenti alla “fisica” (una delle tre parti della filosofia, insieme con la morale e con la logica, secondo quanto dice Seneca stesso nell’epistola 89). In particolare, opera senecana tratta di argomenti meteorologici: nel libro I dei fuwochi celesti (aloni, arcobaleno, meteore ecc.); nel II dei lampi, dei tuoni ¢ dei fulmini; nel III delle acque terrestri; nel IV delle piene del Nilo e poi (dopo una lacuna) della pioggia, della grandine e della neve; nel V dei venti; nel VI dei terremoti (+ t23-25, pp. 168 ss); nel VII delle comete. In coerenza con la sua impostazione di fondo, che subordina all’etica ogni altro interes se e considera degno di ricerca e di studio soltanto cid che pud risultare moralmente uti- le, Seneca si propone anche in quest’opera uno scopo essenzialmente pratico: liberare gli uomini dai timori che nascono dall ignoranza dei fenomeni naturali (in cid il suo atteggiamento é simile a quello di Lucrezio, anche s¢ la prospettiva, stoica ¢ non epicurea, & profondamente diversa) e insegnare loro il retto uso dei beni messi a disposizione dalla natura. Questi intenti sono dichiarati esplicitamente nelle prefazioni e negli epiloghi dei singo- Ii libri e si rivelano anche in digressioni di carattere moralistico. In particolare, Seneca deplora piti volte il fatto che gli uomini trascurino lo studio della natura per darsi a oc cupazioni moralmente inutili o nocive; inoltre non perde occasione per biasimare Ja tendenza a usare le conoscenze scientifiche e i ritrovati della tecnica in funzione di un accrescimento dei vizi e della corruzione. E esaltata pitt volte la ricerca scientifica, considerata il mezzo con cui I’individuo pud innal- zarsi al di sopra di cid che & puramente umano ed elevarsi fino alla conoscenza delle realta divine. I] filosofo, nel concludere la sua opera, si augura che gli uomini si impegnino mag- giormente nello studio dei fenomeni naturali ed esprime la certezza che in un futuro, sia pu- re molto lontano, il progresso scientifico porter’ alla luce veriti ancora ignote (VII, 30, 2-5)

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