La struttura ad arco era già nota agli egiziani verso il 2000 a.C. come te- stimoniano numerosi reperti, fu poi in pratica negletta dai greci che prefe- rirono la struttura architravata, e ripresa invece dagli etruschi che ne fecero
Fig. 1.3 — Arco romano con struttura in calcestruzzo.
largo uso, come ad esempio nelle mura di Perugia, nell'arco cosiddetto di
Augusto per la superficiale aggiunta d'epoca romana. L'arco romano è ge- neralmente semicircolare, privo di stabilità se le sue spalle non sono sostenu- te da solidi muri, atti a sopportare la spinta dell'arco, e se i pilastri di soste- gno non solo altrettanto solidi. Da ciò ne consegue l'aspetto estetico delle strutture romane, ove archi e volte realizzati senza catene erano impostati su grandi e massicci piedritti, la cui dimensione per il principio delle resi- stenze passive, era necessaria per assorbire entro il nocciolo d'inerzia della base la risultante delle forze dovute al peso proprio ed alla spinta dell'arco. Tali principi costruttivi, dopo un periodo susseguente alla caduta del- l'Impero romano, di notevole regresso e di abbandono delle tecniche dive- nute ormai tradizionali, trovarono applicazione nel Medio Evo, dopo il Mille, e caratterizzarono formalmente con la loro espressività le strutture dell'architettura romanica, nella quale venne approfondito ed affinato il gusto tutto romano per la lavorazione delle murature con elementi di la- terizio, con materiali lapidei. Il principio prima accennato delle resistenze passive, fu quello che informò staticamente le costruzioni di quel periodo, ed in particolare gli edifici religiosi, le cattedrali romaniche le quali, con le due navate affiancate a quella principale, costituivano un efficiente siste- ma per lo scarico sul terreno delle spinte degli archi e delle volte che copri- vano lo spazio. Nella continuità muraria di queste costruzioni si può individuare uno