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1.

Pianificare i trasporti: ragioni ed occasioni per il piano


processo

L’esigenzadir edige r
eunmanual edipiani ficazi
onede it ras
por t
ie
di diffonderlo presso le amministrazioni pubbliche, le società di in-
gegneria, le aziende di trasporto e le università deriva dalla mancan-
za di una strumentazione organica, ufficialmente preposta
all’orientame ntode llapi ani f
icazionede itraspor tiedalc ont roll
ode l-
le trasformazioni del sistema della mobilità in Italia. Questa carenza
normativa risulta tanto più grave quanto più il settore dei trasporti
va assumendo una rinnovata centralità nelle scelte di politica territo-
riale dei governi sia locali che transnazionali e quanto più va esten-
dendosi il dibattito culturale e procedurale sul ruolo della pianifica-
zione, sui modi e metodi attraverso cui essa si svolge.

1.1 La rinnovata centralità dei trasporti nelle politiche territoriali

Le nuove condizioni economiche e produttive, le nuove emergenze


sociali e ambientali, le nuove forme della cooperazione politica inter-
nazionale e, soprattutto, la diffusione spontanea di nuovi modelli in-
sediativi sul territorio hanno determinato un maggiore interesse per i
trasporti attribuendo al settore un ruolo centrale nelle diverse politi-
che governative. In tutti i paesi europei, uno dei problemi principali
ne l
los viluppot errit
or i
aleèc osti
tuito,infat
ti,dal l
’affermar siedal
rapido evolversi di nuovi sistemi insediativi e di nuove forme di or-
ganizzazione delle relazioni sociali che traggono origine da processi
di suburbanizzazione o di «sprawl» metropolitano, cioè da modelli
insediativi a bassa densità. Questi modelli inducono una mutata do-
manda di mobilità, raramente «equa» per il territorio, che, continua-
mente, pone nuove sfide alla pianificazione dei trasporti. Il territorio
europeo, compreso quello italiano, presenta oggi uno stadio evoluti-
vo in cui prevale un assetto organizzativo-funzionale in termini di si-


Il capitolo è stato scritto da Marino de Luca e Brunella Rallo.

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stemi urbani a diverso grado di complessità1 e con una struttura in-
sediativa interna connotata, prevalentemente, dalla presenza di nu-
merose città medie e piccole. Sono proprio queste ultime a costituire,
in molti casi, il punto di forza del nuovo sistema territoriale: alcune
città hanno, infatti, una forte qualità urbana e architettonica che le
rende attrattive sul piano turistico - culturale; altre città sono sedi di
settori o filiere industriali specializzate. In alcuni casi questi centri
medi e piccoli hanno creato reti di città caratterizzate da una forte i-
dentità dei singol icomuniedal lal oroc ompl eme nt ariet
àal l
’i
nt erno
di aree sub-regionali. Si tratta di relazioni non gerarchiche, spesso
fondate su specifiche vocazioni delle singole città e su intense siner-
gie tali da generare anche modelli di cooperazione interurbana a li-
vello regionale2.
Questa fase di definizione territoriale, caratterizzata da differenti
aggregazioni e interazioni tra città e territori, è il risultato di un lento
e costante processo di metropolizzazione a carattere diffuso (sprawl
metropolitano) alle diverse scale urbane e con diversi ritmi di diffu-
sione. Lo sprawl metropolitano è un processo che si manifesta attra-
verso una forte riduzione della popolazione residente nella città cen-
trale ed una localizzazione diffusa delle residenze e delle attività
produttive nel territorio circostante; esso ha inizialmente interessato
le grandi città ma si è progressivamente esteso anche alle città medie
e piccole fino a diventare la tendenza insediativa prevalente sulla
maggior parte del territorio3.

1 In Italia il Dipartimento per le Aree Urbane individua, sul territorio nazionale, 117 sistemi insedia-

tivi con prevalenti caratteri urbani, contenenti il 42% dei comuni italiani e il 74% della popolazione,
suddivisibili in tre raggruppamenti a seconda del loro grado di complessità: i sistemi metropolitani, le
aree urbane maggiori, le aree urbane minori. I sistemi metropolitani corrispondono ad 11 aree e com-
prendono circa il 10% dei comuni e il 36% della popolazione italiana con una popolazione media di 1,9
milioni di residenti per sistema; le aree urbane maggiori sono identificate in 33 strutture insediative che
rac colgonoanc h’ess
eun10% dei comuni ma con popolazione residente pari al 18% del totale e con
un’ ampi ezzade mogr aficame di
adic ir
c a300.000abi tant ipe rs i
stema;lear eeur banemi nor irisult
ano
costituite da 73 sistemi al cui interno ricade il 21% dei comuni e risiede il 20% della popolazione me-
diamente distribuita in misura di 160.000 abitanti per sistema (Cempella, 1997). Non diversa è la de-
scrizione presentata dalla Presidenza Italiana al Comitato per lo Sviluppo Spaziale della Comunità Eu-
ropea e secondo cui il sistema territoriale italiano si caratterizza per la presenza di diversi sistemi ur-
bani riconducibili a quattro modelli insediativi: la città-regione, il sistema metropolitano policentrico,
l’are ame tropol it
anal inear ecost
ie r
ael ’areame tropolitanamonoc e
ntrica(Camagni et al., 1996).
2 InI talias iveda,ade s empio,l’organizzazionepol icentricade lsi
stemaf i
eri
sticoi nEmi l
iaeRoma-
gna, il proge ttodic abl at
ur ade l
l’assece ntr
alede lVe ne to,gl iac cordipe rilsis
temadis mal t
ime ntode i
rifiuti tra Firenze e Pistoia.
3 È questo il caso di alcuni comuni della Lombardia (I.Re.R.,1995) o dei comuni costieri della pro-

vincia di Napoli (de Luca e Rallo,1998) dove, alla contrazione demografica del comune principale, cor-
risponde un aumento della popolazione nei comuni adiacenti. Anche in aree urbane minori, in partico-
lar equandos ièi npr ese
nzadir etidic itt
à,siassist
eadun’ evol uzionet er
r i
tori
aleomol ogaaipr ocessi
di suburbanizzazione sia residenziale che produttiva e tale da provocare una crescita di mobilità paral-
lelamente alla crescita di complessità delle relazioni territoriali.

14
Perquant ol ’or i
gi nedique stomode lloi nse di
ativonons iai ntera-
mente attribuibile alla offerta di mobilità o ai vincoli posti, in passato,
proprio da una carente politica dei trasporti e del territorio, certa-
me ntel a di ffus ionede l
l’auto,l ’avvent o dinuovet ecnol ogi eedi
nuovi mezzi e infrastrutture di trasporto hanno agito da enabling te-
chnology in grado di liberare progressivamente le scelte localizzative
dai vincoli della distanza e delle economie di agglomerazione4. Ma i
trasporti, pur giocando un ruolo strategico per la funzionalità del si-
stema, interagiscono con il territorio secondo un rapporto complesso,
mutevole, reciproco, sempre condizionato dalle trasformazioni
ne ll
’economi aene llastrut turade mogr afica;que st
eul timeavve ngo-
no, infatti, indipendentemente dal territorio e dai trasporti e rispon-
dono a cambiamenti nei valori, nelle norme, nel sistema delle prefe-
renze ed è con questi cambiamenti e con i loro effetti che la pianifica-
zione dei trasporti è chiamata a confrontarsi. Se ci si interroga, infatti,
sulle cause non trasportistico-territoriali che hanno contribuito al
processo di metropolizzazione diffusa, si osserva che se
l’urbani zzazi onedi f
f usaof frelapos sibilitàdivi vereilmode ll
our ba-
no anche in contesti dispersi, questo non è dipeso dalle sole politiche
territoriali dei diversi governi. In Italia, ad esempio, questo processo
puòe sser el ettoanc hec omei lrisult
at odiun’ i
mpl ici
tapol iticadi
deregulation e di lassair fair secondo un disegno di «mobilitazione in-
dividualistica» (Pizzorno,1974). Come ha scritto Bernardo Secchi:
«l’enor medi spe rsione degli insediamenti residenziali e produttivi, la
for mazi one de llac ittà di ff
usa,l ar adi calemodi fica de ll’habitat di
buona parte della popolazione italiana a partire dalla metà degli anni
settanta ha origine in una politica che ha utilizzato i disagi esistenti
per mobilitare ciascun soggetto, singol ar me nte,atrovar ec onl ’aiuto,
l’i
nc entivo,l ’ass istenzade lloStato,unas oluzioneaipr opr ipr obl emi.
Unai ut oc hes ièmani fes tatoint antimodi :dall’
esenzionef is
c ale,al
pr ezzopol it
ico,al l’
inclus ione in una classifica con promessa di un
pr emi of ut uro,al las ospe ns i
onediundi vietoode l
l’obbligodir ispet-
to di una norma; politica della casa e politiche industriali sono state
di questo tipo (...). Si è favorita una progressiva deregulation alla ri-
cerca di un luogo, un terreno, una dose di capitale fisso già esistente,
un’ ammi ni strazione ,unme r
catode llavor oc hefos seac c ogl i
e ntee

4 I trasporti avrebbero facilitato le scelte diffusive nella misura in cui, come è stato osservato «[in

granpar t
ede ll
’It
alia]ilsistemade itraspor tinonèi lr isult
atodiunapr eci
sae formale azione pro-
grammatoria, bensì il risultato di studi, proposte, indicazioni, anche contraddittorie, che si sono succe-
dute in tempi successivi» e che, anche nei decenni più recenti, non sono ancora riuscite a correggere
l’
enor mes bi
lanc iamento de llarete infrastrutturale dei trasporti a favore del mezzo privato (AA.
VV.,1997).

15
conveniente» (Secchi,1997).
La dispersione urbana è stata, quindi, facilitata da questo tipo di
politica che ha consent i
tol ’eme rgeredic ondi zi
onide lme rcatode l
lavoro e delle abitazioni tali da favorire una sempre maggiore dispo-
nibilità allo spostamento delle residenze verso ambienti urbani, an-
che decentrati, ma con più elevati standard di sicurezza sociale, di
benessere residenziale e di qualità della vita (villetta unifamiliare,
piccola officina autonoma, piccola impresa familiare, verde). Accolto
inizialmente come la risposta risolutiva del mercato ai problema
de ll’elevat ac onge s
tioneur bana,l econseguenzede ll
osprawl metro-
politano diventano, viceversa, sempre più problematiche: ovunque le
città sono andate spopolandosi ma, anche quando non crescono sotto
il profilo demografico ed economico, si sono diffuse sul territorio se-
condo modelli insediativi a bassa densità. Conseguentemente le aree
libere e le campagne circostanti sono andate via via perdendo il loro
carattere specifico perché il continuum degli spazi naturali è stato in-
terrotto dalle urbanizzazioni disseminate, dalle infrastrutture, dalle
attività economiche, in particolare dai grossi centri commerciali, de-
positi, piccole attività industriali.
Se nel panorama generale la pianificazione dei trasporti diventa
centrale per «restituire» compattezza e densità alle relazioni funzio-
nali che sono state progressivamente diluite dalle distanze interposte
tral edive rsel oc ali
zzazionide lleat t
ivi
tà,all
’i
nt ernode llegrandiar ee
metropolitane il suo ruolo appare ancora più cruciale: in queste aree,
infatti, «si assiste ad un crescente mismatch tra localizzazioni residen-
ziali e produttive: spesso la localizzazione di molte funzioni superio-
ri (direzionali, finanziarie) è rimasta ancorata al centro della città
mentre le residenze si sono allontanate; allorché molte funzioni ter-
ziarie si sono decentrate, hanno creato un aumento ancora maggiore
dimobi li
tàs ugomma,i nquant ol ’
acces
sibil
itàs u me zzopubbl ico
delle localizzazioni lontane è certamente più bassa di quelle centrali;
infine in molti casi si assiste ad un pendolarismo in uscita dalla città,
allorché certe occupazioni (industriali o commerciali) si sono decen-
trate mentre la loro forza lavoro è rimasta prevalentemente urbana»5.
Conseguentemente si verifica che:
l ’ampl iame ntode ibac i
nidimobi lit
àpe ndolares iaccompagnaad
un allargamento dei bacini di vita quotidiana delle persone, per ef-
fetto della maggiore motorizzazione ma anche per effetto della cre-

5 Le osservazioni che seguono sono state verificate per i comuni della Lombardia (I.Re.R., 1995) e

de
ll’ar
eanapol e
tana( deLuc aeRallo,1998) .

16
scente domanda «di varietà» nei consumi e nei modi di impiego
del tempo libero;
«nei comuni suburbani, tradizionalmente dipendenti dai capoluo-
ghi per la maggior parte dei loro lavoratori, si manifesta e si affer-
ma un fenomeno in parte nuovo: la crescita dei movimenti hinter-
land su hinterland» (Camagni et al. 1996).
La possibilità di correggere questi trend è molto difficile perché «i
modelli di mobilità sono cumulativamente legati alla dinamica dei
modelli insediativi, in presenza di forti irreversibilità: la motorizza-
zione privata consente un allargamento delle opzioni localizzative
sia per la popolazione che per le imprese, ma una volta che tali op-
zioni si sono cristallizzate in scelte spaziali a carattere diffuso, esse si
traducono in modelli di mobilità difficilmente mutabili sia nel breve
che nel lungo periodo» (Camagni et al. 1996). In simili contesti la cen-
tralità della pianificazione dei trasporti è nella sua capacità di deline-
are politiche anticipatrici e scelte pubbliche proiettate su orizzonti
lunghic onl ’
obiet ti
vodif r
enar egl isti
mol ial l
adi spe rsi
onet erritoria-
leedii nc entivare ,all
’internode l
legr andir egioniur bane ,laf or ma-
zione di sistemi multicentrici costituiti da nuclei urbani equilibrati,
altamente interconnessi e territorialmente «compatti», dove sia pos-
sibile garantire una buona accessibilità e salvaguardare, al tempo
ste sso,l’
ambi ente( Camagni ,1997) .
Per quanto il problema non riguardi le sole scelte trasportistiche,
ma anche la loro integrazione con le politiche di land-use e con le
previsioni sulla trasformazione della struttura demografica e della
domanda di mobilità, il ruolo dei trasporti appare come «strategico»
proprio per le caratteristiche intrinseche del settore: da un lato, il li-
vello di maturazione raggiunto dai trasporti in campo tecnologico
consente soluzioni infrastrutturali e gestionali impensabili fino a po-
chiannif a;dal l’
al trolat o,ilgr adodiavanzame ntone lletecni chee
delle metodologie di pianificazione dei trasporti permette di rilevare
i diversi assetti organizzativi del territorio, interpretando i processi
che li hanno originati e, conseguentemente, di «guidare» il territorio
verso assetti ritenuti ottimali alla luce di attente analisi previsionali e
di scenari di compatibilità. Queste potenzialità dei trasporti sono af-
fiancate da una diffusa convinzione politica che, attraverso la pro-
mozione di modelli e sistemi di mobilità in grado di ottimizzare
l’or ganizzazi onede llei nterazionis oci
al iel ’ef
ficienzade lleat tività
produttive e non, sia possibile perseguire più ampi obiettivi di svi-
luppo e di innalzamento della qualità della vita. La pianificazione dei
trasporti viene, ad esempio, chiamata in causa per soddisfare esigen-

17
ze di cooperazione e/o di competizione tra sistemi economici e che
richiedono un efficace rete di trasporto costituita da sistemi di mobi-
lità più rapidi, più sicuri e più economici di quelli attuali al fine di
aumentare il grado competitività di un mercato rispetto agli altri o di
rinforzare legami cooperativi tra più mercati. E, ancora, la pianifica-
zione dei trasporti diventa centrale per il raggiungimento di obiettivi
di qualità ambientale, attraverso la ricerca di una combinazione ot-
timale tra i sistemi di trasporto disponibili (multi-modalità, inter-
operabilità) allo scopo di migliorane le prestazioni riducendone
l’impat toambi entale.Maès opr att
ut torispe t
toagl iobi ett
ividie quità
spaziale e di efficienza del territorio che la pianificazione dei traspor-
ti si trova, oggi, a ricoprire un ruolo di primo piano attraverso la ri-
c ercadis oluzionii ngr adodigar antirel’equilibriot e rr
itoriale.
Affinché la pianificazione dei trasporti possa concretamente con-
tribuire alla qualità dei sistemi socioterritoriali è necessario un radi-
cale adeguamento dei modi stessi del pianificare. La consapevolezza
dique stae sigenzaèandat amat urandoi nnanzi t
ut toal l’
inte r
node lla
«comunità» dei pianificatori che si trova oggi a «riformulare» la pro-
pria attività sotto la spinta di istanze sia culturali che procedurali. Da
un lato, infatti, la nuova centralità della pianificazione dei trasporti
richiede il passaggio della pianificazione da attività essenzialmente
tecnica - o ritenuta tale - verso una vera e propria attività di policy
making os siaun’ at t
ivitàc he,purr iguardandos empr elastr utt
urazio-
ne e la gestione del territorio, diventa scelta degli interessi e delle a-
spettative, a volta inconciliabili, da privilegiare. Sebbene i contenuti
tecnici siano rimasti pressoché invariati in quanto a conoscenze ri-
chieste, a competenze coinvolte, a complessità di soluzioni proposte,
sono enormemente cresciute le implicazioni sociali, economiche, fi-
nanziarie, ambientali in un bilancio complessivo che porta a configu-
rar el ’at
tivitàde lpi anificatorec omeun’ attivit
ài nl argapar te«poli
ti-
ca». Le metodologie tradizionali non sono sensibili a queste nuove
e sige nzee di lpr odot to«pi ano»r i
sultaine ffi
cac e.L’ esigenzac ultura-
le si riversa, quindi, nella necessità di adeguare le procedure di piani-
fica zione :allet rasformazi onipr opries iade ll’attivitàde llapubbl i
c a
amministrazione che del ruolo del pianificatore pubblico; ai cambia-
menti nel rapporto tra amministrazione pubblica e cittadini; ai pro-
cessi di modernizzazione interni alle istituzioni pubbliche; ai cam-
bi ame ntine irappor titraidi ve rsilivell
idipi ani ficazione.Dal l’
alt
r o
lato, la nuova centralità richiede anche procedure decisionali in gra-
do di governare sistemi sempre più ampi e complessi, nei quali gli ef-
fetti di un intervento sono meno confinati nel «comparto trasporti» e

18
sempr epi ùi nterage nticonl ’
e conomi a,c onl ’ambientenat uraleoc o-
struito, con la distribuzione delle attività sul territorio, con la sicu-
rezza, con le esigenze di salvaguardia del patrimonio storico-
culturale. Queste istanze hanno messo in crisi il modo tradizionale di
pianificare e costituiscono i termini di riferimento per una nuova
«metodologia» della pianificazione dei trasporti in grado di sopperi-
re ad alcune carenze normative e procedurali, quali la dispersione e
la difformità nelle tecniche di analisi e negli strumenti di valutazione
o la separazione tra piani relativi a componenti diverse, che inibisco-
nol ’e
fficac
ias i
ade idoc umenti prodotti che degli interventi attuati.
I paragrafi che seguono sono dedicati ad una più approfondita di-
scussione delle istanze culturali e procedurali che stanno portando
ad un nuovo modo di pianificare i trasporti, condiviso e proposto at-
traverso questo manuale.

1.
2 L’ i
stanzac ul t
ural
e diri
nnovament
o dell
apianificazione dei
trasporti  [LEGGERE PER CULTURA GENERALE]

L’at t
ivi t
àpi anif
icat r
icede l
lapubbl i
caammi nis trazi
onehas ubi t
o
nel tempo una serie di trasformazioni configurandosi, sempre più,
come sviluppo e applicazione di un insieme di provvedimenti tali da
perme tteredic onse guire« obi et
tivis tabil
itiall’
inte rnodiunpr oce ss
o
politico attraverso il quale si decide quali interessi e quali aspettative,
a volte inconciliabili, riusciranno ad affermarsi» (Mayntz, 1982). In
que stos ens ol ’
atti
vi tàpi ani fi
catricede l
l’ammi nistrazioneèandat a
assumendo, mano a mano, anche caratteristiche di policy making in
quanto essa non comporta più solo una scelta razionale tra alternati-
vet e cnichemar ichiede ,al l’
internodiun pr oc essoe s senzialme nte
politico, la regolazione degli interessi fra coloro che partecipano ad
una decisione e tra questi ultimi e coloro che dalla decisione sono
toccati. Questo nuovo modo di concepire la pianificazione pubblica
deriva soprattutto dalla crescente consapevolezza che «sebbene un
piano (urbanistico, dei trasporti, di sviluppo) possa arrecare benefici
all
’inte rac ollett
ivit
à,t alibe ne fi
ci(e dir elativicos ti)ricadr annos em-
pre su alcuni gruppi in misura maggiore o minore che non su altri e
che, pertanto, sia gli uni che gli altri gruppi vorranno certamente e-
sercitare la loro influenza sul processo di pianificazione» (Wachs,
1985) .Nec ons eguec hel ’ammi ni-strazione pubblica deve essere in
grado di acquisire una sempre maggiore conoscenza delle esigenze
da soddisfare e, al contempo, degli esiti che i processi innescati, pre-

19
sumibilmente, andranno a produrre. Le attuali procedure di pianifi-
cazione non sono in grado di sviluppare tale capacità anche perché
non riescono a recepire le istanze di razionalizzazione dei processi
decisionali attinenti allo sviluppo territoriale.
Que stetrasformazi onine lmododic onc epirel ’
atti
vitàdipi anific
a-
zione si riflettono anche nel cambiamento di ruolo del pianificatore
pubblico: mentre per lungo tempo si è attribuito al pianificatore un
ruolo esclusivamente tecnico, ritenendo che la dimensione politica
non dovesse entrare nella sua attività, oggi si comincia a ritenere che
l’uni comodope rgar antir
ec hegl ior ganipol iti
ciat t
uinogl iinterven-
ti necessari per uno sviluppo compatibile con le esigenze della collet-
tivitàs i
aque l
lodi«i nc orpor arene ll
’attivitàde lpi anifi
catoreanche il
compito di sforzarsi di risolvere i conflitti politici» (Rosenbloom,
1988). Infatti, sempre più frequentemente nella società contempora-
nea, al pianificatore è chiesto di ricercare soluzioni tecniche in grado
di«me diare»i lsoddi s
facime ntodiun’ e si
ge nzac ol
lett
iva- quale ad
e sempi ol ’
offertadis iste
midit ras portoade guat iodii ndustrial
izza-
zi onediun’ ar eadepressa - c onl at ut elade l
l’ambi entef i
sico,de l
l a
collettività in generale o di una specifica comunità: la costruzione di
un’ aut ostradaodiuni mpi ant oi ndus tr i
alepot r ebbe,infatt
i,arrecare
be ne ficiall’i
nt er
ac ol lett
ivitàmapot r
e bbeal tr
e sìprovoc arei mpat ti
e conomi cioambi ent aline gat ivine l
l’are adii nt ervento. Ancora, al
pianificatore è richiesto di essere consapevole che il «sapere» delle é-
lite (tecniche, amministrative, politiche), da solo, non sempre è tale
das oddi s f
arel ’i
nte ressec ollettivoec he ,l’
anal isiogge tt
iva,das ola,
non sempre interpreta in maniera esauriente né i bisogni di una col-
lettività né le priorità con cui tali bisogni andrebbero soddisfatti. Al
pianificatore viene richiesto, quindi, di ampliare la tipologia dei pro-
pr is trume ntidianal isialf i
nedive ri
ficar el’ade guatezzadiunas cel-
ta«t ecnicame nte»r aziona leanc her ispe ttoal l
’i
nt eressede l
lac oll
e t
ti-
vità ed alla razionalità comune, prima di rendere operativa la scelta
medesima. Il pianificatore è, infatti, un soggetto orientato politica-
mente che potrebbe sostenere alcuni modelli di sviluppo e non altri,
alcuni risultati e non altri, offrire alcune alternative e non altre, pur
nel rispetto del mandato professionale avuto dagli amministratori
cui compete la responsabilità ultima della scelta. I pianificatori devo-
no quindi operare in stretta collaborazione con gli altri attori del pro-
cesso decisionale e con i gruppi di interesse coinvolti o coinvolgibili.
Poi chél api anif
ic azionepe rseguel ’obi etti
vo dii ndur r
ec ambia-
me ntis trutturalisult erri
torioes ull
’or ganizzazi onede ll
eat t
ivitàin-
sediate, il nuovo ruolo del pianificatore è anche quello di contribuire

20
alla concretizzazione di tali cambiamenti attraverso la mobilitazione
delle forze sociali necessarie per implementare i piani e le politiche
proposte. Questo ruolo «politico» del pianificatore è quindi princi-
pal me nteque llodic r earec ondi zionit aliaffi
nc hédal l’i
nc ont roi st
it
u-
zioni-istituzioni e istituzioni-collettività nasca il consenso e la volontà
all’attuazi onede ipiani .
L’as solvime nt odique st
onuovor uol ode lpi ani fi
cator eèperò pos-
sibile solo laddove le procedure di pianificazione prevedano una co-
stante interazione tra politici, pianificatori e collettività di riferimento
e dove le decisioni vengano adottate attraverso una rete di inter-
scambio delle informazioni. Questa considerazione rinvia, diretta-
mente, alle modifiche nel rapporto sia tra i diversi enti preposti alla
pianificazione sia tra pubblica amministrazione e cittadini.
Per quanto riguarda i rapporti tra i diversi enti titolari del dirit-
to/dove redipi ani f
icar e,l’
e sigenza è quella di evolvere dalla «tradi-
zionale e consolidata struttura gerarchica, verticale e subordinata dei
rapporti tra le istituzioni, ed in particolare dei rapporti tra i diversi
livelli di pianificazione, verso un sistema pluralista basato sui princi-
pi della sussidiarietà ede ll
’autonomia e organizzato su relazioni di co-
operazione, dialogo interattivo, concorso nei processi decisionali, di
tipo orizzontale e degerarchizzato, in un quadro di complessità che
probabilmente crescerà ulteriormente ma che il vecchio sistema pe-
raltro non riduceva affatto ed in cui non sfruttava per nulla la poten-
zialità positiva (democratica e di efficacia) del pluralismo istituziona-
le» (Barbieri, 1995).
Per quanto riguarda il rapporto tra pubblica amministrazione e cit-
tadini, da un lato si sta assistendo ad una crescita di gruppi e asso-
ciazioni di cittadini, di categorie professionali e istituzioni non go-
vernative che chiedono di essere rese partecipi di processi e percorsi
de cisional ial ive l
lol oc al
e;dal l
’altr
ol at o,anche a livello giuridico, è
andata maturando la convinzione che la crescita di complessità della
soc ietàmode rnas ir ifl
e tt
ene ll’
impos s i
bi l
it
àc hel aPubbl ic aAmmi ni-
strazi one«das olas i
ai ngr adodic onf ormar el ’
intere ssepubbl i
co;a
questa conformazione debbono partecipare anche gli amministrati,
sia come singoli sia attraverso loro organizzazioni, assumendo un
ruolo attivo e costruttivo, quindi responsabile rispetto alle decisioni
de ll’
Ammi nis
tr azione »( Ia
nnot ta,1991) .
Uno dei limiti principali allo sviluppo di questo nuovo atteggia-
mento della pubblica amministrazione è rappresentato dalla persi-
stent epr atic
ade l
lapi anifi
c azione«dal l’al
to»i ntesas iac omee scl
u-
sione delle collettività locali dai processi decisionali sia come imposi-

21
zione di un modello di pianificazione ideale e univoco per tutti i sog-
ge ttiis t
it
uzi onal ipr epos tiallapi ani f
icazione .L’ i
de adiunpr oc e sso
di pianificazione che scaturisce dal dibattito sviluppatosi intorno alle
istanze culturali «non solo ammette, ma richiede ampi margini di au-
tonomia (e di responsabilità) per gli enti locali. E ciò non solo perché
un efficace processo di pianificazione è funzionale alla valorizzazione
delle stesse autonomie locali, ma anche per favorire la massima fles-
sibilità possibile della pianificazione alle diverse scale. È, questa, fina-
lizzata a conseguire obiettivi di efficienza e di efficacia in relazione
alle specificità delle situazioni locali ed alle specifiche problematiche
in esse emergenti e socialmente avvertite interagendo con le realtà
«vicine» «ispirandosi» ai principi di sussidiarietà, di responsabilità e
diaut onomi ade ll’
ammi nistrazione,dic oope razione ,e ffi
caciade l
la
pianificazione, di sostenibilità ambientale dello sviluppo e di equità
sociale dei suoi esiti» (INU, 1998).

1.
3L’ istanza procedurale di rinnovamento della pianificazione dei
trasporti [LEGGERE PER CULTURA GENERALE]

Dal confronto/scontro tra le istanze culturali di rinnovamento e


l’attual eas set
topr oc e
durale ne è derivato uno stato di crisi della
pianificazione in generale. Questa crisi è particolarmente sentita nel
set tor ede itr
as por tidovel ’
ent i
tàde gliinve sti
me nti
,lalungavi tae-
conomica delle opere, la complessità dei sistemi sui cui si interviene
sono tali da richiedere una pianificazione rigorosa ma anche sensibile
al mutamento sociale e territoriale. Per superare lo stato di crisi della
pianificazione dei trasporti (ma anche della pianificazione territoriale
inge nerale)ène cessariodaunl atos vincol arel’attual
epr as sipianifi-
catoria dai suoi presupposti di bas e ,dall’altrode finir
eundi versos i-
stema procedurale che, nel recepire le istanze di trasformazione cul-
turale e operativa del settore, introduca elementi di innovazione nel-
la dinamica dei processi decisionali e nella metodologia operativa di
costruzione dei piani.
Ill i
mi teprinc ipalede ll’
assettopr oc edur aleitali
anoè ,infatti,que ll
o
di vincolare la pianificazione a due presupposti:
la formazione del piano è un momento nel quale non si discutono
nel mer i
toles celtes t
rategicher elativeal l’
asse t
todel territorio, ma
si indicano previsioni e prescrizioni;
una volta formato il piano, per tutto il tempo di validità delle sue
indicazioni, si realizzano soltanto quelle trasformazioni che esso ha

22
preventivamente individuato e ammesso.
Nella concezione tradi zional eilpi anoèi ntesoc omeun’ ipotesior-
ganica di interventi tale da configurare uno «scenario» che diviene
l’obi etti
vodape rse guireattrave rsol es i
ngol escelteches is uccedono
durante il periodo di validità del documento e dove ogni modifica ri-
chiede una «variante» secondo una procedura della stessa complessi-
tà di quella che conduc eal l
’appr ovazi onede lpiano.Se condoal cuni
(Raule, 1994), questa prassi ha prodotto uno svuotamento sostanziale
dei procedimenti tecnico-amministrativi che presiedono alla forma-
zionede llede cisioni:dopol af ormazi onede lpi ano,l’attivit
àde l
la
Pubblica Amministrazione si riduce, infatti, al confronto tra progetti
e piano ovvero a valutazioni di conformità che escludono, per prin-
cipio, considerazioni di ordine sostanziale sui progetti e sui loro ef-
fetti sul complessivo sistema socio-territoriale. Nel sistema tradizio-
nale di pianificazione il processo decisionale riguardante nuovi in-
ter ve ntisis viluppane ll
afa s
es uc cessivaal l’
approvazionede lpianoe
si riduce alla valutazione degli interventi «non previsti» dal piano,
distinguendot utt’alpi ùt r
apr oge t
tinonc ontempl at
imac ompat ibil
i
con gli indirizzi del piano (e, quindi, come tali, ammissibili sia pure a
se gui tode l
l’appr ovazi onediuna«var i
ante »)
,epr ogettinon contem-
plati e non compatibili e, quindi, non ammissibili. Non viene mai, vi-
ce ve rsa,amme ssal apos si
bilitàdiun’ azionec ontinuadii nnovazi one
delle scelte da parte della Pubblica Amministrazione che potrebbe
compor tar el ’
acce ttazionedipr ogettinéc ontemplati né compatibili
con il disegno di piano preesistente ma condivisibili perché esplicita-
zione di nuove istanze socio-territoriali e/o di nuove strategie politi-
che.
Ancora, nella concezione tradizionale:
un piano è vincolante per tutti i piani sottordinati e la sua assenza
è, solo in teoria, un impedimento alla loro redazione; viceversa, un
piano sottordinato non ha alcuna possibilità di incidere sul piano
sovraordinato, nonostante abbia la possibilità di analizzare feno-
meni di dettaglio e di proporre, quindi, interventi più appropriati
di quanto sia possibile al piano generale;
i condizionamenti reciproci tra piani di settori diversi (nel caso dei
tras portii nt er
e ssano s opr attutt
o ir appor t
ic on l ’
ur banistic
ae
l’ambi e nte)s ono,s empr eac ausade llai mmutabilità formale dei
documenti, fattori di paralisi e le frequenti discordanze politiche di
indicazioni fanno sorgere divieti incrociati che, ancora una volta,
paralizzano le scelte di entrambi i settori, o portano alla prevarica-
zione di un settore su di un altro;

23
i contenuti di un piano corrono sempre il rischio di divenire rapi-
damente obsoleti (nonostante il rigore delle tecniche adottate per
pr eve derel ’evol uzionede if e nome nisoci
oeconomici e territoriali)
e la non tempestiva redazione di un nuovo piano impone il ricorso
alle varianti rallentando il processo decisionale complessivo;
la difformità metodologica tra i diversi piani viene regolarmente
tollerata cosicché nel redigere un piano, tentando di garantire coe-
renza con documenti sovraordinati o sottordinati, ci si trova spesso
di fronte ad indicazioni non comparabili, anche in termini quanti-
tativi, perché desunte seguendo ragionamenti o adottando codici
di calcolo assolutamente disparati, facendo ricorso a dati di input
disomogenei per fonti e tecniche di rilevazione. Conseguentemen-
te, quando un pubblico amministratore deve proporre o decidere
la distribuzione di finanziamenti tra enti diversi, se le esigenze non
sono documentate seguendo metodi simili, incontra serie difficoltà
nel valutare con obiettività non solo il fabbisogno di ciascun ente
ma anche il loro fabbisogno relativo e, quindi, la frazione di risorse
da assegnare ad ognuno di essi;
la sovrapposizione o contrapposizione tra piani di settore pro-
grammati e gestiti in sedi diverse (piani di bacino, piani paesistici,
ec c.
)c osìcomel ’i
ndipe nde nzat rapi anire
lati
viadi ve rsecompo-
nenti di uno stesso sistema o settore è accettata nonostante, in al-
cuni campi, sia motivo di particolari difficoltà pianificatorie come
nei trasporti dove, ad esempio, è frequente la redazione di piani
separati e indipendenti per la viabilità, per le reti ferroviarie, per i
trasporti marittimi o aerei, per le merci o per i passeggeri. È, vice-
versa, indispensabile definire ed adottare una procedura unica che
investa tutti i modi e tutti gli utenti6.
L’inade guate zzac ul t
uraleepr ocedur aledel
lapr as sipi anif
icat ori
a
tradizionale rispetto alle mutate esigenze della società contempora-
nea ha indotto a «ripensare» il piano ed a «rivisitare» i principi-guida
della pianificazione.

1.4 Dal piano al processo: «riprogettare» il modello decisionale e


l
’ar
chitett
uradelpi ano

In un epoca di continue trasformazioni, dove le tendenze in atto


inducono a guardare il territorio come un ambito spaziale a geome-

6 La legge Bassanini è forse un avvio alla risoluzione di questo problema.

24
tria variabile, a seconda dei ruoli e dei problemi che la pianificazione
deve prendere in considerazione, e dove le politiche da attivare de-
vono essere articolate «per problemi» piuttosto che per aree di com-
petenza, il piano non può essere più pensato come un repertorio e-
saustivo di trasformazioni possibili né come momento esclusivo di
cont rollo de l
l’
e ffic
ienzac ompl e ssi
vade ls i
s t
e ma;e s so de vee ssere
«ripensato» come strumento continuo di induzione di trasformazioni
e di governo delle stesse. È proprio la caratteristica di «geometria va-
riabi l
e »de lterritoriochehai ndot to,anc hene ll’ambi tode ll api anif
i-
cazione dei trasporti, a «rivisitare» il criterio della rigida competenza
territoriale e della gerarchia istituzionale elaborando, viceversa, il
principio del policentrismo decisionale e della partecipazione delle colletti-
vità locali. Pur riconoscendo a ciascun livello di governo le funzioni
che lo stesso è preposto a svolgere, il territorio richiede il concorso di
tut t
iil ive llii
stituzionalia de ssoi nte ressatiat trave rsoun’ interazione
cooperativa in cui anche i livelli inferiori possono recare contributi
alla pianificazione dei livelli superiori; richiede che settori diversi
all’internode l
lapi anif
icazi onet erritorialei nt er agis canot r adil oro;
che le collettività locali vengano rese attivamente partecipi del pro-
cesso di costruzione del piano. Accanto a ciò la constatazione della
rapidità con cui i mutamenti sociali si manifestano e si riversano sul
ter r
itor i
oi nducea«r i
visitare »l’iterpr oce dur alede llaf ormazione dei
documenti di piano introducendo il principio della dinamicità nella
costruzione della proposta di piano: al posto del documento unico ed
omnicomprensivo viene redatta, periodicamente una serie di docu-
menti che nel loro insieme costituiscono il «piano», ciascuno dei quali
non è necessariamente solo una specificazione del documento di par-
tenza, ma è una sua integrazione ed arricchimento, un nuovo «tassel-
lo» che contribuisce alla costruzione di un «mosaico» complesso e ar-
ticolato, in grado di crescere con il territ orioec onl ’ass ettos ocioeco-
nomico della collettività, garantendo livelli accettabili di razionalità.
Policentrismo decisionale, partecipazione delle collettività locali e dinami-
cità nella costruzione del piano conferiscono alla pianificazione un
carattere processuale in quanto tutte le attività che la compongono
vengono strutturate e organizzate lungo percorsi decisionali conca-
tenati nel senso che ciascuna decisione è agganciata alla verifica degli
effetti della decisione precedente e dà vita alla decisione successiva.
Tuttavia affinché una pianificazione processuale sia efficace è neces-
sar i
oc hel ’i
nteropr ocessos ia«af fidabi l
e »ec i
oèc hes iagar ant it
al a
ripercorribilità dei ragionamenti che hanno portato alle singole scel-
te. Sebbene la ripercorribilit ànongar ant iscaaf f attol ’obi ettivi t
àde lla

25
scelta finale che, essendo di tipo politico, è comunque affidata alla
negoziazione tra le parti, tuttavia essa contribuisce alla trasparenza
del governo del settore. Questo requisito di affidabilità viene soddi-
sf attoat trave rsol ’adozi onediunametodologia scientifica sottesa alla
costruzione e gestione del piano. La scientificità del metodo diviene
il principio a garanzia della verificabilità delle scelte e deve essere as-
sic uratoat trave rsol ’
as sunzi onedit e cniche di raccolta e analisi dei
dat ichef aciliti
nounc onf rontor i
gor os ot rair i
s ultatis i
aal l’
interno
del processo di formazione di un piano - ad esempio quando si de-
vono confrontare diverse soluzioni alternative prima di individuare
l’a l
ternat ivaot ti
male - sia quando si tratta di confrontare progetti al-
ternativi che concorrono alla realizzazione del piano. Infatti, è solo il
rigore scientifico di un metodo che può rendere possibile e oggettiva
la confrontabilità tra i risultati. Questo significa che il carattere scien-
tifico deve essere comune a tutti i livelli di piano, stabilendo
un’ unitarietà procedurale e metodologica tra i vari documenti in grado di
verificare e garantire, in un unico contesto, la reciproca coerenza (ad
esempio, tra le scelte dei documenti generali - riferiti a tutti i modi di
trasporto - e quelle dei documenti attuativi - riferiti ai singoli modi).
Nella nuova pianificazione dei trasporti, i termini ed i principi di
cui si è sin ora discusso sono presenti in una metodologia che, prima
ancora di entrare nel merito delle tecniche e degli strumenti per la
re dazi onede ipiani ,sièpos t
al ’obi ett
ivodi«r iproge t
tare »ilmode l
lo
de cisi
onal eel ’
ar chit
e t
tur ade lpi anope runa«pr ati
ca»pr ocessuale
della pianificazione dei trasporti, ossia per una pratica che si esplica
at trave rsol ’integrazionec ontinuat ral ef unzi oni tecnico-scientifiche
e le funzioni politico-gestionali (Correra,1994).
Il modello decisionale policentrico e partecipativo promuove la collabo-
razione diretta e formale di una pluralità di sedi e gruppi istituziona-
li al processo di formazione della decisione di un ente specifico attra-
verso modalità cooperative e non rigidamente gerarchiche (Giudice e
Ricci,1995). Questo modello recepisce la presenza di una molteplicità
di centri titolari del diritto ad intervenire nel settore dei trasporti ma,
anziché regolamentare i contrasti che possono sorgere tra essi defi-
nendo rigide scale gerarchiche - come avviene nella pianificazione
tradizionale - s ipr efi
gel ’
obi etti
vodis upe r
ar eir ischi di contrapposi-
zione, premiando la competenza dei diversi centri sui singoli pro-
bl emievi nc olandoal l’acce t
tazionede l
les c elt
ediunc ent
roanc he
quei centri tradizionalmente di livello gerarchico superiore. Il rispet-
to della gerarchia istituzionale è presente solo nel caso di un conflitto
reale di compet enza,me nt renonvi enemaipe nal izzatal ’i
niziati
vadi

26
un centro gerarchico inferiore in caso di inerzia di un centro superio-
re .Inol tre,l’aut onomi adiognic ent ropuòe sser
es pi
nt afinoalpunt o
di potere decider e,sempr eris pe t
tandol ’
«archit
ett
ura»ge ne raledell
a
metodologia adottata, il percorso da seguire ed il tipo di documento
da redigere. Il criterio di cooperazione che è alla base del policentri-
smo decisionale si estenda anche ai rapporti «orizzontali» tra settori
«di scipl inari»di ve r
si,raf f
or zandol ’interdipendenzat ras istemade i
trasporti e sistema socio-territoriale con particolare attenzione
all’interattività che si realizza con la pianificazione urbanistica e am-
bientale dove è opportuno fruire delle evidenti sinergie che a questo
coordinamento si accompagnano.
La partecipazione delle collettività locali s
tabil
isc
el’oppor tuni tàdico-
operazione e confronto con gruppi e sedi non istituzionali arginando
quella separazione tra centri decisionali e soggetti destinatari della
pianificazione (ovvero tra centri di potere politico e/o tecnocratico e
cittadini) che si ravvisa ogniqualvolta tecnici e politici assumono de-
cisioni spesso lontane dalle specifiche esigenze e valutazioni di una
determinata comunità. La partecipazione delle collettività ai processi
di pianificazione risponde al principio generale secondo cui gli inte-
ressi pubblici devono essere realizzati con il minore sacrificio possibi-
le degli altri interessi coinvolti. Il minore sacrificio presuppone che
gli altri interessi siano conosciuti, presi in esame e valutati in maniera
adeguata e completa senza timore che la loro acquisizione comporti
la vanificazione della «decisione». In tale modo la partecipazione
viene ad assolvere contemporaneamente ad una funzione di garanzia
degli interessi collettivi e, al cont empo, de ll’
interes
se
de ll’Ammi ni st
razi onec he ,sintetizzandosi con i primi, dà vita ad una
realtà definibile in termini di interesse generale tendente al bene co-
mune .”( Iannot ta,1991). Nella pianificazione processuale dei traspor-
ti la partecipazione costituisce un momento ineliminabile sia per la
radice di «servizio pubblico» (ossia funzione rivolta in favore di una
utenza) comune ad ogni ambito di intervento in questo specifico set-
tore, sia perché la funzione pianificatoria è deputata al contempera-
mento degli interessi in gioco ed alla presa in considerazione anche
degli «interessi diffusi» (privi cioè di tutela giurisdizionale) (C.N.R.,
1995). In questo settore particolare gli «interessi diffusi» rivestono un
ruolo preminente dal momento che: negli interventi infrastrutturali e
gestionali emerge sempre la necessità di verificare il grado di com-
prensione e di risposta, a livello dei singoli cittadini, rispetto ad un
intervento la cui necessità è tecnicamente, o politicamente, individua-
ta; la mobilità è un tema con il quale i cittadini si confrontano quoti-

27
dianame nte ne ls e nsoc he l ’of
ferta dis istemidimobi l it
ài ncide
sull’organi zzazionede l
lei mpr eseede llef ami gli
e( deLuc aeRal l
o,
1995); nei paesi industrializzati, la qualità della vita appare sempre
piùi nfluenzatadal l’effici
e nzade ls i
stemade it r
aspor ti.Includere la
partecipazione delle collettività locali nel processo di pianificazione
dei trasporti significa contemplare formalmente che individui e
gruppi che non ricoprono cariche di rappresentanza istituzionale
prendano parte, direttamente o indirettamente, al processo decisio-
nal ec hehal uogoal l’i
nt ernodiun’ istituzionei n me ritoapi anie
programmi inerenti la trasformazi onede ll’
ambi e ntef isi
c o,sociale,
economico (Churchman, 1992).
In conclusione, attraverso il modello decisionale policentrico e par-
tecipativo è possibile contribuire a garantire efficacia alla pianifica-
zione nella misura in cui:
a ciascun ente territoriale viene restituita pari dignità (nessun sog-
getto istituzionale può essere visto come mero esecutore delle scel-
te assunte da altri a meno di casi di conflitto manifesto);
si riduce il rischio di battaglie di competenza tra Stato, Regioni,
Province e Comuni realizzando, viceversa, un sistema di autono-
mie che, con azioni coordinate, è in grado di contribuire ad un effi-
cace governo complessivo del territorio;
vengono coinvolte le collettività locali nei processi sottesi alla for-
mazione delle opzioni ed alla verifica delle scelte, riducendo il ri-
schio di azioni non condivise perché non comprese (Rallo, 1993).
L’ efficac
iadique st
omode ll
odi pendeanc hedal las uapot enziali
t à
di guidare la pianificazione secondo un criterio di dinamicità in fun-
zione del quale le azioni si sviluppano e si intersecano:
lungo la scala temporale della pianificazione;
ai diversi livelli territoriali (nazionale, regionale e locale);
lungo gli «stadi» della pianificazione presenti ad ogni livello terri-
toriale e caratterizzati progressivamente da un grado di dettaglio
crescente e dalla possibilità di integrare anche il documento di li-
vello superiore in occasione della redazione di quelli di livello infe-
riore («piano direttore» come primo stadio; «strumenti attuativi»
quali i «piani di medio termine» e/o i «piani di settore» come se-
condo stadio; «studi di fattibilità» come terzo stadio).
La dinamicità del processo di pianificazione, prefigurando il supe-
ramento delle disposizioni contenute in alcun piani generali di setto-
re, si traduce in un processo di innovazione costante del piano in
funzi onede ll
’evol uzionede ls ist
e mat er ri
torialesuc uiint e ndeint er-
venire. Questo significa che non solo le scelte operative sono dettate

28
dalla necessità di attuare le scelte strategiche, ma che anche queste
ultime e gli obiettivi possono essere costantemente riformulati in
funzione delle modifiche che si registrano sul sistema a seguito degli
effetti indotti dalle azioni di altri piani anche di livelli gerarchica-
mente diversi e di settori di intervento diversi.
La metodologia operativa del processo di pianificazione è orientata
allac onos cenza,al l’adozi onedide c i
s i
onit ras pare nti
,allaverifi
cae
valutazione puntuale dei risultati, alla ripercorribilità delle argomen-
tazi oni:inal trepar oleal l
’adozi onede lmetodo scientifico. Molteplici
sono le ragioni che pongono la centralità della conoscenza nei pro-
cessi di pianificazione: in primo luogo è necessario che le singole de-
cisioni vengano sistematicamente ancorate alla conoscenza dei carat-
teri dei luoghi, dei processi in corso e degli esiti delle decisioni di
piano precedentemente assunte e messe in opera; in secondo luogo,
affinché sia condiviso, il piano va argomentato nelle sue scelte anche
inr elazioneadun’ interpretazionede lcont estodiazi oneede l
les ue
evoluzioni; in terzo luogo, e di conseguenza, affinché sia «accessibi-
le» il piano, in tutte le sue componenti e fasi evolutive, va reso co-
municabile a tutti gli attori pubblici e sociali instaurando un processo
di informazione sulle scelte, sullo stato di attuazione, sugli effetti
prevedibili. In questa prospettiva assumono importanza fondamen-
tale la costruzione e la gestione dei sistemi informativi territoriali in-
tesi come sede di produzione sistematica e aggiornata dei dati e delle
informazioni di base indispensabili per costruire e tenere aggiornata
la conoscenza di sfondo del sistema territoriale, per verificare gli ef-
fetti del piano e per innovare con continuità il piano.
Que stai mpos t
azi oneme t odologicac onf i
gur al ’
at t
ivit
àdipi ani f
i-
cazione come attività continuativa di analisi e di studio:
dello stato attuale del sistema socio-territoriale su cui si intende in-
tervenire;
delle trasformazioni socio-territoriali dovute a variabili esogene,
ossia a variabili che possono intervenire in itinere e a prescindere
dalle azioni di pianificazione;
degli effetti che, presumibilmente, si vanno a produrre attraverso
le azioni di pianificazione;
degli effetti concretamente raggiunti attraverso gli interventi del
piano.
Questo approccio «positivista» va comunque integrato introdu-
cendo nelle analisi «oggettive» del sistema anche quegli elementi di
soggettività che costituiscono il sistema delle preferenze e che sono
influenzati da quelle opzioni che il pianificatore e il politico possono,

29
rispettivamente, prospettare e scegliere.
Altrac ar atter
isticaint r
insec aal l
’architetturapr opos tape ri lpi ano
processuale è la continuità della produzione dei documenti che con-
se ntel ’i
nnovazi onec ostantede lpi anoi nf unzi onede ll’evoluzi one
del sistema territoriale su cui intende intervenire. La ciclicità è garan-
tita,tr al ’
al t
ro,dalmonitoraggio del sistema territoriale e della sua
componente trasportistica con particolare attenzione alla domanda
edal l
’of f
e r
t adimobi lità,allac apac itàpr evisional ede llet ecnichea-
dot tate,all’accettazione sociale delle soluzioni ed agli effetti delle tra-
sformazioni del sistema dei trasporti sul contesto sul quale esso ha
influenza. I risultati di questa attività debbono consentire anche la
mi s
ur azionee di lmi gliorame ntode l
l’eff
icaciade lpr oc esso di piano
e, al tempo stesso, debbono alimentarlo delle informazioni conti-
nuamente aggiornate richieste dai documenti che si succedono nel
tempo.Purnone ssendol ’
esc lusivoe leme ntodival utazi onedapar te
dei decisori pubblici, i risultati del monitoraggio costituiscono un
punt odir i
f er
ime ntoogge tti
vope rc onsent i
rec hel ’
adozi onedinuo-
ve decisioni avvenga con una maggiore consapevolezza circa «lo sta-
to» del sistema. Le informazioni recepite ed elaborate possono porta-
re ad un aggiornamento «naturale» del piano, nel senso di individua-
re nuovi obiettivi, una volta verificato il pieno raggiungimento dei
precedenti; oppure possono condurre alla formulazione di nuovi o-
biettivi a seguito di variazioni nel sistema socio-territoriale comples-
sivo. Riformulare il piano significa, in buona sostanza, garantirne
l’attualità s t
abilendo nuove i pot esi di i nte rvent o di pende nti
dal l’
evol uzi onec ompl essivade lsistemas ocio-territoriale stesso .
7

Un’ archite t
turadipi anificazionec osìc onc epita,nonos tantepos sa
apparire più complessa è, in realtà, più flessibile di quella tradiziona-
le. Un piano dettagliato e che non preveda la possibilità di modifiche
per un periodo di tempo indefinito o comunque molto lungo, diffi-

7 È necessario, tuttavia, considerare che la formulazione di nuove ipotesi di intervento può attivarsi

anche indipendentemente dai risultati del monitoraggio: ad esempio, cambiamenti nella composizione
politica de ll’
ent edigove rnopos sonoc ondur reallaformul azionedinuoviobi ett
ivitant oi nc oerenzae
continuità «ideologica» con quelli precedenti quanto in opposizione con essi. Soprattutto nel campo
dei trasporti, dove i tempi di attuazione degli interventi sono di durata medio-lunga, è possibile che
nuovi obiettivi vengano formulati prima ancora che i precedenti siano stati del tutto soddisfatti e valu-
tati nella loro efficacia. Sebbene questa eventualità possa tradursi, di fatto, in una paralisi del piano ed
in un disordine territoriale, è necessario che essa venga sempre contemplata, affinché il piano-processo
conservi la propria caratteristica di apertura e recepimento delle istanze di cambiamento provenienti
dal sistema sociale complessivo. In un caso come quello ora ipotizzato, i nuovi indirizzi saranno, infat-
ti, espressione degli interessi di quella nuova maggioranza che avrà saputo imporsi e questo cambia-
mento culturale, per quanto non rilevato dai sistemi di monitoraggio propri di un ufficio di piano, è
segno comunque di un mutamento sociale di cui un processo di pianificazione non può non tenere
conto.

30
cilme nt er ie
sceai nt erpre taree d as egui rel ’evoluzi onesociale del
territorio. Un piano, viceversa, che è strutturato come «processo de-
cisionale», e non come elenco di interventi, pur contenendo scelte
concrete, è più sensibile ai mutamenti che si registrano sul territorio e
nella società proprio perché rinvial ’
indi viduazi onede glis pecific
i
progetti a momenti successivi, quando occorrerà pronunciarsi su
singoli interventi e sarà possibile farlo sulla base di approfondimenti
conoscitivi che non possono essere presi in esame, per tutte le propo-
ste inserite, in sede di redazione del documento generale. Inoltre
l’i
te rappr ovativodis i
ffat tipianièr esopi ùs nellopr opriope r ché
privo di scelte di dettaglio.
Oggi, la transizione dalla pianificazione tradizionale a quella pro-
cessuale è possibile anche grazie alla disponibilità di moderne meto-
dologie quantitat i
vepe rl ’
a naliside is i
stemit r asporti-terri
tor i
o:l’
us o
dis tr
ume ntianal iti
c iingr adodis imul ar e,ade sempi o,l ’
e quil
ibrio
tra domanda di mobilità ed offerta di trasporto in funzione delle
condizioni esterne, consente la confrontabilità scientifica tra le op-
zioni specifiche in rigorosa coerenza e continuità con le ipotesi poste
alla base del documento generale e delle precedenti scelte specifiche,
garantendo oggettività ai confronti tra ipotesi alternative di interven-
to ed omogeneità ai criteri di valutazione. Tuttavia, per realizzare in
mani eradi ffusae de ff
icacel ’
inter
apr oc edur adipi ani f
icazioneène-
cessaria, da un lato, «la predisposizione di alcuni fattori preliminari
che riguardano la qualità delle strutture tecniche, la capacità di pro-
gettazione e controllo espressa dalle Amministrazioni Pubbliche, la
formazione di strumenti e conoscenze a supporto delle fasi di valuta-
zione preventiva, di definizione delle scelte e di verifica degli effetti»
(Falasc a,1995) ,dall’alt
roi lr icorsoai sti
tut igi uridiciingr adodic on-
sentirne la praticabilitàne l l
’ambi t
ode l
l’attual enor mat i
vade ll
oSt ato
italiano. In assenza di queste condizioni vi è, infatti, il rischio di
un’ ade sionevol ontariae de pis
odi cac hes focerebbe in una disomo-
geneità di pianificazione tra enti e tra territori.

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32
2. La struttura generale del processo di pianificazione

2.
1L’
art
icol
azi
onedelpr
oces
sodipi
ani
fic
azi
one

Pianificare i trasporti significa gestire una concatenazione di deci-


sioni che, ciclicamente e attraverso la loro reciproca interazione, dan-
no luogo alla trasformazione del sistema trasporti-territorio seguen-
do un percorso ritenuto ottimale per la collettività. Il soggetto re-
sponsabile della pianificazione è la Pubblica Amministrazione che,
nella sua articolazione territoriale (Stato, Regioni, Province e Comu-
ni), deve garantire il diritto di tutti alla mobilità, deve finanziare gli
interventi richiesti dalla collettività e non convenienti per
l’i
mpr endi toriapr i
vat aede vef arsic ari
code l
lec oe renzetral esce l
te
di natura trasportistica e quelle economiche, sociali ed urbanistiche.
In questa funzione, la Pubblica Amministrazione è oggi chiamata
sempre più ad avvalersi della collaborazione di altri soggetti ai quali
concedere larga autonomia nelle scelte tecnico-organizzative neces-
sarie per raggiungere gli obiettivi dei piani. In definitiva, il processo
di pianificazione nel suo insieme vede coinvolti organi politici, uffici
tecnici della Pubblica Amministrazione e persone giuridiche pubbli-
cheepr ivatei nter essateal l
’attuazi onede gliint ervent i
.Ai primi spet-
tano i compiti di definire obiettivi, vincoli e strategie generali e di
approvare i documenti del processo. Agli organi tecnici i compiti di
elabor areidoc ume ntid’ iniziativade ll
aPubbl icaAmmi nistrazi
onee
di controllare la coerenza delle proposte avanzate da altri soggetti
con le indicazioni di piano (la «gestione» del piano). Ad altri soggetti
giuridici, pubblici e privati, spetta il compito di contribuire alla co-
struzione del piano ass ume ndo l ’
inizi
ativa de l
laf ormul azione di
proposte di proprio interesse e/o competenza.
Condizione essenziale per dare inizio alla pianificazione è la volon-
tà degli organi politici di intervenire sul sistema territoriale di pro-
pria competenza. È questo un elemento importante perché la volontà
di predisporre unpi anoègi àe spr essi
onediun’ atmos f
erapol i
tica
che riconosce nel piano un contratto, un sistema di regole da rispet-
tare che, per il fatto stesso di esistere ed essere stato approvato, è an-

1
che in grado di produrre conseguenze, indipendentemente dagli o-
biettivi perseguiti. Da questa volontà prende avvio il processo di
pianificazione attraverso la produzione di una successione di docu-
me nt i(ognidoc ume ntoèl ’attof i
nalediuns e gme ntode lpr oces
so
decisionale) classificabili in base alla scala temporale (di lungo periodo
o «strategica» se relativi ad interventi che richiedono tempi
d’ attuazi onel unghief inanzi ame ntiinge nt i
;dibr evepe ri
odoo«t at-
tica» se richiedono tempi brevi e finanziamenti più contenuti), al li-
vello territoriale (nazionale, regionale e locale) ed allo stadio di avan-
zamento del processo stesso.
Il processo di pianificazione proposto in questo manuale interessa
sia il lungo sia il breve periodo (vedi la fig. 2.1).
La pianificazione di lungo periodo o pianificazione strategica si rife-
risce ad interventi normativi, organizzativi ed infrastrutturali di rile-
vanza tale da incidere sulla struttura del sistema dei trasporti, e cioè
sul l’entit
àc ompl e
ss iva delle opportunità offerte per lo spostamento
di persone e di cose, sulla loro dislocazione nello spazio,
sul l’assortime ntodimodal i
tàof ferte,sullepr e st
azionii nt ermi nidi
cos tiet e mpidis pos t
ame nto,dis i
cur e
zza,dic omf ort,d’ impat t
o
sul l’ambi ent e,dir i
cadut es ul l
’assett
our banistic oet er
ritoriale.
La pianificazione strategica, per sua natura, richiede tempi lunghi
e risorse ingenti per essere tradotta in realtà; inoltre essa interseca
analoghi processi decisionali in settori «paralleli».
La pianificazione di breve periodo o pianificazione tattica riguarda
invece la gestione del sistemade itrasporti,val eadi r
el ’utili
zzoot ti-
mo delle risorse infrastrutturali, umane ed organizzative disponibili
al fine di consentire alla domanda di mobilità attuale di essere inte-
gralmente esaudita. La pianificazione tattica si articola, pressoché e-
sclusivamente, in interventi normativi ed organizzativi tali da poter
essere attuati in tempi brevi e con le risorse immediatamente dispo-
nibili.
Ne ll
a pi ani ficazione s trate gic
al ’attore pr inc i
paleèl a Pubbl i
ca
Amministrazione anche se il «privato» deve poter intervenire sia
come controparte di un contratto per la realizzazione e/o la gestione
diun’ ope raodiuns ervizios i
ac omes ogge ttoc hepr opones ce
ltee
modelli di riassetto del sistema dei trasporti. Nella pianificazione tat-
tica, invece, il protagonista delle scelte è il «privato» al quale, sia pu-
re sempre sotto il controllo della Pubblica Amministrazione, è eletti-
vamente demandata la gestione dei servizi di trasporto.
Pianificazione strategica e pianificazione tattica sono attività so-
stanzialmente diverse pur essendo strettamente interconnesse: per

2
e ntrambel ’
obi e tti
voul timoèl ’esaudi me ntode lladomandadimobi-
lità; entrambe devono adottare strategie compatibili dal momento
che la pianificazione tattic ade vec osti
tuirel ’antici
pazi oneabr e ve
delle scelte che, con più impegnativi interventi, la pianificazione stra-
tegica prevede di mettere in atto in un arco di tempo lungo; entram-
be, infine, ricorrono a competenze professionali ed a tecniche di lavo-
ro molto simili se non coincidenti.
In ambedue le scale temporali, il processo di pianificazione preve-
de tre livelli territoriali: nazionale, regionale e locale (vedi sempre la
fig. 2.1) corrispondenti ai tre livelli di articolazione della Pubblica
Amministrazione ed alle diverse scale territoriali alle quali si manife-
sta la vita economica e sociale dei cittadini e, di conseguenza, la loro
domanda di mobilità.
La scala nazionale riguarda gli spostamenti di persone e di cose tra
ledi verser e gioniet raque steel ’estero.Lac ompe te
nzai sti
tuzional e
a questo livello è interamente statale e viene esercitata, a livello stra-
tegico, attraverso alcuni Ministeri (Trasporti e Lavori Pubblici innan-
zitutto) ed i loro uffici periferici (Motorizzazione, Provveditorati alla
Opere Pubbliche, Capitaneria di Porto, ecc.); a livello tattico, attra-
verso la stipula di contratti di concessione e contratti di servizi con le
società esercenti servizi di rilevanza nazionale (Ferrovie dello Stato,
società autostradali, compagnie di navigazione marittima ed aerea,
ecc.).
La scala regionale r iguar dalamobi lit
àc hes ie sauris
ceal l’i
nte r
node i
c onf i
nidic i
as cunaRe gi onemanonal l
’i
nt e
r node isingol icomunie
de i«s i
stemi »dic omuni .Lec ompe tenzes onoquas it uttede l
l’e nte
Regione: le ferrovie locali, le metropolitane, le tranvie, le filovie, i tra-
sporti a fune, i servizi automobilistici, la navigazione in acque inter-
ne; i ministeri, viceversa, conservano la responsabilità della sicurezza
e delle scelte riguardanti i segmenti del sistema nazionale interni ad
ogni Regione.
La scala locale, infine, è quella della mobilità «quotidiana» che si ri-
sol veal l’i
nt ernodiuns i
ngoloc omuneoal l’internodiaggr egat ic o-
stituiti da più comuni adiacenti e strettamente integrati. Il fenomeno
de l
l’urbani zzazi onehai nfatt
ide te rminat oanc hei nI t
alial af orma-
zione di un numero limitato di grandi aree urbanizzate o «aree me-
tr opolitane »( ne ll’acce zionedat aalt e
rmi nede llalegge142/90)edi
un gran numero di aggregati minori, generalmente denominati «si-
st emiur bani »,t alvol taubi cat
ianc heal l
’internode l
le stesse aree me-

3
tropolitane1. La vita dei loro residenti non investe più il solo territo-
rio comunale di appartenenza, ma si estende ai comuni circostanti: i
luoghi di origine e di destinazione della mobilità delle persone e del-
le cose appaiono disseminati su territori sovracomunali e, anche nei
casi di comuni di dimensioni medio-grandi, si osserva che gli spo-
stamenti di scambio e di attraversamento sono più numerosi di quelli
interni. Il sistema dei trasporti in questi casi non può essere definito
se non nel contesto del sistema urbano di appartenenza ed i relativi
pi ani,s ias t
r ate
gicichet attici,de vonoe sse ree stes
ial l’insiemede i
comuni del sistema.
Le competenze nel settore dei trasporti alla scala locale sono dei
Comuni e delle Province (queste ultime in proprio per la mobilità
provinciale e su delega delle Regioni per il trasporto pubblico locale).
Purtroppo non esistono autorità per i sistemi urbani ad esclusione
delle Comunità Montane che, attraverso i propri piani urbanistici,
hanno la possibilità di operare scelte anche nel settore dei trasporti.
Come si vedrà nel capitolo VIII, nel caso dei sistemi urbani, si può
garantire il governo delle trasformazioni del sistema dei trasporti ri-
correndo ad «accordi di programma» per la pianificazione strategica
ed a «contratti di concessione» o «contratti di servizi» per la pianifi-
cazione tattica.
Traidoc ume nt
ir e
lat i
viait rel ivelliterritorialic’èuni ntrinseco
rappor toge rar c
hicoc heve de ,nell’ordine,ipi aninazi onal is ovraor-
dinati rispetto a quelli regionali e questi ultimi sovraordinati rispetto
aipi anil ocal i.Nonostant ei lrappor t
oge rarchico,l ’
asse nzadidoc u-
menti di un livello superiore non deve costituire un ostacolo proce-
durale alla redazione dei documenti di livello inferiore e le scelte
contenute in documenti sovraordinati non devono necessariamente
prevalere sulle scelte dei documenti sottordinati. In assenza di do-
cume nt is ovr aordinati,l’enter e
spons abil
ede l
les celtedipi anif
ica-
zione può procedere alla redazione dei documenti di propria compe-
tenza aderendo agli indirizzi generali eventualmente espressi dai li-
velli di governo più elevati. A questi ultimi spetta, in ogni caso, il di-
ritto di esaminare tali scelte, con la possibilità di bocciarle, eventual-
mente seguendo una procedura aggravata, nel caso risultassero in

1 Secondo la L. 142/90 sono da considerarsi «aree metropolitane» le aree urbanizzate gravitanti sui

comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, mentre studi speci-
fici estendono la classificazione in «sistemi urbani» anche ad altri aggregati di comuni. Sia per le aree
me tropolit
anec hepe ris istemiur baniène cessari
odi sporrediunade l
imi t
azi onede ll’areadir i
feri
me n-
to prima di procedere alla redazione del piano. In assenza di delimitazioni ufficiali, se ne può proporre
un’ or i
ginaledaf areac cett
aredal l
epar tii
noc c
asionede llas tipulade ll’
acc ordodipr ogrammac hes i
propone di adoperare per rendere vincolanti le scelte dei piani.

4
contrasto con le proprie strategie per quanto inespresse. Restano e-
scluse da tale procedura le materie specificamente di competenza del
livello sottordinato.

5
2.2 La pianificazione strategica

Ad ogni livello territoriale, la pianificazione strategica si forma


percorrendo tre stadi (vedi la fig. 2.2):
redazione di un Piano Direttore: il Piano Nazionale dei Trasporti
(PNT) al livello nazionale, il Piano Regionale dei Trasporti (PRT) a
livello regionale ed il Piano Locale dei Trasporti (PLT) a livello dei
comuni, sistemi urbani, comunità montane ed aree metropolitane;
redazione dei Piani Attuativi e cioè dei Piani di Settore e del Piano
di Medio Termine: i primi sono piani generalmente «modali», co-
me i piani dei trasporti aerei, dei trasporti marittimi, dei trasporti
idroviari, degli interporti o dei centri merci, delle ferrovie e della
viabilità; il Piano di Medio Termine è il documento contenente tut-
tel es c
e ltec hel ’
aut orit
àdigove r noc ompe te ntepe rt er
ritor i
oi n-
tende attuare nel corso del suo mandato;
redazione degli Studi di Fattibilità relativi ai singoli interventi inse-
riti o da inserire nel Piano Direttore, nei Piani di Settore o nel Piano
di Medio Termine.
I Piani Direttori contengono le scelte generali di riassetto del siste-
ma dei trasporti sul territorio cui si riferiscono: obiettivi generali e
specifici, vincoli e strategie di tipo normativo, organizzativo e infra-
strutturale con la definizione delle prestazioni richieste agli impianti
ed alle infrastrutture di trasporto. Per loro natura sono documenti
poco operativi perché richiedono Piani Attuativi e/o Studi di Fattibi-
lità che definiscano nei dettagli le caratteristiche degli interventi; tut-
tavia vanno visti come vincolanti per quanto riguarda le scelte - an-
corché generali - che contengono.
Tra i Piani Attuativi, i Piani di Medio Termine rappresentano uno
st ralciode iPi aniDi rettoriec ont engonol ’appr of ondime ntode llec a-
rat ter i
stichede gl
iinte rventichel ’e
nt eterritor
i aledir iferi
me ntoi n-
tende realizzare. I Piani di Settore, oltre a contenere la specificazione
delle scelte indicate dai Piani Direttori, sono, di norma, anche «inno-
vatori» rispetto ai Piani Direttori contribuendo di fatto alla «costru-
zione» del piano inteso come insieme di Piano Direttore, Piani Attua-
tivi e Studi di Fattibilità. È proprio attraverso questa «costruzione»
continua del piano che si realizza la pianificazione «dinamica» o il
«piano-pr oc e ss
o»,s upe randol ’impos t
azionet r adizional ec heaf f
ida
l’aggi orname ntode idoc ume ntidipi anoal le«var i
ant i» ed alla riela-
borazione periodica dei documenti. I piani attuativi non contraddi-
cono le scelte generali dei Piani Direttori, ma le completano e le arric-
chiscono recependo nuove esigenze, eventualmente emerse, e valu-

6
tazioni che enti e società, specificamente attive nei settori modali, ri-
tengono di poter avanza-

7
re in merito ai contenuti dei Piani Direttori.
IPi aniAt tuativis onodinor mar e dattidal l’enter es
pons abil
ede i
trasporti alla scala territoriale cui i piani si riferiscono. Non è però da
esclude rec hel ’iniziativade llal oror edazi ones iapr esaanchedaal tr
i
soggetti, eventualmente privati, interessati al piano. È il caso, ad e-
sempio, della società Ferrovie dello Stato per i piani ferroviari nazio-
nali o regionali, dell ’ANASpe rpi anide l
lavi abi l
it
ànazi onale,dii m-
prenditori privati intenzionati ad investire in infrastrutture o in ge-
stione di servizi di trasporto (interporti, autostrade, parcheggi), ecc.
Inque stic asiipi aniat tuativide bbonoe sse reappr ovatidall’
organo
della Pubblica Amministrazione competente e, quindi, debbono esse-
re redatti nel rispetto di direttive che lo stesso organo potrà emanare.
Piani Direttori e Piani di Settore hanno un periodo di validità di tre
anni al termine del quale vanno rielaborati ed adeguati alle nuove e-
sigenze nel frattempo emerse. Ad ogni nuova edizione debbono re-
cepire le eventuali scelte formulate da altri soggetti sotto forma di
documenti sottordinati già approvati e, comunque, devono prenderle
in esame, recependole o rifiutandole sempre nel rispetto del «poli-
centrismo decisionale.
A valle dei Piani Direttori e dei Piani Attuativi è sempre prevista la
redazione di Studi di Fattibilità intesi come momento ultimo del pro-
cesso di pianificazione, sede di valutazione delle singole alternative,
relative ad uno specifico intervento, sotto gli aspetti tecnici, ammini-
strativi, funzionali, economici, finanziari ed ambientali. Lo studio di
fattibili
tàèl ’e l
eme ntoc hiavede lpr oc essodipi anificazi
one:daunl a-
to consente una valutazione molto dettagliata di un intervento quan-
do si è ancora in fase di scelta e non già in sede di progettazione;
dal l
’altrol ato«gi usti
fica»,c onl as uapr es enzane lprocess
ode cisi
o-
nale, la «genericità» dei contenuti dei Piani Direttori e, anche se più
limitata, dei Piani Attuativi. Gli approfondimenti analitici degli studi
di fattibilità consentono di documentare gli aspetti positivi e negativi
de ll
’inte rve ntoedir accogliere, quindi, quel consenso che, viceversa,
in sede di approvazione dei Piani Direttori e Attuativi, può mancare
proprio per carenza di documentazione.
Lo Studio di Fattibilità segue, di norma, un Piano Attuativo (sia
Piano di Settore sia Piano di Medio Termine), ma può essere redatto
direttamente a valle del Piano Direttore nel caso che la necessità
de ll
’inte rve ntopr esoi ne sames ias tatagi àde cret
ataoquandol a
c ompl e ssitàde l
l’intervent oèt aledagi ustificar eunos tudi
opar ago-
nabile ad un piano attuativo. In tal caso allo studio può essere asse-
gnato anche il nome di «progetto di sistema». Lo Studio di Fattibilità

8
può anche riguardare un intervento non esplicitamente indicato nei
due tipi di piani sovraordinati, ma costituire una risposta ad esigenze
riconosciute da questi piani con soluzioni coerenti con gli obiettivi e
le strategie da essi scelti. In questo consiste la «innovatività» degli
StudidiFat t
ibi
lit
àne ll’
ambi tode lpr ocessodipi ano,delt uttoanal o-
ga a quella di cui si è detto per i Piani Attuativi rispetto ai Piani Di-
rettori.
Gli Studi di Fattibilità possono essere redatti, come i Piani Attuati-
vi, da soggetti diversi dalla Pubblica Ammini str azionec onl ’obbl igo
die s
s erei nognic asos ottopostial l
’appr ovazionedique st’
ul tima:i
conflitti di opinione vanno superati nel rispetto degli stessi criteri e-
sposti in precedenza a proposito dei rapporti tra contenuti dei Piani
Direttori e dei Piani Attuativi.
Lo Studio di Fattibilità, nel caso di infrastrutture, ha i contenuti
pr oge t t
ual idiunpr oge ttopr el
imi nare,ne ll
’acc ezionedat aaque s
to
termine dalla L. 415/98. Esso costituisce così anche il primo passo del
processo di progettazione che si svilupperà nella sua interezza a val-
le della pianificazione, con la redazione del progetto definitivo e del
progetto esecutivo. In questo senso, lo studio di fattibilità è il mo-
mento più creativo e, nello stesso tempo, quello che più richiede una
cultura tecnico-ingegneristica.
Inc ont empor aneaal l
’evoluzionede lpr ocessodipi anificazione nei
tres t
adif i
norade scr
it ti
,èpr evist
aun’ att
ivitàcos tantedimonitoraggio
del sistema trasporti-territorio.
Il monitoraggio è una funzione del processo di pianificaziobne dedi-
cata a:
alimentare il processo con informazioni aggiornate, raccolte ed e-
laborate con metodologie scientifiche comuni a tutti i livelli e stadi;
rilevare gli effetti prodotti dall ’att
uazi onede llepr opos tedipi ano
in mododapot erneva lutarel ’ef
ficaciac onanal i
side lt i
pobefo-
re/after;
confrontare le previsioni formulate in sede di redazione dei docu-
menti del processo con le trasformazioni reali del sistema, in modo
da migliorare le tecniche adoperate e renderle più affidabili e pre-
cise.
Il monitoraggio si esplica attraverso una regolare attività di rileva-
zione, selezione e trattamento delle informazioni relative ai principali
parametri del sistema socio-territoriale ed a specifici parametri della
sua componente trasportistica. In particolare, il monitoraggio dovrà
rende r e di sponibil
it ut tiidat id’ i
ngr essor ic hiestidal let ec niche
quantitative adoperate per i modelli di simulazione e per le verifiche

9
funzionali, economiche, finanziarie ed ambientali previste dalla pro-
cedura.
L’ ins iemede ll
ei nfor mazi onine c ess
ariepuòe sser
ec osìc las sif
icato:
c arat teri
s t
ichede ll’
ambiente esterno al sistema dei trasporti: qualità
ambientale, aspetti socioeconomici della popolazione che vive
nell ’areadis tudi o,c aratte riur bani s
ticic hepi ù di rettame ntei n-
fluenzano o sono influenzati dai problemi di accessibilità del terri-
torio, assetto istituzionale degli enti che hanno potere di intervento
sui trasporti;
c arat teri
s t
ichede ll
’offerta di opportunità di trasporto per le persone e
per le merci: dalle caratteristiche geometric hede ll’infras trutturaai
se rvi ziof fert
i,dal l’or ganizzazi onede lleazi endec hepr oduc ono
servizi di trasporto, ai costi, alle tariffe ed alle sovvenzioni pubbli-
che, con riferimento ai diversi modi (strada, ferrovia, trasporto ae-
re oepe rvied’ acqua) ,pubbl iciepr ivati,ine serci
ziooi nvi adir ea-
lizzazione;
caratteristiche della domanda di mobilità di persone e di cose: flussi
veicolari, flussi di individui e merci su strada e su linee ferroviarie,
matrici O/D, modi operati, motivi degli spostamenti, variabilità
nel tempo e così via;
qual itàde ll
’equilibrio in essere tra domanda ed offerta: livelli di satura-
zione delle infrastrutture, tempi di viaggio, spazi percorsi, inqui-
namento prodotto, consumi energetici, livelli di sicurezza, indici di
produttività, di efficienza, di efficacia e di economicità delle azien-
de di trasporto pubblico ed ogni altro fenomeno che i responsabili
della redazione dei documenti di piano dovessero ritenere necessa-
rio conoscere e per valutare lo stato del sistema e la convenienza
degli interventi.
Il monitoraggio del processo di pianificazione deve, infine, preve-
dere la rilevazione dello stato di attuazione delle previsioni di piano
al fine di ricercare nessi di causa ed effetto tra gli interventi realizzati
el ec ons eguenzes ul ladomanda,s ull
’offertaes ull
aqual i
t à.Lede ci-
sionic hes egnanol ’
at tuaz ionediunpi anos ono,e s senzi alme ntedi
tre tipi:
l ’e manazi onedinor me( leggi ,de cr
e t
i,c i
r colari,direttive) o la sot-
toscrizione di intese, accordi e contratti di programma e di servizi
che conferiscono efficacia ed operatività alle previsioni di piano;
l os tanzi ame ntoel ’
e rogazi onedif inanzi ame ntipe rl ar e alizzazio-
ne degli interventi di piano;
la costruzione delle infrastrutture o la realizzazione degli interven-
ti istituzionali ed organizzativo-gestionali.

10
L’ emanazi onedinor mec os ti
t uisceilpr imopas sodac ompi eredo-
pol ’appr ovazionede idoc ume nt idipianoepuòe s
serese guitaat tra-
ve r sol ’
e s
amede gli atti ufficiali degli organi di governo statali, re-
gionali e comunali.
Il monitoraggio dei flussi finanziari consiste nel registrare gli im-
porti programmati, gli stanziamenti deliberati dagli attuatori delle
opere e la lor oe ffettivae rogazi one .L’osse r
vazione può essere spinta
fino ad individuare le cause dei residui passivi che sono normalmen-
te presenti in tanti organi della pubblica amministrazione italiana:
noni nteressat antol ’indi vi
duazi onedir espons abil
it
àpol i
ticheodi
uffici, quanto la ricercadic aus ei nterneal l’at ti
vitàdipi anificazione
quali errori strategici, priorità sbagliate, sottovalutazioni dei costi,
ecc.
Il monitoraggio delle realizzazioni di nuove opere è, infine, quello
più semplice da comprendere e condividere anche se non sempre è il
più facile da eseguire. Consiste nel rilevare le caratteristiche tecniche
e funzionali di nuove infrastrutture e nuovi impianti trasferendole a
chi ha il compito di redigere i nuovi piani.
In termini operativi il monitoraggio è creazione e aggiornamento
costante di un data base il cui contenuto è costituito da quelle infor-
mazioni necessarie ad analizzare la situazione attuale (fase 1 del pro-
cesso di pianificazione) e che sono soggette ad una rapida evoluzione
per effetto o di fenomeni sostanzialmente esogeni al «sistema tra-
sporti» o di informazioni indotte dal piano sul sistema stesso. Il si-
stema trasporti-territorio viene quindi sottoposto ad una serie di ri-
levazioni periodiche a seconda del tipo di fenomeno sotto osserva-
zione e della rapidità della sua evoluzione: ad esempio, il monito-
raggio dei flussi finanziari può avere una frequenza trimestrale men-
tre la rilevazione di indicatori «macro» della mobilità (flussi veicola-
ri) e di parametri demografici (residenti, attivi, addetti, ecc.) può ave-
re frequenza annuale; o ancora, per le indagini di dettaglio, quali le
interviste al cordone o a domicilio, si può stabilire anche la frequenza
triennale o coincidente con la frequenza di rielaborazione dei docu-
menti.
Per quanto riguarda i soggetti coinvolti nel processo, nella fig. 2.3 si
riporta un organigramma che indica, in via semplificata, compiti e
rapporti reciproci.
La Pubblica Amministrazione, come organo di governo e come assem-
blea elettiva di ciascun livello territoriale, ha il compito di definire
obiettivi e vincoli e di approvare i Piani Direttori, i Piani Attuativi e
gli Studi di Fattibilità. In questa sua funzione è supportata da un Uf-

11
ficiodiPi anoedaunaCommi ssionediPi ano.Al l
’Ufficio di Piano
spe tt
al ’
elabor azionediana lisi,pr evisi
oni,s trategie e valutazioni per
la redazione dei singoli documenti; la gestione del processo di piani-
fica zionepr ende ndol ’inizi
a tivade ll
ar edazione di nuovi documenti
ec ur andol’istruttoriadidoc ume ntire dattidat erzi;l’attuazi onede l
monitoraggio e il coordinamento con le altre istituzioni e con la cit-
tadinanza. Alla Commissione di Piano spetta la rappresentanza degli
interessi di produttori, utenti e sindacati.
Persone giuridiche pubbliche e private possono inserirsi a valle dei
Piani Direttori, con la redazione di proposte di Piani Attuativi e di
Studi di Fattibilità che, come si è detto, sono successivamente sotto-
pos tiall
’appr ovazi onede glior ganide ll
aPubbl i
caAmmi nistrazione.
Gr anpar t
ede ll’
at t
ivi t
àdie laborazionede ll
ede cisioniavvi eneat-
traversol adi ffusionede l
l’
inf ormazi onealf inedis olle ci
tar el apar t
e-
cipazione dei cittadini alla valutazione degli obiettivi, dei vincoli,
delle strategie, delle alternative di intervento e dei criteri di scelta.
Il Piano così costruito è affidato agli uffici della Pubblica Ammini-
strazione deputati a metterlo in atto: dal monitoraggio del sistema si
de s umonol ei nf
or mazi onic heal i
me ntanol ’
interopr oces so,sugge-
rendo al governo modifiche nelle scelte di sua competenza e fornen-
doal l’
Uffici
odiPi anoidat iper il continuo aggiornamento dei do-
cumenti.

12
13
2.3 La pianificazione tattica

La pianificazione tattica si articola per modo di trasporto, con


strumenti diversi in relazione al livello territoriale di riferimento ed
al soggetto cui è affidata la gestione delle infrastrutture e dei servizi.
Alla scala nazionale ed a quella regionale operano prevalentemente
aziende di proprietà pubblica o privata, strutturate come enti eco-
nomici o come società per azioni, ma sempre più spesso indipendenti
dal potere politico nelle loro scelte di gestione. In questi casi il con-
trollo della Pubblica Amministrazione avviene in sede di approva-
zione dei bilanci da parte della proprietà (se è presente una quota di
proprietà pubblica) o in sede di sottoscrizione dei contratti di conces-
sione e dei contratti di servizi previsti dalle Direttive UE 92/50/CEE
e 93/38/CEE, recepite dalla legislazione italiana nei decreti legislati-
vi n.157 e n.158 del 17/3/95.
I contratti di concessione regolano i rapporti tra Pubblica Ammini-
strazione ei mpr esepe rl ’
e serc i
ziodis ervizidit r
as por topubbl i
c o;i
contratti di servizio regolano invece la vendita alla Pubblica Ammini-
strazione dei servizi che le imprese non esplicherebbero, o che non
esplicherebbero nella stessa misura, sulla base dei propri interessi
commerciali. Esempi possono essere i servizi in fasce orarie o in pe-
riodide l
l’annopar t
icolarioi nzoneadomandadebole o ancora i
servizi non redditizi ma necessari per raggiungere obiettivi esterni al
sistema dei trasporti in senso stretto (risparmio energetico, riduzione
di impatti ambientali, sviluppo di settori produttivi, ecc.).
Con ambedue i tipi di contratto si possono regolare le caratteristi-
chede l
l’offe r
ta( tipo,di me ns ionielocalizzazione delle infrastrutture,
continuità, regolarità, capacità e qualità del servizio), il prezzo (di co-
struzione o di uso), le relazioni finanziarie tra le parti, le norme in ca-
so di mutamenti imprevedibili, il periodo di validità, le sanzioni.
Questa impostazione è già attuata per le Ferrovie dello Stato, per la
rete delle strade statali, per le società autostradali, per le compagnie
di navigazione che effettuano servizi essenziali, per alcuni servizi ae-
rei, per gli interporti e così via.
Quando la gestione è diretta e curata da organi della Pubblica
Amministrazione, in alternativa ai contratti è proponibile la predi-
sposizione di un «piano» nel quale siano specificate le stesse scelte.
In ogni caso, occorre prendere atto che sia il programma di servi-
zio da allegare ai contratti di concessione e di servizi sia i piani di ge-
stione rivestono il carattere di documenti di pianificazione tattica e
che, come tali, debbono raccordarsi alle scelte strategiche e debbono

14
e sseres ott
opos tiall’appr ovazi onede gl ior
ganicompe tent iint emadi
pianificazione anche se limitatamente alla sola verifica della loro coe-
renza con le strategie di lungo periodo.
Alla scala locale coesistono i due casi di gestione diretta e di ge-
stione per concessione e, quindi, di acquisto dei servizi. Un esempio
tipico di gestione diretta è la normativa vigente (il Codice della Stra-
da, D.L.n. 285/92, art. 36) in merito alla redazione di Piani Urbani di
Traffico da parte di amministrazioni di comuni con almeno 30.000
abitanti e la redazione di piani del traffico per la viabilità extraurba-
na da parte delle amministrazioni provinciali. Esempi del secondo
tipo sono le aziende di trasporto pubblico locale e i soggetti cui è af-
fidata la gestione della sosta nelle città.

15
16
17
18
19
20
21
2.4 Le fasi e le attività della redazione di un documento della
pianificazione strategica

La redazione di tutti i documenti del processo di pianificazione


(conl ’esclus i
onede isoliPi anidiMe di
oTe rmi ne )avvi enepe rcorr en-
do tre fasi (vedi la fig. 2.4):
1. analisi della situazione attuale;
2. costruzione degli scenari futuri;
3. simulazione degli scenari e scelta della proposta di piano.
Diversi sono gli «autori» coinvolti in queste fasi:
a) tecnici della pianificazione esperti in analisi dei sistemi di trasporto
b)tecnici della pianificazione esperti in progettazione di sistemi di
trasporto
c) decisori pubblici (esponenti politici o tecnici a ciò delegati
dall’aut oritàdigove rno).
d)Ai tecnici-analisti spetta il compito di:
e) analizzare e simulare in termini quantitativi la domanda di mobili-
tà,l’offe r
tadioppor tuni tàdit rasportoel ec ondizioni di equilibrio
del sistema (1 fase);
a

f) simul ar el’equi l
ibr i
ode l
l as ituazionedinoni nterve nto(2a fase);
g)s imul ar el ’equi libri
ode gl is cenar ial
ter nat i
vidii nterve ntoeval u-
tare le «prestazioni» degli impianti di trasporto che ne fanno parte
e del sistema nel suo insieme (3a fase).
Ai tecnici-progettisti spetta il compito di:
a) rilevar el os tat oat tualede ls i
stemape rquant or i
guar dal ’
ass etto
socioec onomi c oet e rri
tor iale,l’asset
tonor mat i
voege s
tional eel a
domanda di mobilità (1a fase);
b)configurare il futuro scenario del sistema in caso di non intervento,
desumerne le criticità, costruire scenari alternativi di intervento e
verificarli sotto gli aspetti di realizzabilità tecnica e di percorribilità
amministrativa (2a fase);
c) valutare gli scenari alternativi sotto gli aspetti funzionale, econo-
mico, finanziario ed ambientale e confrontare le valutazioni così ot-
tenute in modo da rendere possibile al decisore pubblico la scelta
de l
l’alternat ivamigliore.
Ai decisori pubblici spetta, infine, il compito di definire gli obiettivi
(generali e specifici) ed i vincoli da rispettare e di scegliere
l’alternat ivami gl ioredapr e sentareal l
eas sembl eee lettivec omepr o-
poste di piano.
Ogni fase del processo vede esplicarsi una serie di attività, ciascuna
curata da un gruppo di tecnici. Qui di seguito sono sintetizzate le at-

22
tività che, in linea generale, debbono essere svolte in ciascuna delle
fasi di lavoro e indipendentemente dal documento da elaborare. Le
par ticolarizzazi oni,l’escl usi
oneol’aggi
untadiqual cheat tività lad-
dovene ce ssar io,sonoaf fidat
eal
l’
estens
orede ldoc ume ntoc hedar à
anche maggiore o minore risalto ad ogni attività a seconda del piano
che sta elaborando. Una sintesi delle attività è riportata nelle figure
da 2.5 a 2.9 che consentono di desumere le diversità tra i vari livelli
territoriali ed i vari stadi.

1a fase: analisi della situazione attuale

Lapr imaf asepr endel emos sedal l’esplicitazionede gliobi ett


ivi
ge ne r
al ichel ’aut or itàdigove rnode lsistemai ne s amer i
tienede bba-
no essere per s egui tiinl ine adipr i
ncipio.Èun’ attivit
às os tanzialme n-
te politica perché, in nuce, indica già quale parte degli interessi della
collettività si intende privilegiare.
Le attività tecniche che seguono sono:
a) de limi tazionede ll
’area di piano e de l
l’area di studio e loro suddivi-
sionei nzone .L’ areadipi anoc oincidec oni lt erri
tor i
os ulqual eil
piano intende i nte rveni re.L’ area dis tudi o èc ostituita,i nvece,
dal l’areadipi anoedalt erri
torioc ir
c ostanteal l’internode lqual esi
esaurisce la gran parte de l
lamobi l
itàc hei mpe gnal ’areadipi anoe ,
quindi, gli effetti di interve ntisuls istemade itraspor tide ll’
areadi
pi ano.Èc hiar oc he,i nque stafase,l’areadis tudi oès oloi potizzata
e deve essere verificata dalle analisi di mobilità. Le due aree vanno
suddivise in zone per poter rappresentare con matrici origi-
ne/destinazione la distribuzione spaziale degli spostamenti di per-
sone e di cose: tutto il traffico da e per una zona si riterrà concen-
trato, in uscita e in entrata, in un punto baricentrico della zona de-
nominata «centroide». È con riferimento a questa zonizzazione che
si procede, successivamente, alla rilevazione delle caratteristiche
del territorio e del sistema dei trasporti;
b)a nal iside l
l’ambiente fisico, geologico e geotecnico de ll
’are adipiano,
della sua morfologia e dei condizionamenti che ne derivano alle
vie di comunicazione; individuazione delle aree di rilevanza am-
bientale per la presenza di valori paesaggistici, di reperti archeolo-
gici, di vegetazione, di flora e di fauna di particolare pregio; rileva-
zionede llec ondi zionime teocli
mat icheede llaqual itàde l
l’ar
ia,con
particolare attenzione agli agenti inquinanti ed ai livelli di rumoro-
sità riferibili al traffico; studio del regime delle acque superficiali e

23
profonde interessate da nuove infrastrutture di trasporto;
c) a naliside l
l’assetto socioeconomico, per quelle caratteristiche che inci-
dono sulla domanda di mobilità: entità e dinamica delle residenze,
delle attività produttive e dei servizi;
d)r ilevazi onede ll’assetto territoriale e cioè della distribuzione nello
spazio degli insediamenti, della loro dinamica, dei condizionamen-
ti attivi e passivi nei confronti del sistema dei trasporti, della loca-
lizzazione di poli di particolare rilevanza per capacità generativa o
attrattiva di traffico;
e) rilevazi one de ll’
offerta di infrastrutture e servizi di trasporto su
gomma e su ferro e cioè della loro consistenza, dei costi di produ-
zione e dello stato di efficienza; la rilevazione deve essere molto
dettagliata e tale da consentire la valutazione delle prestazioni del
siste ma( capac it
à,c os tiet empid’ uso,l i
ve llidis ervizi o)el as ua
simulazione attraverso modelli matematici;
f) stima della domanda di mobilità di passeggeri e di merci e cioè
de ll’entitàde if lus sipe rl uogodior igineel uogodide stinazione,
per modalità adoperata, per motivo e per arco temporale in cui si
manifesta; stima della loro dinamica nel tempo, dei costi sopportati
e di quelli percepiti; il tutto ad un livello di dettaglio tale da poter
implementare successivamente modelli matematici di simulazione;
g)a naliside l
l’assetto istituzionale: attraverso la ricognizione delle leggi
esistenti e in itinere riguardanti la distribuzione delle competenze
in materia di trasporto tra organi della Pubblica Amministrazione,
altri enti e soggetti pubblici e privati che intervengono nella piani-
ficazi one ,c os t
ruzi oneege stionedipar tide ls i
stema.L’ anal isiri-
guarda sia i poteri di indirizzo e programmazione che quelli di ge-
stionede is ervizi.L’ attivit
àèf inali
zzat aal l’individuazi onedie-
ventuali esigenze miranti ad una razionalizzazione del processo
decisionale ed alle quali può essere data risposta con decisioni che
inve s tonol ’assettode lleaut or itàc oinvolte( ilGove r
noei lPar la-
me nt ope ripi aninazi onal i
,l aGi untael ’
As sembl eaRe gi onale per
i piani regionali, il Sindaco e il Consiglio Comunale per i piani co-
munali);
h)s tudi ode ll’organizzazione attuale delle aziende di trasporto: è finalizza-
toal lar il
e vazi onede l
l’assettoor gani zzativoat tual
ede ll
eazi ende
che producono servizi di trasporto ed alla valutazione della sua ef-
ficienza, efficacia ed economicità; scopi ultimi sono
l’indi viduazi onedimodi f
ichede ll
af ormagi ur i
dicade lge st
or e,la
specificazione di direttive da imporre per raggiungere obiettivi che
interessano più aziende (tariffazione unica e coordinamento dei

24
servizi, per esempio), i criteri di definizione delle sovvenzioni
pubbliche (i costi standard) e così via;
i) implementazione del modello di offerta e del modello di domanda: è
un’ attivitàc hi avene l
lar edazi onediundoc umento in quanto con-
siste nel mettere a punto le tecniche analitiche in grado di valutare
l’entitàde ll
’e sigenzadimobi lità,lac apac i
tàof fe rt
adals is temade i
trasporti, attuale o di progetto, e di simularne il funzionamento co-
sì da valutare la qualità de lservizi oc hes cat ur iràdal l’i
nc ont rot r a
domanda ed offerta. Le tecniche simulative oggi disponibili hanno
segnato il tramonto della pianificazione «qualitativa» affidata e-
sclus i
vame nt eal l’esperienzae dal lac ulturade lpi ani f
icat ore.If e-
nomeni sono noti nella loro struttura, nelle loro reciproche interdi-
pendenze e nei legami con i fattori economici e territoriali esterni
als istemade it ras porti:imode l
lide lladomandaede ll
’of f
e rt
ar i-
producono in termini analitici questo complesso di relazioni e co-
stituiscono un irrinunciabile «sistema di supporto alle decisioni» in
grado di valutare gli effetti di interventi sulla distribuzione spazia-
le delle attività e sul sistema dei trasporti.
Le attività sin qui descritte possono essere ritenute comuni, nono-
stant el’evide nt edi ve r
sitàde iconte nut i,at utti i livelli territoriali ed
a tutti e tre gli stadi (Piani Direttori, Piani di Settore e Studi di Fattibi-
lità) del processo di pianificazione. Alcuni documenti necessitano di
altre attività specifiche per quel livello o per quello stadio, altri do-
c ume nti,vi ceve rs a,r ic
hie donol ase mpl ifi
cazioneol ’elimi nazi onedi
una o più attività. Ad esempio, per il Piano Direttore Nazionale (Pia-
noNazi onal ede iTr aspor t
i)ène cess ariaanc hel ’anal iside ls ettor e
industriale dei sistemi di trasporto in quanto, per il potenziale inno-
vativo che può esprimere e per il contributo alla creazione di posti di
lavoro che può dare, costituisce un criterio che a volte può essere de-
terminante nella scelta fra alternative diverse. I settori del materiale
ferroviario, degli autoveic oli,de ll’ae ronautic a,de llac ant ieristica,
de ll’impi ant isticas onodigr ander ile vanzape rl ’Ital
iaes onoi ns eriti
in una competizione a scala mondiale che, pur senza ricorrere a mi-
sure protezionistiche, deve comunque avere il supporto di una do-
manda interna come sollecitazione e campo sperimentale per
l’innovazi onet ecnol ogicaepe rl apr ese nzade ll’Itali
ane ll
’e conomi a
internazionale. Ancora, nel PNT va ins erit
aun’ anal i
sis ul l
’as settode l
trasporto locale al fine di formulare, ad esempio, linee di indirizzo
per le scelte di competenza delle Regioni e dei Comuni mentre nei
Piani di Settore vanno, viceversa, eliminate alcune delle attività pri-
mae lenc ate,c omel ’analisisul l
’assettoi s t
ituzional ee dor ganizzativo,

25
perché chiaramente già svolte a livello di Piano Direttore.

2a fase: la costruzione degli scenari futuri

Nella seconda fase della redazione di un documento del processo


di piano si procede alla costruzione dello scenario di non intervento
e di diversi scenari di intervento tra i quali, successivamente, sarà
scelto quello da proporre come «piano».
Lo scenario di non intervento èque ll’
ass ett
ode lsistemat raspor t
i-
territorio che si instaurerebbe se non si intervenisse con nuove nor-
me, modifiche organizzative e nuove infrastrutture nel settore dei
tras por ti.E’c ostruitoi nbas eall’
evol uzionet e ndenzialede ll
as i
tua-
zione attuale (assetto socioeconomico, territoriale, istituzionale ed
organizzativo, offerta di opportunità di trasporto e domanda di mo-
bilità) integrandola con le previsioni di piani economici e territoriali
e con gli interventi sul sistema dei trasporti ritenuti di sicura realiz-
zazione in quanto in corso di costruzione o, in ogni caso, approvati e
finanziati.
Gli scenari di intervento corrispondono alle alternative di piano.
De cisionepr eli
mi nar edique s
tafas eèl ’individuazionede l
l’
«anno
obiettivo» e vale a dire della data alla quale proiettare le previsioni e,
quindi, progettare il nuovo assetto dei trasporti. Questa scelta è
un’ ope razionede li
catape rchéde vee ssereun’ equili
bratavi adic om-
promesso tra il rischio di una fuga in avanti (scegliere un anno molto
lontano per il quale ogni previsione, anche se fondata sul ricorso a
metodologie raffinate, è poco attendibile) e il rischio di un piano «a-
sfittico», destinato ad una rapida obsolescenza perché legato ad un
traguardo troppo vicino. Il suggerimento è di scegliere una data a 10-
15 anni, e cioè a tempi medio-lunghi, fidando sulla circostanza che la
«processualità» del piano riduce i margini di errori attraverso la con-
tinuar iedizionede idoc ume nti
.L’ «anno obi ett
ivo»di viene,in un
piano-processo, una sorta di «punto di fuga» in continuo arretramen-
to, che orienta tutte le azioni ma che viene riposizionato ad ogni edi-
zione del documento con la conseguente «ri-taratura» di tutte le pre-
visioni e proposte.
Le attività della seconda fase sono riportate, insieme a quelle della
prima, nelle già citate figure da 2.5 a 2.9. Esse vengono qui di seguito
brevemente descritte:
a) definizione dello scenario socioeconomico futuro tendenziale. Questa
attività è finalizzata alla stima dei valori che assumeranno in futu-

26
ro - nel caso non si intervenisse sul sistema dei trasporti - i princi-
pali parametri socioeconomici che condizionano la domanda di
mobilità o che possono essere di interesse in sede di valutazione
delle alternative di piano. In particolare dovranno essere stimati i
valori delle variabili che intervengono nei modelli di simulazione
della domanda.
Per la componente sociale dello scenario occorre concentrare lo stu-
dio su:
modifiche della struttura demografica: entità della popolazione,
natalità, fenomeni migratori, strutture per età, ecc.;
modifiche nel mercato del lavoro ed evoluzione delle modalità di
lavoro che possono produrre conseguenze sulla mobilità sistemati-
ca (telelavoro, part-time, diffusione del lavoro individuale, accele-
razione dei turn over, ecc.);
modifiche nei comportamenti sociali che incidono sulla domanda
dimobi litàc omel ’aume ntode lt empol ibero,l’all
ungame ntode l
periodo scolastico, nuovi modelli di mobilità residenziale, nuovo
rappor t
oc onl ’automobi l
eec oni lme zzopubbl i
c o.
Per la componente economica l ’i
nt eres s
es ic onc ent
r asu:
mutamenti economici di lungo periodo quali la globalizzazione dei
mercati ed il progressivo prevalere del terziario;
mutamenti della struttura produttiva come la suddivisione del la-
vor oas calapl anetar iaogl ieff
e t
tide l
l’innovazi onet e c
nologica;
mutamenti nelle funzioni del consumo delle famiglie e della sfera
pubblica, sempre per quanto possono incidere sulla mobilità delle
persone e delle cose.
b)Costruzione dello scenario territoriale futuro. Contiene la ricostru-
zione della più probabile distribuzione delle attività che condizio-
nano la dimensione «spaziale» della futura domanda di mobilità.
Desume le sue indicazioni da uno studio della dinamica spaziale
dei fenomeni socioeconomici e, nei casi in cui è attiva ed efficace,
dalle scelte di pianificazione urbanistica e territoriale.
c) Descrizione dello scenario istituzionale futuro. Eventuali modifiche,
inc or sooc omunquede libe r
at e,ne ll
’as settoisti
tuzional epos sono
incide res ulladomandaes ull’offertaf utur a,suic ostidipr oduzi o-
need’ us ode lsist
e made it raspor ti
.
d)Descrizione dello scenario organizzativo futuro. Le modifiche, anche
in questo caso i ncor soogi àde c
is e,nell’assettoor ganizzati
vode l
le
aziende di trasporto, nel processo decisionale interno,
ne l
l’integr azionef unzi onal etral edi ve rseazi ende ,ne lcoordi na-
mento delle tariffe e dei servizi, vanno inserite negli scenari futuri

27
nella mi surainc uis iriti
e nepos sanopr odur ree ff
ettis ull’equil
ibrio
domanda/offerta, sui costi di produzionees uic ostipe rl’utenza.
e) Descrizione dello scenario industriale futuro. Per i documenti che si
ritienepos s
anoave r es ignifi
c ativec onse gue nzes ull’
assetto indu-
striale futuro (il Piano Nazionale, innanzitutto, ma anche alcuni dei
suoiPi aniAt tuat ivi) ,èbe nec hes iaval utatol ’asse t
tot e ndenziale
del settore delle industrie di produzione di sistemi di trasporto in
relazione, da un lato, alle tecnologie che saranno in grado di mette-
readi spos i
zionedic hide veope rarel es celt
edipi ano,e ,dal l
’alt
ro,
agli input che le industrie stesse possono avere dal piano per poter
rispondere alle sfide che il mercato porrà (dimensioni aziendali,
nuove tecnologie r ichie stedal l’evoluzionede lladomanda,uni f
ica-
zione dei modelli, ecc.).
f) De s crizionede ll’
offerta futura di opportunità di trasporto in assenza di
inte rve ntodipi ano.Oc correde finirel ’assettof ut urode l
leinfra-
strutture e dei servizi di trasporto quale verrà a configurarsi nel
caso si portino a compimento solo tutti gli interventi in corso o
comunque decisi e finanziati. Le opere da inserire debbono deriva-
re da un esame incrociato dello stato di attuazione delle leggi di fi-
nanziamento del settore e delle decisioni assunte dalle ammini-
strazioni pubbliche e dai privati. Vanno selezionati, accanto agli in-
terventi in corso di realizzazione, solo quelli che hanno avuto tutte
le approvazioni (innanzitutto quelle di conformità urbanistica) e
che sono stati integralmente finanziati.
g)Costruzione dello scenario di non intervento per il sistema dei trasporti.
L’ins iemede llepr e visionie lenc atedaa)adf )c ostituiscel os cena-
rio di non intervento, termine di riferimento per la valutazione del-
le alternative di piano.
h)Simulazione de ll
’ass ett
odino ni nterventoed individuazione delle
criticità. Impiegando i modelli di domanda e di offerta messi a
punto, va simulato il funzionamento del sistema di trasporto di
non intervento.
L’obi e tti
voèdupl ice:
valutare cosa accadrebbe in futuro se non si intervenisse
sul l
’of fertaattual edioppor tuni tàdit raspor toe di ndi viduar e
,di
conseguenza, le aree critiche su cui intervenire;
disporre di un termine di paragone rispetto al quale valutare le al-
ternative di piano, sia come entità di risorse necessarie per metterle
in essere che come vantaggi che ne deriverebbero alla collettività.
Per poter effettuare confronti «quantitativi», è necessario valutare
lepr e stazionide ll’
alte rnat i
vadinoni nt ervento in termini di qualità

28
del servizio offerto sulle singole componenti del sistema di trasporto
e le prestazioni del sistema nel suo insieme, in termini di chilometri
pe rcor si
,dit empot otal edivi aggi o,dic os tod’ uso,dic ostodipr o-
duz ione,d’ inqui name nto at mos f
er ico,dil ive l
lo dipe ricolosità, di
comfort offerto, ecc.
i) Definizione degli obiettivi specifici e dei vincoli. Una volta note le
condizioni di funzionamento del sistema nel caso di non interven-
to, è possibile specificare gli obiettivi da raggiungere e definire i
vincoli da rispettare. Gli obiettivi generali, di esclusiva competenza
de ll
’autoritàdigove r
no,s onos tatifissat iinvi apr eli
mi nar e.Es si
vanno però dettagliati e, nei limiti del possibile, quantificati defi-
nendo «soglie» che, ragionevolmente non possono prescindere da
une sameappr ofondi t
ode llar ealtàe ,c ioè ,de l
l’assett
odinoni n-
tervento che si è potuto analizzare solo in questa fase di avanza-
mento dei lavori del piano.
Si possono citare come esempi di obiettivi specifici valori massimi
per i tempi di accesso alle zonede ll’areadipi ano,pe ric ostid’us oe
per i costi di produzione dei servizi di trasporto, per i livelli di rumo-
rosità e di inquinamento chimico; analogamente, valori minimi per
par ame trimi surator ide ll
’affidabi lit
àede llar e
gol ari
tàde is ervizie
così via. Anche gli obiettivi specifici, come quelli generali, debbono
costituire un «sistema» nel senso che debbono essere reciprocamente
compatibili e non ridondanti. Inoltre, a ciascuno di essi deve essere
attribuito un «peso» in grado di esprimere e sintetizzare
l’impor t
anzac hei lde cisorepubbl i
c ovuol eat tri
bui reac iascunobi e
t-
tivo.
Accanto agli obiettivi specifici, vanno precisati anche i vincoli da
rispettare. La linea di demarcazione tra «vincoli» ed «obiettivi» non è
ben definibile: un obiettivo ritenuto irrinunciabile diviene un vincolo
e la misura del livello del suo raggiungimento è sostituita da una va-
riabile binaria si/no. Alcuni vincoli rappresentano limiti posti da
leggi o da fatti obiettivi che sovrastano anche la libera determinazio-
ne del decisore pubblico: è il caso dei vincoli di budget, dei valori so-
glia di inquinamento definiti da leggi e regolamenti, dei traguardi di
efficienza imposti da organi di governo sovraordinati e così via. Altri
vincoli sono costituiti da valori sociali di rilevanza tale da essere con-
siderati come inviolabili da chi ha il mandato di governare la comu-
nità: è il caso, ad esempio, di particolari preesistenze storiche, mo-
numentali e paesaggistiche e, più in generale, di valori ambientali ai
quali una comunità evoluta può decidere di non vuole rinunciare
ponendo come vincoli la loro intangibilità.

29
j) Definizione delle strategie di intervento. Stabiliti obiettivi e vincoli,
occorre scegliere, nelle loro grandi linee, le azioni da intraprendere
per raggiungere quegli obiettivi nel rispetto di quei vincoli. Mentre
obiettivi e vincoli hanno un contenuto prevalentemente politico (il
tecnico interviene per verificare preventivamente la loro coerenza
interna e per contribuire a fissare i valori soglia degli obiettivi spe-
cifici), le strategie per quanto siano politicamente orientate, hanno
un contenuto prevalentemente tecnico. Vanno definite da tecnici
della pianificazione che ne verificheranno la validità con i decisori
pubblici per quanto attiene la loro compatibilità con le scelte politi-
che in altri settori della pubblica amministrazione.
Le strategie sono chiaramente funzione delle criticità evidenziate
dalla simulazione del non intervento. Non è possibile, perciò, farne
un elenco valido in generale, ma è possibile proporne una classifica-
zione. È opportuno, infatti, distinguere:
strategie istituzionali;
strategie gestionali;
strategie infrastrutturali.
Le strategie istituzionali r iguardanol ’
as sett
ode glie ntic hehanno
poteri di programmazione, gestione e controllo dei sistemi di tra-
sporto. È auspicabile che in un piano siano inserite proposte di modi-
fiche alla normativa vige nte f inalizzate al l’accelerazione e d
al l
’ef f
ic ac i
ade lpr ocessode cisi
onale.
Le strategie gestionali pe rseguonoi lmi gliorame nt ode ll’
e ff
icie nza,
de ll’effic aciaede ll’
e conomi c i
tàde ll
eazi endepr odut t
ricidis ervizidi
tras por to.Ri guardanol ’asse t
toazi e ndale,i lcoordi name nt ode is er-
vizi, i problemi tariffari, le forme di sovvenzioni economiche.
Le strategie infrastrutturali inci
donos ull’
as set
tofisico delle reti e dei
nodi di trasporto. Riguardano le tipologie di infrastrutture ed im-
pianti, le scelte localizzative e le forme di finanziamento pubblico per
la loro realizzazione.
k)La costruzione delle alternative di intervento.Un’ alt
ernat ivadii n-
tervento è un insieme di progetti - di natura istituzionale, gestiona-
le ed infrastrutturale - che, inseriti nello scenario di non intervento,
costituiscono una plausibile risposta alla domanda di mobilità fu-
tura. Il grado di definizione delle ipotesi di intervento deve essere
tale da consentire di valutarne costi, prestazioni, effetti ambientali
con la precisione richiesta dalle valutazioni che si faranno nel se-
guito. Si tratta sempre di una definizione di larga massima che tro-
verà successivamente, nello stadio dello Studio di Fattibilità, un
momento di maggiore specificazione (per le opere di ingegneria, i

30
progetti preliminari previsti dalla L.415/98).
l) I costi. Ogni alternativa di intervento deve essere corredata di una
dettagliata analisi dei costi di costruzione e di gestione in quanto,
nella fase successiva di valutazione del piano, sarà necessario con-
frontarli con i ritorni finanziari e con i benefici. La stima va fatta ri-
correndo a computi metrici estimativi di larga massima o a costi
parametrici. È bene che le voci della stima siano tenute distinte sia
per soggetto che sarà chiamato a sostenere la spesa (utenti, produt-
tori di servizi, resto della collettività), sia per entità di incidenza di
partite di «trasferimento»: sarà così più agevole, in sede di analisi
benefici/costi, scegliere i prezzi-ombra e individuare le componen-
ti sociali che hanno vantaggi e svantaggi dalla realizzazione
de ll
’int ervento.
m) Le risorse.Èl ’
ul t
imaat tivitàde ls econdos tadio,pr eliminare per
la verifica finanziaria: consiste nel compil arel ’
inve ntar iode l
lefonti
di finanziamento, pubbliche e private, disponibili o delle quali si
può prevedere la disponibilità.

3a fase: la simulazione e valutazione delle alternative e la proposta di piano

Nella terza fase si procede alla valutazione delle singole alternative


sotto gli aspetti funzionali, economici, finanziari e ambientali e se ne
prendono in considerazione gli effetti su tematiche di particolare ri-
levanzapol iticaes oc i
alequal ilos vi l
uppoi ndus trial
e ,l’
oc cupazi one ,
la sicurezza. Dalla sintesi delle risultanze di questo complesso di va-
lutazioni si fa discendere la proposta di piano con le relative priorità.
Le attività di queste fasi sono di seguito sintetizzate.
a) Simulazione delle alternative di intervento. Con il supporto del siste-
ma di modelli messo a punto sulla situazione attuale e già utilizza-
to per simulare lo scenario di non intervento, va studiato
l’
e quilibriot radomandae dof fertape rognunade l
leal ternativec o-
struite in seconda fase. In base ai risultati che si otterranno, vanno
effettuate le valutazioni che seguono.
b)Valutazione funzionale. Va calcolata la prevedibile utenza per ogni
componente del sistema e, se necessario, vanno modificate le carat-
teristi
chede l
l’off
ertape rgar ant i
rei lli
ve llodis ervizioc he,impl ic
i-
tamente o esplicitamente, è stato fissato tra gli obiettivi specifici del
piano. Vanno inoltre calcolati i principali parametri «prestazionali»
del sistema e cioè i chilometri percorsi dai diversi modi, i tempi
complessivi impiegati dalle persone per spostarsi, i consumi ener-

31
ge ticipe rt ipodie nergia,l’
inquiname ntoc himicoe dac usticopr o-
dotto, i costi di produzione e di uso dei servizi di trasporto ed altri
che, in aggiunta o in alternativa, possono essere considerati rap-
presentativi della «funzionalità» della alternativa.
c) Valutazione economica. Consiste nel confrontare i costi che la collet-
tivitàde ves oppor tarepe rl ar eal
izzazi onede ll’
alternat i
vac on i
benefici che ne deriveranno. Sempre che sia possibile, va utilizzata
una tecnica del tipo Analisi Benefici-Costi (ABC) applicata
all’alternat i
vadii nterventone lsuoi nsieme .Ic ostisonoque l
lic al-
colati in seconda fase e modificati, quando occorre, adottando op-
portuni prezzi-ombra. I benefici vanno desunti confrontando i ri-
sultati della simulazione della situazione di non intervento con
que l
lide l
l’alter nat i
vai ne same .Ilc api t
ol oV c ontieneunas int esi
ope r
ativade ll’Anal is
iBe nefic
i-Costi nel caso di piani di trasporto.
Va qui sottolineato come questo manuale consigli esplicitamente il
ricor soal l’ABC nel campo della pianificazione dei trasporti senza
pe ròaf fidar es oltant oade s s
al asceltade ll
’alt
ernat i
vami gliore.La
massimizzazione del Valore Attuale Netto o del Saggio di Rendi-
mento Interno sono criteri per misurare la rispondenza delle alter-
native agli obiettivi generali e specifici assegnati. Ma non costitui-
scono i criteri unici da seguire in quanto ve ne sono altri legati alla
qualità del servizio, alla redditività finanziaria per tutte o per alcu-
nec ompone ntis oc iali
,alrispettode ll’
ambi enteche sono altrettan-
to se non più importanti.
d)Valutazione ambientale. La rilevanza che il problema ambientale ha
giustamente assunto nella società italiana e il forte impatto che il
sistemade it ras por tihas ull’
ambi ent e
,i mpongonol aval utazi one
degli effetti prodotti dalle diverse alternative di intervento anche
da questa prospettiva. Il capitolo VI è dedicato al tema della valu-
tazione ambientale dei piani (o Valutazione Ambientale Strategica)
eade ss os ir imandape rl’approc c
iome todologicopr opos toepe r
le tecniche suggerite. In sintesi qui si può dire che si propone di so-
stituire la prassi attuale dello Studio di Impatto Ambientale redatto
in occasione del progetto definitivo, con un «processo» di valuta-
zione ambientale che comincia in occasione della redazione dei
Piani Direttori, continua con i Piani di Settore e si conclude in sede
di Studio di Fattibilità e cioè con la redazione del progetto prelimi-
nar e.Ad ognipas soc ’èunapr onunc ia«i nc orsod’ ope ra»s ul l
a
compatibilità ambientale di quanto fino a quel punto definito così
che, in sede di redazione dei progetti definitivi e dei progetti ese-
cutivi, si provvede soltanto ad individuare ed a progettare le opere

32
di mitigazione, rinunziando ad una «pronuncia» negativa sul pro-
getto nella sua interezza perché tardiva e quasi sempre inefficace e
comunque resa superflua dalla successione delle precedenti «pro-
nunce». La valutazione ambientale di un documento di piano vie-
ne ad avere così una duplice valenza: da un lato contiene
l’esplicit
azi onede llivellodirispondenza di ogni alternativa di in-
tervento agli obiettivi ambientali certamente presenti tra quelli as-
segnat idaide ci
sor ipubbl ici;dal l’altror appr esentaunos tep de l
processo di valutazione ambientale. La misura del livello di ri-
spondenza confluisce, con le analoghe valutazioni sulla qualità del
servizio e sulla redditività economica e finanziaria, nel momento di
valut azionef inaleec ompl essivade ll
’alternat ivame ntrei lsupe ra-
mento dello step - sancito dalla pronuncia di compatibilità di cui si
è detto - contribuisce e fa parte del giudizio finale per quanto ri-
guar dagl ie ffe
ttisull’ambiente.
e) La verifica finanziaria.Sipr oponel ’obi ettivodival utarel ac onve-
nienza ad investire da parte dei soggetti pubblici o privati che, per
doveri istituzionali o per ricavarne un profitto, possono essere in-
teressati alla realizzazione dei progetti inseriti nelle alternative di
interve nto.Lave rifi
c apar t
edal l’anal iside icos t
iede ll
er isorse già
completate in sede di costruzione degli scenari e consiste o nel
compilare un bilancio-tipo o nel calcolare il tempo di rientro del
capitale. Bilanci in perdita o rientri in un numero eccessivo di anni
nons i
gni fi
c anone ce s
sa riame ntei lr ige tt
ode ll’
inte
r vento,mas ol-
tanto la necessità di sovvenzioni pubbliche: è la verifica economica
che deve valutare la convenienza per la collettività di
que ll’i
nte rve nto,me ntrel ade c i
sionef inal et r
api ùal t
ernat i
veèaf-
fidata - come già più volte detto - ad un successivo momento di
confronto globale tra le alternative.
f) Effettisull’indus t
riaes ull’occupaz ione. I benefici che la politica dei
trasporti può produrre in termini di ampliamento della base pro-
dut tivaedii ncreme ntode ipr ofittine ls ettorede l
l’
indus triade is i-
stemi di trasporto, di aggiornamento tecnologico, di crescita della
competitività a scala internazionale, di sviluppo delle potenzialità
di ricerca e, quindi, anche di occupazione, sono notevoli e possono
essere tutti stimati anche se con una precisione non sempre elevata
e variabile da beneficio a beneficio. Occorre documentare
l’esiste
nzaemi sur areine ssifunzi onal itrai ncreme nt odidomanda
interna di sistemi di trasporto e struttura industriale italiana ed eu-
ropea. Sulle basi di tali informazioni, occorre prevedere le possibili
rispos testr ategichede l
l’indus tria alle scelte di nuovi investimenti e

33
di nuovi modelli di esercizio. Questa attività è, chiaramente, di
maggior impegno e rilievo nel passare dai piani alla scala locale
verso quelli alle scale più ampie, fino a divenire strategica per
l’ec onomi anazi onal ein sede di Piano Nazionale dei Trasporti.
g)Effetti sulla sicurezza. La pericolosità delle diverse componenti del
sistema dei trasporti permane elevatissima nonostante i progressi
ne ime zzi,ne isiste midic ontrollo,ne ll’organizzazi onede llal oro
manutenzione e gestione. Le diverse alternative di riassetto vanno,
pertanto, confrontate anche sotto questo aspetto per privilegiare,
nella scelta finale, quelle che garantiscono minori probabilità di
danni alle persone ed alle cose. Purt roppogl istudis ull’
argomento
sono assolutamente inadeguati per le esigenze del pianificatore:
non si dispone di metodologie scientifiche in grado di valutare
l’inc reme ntodis icur ezzac ons egue nteade t
ermi nat iinterve ntie d
è, a volte, veramente difficile stimare il valore economico di danni
a llepe rsone .Ne ll’
at te
s adiunpr ogressode ll
ec onos c e
nze ,ène ce s-
sario in ogni caso considerare il problema, formulando giudizi che,
anche quando sono poco precisi, debbono comunque concorrere a
premiare quelle alternative che comportano livelli di sicurezza
maggiori.
h)Il confronto tra le alternative. Tutte le valutazioni (funzionale, eco-
nomica, ambientale e finanziaria) e le stime degli effetti
(sul l’i
ndus tria,s ull’occupazi one,s ullas ic
urezza)c onf l
uisc ono i n
un unico momento di confronto tra le alternative di intervento. U-
tilizzando tecniche multicriteria,s iindi viduaque l
l’alter
nat ivac he
risponde al meglio al sistema di obiettivi e vincoli imposto dal de-
cisore pubblico. Il capitolo VII contiene una sintesi delle tecniche di
valutazione multicriteria oggi disponibili: ad esso si rinvia per i par-
tic olaride l
l’
attività.
i) Le priorità.De l
l’
ins iemedii nt e
rve ntichec osti
tuisconol ’
alter nativa
prescelta è necessario redigere un elenco di priorità tenendo pre-
senti i vincoli di bilancio prevedibili ed i rapporti di dipendenza (e
di complementarità se non di subordinazione) tra loro esistenti.
Anche per tale attività si può ricorrere alle tecniche di valutazione
economica applicandole ad alternative che si differenziano per la
successione degli interventi e non per i loro contenuti. Per esse si
rinvia al capitolo V. La scelta delle priorità è resa necessaria dai
te mpi ,i nge ne r
el unghi ,richiestipe rl’at t
uazionede l
lepr e visioni
di piano, dalla limitatezza delle risorse e, soprattutto, dalla loro di-
sponibilità sotto forma di flussi annuali distribuiti su archi di tem-
po molto lunghi. È un momento fondamentale della pianificazione,

34
siane l
l’appr oc ciot radizional eche- e ancor più - in quello «proces-
sual e».Ne lpr imo,l ’elencode ll
eope r
epr i
or i
tar iefinisce col costi-
tuire, di fatto, «il piano». Il piano tradizionale, infatti, contenendo
tutte le opere da realizzare in un tempo molto lungo, ed escluden-
do, di conseguenza, la possibilità di realizzare, nello stesso perio-
do, ogni altra opera, finisce con il dover recepire gran parte delle
richieste di cui sono portatori i componenti delle assemblee elettive
e diviene così un «non-piano», un documento che non contiene
sce l
te:èl ’el
enc ode lleope r epr i
oritari
ec he ,dif att
o,f ini s
cec olc o-
stituire il «piano» in quanto contiene gli investimenti che concre-
tame ntes if aranno.Ne ll
’appr occio proc essual el af ormul azione
delle priorità è operazione anche più delicata dal momento che la
successione delle realizzazioni può essere alterata dagli interventi
di soggettidi ve rsidal l’
entec hehar edat t
oi lpi anoe ,inpar t
icolare,
dal l’
inter vent ode ipr ivati.Anc hes eognipr opos tai nt e
grativao
innovativa rispetto ad un documento di piano deve essere sottopo-
staal lave ri
ficae dal l
’appr ovazionede gliorganit ecnic iepolitici di
compe t
e nza,èc omunqueve roc hel ’i
niziativadiunt e rzohas em-
pre una sua forza di convincimento che condiziona, a suo favore, le
decisioni della Pubblica Amministrazione: occorre evitare che il
decisore pubblico sia posto di fronte al dilemma se accettare un in-
tervento definito a livello esecutivo e valido sotto ogni aspetto
tranne che per il momento in cui viene proposto, o accettare un in-
tervento urgente ancora in uno stadio iniziale di elaborazione. Il
disporre in via preventiva di elenchi di priorità evita queste situa-
zioni di impasse ed orienta le decisioni di tutti i soggetti coinvolti al
rispetto della successione ritenuta più conveniente.

Bibliografia
C.N.R. (1994), Rapporto finale del Progetto Finalizzato Trasporti 2, Sottoprogetto 1: Governo della
mobilità e strumenti per la pianificazione, Tema 1:Procedure di pianificazione e coordinamento dei
piani, U.O. Università di Napoli, contratto n. 93.01819 PF74.
Mazza L. (1995), «Chi ha paura della zonizzazione?», Urbanistica Informazioni, 140, pp. 33-35.

35
3. Contenuti e metodi della pianificazione strategica

3.1 Il Piano Nazionale dei Trasporti

Il Piano Nazionale dei Trasporti (PNT) è il Piano Direttore alla sca-


la nazionale e contiene gli obiettivi della politica dei trasporti italiani,
i vincoli da rispettare, le strategie istituzionali, organizzativo-
gestionali ed infrastrutturali utili per dare soluzione ai problemi del
comparto. Come in tutti i Piani Direttori, i contenuti del PNT sono
dotati di un grado di gene rali
tà«gi us t
if
icato»dal l’es i
stenza, a valle,
di Piani Attuativi di Settore e/o di Studi di Fattibilità.
Il PNT interessa quattro aree:
a) l’areade ll
er el
azioniinternazi onal i;
b)l ’areade ll
amobi litànazional ede llepe r
sone ;
c) l’areade ll
amobi litànazional ede lleme rci
;
d)l ’areade glii
ndi r
izziper la mobilità locale.
Nella prima area, il PNT indica le scelte che riguardano
l’i
ns erime ntode ll
’It
al i
ane lc onte stomondi al eede ll’Eur opai npar ti-
colare. Le scelte operate da organismi sovranazionali vengono rece-
pite nella misura in cui sono compatibili con le scelte di competenza
del governo italiano e vengono integrate con proposte di interventi
sugge ri
tedal leprobl ematichepr opr iede l
l’
Ital i
a.
La seconda e la terza area sono dedicate ai problemi della mobilità
nazionale di competenza Statale, prevalentemente affidati agli inter-
venti degli organi centrali e periferici. Le due aree, distinte per sog-
getto in movime nto,s ono s trettame nteint er c
onne s s
epe rl ’uni cit
à
de ll’infrastrutturaus atae,pe r
tant o,ir elati
vic onte nut i
,quandonon
sono coincidenti, si condizionano sempre a vicenda.
La quarta area riguarda argomenti che non rientrano nelle compe-
tenze specifiche dello Stato ma che incidono in misura significativa
sudi ri
ttipr i
mar ide icit
tadini( ildi rit
toal l
amobi li
tà)es ull’
as se t
t odi
settori rilevant iperl ’
economi anazi onale(it raspor til ocaliedi lc om-
parto

67
68
69
dell
’indus t
riade isistemidit raspor to).
Nella fig. 3.1 sono schematicamente riportati i contenuti del PNT
suddivisi nelle tre fasi previste per la sua redazione. Su alcuni di
questi argomenti ci si è già soffermati nel precedente capitolo descri-
vendo le attività necessarie per poterli trattare; su altri, per la loro
ovvietà, è superfluo trattenersi, sui rimanenti invece è opportuno ag-
giungere altre considerazioni ed accennare ai metodi di lavoro da
adottare.

L’
are
ade
ll
ere
laz
ionii
nte
rna
zio
nal
i

Le scelte in materia di trasporti internazionali sono espressione


della volontà di un paese di inserirsi nel contesto sociale ed economi-
comondi al
e .Perl’I
t ali
avis onodues caled’ interve nto: quella della
relazione con le macro-ar eee c onomi chemondi ali(l’Uni oneEur ope a,
gliSt at iUni tid’Ame rica,i lGi apponeel ’Es tremoOr iente,ipaesi
de ll’exUni oneSovi e ticae dipae side lTe rzoMondo)eque llade l
le
relazi onii nte r
neal l
’Eur opaec onipaesi del bacino del Mediterrane-
o. Per gli scambi del primo tipo occorre adeguare i grandi nodi por-
tuali ed aeroportuali in modo da rendere più economici gli sposta-
menti di persone e di cose e da cogliere i vantaggi della posizione
de ll’Italiaalc entrodel Mediterraneo, di nuovo crocevia di alcune
delle principali rotte economiche mondiali. Per le relazioni alla scala
del continente europeo e del bacino del Mediterraneo, il sistema dei
trasporti è la premessa indispensabile per una reale integrazione del-
lee conomi ec hede veandar eanc healdil àde ic onf inide ll
’Uni one
Eur ope aede l
l’
insiemede ipae siches iaf faccianos ulmar e,pe rr ag-
giunge rel e nazioninon anc ora pr esentine l
l’Uni one - e quelle
de ll’Es te urope oinnanzi t
ut to- e le nazioni del Nord-Africa e del
Me di oOr iente.Oc correope rar esceltepe rl ’integr azionee di lc om-
pletamento dei grandi assi infrastrutturali, stradali e ferroviari, di
nuovo per i sistemi portuali ed i loro retroterra, per i problemi del
transito, degli ingressi e delle uscite delle merci.
Nella prima fase dellas uar e dazione( l’anal i
side llas i
tuazioneat tua-
le), il PNT deve contenere un inventario critico dei traffici a scala
mondi alepe rcoglierel ei stanzec henepos sonode r i
var eall’assetto
del proprio sistema, concentrandosi sulla realtà europea e mediter-
rane a.Dal l
’analis
is toricaege ograficavannode sunt iivi ncoliel e
opportunità per la rete stradale e ferroviaria, per porti, aeroporti, in-
terporti e centri merci; vanno altresì recepite le sollecitazioni per

70
nuove infrastrutture destinate alle nuove correnti che si manifeste-
ranno nel medio e lungo periodo.
Una particolare attenzione va dedicata alle trasformazioni in atto
negli assetti territoriali nazionali. Il consolidarsi di relazioni privile-
giate tra le grandi aree urbanizzate europee - l ’
«Eur opade ll
ec ittà»-
pone il problema di scelte strategiche volte a realizzare una «macro
re te»as calae urope ac hede ve ,ovvi ame nte,copr i
rel ’i
nt er
apenisola.
Il PNT deve rilevarne le caratteristiche, i modi di trasporto, le capaci-
tà, i tempi di viaggio garantiti, i nodi da connettere, ecc.
La futura integrazione dei sistemi di trasporto necessita di assetti
istituzionali ed organizzativi confrontabili. Conseguentemente, il
PNT deve analizzare, con riferime nt oal l
’It
al i
ae daipae s
icon i quali
il egamis onopi ùi nt ens i
,l’as s
e tt
ode glior ganiammi ni s
trati
vide gli
stat iel el oromodal i
tàdif unzi oname nto,l’assett
ode ll
eazi endef er-
roviarie, delle compagnie aeree, dei vettori marittimi, degli autotra-
sportatori, al fine di pervenire ad un adeguamento reciproco degli
assetti nazionali in grado di agevolare il processo decisionale e la ge-
stione coordinata dei rispettivi piani.
Nel caso del PNT, le scelte sono fortemente condizionate dal setto-
re delle industrie produttrici di sistemi di trasporto per quanto con-
cerne il loro posizionamento sul mercato, gli aspetti hi-tech della pro-
duzione e le loro ricadute in termini occupazionali. La conoscenza
de l
l’asset
t oat tuales ii mponepe rlei ndus trienazi onal iepe rque lle
europee, ormai affiancat ea l
lepr imedait rattatiis
t i
tutiviUE.E’ne-
cessario che al tema sia dedicato uno specifico spazio nel quale siano
individuati i grandi produttori, il livello di modernità delle loro tec-
nol ogi e,lac ollocazionede ll’i
ndus triaitali
anaede l
l’i
ndus t
riae uro-
pea nel mercato mondiale.
La descrizione della situazione attuale si conclude con una valuta-
zi onede llamobi lit
àpas s
egge rieme rciallas c
alai nternazional e.E’
ne c essari
os t
imar eal me nol’e ntitàde if l
ussiO/D dime r c
iedipe r so-
net r al’
It
al i
ae di lresto del mondo, distinguendo i modi di trasporto,
la relativa disponibilità a pagare ed i costi sostenuti.
La seconda fase è centrata sulla costruzione degli scenari futuri (di
non intervento e di intervento). In particolare, nel PNT è necessario
pervenire alla definizione di un «macroscenario» alla scala europea
del futuro assetto socioeconomico e territoriale, formulato alla luce
delle dinamiche in atto e dei piani e programmi di sviluppo dei sin-
gol ipae s
iede ll
’Uni oneEur ope ane lsuoi ns i
e me.Als uoi nterno va
delineata la più probabile ipotesi di assetto futuro della rete dei tra-
sporti europei che fornirà agli scenari alternativi di assetto dei tra-

71
sporti nazionali, gli input sovranazionali. Fra i temi di maggiore inte-
resse per le scelte italiane, a titolo esemplificativo e non certo esau-
stivo, si possono citare i seguenti:
i valichi alpini, sia stradali che ferroviari;
la configurazione, gli standard progettuali e le nuove tecnologie di
controllo della rete stradale;
inuovii t
ine rari
,l ’uni fi
cazionede lle caratteristiche tecnologiche e
l’
inter operabi li
tàde llaretef errovi ar ia;
l are t
ediae ropor tiel ’unifi
cazi onede lcont r
ollode ltr aff
ico;
l are t
ede ipor tiel ’attivazionedis e rvizidic abot aggioe urope o.
Tutte le previsioni vanno trasferite negli scenari di assetto del si-
stema nazionale insieme con una stima, sia pure di massima, della
probabile utenza «estera» che contribuirà a caricare la rete italiana
dei trasporti.
Ne ll’
ul t
imaf asedil avor o- la scelta della proposta di piano - i risultati
del lavoro svolto per le relazioni internazionali confluiscono, con
quelli del livello nazionale, in un unico momento di simulazione del-
la rete dei trasport i,dival utazi onede glieffett
i,dis ce l
t ade ll’as s
e tt
o
migliore e di definizione delle priorità. Nella simulazione
de ll’
equi l
ibrio domanda/of f
ertai ll ivelloi nternazi onal ei nt e rviene
con la domanda di scambio e di attraversamento. Nella valutazione
funzionale, economica, finanziaria e ambientale interviene con i costi
di costruzione e gestione del sistema dei trasporti, con gli importi re-
lativi ad interventi richiesti dalla domanda internazionale (porti, ae-
roporti, valichi, ecc.); interviene altresì nella valutazione dei benefici,
anche se è necessario procedere ad una loro valutazione «euristica»
dal momento che il modello di simulazione del sistema è limitato ai
confini nazionali. Ancora interviene, con i propri apporti a questi fe-
nome ni,sullas timade glieffett
is ul l’
i ndus tria,sul l’
oc cupazi onees ul-
la sicurezza.

Le aree della mobilità nazionale delle persone e delle merci.

Lo studio della mobilità nazionale delle persone e delle merci è la


parte principale del PNT.
L’ana l
isidell
’amb ient
efisic
o,socio
economi coe dinsediatvoitaliano co-
i
sti
tuiscel apr eme ss aperl ostudiode l
l’
as sett
ode it raspor t
ieper la
formul azionede ll
ei pot
es idiinter
ve nto.Sc opode ll’
anal isièlac ono-
scenza:
dei fenomeni che conducono alla generazione della mobilità;

72
dei vincoli che si oppongono al suo manifestarsi e che condiziona-
no la costruzione di vie di comunicazione;
dellec ondizionide ll’ambient ei nre l
azioneagl iimpat tide ri
vant i
dalle infrastrutture e dal traffico;
dei costi sopportati per consentire lo spostamento di persone e
merci;
dei livelli di incidentalità;
di tutti i dati statistici necessari per la messa a punto dei modelli di
simulazione della domanda.
In base al quadro così ricostruito, occorre procedere ad una zoniz-
zazione del territorio nazionale (area di piano) e di quella parte del
mondoc oni lqual el ’Itali
ahas cambidipe rsoneedime rcidiun
qualche rilievo (area di studi o).Ne ll
’appe ndice3. 2s onor iport
at ii
criteri generali da rispettare e che vanno adattati alle esigenze del
PNT.Pe rl ’
are adipi anoc onve rràf arer ifer
ime ntoal l
egr andiar ee
ur bani zzat ee dal lepr ovi nce.Pe rl’ ar
e ae st
ernas icons idereranno zo-
ne i territori degli stati europei di maggiore estensione e gli insiemi
di territori nazionali per gli stati minori e per le nazioni extraeurope-
e.
La rilevazione dello stato attuale del sistema dei trasporti èl’at
tività
centrale di questa fase .L’analiside ver iguardar etuttelemodal itàdi
trasporto:
rete stradale di interesse nazionale o di rilevanza interregionale,
traffi
c ove i
c olarepr ivat ochel ’i
mpe gnaes ervizipubbl ic
is ugom-
ma prodotti da imprese di trasporto;
rete ferroviaria di interesse nazionale e servizi offerti;
rete dei servizi aerei (aeroporti, aerovie e servizi oggi offerti dalle
compagnie di navigazione);
porti, servizi portuali e servizi di trasporto marittimo;
vie di navigazione interna, relative attrezzature terrestri e servizi
offerti;
reti di trasporto per condotte;
impianti internazionali di rilevanza nazionale (in particolare inter-
porti e centri merci).
Tutte le indagini devono riguardare il settore delle persone e quel-
lode ll
eme rc
ic he ,purave ndos pe ss
oi nc omunel ’i
nfrastruttura, so-
no quasi sempre differenziati per vettore e per caratteristiche dei ser-
vizi utilizzati.
Le infrastrutture relative ad ogni modalità vanno descritte con un
livello di dettaglio tale da permetterne la stima della capacità e van-
no rilevati tutti i parametri necessari per la messa a punto dei model-

73
lidis i
mul azi onede ll
’of f
erta.Ne ll
’appe ndi ce3.6èr i
por tat o,al ivello
esemplificativo, un elenco delle grandezze che identificano lo «stato»
del sistema: può essere assunto come «filo conduttore» delle indagi-
ni, da integrare con una descrizione critica che consenta di avere una
visione chiara delle opportunità e della qualità di servizio offerte.
L’anal isi de ll’
assetto istituzionale deve essere finalizzata
all’indi viduazi onedii ntervent ii ngr adodis upe rarel ’
at tualef ram-
mentazione delle competenze. I soggetti pubblici e privati che oggi
hanno titolo per operare scelte e per intervenire sul sistema dei tra-
sporti sono numerosissimi; operano a livelli diversi
de ll’organi zzazi onede llavitanazi onal e, ciascuno con procedure de-
cisionali proprie e, il più delle volte, indipendenti da quelle altrui. In
questa fase di redazione del PNT occorre approfondire i diversi a-
spe tt idique stopr obl emaeval utar el’efficac i
adipr ovve di ment iten-
denti a stabilire nuovi assetti decisionali (si pensi, ad esempio,
all’es perienzade lCIPETede lla sua segreteria tecnica).
L’anal iside ll
’organizzazione del trasporto di persone e cose alla scala
nazi onalede vepor sil ’
obietti
vodival ut arei lli
ve ll
oat tual edie f
fi-
cienza e di efficacia degli enti e delle società che producono servizi di
trasporto nella prospettiva di proporre modifiche che garantiscano
risultati migliori.
L’anal isiinve ste:
per i trasporti stradali, i soggetti cui è affidata la manutenzione e la
gestione della rete di strade nazionali e di autostrade (ANAS e so-
cietà concessionarie autostradali), le società concessionarie di ser-
vizi automobilistici nazionali, il sistema di spedizionieri, corrieri,
autotrasportatori, gestori di centri merci;
per i trasporti ferroviari, le Ferrovie dello Stato, le società di ge-
stione dei centri intermodali nonché il settore del trasporto merci
che si avvale del ferro;
pe rit raspor tiae r
e i
,l ’
Alitali
ael eal t
rec ompagni edinavi gazione;
pe rit raspor timar itti
miepe rvi ed’ ac qua interna, le società di na-
vigazione di interesse nazionale;
per i trasporti per condotte, le relative società proprietarie.
Per tutti i soggetti, vanno analizzati assetti societari, impianti e at-
trezzature, personale, risorse finanziarie, risultati economici, qualità
del servizio, margini di potenzialità non impegnata.
L’anal isis ulla domanda di mobilità è descritta in dettaglio
ne ll’Appe ndi ce3. 6conl ’
indicazi onede ipar ame tridar i
levar eede lle
tecniche da adoperare.
La costruzione degli scenari futuri riguarda lo scenario di non inter-

74
vento e quelli di intervento. Il primo deve essere costruito in base al-
la proiezione delle tendenze rilevate nel corso delle analisi sullo stato
attuale. Il secondo deriva dalla sovrapposizione sul precedente degli
interventi previsti o ipotizzati.
La simulazione dello scenario di non intervento consente di individua-
re le criticità future cui il piano intende porre rimedio e di precisare
obiettivi specifici. Nel settore passeggeri, le criticità che si incontrano
possono essere:
congestione di rami delle reti stradali e ferroviarie;
squilibrio della ripartizione della domanda tra modi diversi, in ge-
nere costi generalizzati di spostamento (esborsi monetari, inciden-
talità e tempi) ed elevati costi indiretti (in particolare i costi am-
bientali);
squilibri tra le accessibilità delle diverse parti del paese e, in parti-
colare, tra le aree del nord e le aree del sud;
carenza di coordinamento tra i numerosi centri decisionali con po-
teri di intervento nel settore dei trasporti e conseguenti squilibri
nella distribuzione delle risorse tra modi di trasporto, tra progetti
di intervento, tra strutture centrali e periferiche della Pubblica
Amministrazione;
inefficienze delle aziende di produzione dei servizi di trasporto.
Nel settore delle merci le criticità, in linea generale, sono del tipo:
squilibrio della ripartizione della domanda tra vettori stradali e
ferroviari;
f ramme nt azionede l
l’offertat raunnume roe levat iss
imo di piccole
aziende;
arretratezza organizzativa delle aziende;
elevato grado di obsolescenza del parco veicoli, sia stradale che
ferroviario;
scarsa qualità del trasporto ferroviario;
carenza di terminali.
Le criticità, insieme alla conoscenza ormai approfondita dello stato
del sistema, permettono di individuare gli obiettivi specifici del piano
nel rispetto di quelli generali già indicati dai decision-makers al l
’i
ni zi
o
della redazione del documento. Mentre la definizione degli obiettivi
generali è competenza pressoché esclusiva dei pubblici amministra-
tori, il loro collegamento con le strategie richiede una conoscenza di-
retta del sistema attraverso il contributo del tecnico dei trasporti.
Ne ll
’appe ndi c
e3. 2s onor iportatialcunis ugge rime ntis ulmododi
procedere per pervenire alla definizione di un sistema di obiettivi
specifici in relazione alle strategie che occorre cominciare a mettere a

75
fuoco.
Le strategie, intese come linee di intervento idonee a dare una ri-
sposta ai problemi di trasporto, vanno definite alla luce dei risultati
delle precedenti attività e non possono, quindi, essere generalizzate.
Tuttavia si possono distinguere:
strategie istituzionali: riguardano la revisione della distribuzione
dei poteri interni al sett or ede itraspor tiel ’ist
ituzionedinuovi
soggetti deputati a coordinare le scelte;
strategie gestionali: comprendono le scelte finalizzate a migliorare
la gestione dei trasporti attraverso la riorganizzazione delle azien-
de che producono trasporti e dei loro rapporti con la pubblica
amministrazione;
strategie infrastrutturali: realizzazione di nuove ope red’ ingegne ria
pe rade guar el’offert
adioppor tunitàdit raspor toal ladomandadi
mobilità.
Ne l
l’appe ndi ce3. 4èr i
por tato,at it
oloe sempl if
icativo,une l
e nc o
delle strategie ricorrenti in contesti simili a quello italiano ma senza
un riferimento territoriale preciso.
Le alternative di piano debbonor ifl
e t
ter eun’ armoni caappl i
cazi one
dique stes t
rat egie:ne l
l’
appe ndi ce3.5èr iportata una traccia utile per
pervenire ad un numero limi tatodii pot esi,dive rsel ’
unadal l’
altr ae
già dotate di una buona coerenza interna.
La terza fase del PNT prevede innanzitutto la verifica
de ll’ade guate zzade ll
edi ve r
s ealternativedias settoal l’
entitàde lla
domanda di spostamenti di passeggeri e merci e cioè la loro valuta-
zione «funzionale». Questa è ottenuta assegnando alle reti delle diver-
se alternative, complete in tutte le loro componenti modali, la futura
matrice O/D di persone e di merci. Ogni alternativa potrà così essere
caratterizzata da un set di valori di variabili «prestazionali» del tipo:
livelli di servizio, tempi di viaggio, consumi energetici, costi di pro-
duzione del servizio di trasporti, inquinamento atmosferico prodot-
to, ecc.
Le valutazioni economiche, finanziarie ed ambientali vanno formulate
seguendo i metodi consigliati nei capitoli V e VI.
Gli effet
tisul l
’indus t
ria,sul l
’occupazione e sulla sicurezza vanno valu-
tat ige ne ral
me ntei nt ermi niqual i
tativi.L’ insi
e medique staval ut a-
zionec onf l
uisc ene ll
’analisimul ti
criteri
ac heor i
e nteràl asc el
tade lla
proposta di piano: nel capitolo VII ne è riportata una sintesi per
l’appl icazionene lcasodipi anidit raspor to.
L’indi viduazi onede llepriorità èl ’
ul t
imaat tivi t
à.Los cenari
opr e-
scelto può essere trasformato in realtà seguendo percorsi diversi nel-

76
la realizzazione degli interventi previsti. Vi sono vincoli da rispettare
nel definire questi percorsi dovuti a:
rapporti di dipendenza (di subordinazione o di complementarità)
tra interventi diversi;
diversità nei tempi di realizzazione;
andamento prevedibile per i flussi di risorse necessarie;
interferenze tra il processo di attuazione del piano dei trasporti e
quelli di altri piani (economici e territoriali, innanzitutto);
opportunità di natura politica ritenute tanto rilevanti dai decision-
makers da considerarle vincolanti.
Ordini di priorità diversi, applicati allo stesso piano, generano pia-
ni diversi tra i quali si può scegliere quello migliore ricorrendo a tec-
niche di analisi economica del tipo analisi benefici/costi e analisi multi-
criteria.

L’
are
ade
glii
ndi
ri
zzipe
rlamo
bil
it
àlo
cal
e

Tra le quattro aree del PNT, la mobilità locale è quella su cui il Go-
verno centrale ha meno poteri. Ciononostante, la rilevanza economi-
ca e sociale del settore impone un coordinamento delle scelte finaliz-
zato a garantire omogeneità dei servizi offerti a tutti i cittadini e con-
tenimento dei deficit.
Illavor ode vepar tir
edaun’ analisi dello stato del trasporto pubblico
locale su tutto il territorio nazionale, condotta con uniformità di me-
todi e di obiettivi. Occorre che siano individuate - e possibilmente
delimitate - le realtà locali nelle quali è, in linea di massima, concepi-
bilel ’isti
t uzionediuns erviziodiTPL.Pe rognunavannor il
evat ii
valori di parametri socioeconomici correlati con il fenomeno della
mobilità e vanno analizzati i principali caratteri territoriali che in-
fluenzano entità e distribuzione della mobilità. Successivamente va
valutata la consistenza di infrastrutture e servizi per il TPL perve-
nendo ad indici che siano di supporto nella formulazione di giudizi
sui livelli di dotazione assoluti e relativi. Le aziende vanno analizzate
e classificate per dimensione, forma giuridica, dotazione di personale
e mezzi, servizi offerti, utenza, risultati economici.
Dal l’
ins iemedique st
eos s
e r
vazi onivannode dot ti
,t ral’altro,i
ndi ci
misuratori della mobilità locale e vanno espresse valutazioni sul gra-
do attuale di soddisfacimento della domanda.
Per la costruzione degli scenari futuri è necessario fare il punto sulla
dinamica in atto dei fenomeni urbani, anche se relativamente ai soli

77
fenomeni di dimensioni tali da costituire un tema di interesse per la
politica nazionale dei trasporti. Si pensi, in particolare, alla crescita
delle grandi aree metropolitane ed alla loro tendenza ad evolvere
nella direzione di «metropoli regionali» o al nascere dei «sistemi ur-
bani». La domanda futura locale sarà condizionata da questi nuovi
fenomeni insediativi la cui conoscenza è quindi necessaria per for-
mulare linee strategiche comuni, per modificare conseguentemente la
normativa nazionale e per orientare nella stessa direzione la produ-
zione nazionale di sistemi di trasporto.
Ic ont enutidique st’areai nterverrannone l
laval ut azionef i
nal ei n
forma aggregata, ad esempio in termini di investimenti complessivi,
di contributo al miglioramento della qualità ambientale, di effetti sul-
la produzione delle industrie di impianti di trasporto e, quindi,
sull’occupazione .

3.2 I Piani Regionali dei Trasporti

Il Piano Regionale dei Trasporti (PRT) è il documento base della


politica

78
79
dei traspor-
ti delle Regioni. In esso sono contenuti gli obiettivi generali e specifi-
cide ll’
attivi
tàdipr ogrammazi onene ls ettore,l es trat
e giedii nte r-
vento e la proposta di un assetto istituzionale, organizzativo-
gestionale ed infrastrutturale.
Le aree interessate dal PRT sono:
area della mobilità regionale delle persone;
area della mobilità regionale delle merci;
area della mobilità delle persone nelle realtà sovracomunali;

80
area della mobilità delle persone nei comuni di interesse regionale.
Le prime due sono di esclusiva competenza delle Regioni e riguar-
dano domanda di mobilità e sistemi di trasporto nelle relazioni tra i
diversi centri interni al territorio regionale. Le Regioni, nel rispetto
delle scelte operate per soddisfare la mobilità di livello nazionale e
che investono i territori regionali, indicano autonomamente le pro-
prie azioni. Per la terza area - mobilità nelle realtà sovracomunali - le
Regioni devono intervenire quando non sono attivi specifici livelli di
governo (anche se previsti da leggi, come per le aree metropolitane)
o nel caso in cui risulti difficile stipulare accordi «volontari» tra le
amministrazioni comunali.
La quarta area interessa i comuni di maggiori dimensioni le cui
sce l
tei nmat eriadimobi l
itàs iriper cuotonos ull
’as set
tor egional
epe r
le implicazioni tecniche, economiche ed organizzative che comporta-
no o per il fabbisogno di sovvenzioni di esercizio che esprimono. Nel
PRT possono essere formulati «indirizzi» che i Comuni - cui spetta i-
stituzionalmente di operare le scelte - sono tenuti a recepire.
La fig. 3.2 contiene una sintesi schematica dei contenuti dei PRT.
Su alcuni ci si sofferma qui di seguito.

Le aree della mobilità regionale delle persone e delle merci

Attività preliminare per la redazione di un PRT è la zonizzazione


de ll’
are adipi anoede l
l’
ar eadis tudio:l apr i
macoincide con il terri-
torio regionale mentre la seconda si estende alle aree esterne che in-
trattengono con la regione rapporti economici e sociali tali da gene-
rare apprezzabili flussi di scambio di persone e di cose. I criteri da
seguire sono gli stessi degli altri livelli di pianificazione e sono ripor-
tat inell’
appe ndi ce3. 1.
Nel caso delle regioni, la zonizzazione deve tener conto anche di
quei fenomeni di integrazione funzionale tra più comuni che stanno
portando alla formazione di sistemi urbani e di aree metropolitane.
Queste nuove realtà, in genere, sono dotate di un buon livello di au-
tosostentamento e, quindi, sono caratterizzate da una mobilità che si
es auriscei ngr anpar teall’
inter node il oroc onfini;pe rilrestode lter-
ritorio, viceversa, la mobilità si manifesta internamente alla regione
e/o con le altre regioni italiane. La mobilità che interessa il PRT è an-
cheque ll
at raque stinuoviaggr egati:diquil ’oppor t
uni t
àc hevis ia
coerenza tra i loro confini ed i confini delle zone di modo che le zone
coincidano o siano parti o insiemi di questi aggregati. La delimita-

81
zione di queste nuove formazioni può essere desunta dalla distribu-
ziones pazi aleedal l
’analiside l
ladi nami cade ll
eat ti
vitàpr odut t
ivee
residenziali, dalle caratteristiche delle reti dei trasporti e dalla mobili-
tàs ist emat i
c ar ilevatadal l
’ISTAT i noc casionede ic ensime nt isulla
popolazione. Per le zone così ottenute vanno rilevate le caratteristiche
socioeconomiche ut il
ipe rc ompr e
nde rel ’
or ganizzazi one s oc i
alee ,
quindi, le ragioni prime della mobilità: tra queste, tutti i valori delle
possibili variabili indipendenti dei sistemi di modelli che si prevede
di mettere a punto (Appendice 3.6)
L’ offerta di trasporto regionale va analizzata e descritta tramite la co-
struzione del modello della rete dei trasporti stradali e ferroviari, in-
sieme del grafo della rete e delle caratteristiche geometrico-
funzionali dei rami e dei nodi. Gli elementi della rete sono quelli re-
lativi a tutti i modi di trasporto esistenti ed a tutti i servizi offerti. In
dettaglio occorre descrivere:
la rete stradale di interesse regionale e interregionale;
la rete ferroviaria di interesse regionale e interregionale, con le sta-
zioni e gli impianti speciali;
i servizi di navigazione marittima alla scala locale, con i porti uti-
lizzati;
is e rvizidinavi gazi ones uvi ed’ acquai nte rne,c onporti e impianti
relativi;
reti di trasporto per condotte di valenza locale;
nodi intermodali quali aeroporti, interporti, autoporti e parcheggi
di rilevanza regionale.
Per tutte le componenti vanno rilevate le grandezze richieste per la
messa a punto dei modelli di simulazione delle reti e di assegnazione
del traffico (vedi Appendice 3.6 e cap. IV).
Sia per i rami della rete che per i nodi vanno rilevati i «servizi» di
trasporto offerti. Il principale - ed anomalo, per il significato usual-
mente dato al termine «servizio» - è il servizio prodotto a mezzo au-
tomobile dai proprietari/conducenti: le sue «dimensioni» in termini
di entità dei flussi veicolari, sono rilevate in sede di indagine sulla
domanda.
Per gli altri servizi - bus pubblici, ferrovie, porti, aeroporti, traspor-
to merci - le informazioni vanno desunte direttamente dalle indagini
cur atepe ri
odi came nt edae ntic omel ’ISTAT,l ’AI SCAT,l ’ACI ,dagli
orari ufficiali, dai contratti di concessione e di servizi e dalle statisti-
che aziendali. Le informazioni da raccogliere sono del tipo:
transiti di veicoli;
velocità;

82
tempi di resa (per le merci);
tonn. x km e posti x km offerti;
tariffe;
aziende operanti;
tonnellate di merci e i passeggeri presenti in sezioni «strategiche».
La domanda di mobilità delle persone è misurata dal numero di spo-
stamenti, in uno o più periodi di tempo di riferimento, sui diversi
modi di trasporto, tra le diverse zone in cui sono stati suddivisi il ter-
ritorio regional eel ’ar e
adis tudi o.Glii ntervallidit empodir if
eri-
mento sono il periodo di punta (orario o biorario) del mattino, quello
della sera e, nei casi in cui sia rilevante, quello di mezzogiorno. I mo-
dis onol’aut o,ilbus ,i ltre
no,i lt rasportomar itti
mo(nelle regioni do-
tate di porti) e il trasporto aereo. Per quanto riguarda la dimensione
«spaziale» e cioè i luoghi di origine e di destinazione, la mobilità del-
le persone può essere distinta tra mobilità di scambio e di attraver-
samento e mobilità interna ai confini regionali. La prima - se non già
disponibile come prodotto della redazione del PNT - va stimata con
un’ indagi nealc or dones econdoi lme todode scri
ttone l
l’
Appe ndi ce
3.6. Va riferita agli intervalli di tempo adottati ed ai diversi modi, a-
dattando le tecniche di indagine alle caratteristiche del modo, sia per
quanto riguarda le base-dati disponibili in partenza (variabili con le
modalità di esercizio, con il tipo di biglietti e di tariffazione, con la
disponibilità a rendere pubblici dati aziendali e così via), che per
quanto riguarda le modalità di effettuazione delle interviste e dei
conteggi dei flussi.
La mobilità intraregionale va stimata per via indiretta e cioè assu-
mendo come attendibile la struttura di un sistema di modelli mate-
matici messo a punto per altre realtà simili: occorre inserirvi i valori
assunti dalle variabili indipendenti nel caso della regione in esame e
«c alibr
ar e»l ec os tant iinmodoc heif lussic hel ’i
nsie
mede ls i
s te
ma
di modelli e delle matrici di scambio e di attraversamento forniscono
come output per ogni modo di trasporto, siano prossimi ai flussi spe-
rimentali presenti nella rete
In casi atipici o quando è necessaria una precisione della stima
molto accurata, possono essere condotte indagini dirette sulla do-
manda, eventualmente distinte per modo (auto, treno, bus per i pas-
seggeri o autocarro, treno, nave, aereo per le merci). Il loro scopo è la
stima di grandezze-chiave (quali il numero totale di passeggeri per
km o di tonnellate per km, o il tempo medio di viaggio, o la lunghez-
za media degli spostamenti) da utilizzare come variabili di controllo
della qualità della stima ottenuta dai modelli di simulazione.

83
Le matrici finali O/D per modo sono fornite dal sistema di modelli
così messo a punto.
Nel capitolo IV sulle «tecniche quantitative» sono descritti gli algo-
ritmi per la calibrazione del sistema di modelli.
La variabilità nel tempo della domanda può essere desunta da sta-
tistiche ufficiali (utenti delle ferrovie e dei trasporti marittimi e aerei)
o dalla variabilità di parametri correlati con il fenomeno della mobili-
tà delle persone, come il consumo di carburante per autotrazione o
l’andame ntode lpar c ove icolar ec ircolant e
.
Per la domanda di mobilità delle merci si può procedere analogamen-
te.L’ arc odit empodir iferime nto è, in genere, quello delle 24 ore. Il
passaggio ai flussi nelle ore di punta, può avvenire ricorrendo a coef-
ficienti sperimentali desunti dai rilevamenti di cui si è detto a propo-
sitode ll’
anal iside l
l’
of fert
a.Si ape rl amobi li
tàdis cambi oe /odiat-
traversamento che per la mobilità interna, conviene mettere a punto
modelli distinti per modo di trasporto (autocarri, ferrovie, navi, ae-
rei) e sommare i singoli risultati.
Pe rlamobi litàdis cambi oed’ at traver s
ame ntovannout i
lizzatel e
stime del PNT e/o de ll’I
STAT,s ee s i
stenti.Perl amobi l
itài nterna,s i
può prender einc ons i
de razionel ’e ventual i
tàdiunai ndagi nedi retta,
da svolgere presso i centri di produzione e di commercializzazione,
in alternativa alla calibrazione di un sistema di modelli così come
cons i
gliatope rl epe rsone .L’ indagi nedi rettaèpr eferibile sia perché
non è particolarmente impegnativa, dato il limitato numero di centri
attraverso i quali la gran parte della merce transita, sia perché la co-
noscenza dei fenomeni di mobilità delle merci è molto meno svilup-
pata di quella dei passeggeri ed i modelli finora messi a punto hanno
minore attendibilità e non collaudata trasferibilità.
La variabilità temporale della mobilità delle merci va valutata rife-
rendosi a serie storiche di flussi ANAS e AISCAT o alle variabilità di
indici - come il PIL - correlati statisticamente al trasporto delle merci.
L’anal i
s ide ll’organizzazione del trasporto regionale riguarda essen-
zial me ntel ’asse ttoge stiona lede lleazi endedit raspor topubbl i
codi
persone e delle aziende di trasporto merci su strada, su ferro, per
mar e,s ullevied’ acquai nterne ,pe rvi aae rea,perc ondot te.
Nel settore passeggeri occorre avere un panorama completo delle
aziende operanti, della loro natura giuridica e della loro proprietà,
dei t erritoris e rviti
,de ll
’offe rtapr odot ta.Pe rogniazi e ndaoc corr e
analizzare la struttura organizzativa interna, la dotazione di persona-
le e di parc ove icoli,l’entitàde ll’
ut enza,l ec aratteri
s t
ichede ll
’off
e r
t a
e dipr inc ipalir isultatidibi lanc io.L’ obiettivo finale è pervenire ad

84
una valutazione degli attuali livelli di efficienza, di efficacia e di eco-
nomicità in modo da poter adottare, in sede di definizione delle al-
ternative di intervento, le più opportune scelte per recuperare even-
tuali deficienze.
Ne ls ettoreme rcil’analisièanal oga:oc correri
levar el ’
assettode l
settore in termini di aziende operanti, loro natura giuridica, organiz-
zazione interna, dotazione di veicoli, personale e impianti, entità del
traffico, risultati economici. Il fine è la valutazione della possibilità di
recuperare produttività in relazione a strategie quali la riconversione
de ls et
tor eve rsol ’i
ntermodal itàol ar iorganizzazione della raccolta e
distribuzione nelle aree urbane.
La previsione della domanda futura è, anche nel caso dei PRT, un
momento fondamentale della redazione dei documenti del processo.
Si deve procedere in modo diverso in relazione alla componente del-
la domanda, se di scambio e attraversamento o se interna.
Per la prima, la previsione di valori futuri va formulata sulla base
del trend registrato nel passato, eventualmente rettificandolo in di-
pendenza di fenomeni nuovi o di decisioni della Pubblica Ammini-
strazione che si ritiene possano alterare la tendenza in atto. In caso di
incertezza, può essere conve nie ntef ormul areduepr oi ezioni,l’
unadi
mas simael ’altr adimi nima,al l
’inte rnode l
lequalis ir it
ienepos sa
collocarsi in futuro la realtà.
Per la mobilità interna va utilizzato il sistema di modelli messo a
punt os ull’assettoat tuale.Ipar ame tride lla domanda, coincidenti con
le variabili dipendenti dei modelli, vanno calcolati inserendo nei
modelli stessi i valori prevedibili per le variabili indipendenti. Questi
va loris ono,al or ovol ta,ilpr odot tode ll
’ estrapol
azionedis eries tori-
che o sono obiettivi che la Pubblica Amministrazione, in sede di pia-
nificazione economica o territoriale, intende perseguire. Di particola-
re interesse sono le specificità delle diverse componenti del sistema
dei trasporti che incidono sulla ripartizione modale (tempi e costi di
percorrenza): i loro valori futuri determinano la prevedibile nuova
distribuzione della domanda tra modi diversi che, come si è più volte
detto, è una delle principali strategie sulle quali fare affidamento per
la soluzione dei problemi di trasporto.
Anche per la mobilità interna, in caso di incertezze nella definizio-
ne dei valori futuri delle variabili indipendenti, si possono definire
coppie di valori per ciascuna variabile che includono con buone pro-
babilità il valore futuro incognito.
La procedura consigliata per la previsione della domanda va ap-
plicata allo scenario di non intervento ed a quelli alternativi di inter-

85
ve nto.Levar iabilir elativeal l’
as settos oc i
oe conomi c oet erri
torial
e
sono assunte come eguali per tutti gli scenari: variano le variabili del
sistema dei trasporti in quanto, nello scenario di non intervento,
debbono tenere conto di quanto è prevedibile che cambi indipenden-
temente dalle scelte di piano; in quelli di intervento, sono invece la
traduzione «numerica» delle proposte di modi fic heed’ innovazi one
nel sistema attuale.
L’anal iside ll
’assetto di non intervento consente di evidenziare le fu-
ture criticità e di definire obiettivi specifici, vincoli e strategie integrando,
ad esempio, ed adattando ai casi specifici le indicazioni riportate nel-
le appendici 3.2, 3.3 e 3.4.
Per la costruzione delle alternative future, per la loro simulazione, per
la scelta della proposta di piano epe rl’individuazione delle priorità valgo-
no, con le opportune modifiche, le considerazioni, i metodi e le tecni-
che espos tene ll’appe ndi ce3. 5ene icapi toliIV,V,VIeVI I.

Le aree della mobilità delle persone nelle realtà sovracomunali e nei comuni
di interesse regionale

Al l
’i
nte r
node ller egionie sistonoaggr egat idic omunif ort
e mente
interconnessi e/o comuni isolati le cui scelte, in tema di trasporti, so-
nor il
evant ipe rles c e
lterelativeal l’
inte
rot erritori
or egionale.Lari-
levanza può essere data:
dai condizionamenti tecnici sulle scelte regionali derivanti da par-
ticolari morfologie assegnate alle reti stradali e ferroviarie comuna-
li, da previsioni di infrastrutture di livello sovracomunale (centri
merci o grandi nodi di interscambio), da specifiche tecnologie a-
dottate per il trasporto pubblico locale (TPL), da criteri di tariffa-
z ionepe rl ’
us ode lTPL, dei parcheggi, delle strade dei centri urba-
ni;
daide fici
tde llage s
tionede lTPLaiqual il’ammi ni s
trazioner e
gio-
nale finisce, in ultima analisi, col dovervi far fronte.
Per gli aggregati di comuni non è previsto, allo stato, uno specifico
livello di governo (anche se la L. 142/90 prevede la possibilità di co-
stituire consorzi per la gestione dei trasporti) e non vi è quindi un
soggetto istituzionalmente responsabile di un servizio che, nel caso
dei trasporti, è essenziale per la funzionalità del territorio. La Regio-
nepuòpr ende rel’iniziati
vae ,ne llos pi
rit
ode lpiano-processo, di e-
laborare anche i piani per queste realtà ma è tenuta, in ogni caso, a
formulare direttive per la loro redazione e per garantirne la coerenza

86
con le proprie, autonome scelte.
Per i comuni singoli le considerazioni sono analoghe, tranne che
per la presenza di un livello autonomo di governo - il Comune - che
impe discel ’interventodi re t
tode l
laRe gioneec her endeanc orapi ù
opportune le direttive di cui si è detto. In realtà un comune di inte-
resse regionale è sempre di dimensioni non piccole e, come tale, o è il
pol odiuns is
temaur banooc omunquer i
c adeal l’
int er
nodiuns i-
stema: valgono, quindi, le considerazioni che si faranno per le realtà
sovracomunali.
I contenuti di queste aree del PRT sono formalmente simili a quelli
relativi alla mobilità regionale, anche se non raggiungono lo stesso
livello di dettaglio dovendo pervenire alla sola formulazione di indi-
rizzi. Per gli aggregati maggiori, le indagini e le scelte vanno appro-
fondite fino a definire scenari che anticipano le scelte generali dei lo-
ro Piani Direttori se in possibile conflitto con le scelte del PRT. Per i
comuni isolati ci si può limitare ad indirizzi generali, alle linee di in-
tervento ed ai criteri di scelta.
Int uttiic asiène ces sarioe laborareun’ analiside ll
os tatoat tual e
dei trasporti finalizzata alla valutazione, anche soltanto parametrica,
de lladomandadimobi lit
à ,de l
l’of
fertadit raspor t
oc oll
ettivo,de ir e-
lativi costi di produzione e del conseguente eventuale deficit di op-
portunità di trasporto su ferrovia e/o su autobus. Da tale analisi de-
vono discendere i criteri e le modalità di sovvenzionamento del TPL
da parte della Regione in modo da garantire a tutti i Comuni parità
di trattamento, alle aziende certezze sugli introiti dei loro bilanci ed
alle stesse Regioni valutazioni attendibili dei loro impegni finanziari
nel settore.
Nel piano si possono definire forme gestionali, sistemi di tariffa-
zione coor dinatic onque l
lide l
l’
interoterrit
or i
or egionale, normative
tecniche e possono essere indicate le forme di controllo ex-post attra-
verso cui le amministrazioni regionali possono verificare il rispetto
delle direttive impartite.

3.3 I Piani Locali dei Trasporti

I Piani Locali dei Trasporti (PLT) sono i Piani Direttori del processo
di pianificazione a scale territoriali inferiori alla regionale. Le realtà
socioeconomiche e territoriali di queste dimensioni oggi presenti in
Italia e che richiedono, per la loro unitarietà funzionale, una pianifi-
cazione dei sistemi di trasporto, possono essere classificate in quattro

87
gruppi (vedi il paragrafo 2.1 del cap. 2):
aree metropolitane: aggregati di un gran numero di comuni, caratte-
rizzati da un elevato grado di autosufficienza e dotati, nel loro in-
sieme, di tutti i servizi e le attrezzature tipiche di una moderna a-
rea urbana;
sistemi urbani: aggregati di un numero limitato di comuni, sempre
caratterizzati da un elevato grado di autosostentamento ma ten-
denzialmente dipendenti, per i servizi rari, da centri urbani di li-
vello gerarchico più elevato;
comunità montane: aggregati di comuni ai sensi della legge 1102/71
ed Enti Parco;
comuni isolati, privi cioè di significativi fenomeni di integrazione
funzionale con i comuni adiacenti.
Inat tesade ll
’i
stituzione( ode ll
’attivazione nel caso delle aree me-
tropolitane) di livelli di governo adeguati a queste realtà, i singoli
comuni, i loro consorzi ai sensi della L. 142/90 o anche le ammini-
strazioni regionali, possono pr ocede real l’elaborazionedipi anidi
trasporto riferiti ai territori di appartenenza approvandoli con stru-
menti del tipo «intese» o «accordi di programma».
I contenuti dei Piani Direttori alla scala locale sono sintetizzati in
fig. 3.3. Essi riguardano cinque aree:
area della mobilità delle autovetture e cioè degli autoveicoli desti-
nati al trasporto delle persone;
area della mobilità dei mezzi di trasporto pubblico;
area della mobilità dei veicoli per il trasporto delle merci;
area della mobilità delle utenze deboli e cioè dei pedoni, dei cicli-
sti, dei portatori di handicap e simili;
area della sosta dei veicoli.
Le cinque aree sono strettamente interdipendenti e sono presenti in
tutte le fasi ed in tutte le attività richieste dalla redazione del piano.
Inoltre, per ciascuna area, le proposte di interventi formulate dal
piano devono scaturire da un «protocollo» di lavoro comune alle al-
tre aree o, comunque molto simile per tipi di attività e metodi di la-
voro. Di conseguenza qui di seguito vengono descritti i contenuti del
documento senza operare distinzioni tra area ed area e soffermando-
si solo sui prodotti di quelle attività che non sono insiti nella descri-
zionede ll
’attivi
tàs tessar i
por tatane lc apitolo II.
Gli obiettivi generali sono analoghi a quelli presenti nei documenti
relativi agli altri livelli territorial
i:s ir i
mandaal l
’appendice3. 2aff
i-
dando al lettore le indispensabili modifiche dovute alla scala in esa-
me.

88
Ne ll’a
na li
side l
l’ambie ntef i
sicodi realtà sovracomunali assumono
grande interesse gli approfondimenti mirati a comprendere le radici
dei problemi che condizionano la mobilità attuale, i vincoli storico-
culturali da rispettare, le esigenze che hanno motivato la realizzazio-
ne delle principali infrastrutture di trasporto. Particolare attenzione
vade di
c ataal l’
anal i
side l
laqual i
tàde l
l’
atmos ferainrelazione, so-
prattut t
o,al l’
inqui name ntoc hi
mi coe dac ustico prodotto dal traffico
veicolare.
Le analisi socioeconomica e territoriale sono finalizzate, come di con-
sueto, alla descrizione delle caratteristiche delle persone che chiedo-
no di spostarsi, dei centri di produzione e consumo tra i quali avvie-
ne lo sposta

89
90
mento di
merci e degli insediamenti nei quali vivono ed operano le persone. I
dati quantitativi raccolti, oltre a giustificare le valutazioni che si van-
no formulando, debbono anche essere sufficienti per mettere a punto
il sistema dimode llipe rl as i
mul azione de l
l’asset
tot raspor t
i-
territorio. Cogliere la dinamica dei luoghi di residenza, di lavoro e di
produzione dei servizi consente di delineare la loro evoluzione ten-
denziale e gli orientamenti attesi della politica urbanistica in modo
da poter costruire, nella seconda fase della redazione del piano, sce-

91
nari probabili per gli assetti futuri.
La zonizzazione èi lpr imopr odot tode l
l’anali
siterritorialesvolta.
Deve rispondere ai criteri espos t
ine l
l’appe ndice3.
1appor tandovil e
opportune modifiche dettate dalla scala territoriale.
L’ offerta di opportunità di trasporto deve riguardare tutte le modalità
esistenti in tutte e cinque le aree di intervento del piano. Si può adot-
tare la seguente classificazione:
rete stradale come sede degli spostamenti e della sosta di autovet-
ture, di mezzi di trasporto pubblico (con evidenziazione di even-
tuali corsie o strade riservate), di veicoli merci, di biciclette (piste
ciclabili), di pedoni (marciapiedi e strade pedonali);
rete ferroviaria di interesse locale;
infrastrutture puntuali: parcheggi, fermate e stazioni della rete di
trasporto collettivo, porti a servizio della navigazione locale, auto-
stazioni, centri merci urbani;
servizi pubblici locali su strada,s uf erroviaepe rvi ed’ac qua;
organizzazione del trasporto delle merci: veicoli, orari, spazi riser-
vati;
nodi di interconnessione con il sistema di trasporto di livello terri-
toriale superiore.
Lade scrizionede vec ont enerei ns égi àun’ i
nterpre tazionedella
funzione svolta da ogni componente del sistema, ricorrendo, ad e-
sempio ad una lettura funzionale in relazione al tipo di mobilità che
vi fa ricorso: assi di attraversamento, di penetrazione, di quartiere e
locali; parcheggi di scambio, residenziali e di relazione; stazioni di in-
tegrazione con la rete regionale e stazioni locali, ecc.
Per tutte queste componenti vanno rilevati morfologie, caratteristi-
chege ome tricheef unzi onal i
,gr adod’ impe gnoat tuale( fluss
ior ari
e/o giornalieri) con un dettaglio tale da consentire la messa a punto
de lmode llodis imul azionede ll
’offerta.Que s
t’ul
ti
mo,dinor ma,inte-
resserà il solo trasporto su automobili e su mezzi collettivi; in casi
particolari può essere esteso al traffico merci, alla pedonalità ed alla
sosta. Ne ll’Appe ndice3. 6èr i
portato un elenco esemplificativo delle
caratteristiche da rilevare che può costituire il riferimento per la de-
scrizione che di volta in volta si riterrà più opportuna.
La domanda di mobilità delle persone va stimata con riferimento alle
due ore di punta, del mattino (intorno alle 7:30 - 9:30) e della sera (in-
torno alle 18:00 - 19:00) di un giorno feriale medio e su tutti i modi di
trasporto (compreso la pedonalità).
In centri piccoli può essere necessario stimare la domanda di
«mezzogiorno» (intorno alle 12:30 - 13:30) quando si sommano le u-

92
scite da scuola ed i ritorni a casa per il pranzo (abitudine
que st’ultimac hevas compar endo con il crescere delle dimensioni
de ll’are adipi ano).
Lamobi l
itàc ompl essivac heinve stel’ar eadipi anopuò essere di-
stinta in mobilità interna e in mobilità di scambio e di attraversamen-
to.Que st’
ult i
mavaval ut
atac on un’ indagi nealc ordones u mezzi
pubblici e privati secondo il metodo descritto nel capitolo. La mobili-
tà interna va stimata in via indiretta e cioè calibrando sui flussi rile-
vati in rete un sistema di modelli di domanda: occorre, cioè, adottare
un sistema di modelli e calcolarne le costanti in modo che, una volta
assegnata alla rete la matrice O/D cui esso perviene, si ottengono
flussi prossimi a quelli sperimentali. Il metodo è descritto dettaglia-
tamente nel capitolo IV sulle tecniche quantitative. A seconda dei ca-
si e del dettaglio che si desidera ottenere, lo stesso metodo può essere
applicato alla domanda globale ed alla rete multimodale o ad alcuni
se gme nt ide lladomandaede ll
’offerta.Indagi nidi rett
epos sonos ti-
mare parametri-chiave (come il tempo totale di viaggio o i km totali
percorsi) utili per valutare, in base al loro confronto con gli analoghi
valori forniti dal modello, il grado di aderenza alla realtà della stima
così ottenuta.
La stima della domanda di sosta deriva dalla stima della mobilità:
le dimensioni fondamentali e cioè il numero di atti di sosta richiesti
ne ll’
or a,l alor ol ocal
izzazionee de vent ualme ntei lloromot ivocoin-
cidono con il numero di spostamenti per ora e per motivo che termi-
nano nella zona i-esima.
Altre dimensioni della domanda quali la durata media della sosta,
lec ar atteristichede lveicol
oede gliut entide l
l’autovannode sunt
eda
indagini su strada che possono essere di due tipi:
rilevamento periodico delle targhe delle auto in sosta su circuiti-
campione degli stalli e degli spazi utilizzati per la sosta nelle aree
in cui essi ricadono;
indagine campionaria con interviste agli automobilisti che sostano
nelle aree dove interessa conoscere la domanda.
Con indagini del primo tipo è possibile stimare tutte le caratteristi-
che legate alla sosta (in particolare la durata media, i flussi orari in
arrivo e in partenza, il numero massimo di auto contemporaneamen-
te in sosta). Indagini del secondo tipo completano la conoscenza at-
traverso la rilevazione di altri parametri quali: i motivi, lo status so-
cioeconomico delle persone, i costi, la disponibilità a pagare,
l’esiste nzadimodial t
ernativiecc.
Entrambe le indagini sono descritte dettagliatamente

93
ne ll
’Appe ndic e3. 6.
Anche per la mobilità delle merci occorre distinguere la mobilità di
sc a mbi oediat trave rsame nt odaque ll
ai nternaal l’areadipi ano.La
pr imavas t
imat ac onun’ indagi nealc ordone,s i
mi leaque l
lape rle
persone. In alternativa - se disponibili - si può fare ricorso a stime del
PRT.Pe rl amobi litàint ernaès uf fi
cient etenerec ont ode ll’inc i
de nza
del traffico di veicoli merci sul traffico totale desumibile dai rilievi
dei flussi sulla rete interna. Indagini più dettagliate sono riservate ai
piani attuativi.
Anche in questo caso la dinamica di lungo periodo va desunta dal
trend di indici aggregati desunti da statistiche ufficiali o da indicatori
di fenomeni strettamente correlati con la mobilità merci.
Lei ndagi nis ul l’
assetto istituzionale riguardano i soggetti che pro-
duc onoe /oge s ti
s c
onoe /oc ont roll
anol ’
off
ertadit raspor to.I nline a
generale si tratta di esaminare la natura giuridica delle eventuali a-
ziende di gestione nella prospettiva di un loro nuovo assetto.
L’ analis ide l
l’organizzazione del trasporto è la descrizione delle di-
ve rsec ompone ntide ls istemade itraspor tii
nvi stade ll’
eve nt ualein-
troduzi onedinuovenor med’ us ode glispazipubbl ici
,dinuoveop-
portunità o di nuovi divieti, di nuovi assetti aziendali in grado di
migliorare la qualità della mobilità riducendone i costi.
L’ or gani zzazioneèdi ve rsape ri ltraspor toindivi dual e,pe rque llo
collettivo e per le merci. Per il trasporto individuale riguarda le di-
sposizioni generali che sovrintendono al deflusso delle correnti vei-
colari, la regolamentazi oned’ usode lles uperfic
icar r abil
i,let arif
feei
pedaggi pagati, i sistemi di controllo. Per il trasporto collettivo ri-
guarda le aziende di servizio: struttura interna, dotazione di impian-
ti, di personale e di veicoli, risorse finanziarie, costi, introiti e così via.
Pe ri ltraspor tode ll
eme rcil ade scrizionede ll’
organi zzazi onec ons i-
ste nel delineare un quadro preciso di come giungono e sono distri-
bui tene ll’are
adis tudi ol eme rcide stinatealc onsumoe ,al l’inve rso,
dic omes onor ac colti,pe re sserepois pedit
ive rsol ’ester no,ibe ni
pr odot t
ine l
l’area.Oc cor rec onos cerel ’inci
denzade lc ontopr opr i
oe
del conto terzi, la presenza di centri di raccolta e smistamento, even-
tuali norme che condizionano le operazioni di consegna e così via.
La proiezione nel futuro della situazione esistente, senza interventi
ed assecondando i trend in essere, conduce alla definizione dello sce-
nario di non intervento. Per la domanda di scambio e di attraversa-
mento ci si può avvalere di coefficienti desunti dalla dinamica di par-
ticolari segmenti (traffico autostradale, utenti TPL) o di variabili cor-
relate con la domanda (PIL, consumi di carburante per trazione). Per

94
la domanda interna va utilizzato il sistema di modelli della domanda
ede l
l’of f
e r
t a:inserendoviidati previsti per le variabili indipendenti,
si otterranno le stime per la domanda e per il carico della rete dei tra-
sporti.
Le criticità che sarà possibile evidenziare possono essere così classi-
ficate:
1. criticità della mobilità delle autovetture:
inadeguatezza della capacità dei rami e delle intersezioni della rete
stradale con conseguenti elevati consumi energetici ed elevati tem-
pi di percorrenza;
commistione di funzioni diverse sugli stessi archi stradali: conse-
guente divergenza tra velocità reali e velocità desiderate dalle di-
verse categorie di utenza (pedonale e motorizzata), rischi di inci-
denti e creazione di «barriere» psicologiche alla continuità del tes-
suto urbano;
i rrazi onal it
àde l
l’organizzazi onedei sensi di circolazione: le super-
fici stradali non sono utilizzate in modo uniforme, alcuni incroci
sono sovraccaricati e condizionano la capacità di intere direttrici,
alcuni itinerari sono inutilmente allungati;
elevata sinistrosità, con danni ai veicoli, ai passeggeri ed ai pedoni;
i nqui name ntoc himi coe dac usticode ll
’atmos f
era;
alterazione del paesaggio urbano e, in particolare, degli ambienti
storico-monumentali;
inadeguatezza dei sistemi di segnalazione e di controllo del traffi-
co;
2. criticità della mobilità su mezzi pubblici:
rete dei servizi non conforme alla domanda: aree non servite o po-
co servite ed aree troppo servite, sovrapposizioni di servizi e con-
correnza interna al sistema;
riempimenti eccessivi o insufficienti dei veicoli;
diagrammi di carico disuniformi lungo lo sviluppo della linea;
velocità commerciali basse con conseguente scarsa competitività
nei conf rontide ll’
aut omobi le;
carenza di comfort;
carenza di integrazione tecnica e/o tariffaria tra servizi diversi;
inadeguatezza delle fermate e dei capilinea: difficoltà di accesso ai
veicoli, difficoltà di manovra per i veicoli, assenza di strutture per i
passeggeri e per il personale viaggiante;
3. criticità della mobilità dei veicoli merci:
molteplicità delle consegne giornaliere per ciascun esercizio com-
merciale;

95
inadeguatezza dei mezzi in relazione alla disponibilità di spazi per
le operazioni di carico e scarico;
parcellizzazione dei rifornimenti e loro elevata frequenza;
presenza di veicoli di servizio (Nettezza Urbana, società fornitrici
di servizi pubblici, veicoli postali ecc.);
4. criticità della mobilità delle utenze deboli:
inesistenza di una rete per la mobilità pedonale, protetta dalle auto
e dalle moto, attrezzata e di capacità adeguata ai flussi di persone;
inesistenza di una rete per la circolazione dei ciclisti;
presenza di ostacoli alla circolazione delle persone con ridotte ca-
pacità motorie;
5. criticità per la sosta:
insufficienza di spazi in misura adeguata alla domanda;
carenza di coordinamento tra offerta di sosta e rete del trasporto
pubblico;
danni arrecati dalle aree di sosta al patrimonio storico, architetto-
nico e monumentale;
inesistenza di coordinamento nella gestione delle aree di sosta.
Note le criticità, si possono precisare gli obiettivi specifici ed i vincoli
che, nel rispetto di quelli generali definiti ex-ante dai decision-makers
ed alla luce delle risultanze delle analisi dello stato di fatto, si ritiene
pos sanoe ss
er epe rse guitidalpi ano.Pe run’ elenc azionede gliobi etti-
vi usuali si rinvi aal l’
appe ndic e3.3:s t
aaipubblici amministratori ed
ai redattori del piano integrare e/o modificare la lista in relazione ai
casi in esame.
Analoghe considerazioni possono essere fatte per la definizione
delle strategie di intervento che possono essere di tipo istituzionale,
gestionale e infrastrutturale; nel caso dei trasporti locali, data la limi-
tatezza dei poteri della Pubblica Amministrazione in relazione
all’as settoi stituzional e
,les trategiede lpr imot ipos onos ostanzi al-
me nt eas senti.Ne ll’
appe ndi ce3. 4s onor i
por tates t
rat egie-tipo alle
quali ne possono essere aggiunte altre specifiche per il caso in esame.
Lec riticit
àe me rsedal l
’as
s ett
odinoni nt
erve nt os uggeriscono mix
diversi di strategie e la conseguente costruzione di scenari alternativi
di intervento. Per poter pervenire a soluzioni soddisfacenti, è bene
che, almeno in una prima fase, ogni scenario sia caratterizzato dal
prevalere di una strategia: successivamente, le indicazioni, in positi-
vo ed in negativo, desunte dalla simulazione delle strategie, permet-
teranno di definire scenari intermedi che, progressivamente, si avvi-
cine rannoaque llof inale.Ne ll’
appe ndi ce3.5ès ugge ritounr agio-
namento per pervenire ad alternative significativamente diverse.

96
Per tutti gli interventi presenti in uno scenario occorre preventi-
vamente verificare la fattibilità tecnica ed amministrativa. Per gli inter-
venti infrastrutturali, occorre redigere progetti di larga massima. Per
tutti gli interventi, va verificata la compatibilità delle proposte con le
leggi e la normativa vigente, in particolare con quella non di compe-
te nzade l
l’
e ntepe rc ontode lqual es ist
ae l
abor andoi lpiano.Pe rtut-
ti, vanno stimati i costi di realizzazione e la disponibilità delle risorse
necessarie.
L’alternativa migliore sarà scelta tra quelle così definite adottando
una tecnica del tipo Analisi Multicriteria. I criteri da applicare di-
scendono direttamente dagli obiettivi generali e specifici ai quali
vanno aggiunti, se non già compresi, criteri connessi con la redditivi-
tà economica e la redditività finanziaria degli investimenti e con la
valutazione dei loro effetti ambientali. Nei capitoli V, VI e VII sono
descritti i metodi per formulare queste valutazioni.
L’alter nativavi nc entec os t
ituiscel aproposta di piano che, corredata
di un ordine di priorità, va sottopos taalvot ode l
l’assembl eae le t
tiva
de l
l’
e ntec hehapot eris ult erritorioi nesame :laRe gione( ol aPr o-
vincia in presenza di specifiche deleghe), il Comune o eventuali or-
ganismi sovracomunali se costituiti.

97
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