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ISIA Urbino

Diploma accademico di II livello


in Comunicazione, grafica ed editoria

Saverio Rociola
matricola n. 169
relatore Marco Tortoioli Ricci
a.a. 2013-2014
Design Pattern

ISIA Urbino
Diploma accademico di II livello
in Comunicazione, grafica ed editoria

Saverio Rociola
matricola n. 169
relatore Marco Tortoioli Ricci
a.a. 2013-2014
design pattern abstract in 20 parole

Design Pattern è un dispositivo di indagine


per la riflessione sui ruoli e le pratiche della
progettazione nei contesti di innovazione.

parole chiave

· dispositivo, strumento aperto per la riflessione;


· indagine, la ricerca come mezzo fondamentale
per studiare le metodologie operative;
· ruoli, è necessario rimettere in discussione
i ruoli della progettazione in un contesto storico
completamente mutato;
· pratiche, le esperienze prodotte sono la più
importante letteratura dalla quale partire;
· innovazione, è il fattore che ha caratterizzato
la cultura del XX secolo, influente ancora oggi.

4 5
SOMMARIO SOMMARIO

6 INTRODUZIONE 113 3 ROLES

23 1 SOCIETY 118 Ⅰ COMMUNITY-BASED DESIGN


130 Ⅱ LOCAL PRODUCTION
26 Ⅰ DICOTOMIA TRA 142 Ⅲ NEW CREATIVE BUSINESS
SOSTENIBILITÀ E SVILUPPO 152 Ⅳ OPEN RESILIENT PRACTICES
34 Ⅱ COMUNITÀ E INNOVAZIONE 162 Ⅴ TRANSDISCIPLINARY
42 Ⅲ SOCIAL INNOVATION APPROACH
E MODELLI APPLICATI
173 4 DESIGN
55 2 PRACTICES
176 Ⅰ NELLA PRASSI DIDATTICA
58 1 AUTOPROGETTAZIONE DEL DESIGN
62 2 DESIGN IN TRANSIZIONE 186 Ⅱ NUOVE STRATEGIE DI
AL SOCIALISMO FORMAZIONE
68 3 LUNGOMARE 204 Ⅲ DESIGN COME
78 4 DISARMING DESIGN FROM ATTEGGIAMENTO
PALESTINE
86 5 INTERNATIONAL VILLAGE 214 Ⅳ CONCLUSIONI
SHOP
96 6 R-URBAN 220 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
104 7 WIKIHOUSE E ICONOGRAFICI
design pattern introduzione

INTRODUZIONE Recentemente, quando si parla di nuove pratiche


di design, si è soliti incontrare prefissi di ogni genere
(come eco-design, future-design, service-design,
disruptive-design, ecc.). Queste “etichette” mettono
in evidenza specifici approcci della progettazione e
si rivolgono ad un certo pubblico di riferimento. Molti
di questi convergono oggi nell’ambito del design per
l’innovazione sociale. Questa attuale e controversa area
di interesse sta mobilitando moltissimi progettisti e
non solo, ad interrogarsi sulla necessità di una nuova
cultura del progetto.
Il punto è che l’impoverimento culturale e la crisi
dei sistemi sociali, politici ed economici ha fatto emer-
gere – negli ultimi vent’anni e in maniera esponenziale
– iniziative dal basso volte a rilanciare lo sviluppo del
territorio con metodi sostenibili e replicabili. In questo
contesto il progettista e la sua professione sembrano
centrali, poiché le esperienze già sperimentate sul
campo stanno catturando l’attenzione di tutti gli altri
attori e operatori coinvolti nella faccenda. Ad oggi l’in-
teresse per l’innovazione sociale è altissimo e sta col-
mando il vuoto di una letteratura pressoché inesistente,
producendo contenuti diversificati e alimentando il
dibattito. Non essendoci dunque riferimenti specifici,
uno degli obiettivi principali di questa indagine è stato
impostare la discussione attraverso l’analisi di casi
studio e un approccio metodologico pensato su misura.
Design Pattern si propone come dispositivo di
indagine per aprire nuovi spazi di riflessione sul ruolo
del progettista come “acceleratore” sociale e promo-
tore di opportunità alternative ai modelli dominanti.
Uno dei principali quesiti di questa tesi riguarda
l’idea di modello come uno strumento – in cui sono
presenti un insieme di azioni – utile al superamento di
un problema. Un modello può essere un valido mezzo

8 9
design pattern introduzione

di apprendimento che permette di stabilire una base Il volume si divide, dunque, in quattro parti:
culturale comune dalla quale partire. Quindi, in virtù di Society, è l’apparato storico e teoretico sul tema dell’in-
questa idea, un approccio progettuale può essere in novazione sociale, non esaustivo ma necessario per
grado di produrre dei modelli di innovazione? Esistono ottenere uno sguardo complessivo sulla questione;
già dei modelli di innovazione sociale all’interno delle Practices, è una raccolta di sette casi studio (2 storici e
pratiche in corso? Per rispondere a queste domande ho 5 contemporanei) che mette in luce la diversità e i punti
introdotto il termine pattern, come estensione del con- di contatto degli approcci, gli strumenti e i risultati della
cetto di modello, che ha influenzato tutta la struttura progettazione applicata a territori differenti; Roles, è l’e-
della ricerca. laborazione delle “tattiche” nella proposta di un pattern
Pattern è un termine inglese di uso comune che di riferimento, utile a definire i nuovi possibili ruoli della
può assumere diversi significati. È una parola che ritro- progettazione; Design, è la “proiezione” di alcuni metodi
viamo in molti ambiti, dalla biologia all’informatica, alla e modi di agire per il futuro, che coinvolgono la didattica
psicologia e al design. Secondo la definizione originale e la ricerca di design.
un pattern è uno schema, una struttura ripetitiva fatta Con la presente ricerca non si vuole analizzare il
dalla successione di elementi identici tra loro. fenomeno partendo da zero, ma considerando come
Ma nell’accezione intesa in questa ricerca, le varie parti base culturale indispensabile la letteratura già prodotta
del sistema sono diverse, hanno forme e significati in tema di design sociale e partecipativo. Lo scopo del
differenti. Possiamo immaginarlo come un sistema libro è di offrire un approccio di indagine riapplicabile,
dinamico, in cui ogni elemento ha uno scopo specifico; ma anche di fornire – nell’impossibilità di affrontare il
grazie alla loro interazione viene generato qualcosa di fenomeno nella sua totalità – una visione ampia e oriz-
nuovo, un effetto, un significato che prima non esisteva. zontale per la comprensione di modelli futuri.
Questo termine fu inizialmente introdotto in archi-
tettura in un celebre saggio del 1977 di Christopher
Alexander, Sara Ishikawa e Murray Silverstein dal titolo
A Pattern Language. Il libro contiene 253 modelli di
architettura suddivisi in tre grandi categorie – città,
edifici e costruzioni – che si propongono di risolvere
i problemi comuni delle città. L’insieme di queste
“norme” sono pensate per essere applicate a contesti
e strutture di qualsiasi scala. L’esempio dimostra che il
termine pattern si presta ad essere flessibile a ulteriori
interpretazioni e integrazioni di senso. Vedo, infatti, il
tessuto sociale come un pattern interattivo, il modo di
raccontare un romanzo, uno stile di vita, un background
culturale comune e condiviso, un insieme di valori…

10 11
Christopher Alexander, Sara Ishikawa e Murray Silverstei
A Pattern Language (1977)
Manuale di modelli

A Pattern Language si propone come una guida pratica per aiutare i cittadini
a comprendere il loro ambiente (e anche costruire le proprie case), il libro
incoraggia una democratizzazione dell'informazione e delle competenze
dell'architetto. A sua volta, Alexander consiglia agli architetti di prendere in
considerazione nuovi progetti in un contesto globale, quotidiano e politico,
sottolineando l'obbligo di plasmare la società in modo responsabile.

12 13
Ugo La Pietra
Il Commutatore (1970)
Modello di comprensione

«Questo particolare oggetto può essere considerato come lo strumento


emblematico di tutto il mio lavoro di ricerca sull’ambiente urbano. Molte volte,
attraverso il suo uso, ho visto cose che non erano di immediata lettura, molte
volte l’ho fatto usare ad altre persone. Uno strumento di conoscenza, quindi,
e propositivo; realizzato in un momento in cui il cosiddetto “design radicale”
costruiva oggetti evasivi e utopici ».

14 15
Emmet Byrne, Alex DeArmond e Jon Sueda
TASK (2007)
Modello di azione

1. 2. 3.
FIND WORK FIGURE 4.
WHAT’S IN IT MAKE
MISS- THE OUT IT
ING. GAPS. TO- VISIBLE.
http://www.tasknewsletter.com/publishlocal http://www.tasknewsletter.com/publishlocal
GETHER.
http://www.tasknewsletter.com/publishlocal http://www.tasknewsletter.com/publishlocal

6. 7. 8.
5. RE- EXPAND PLAN
MAKE SEARCH EXIS- TRANS-
IT AND ITING PAR-
VIABLE. PLAN. SYS- ENTLY.
http://www.tasknewsletter.com/publishlocal http://www.tasknewsletter.com/publishlocal
TEMS.
http://www.tasknewsletter.com/publishlocal http://www.tasknewsletter.com/publishlocal

10. 11. 12.


9. COM- LEARN DON’T
START MIT ABOUT GET
SMALL. TO YOUR PERMIS-
IT. LOCAL SION.
http://www.tasknewsletter.com/publishlocal http://www.tasknewsletter.com/publishlocal
FLORA.
http://www.tasknewsletter.com/publishlocal http://www.tasknewsletter.com/publishlocal

13. 14. 16.


PRINT MAKE 15. PLAN
WHAT POSI- FIND FOR
YOU’VE TIVE FUND- ITS
GOT. SPACES. ING. FU-
16
http://www.tasknewsletter.com/publishlocal http://www.tasknewsletter.com/publishlocal
17
http://www.tasknewsletter.com/publishlocal
TURE.
http://www.tasknewsletter.com/publishlocal
XML
Settings (2012)
Modello di interazione

Masterclass.

Debate.

22

18 19
Occupy Wall Street (2011) Ryan Gander (2006) Peter Fischli e David Weiss (1991)
Modello di occupazione How to work better
Modello di lavoro

20 21
Eames Office
Power of ten (1977)
Modello di rappresentazione dell'universo

22 23
1

SOCIETY
SOCIET Y premessa

Introdurre il tema delle pratiche di innovazione sociale e


culturale è un po’ come risalire il fiume in direzione della
sorgente; un’operazione che va compiuta al contrario.
Partendo dallo scenario di cambiamento sociale, politico
ed economico in corso, è stato necessario percorrere a
ritroso la natura storica e teorica di alcuni concetti, for-
temente coinvolti nel dibattito attuale.
Si toccheranno temi quali la sostenibilità, lo sviluppo,
l’innovazione, la comunità, non per crearne un’antologia
dettagliata ma per evidenziare i rapporti e le contraddi-
zioni celate dietro questi termini, a volte seppellite dalla
nuova letteratura che continua ad estenderne (e talvolta
a declassarne) il significato.
SOCIETY è il primo capitolo del pattern e ha l’o-
biettivo di fornire un supporto teoretico alla navigazione
della presente tesi. Questo supporto è necessario alla
comprensione degli approcci e delle strutture d’inno-
vazione, che vedranno nei capitoli successivi il design
come “protagonista”.

26 27
SOCIET Y dicotomia tra sostenibilità e sviluppo

Ⅰ Dicotomia tra sostenibilità Il concetto di sostenibilità ha origine negli anni sessanta


e sviluppo del Novecento per opera della biologa e zoologa statu-
nitense Rachel Carson. Con il suo libro “Silent Spring”
del 1962, la Carson fu la prima a lanciare l’allarme sullo
sfruttamento da parte dell’uomo delle risorse naturali,
processo che stava raggiungendo livelli preoccupanti
e per il quale necessitava innescare un meccanismo di
consapevolezza. Tuttavia l’interesse internazionale sullo
sviluppo globale dovette maturare un decennio e arrivò
negli anni ’70 in concomitanza con il boom demografico
globale, l’inquinamento e il consumismo.
La conferenza ONU sull’Ambiente Umano nel
1972 a Stoccolma fu il primo segno di una cooperazione
internazionale nelle politiche e le strategie per lo sviluppo
ambientale, dove vennero elaborati tre documenti che
fissavano le linee guida politiche e delle raccomandazioni
operative per gli Stati coinvolti. L’aspetto di novità emerso
dalla conferenza fu questo nuovo concetto di “ambiente”:
esso va oltre l’insieme degli elementi che lo compongono
(aria, terra, acqua, ecc.) ma è inteso come un tutto
indivisibile le cui problematiche sociali, culturali ed eco-
nomiche sono di capitale importanza per il benessere dei
popoli e lo sviluppo economico mondiale. ( 1 )
Negli anni ‘80, in particolare con il Rapporto Brun-
dtland del 1987, documento rilasciato dalla Commissione
mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED), si arrivò
alla conclusione che l’approccio allo sviluppo, da quel
momento in avanti, sarebbe dovuto cambiare e divenire
sostenibile. Ma cosa significa in fin dei conti sostenibile?
Dal punto di vista economico il concetto di sostenibilità è

( 1 ) Morelli Alessandra, La conferenza


ONU sull’Ambiente Umano (UNCHE) del
1972, http://italiaecosostenibile.it/la-con-
ferenza-onu-sullambiente-umano-un-
che-del-1972/.

28 29
SOCIET Y dicotomia tra sostenibilità e sviluppo

straordinario nella sua semplicità: e inizia ad essere utilizzato soprattutto in economia per
«un sistema economico è sostenibile se non con- analizzare processi economici e proporne dei nuovi.
suma più risorse di quante ne possa rigenerare». ( 2 ) Esiste tuttavia una forte contraddizione tra il concetto
All’interno di una società, questa definizione indica “l’e- di sviluppo e quello di sostenibilità che è interessante
quilibrio tra il soddisfacimento delle esigenze presenti, spiegare. La sostenibilità è radicalmente sovversiva al
senza compromettere la possibilità delle future genera- concetto di crescita, celato dietro lo sviluppo economico.
zioni di sopperire alle proprie”.( 3 ) Non si parla quindi solo Lo si sosteneva più di quarant’anni fa e lo si ribadisce
di sostenibilità ambientale. È un discorso più legato al ancora oggi.
benessere delle persone, un approccio intellettuale che «Il mito della crescita perpetua promuove l’idea
mette in luce un principio etico: la responsabilità delle impossibile che la crescita economica sia la cura
generazioni di oggi nei confronti di quelle future, affinché per tutti i problemi del mondo, quando in realtà è
ereditino un pianeta non in condizioni peggiori rispetto a proprio la malattia alla radice delle pratiche globali
quelle vissute dalle generazioni passate. non sostenibili».( 5 )
Il principio di responsabilità, una volta riconosciuto Tra i numerosi pensatori che si sono espressi in merito,
come tale, è stato lungamente discusso anche in mate- emerge la posizione di Fritz Schumacher, filosofo ed eco-
ria di riflessione filosofica. Ne è il pioniere Hans Jonas, nomista tedesco, che, negli anni settanta, già criticava
con il suo libro del 1979 chiamato appunto “Il principio fortemente il concetto dominante di “sviluppo”, su cui si
responsabilità” (Das Prinzip Verantwortung). Con questa fondano le ideologie a favore della globalizzazione dei
pubblicazione, Jonas definisce necessaria la costruzione mercati. Secondo il suo punto di vista, l’espressione “svi-
di una nuova etica razionalista concreta, legata ad ogni luppo sostenibile” diviene così un ossimoro, una cortina
gesto dell’uomo che deve prendere in considerazione le di fumo per la coscienza di massa, mentre il suo senso
conseguenze future delle sue scelte e delle sue azioni. viene mutato, orientandolo agli scopi del capitalismo.
È la ricerca di un’etica orientata al futuro, poiché secondo Il pensiero sulla politica dei limiti allo sviluppo,
Jonas, tale ricerca di principi universali condiziona le espresso da Ivan Illich nel suo celebre saggio “La con-
decisioni sull’ambiente, sull’economia, sulla comunica- vivialità”, ha influenzato molto il panorama della critica
zione e quindi su ogni aspetto della vita umana.( 4 ) alla società contemporanea e costituisce un elemento
Lo sviluppo sostenibile diviene così una questione di portante in questo discorso. Illich intende per convivialità
grande importanza per il presente e il futuro della società, il contrario della produttività industriale.
«Se vogliamo poter dire qualcosa sul mondo futuro,
disegnare i contorni di una società a venire che
( 2 ) Mattei Ugo, I beni comuni tra eco- diale sull’ambiente e lo sviluppo (WCED) e
nomia, diritto e filosofia, Spazio Filosofico, prende il nome da Gro Harlem Brundtland, non sia iper-industriale, dobbiamo riconoscere
2013, volume 7, pagg. 111-116.
( 3 ) Con il rapporto Brundtland (co-
che in quell’anno era presidente del WCED
ed aveva commissionato il rapporto.
l’esistenza di scale e limiti naturali. Esistono delle
nosciuto come Our Common Future), viene ( 4 ) Jonas Hans, Il principio responsa-
per la prima volta introdotto il concetto di bilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, a ( 5 ) Enviroment and development
sviluppo sostenibile. È un documento rila- cura di Pier Paolo Portinaro, Einaudi, Tori- challenges: The imperative to act, UNEP
sciato nel 1987 dalla Commissione mon- no, 2002. report, New York, 2012.

30 31
SOCIET Y dicotomia tra sostenibilità e sviluppo

soglie che non si possono superare. Infatti, supe- zione o norma del sufficiente, che eredita molto del pen-
rato il limite, lo strumento da servitore diviene siero di Illich, è l’idea che ne sta alla base:
despota. Oltrepassata la soglia, la società diventa «Gorz evidenzia come, prima dell’era capitalista,
scuola, ospedale, prigione e comincia la grande la norma del sufficiente fosse il modo ordinario e
reclusione». ( 6 ) tipico con cui gli uomini si rapportavano all’attività
Per Illich la produttività è lo strumento che definisce lavorativa e come, per costringerli a lavorare di più,
l’uomo nel suo rapporto con gli altri e con l’ambiente. occorse togliere loro la padronanza dei mezzi e delle
La produzione (quella industriale) intesa come “stru- modalità di produzione». ( 7 )
mento” dominante, viene riservata così ad un gruppo di Separato da questi, il produttore è stato abbrutito e
persone specialiste che lo tengono sotto il loro controllo. decontestualizzato, e il capitale ha iniziato a produrre
In una società conviviale, invece, ciascuno ha la pos- quel che si riteneva necessario non in base ad esigenze
sibilità di utilizzare questo strumento per realizzare le autonomamente formulate, ma in base a bisogni indotti.
proprie intenzioni, e modellare – con gli altri e per gli altri È perciò necessario “ristabilire politicamente la corre-
– l’ambiente che gli sta attorno; lo strumento conviviale lazione tra minor lavoro e minor consumo da una parte,
contribuisce quindi alla costruzione di rapporti e di una maggiore autonomia e maggiore sicurezza esistenziali
comunità sociale. Illich fa l’esempio dello stile di vita dall’altra, per tutti e per ognuno”.( 8 )
dei carcerati nei paesi ricchi, che hanno la possibilità di L’inarrestabile incremento della produzione è,
avere diversi servizi e beni materiali (a volte anche più dunque, l’obiettivo e al tempo stesso il grande limite
delle loro stesse famiglie), ma non hanno alcun diritto di del sistema capitalistico, che secondo Gorz è destinato
intervenire sul loro uso e la loro forma. Quest’assenza di all’implosione. Ed è una reazione a catena nella quale
libertà individuale sulla produzione degli strumenti porta viene coinvolto anche il progresso tecnologico. Infatti il
al declassamento dell’uomo a semplice utente consuma- lavoro velocizzato per mezzo della tecnologia, non può
tore, privo di convivialità. che comportare l’aumento della produttività oraria, altri-
Anche il pensiero di André Gorz, filosofo e giorna- menti i margini di guadagno si annullano e il sistema si
lista francese, merita di rientrare in questa raccolta di blocca; questo significa che si deve produrre sempre di
riflessioni sulla dicotomia tra sviluppo e sostenibilità. più, a costo di creare nuovi bisogni (fittizi) per ampliare
Il suo contributo critico è molto importante soprattutto la domanda. Il punto di rottura è legato al fatto che né la
per la profondità e la poliedricità intellettuale con le quali produzione né la domanda possono crescere all’infinito,
egli fonda il concetto di ecologia politica. “Produrre ciò
che consumiamo e consumare ciò che produciamo”, è
( 7 ) Prima che il capitalismo diven- tero affrontare serie difficoltà per ottenere
questa la formula proposta da Gorz per un sostanziale tasse la forma egemone che regola l’eco- dai loro dipendenti un lavoro quotidiano e
rovesciamento della dottrina capitalista. L’autolimita- nomia, le dinamiche di lavoro e il rapporto regolare. Questo perché il lavoro, e quindi
lavoratore-padrone erano ben diversi. Era, la produzione, era strettamente legato alle
per esempio, impossibile chiedere all'ope- reali necessità ed esigenze delle persone.
raio di lavorare per più tempo in cambio di ( 8 ) Luzzi Saverio, L’ultima lezione di
( 6 ) Illich Ivan, La convivialità, Red Edi- un salario più elevato; i padroni delle mani- André Gorz, I frutti di demetra - bollettino
zioni, Cornaredo, 2013, pag. 14. fatture, come evidenziò Karl Marx, dovet- di storia e ambiente, 2009, n. 20, pag. 9.

32 33
SOCIET Y dicotomia tra sostenibilità e sviluppo

e l’unico modo per mantenere la propria redditività è


l’indebitamento, fino al collasso del sistema.
Sempre secondo Gorz, i fenomeni dell’espertocra-
zia e del lavoro mercificato sono i due aspetti a favore
delle logiche del capitale, difficili da sradicare perché
fortemente consolidate nella cultura occidentale consu-
mistica. Mentre l’approccio espertocratico:
«spoglia la collettività di ogni potere decisionale e lo
conferisce ad un gruppo di persone, […] praticando
una scelta anti-politica che assegna ad una sorta di
casta il ruolo di giudici del destino di tutti»,( 9 )
il lavoro mercificato condivide lo stesso fine del capitale,
ovvero il profitto e non il prodotto. Dunque se l’impresa
mira al profitto che la vendita del prodotto gli permetterà
di realizzare, allo stesso tempo il vero scopo del lavora-
tore non sarà più quello di realizzare un prodotto ma di
ottenere un salario. In questo modo il lavoratore aderisce
alla struttura ideologica del capitale volta ad un mag-
giore profitto, anche se le proprie azioni vanno a discapito
dell’ambiente e della collettività. Hadid Zaha, Aqua Table, 2005.

Una casa d’aste londinese, Philips De Pury


( 9 ) Luzzi Saverio, L’ultima lezione di & co., ha battuto il prototipo disegnato da
André Gorz, cit. Zaha Hadid per 297.000 dollari.

34 35
SOCIET Y Innovare comunità

Ⅱ innovare comunità Ad una prima analisi la sostenibilità si presenta, dunque,


come un tema controverso, dal quale si diramano un
gran numero di sotto-temi e di interpretazioni.
L’esigenza di comparare e mettere a confronto
due terminologie differenti – come sviluppo e sostenibi-
lità – nasce dalla proliferazione del concetto di sviluppo
sostenibile negli ultimi quarant’anni. Nel tempo si sono
susseguiti i tentativi di definire in maniera sempre più
precisa gli ambiti legati alla sostenibilità, talvolta gene-
rando confusione e modelli sbagliati. Lo sviluppo, d’altra
parte, meriterebbe ulteriori approfondimenti in quanto è
sempre presente nel dibattito sui metodi di superamento
dell’attuale crisi; l’intento del presente paragrafo è invece
quello di affiancarlo ad un altro concetto parallelo, fratello
semantico dello sviluppo: l’innovazione.
L’innovazione ha una connotazione più orientata ad
“alterare l’ordine stabilito delle cose per realizzarne delle
nuove”. Attingendo dalla sua etimologia latina in-novare
(fare cose nuove), il termine indica un processo che
comprende nuovi modi di organizzare l’attività umana.
Questo processo o metodo cambia completamente le
condizioni sociali, attuando quindi un progresso. ( 10 ) L’in-
novazione può, inoltre, incidere su diversi livelli, sociale,
economico, politico, culturale; sono particolarmente
coinvolti in questo discorso i principi etici e lo sviluppo
tecnologico legati alle attività umane in mutamento.
Da quando si è iniziato a parlare di crisi, si è dato
il via anche alla ricerca di nuovi modelli per ottenere un
radicale cambiamento nella società. L’industrializza-

( 10 ) Il concetto di innovazione fu de- care nuove possibilità di attività impren-


finito con chiarezza dall’economista au- ditoriale. L'innovazione in tale ambito è
striaco Joseph A. Schumpeter, già nel 1911. anche una spinta al consumo e quindi alla
L’innovazione, anche se ha una radice eti- domanda di beni in grado di stimolare la
mologica nobile, viene definito da Schum- crescita economica all'interno di un'eco-
peter come "l'elemento fondamentale del nomia di mercato.
capitalismo”, poiché sfruttata per ricer-

36 37
SOCIET Y Innovare comunità

zione, ad esempio, può essere considerata un evento di mastodontico, le metropoli e le fabbriche gigantesche
innovazione se la consideriamo soprattutto dal punto sono infatti in un momento di forte contestazione. Oli-
di vista del progresso tecnico, in quanto ha cambiato vetti vedeva una comunità in stretta relazione con il ter-
l’organizzazione sociale del mondo e creato grandi poli ritorio, uno spazio a misura d’uomo nel quale si potesse
economici e grandi città. Questo profondo cambiamento vivere con la consapevolezza di avere un compito nella
ha permesso ad una nuova cultura di sedimentarsi società civile.
ed arrivare fino al nostro tempo. L’industrializzazione, «La “grandezza” di una città non è data dal numero
però, ha anche distrutto il concetto di comunità e ci ha di abitanti che ci vivono, bensì dalle forze materiali
portato oggi a riflettere su un nuovo tipo di innovazione; e morali dell’associazione civile». ( 11 )
un’innovazione che abbia gli strumenti per produrre una Ristabilire il significato di comunità è una prerogativa
rivoluzione culturale e una crescita sociale. fondamentale. Abitiamo le città ma viviamo una picco-
L’assunto sull’industrializzazione, inoltre, crea un lissima parte degli spazi urbani a disposizione. Questo
immediato rimando non solo al progresso tecnologico definisce un contesto di forte sgretolamento sociale.
che ne è derivato ma anche all’incremento delle relazioni «Una località abitata non è necessariamente una
che si sono attivate. Da allora il cambiamento della comunità. Con i processi di sviluppo economico,
società muta progressivamente, soprattutto perché i politico e culturale e con le forme di urbanizzazione
collegamenti tra le persone avvengono più facilmente e del XX secolo, sono venute meno alcune compo-
più velocemente, quindi potremmo dire che l’innovazione nenti dello “stare in comune” che storicamente
è anche una questione di connessioni. Un’approccio erano essenziali alla creazione di una comunità.
ecologico all’innovazione però dovrebbe soprattutto rivo- Negli insediamenti tradizionali il senso di comunità
luzionare i rapporti umani, affinché evolvano attraverso era dovuto, in gran parte, all’uso comune delle
la cooperazione e la condivisione, condizioni che creano risorse locali e alla produzione e gestione comuni-
ricchezza, valore e opportunità. taria delle sue infrastrutture».( 12 )
Secondo Adriano Olivetti il vero significato di comu- La pianificazione urbana delle nostre città è anch’essa
nità si è perso proprio nel linguaggio moderno. Oggi coinvolta nel processo di trasformazione che, favorendo
definiamo comunità una moltitudine di organismi spesso la formazione di grandi agglomerati abitativi ad alta
molto lontani tra di loro. Esiste la comunità nazionale densità, hanno caratterizzano il modo di vivere i centri
e internazionale, la comunità europea della difesa e la urbani. La qualità della vita nelle nostre città è inoltre
comunità politica europea, la comunità dell’economia, un tema fortemente attuale che anima la discussione
la comunità militare e così via. Queste hanno in comune collettiva, perciò diviene lecito domandarsi: quali sono le
il solo fatto di assolvere, a seconda dei contesti, una caratteristiche fondamentali utili alla creazione di luoghi
funzione, spesso subordinata da interessi legittimi interni sostenibili?
che vanno a discapito di altre comunità. Non vi è in alcun
modo il valore della cooperazione umana, per esempio, ( 11 ) Olivetti Adriano, Il mondo che na-
sce, Edizioni di Comunità, Roma (2013),
( 12 ) Raymond Lorenzo, La città so-
stenibile. Partecipazione, luogo, comuni-
fondante nel significato reale di comunità. Il grande, il pagg. 55-57 tà, Elèuthera (1998), pag. 55

38 39
SOCIET Y dicotomia tra sostenibilità e sviluppo

Per Marc Augè, antropologo ed etnologo francese,


“il luogo è definito da tre caratteristiche principali:
• è identitario, cioè tale da contrassegnare l’identità
di chi ci abita;
• è relazionale, ossia individua i rapporti reciproci tra
i soggetti in funzione di una loro comune appartenenza;
• è storico, cioè ricorda all’individuo le proprie radici.
Quindi uno spazio che non può definirsi come identitario,
relazionale e storico viene definito nonluogo ( 13 ); […] sono
dei nonluoghi nella misura in cui la loro vocazione princi-
pale non è territoriale, non è di creare identità individuali,
relazioni simboliche e patrimoni comuni, ma piuttosto di
facilitare la circolazione (e quindi il consumo) in un mondo
di dimensioni planetarie”. ( 14 )
Nell’incapacità di poter agire concretamente e
lasciare un segno sul proprio territorio e nell’assenza
di riferimenti culturali utili a far uscire gli individui dalle
forme di isolamento, vengono a delinearsi così due
urgenze: 1) rinnovare il legame relazionale tra i singoli
individui, per contribuire a ricostruire il senso di apparte-
nenza alla comunità; 2) rinnovare il legame tra le persone
e gli spazi urbani.
«Le nostre capacità individuali sono limitate, ma le
scelte quotidiane sono legate a una catena di com-
portamenti, di scelte e di meccanismi economici
che vanno molto lontano». ( 15 )
Fekner John, The remains of industry, Con questo Ezio Manzini, ingegnere e teorico del design
graffito su fabbrica in demolizione, Brooklyn.
nell’ambito della sostenibilità, afferma che uno degli
aspetti centrali nelle trasformazioni sociali è il cambia-
mento dei comportamenti individuali. Questo semplice

( 13 ) Funari Alessandra, I “non-luoghi” nità, Elèuthera, Milano, 1993.


come spazi della surmodernità, http:// ( 15 ) Manzini Ezio, Un’onda di innova-
www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_ zione sociale, intervista in “Coltivare la cit-
articolo=9436. tà”, a cura di Andrea Calori, Terredimezzo
( 14 ) Augè Marc, I nonluoghi: introdu- Editore, Milano, 2009, pag. 139.
zione ad un’antropologia sulla surmoder-

40 41
SOCIET Y dicotomia tra sostenibilità e sviluppo

principio è forse il passo iniziale per parlare poi di nuovi


modelli sociali. Così le persone che sentono proprio un
problema si muovono per risolverlo, e naturalmente lo
fanno in maniera collaborativa. Nascono così esperienze
piccole ma significative sul territorio che divengono
esempi di innovazione sociale. ( 16 )
Queste iniziative magari non risolvono ogni pro-
blema della vita di una città, ma rappresentano esempi
di nuove strategie applicate che tentano di uscire dalle
strutture rigide del modello economico dominante. Esse,
inoltre, riescono a generare servizi locali, a rafforzare il
tessuto di relazioni maturando senso di appartenenza a
quella comunità e a trasformare fisicamente il territorio.
Sempre Manzini dichiara che per aumentare la
qualità di ciò che si produce bisogna aumentare la
qualità delle interazioni tra gli individui e sviluppare una
estetica delle interazioni. ( 17 ) Per stimolare questo, pos-
sono essere create delle condizioni di contorno favorevoli
sul piano culturale, attività volte a promuovere nuovi
criteri di qualità e a creare nuovi spazi di produzione
alternativa. Il momento di transizione culturale ed eco-
nomica che stiamo vivendo può rappresentare una forte
spinta nell’ambito dell’innovazione sociale, all’interno del
quale i progettisti (in senso ampio) possono giocare un
ruolo determinante.
thinkpublic, You Can Kingston, Cambrige
road estates, 2009.

( 16 ) Ad esempio le filiere corte create (soprattutto alimentari), di maggiore qua-


dai Gruppi di acquisto solidale, organizzati lità e nel rispetto dell’ambiente.
spontaneamente dai cittadini, che rendono ( 17 ) Manzini Ezio, Un’onda di innova-
possibile la distribuzione di prodotti locali zione sociale, cit.

42 43
SOCIET Y social innovation e modelli applicati

Ⅲ social innovation e modelli Soprattutto recentemente, parlando di innovazione, non


applicati si può non entrare nel merito anche dell’Innovazione
Sociale. Riporto qui la definizione di Roberto Verganti
che Ezio Manzini ha citato nel suo libro Design, when
everybody designs:
«Definiamo le innovazioni sociali le nuove idee (pro-
dotti, servizi, modelli) che vanno incontro ai bisogni
sociali e simultaneamente creano nuove relazioni e
collaborazioni. In altre parole, sono innovazioni se
volgono sia al bene della società che all’accresci-
mento della sua capacità di azione». ( 18 )
Sulla base di questa definizione Manzini afferma, di con-
seguenza, che l’innovazione sociale è sempre esistita.
È una caratteristica intrinseca all’attività umana, che per
qualche ragione avevamo dimenticato e che attualmente è
tornata a diffondersi e ad assumere caratteristiche senza
precedenti; questo va chiaramente di pari passo con la
presente crisi economica, che ha portato le persone a
ridefinire in termini socioeconomici i propri modelli di vita.
L’innovazione sociale (IS) è un termine complesso
in via di definizione, ma attualmente rimane un con-
cetto dal significato tutt’altro che univoco. Tra le varie
esperienze e ricerche ritengo importante menzionare un
esempio italiano di raccolta teorica ed empirica sull’IS
che evidenzia bene i punti nodali di questo tema: si tratta
della collana Studi ed esperienze sull’innovazione sociale,
edita da FrancoAngeli in licenza open-source e disponi-
bile sul suo sito web. ( 19 )
«L’innovazione sociale […] può essere definita come
una soluzione a un problema sociale che sia più

( 18 ) Manzini Ezio, Design when every- zione sociale in italia. Secondo rapporto
body designs. An introduction to design sull’innovazione sociale, a cura di Cairoli
for social innovation, MIT Press, Cambri- G. Matteo, collana Studi ed esperienze
ge, 2015, pag. 11. sull’innovazione sociale – CERIIS, Franco-
( 19 ) Modelli ed esperienze di innova- Angeli, Milano, 2015.

44 45
SOCIET Y social innovation e modelli applicati

efficace, efficiente e sostenibile di quelle già messe prodotti o servizi di pubblica utilità, che lo Stato da solo
in atto, e in cui il valore creato vada a vantaggio non è più in grado di erogare”. ( 22 )
della società prima che ai singoli individui». ( 20 ) Il dibattito a riguardo è oggi ancora aperto poiché
Questa definizione, che compare quasi nelle prime se da una parte la Big Society palesi una precisa volontà
pagine del documento, mette in luce nella sua semplicità di promuovere le iniziative dal basso, sia in termini
due aspetti: la creazione di valore da una parte, e di pro- sociali che economici, dall’altra sembra voler spingere
fitto dall’altra (quest’ultimo aspetto verrà approfondito la “negativa percezione” della burocrazia statale verso il
più avanti). dinamismo e l’onestà delle relazioni sociali.
Parlando di valore, la ridistribuzione delle risorse e «Lo Stato ha bisogno che la sfera sociale diventi il
la più efficace ripartizione di queste ultime a beneficio di motore trainante delle aree di interesse pubblico
un più elevato numero di persone possibile, è sicuramente per le quali non vuole più spendere, come gli uffici
una delle principali prerogative dell’IS. Nel 2000 il Primo postali e le scuole. Le configurazioni sociali ven-
Ministro britannico David Cameron lanciò l’idea della Big gono quindi potenziate per assolvere i compiti del
Society secondo la quale, attraverso la redistribuzione del governo, mentre il peso, i costi e i rischi vengono
potere, si dava la possibilità ai liberi cittadini di associarsi trasferiti dal corpo politico collettivo dello Stato al
in organizzazioni civiche per trovare nuove soluzioni a corpo sociale privato della gente»,
esigenze sociali. Il consigliere di Cameron, Phillip Blond ha dichiarato in un’intervista a Krisis lo studio grafico
dichiarò in un intervista: “Lo Stato ora spende soldi per olandese Metahaven. ( 23 ) In questi termini la questione
un sistema che non funziona. […] Io dico che ci sono orga- della partecipazione civica avviene in maniera sbagliata
nizzazioni di volontari, cooperative e istituzioni benefiche e appare uno specchietto per le allodole sotto il quale
che conoscono il territorio meglio del burocrate statale. nascondere pesanti tagli, tasse più alte e privatizzazioni.
[…] Attualmente queste piccole imprese sono escluse dai La partecipazione si manifesta nel momento in cui c’è
grandi contratti governativi”. ( 21 ) una libertà di partecipazione e non una pressione verso
L’intento di questa operazione era quella di aumen- la stessa – continua Metahaven – difatti, ciò che il design
tare l’autonomia locale e cambiare il ruolo dello Stato può fare è cercare di aiutare ad assicurare una pluralità
nell’erogazione dei servizi, coinvolgendo direttamente di possibilità, tipi di enti sociali con differenti scopi.
il cittadino nella gestione degli stessi. Secondo questo “È possibile effettuare realmente una scelta solamente
modello, diminuendo la forza dello Stato si ridurrebbe se si hanno alternative percorribili tra le quali scegliere”.
la monodirezionalità del rapporto erogatore/fruitore, Un altro valore chiave della sostenibilità e dell’in-
favorendo “lo sviluppo di forme di collaborazione e parte- novazione sociale è la condivisione. Nel 2008 John
cipazione attiva dei cittadini nella progettazione di nuovi Thackara – autore del libro In the Bubble, Design per
un futuro sostenibile – sosteneva che nell’economia del
( 20 ) Modelli ed esperienze di innova- www.corriere.it/esteri/10_settembre_06/
zione sociale…, cit., pag. 11. sargentini-big-society-valido-per-italia_
( 21 ) Monica Ricci Sargentini, La Big d194d250-b995-11df-90df-00144f02aa- ( 22 ) Modelli ed esperienze di innova- ( 23 ) Metahaven, Visualize corporate
Society, un’idea valida anche in Italia, http:// be.shtml zione sociale…, cit., pag. 24. collapse, Krisis Unità di Crisi, 2010, n. 1.

46 47
SOCIET Y social innovation e modelli applicati

futuro condivideremo tutte le risorse, dall’energia alle


materie prime, dal tempo alle capacità individuali.
«Il principio dell’usare senza possedere può essere
applicato a ogni tipo di manufatto: edifici, strade,
veicoli, uffici e soprattutto persone. In pratica nes-
sun oggetto pesante e fisso deve per forza apparte-
nerci: è sufficiente sapere come e dove trovarlo».( 24 )
Da questa base possiamo facilmente riconoscere i tratti
distintivi della Sharing economy (o economia della condi-
visione), anch’essa al centro delle attuali discussioni sul
panorama economico-culturale moderno. Anche qui ci
troviamo di fronte ad una quantità vastissima di opinioni,
ricerche e articoli, tale da rendere necessaria in questo
contesto una visione d’insieme del tema, così da mettere
in evidenza i suoi aspetti principali. La sharing economy
è un modello economico basato su un insieme di pratiche
di scambio e condivisione di beni materiali, servizi o
Ware Vron, Women Design Service, Women's Metaheaven, Can Jokes bring down gover- conoscenze. È un sistema dove non occorre “possedere”
safety on housing estates, Londra, 1988. nments. Memes, design and politics, 2014. bene o servizi, li si usa solo quando se ne ha bisogno,
pagando in proporzione.
Il punto di vista di Michel Bauwens, teorico dell'e-
conomia politica della produzione peer-to-peer, è inte-
ressante perché sintetizza le differenze tra i due concetti
di economia: mentre la sharing economy è un'economia
generativa e di scopo, ovvero che genera valore per i beni
comuni utilizzando la logica della condivisione, al fine di
sfruttarne meglio le risorse, l’economia classica è invece
La Women's Design Service (WDS) è una coope- estrattiva e di scala, perché appunto estrae le risorse,
rativa di lavoratori istituita a Londra nel 1984 de-
dita al miglioramento degli ambienti vissuti dalle distruggendo i beni comuni, figlia di un contesto storico
donne, spesso ritenuti inadatti contesti di lavoro dove le risorse abbondavano. Oggi però il progresso
e di vita. I suoi membri facevano inizialmente
parte del Support Community Building Design
(un centro comunitario di assistenza tecnica), in ( 24 ) Lucca Andrè, Design e rilocalizza-
cui hanno individuato la necessità di una orga- zione. Strumenti progettuali per l’inno-
nizzazione che promuovesse gli interessi delle vazione sostenibile nei paesi emergenti,
donne. L'organizzazione è diventata una risorsa Metahaven riflette questioni politiche e sociali Dottorato di ricerca in Scienze del design
e un centro di informazione, oltre a fornire studi attraverso la ricerca e divulgazione di un pen- XXIII ciclo, Università Iuav di Venezia,
di pre-fattibilità per progetti comunitari. siero progettuale "impegnato", a volte distopico. 2011, pag. 21.

48 49
SOCIET Y social innovation e modelli applicati

tecnologico ha permesso che la condivisione delle risorse


e la diffusione di queste pratiche avvenga in maniera più
semplice, abbassando le barriere d’accesso a queste
attività. ( 25 ) Secondo questo presupposto, comunque,
chiunque possegga un qualsiasi tipo di risorsa può con-
dividerla con qualcuno e alla fine, trarne profitto.
In questo scenario compaiono chiaramente anche
situazioni e infrastrutture no profit, come ad esempio i
programmi di scambio locale (di cibo, di conoscenze…)
o i progetti aperti per la comunità globale, dove ci sono
politiche più democratiche basate sull’open-source, che
lasciano libere le informazioni per replicare il prodotto
autonomamente o per migliorarlo diventando parte del
processo. Timerepublik.com

Le possibilità di profitto legate a questo nuovo


modello economico però vanno per la maggiore attual-
mente. Basti pensare a piattaforme come Airbnb, Uber o
TaskRabbit ( 26 ) che sono diventate realtà molto rilevanti
nell’economia moderna, soprattutto grazie alla portata
globale del loro raggio d’azione. Il problema è che diviene
difficile parlare di economia della condivisione se i profitti
generati dalla partecipazione e la collaborazione degli
utenti, che offrono oltretutto il loro tempo e le loro risorse,
vengono poi centralizzati alle aziende tecnologiche del
nuovo millennio. Senza entrare entrare troppo nel merito
delle varie piattaforme, appare effettivamente ingiusto Taskrabbit.com

( 25 ) Bonini Tiziano, Michel Bauwens. Le 4 due società valgono 24 e 50 miliardi di dol-


dimensioni della sharing economy, http:// lari. Taskrabbit, invece, è un mercato online
www.doppiozero.com/materiali/chefare/ che permette agli utenti di richiedere picco-
michel-bauwens-le-4-dimensioni-del- li lavori e compiti tra i propri vicini di quar-
la-sharing-economy tiere. L’utente definisce il tipo di mansione
( 26 ) Airbnb e Uber sono tra le piattafor- e quanto è disposto a pagare, rivolgendosi
me mobili più conosciute per l’affitto di al- a una rete pre-approvata di persone che po-
loggi e di auto. Entrambe hanno un’app, un trebbero completare il lavoro. Fondato nel Timerepublik è la prima banca del tempo
sistema di prenotazione e pagamento onli- 2008 da Lia Busque, la piattaforma ha ot- online; la moneta di scambio è quindi il
ne e sono nate nel 2009. Negli ultimi due tenuto negli anni una serie di finanziamenti tempo, per tutte le mansioni messe a di-
anni sono in forte ascesa e attualmente le pari a più di 60 milioni di dollari. sposizione dagli utenti.

50 51
SOCIET Y social innovation e modelli applicati

che i conducenti di Uber, ad esempio, possano ricevere dai suoi membri. Infatti una proprietà cooperativa mette
anche meno di 1,21 $ al miglio (escludendo le spese di insieme risorse che individualmente non sarebbero in
gestione dell’auto a carico dell’utente) mentre ad oggi la grado di fruttare, e al tempo stesso distribuisce volonta-
società di Uber ha un valore di oltre 40 miliardi di dollari. riamente la ricchezza tra i lavoratori e i produttori mem-
In questo caso forse, ci troviamo nuovamente di fronte bri. Sta di fatto che esiste un terreno fertile sul quale si
ad un’economia estrattiva, solo che sono cambiate le sta lavorando e si può continuare a lavorare, per costru-
fonti di ricchezza. ( 27 ) ire nel tempo comunità innovative fatte di pratica e
Poi però un recente studio (della Pwc Us Consu- buona amministrazione. Non è facile ma sembra ci siano
mer Intelligence) definisce la sharing economy come un adesso gli strumenti e le capacità critiche per farlo.
ecosistema emergente che monetizza le capacità pro- Un’altra leva appartenente ai modelli di innova-
duttive sottoutilizzate, privilegiando il prestito, l'affitto, zione sociale applicati è quella che riguarda l’imprendito-
lo spezzettamento di micro-competenze, ( 28 ) e allora rialità civica o meglio definita Civic economy.
viene da chiedersi: quando è ancora possibile parlare di Joost Beunderman – co-autore del libro Compendium
economia della condivisione? È una complicazione del for a Civic Economy e fondatore di The Hub Launchpad,
linguaggio utilizzato? È un’urgente necessità di nuovi movimento per l’innovazione dei servizi pubblici locali –
termini, più adeguati nel definire le numerose esperienze sostiene che:
che anno dopo anno, mese dopo mese, emergono nei «la Civic economy non è un settore, ma un tipo di
mercati più diversi? È più probabile quindi che i casi comportamento che attraversa il settore pubblico,
sopra citati appartengano a modelli economici tradizio- privato e il terzo settore. È il modo di sbloccare
nali che sfruttano i bisogni moderni dei cittadini; mentre le risorse sfruttando quelle strutturali, umane ed
esiste, invece, una grande quantità di altre esperienze economiche che un luogo già possiede».
che fanno fatica ad emergere senza l’aiuto finanziario e Essendo un comportamento e un impegno collettivo,
l’incubazione di investitori “x” e lobbisti. È una bilancia esso richiede la partecipazione di tutti gli attori, poiché
che sta ancora cercando di equilibrare l’impatto sociale sia gli enti pubblici locali, i privati o i cittadini da soli non
delle sue proposte con quello di mercato. possono creare le condizioni per far emergere l’impren-
Stanno inoltre venendo a galla altri termini simili al ditoria civica. Perciò ognuno ha il suo ruolo: il settore
concetto di “sharing”, come “economia collaborativa” o pubblico avrà quello di fornire un nuovo tipo di direzione
“economia cooperativa” (cooperative economy), poiché politica, ( 29 ) basata su una maggiore consapevolezza
ad esempio come modello di organizzazione, la coope- del territorio locale e delle sue risorse, sulla capacità di
rativa è di proprietà ed è democraticamente governata riconoscere le opportunità e le potenzialità dei luoghi

( 29 ) In Compendium for a Civic potere a seconda della sua posizione ge-


( 27 ) Van Slyke Brian e Morgan David, nomy, il nuovo capitalismo senza la pro- Economy, il ruolo dell'amministrazione rarchica. La servant leadership orienta le
The "Sharing Economy" Is the Problem, prietà, http://www.repubblica.it/econo- pubblica è definito dal termine Servant persone alla collaborazione, alla fiducia,
http://www.geo.coop/story/sharing-eco- mia/affari-e-finanza/2015/06/29/news/ Leadership: il leader è qui inteso prima alla previsione, all’ascolto, all’uso etico del
nomy-problem sharing_economy_il_nuovo_capitalismo_ come "servitore" e responsabile degli altri potere ed all’empowerment.
( 28 ) Rampini Federico, Sharing eco- senza_la_propriet-117978430/ e poi una figura che può esercitare il suo

52 53
SOCIET Y social innovation e modelli applicati

e delle persone, e infine sulla delegazione del potere


decisionale verso il basso a organizzazioni e gruppi di
intervento attivo; il ruolo del settore privato, invece, sarà
quello di incorporare programmi di valore sociale e cul-
turale all’interno delle proprie attività, poiché alcune di
esse già si rendono conto dei vantaggi di andare oltre la
mera responsabilità sociale delle imprese; infine il terzo
settore, con organizzazioni gestite dai cittadini attraverso
la collaborazione e nella diversità delle loro proposte,
rappresenteranno il fulcro dell’imprenditorialità civica.
Sembrerebbe una visione futuristica se non ci fossero già
iniziative sul campo che attestano il successo di alcune
formule attuate in Gran Bretagna e nel resto del mondo.
Si tratta di un cambiamento lento che non si costruisce
attraverso la pianificazione strategica ma attraverso
pratiche aperte, flessibili e iterative.
«Per costruire con successo la Civic economy dob-
biamo costruire ponti tra il macro e il micro». ( 30 )
Questa è una delle sfide principali dell’economia civica.
Le nuove figure sociali sembra stiano aprendo percorsi di
cambiamento, ma si tratta di problematiche e iniziative The Economic Function Of Public Art, Alma
Street e Corporation Street, Sheffield, 2004
su piccola scala. Le esperienze prodotte devono essere
propedeutiche a creare, imparare, migliorare, competere
e innovare anche su scale più grandi. Come abbiamo
già detto il progresso tecnologico e il momento storico è
favorevole, ma un cambiamento culturale più ampio non
può avvenire se “il micro e il macro non iniziano ad inte-
ragire veramente tra loro”. Dunque lo scenario sull’inno-
vazione sociale è vasto e articolato e tanti sono i fattori in
gioco. Questa prima parte tenta di fornire una visione più
orizzontale possibile dell’argomento, perché pone le basi
per domandarci come il design può intervenire e quale
( 30 ) Conway Anne-marie, Murphy
può essere la portata del suo ruolo nel futuro prossimo. Liam, Compendium for the Civic Eco-
nomy: What Our Cities, Towns and Neigh-
borhoods Can Learn from 25 Trailblazers,
Valiz, 2012, pag. 170.

54 55
2

PRACTICES
practices premessa

PRACTICES, il secondo capitolo del pattern proposto,


ha l’intento di raccontare esperienze artistiche e pro-
gettuali tra le più rappresentative nell’ambito dell’inno-
vazione sociale e culturale. Questa unità mostra una
selezione di sette casi studio che hanno operato, o sono
ancora in corso, in contesti differenti provenienti da tutto
il mondo. Il criterio di selezione dei progetti deriva dai
temi indagati e approfonditi nel precedente capitolo, in
quanto rappresentano una base teorica concreta – ma
anche metodologica – dalla quale partire. Le variabili
prese in considerazione sono: sostenibilità, sviluppo,
innovazione, comunità, partecipazione, condivisione,
inclusione sociale. La selezione è stata articolata anche
in funzione della diversità degli approcci messi in atto, al
fine di ottenere una raccolta più eterogenea possibile.
Con il presente studio si vuole identificare le carat-
teristiche chiave di innovazione derivate dalle pratiche
progettuali, mettendo in evidenza:
• i modi in cui i progettisti interagiscono con l’ambiente
e le persone;
• i modelli, gli strumenti elaborati e provati sul campo;
• le condizioni che determinano la sostenibilità econo-
mica delle iniziative;
• i mezzi usati per la creazione di valore collettivo;
• l’approfondimento dei criteri pratici e il loro impatto
sul territorio.

58 59
enzo mari Autoprogettazione

1 Nel 1974 il celebre designer italiano Autoprogettazione-Revisited, in colla-


Enzo Mari mise a disposizione di tutti borazione con nove artisti e designer
un catalogo per mobili auto-realizzabili internazionali incaricati di rispondere
dal titolo “Proposta per un’autoproget- ai disegni originali dei suoi mobili con
autoprogettazione

tazione”. Il libro, gratuito su richiesta, il proprio set di istruzioni. La mostra


conteneva una serie di istruzioni per ripropone l’autoprogettazione come
costruire 19 tipi di mobili – tra sedie, espressione di un pensiero progettuale
tavoli, letti e armadi – più alcune in- open source e collaborativo, in seguito
formazioni su piani di taglio e disegni alla recente proliferazione delle tecno-
assonometrici. logie digitali.
«Una tecnica elementare perché Nel 2010 l’azienda d’arredamento
ognuno possa porsi di fronte alla pro- Artek chiede a Mari di riprodurre – in
duzione attuale con capacità critica», linea con l’idea originale del progetto
era l’unica premessa al progetto, – Sedia 1, uno dei suoi pezzi più famosi
insieme all’invito di mandare le foto del manuale di Autoprogettazione. I
presso il suo studio di quanti avessero clienti possono acquistare il kit co-
accolto la sfida di costruire i mobili o stituito da tavole pre-tagliate di pino,
generarne delle varianti. A distanza di chiodi e istruzioni di montaggio.
quasi trent’anni (nel 2002) Enzo Mari Nel 2015 Enzo Mari ha dato a Cucula,
ripubblicò il libro perché, nonostante la un’organizzazione umanitaria per il
partecipazione al progetto fu consi- reintegro dei rifugiati,
stente, a suo parere solo pochissimi i diritti per ridisegnare e vendere i suoi
avevano realmente compreso il signi- mobili per la raccolta fondi del proprio
ficato dell’esperimento. Il disappunto programma di sostegno. Il programma
riguardava coloro che avevano inter- educativo mira ad aiutare i rifugiati
pretato il catalogo come un “manuale insegnando loro a progettare e costru-
del fai da te” che aiutava a realizzare ire mobili, offrendo anche istruzione
prodotti i quali, anche se utilizzabili, generale, assistenza linguistica e
erano importanti solo ad uno scopo consulenza legale. In seguito all’e-
educativo. norme afflusso di immigrati in tutta
«Nella mia professione di designer, o Europa l’organizzazione intende offrire
piuttosto come intellettuale che con- posti di lavoro reali per i rifugiati e la
traddice la realtà esistente, io cerco costruzione di una società come un
di “contrabbandare”, dentro le maglie modello di integrazione economica.
delle commissioni e realizzazioni, Nella collezione per Cucula, Enzo Mari
momenti di ricerca e contributi per lo ha incluso una sedia per bambini, dalle
stimolo a uscire dai condizionamenti dimensioni più ridotte, e una panca
Enzo Mari

ideologici, normativi, di comportamen- con sedile sollevabile per ottenere uno


to e gusto. [...] Nel 1974 pensai che spazio di archiviazione.
se le persone si fossero esercitate a
costruire con le proprie mani un tavolo,
per esempio, avrebbero potuto capirne
meglio le ragioni fondanti».
Presso la galleria dell’AA School of
Architecture di Londra, Enzo Mari
realizza nel 2009 una mostra dal titolo

60 61
enzo mari Autoprogettazione

Enzo Mari: ( fig.1 ) Istruzioni per Sedia 1, da: Mari


Dibattito critico-ideologico Enzo, Autoprogettazione?, cit.
( fig.2 ) Dimostrazione di Mari per la rea-
con Elvio Facchinelli
lizzazione di Sedia 1, www.youtube.com/
watch?v=9kMO93qYYbw.
( fig.3 ) Kueng Caputo, Lampada a stelo,
dal workshop Autoprogettazione Revisited,
2009.

( fig.1 )

( fig.2 )

Nella mia intenzione deve essere


esattamente il contrario (in riferimen-
to al DIY americano). [...] L’hobby non
è altro che una degradazione della
cultura, cioè è un fare delle cose a un
livello imitativo, senza conoscere pro-
fondamente quello che si sta facendo,
solo per poter dire: l’ho fatto; solo per
passatempo. All’interno di ogni campo
specifico si sviluppa una ricerca che
può essere vissuta solo sperimentan-
do direttamente. [...] questi oggetti
( fig.3 ) non vogliono però essere alternativi
agli oggetti dell’industria, la loro
Di solito si tende a dare al ruolo della realizzazione vuole essere una sorta di
specificità che non ci è propria una Mi sembra che questi oggetti non sia- esercizio critico della progettazione,
posizione particolare, si dice cioè: no falsi, non sono mistificati. [...] Sono è per questo che quest’esperimento è
questa cosa richiede una tecnologia, realizzati con la stessa tecnica usata stato chiamato di autoprogettazione,
una cultura, un approccio particolare dai carpentieri per i loro tavoli da non di autorealizzazione. [...] nel fare
che mi è precluso. E questo è proprio lavoro, per i loro soppalchi, così come l’oggetto l’utilizzatore si rende conto
un approccio ideologico; [...] ciò che dagli operai scenografi, una tecnica delle ragioni strutturali dell’oggetto
occorre sottolineare è che l’attività semi-spontanea... il fatto però è che stesso, per cui, in seguito, migliora la
di progettazione è un’attività facile questo tavolo sta in piedi, tutti i parti- propria capacità di valutare critica-
e semplice. Sembra o è difficile per colari denunciano la loro funzione. [...] mente gli oggetti proposti dall’indu-
diversi motivi non suoi propri, fra cui il Cioè l’aver semplificato la tecnica alle stria. [...] Si
— primo è che non è quasi mai consen- sue ragioni, ai suoi momenti più sem- tratta di un’attività di ricerca, e la
tratto da: Enzo Mari, Autoprogettazione?, tito lo spazio per la sostanza di un pro- plici, è ciò che rende questo oggetto ricerca può essere fatta solo con la
Corraini edizioni, Milano, 2002, p.40-44. getto, ma solo per la sua apparenza. autonomo. pratica diretta.

62 63
gui bonsiepe design in transizione al socialismo

2 Design in Transizione al Socialismo design del prodotto può servire come


(Design im Übergang zum Soziali- strumento per superare la dipen-
smus, 1971-1973) è stato il primo di denza dalla produzione capitalistica
design in transizione
tre volumi sulla progettazione scritti e divenire uno strumento politico di
da Gui Bonsiepe, designer tedesco liberazione al servizio degli interessi
provieniente dalla scuola di Ulm. del proletariato» sostenne Bonsiepe.
Il libro documenta l'esperienza collet- Il principale obiettivo era quello di
tiva di un gruppo di designer, tra cui ridurre la dipendenza tecnologica del
Bonsiepe stesso, che hanno lavorato Cile sulle importazioni e sottolineare
direttamente per la Unidad Popular, il valore d'uso pratico dei prodotti.
una coalizione di partiti di sinistra Alla fine, la collettivizzazione o "socia-
guidati da Salvador Allende, eletto lizzazione" del processo di progetta-
al socialismo

Presidente del Cile nel 1970. zione avrebbe consentito un design


Bonsiepe ha scritto questo libro razionale e interdisciplinare che è
nel 1973, subito dopo essere stato strettamente orientato ai dettagli,
costretto a lasciare il Cile in seguito alle capacità della sfera produttiva e
al colpo di stato – sostenuto dall'am- alle esigenze della gente.
ministrazione Nixon – che portò al
potere la giunta militare guidata dal
generale Augusto Pinochet. Dopo la
chiusura politicamente motivata della
Hochschule für Gestaltung di Ulm
(HfG) in Germania, dove Bonsiepe
aveva studiato e insegnato per diversi
anni, egli aveva continuato a dirigere
il Dipartimento di Industrial Design
della Metropolitan University of Tech-
nology a Santiago del Cile.
Nel quadro sperimentale di questo
giovane Stato socialista, lui e i suoi
colleghi (tutti stranieri provenienti
anche da Ulm) hanno esplorato le
potenzialità di una pratica proget-
tuale socialista che avrebbe ribaltato
Gui Bonsiepe

direttamente il concetto capitalista


di design: ovvero prodotti di stile con
la massima redditività e distribuzione
sul mercato. Hanno cercato, attra-
verso la progettazione, di trasfe-
rire il programma socio-politico di
emancipazione della Unidad Popular
direttamente nel processo tecnico,
un approccio che ha visto una nuova
legittimazione del design. «Nel con-
testo di un processo rivoluzionario, il

64 65
gui bonsiepe design in transizione al socialismo

Jesko Fezer:
Intervista con Gui Bonsiepe
sulle politiche del design

pag. 45-46
J.F. Per lei la democrazia non è
solo fornire il diritto di voto per queste
politiche dominanti, ma un processo
che può ridurre il dominio stesso. In
questo contesto, rifiuti l'idea che la
democrazia dovrebbe essere una ri-
chiesta normativa per il design. Come
mai? Sarebbe davvero sufficiente
'promuovere una coscienza critica',
come la chiami tu, nel quadro di un
( fig.4 )
potente regime di ingiustizia socia-
le, spingendo in avanti la dinamica fraintesa. La mia preoccupazione sciamente) si tocca la dimensione
capitalistica della mercificazione dei indica un rischio: coloro che presumo- spaziale / urbana. Questi tipi di spazi
rapporti sociali a così tanti livelli? In no di venire con pretese normative si per l'auto-determinazione potrebbero
tale contesto fortemente normati- espongono al pericolo di cadere nel essere fondamentali per una città più
vo, una proposta contro-normativa ruolo di Grande Inquisitore - qualcosa sociale. Come possiamo permettere
probabilmente potrebbe essere molto di cui certamente non abbiamo biso- alle persone di creare questi spazi at-
utile. gno in questo momento. Piuttosto, traverso il design? D'altra parte, la tua
dovrebbe svolgersi normatività dal definizione di democrazia è destinata
G.B. Considero la creazione di una confronto tra il concetto e la realtà. a un progetto. Questa 'prospettiva ( fig.5 )
coscienza critica come un passo indi- Ernst Bloch usa il termine 'latente', il di proiettabilità' si trova al centro
spensabile verso una pratica di pro- possibile, l'ancora incapsulato, che delle discipline progettuali. Questo renze legittime e gli interessi contra-
gettazione critica. Quello che dovreb- deve essere aperto e sviluppato, e implica che il design ha una parti- stanti. Lei mi chiede come gli abitanti
be essere considerato, però, è come che può servire come origine prede- colare responsabilità e il potenziale delle città potrebbero riuscire a creare
il passaggio da una critica discorsiva finita per la normatività. Così attiro per consentire la democrazia, ovvero questi spazi e la risposta è sempli-
di una pratica progettuale critica sia sul concetto enfatico di democrazia, una città democratica? E quindi che ce: attraverso un impegno politico,
definito da contingenze, che i puristi una riduzione di eteronomia (dominio) anche la democrazia è qualcosa da superando l'isolamento e rifiutando la
contestano. Per modificare le condi- in uno di questi campi: economia, progettare? convinzione che si può ottenere una
zioni di ingiustizia sociale, uno può politica, istruzione, ricerca, mezzi di forma di convivenza urbana indivi-
sicuramente porsi con affermazioni comunicazione, pratica quotidiana, la G.B. Io uso la parola 'spazio' - in duale socialmente tollerabile, ovvero
radicali - quelle talmente radicali che cultura e così via. collegamento con 'autodeterminazio- non violenta, o anche tramite il tanto
lasciano tutto com'era. Credo poco ne' - senza limitarla al suo significato celebre mercato.
nella retorica radicale e nei gesti pag. 46-48 legato all’architettura e l'urbanistica. Dovrebbe essere chiaro che questo
rivoluzionari. Lei parla del mio rifiuto J.F. Ciò che soprattutto mi inte- Ma sono d'accordo con te riguardo la non significa affermare la gentrifica-
di una richiesta normativa genera- ressa è la tua tesi riguardo la demo- città sociale – qui, il termine 'convi- zione dei quartieri urbani. Si dovrebbe
le, di come i progettisti dovrebbero crazia che dovrebbe permettere alle viale' coniato da Ivan Illich è centrale inoltre diffidare da una democrazia
comportarsi di fronte ad una società persone di aprire uno spazio per un – nel senso che una città conviviale è gestita da criteri di business e di
turbata dalle contraddizioni. Questa progetto ‘di proprio conto'. Utilizzan- caratterizzata da spazi di auto-deter- marketing politico, che hanno preso il
formulazione può essere facilmente do la parola spazio, (forse incon- minazione, che mediano tra le diffe- posto della politica, viziandola. Sono

66 67
gui bonsiepe design in transizione al socialismo

scienza - può essere uno strumento al socialmente possibile e ciò che è desi-
servizio degli interessi egemonici, ma derabile per l'ambiente. Osservando i
non dovrebbe essere così. Si potrebbe festival di design, per esempio, non si
sovrastimare la pratica di progetta- può sfuggire all'impressione che, per
zione ipotizzando che, nell'attività i progettisti partecipanti, sembrano
progettuale di architetti, designer esistere solo due tipi di prodotti: sedie
del prodotto e grafici, la riduzione e lampade, che sono alle volte inte-
del potenziale conflitto sociale può grate da accessori di moda quando
essere promossa direttamente. Per necessario. Negli eventi gonfiati dai
identificare e spiegare le contraddi- media, il criterio di divertirsi sembra
zioni, potrebbe prima di tutto avvenire avere la massima priorità, e l'inno-
all'interno discorso critico, attraverso vazione è limitata invece all'innova-
il linguaggio. Da questo punto di par- zione dell'effimero. Non sembrano
tenza, si potrebbe decidere se e come emergere domande di senso, come a
questa critica discorsiva può essere non voler turbare la festosità del bel
implementata nel design - in una mondo del design.
dimensione non discorsiva. Questo
avviene in un processo di intermedia- —
zione. Uno slogan di street art su una tratto da: Gui Bonsiepe, Civic City Cahier
facciata di un edificio ha denunciato: 2, Design and democracy, a cura di Jesko
Fezer & Matthias Görlich, Bedford Press,
( fig.6 ) 'Il lusso è osceno.' Progettare o no
Londra, 2013.
oggetti e ville di lusso può dipen-
anche lontano dal sopravvalutare dominazione, e quindi produce queste dere da una scelta personale. Sono
il potenziale democratico concreto contraddizioni? Invece di cercare contrario all'armonizzazione della
delle varie discipline, in particolare di risolverle, non dovremmo invece contraddizione che oscura il discorso
nel contesto del paradossale concetto renderle esplicite, aprirle alla nego- del design e fa finta che viviamo nel
di Sheldon Wolin del 'totalitarismo ziazione sociale, oppure prenderle migliore di tutti i (divertenti) mondi,
invertito'. Ma io credo che la demo- come punti chiave per una riformula- e la sussunzione (sudditanza) della
crazia comprende essenzialmente zione, una modifica della situazione di progettazione sotto il marketing. Un
una dimensione progettuale, anche se partenza? Come potrebbe essere un collega da São Paulo ha recentemen-
purtroppo il contrario non è sempre design orientato al conflitto? te criticato l'iniziativa delle Design Ci-
il caso. Non tutti i progetti includono ties - lanciandola sotto l'egida (scudo)
una componente democratica. Stru- G.B. La pratica progettuale è ine- dell'UNESCO: "Si tratta di mettere
menti di tortura - come la tortura in sé vitabilmente esposta a contraddizio- in discussione l'appropriazione dei
- sono disumani e antidemocratici, in ni - per esempio, tra l'inquinamento termini e dei fenomeni di interesse
quanto volti alla sudditanza assoluta, ambientale e il soddisfacimento dei pubblico e la proprietà pubblica dei
che è la controparte del design. bisogni. Anche se molto ben inten- piccoli gruppi di interesse privato,
zionata, la progettazione sostenibile che pretendono di parlare in nome
pag. 51-53 sembra possa cadere a breve, se si della progettazione, delle città e ( fig.4 ) Lo schema mostra la quantità di
J.F. Infine credo che il suo rifiuto di limita solo al consumo di risorse e al della cultura, sotto il mandato di una due tipi di frigoriferi che possono essere
un discorso armonizzante e il modo in discorso sulla natura, ignorando la legittimazione sanzionata attraverso prodotti con la stessa quantità di lastre di
cui insiste sulle contraddizioni, siano questione della sostenibilità sociale. il potere economico". acciaio, per limitare il consumo delle risorse.
( fig.5 ) Stoviglie di porcellana impilabili per
fondamentali per la progettazione. Non pretendo che il design sia sempre La contraddizione più forte a cui
ridurre lo spazio di archiviazione.
Ma come possiamo fare con queste uno strumento di dominio. Se usato l'attività di progettazione è esposta ( fig.6 ) Vengono progettate macchine agri-
contraddizioni se il design è in qual- come tale dipende da interessi politi- probabilmente sta nella distanza tra cole più efficaci per superare le difficoltà di
che modo sempre uno strumento di co-economici. Il design - così come la ciò che è tecnicamente fattibile e approvigionamento del paese.

68 69
lupo&burtscher lungomare

3 Lungomare è uno spazio per la cultura e


il progetto, fondato a Bolzano nel 2003
dai designer Daniele Lupo e Angelika
Burtscher, volto alla ricerca di possibili
terreni di incontro tra design, architet-
tura, urbanistica, arte e teoria, affron-
tandole con uno sguardo critico. Queste
discipline hanno la responsabilità di
stimolarci a riflettere sulla realtà che ci
circonda e di mettere in discussione le
conoscenze che, a volte, troppo in fretta,
accettiamo come verità acquisite.
È possibile fare questo all’interno di
una riflessione collettiva e processuale,
lungomare

invece che attraverso formati chiusi. In


questo senso la condivisione, forma la
modalità d'interazione alla base di ogni
progetto di Lungomare.
È una metodologia caratterizzata da un
continuo sguardo che si muove alterna-
tivamente dall'interno verso l’esterno,
che fornisce la possibilità di mettere in
discussione le domande e i temi che ar-
rivano dalla pratica di curatori e designer.
Nel 2014 Lungomare inizia una nuova
fase del suo percorso di ricerca e speri-
mentazione: a dieci anni dalla fondazione
la direzione artistica si allarga e vede ora
coinvolti, oltre ai fondatori Angelika Bur-
tscher e Daniele Lupo, Roberto Gigliotti,
Lisa Mazza e Paolo Plotegher. Con la
Lupo&Burtscher

nuova direzione l’attività di Lungomare


cambia rotta e si concentra su un pro-
gramma di residenze e collaborazioni in-
terdisciplinari di lunga durata con l’inten-
to di intensificare gli scambi tra pratiche
sperimentali e il contesto altoatesino con
le sue specificità. La residenza in corso
oggi ha il tema dell’Ospitalità Radicale,
che ha come protagonista l’artista turco
Can Altay per il periodo 2014-2016. Nel
suo progetto per Bolzano Altay si sta oc-
cupando del Virgolo, una delle montagne
che sorgono nelle immediate vicinanze
della città.

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lupo&burtscher lungomare

Daniele Lupo: l’Ospitalità radicale. La persona che è


Comunità e residenza in “residenza” deve garantire una pre-
senza sul territorio di almeno un mese
e mezzo circa, nell’arco di un anno;
dopo questo periodo l’artista ha la pos-
sibilità di organizzare un programma
Nel 2003 io e Angelika abbiamo aperto di lavoro scegliendo le modalità che
uno spazio qui a Bolzano per poterci ritiene più opportune, purché riesca a
relazionare con altre discipline, con coinvolgere altre persone, sia appar-
altre persone, per la costruzione di tenenti al territorio che provenienti da
progetti sempre più legati al territorio. fuori. Gli aspetti principali della resi-
All’inizio era uno spazio concentrato denza sono appunto due: uno è che si
sul design del prodotto, poi però, già tratta di una residenza “curata”, quindi
dalla seconda mostra, i temi si sono dove l’artista è anche il curatore delle
molto ampliati, scaturiti da riflessioni operazioni che compie, e il secondo è
sul territorio e sulla realtà locale ma legato alla produzione di osservazioni
anche riguardanti altri territori. Nelle sul territorio che permettano successi-
prime edizioni Lungomare aveva più vamente di attivare nuovi temi e nuove
una componente di intrattenimento, possibilità di progetto.
mentre adesso quella che predomina
è sul progetto. I temi che affrontiamo La creazione di una comunità, di rela-
sono molto diversi, dallo sviluppo ur- zioni tra le persone è per noi essenzia-
bano della città alla comunicazione di le. Adesso abbiamo come residente
contenuti attraverso diversi “formati”. Can Altay, con il quale abbiamo comin- ( fig.7 )
ciato a fare subito delle “passeggiate”
Una cosa molto importante sono le nella città e organizzato degli incontri
collaborazioni. Curiamo per la maggior con persone che potevano raccontare
parte noi i progetti, però cerchiamo determinati aspetti di Bolzano. In que-
sempre delle collaborazioni con perso- sto modo si crea subito una relazione
ne esterne o che non sono direttamen- con le persone del territorio, che diven-
te coinvolte in Lungomare. Nel tempo gono anche veicoli di conoscenza non
poi si è creato un gruppo di lavoro, che istituzionali, ma molto diffusi e puntua-
ha seguito gli ultimi anni di Lungomare li. È la nostra idea sulla costruzione di
a livello di input e scambio, finche dopo rapporti tra persone, tra comunità.
10 anni abbiamo deciso di allargare la Anche durante Osservatorio Urbano,
gestione di Lungomare ad un gruppo che è un progetto a lungo termine di
più ampio, quindi dal 2014 siamo non Lungomare sull’osservazione del- ( fig.8 )
più in 2 ma in 5. Questo passaggio la città, abbiamo fatto una serie di
è importante perché appunto da un “passeggiate” che non erano visite
formato molto aperto e diversificato, guidate nei luoghi d’interesse ma
abbiamo voluto definire invece un camminate nelle zone industriali. Da lì
formato più chiaro, che è quello della sono nati dei percorsi alternativi e delle
Residenza, rivolto ad artisti, designer, mappe che il Comune offre. Proporre
curatori, architetti. progetti nel proprio territorio quindi,
Si tratta di residenze tematiche, infatti genera un “humus” dal quale possono
il 2015 e 2016 avranno come tema nascere tante cose nuove. Ricordo che ( fig.9 )

72 73
lupo&burtscher lungomare

( fig.10 ) ( fig.11 ) ( fig.12 )

nel 2003, Bolzano era una città che zione rendendo il territorio più attivo, potenzialità inespresse possono diven- e selezionato, nel senso che sceglie i
stava vivendo un grosso cambiamento, questo anche all’indotto dell’università tare anche occasioni di sperimenta- progetti ai quali è interessato e da un
perché aveva un centro completa- che ha prodotto una serie di professio- zione, di approfondimento e anche di altro punto di vista, un pubblico attivo
mente vuoto e non vissuto e i luoghi di nisti che adesso sono attivi a Bolzano nuove prospettive lavorative. che ha voglia di partecipare ai proget-
aggregazione erano molto pochi. Que- e la rendono molto più vivace. ti. Questo cambiamento della tipologia
sto “strano progetto”, tra l’altro di due L’attivazione di progetti culturali Dal punto di vista del pubblico all’inizio di pubblico, più selettivo rispetto ai
persone che non erano del territorio, in locali è sicuramente uno strumento le attività cercavano moltissimo di nostri progetti, è anche perché ci inte-
una regione che comunque non è sem- importante per rilanciare il territorio, venire incontro alla platea più vasta ressa molto di più andare in profondità
pre stata così aperta e ospitale, si lega perché la cultura permette di leggere, possibile. Per questa ragione la parte nelle cose, negli argomenti.
quindi anche ad un periodo particolare rivedere, ripensare, rimettere in gioco di comunicazione del progetto era La sostenibilità di questa scelta risie-
rispetto alla città. Così abbiamo rispo- le conoscenze acquisite, di conoscere quella a cui dedicavamo moltissimo de nel tentare, da un lato, di coinvolge-
sto ad una necessità che di fatto era meglio il territorio in cui vivi, vederlo tempo. Poi negli anni invece abbiamo re il pubblico non solo come visitatore
latente e che ha trovato in Lungomare da prospettive completamente diver- cercato sempre di più di concentrarci ma come generatore di contenuto e
una sua dimensione. se. Questo significa vedere con nuovi sull’attività e sui contenuti di Lungo- dall’altro, dalle collaborazioni che cer-
occhi non solo il territorio ma anche le mare, piuttosto che sulla presenza del chiamo di costruire in ogni progetto,
Lungomare è diventato un luogo di possibilità, le latenze che ci sono e dal- pubblico. E quindi se all’inizio avevamo grazie alle quali possiamo affrontare
riferimento per persone che arriva- le quali si potrebbe partire, soprattutto dei numeri consistenti, legati anche un tema attraverso le competenze di
no e vanno via da questo territorio, in un luogo come Bolzano dove con- alla mancanza di questa città ad avere esperti in diversi ambiti (sociologici,
artisti, designer, architetti eccetera, vivono due culture diverse, e con una un luogo di incontro, dove poter sem- antropologici, politici, progettisti).
che vedono in Lungomare un posto storia locale che ha vissuto momenti plicemente stare e passare una serata, Questa operazione ti permette di
dove “sentirsi a casa”. Lungomare è di grande tensione culturale. Rileggere siamo riusciti poi sempre di più a farlo creare interesse su qualcosa che è
diventato un punto fermo per le culture i luoghi in una prospettiva diversa e diventare un luogo di produzione di realmente percepito e quindi è sentito
sublocali. Proponendo infatti diversi affrontare temi scomodi, è un segno di progetti e di cultura. Ovviamente una molto vicino dal pubblico.
interventi nella città, abbiamo mobi- grande maturità della popolazione che porzione di pubblico l’abbiamo persa, Con il cambio che ha avuto Lungomare
litato anche aspetti sulla comunica- vi ci abita e di apertura. Inoltre queste ma ha generato un pubblico selettivo abbiamo voluto modificare non solo

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lupo&burtscher lungomare

la struttura ma anche il suo funziona- stanziati annualmente per il progetto, ( fig.7 ) Can Altay, Campagna di manifesti,
mento, perché fino al 2010 - compreso grazie ad una maggiore organizzazio- Studio Virgolo Second Fragments, 2015.
il decennale (Lungomare Gasthaus) ne interna delle attività, dove il nostro ( fig.8 ) Can Altay, “Such Claims on Terri-
tory" Studio Virgolo First Fragment, 2015.
che è stato un progetto molto grande - contributo può essere quello di curato-
( fig.9 ) Can Altay, Presentazione pubblica
il tempo che abbiamo investito nel pro- ri e di facilitatori. sulle linee guida, 2014.
getto era tantissimo. Per quattro mesi Un tema interessante da approfondire ( fig.10 ) Azioni simboliche per il nostro
due persone, che avevano un’attività sarebbe di calare le pratiche di Lungo- presente, 2011.
parallela, lavoravano per Lungomare, mare in altri contesti. Attualmente ab- ( fig.11 ) Storie di cose, 2007.
quindi per tutto quel tempo eravamo biamo una bella rete di collaborazioni ( fig.12 ) Osservatorio Urbano #3, 2010.
( figg.13 ) Lungomare Gasthaus, dieci anni
quasi assenti dallo studio per porta- fatta di progettisti (e qualche istituzio-
di Lungomare, 2013.
re avanti le attività. Quattro mesi a ne) provenienti soprattutto dal bacino ( fig.14 ) Sogno Città Noi, Osservatorio
titolo volontario è sostenibile fino ad europeo, ma al momento cerchiamo Urbano #2, 2008.
un certo punto infatti poi il progetto di consolidare il lavoro di Lungomare
deve cambiare e anche la struttura nel territorio di Bolzano. Comunque
deve essere in grado, pian piano, di abbiamo già lavorato in altri territori,
camminare da sola, di emanciparsi da ad esempio nel 2007 abbiamo realiz-
questo spropositata occupazione. L’o- zato una pubblicazione che si chiama
biettivo è quello di defilarci, lavorando “Sogno Città Noi”, un progetto che
all’ottimizzazione dei ruoli per poterci derivava dalle “osservazioni urbane”
concentrare di più anche sulla “rete” svolte precedentemente su Bolzano.
di Lungomare. Il consolidamento sul Così fummo invitati proprio con Osser-
territorio di Lungomare può avvenire vatorio Urbano a lavorare sulla città di
solo, oltre ovviamente ai finanziamenti Firenze, in Austria e in Germania.


Conversazione con Daniele Lupo,
04/02/2015

( figg.13 ) ( fig.14 )

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lupo&burtscher lungomare

1 Approcci e valori 2 Strumenti di innovazione 3 Risultati ottenuti 4 Tag

Creare nuove comunità: La Residenza è un formato Interventi costanti nella città, comunità
intensificare le relazioni con le che coinvolge artisti, designer, mobilitando aspetti sulla piattaforme di produzione
persone del territorio (e non), curatori, architetti. La comunicazione, hanno reso
poichè veicoli di conoscenza persona invitata offre la sua negli anni il territorio più attivo approccio critico
diffusa non istituzionale collaborazione a lavorare e propositivo all’ascolto. riflessione collettiva
sul territorio in cambio di sviluppo urbano
“ospitalità”. Insieme con
Lungomare, si producono osservatorio
Creare spazi di produzione osservazioni sul territorio per Grazie a Osservatorio Urbano design del prodotto
locale e di aggregazione: attivare nuovi temi e nuove sono nati dei percorsi alternativi arte
rispondere alle necessità possibilità di progetto. e delle mappe che il Comune
latenti del territorio, divenendo offre ai visitatori. multidisciplinare
punto di riferimento per le beni comuni
culture sub-locali sfera pubblica
Osservatorio Urbano è diventato aggregazione
uno strumento a lungo termine, Negli anni si è consolidato un
replicabile, sull’osservazione finanziamento da parte della spazio pubblico
della città. Attraverso delle Provincia di Bolzano di circa storia locale
“passeggiate” su luoghi poco 30.000€ in un anno. A seconda condivisione
valorizzati, emergono temi dei progetti vengono coinvolti
che necessitano discussioni e altri interlocutori, come la interazione
attività di intervento mirate. Regione, le fondazioni locali e facilitazione
internazionali, dove raggiungono narrazioni alternative
un massimo di 50.000€ annui.
mostre
partecipazione
comunicazione

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devet bureau disarming design from palestine

4 Disarming Design from Palestine è Cosa significa vivere in territori


un modello (o label, etichetta, come occupati? Com’è l’estetica quando si
la definiscono gli autori) di design relaziona ad un contesto conflittuale?
inclusivo che contiene progetti ideati Disarming design si propone di distri-
e sviluppati da artisti locali e interna- buire e promuovere i beni prodotti in
zionali, designer e studenti. Il proget- mostre itineranti e su uno store on-li-
to include una variegata collezione di ne. Nel suo complesso la collezione
oggetti funzionali che forniscono una sottolinea il potenziale creativo, poeti-
disarming design

narrazione alternativa della Palestina, co e intellettuale di artisti palestinesi,


sfidando la produzione stereotipata designer, imprenditori e artigiani. Il
from palestine

del souvenir, e fornendo uno spazio progetto mira a catalizzare lo sviluppo


auto-sostenibile di creazione per arti- del design alimentandone un dibattito
sti e designer, giovani e non. in Palestina, stimolando l'economia
L'obiettivo generale del progetto è locale, e alla fine portando anche
quello di contribuire alla sostenibilità un programma di progettazione che
culturale e allo sviluppo economico verrà insegnato presso l'Accademia
della Palestina, attraverso la costru- d'Arte Internazionale palestinese.
zione di relazioni lavorative tra artisti, La collezione di prodotti è stata espo-
designer, artigiani, uomini e donne. sta e promossa attraverso mostre su
L'intento è di reinterpretare il patrimo- piattaforme importanti sul territorio
nio culturale attraverso meccanismi palestinese e anche di fama interna-
collaborativi e inclusivi di creazio- zionale. La prima presentazione ha
ne-produzione, fornendo possibilità avuto luogo durante la prima biennale
di mercato a livello nazionale e livello d'arte palestinese, la "Qalandiya Inter-
internazionale. national 2012".
Nelle due settimane, tra il 30 set- Gli oggetti esposti erano rivolti ad un
tembre e il 12 ottobre 2013, diversi pubblico sia locale che internazio-
artisti e designer hanno collaborato, nale, e questo ha avuto una grande
attraverso dei laboratori, con artigiani risonanza all'interno di questo evento.
e imprese a Ramallah, Betlemme e Sono state realizzate esposizioni an-
Hebron. Hanno sviluppato prodotti che presso la triennale internazionale
contemporanei utili, che sono stati di design "Design&Conflict" e il museo
con International Academy of Arts Palestine,

presentati e sviluppati ulteriormente "Grand Hornu Images" in Belgio.


nel contesto di Disarming Design In questo progetto, arte e design sono
Devet Bureau

from Palestine. I partecipanti sono utilizzati come potenti strumenti che


stati impegnati in stimolanti confronti consentono discussioni di rilevante
progettuali con artigiani, piccole im- serietà all'interno di una comunità
prese emergenti e colleghi internazio- come quella palestinese, sulle realtà
nali. Hanno sperimentato e sviluppato politiche, sociali e culturali. Questo
idee collettivamente, alimentato catalizza lo sviluppo del design come
e Sandberg Instituut

discussioni e partecipato a workshop discorso che investe le potenzialità


in diverse botteghe artigiane del ter- creative del popolo. In altre parole:
ritorio. Sono state realizzate presen- come possono le pratiche creati-
tazioni, proiezioni e visite sul campo ve contribuire ad una società più
e alcuni partecipanti hanno anche sostenibile e un'economia incentrata
scritto sulle loro esperienze. sull'uomo?

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devet bureau disarming design from palestine

Moniek Driesse:
We'll cross that bridge
when we reach it

Partecipare al progetto Disarming


Design from Palestine mi ha fatto
riflettere ancora una volta su una
questione importante: il rapporto tra
artigiani e designer. Sembra esserci
una tendenza nella pratica del design
contemporaneo occidentale riguardo
la volontà di "sostenere" gli artigiani, ( figg.15 )
forse motivati da un genuino desiderio
di aiutare o semplicemente alla ricerca Palestina. Concepire l'artigianato dal
di nuove opportunità di mercato. Nei punto di vista del design non risolve il
progetti che ho incontrato preceden- problema, soprattutto quando i me-
temente, i designer si avvicinano agli stieri diventano un surplus legato alla
artigiani per insegnare loro come mi- produzione di oggetti, piuttosto che
gliorare i propri prodotti, per realizzare l'espressione integrante che collega i
nuovi oggetti, più appetibili, vendibili. diversi aspetti della vita. Con questo
Mentre a prima vista questo appare non sto suggerendo che i progettisti
essere uno sviluppo positivo,mi per- non dovrebbero lavorare con gli arti-
metto di dire che la maggior parte di giani; al contrario, sono convinta che
questi casi sono determinati a fallire, a l'incrocio e lo scambio può generare un
causa della mancanza di interrogativi enorme flusso di nuove idee e soluzio-
posti su preconcetti e pregiudizi, e so- ni. Ma in un contesto così sconosciuto
prattutto per la mancanza di auto-cri- per noi come la Palestina, i progettisti
tica come punto di partenza. farebbero bene a riconoscere il patri-
monio storico, le disuguaglianze poli-
Molte collaborazioni non nascono in un tiche ed economiche, sebbene questa
contesto di equità, ma sono segnate può essere una grande sfida.
da strutture ineguali e da relazioni ap-
parentemente "coloniali". Se i proget- Come cittadina della società globale
tisti non si rendono conto che le loro sento il bisogno di stare attenta a
opinioni provengono da una posizione non perdermi in discorsi mediati, un
di "privilegio", alla fine imporranno il po' sfumati, e da designer mi sento
proprio modo di vedere il mondo legit- in dovere di essere critica. Come un
timando le proprie preoccupazioni. outsider in Palestina, essendo una
Se alcuni artigiani stanno lottando per straniera e soprattutto una visitatrice
sopravvivere, invece, è a causa della per la prima volta, mi sono trovata
drammatica situazione del contesto sommersa dalle storie che ho ascol-
( fig.16 )
economico e socio-culturale. E tale tato e le immagini che ho percepito
"rottura drammatica" sembra essere (quelle belle e quelle terribili). Sono
ancor più un eufemismo nel caso della stata costretta a mettere in discussio-

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devet bureau disarming design from palestine

ne la mie credenze, a lasciare la mia più storie da raccontare). Pensando ( figg.15 ) Collaborazioni con i diversi arti- ( figg.19 )
zona confortevole e passare ai confini a come tracciare questi ponti, senza giani e produttori del territorio, 2013.
abuso di feticci, noi come progettisti, ( figg.16, 18 ) Conflict and Design, mostra a
tra le realtà e le discipline, essendo
cura di Kurt Van Belleghem, Genk, 2013-14.
confrontata dalle diverse scale di possiamo trovare le nicchie per
( fig.17 ) Brief e discussione partecipata.
complessità presenti nella struttura arricchire e aprire il discorso, non con ( fig.19 ) Produzioni derivate dal workshop
della vita sociale, politica ed econo- le parole o concetti, ma con esperienze nell'edizione del 2012.
mica. In questo modo, ho assistito ad umane tradotte e visualizzate in imma-
una trasformazione in entrambe le gini e oggetti.
direzioni: da un lato è stato istituita
una collaborazione con gli artigiani, —
dall'altro le dinamiche del progetto tratto da: Disarming Design from Palestine,
hanno prodotto in me domande sulla report workshop, 30 September – 13 Octo-
ber 2013, pag. 7.
mia cultura e sul mio modo di lavorare
(e pensare) da designer; ha permesso
così che lavorassi in diverse realtà e
mentalità simultaneamente.
( fig.17 )
Nel processo di spostamento tra una
scala e un'altra – bevendo molte tazze
di caffè arabo (o arak) durante l'a-
scolto di storie intime e personali, non
essendo in grado di visitare la Città
Vecchia di Hebron a causa delle ten-
sioni in corso, osservando abili mani a ( fig.18 )
lavoro, parlando di arti in aree di con-
flitto con artisti e designer palestinesi
inclusi nel progetto, godendo di deli-
ziosi piatti appena fatti con gli amici,
passando attraverso punti di controllo
con soldati armati fino ai denti, galleg-
giando nel Mar Morto, confrontandomi
con la cosiddetta Barriera israeliana
in Cisgiordania, raccogliendo fichi
freschi dagli alberi – ho trovato la mia
motivazione per lavorare su questo
progetto: più mi avvicinavo agli oggetti
e, più di tutti, al popolo della Palestina,
più avrei voluto vedere le loro strutture
nascoste.
Negli eventi quotidiani, partendo da
una prospettiva personale, ipnotizzan-
ti storie possono essere trovate.
Sulla micro-scala è dove la mente
inizia a creare nuove connessioni in un
processo continuo di incontro (per at-
traversare nuovi ponti) e dialogo (con

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devet bureau disarming design from palestine

1 Approcci e valori 2 Strumenti di innovazione 3 Risultati ottenuti 4 Tag

Attivare uno spazio auto- Costruzione di relazioni Un programma di design in linea comunità
sostenibile di creazione, per lavorative e confronti progettuali con gli intenti del progetto verrà piattaforme di produzione
artisti, designer, e artigiani attraverso laboratori e insegnato presso l'Accademia
locali; reinterpretare il workshop tematici all’interno d'Arte Internazionale approccio critico
patrimonio culturale per fornire di botteghe artigiane locali palestinese, grazie all’attenzione artigianato
narrazioni alternative ai territori che inneschino meccanismi creata dal progetto. sfera pubblica
conflittuali. collaborativi e inclusivi di
creazione-produzione, per arte
fornire possibilità di mercato economia locale
a livello nazionale e livello territori di conflitto
Stimolare un approccio critico internazionale. Il progetto ha ottenuto il
nel progettista, per superare sostegno dell’UNESCO e collaborazione
la mera produzione di oggetti dell’organizzazione umanitaria trans-locale
e favorire un flusso di nuove idee olandese ICCO, impegnata partecipazione
e soluzioni. È molto importante Mostre itineranti e store online nella ricerca di nuovi modelli di
tenere in considerazione la per la distribuzione dei beni sostentamento che vanno oltre storia locale
storia locale, le diseguaglianze prodotti, per promuovere il il partenariato classico. Con il facilitazione
e gli aspetti politici ed economici potenziale creativo, poetico e supporto della progettazione condivisione
del territorio. intellettuale di artisti, designer, locale in cambio di quella
imprenditori e artigiani locali. olandese e con il sostegno degli inclusione sociale
enti e imprenditori locali, ICCO si linguaggio comune
propone di creare nuovi mercati mostre itineranti
di produzione palestinese.
sviluppo economico
commercio creativo
narrazioni alternative

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my villages international village shop

5 International Village Shop è una piat- settimana o stabilirsi in alcuni luoghi


taforma aperta e sperimentale per per mesi o anni. Il negoziante di ogni
lo sviluppo e lo scambio di prodotti negozio decide il dove, perché, cosa,
locali attraverso una rete di spazi ru- come e per chi aprire.
rali e urbani. È un’iniziativa no-profit Lo sviluppo dei prodotti sono radicati
che mette insieme quattro organizza- nelle storie, nei materiali e nelle com-
zioni tra arte, design e architettura: petenze caratteristiche dei villaggi.
MyVillages (Regno Unito, Germa- I villaggi sono sempre stati un luogo
nia, Olanda), Public Works (Regno di produzione intensiva, dall'agri-
Unito), Grizedale Arts (Regno Unito) coltura alla carne e alla produzione
e Somewhere (Regno Unito). Le lattiero-casearia, il giardinaggio, la
INTERNATIONAL

attività sono ad oggi ancora in corso lavorazione di frutta e ortaggi ecce-


e gestite per la maggior parte da Ka- tera. Oggi il significato di agricoltura
VILLAGE SHOP

thrin Bohm, Wapke Feenstra e Antje e dei suoi prodotti è drasticamente


Schiffers di MyVillages, un'organiz- ridotto, ma il villaggio rimane una
zazione culturale situata in Olanda, ricca risorsa per numerosi materiali,
che intende lo spazio rurale come un per i mestieri, le abilità di lavoro e il
luogo per e di produzione culturale a pensiero creativo.
scale differenti. Il negozio commercializza i prodotti
Un negozio (Shop) richiede produ- attraverso i confini culturali e lingui-
zione, distribuzione, comunicazione stici. Insieme ai prodotti vengono rea-
e commercio. L'International Village lizzati dei cortometraggi sul loro am-
Shop è un progetto culturale che biente, con l'intento di comunicare le
esplora il commercio come una meto- caratteristiche produttive di ciascun
dologia per lo scambio e la creazione prodotto. I film durano circa 4 - 6
di una rete fatta di conoscenze locali, minuti e si concentrano sull’handling,
beni, produttori e utenti. Il commercio trattamenti e processi manuali come
è guidato da un interesse comune forma di spiegazione. Ogni film inizia
nei sistemi di produzione e valore con una breve introduzione visiva del
contemporanei. luogo geografico e dopo seguono i
International Village Shop lavora con produttori che informano sui prodotti
organizzazioni d'arte locali, artigiani, e le loro attività quotidiane.
agricoltori e altri, al fine di produr-
re beni ispirati al territorio. Questi
prodotti entrano così a far parte di un
grande network di scambio, divenen-
My Villages

do disponibili per la vendita prima


su scala limitata e successivamente
negli altri "negozi".
L'International Villlage Shop non è
quindi un singolo negozio ma sono
piattaforme di produzione e commer-
cio temporanee e semi-permanenti,
che coinvolgono e mettono insieme
diversi gruppi di persone. Il "negozio"
può aprire per un'ora, un giorno, una

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my villages international village shop

Kathrin Böhm:
Contexual art in rural
enviroments

Il lancio ufficiale di Myvillages è stato


nel 2003, durante il 850° anniversario
del villaggio di Antje, Heiligendorf, nel
nord della Germania. Questo è anche
il luogo dove è iniziato il progetto ( fig.21 )
I like being farmer and want to stay
one, dove è stato coinvolto il baratto
per registrare le storie di vita agrico-
la da parte degli agricoltori di tutta
Europa. Successivamente abbiamo
organizzato era Village Convention:
( fig.20 )
Contexual Art in Rural Enviroments
(2005) (in collaborazione con General
Public Agency). Abbiamo riunito una mente dati un’etichetta "rurale", con
cinquantina di professionisti, soprat- cui ci piace giocare. Con qualsiasi al-
tutto artisti e curatori provenienti da tra etichetta si creano aspettative e si
Paesi Bassi, Regno Unito, Germania, incontrano preconcetti, e sembra che
Austria e Francia, per discutere insie- la gente, per esempio, pensi probabil-
me sulle pratiche artistiche rurali. mente che sappiamo qualcosa riguar-
Da lì abbiamo avviato una grande e do il cibo e che siamo molto pratici
continua crescita della rete di colle- e un po' ruvidi. Naturalmente, siamo
ghi, ma anche di nuovi progetti, per forse più vicini ad alcune questioni
esempio il Bibliobox, che è un risultato rispetto a qualcuno che proviene da un
diretto del simposio e risponde al contesto esclusivamente urbano, ma ( fig.22 )
desiderio di avere una biblioteca con ciò non significa essere automatica-
pubblicazioni e libri su interessanti mente specialisti sul rurale e sull'a- sulla cultura locale, le narrazioni e gli o potrebbe effettivamente creare una
progetti rurali in un contesto rurale. gricoltura. Myvillages è un contesto oggetti. Antje, invece, utilizzava molto realtà spaziale differente?
di riferimento per noi per indagare il anche il baratto e lo scambio di narra-
Senza un piano strategico e una strut- rurale come artisti, per fare critica ma zioni e di merci nel suo specifico lavoro Ho iniziato a produrre beni assieme
tura di lavoro formalizzata, Myvillages con umorismo, per riflettere su cosa locale. Sembrava quasi ovvio che que- alle donne del mio paese natale nel
è stata abbastanza produttiva negli significa venire da un villaggio. sti diversi filoni e desideri di produrre 2005 e poi abbiamo continuato con lo
ultimi dieci anni. All'interno della e vendere, potessero entrare insieme stesso processo in altri villaggi (que-
struttura del gruppo portiamo i nostri International Village Shop nasce come in un progetto condiviso, l'Interna- sto segue molto la metodologia che
diversi filoni di interessi e modi di un’iniziativa condivisa tra Grizedale tional Village Shop. Il mio specifico ho sviluppato con Andreas Lang per
lavorare insieme, di avviare progetti Arts, Public Works, e Myvillages. interesse nel progetto è capire quanto “Park Products”, una commissione per
e collaborare in un modo abbastanza A quel tempo avevo lavorato sul con- la sua struttura localizzata, ma ben Kensington Garden nel 2004). I beni
organico. Il mio interesse è rivolto a cetto di sviluppare e realizzare collet- collegata, può costituire uno spazio prodotti collettivamente sono lanciati
come una comune pratica culturale si tivamente nuovi prodotti ed economie culturale rurale. Se si dovesse costru- e venduti a livello locale, insieme ad
manifesta nello spazio. alternative con Andreas Lang. Wapke ire uno spazio d'arte per un villaggio, altri prodotti locali, ma entrano anche
Con il nome Myvillages ci siamo ovvia- aveva fatto una serie di progetti dovrebbe seguire un modello urbano nella rete itinerante della International

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my villages international village shop

( fig.23 ) ( fig.24 )

Village Shop. Nella rete itinerante i grande interesse, che il loro "Frogbut- d’Architecture Autogérée (AAA). identifica la gestione di una fattoria
beni diventano una sorta di mappa terspoon" è stato venduto ad un Inter- È stata una concreta opportunità di prima che il lavoro fosse sessuato,
di tutti questi piccoli paesi europei e national Village Shop a San Francisco. collegare il nostro lavoro e i nostri par- ovvero quando il lavoro delle donne era
ciascuno di essi incarna un particolare Improvvisamente una relazione diretta tner ad una rete più ampia di comunità legato alla famiglia mentre gli uomini
locale. Noi li scambiamo insieme a con un territorio lontano è possibile e e produttori. L’Eco-Nomadic school all'agricoltura. È interessante che in
dei cortometraggi, che documentano permette di collegare luoghi che sono permette di portare la gente da questi un incontro con le donne del mio vil-
la loro origine e il loro processo di normalmente riservati alle persone quattro luoghi in un altro territorio, e laggio non ho avuto necessariamente
produzione. I film si concentrano sulla che lavorano nelle reti culturali inter- di entrare come un "gruppo internazio- bisogno di usare la parola "femmini-
"gestione" delle cose e non sul linguag- nazionali. nale di esperti" in un contesto locale smo”. Penso molto a questo e anche
gio, in modo da poter essere visti da (nota: un esperto in possesso di un al fatto che per loro sia ovvio, infatti
chiunque. Io non credo che ogni luogo Myvillages vuole parlare del rurale insieme specifico di conoscenze, ad non è un linguaggio che le donne dei
ha una propria e unica identità locale. come luogo di produzione culturale esempio, un contadino, un sociologo villaggi usano. Da questo si può ormai
Ci sono troppe cose che sono troppo per estendere e quindi minare ciò rurale ,un produttore di mattoni, un cogliere che la nostra lingua non è
generiche o universali. Ma c'è ancora che si concentra quasi esclusiva- interprete, un’artista socialmente molto politicizzata. Naturalmente, è
una specificità che attraversa i luoghi mente sull’urbano. Il nostro interesse impegnato, ecc.) e di essere coinvolti politico il nostro modo di agire, ma il
che è incredibile. È possibile guardare non è quello di polarizzare il rurale e in un progetto specifico. linguaggio che usiamo no.
i film di New Village Goods, e vedere l’urbano, ma dare generalmente più
come viene fatto il latte di cavallo in attenzione ai movimenti culturali delle Nel mio villaggio natale, ad esempio, Per me è importante che si riesca a
Frisia, per esempio. Non sapevo che comunità e dei luoghi rurali, sia per mi sono concentrata all’inizio sul con- sviluppare un linguaggio comune,
questi agricoltori indossassero ancora creare spazio, che per creare interre- cetto di “economie delle donne”, come piuttosto che imporre una lingua su
gli zoccoli! lazioni tra contesti rurali e contesti un argomento di gruppo di cui tutti tutti. Mi piace quando la retorica di un
urbani nella ricerca e nell’azione. sanno qualcosa. Abbiamo osservato progetto riesce ad evolvere nel corso
International Village Shop crea colle- Ad esempio, nel 2012 ci siamo impe- ogni giorno le economie e le tradizioni del tempo, organicamente. Sarà sem-
gamenti tra la costruzione del luogo gnati nella Eco-Nomadic school, che è delle faccende di casa, visitato un pre politica, ma è in termini politici che
e la produzione culturale contem- una continuazione diretta della rete di negozio cooperativo di paese gestito essa esce fuori da discorsi e accordi,
poranea. Per la gente del mio paese ricerca Rhyzom avviata da Constantin da sole donne e parlato di husbandry, evitando di essere pre-impostata.
è molto curioso, e naturalmente di Petcou e Doina Petrescu di Atelier che è un vecchio termine inglese che Ad esempio Silvia, dal mio villaggio,

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my villages international village shop

si sente ridicolizzata da tutti in paese creare una sfera pubblica più “compli- ( fig.20 ) A One Day Shop in Boxberg, Ober-
per il suo interesse per la medicina cata”, mantenerla articolata e apprez- lausitz, Germania.
( fig.21 ) Honesty Table by Somewhere,
alternativa e per il salvataggio di zarne la diversità. Come il gruppo di
presso la Sheffield Art Gallery.
vecchi alberi da frutto. Il nostro è un trenta donne che non erano omogenee ( fig.22 ) Village Films, documentario.
ambiente molto conservatore. Poi ma si apprezzavano per le differenze ( fig.23 ) The Lawson Park Honesty Box,
durante una Eco-Nomadic School, ha su diversi livelli, geografiche, econo- ( fig.24 ) (Re)Constructing Local Tradition:
incontrato altre donne che provengono miche e culturali. Myvillages riguarda workshop, Brezoi, 2012.
prevalentemente da un contesto più la creazione di questi spazi e di questi ( fig.25 ) International Village Shop a Trade
Show, Eastside Projects, Birmingham,
alternativo e che erano molto interes- luoghi, e lo facciamo attraverso l'arte,
2013-14.
sate al suo lavoro. Per lei questo era portiamo avanti l'idea che l'arte e la
incredibile, poiché normalmente non cultura venga fatta in città.
ha persone intorno a lei con le quali
può condividere le sue idee, mentre —
Intervista a Böhm Kathrin, tratta da:
per me è la cosa più normale. Quindi in
An Edge Effect, Art and Ecology in the Nor-
questo senso portare la Eco-Nomadic dic Landscape, a cura di Fortune Bonnie,
School al villaggio e consentire questo Half Letter Press, Londra, 2014.
è già abbastanza buono. Il feedback
da parte di tutti, ma soprattutto dal
gruppo di Höfen, era che ci si sentiva
speciali, parte di un grande gruppo
che è riuscito a dare spazio a sufficien-
za a tutti senza che nessuno cercasse
di dominare.

Penso che, alla fine, se si ha a che fare


con la sfera pubblica e lo spazio pub-
blico, che sia questo urbano o rurale,
non importa; è importante piuttosto
resistere ad uno spazio pubblico mo-
noculturale. Lo spazio pubblico nel mio
paese natale è abbastanza monocultu-
rale e si sta restringendo. Per esempio
con l'agricoltura che sta scomparendo
come attività principale, diversi luoghi ( fig.25 )
hanno perso i loro aspetti comuni.
Le fattorie non avrebbero una chiara
demarcazione privata, il cortile e le
principali sale sarebbero parzialmente
pubbliche, la raccolta sarebbe un'at-
tività condivisa, la strada del villaggio
sarebbe uno spazio pubblico di incon-
tro e di gioco. Invece durante la festa
annuale di paese si è al servizio della
chiesa e del pub dove andare. La vita
pubblica è del tutto monoculturale.
Per me tutto riguarda il mantenere, o

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my villages international village shop

1 Approcci e valori 2 Strumenti di innovazione 3 Risultati ottenuti 4 Tag

Il commercio come una Insieme ai prodotti vengono Il progetto è ancora in corso comunità
metodologia per lo scambio realizzati dei cortometraggi, e allarga sempre più la sua piattaforme di produzione
e la creazione di una rete al fine di comunicare le rete fatta non solo di “negozi”
fatta di conoscenze locali, caratteristiche produttive di aperti in ogni parte del mondo, sfera pubblica
beni, produttori e utenti. ciascun bene e promuovere i ma anche iniziative artistiche stili di vita
Il commercio è guidato da luoghi geografici e i produttori parallele che esercitano collaborazione
un interesse comune nei stessi. la funzione dell’arte per lo
sistemi di produzione e valore scambio, riconcettualizzando beni comuni
contemporanei. il commercio come uno spazio arte rurale
socio-culturale per produrre mostre
Negozi itineranti che si possono beni, negozi autonomi, centri
di scambio e sistemi di trans-locale
aprire in qualsiasi luogo, a
Il villaggio come una ricca qualsiasi ora del giorno. distribuzione. sviluppo urbano
risorsa per numerosi materiali, ecologia sociale
per i mestieri, le abilità di lavoro partecipazione
e il pensiero creativo.
Ha dato il via all’International storia locale
Village Show, una mostra della condivisione
durata di due anni, 2015-2016, interazione
all’interno del “Gartenhaus” del
Creazione di spazi per la Museo di arte contemporanea aggregazione
costruzione di un linguaggio di Lipsia. La mostra coinvolge diversità culturale
comune, volto al mantenimento 16 comunità rurali in tutto il linguaggio comune
delle differenze culturali, mondo, per creare un ambizioso
geografiche, politiche dei programma internazionale di commercio creativo
luoghi. Resistere ai processi interscambio e promozione disseminazione
di trasformazione degli spazi dei villaggi, dei loro prodotti e
pubblici in spazi monoculturali. delle loro pratiche rurali. Con
questo progetto MyVillages ha
ottenuto il sostegno finanziario
della “Fondazione federale per la
Cultura tedesca”.

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Atelier d’Architecture Autogérée r-urban

6 R-URBAN è una strategia dal basso urbana, che consiste in una fattoria
(bottom-up) elaborata da Atelier micro-sperimentale, orti comunitari,
d’Architecture Autogérée, uno studio spazi educativi e culturali e dispositivi
di architettura situato a Parigi com- per la produzione di energia, il com-
posto da Doina Petrescu e Constantin postaggio e il riciclaggio dell'acqua
Petcou. Il progetto esplora le pos- piovana.
sibilità di migliorare la capacità di RecyLab: un’unità di riciclaggio e bio-
resilienza nel territorio, introducendo edilizia costruita intorno ad una serie
una rete di strutture residenti per di attrezzature per il riciclo dei rifiuti
creare complementarietà tra settori urbani e trasformarli in materiali per
chiave dell'attività urbana (economia, la bioedilizia.
abitazioni, agricoltura urbana, cul- ECoHab: un'unità residenziale, coo-
tura). Il progetto avvia cicli ecologici perativa ed ecologica costituita da un
localmente chiusi che sosterranno l'e- numero di unità sperimentali e spazi
mergere di modelli alternativi di vita, collettivi che sono in parte auto-co-
produzione e consumo tra l'urbano e struite.
il rurale. Le tre unità operano attraverso cicli
Per superare la crisi attuale (climati- di produzione e distribuzione loca-
r-urban

ca, di risorse, economica, demogra- le e sono collegati con altri servizi


fica), dobbiamo ristabilire l’equilibrio urbani. In tutto questo l'architettura è
tra ciò che viene prodotto e consuma- impiegata come un fulcro per favorire
to. Questo equilibrio tra produzione e un’economia supplementare e, a sua
consumo, attraverso l'approvvigiona- volta, creare un nuovo ecosistema
mento sostenibile locale, non può av- sociale.
venire senza cambiamenti nella vita e R-URBAN è in definitiva un esperi-
negli stili di vita di lavoro dei cittadini. mento socio-culturale. Se il modo
I cittadini devono essere coinvolti in in cui spendiamo il nostro tempo,
questi cambiamenti attraverso prati- usare i nostri corpi e concepire la vita
che collaborative che supportano l'un quotidiana è un prodotto chiave dei
l'altro attraverso le reti locali. Flussi, sistemi di potere capitalistici, allora,
reti e circuiti di produzione-consumo come dice Foucault, cambiando i pro-
saranno formati attraverso queste cessi di base avremo una risposta nel
attività, con particolare attenzione cambiamento ecologico della città.
d’Architecture

alla sostenibilità. Così il lavoro "ecologico" di Atelier


Dal 2008 R-URBAN ha avviato le d’Architecture Autogérée è anche di
sue prime unità pilota di produzio- ecologia personale; l'ecologia dell'or-
ne a Colombes, una città di 80.000 ganismo in una rete più ampia della
Autogérée

abitanti nella periferia nord-ovest di città. Essi hanno anche proposto un


Parigi. Il progetto propone la crea- nuovo programma giornaliero per i
zione di una rete resistente basata su membri della comunità: lavorare per
Atelier

tre unità produttive prototipate, con 8 ore, avere tempo libero per 8 ore, e
funzioni urbane complementari per dormire per 8 ore. L'obiettivo è di cre-
coinvolgere attivamente la popolazio- are un nuovo stile di vita, sostenuto
ne locale dentro ed attorno alla città e supportato da una micro-economia
di Colombes: autosufficiente.
AgroCité: un'unità di agricoltura

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Atelier d’Architecture Autogérée r-urban

Doina Petrescu no da solo o con l’aiuto degli altri.


e Constantin Petcou: Abbiamo aggiunto a poco a poco altre
Prototipi di ecologia urbana attività, come una cucina collettiva e
anche un media lab per produrre suoni
e musica. Abbiamo imparato che le
persone hanno la capacità di orga-
Entrambi veniamo dalla Romania. nizzarsi spontaneamente in gruppi e
Nella Romania totalitaria abbiamo possono organizzare semplici attività
imparato l’importanza dello spazio da che non ci saremmo mai aspettati in
un punto di vista politico. La nostra fase di progettazione.
idea non era di iniziare una pratica che
fosse necessariamente “alternativa”, Seguendo il modello Ecobox siamo
ma piuttosto che rispondesse più stati invitati quindi a costruire, insieme
opportunamente agli attuali problemi agli abitanti, un progetto per riabilitare
nella Francia metropolitana. un passaggio che era stato chiuso per
Abbiamo provato a introdurre un nuovo più di dieci anni, perché inutilizzato e
metodo per i residenti per l’utilizzo del- abbandonato. Quando siamo andati
lo spazio pubblico. Per favorire questo lì abbiamo trovato una discarica. Gli
processo non potevamo forzarlo quindi utenti e la nuova associazione chiama- ( fig.26 )
la nostra idea è stata semplicemente ta “56 Saint Blaise” forma un gruppo
di creare le condizioni e lo spazio affin- di stakeholders che vivono in 30 edifici
ché il processo stesso apparisse. storici. Questo gruppo ha contattato il
padrone di casa e sono stati capaci di ( figg.27 )
Siamo partiti dal quartiere di Parigi ottenere il diritto di utilizzare la terra
“La Chapelle”, che è il quartiere in cui sotto il grattacielo.
viviamo. È situato tra due stazioni
ferroviarie ed è abbastanza isolato dal Con “Passage 56” abbiamo cercato
resto della città. Sembra quasi un’isola di ottimizzare i consumi. Avevamo bi-
urbana. È un quartiere che presenta il sogno di elettricità, compost e acqua,
30% di immigrazione e il 20% di disoc- così abbiamo provato a sfruttare dei
cupazione, quindi ci sono parecchie dispositivi per produrle da noi. Pannelli
problematiche socio-economiche. Nel solari, compost-toilette, un silos per
2001 abbiamo lanciato quindi Ecobox l’acqua piovana e in questo modo
nel quartiere La Chapelle di Parigi, lo spazio svolgeva le sue semplici
un progetto di rinnovamento della co- funzioni a costo zero, ma solo con il
munità per trasformare un magazzino coinvolgimento delle persone. All’inizio
abbandonato in uno spazio collettivo uno o due persone invitate dai propri
autogestito. Uno degli elementi chiave familiari, venivano qui mostrando
del progetto Ecobox è l’utilizzo di un interesse in un progetto come questo,
luogo deserto e abbandonato. Il giardi- ma poi un po’ alla volta, l’intera fa-
naggio è la prima cosa che ci è venuta miglia così come i loro amici e i vicini
in mente ed era anche molto semplice stessi lo mostravano ad altri e così
da capire come attività universale per via. Lentamente, ma inevitabilmente,
persone di diverse età, diverse culture. hanno cambiato il loro modo di vivere
All’interno di una “trama” ognuno può per qualcosa che funziona meglio
realizzare il proprio pezzo di giardi- per loro, e questo crea una continuità

100 101
Atelier d’Architecture Autogérée r-urban

libero delle persone, ma lo spazio può persone possono essere attivi in una
essere utilizzato anche per sviluppare o più di queste strutture (come il
piccole economie, come è il caso del giardino comunitario) senza necessa-
"progetto-compost"; quest'ultimo sta riamente sposare l'intero progetto. Né
sperimentando modi per incoraggia- gli viene necessariamente presentata
re il compostaggio partecipativo sul l'intera larghezza del progetto quando
sito e spera di utilizzare lo spazio per vengono coinvolti in una delle strutture
organizzare, ad esempio, corsi di for- locali.
mazione sul vermicompostaggio che
potrebbero generare un reddito.

Attività di micro-economia potrebbero


anche essere potenzialmente svilup-
pate da persone che hanno utilizzato
( fig.28 )
gli hub solo per il tempo libero, come
è stato testato durante l'apertura
del progetto. I partecipanti voglio- più sostenibile. Questo comprende più ufficiale di Agrocité, dove i giardinieri
no avere uno stile di vita che sia più di una semplice creazione di eco-quar- hanno venduto torte, succhi di frutta
interessante, più sociale, più collettivo, tieri, i quali appaiono come "soluzioni e marmellate, a base di rabarbaro del
legato alla natura e che dia valore al rapide" che affrontano solo l'aspetto giardino, ai visitatori. In sintesi, questi
loro tempo libero. Dopo il successo di infrastrutturale degli stili di vita inso- hub sono destinati a diventare cataliz-
Ecobox e Passage 56 abbiamo iniziato stenibili, senza affrontare la cultura, le zatori dei desideri degli abitanti locali
R-Urban, un progetto che tenta di abitudini e le cornici sociali che hanno per stili di vita alternativi. ( fig.26 ) Ecobox, distretto La Chapelle,
portare questo approccio dalla piccola dato origine a queste condizioni. Il progetto-pilota così spera di affron- Parigi, 2001.
tare le sfide globali a lungo termine da ( fig.27 ) Passage 56, orto urbano nel
alla grande scala. La strategia è quella di creare reti
quartiere Saint Baise di Parigi, 2006.
locali e cortocircuiti ecologici econo- un azione locale sulla base di pratiche
( fig.28 ) R-Urban, orti comunitari nell'unità
L'idea di R-Urban è partita con l'osser- mici, sociali e culturali in relazione alle quotidiane e singole iniziative, che Agrocité, Colombes, Parigi, 2012.
vazione che le città oggi si trovano ad diverse attività urbane e, per esplorare vengano facilitate da varie strutture ( fig.29 ) Impianto riqualificato per l'altra
affrontare grandi sfide e cambiamenti le possibilità di migliorare la resilienza proposte per gli abitanti locali. Le unità, Recyclab, Parigi, 2013.
su più livelli: cambiamento climatico urbana. Queste reti iniziano con centri
(su cui si ha un grande impatto attra- (col tempo a conduzione dei residen-
verso le loro attività), crisi economica e ti) che si concentrano sullo sviluppo
alti tassi di disoccupazione, individua- di determinate attività, che rappre-
lismo e perdite di legame sociale... sentano "spazi di opportunità", dove
I processi che danno vita a queste le persone possono sperimentare e
sfide sono estremamente complessi sviluppare idee.
e dipendono da una serie di fattori
interconnessi che sono difficili da cam- Agrocité a Colombes è uno di questi
biare nella scala del singolo. Tuttavia, hub, che ruota attorno alla produzione
crediamo fermamente che i cittadini di alimenti e legame sociale. Il giardino
non possano aspettare che i governi comunitario è uno spazio in cui i giar-
agiscano su questi processi. R-Urban dinieri possono sperimentare tecniche
è stata concepito come una strategia colturali ed essere avvicinati a certe
che offre una cornice entro la quale gli pratiche, come ad esempio il compo-
abitanti delle città possono esplorare staggio o riutilizzo. Queste attività
modi alternativi di vivere in maniera sono realizzate sfruttando il tempo ( fig.29 )

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Atelier d’Architecture Autogérée r-urban

1 Approcci e valori 2 Strumenti di innovazione 3 Risultati ottenuti 4 Tag

Aumentare la resilienza urbana Tre unità interdipendenti L'ampiezza degli obiettivi comunità
creando degli ecosistemi sociali ma complementari per di R-Urban ha richiesto un piattaforme di produzione
all’interno delle città. l’autosufficienza negli spazi importante investimento
urbani: un’unità di agricoltura finanziario: l’investitore primario strategia bottom-up
urbana, una sui sistemi di è la Commissione europea ecologia sociale
riciclaggio e bioedilizia e una con il programma LIFE +. Il sfera pubblica
Proporre, oltre al cambiamento residenziale per la costruzione contributo LIFE + per R-Urban
ecologico della città, un di spazi collettivi. Le attività di viene eseguito per un periodo spazio pubblico
modello di ecologia personale; questi hub sono strettamente di quattro anni (che è stato architettura rurale
il cambiamento degli stili di connesse tra loro. considerato dai coordinatori del trans-locale
vita sono un passo importante AAA come il tempo necessario
per ottenere una reale per configurare il progetto- ottimizzazione consumi
trasformazione dei luoghi. pilota e avviare il processo), economia locale
Attività di micro-economia dal 2011-2015. La CE provvede collaborazione
attraverso il commercio al sostegno di R-Urban per
quattro anni con 630.000 €, a partecipazione
dei prodotti degli orti
comunitari oppure legate alla condizione che AAA raddoppi facilitazione
sperimentazione di nuove tale importo con altri investitori. interazione
tecniche di compostaggio. Il secondo più grande investitore
è il Comune di Colombes, inclusione sociale
partner principale del progetto, tecnologie alternative
che prevede 240.000 €. Altri sviluppo urbano
investitori sono: la Regione Ile-
de-France, con un contributo di commercio intelligente
150.000 euro e il Dipartimento stile di vita
Hauts-de-Seine che ha investito
80.000 euro nel progetto.

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Architecture 00 wikihouse

7 WikiHouse è un progetto open-source reinvestita per avviare una partner-


per disegnare e costruire piccole ed ship con il governo brasiliano. Infatti
economiche case (principalmente in WikihouseRio è il risultato di que-
legno), partendo da strutture facil- sta collaborazione con Dharma, un
mente impilabili, leggere e che pos- progetto di mobilitazione giovanile
sano essere trasportate e montate da locale e l’agenzia BrazilIntel, al fine di
personale non specializzato, rese più costruire case nelle baraccopoli più
rigide e resistenti rispetto ad una ca- povere di Rio de Janeiro.
bina in legno grazie ad una particola- Wikihouse 4.0 è l'ultima casa proto-
re sagomatura e struttura. L'intenzio- tipo del progetto. È stato in mostra
ne è rendere semplice e democratica come parte del London design festival
la costruzione di abitazioni sostenibi- ed è il risultato di una collaborazione
li, impiegando al contempo la minor tra il progettista Alastain Parvin dello
quantità di materiali possibile. studio 00, gli ingegneri della Arup e
Il progetto nasce nel 2011 ad opera The Building Center. Wikihouse 4.0
dello studio londinese di design “00” porta molto più vicino il concetto di
wikihouse

e da allora è cresciuto notevolmen- una casa desiderabile rispetto alle


te diffondendosi in tutto il mondo. versioni precedenti. È fatto di pannelli
WikiHouse consente di scaricare, su di legno OSB (truciolare) ed è alta due
licenza Creative Commons, i piani piani con finestre con doppi vetri. I
di costruzione – di modificarli se sistemi di impianto elettrico, di illu-
necessario con un software chiamato minazione e ventilazione funzionano
SketchUp – e di utilizzarli per creare attraverso sensori che sono controlla-
pezzi ad incastro in compensato e/o ti da un telefono cellulare e possono
cartongesso con una fresa digitale essere attivati a comando vocale.
nota come router CNC. I controlli utilizzano liberamente la
Una costruzione WikiHouse non tecnologia intelligente OpenHAB che
richiede chiodi, travi o giunti perché viene eseguito su un computer Linux.
le parti di legno sono studiate con
insenature e scalanature che non
necessitano di ulteriori operazioni di
montaggio.
Architecture 00

Il tempo di montaggio varia a seconda


della complessità del modello di
partenza ma in alcuni casi può essere
montata in pochi giorni da gente non
specializzata. La struttura di una
WikiHouse deve poi essere finalizzata
aggiungendo l’isolamento termoa-
custico, il rivestimento murale, i cavi
elettrici e i tubi dei normali impianti
per ricevere il certificato di abitabilità.
Nel 2012 il progetto WikiHouse vince
il titolo di “casa del futuro” pres-
so l’esposizione TEDGlobal e con
la somma in denaro ricevuta viene

106 107
Architecture 00 wikihouse

Alastain Parvin: teremo le città? Come finanzieremo ( fig.31 )


La democratizzazione lo sviluppo? Come commerceremo
della produzione i servizi di progettazione? Che cosa
significherebbe per le società demo-
cratiche offrire ai loro cittadini il diritto
a costruire? E in un certo senso forse
Penso che dovremmo rivedere l'idea dovrebbe essere ovvio che nel ventu-
che l'architettura consista nel co- nesimo secolo le città possano essere
struire edifici. In realtà, un edificio è sviluppate dai cittadini.
probabilmente la soluzione più costosa
a cui si possa pensare per pressoché Ed è vero, perché in realtà questo
qualunque problema. E fondamen- approccio è tutt'altro che innovativo. È
talmente, il design dovrebbe essere lo stesso modo in cui si sono costruiti
molto più interessato alla soluzione edifici per secoli prima della Rivoluzio-
di problemi e alla creazione di nuove ne Industriale nelle comunità conta-
condizioni, e non fissarsi sull’idea di dine in cui tutti collaboravano alla co-
fornire un particolare tipo di prodotto struzione dei granai. L'unica differenza
di consumo. tra l'architettura vernacolare tradizio-
nale e l'architettura open-source sta
Un’altra idea, che vale la pena di forse nella connessione al Web, ma è
rivedere, è sulla mentalità del 20esi- una differenza davvero enorme. Tutti
mo secolo che l'architettura di massa i contenuti di WikiHouse sono pubbli-
abbia a che fare col progettare in cati con licenza Creative Commons, e
grande - grandi edifici e grandi risorse adesso cominciamo a vedere in tutto ( fig.32 )
finanziarie. Ci siamo davvero inchio- il mondo gruppi che li scaricano, li
dati in questa visione tipica dell'età usano, li modificano, li aggiustano,
industriale secondo la quale gli unici ed è incredibile. C'è un gruppo molto
soggetti in grado di costruire città brillante a Christchurch, in Nuova
sono grandi organizzazioni o società Zelanda interessato allo sviluppo di
che costruiscono per noi, concependo abitazioni in aree terremotate, e grazie
interi quartieri come singoli progetti al premio TED City stiamo lavorando
monolitici, e naturalmente la forma è con un gruppo straordinario in una
proporzionata alle risorse finanziarie.
Così quel che si ottiene alla fine sono
( fig.30 )
singoli quartieri monolitici basati su
un modello unico per tutti. E molte
persone non se li possono nemmeno
permettere. Ma se invece ora le città
potessero essere costruite non solo
dai pochi che hanno molto, ma anche
dai molti che hanno risorse modeste?
Questi ultimi portano con sé un siste-
ma di valori completamente differente
riguardo al luogo in cui vogliono vivere.
Il che solleva domande molto interes-
santi su questi temi: come proget-

108 109
Architecture 00 wikihouse

favela di Rio per la costruzione di una


sorta di fabbrica comunitaria e una
micro università. Questi sono picco-
lissimi passi per iniziare, e nell'ultima
settimana siamo entrati in contatto
con altri gruppi che non sono segnati
sulla mappa. Spero che la prossima
volta invece non si riesca a vedere la
mappa.

Se vogliamo occuparci seriamente di


problemi come mutamenti climatici,
urbanizzazione e sanità, i modelli di
sviluppo di cui disponiamo attual-
mente non sono adeguati. Come ha
detto credo Robert Neuwirth, nessuna ( fig.33 ) ( fig.34 )
banca, azienda o governo o ONG sarà
in grado di farlo se trattiamo i citta-
dini come consumatori. Ma sarebbe zazione della produzione. E quando le cui parti possono essere create per ( fig.30 ) Metodo di costruzione partecipa-
davvero straordinario se riuscissimo si tratta di architettura delle città, mezzo di un'altra stampante 3D. O tiva dei granai del Diciannovesimo secolo.
( fig.31 ) Prototipi di Wikihouse mixati con
come collettività a sviluppare soluzioni questo è davvero importante. la stessa idea che vedete qui per una
Google SketchUp.
non solo al problema della struttura macchina CNC, in pratica una grande ( fig.32 ) Wikihouse 4.0, Barrackan, 2011.
come abbiamo fatto finora, ma anche Terzo, la maggior parte del lavoro si stampante in grado di tagliare fogli di ( fig.33 ) Modulo abitativo di primo livello.
ai problemi delle infrastrutture, come svolge al di fuori dell'economia mone- compensato. Queste tecnologie stan- ( fig.34 ) Wikihouse, ViennaOpen, 2015.
il condizionamento dell'aria a energia taria, in quella che si dice "economia no abbassando radicalmente le soglie
solare, soluzioni off-grid per l'energia e sociale" o "core economy", in cui le dei tempi, dei costi e delle competenze
la sanità - a basso costo, open-source persone lavorano per sé stesse. E il e sfidano l'idea che un prodotto dal
e altamente performanti che possano problema è che fino ad oggi è stata prezzo accessibile debba essere per
essere realizzati facilmente da chiun- l'economia monetaria a detenere il forza di un unico modello e formato. E
que, e a renderle disponibili in modo possesso di infrastrutture e mezzi. distribuiscono su larga scala capacità
da essere accessibili a chiunque, e che produttive molto complesse. Stia-
anche i diritti appartengano a tutti? Perciò la sfida che ci troviamo ad mo avanzando in un futuro in cui la
Una sorta di Wikipedia per ogni genere affrontare è questa, come costru- fabbrica è ovunque, e questo significa
di cose? E una volta che una cosa è ire gli strumenti, l'infrastruttura e sempre di più che tutti possono essere
diventata risorsa comune, continuerà le istituzioni per l'economia sociale designer. Questa sì che è una rivolu-
ad esserlo per sempre. Questo non dell'architettura? Si è cominciato a zione industriale. E se pensiamo che i
cambierebbe completamente le rego- farlo con il software open-source. E nel più grandi conflitti ideologici che ab-
le? E penso che la tecnologia sia dalla corso degli ultimi anni, questo sforzo biamo ereditato ruotano tutti intorno
nostra parte. è proseguito nel mondo fisico con la alla questione di chi debba detenere il
creazione di hardware open-source, controllo dei mezzi di produzione, que-
Se il grande progetto del design del cioè cianografie messe a disposizio- ste tecnologie ci offrono una soluzione:
20esimo secolo è stato la democratiz- ne gratuitamente che chiunque può forse nessuno. Tutti noi.
zazione dei consumi - penso a Henry scaricare e riprodurre da sé. Ed è qui
Ford, Levittown, Coca Cola, Ikea - pen- che la stampa 3D diventa davvero
so che il grande progetto del design interessante. Improvvisamente si può
del 21esimo secolo sia la democratiz- avere una stampante 3D open-source,

110 111
Architecture 00 wikihouse

1 Approcci e valori 2 Strumenti di innovazione 3 Risultati ottenuti 4 Tag

Democratizzare la produzione Ognuno ha la possibilità di Dal 2012, la community ha comunità


di abitazioni sostenibili, avviare un capitolo WikiHouse iniziato ad espandersi in Brasile open-source
semplificando e rendendo e far parte del progetto. Solo e in Europa, ma oggi i capitoli
accessibili i progetti, le il marchio e il nome Wikihouse aperti da altre comunità si sono strutture abitative
competenze, i materiali. sono controllati, mentre il moltiplicate in tutto il mondo. Ad produzione democratica
modello ha una licenza aperta. esempio WikihouseNZ (in Nuova sviluppo urbano
Un gruppo di più di 2 persone Zelanda) ha recentemente
possono fondare un capitolo ottenuto una sovvenzione collaborazione
Wikihouse, ottenendo il logo di 300,000 $ da un fondo architettura
Hardware open source: personalizzato e firmando il dell’impresa sociale Canterbury beni comuni
i progetti aperti sono scaricabili contratto di licenza. Community Trust, istituito
e modificabili da tutti. per sostenere l’innovazione e sfera pubblica
l’occupazione dopo il terremoto città
di Christchurch. accessibilità
La fondazione Wikihouse ha linguaggio comune
creato uno statuto con regole
e condizioni di uso del progetto economia sociale
aperte al pubblico, al fine di facilitazione
migliorarlo e contribuire al trans-locale
consolidamento della comunità.
Inoltre, attraverso le modalità collettività
online più disparate (google tecnologia
groups, facebook, twitter creative commons
ecc.) la comunità alimenta il
dibattito su come migliorare gli semplificazione processi
aspetti progettuali legati alla disseminazione
produzione e costruzione delle
Wikihouse nel mondo.

112 113
3

ROLES
ROLES PREMESSA

Le pratiche analizzate nella precedente sezione erano,


sotto alcuni aspetti, molto diverse l'una dall'altra e hanno
portato differenti argomentazioni e modi di operare all'in-
terno della discussione. Ciascuno di questi, con il proprio
"ambito" di riferimento (design del prodotto, comuni-
cazione, architettura, arte), ha mostrato un approccio,
utilizzato strumenti e ottenuto risultati di un certo rilievo
nel territorio, non limitando l'atto di progettazione ad una
singola operazione senza continuità, ma tentando di sedi-
mentare le pratiche nei rispettivi contesti d'intervento.
Osservando però i casi nel loro insieme e con
uno sguardo più analitico, è possibile notarne i punti di
contatto e i valori comuni. L'obiettivo di questo capitolo,
ROLES, è appunto quello di estrarre i concetti chiave per
l'elaborazione di un "modello", un pattern di valutazione
per pratiche di innovazione sociale.
Quella che segue è solo una proposta e non intende
porsi pretenziosamente come strumento assoluto per
filtrare e interpretare progetti "di innovazione", ma mira a
fornire un metodo per valutare la portata di un'iniziativa e
comprendere quale cambiamento propone.

116 117
ROLES design pattern proposta

1 AUTOPROGETTAZIONE Comunità critica


Autoproduzione
Economia della conoscenza
Essenzialità e persistenza della pratica Ⅰ
Progettazione come pratica universale COMMUNITY

2 DESIGN IN TRANSIZIONE Comunità socialista


AL SOCIALISMO Democratizzazione della produzione
Massima produttività con risorse limitate
Oggetti funzionali e duraturi nel tempo
Interdisciplinarietà per rispondere alle esigenze sociali

3 LUNGOMARE Comunità translocale PRODUCTION
Produzione locale come aggregazione
Finanziamenti enti pubblici e culturali
Strumenti a lungo termine nel territorio
Formati aperti per l’osservazione del territorio

4 DISARMING DESIGN Comunità come patrimonio culturale


FROM PALESTINE Produzione partecipativa creativa Ⅲ
Sostegno di organizzazioni per lo sviluppo sostenibile BUSINESS
Artigianato e mostre itineranti
Relazioni lavorative tra botteghe locali e studenti

5 INTERNATIONAL Comunità come villaggio multiculturale


VILLAGE SHOW Produzione locale come valore culturale
Commercio come metodologia di scambio
Reti di conoscenze, beni, utenti Ⅳ
L'arte come strumento per le comunità rurali RESILIENCE

6 R-URBAN Comunità come ecosistema sociale urbano


Co-produzione di spazi collettivi
Microeconomia urbana
Autosufficienza e modelli ecologici
Scambi di conoscenze e tecniche nelle periferie urbane

7 WIKIHOUSE Comunità globale aperta TRANSDISCIPLINARITY
Produzione democratica
Economia sociale, core economy
Progetti open-source in licenza creative commons
Bene comune utilizzato dalla comunità globale
( graf.1 ) Lo schema mostra i collegamenti di notevole rilevanza che meritano appro-
tra i temi emersi nelle pratiche prima ana- fondimento e che si propongono, in questa
lizzate e 5 macro-temi che ne rappresen- sede, di essere le discriminanti di valuta-
tano la massima sintesi. Sono argomenti zione per progetti di innovazione sociale.

118 119
ROLES communit y-based design

Ⅰ community-based design La creazione di comunità è l’obiettivo maggiormente


comunità condiviso nelle pratiche illustrate in precedenza.
collaborative La forza di una comunità è legata allo scambio – di
e “agenti” conoscenze, opinioni, abilità – che produce e fortifica le
relazioni tra coloro che ne fanno parte. L’agency (termine
originario dalla filosofia e particolarmente ricorrente
oggi nella letteratura sociale), ossia la capacità di un
individuo di agire nel mondo, è un requisito fondamen-
tale per la comunità. Se “l’azione” è indispensabile per
accrescere il senso di aggregazione e appartenenza ad
un gruppo, è però necessario abilitare questo potenziale
produttivo nei cittadini, al fine di restituire la “sogget-
tività collettiva”.( 1 ) In questo senso l’arte e il design
stanno già contribuendo alla realizzazione di strategie
bottom-up, ovvero dal basso, per costruire alternative ai
modi di agire “mainstream”.

.1 verso l'autodeterminazione
In Ecobox ( 2 ) ad esempio, il progetto di Atelier d’Ar-
chitecture Autogeree già citato a pag. 98, i cittadini
coinvolti sono tornati ad appropriarsi degli spazi pubblici
rimessi in utilità dallo studio francese. Questi spazi sono
stati utilizzati dapprima individualmente dai partecipanti,
in cui ognuno realizzava il proprio pezzo di giardino, e
poi ha generato spontaneamente delle micro-attività
autogestite dai cittadini stessi. Questi semplici metodi
hanno permesso di reintrodurre la dimensione politica

( 1 ) Lo “spazio di azione” è un tema sabili per creare rotture o specificare re-


su cui fondano il proprio approccio Doina lazioni; coloro che vengono soggiogati da
Petrescu e Constantin Petcou nelle loro queste relazioni, sono così nella posizione
pratiche. «Creiamo interstizi, differenze, per riformularle, confrontandosi con loro,
in una città omogeneizzata e astratta. altrimenti continueranno ad essere rap-
Superando la condizione anonima, che presentati da altri, dai più politicizzati.
di solito troviamo non appena usciamo di ( 2 ) Vedi Prototipi di ecologia Urbana,
casa, possiamo contribuire a ri-soggetti- contributo di Doina Petrescu e Constantin
vare lo spazio». Per Felix Guattari questi Petcou, in PRACTICES, pag. XX.
spazi di soggettivazione sono indispen-

120 121
ROLES communit y-based design

nello spazio comune e di ridistribuire il potere decisionale


alle persone che intervengono nella comunità.
Per usare un’espressione molto vicina a questo
esempio, Gui Bonsiepe definisce appunto democrazia
come partecipazione, dei cittadini e tra i cittadini, che da
“dominati” divengono soggetti “pronti ad aprire uno spa-
zio di autodeterminazione”. Ciò significa che per attivare
la partecipazione è necessario servirsi di metodi che
inneschino una coscienza attiva, strumento indispensa-
bile per ottenere la norma delle proprie azioni e per svin-
colarsi dalle condizioni già definite dai centri di potere.
Oltre ad essere un requisito fondamentale per
strutturare una metodologia partecipativa, questo è
anche un concetto che ben si applica all’evoluzione della
professione del designer.
«Le pratiche di progettazione, da tempo sotto il
dominio della manipolazione e dell’estetica dell’ap-
parenza, si svincolano dalla realizzazione di manu-
fatti “di seduzione”, per interpretare le esigenze
dei gruppi sociali e sviluppare valide proposte di
emancipazione sotto forma di artefatti materiali e
semiotici».( 3 )
Tuttavia la partecipazione è un tema sul quale il design Kroll Lucien, La Mémé,Bruxelles, 1970-72.

ha iniziato a riflettervi già molti anni fa, duranti gli anni


’70, quando diversi architetti cominciarono a pensare
nuovi modi per ribilanciare il potere tra l’architetto e
l’utente. Differenti metodi e approcci furono sviluppati
per coinvolgere i futuri destinatari nei processi di proget-
tazione attraverso workshop, consulenze e la creazione di
“uffici di quartiere”. Altri scelsero di coinvolgerli non solo

( 3 ) Bonsiepe Gui, Design and demo-


cracy, Design Issues, Volume 22, 2006,
numero 2, in: Bonsiepe Gui, Design and
democracy, Civic City Cahier 2, a cura di
Fezer J., Görlich M., Bedford Press, 2013.

122 123
ROLES communit y-based design

nella progettazione ma anche nella costruzione, in modo ordine sociale – quindi l’egemonia di un gruppo su un
da produrre strutture flessibili che potevano adattarsi altro, un “noi” privilegiato o subordinato a “loro” – allora
meglio ai bisogni degli utenti stessi. Questi architetti il design ha sempre fatto politica in questo senso. Il
condividevano l’obiettivo comune di permettere ai cit- design agisce nel mondo per riprodurre ordini socio-spa-
tadini di prendere il controllo delle loro abitazioni, pur ziali, a volte per romperli e altre ancora per sollecitare
mantenendo il loro contributo creativo e senza ridurre il ordini alternativi. Nell’ambito dell’innovazione sociale,
ruolo dell’architetto a semplice facilitatore tecnico.( 4 ) quindi, il design assume ruoli politici in senso ampio,
Uno dei pionieri di questo movimento fu Lucien riconfigurando la società dall’interno affinché i sistemi e
Kroll, architetto belga riconosciuto come l’icona dell’ar- le pratiche sociali, i valori e le autorità, possano profon-
chitettura democratica, poiché andò oltre il concetto di damente cambiare.( 5 )
partecipazione con la sua teoria dell’incrementalismo. Il Center for Urban Pedagogy (CUP) è un’organiz-
Per Kroll, infatti, l’architetto lavora sulla costruzione di zazione no-profit con sede a New York City, che utilizza
relazioni tra le persone e lo spazio, in un processo cre- il design come strumento per aumentare l’impatto
ativo che è anche un processo sociale, in quanto unico della partecipazione pubblica e l’impegno civico nella
modo per arrivare ad una soluzione realmente funzio- modellazione della città. CUP propone un approccio di
nante che cresca e perduri nel tempo. “educazione popolare”, in cui vengono coinvolti artisti,
grafici, architetti, urbanisti, con il sostegno di comunità
.2 politically engaged e ricercatori, organizzatori e funzionari governativi,
La partecipazione è quindi un atto eminentemente accademici, fornitori di servizi e responsabili politici, per
politico, nel quale sono coinvolti i cittadini, l’arte e il lavorare su progetti di comunicazione. L’obiettivo di que-
design. Ramia Mazé, critica e ricercatrice del design, sti progetti è quello di abbattere i sistemi complessi che
parla infatti di espansione dei ruoli della progettazione, plasmano la vita urbana e di creare strumenti educativi
sempre più vicini al sociale e quindi anche ad una che contribuiscono a rendere questi sistemi comprensi-
progettazione politicamente impegnata. Mazè distin- bili a più persone. CUP utilizza due approcci: Youth edu-
gue l’atto politico in macropolitico e micropolitico, pur cation contiene programmi di formazione per i giovani,
trovando un intento condiviso della costruzione di un in cui gli studenti lavorano con artisti per indagare alcuni
“noi”, un “comune” diretto verso un maggiore sviluppo aspetti legati al funzionamento della città, creando
equo, ecologico e sociale. Nella micropolitica compare la artefatti finali che educhino gli altri su ciò che hanno
dimensione del design per l’innovazione sociale. imparato; Community education riunisce invece proget-
Se la politica è l’insieme delle pratiche e delle tisti, avvocati ed esperti di politica, per la produzione di
strutture attraverso le quali viene stabilito un certo strumenti didattici come workshop e pubblicazioni, che

( 5 ) Mazé Ramia, Our Common Future?


( 4 ) Participation movement, Europe Political questions for designing social innova-
1969-1979, http://www.spatialagency. tion, in Proceedings of the DRS Design Rese-
net/database/participation.1970s arch Society Conference, Umeå, 2014.

124 125
ROLES communit y-based design

illustrino le politiche e i processi complessi della città


solitamente rivolti ad un pubblico specifico.( 6 )

.3 capitale sociale e culturale


La creazione di una comunità attiva, sensibile e impe-
gnata, è quindi determinata anche dalla coesione
sociale generata dalla partecipazione. Questo non signi-
fica però, creare dei circuiti chiusi, dei contesti dove solo
persone che condividono interessi e conoscenze simili
vi possono appartenere per funzionare bene. La realiz-
zazione di comunità aperte, dove la collaborazione è un
elemento – ma la contaminazione con altre culture e
professionalità ne è uno altrettanto importante – diventa
strumento utile per la crescita collettiva.
Lo abbiamo visto negli interventi rurali di MyVilla-
ges, dove agricoltori, produttori locali e artisti lavorano
CUP Center of Urban Pedagogy, Affor-
assieme condividendo metodi e prodotti, e fronteg-
dable Housing Toolkit, 2010. giando le enormi differenze culturali, politiche e sociali
tra persone provenienti da luoghi anche lontani (consi-
derando oltremodo il fatto che la cultura rurale è spesso
ideologica o conservatrice!).( 7 )
Le pratiche possono essere diverse in base alla
cultura locale nella quale vengono applicate e alla sen-
sibilità del designer o artista che interviene sul luogo.
Quello che accomuna forse questi interventi, è l’impatto
sulle comunità residenti. Gli strumenti utilizzati sono
una conseguenza di queste metodologie, che ottengono
chiaramente risposte e risultati differenti. Ma possiamo
comunque parlare di arte rurale e arte urbana allo
stesso modo se hanno entrambe lo scopo di coinvolgere
attivamente la collettività. Come nel caso del collettivo
spagnolo Boamistura e dei loro Crossroads ( 8 ) in tutto

( 6 ) What we do, CUP, http://welco- ( 7 ) Vedi “Contexual art in rural envi-


Boamistura, San cris de colores, Madrid, 2013. metocup.org/About roments”, di Kathrin Böhm, pag. XX.

126 127
ROLES communit y-based design

il mondo. Crossroads è un modello sociale di riqualifi-


cazione urbana attraverso la pittura collettiva, ma sono
anche esperienze relazionali che avvicinano gli abitanti
agli spazi pubblici e all’arte. L’arte è intesa come agente
di rinnovamento per le comunità a basso reddito, utile
al rafforzamento dell’identità dei luoghi e delle persone
che ci vivono. Le case vengono dipinte con la collabora-
zione degli stessi residenti, giovani e bambini. I disegni
traggono ispirazione dalle radici della cultura, studiando
l’artigianato e la storia locale. Questo progetto, partito
nel 2011 come iniziativa autonoma del collettivo, vede
oggi una continuità grazie alle fondazioni culturali e gli
enti che richiedono il loro intervento in ogni parte del
mondo (Messico, Brasile, Sud Africa, Algeria, Georgia).
Un altro esempio, sempre legato all’impatto dei
progetti sulla comunità ma con dinamiche differenti, è
la Bank Street del gruppo di artisti danesi Superflex,( 9 )
che hanno immaginato un nuovo modello di banca
non monetaria per la strada, dove il vero “capitale” è la
somma totale delle memorie e delle storie della gente.
Per realizzare questa “banca” gli artisti hanno chiesto
alle persone del quartiere, di menzionare oggetti scelti
dai loro paesi di origine o da qualche altro posto incon-
trato nei propri viaggi – come panchine, cestini, alberi,
giochi da parco eccetera – che rappresentassero storie
o ricordi incredibili o anche vaghi. Gli oggetti sono stati
poi riprodotti in scala 1:1 o acquistati e trasportati nello
spazio pubblico dove erano collocate le banche, prima
della loro mobilitazione in aree più redditizie. Lo scopo è
anche qui la restituzione degli spazi comuni ai cittadini e
del senso di appartenenza ai quei luoghi che sono stati
prelevati dalla nostra identità collettiva.

( 8 ) Crossroads, El arte como herra- ( 9 ) Tools/The Bank, http://www.su-


mienta de cambio, http://www.boamistu- perflex.net/tools/the_bank
ra.com/crossroads.html Superflex, The bank, Sharjah, 2013.

128 129
ROLES communit y-based design

La diversità culturale è un punto di forza dello


spazio pubblico, un elemento indispensabile per fron-
teggiare l’attuale appiattimento culturale del tessuto
urbano globalizzato. Creando un linguaggio comune,
un ponte tra il potenziale espressivo della collettività
e l’organizzazione sociale, è possibile però resistere ai
processi di trasformazione degli spazi pubblici in spazi
monoculturali.

( graf.2 ) L'AGENCY rappresenta la norma


delle proprie azioni, o la “soggettività collet-
tiva”. L'accrescimento dell'agency favorisce
i processi sociali e creativi, l'auto-organiz-
zazione e la crescita collettiva.

130 131
ROLES local production

Ⅱ local production Stando alle recenti considerazioni di Ezio Manzini, in


nuovi questo momento transitorio della società contempora-
“spazi” nea “tutti” progettano. Con tutti s’intendono:
di produzione «le singole persone, i gruppi, le comunità, le
imprese, le associazioni, ma anche le istituzioni, le
città e intere regioni. E “progettano” significa che
tutti questi soggetti, individuali e collettivi, volenti
o nolenti, sono spinti a mettere in campo delle
capacità progettuali».( 10 )
In effetti la parola design è nata prima come verbo, dun-
que come atto, che come nome e di conseguenza pro-
fessione. La progettualità è oggi a disposizione di tutti
e con molta probabilità ci troviamo nel momento storico
più favorevole per raccogliere questa sfida.
Non è un caso, infatti, che recentemente tra i
dossier e gli articoli che parlano di innovazione sociale
e culturale, compaiano termini come “stakeholder”( 11 ) o
“makers”. Stakeholder identifica quei soggetti o gruppi
di soggetti (detti anche portatori di interesse) che sono
influenti nei confronti di un’azienda o un progetto.
È un’espressione che proviene dal linguaggio d’impresa,
ma adottato in misura sempre più consistente anche
nel lessico comune per identificare soggetti individuali
(i cittadini stessi, ad esempio) che possono condizionare

( 10 ) Selloni Daniela, Ezio Manzini: hanno il diritto di ricevere pratiche leali di


design per l’innovazione sociale, https:// commercio, ma non hanno gli stessi diritti
w w w.che-fare.com/ezio-manzini-desi- dei dipendenti della società. Gli stakehol-
gn-diffuso-per-linnovazione-sociale der “forti”, anche se mossi da interessi
( 11 ) Per stakeholder s’intende una diversi e potenzialmente in contrasto tra
persona, o un gruppo di persone, che pos- loro, sono tutti accomunati dall'assun-
sono influenzare o essere influenzati dalle zione di un rischio, che deriva sempre dal
azioni, gli obiettivi e le politiche dell'orga- loro coinvolgimento diretto nell'impresa.
nizzazione. Nello scenario delle imprese, Ad esempio, i cittadini che si riuniscono in
alcuni attori principali sono i creditori, organizzazioni coinvolti nella produzione
amministratori, dipendenti, proprietari (o di un bene o servizio pubblico sono a tutti
azionisti, in inglese shareholder), fornitori, gli effetti stakeholder nell’ambito sociale
e la comunità da cui l'azienda trae le sue (poiché da clienti/fruitori dell’ente pubbli-
risorse. Non tutte le parti interessate sono co, divengono erogatori del servizio).
uguali. Ad esempio i clienti di un'azienda

132 133
ROLES local production

il funzionamento dei beni comuni e la produzione di


servizi e artefatti per la collettività. Nascono così diversi
gruppi e identità di formazione mista che producono
forme sociali, soluzioni e nuovi significati.

.1 il fenomeno del “making”


Se con stakeholder si possono intendere una vastità
di soggetti influenti coinvolti in un progetto, i makers
invece, lasciano meno dubbi sul loro ruolo. Il fenomeno
dei makers è venuto a galla negli ultimi anni ma in
realtà proviene dalle esperienze del Do it yourself (DIY)
e dell’auto-produzione. Tra le varie definizioni, il maker
viene anche definito un “artigiano digitale”, perché
produce autonomamente un artefatto, un prototipo, un
prodotto, spesso sperimentando nuovi metodi basati
su tecnologie a basso costo. I maker possono agire Barker Scott, Ikea-hacked wall screen, 2012.

su diversi livelli di manipolazione: da un livello minimo


di interazione con un modello esistente – dove quindi
“l’oggetto” viene solo riprodotto e leggermente modifi-
cato – ad un livello massimo dove la manipolazione volge
a migliorare l’utilità dell’oggetto stesso, realizzando
così qualcosa di completamente nuovo. Alcuni di questi
“inventori” sono perfino diventati degli imprenditori di
successo.( 12 ) Tutto questo è stato reso possibile grazie
alla democratizzazione delle tecnologie, oggi più accessi-
bili, facili da reperire, da utilizzare, e a buon mercato.
È interessante come l’autoproduzione sia un tema
storico per il design, ed Enzo Mari con la sua “Proposta
per un’autoprogettazione”, realizzava questi principi già
nel 1974, quando Arduino e le piattaforme moderne di
Bare Conductive, electric paint, Londra, 2011.
( 12 ) Se definiamo un “maker” come fica una cosa per renderla più funzionale
un soggetto che arriva a realizzare un ed appetibile al mercato. Secondo il New
prodotto di successo, dobbiamo però York Times, Steve Jobs era un tweaker,
distinguerlo dal “tweaker” (adattatore); poiché “micro invenzioni necessarie” ren-
quest’espressione, lanciata da Malcolm derebbero “le macro invenzioni più produt-
Gladwell, indica un soggetto che modi- tive e remunerative”.

134 135
ROLES local production

produzione autonoma non avrebbero potuto sfruttare le Ostrom, premio nobel per l’economia nel 2009. Co-pro-
potenzialità di condivisione di Internet. durre un servizio però, non riduce l’importanza del ruolo
«Ora che la necessità di produrre tanto sta scom- della pubblica amministrazione, ma ne cambia il valore.
parendo, grazie alla democratizzazione dei mezzi Invece di essere il principale e unico fornitore, diventa
di produzione, è iniziata una rivoluzione coopera- partner dei cittadini, nella funzione condivisa di copro-
tiva che riporta finalmente l’uomo (peer), al centro duttori: si rinnova come ente capace di supportare e se
dell’atto della produzione, umanizzandola».( 13 ) necessario, promuovere ed orientare la partecipazione
La produzione facilitata, non essendo più relegata alla dei cittadini, utilizzando al meglio le loro capacità in
“fabbrica” o a luoghi specifici, viene così destinata ai termini di conoscenza, esperienza e coinvolgimento
singoli soggetti e alle loro abilità creative. È in questo diretto. ( 15 )
modo che le capacità progettuali dei singoli vengono in La coproduzione si differenzia, quindi, dalla “pro-
un certo senso “liberalizzate”, così come affermava Man- duzione regolare” standardizzata, perché non considera
zini in apertura, dando il via a una nuova generazione di più la divisione tra “providers” (chi fornisce un servizio)
piattaforme manufatturiere, reti di produzione, start-up e i “consumers” (i consumatori che lo usano), essendo
(vedi Etsy.com) finalizzate al rilancio di una nuova cul- quest’ultima una modalità di erogazione del servizio
tura del prodotto in nuovi mercati frammentati. Questa monodirezionale. Nella coproduzione, invece, le due
rivoluzione della produzione è sicuramente anche una dimensioni di “fornitore” e “utente” si sovrappongono, e
rivoluzione sociale e culturale, poiché tutti i fenomeni la partecipazione dei cittadini diviene un elemento deter-
che ne conseguono (DIY, p2p, makers…) sono chiare minante nel processo di produzione. ( 16 )
volontà di emancipazione dal mercato classico, di indi- Per gli economisti però, anche nella coprodu-
pendenza dal capitale, che portano il singolo individuo zione – così come nella produzione monodirezionale – ci
ad assumere un ruolo primario e a responsabilizzarsi sarebbe il problema della condivisione dei rischi. In
come “attore sociale”. ( 14 ) pratica anche se fornitori e utenti sono allo stesso modo
coinvolti nella produzione del servizio, non significa che
.2 la coproduzione condividano anche le stesse responsabilità, gli stessi
Il concetto di coproduzione è utile per introdurre il rischi e gli stessi benefici. Questi diversi gradi di respon-
discorso del ruolo dello Stato e degli individui della sabilità rendono molto problematico interpretare la
comunità nella risoluzione di problemi sociali complessi. coproduzione in termini di vera collaborazione. ( 17 )
“La coproduzione implica che i cittadini giochino un Mentre vari studi stanno cercando di capire in che
ruolo attivo nel produrre beni pubblici o servizi che modo la coproduzione possa diventare lo strumento
li riguardano direttamente” è la definizione di Elinor volto a stimolare l’innovazione a livello locale e globale,

( 13 ) Cicero Simone, La rivoluzione a ( 14 ) Cicero Simone, La rivoluzione a ( 15 ) Manzini Ezio, Design when every- una chiave di lettura pragmatica per ri-
portata di mano, http://www.domusweb. portata di mano, cit. body designs: An introduction to design pensare la participatory governance, stu-
it/it/opinioni/2012/06/15/la-rivoluzio- for social innovation, MIT Press, 2015. dio per XXVI Convegno SISP, Università
ne-a-portata-di-mano.html ( 16 ) Cataldi Laura, Coproduzione: degli studi di Torino, 2012, pag. 10.

136 137
ROLES local production

molte iniziative a conduzione di artisti e designer (alcune ai pianificatori, dagli “estranei” agli “addetti ai lavori”,
delle quali già discusse in questa tesi), stanno da tempo al fine di ‘generare modelli che offrino soluzioni al com-
alimentando la casistica e portando pratiche mirate al plesso problema dell’integrazione.
coinvolgimento attivo dei cittadini, e alla produzione Nel suo progetto “Freehouse, Market of Tomorrow”
collettiva di oggetti, prodotti locali, artefatti simbolici, del 2008, van Heeswijk ha cercato di rivitalizzare il mer-
servizi urbani, eccetera. Le metodologie progettuali cato nel quartiere Afrikaander di Rotterdam. Lavorando
stanno dimostrando di poter affrontare la complessità con venditori, artisti, designer e negozianti, ha svilup-
dei problemi sociali su più livelli, dichiarando il suo ruolo pato un progetto dettagliato di quello che doveva essere
nello sviluppo dell’innovazione sociale. Si interviene il mercato ideale del futuro, dedicando molta attenzione
in special modo nei contesti locali, per rispondere in alla varietà di prodotti di alta qualità, ai servizi, e a nuove
maniera più efficace alle necessità del territorio, pro- iniziative basate sulla collaborazione reciproca delle
muovendo sviluppo urbano e valore civico. diverse figure professionali. Nella progettazione della
Il lavoro dell’artista olandese Jeanne van Heeswijk, strategia, van Heeswijk ha sfidato la legislazione locale
è un caso esemplare la complessità dell’operazione che impediva ai venditori e alla comunità di dar vita a
sociale e urbana. I progetti di van Heeswijk riguardano fonti di guadagno sostenibili. In una fase successiva,
la creazione di spazi pubblici attivi e diversificati, spesso alcune di queste proposte sono state implementate nel
ridando valore a luoghi abbandonati o fatiscenti. Inol- nuovo piano di governo. Il rinnovamento del mercato è
tre, essi si distinguono per il loro forte coinvolgimento ancora oggi in continua evoluzione ed è tornato a essere
sociale, che spesso conta centinaia di partecipanti per il cuore pulsante del quartiere Afrikaander. ( 18 )
un periodo di tempo molto esteso.
L’artista si definisce come un mediatore tra situa- .3 produzione culturale e coesione sociale
zioni, luoghi e persone, facilitando diversi tipi di azioni e Nel lavoro di van Heeswijk possiamo rivedere alcuni temi
interazioni. Eppure, questo ruolo non è semplicemente il chiave dei progetti analizzati nella sezione precedente:
saper integrare le molte voci, ma mettere in discussione sviluppo urbano, comunità, riflessione collettiva, com-
e a confronto tra loro tutti i soggetti coinvolti, dai bam- mercio creativo. Tutte queste iniziative ci permettono di
bini agli funzionari della città, dai responsabili politici definire, quindi, i due valori fondamentali della coprodu-
zione: la produzione culturale e la coesione sociale.
La produzione culturale è oggi un’urgenza nella
( 17 ) Una dinamica frequente è quella Mancur Olson afferma l’impossibilità che
del free riding, che consiste nell’assunzio- un’organizzazione possa occuparsi del riattivazione dei territori. Viviamo in un momento in cui si
ne dei rischi e dei costi solo da parte di un raggiungimento dei propri scopi senza sta rivoluzionando il diritto e il significato stesso di pro-
gruppo ristretto di persone, solitamente che gli individui ricevano un qualche tipo
da quelli che si definiscono leader o che di vantaggio economico. Questa proble- duzione. Così, in questo contesto, il bisogno di produrre
portano avanti un movimento o un’orga- matica emerge nel momento in cui i mem-
nizzazione in modo più diretto, mentre bri diventano numerosi e la gestione a
il resto dei partecipanti utilizza il bene partecipazione diretta viene sostituita da ( 18 ) Curry Stone Design Prize 2012:
servito senza assunzione di responsabi- una cessione di responsabilità dei singoli van Heeswijk, http://www.domusweb.it/it/
lità, quindi in termini opportunistici. In verso un gruppo di rappresentanti. design/2013/04/24/curry_stone_design_
questo senso, l’economista americano prize_2012_jeanne_van_heeswijk_.html

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ROLES local production

relazioni culturali e la sfera culturale stessa, viene riven-


dicato, reclamato. La produzione culturale di una città è
lo strumento e l’immagine della sua trasformazione, è un
indicatore che misura lo stato di benessere collettivo e di
innovazione di un territorio. Il coinvolgimento e la parte-
cipazione attiva dei cittadini è parte di questo processo.
Portare invece i cittadini ad agire e a diventare
produttori, non è così semplice. Diventare un produttore
attivo, seppur locale, significa correre dei rischi; e se
si prendono dei rischi, si possono commettere errori. Il
dubbio di produrre qualcosa che potrebbe non piacere,
implica un continuo confronto con “l’altro” e il confronto
non è per tutti qualcosa di gradevole. ( 19 )
Gli esempi analizzati dimostrano come il design
può semplificare queste dinamiche, riflettendo assieme
ai cittadini sulle condizioni del contesto nel quale si
trovano, affinché possa manifestarsi autonomamente
il processo di collaborazione e di co-produzione. Il desi-
gner, quindi, non forza una metodologia se non ci sono i
presupposti per applicarla; per ottenere un reale impe-
van Heeswijk Jeanne, Freehouse, Afrikaan- gno da parte degli altri attori bisogna costruire lo scopo
derwijk, Rotterdam, 2008 (in corso).
comune collettivamente, non imponendolo dall’alto (è
impensabile infatti che un designer risolva un problema
sociale, erogando un servizio da installare su un territo-
rio solo in base alle sue conoscenze e alle sue volontà).
Moltiplicare esperienze ben riuscite di coprodu-
zione, produce anche coesione sociale; questa incentiva
i cittadini a sviluppare altre relazioni e collaborazioni,
incrementando così il “capitale sociale”. ( 20 ) La coesione
sociale è il valore promosso nella coproduzione, utile a

( 19 ) Viviers Alma, Stop waiting, start ( 20 ) Per P. Bordieu il “capitale sociale”


making: Lessons in liveability from «la somma delle risorse, materiali o meno,
Jeanne van Heeswijk, http://www.ca- che ciascun individuo o gruppo sociale ot-
p e t o w n p a r t n e r s h i p . c o . z a / 2 0 13/0 4 / tiene grazie alla partecipazione a una rete
stop-waiting-start-making-lessons-in-li- di relazioni interpersonali basate su princi-
veability-from-jeanne-van-heeswijk pi di reciprocità e mutuo riconoscimento».

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ROLES local production

ridurre i rischi e gli squilibri nell’assunzione delle respon-


sabilità legate alla produzione. ( 21 )
Cambiando quindi il rapporto tra il mondo del
consumo e il mondo della produzione, anche la figura del
designer muta oggi significativamente. Il designer può
contribuire ad aumentare la varietà e la diversità produt-
tiva, mettendo a disposizione le proprie capacità proget-
tuali e promuovendo nuovi contesti di produzione locale.
Potremmo definirlo come “agente scatenante” di condi-
zioni favorevoli al cambiamento, sia quando propone un
suo progetto e fornisce gli strumenti per metterlo in atto
secondo le regole delle comunità, sia quando si limita a
tirare fuori il potenziale collaborativo e progettuale dei
cittadini, sfruttando le loro conoscenze specifiche per il
raggiungimento di uno scopo sociale comune.

( graf.3 ) In un contesto in cui “tutti proget-


tano”, per scopi e interessi differenti, il ruolo
del progettista può fungere da acceleratore
( 21 ) Cataldi Laura, Coproduzione: una sociale, incentivando la produzione locale
chiave di lettura pragmatica…, cit., pag. 13. per promuovere aggregazione e coesione.

142 143
ROLES new creative business

Ⅲ NEW creative BUSINESS La progettazione di pratiche sociali e culturali è la mani-


forme festazione di un cambio di prospettiva nella professione
di economia del designer. I problemi sociali divengono così beni
intelligente preziosi sui quale è possibile intervenire con competenze
progettuali, ma che al tempo stesso devono andare oltre
la mera realizzazione di un “oggetto fisico finale”. È inol-
tre importante considerare in questo processo anche la
struttura economica di riferimento.
Le dinamiche dell’economia moderna sono sempre
più attente e interessate alla produzione creativa e cul-
turale. Il mercato, d’altronde, non è che la combinazione
dei fattori “competitività” e “innovazione”, qualità sempre
appartenute al mondo del design. La creazione di nuovi
ambienti, artefatti in linea con le tendenze e le esigenze
sociali, modellano l’identità e lo stile di vita delle persone
e pertanto rappresentano anche un valore economico –
sostiene Paul Rutten, professore e ricercatore di Creative
Business presso l’Università di Scienze applicate di Rot-
terdam nota. Questo cambio di sistema rappresenta un
momento di svolta per riorganizzare le discipline creative
e i modelli di business esistenti.

.1 innovation is the new black


Nell’ambito del design per l’innovazione sociale trova
la sua collocazione il “Design Thinking”, una pratica
di progettazione human-centered, ovvero focalizzata
alla creazione di processi e servizi misurati sui bisogni
dell’uomo e le esigenze sociali, in un modo “tecnologi-
camente fattibile e strategicamente vitale”.( 22 ) Il Design
Thinking è la metodologia sulla quale si fonda la società
internazionale IDEO, che da più di 15 anni lavora in
questo settore, promuovendo una progettazione più

22 ) Brown Tim, Design Thinking,


Harvard Business Review, 2008, numero
Giugno.

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ROLES new creative business

orientata allo sviluppo e meno all’estetica e alla comu- allo stesso modo di quelli di natura economica”, era già
nicazione brandizzata/evocativa. Tim Brown, CEO e in atto la nascita di programmi e team di progettazione
presidente di IDEO, è oggi uno dei principali promotori di che lavoravano per i servizi pubblici. ( 25 )
questo settore e ha definito il Design Thinking un gene- L’innovazione sociale è senz’altro un terreno
ratore di nuove soluzioni indirizzate ad organizzazioni, articolato sul quale lavorare, anche se alcune metodo-
aziende, compagnie locali, che producono valore per logie hanno dimostrato di avere un grande potenziale
le attività svolte e per i suoi clienti. Esso si propone di di sviluppo in questo senso. Tuttavia, è proprio grazie
fornire strumenti efficaci per l’innovazione aziendale e la all’exploit dei progetti di questi ultimi anni che si è potuto
sua trasformazione, anche dal punto di vista della perso- evidenziarne alcuni limiti. Il design può essere utilizzato
nalizzazione del proprio modello di business. con successo come strumento per affrontare la com-
Secondo le esperienze dirette questa pratica di plessità dei problemi sociali, ma deve essere adattato al
progettazione è innovativa perché andrebbe oltre le logi- nuovo paesaggio. Kevin McCullagh – esperto di strategie
che di mercato, spesso ponendosi come market shapers, del prodotto e scrittore nell’ambito del design, business
ovvero creando appositamente lo spazio per quel dato e società – ha spiegato che nel design sociale sono
prodotto sviluppando nuove strategie di vendita, campa- coinvolte altre aree di competenza in cui i progettisti non
gne di pubbliche relazioni per gli utenti, o per gli stessi sono sufficientemente preparati. Ovvero, non si tratta
progettisti che vorrebbero ispirarsi a quel modello.( 23 ) solo di rielaborare un metodo progettuale utilizzato per
In questo senso, la controversia tra innovazione il prodotto e riapplicarlo ad un servizio di natura sociale.
e design, la disputa se si tratti o meno di due discipline Questi problemi richiedono nuove conoscenze e compe-
separate, è stata alimentata dal dibattito internazionale tenze verticali.( 26 )
per molto tempo. Parte della comunità del design cri- Sull’onda di tali complessi sviluppi, vari pensatori
ticò duramente questa nuova “etichetta” proveniente e progettisti stanno proponendo un cambiamento di
dal metodo del design thinking, ritenendolo confuso e sistema: uno slittamento per passare da strutture su
troppo vicino alla pianificazione strategica imprendito- larga scala a strutture di piccole dimensioni, da grandi
riale. ( 24 ) Quando il British Design Council sostenne però investimenti iniziali a più graduali pianificazioni dei flussi
che il design “era in grado di risolvere problemi sociali monetari, da organizzazioni con pochi professionisti

( 24 ) Nel 2005 Michael Beirut scrisse circa il raggiungimento degli obiettivi fi-
( 23 ) Un esempio per comprendere il oscurato i ricordi d’infanzia della gente. un articolo sul blog Design Observer dal nanziari nel primo periodo di applicazione.
metodo del design thinking: il produttore Così il team ha creato un nuovo concetto titolo “Innovation is the new black”, dove ( 25 ) Il Design Council affidò in quegli
di componenti per biciclette giapponese di bici, Coasting (ruota libera), per de- accusava fortemente le nuove tendenze anni a professionalità come Hilary Cottam
Shimano coinvolge IDEO per scoprire per- scrivere una nuova categoria di mountain sull’utilizzo della parola “innovazione” e John Thackara, incarichi per lo sviluppo
ché il 90% degli adulti americani non van- bike; hanno sviluppato nuove strategie accanto a “design”. Per Beirut ripetere di nuove soluzioni alle sfide sociali ed eco-
no in bicicletta. Il team interdisciplinare di vendita al dettaglio, una campagna di all’infinito la parola innovazione era solo nomiche, coinvolgendo le comunità nella
di progettazione ha scoperto che le espe- pubbliche relazioni per identificare luoghi l’ultima di una serie di mode che avevano progettazione di servizi locali.
rienze di vendita al dettaglio sono intimi- sicuri per andare in bici, e un progetto di travolto il mondo del lavoro per anni. E ( 26 ) McCullagh Kevin, Is It Time to
datorie, la complessità e i costi rendono le riferimento per ispirare i designer di altre all’interno della sua critica c’è anche IDEO Rethink the T-Shaped Designer?, http://
biciclette “sofisticate”, e il pericolo di viag- compagnie che si introducevano alla ma- e le sue metodologie “appetibili” al nuovo www.core77.com/posts/17426/is-it-time-
giare su strade molto trafficate, avevano nifattura delle Coasting bike. mercato, evidenziandone i grossi limiti to-rethink-the-t-shaped-designer-17426

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ROLES new creative business

incaricati a pratiche con un gran numero di operatori,


dalla fiducia in metodi standard alla sperimentazione di
nuovi, dal guadagno finanziario alla creazione di valore
multiplo. ( 27 )

.2 nuovi modelli di economia


L’individuazione di strutture economiche alternative per
il sostentamento di questi progetti viene vista dai nuovi
designer come una sfida interessante. Nascono esponen-
zialmente iniziative che tentano di applicare nuovi modelli
economici ai propri progetti, condividendoli in base a
principi open-source (vedi il progetto Wikihouse), oppure
facendosi portatori e promotori di sistemi alternativi.
De Ceuvel, ad esempio, è una stazione di lavoro per
le imprese creative e sociali, adiacente al canale van Has-
selt di Amsterdam. Il terreno è stato assicurato con un
contratto di locazione di 10 anni dal Comune di Amster-
dam, dopo che un gruppo di iniziatori ha vinto una gara
d’appalto per trasformare il sito in un oasi urbana rige-
nerativa. L’ex terreno industriale aspira a diventare uno
spazio di sviluppo urbano unico e sostenibile in Europa.
Il sito, ora fortemente inquinato, sarà caratterizzato da
“case galleggianti” operative, disposte intorno ad una SpaceMatter, De Ceuvel, Amsterdam, 2015.

passerella di bambù e circondato da un paesaggio ondu-


lato di piante che purificano il terreno contaminato. Ogni
barca ospiterà uffici, atelier o laboratori per le imprese
creative e sociali. Il piano comprende anche la realizza-
zione di un ristorante aperto al pubblico, Ceuvel Café, e
un bed & breakfast. Ceuvel Café è stato aperto ufficial-
mente nell’estate 2014 e attualmente cerca di creare le

( 27 ) Schutten Iris, Artists and desi-


gners are redesigning business, http://
w w w.beyond-social.org/ar ticles/Ar ti-
sts_and_designers_are_redesigning_bu-
siness.html

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ROLES new creative business

condizioni per una produzione e distribuzione locale di un’economia al tempo stesso (definito network economy).
verdure e caffè, coltivate nelle migliori circostanze sia In chiave economica la rete è oltretutto “la forma organiz-
per gli agricoltori che per la natura. Il padiglione è stato zativa superiore e maggiormente produttiva rispetto al
costruito con materiali riconvertiti e mirerà ad essere modo gerarchico di organizzare le cose”. ( 29 )
autosufficiente grazie alla produzione di biogas e di un Paul Rutten sostiene a riguardo che l’economia
frutteto sul tetto, oltre che a diventare un nuovo centro della rete permette modi orizzontali di creazione, produ-
culturale a nord di Amsterdam. ( 28 ) zione e distribuzione, facendo invece apparire inutilmente
Il progetto promuove la blue economy di Gunter complesse le grandi strutture aziendali. Rutten afferma
Pauli, un nuovo modello di business per la creazione inoltre:
di comunità sostenibili grazie alla trasformazione di «Stiamo assistendo alla scomparsa del concetto
sostanze, che prima venivano sprecate (come il biogas lineare di imprenditorialità. Questo modello è stato
appunto), in merce redditizia. Lo sfruttamento delle sostituito da un modello di imprenditorialità più
risorse già esistenti è sicuramente un fattore di rilievo “incrementale”, con un approccio graduale sulla
nelle economie emergenti, nonché una forma di pensiero base di ambizioni, speranze e sogni, e si sviluppa
che si traduce in innovazione. “Se vogliamo essere com- in dialogo costante con il mondo esterno».( 30 )
petitivi dobbiamo trarre il massimo dalle nostre risorse, Un tale modello di business è una sfida progettuale che
reimmettendole nel ciclo produttivo”, afferma Janez non si tira fuori da un libro di testo, ma utilizzando le
Potočnik, commissario per l’Ambiente della Comunità risorse personali e quelle della rete costituita, gestendo
Europea; “milioni di utenti appartenenti alla nuova insieme i rischi e le aspettative in modo responsabile,
classe media e mercati interconnessi, utilizzano ancora agendo passo dopo passo.
sistemi economici lineari ereditati dal Diciannovesimo Queste sono qualità particolarmente rilevanti nel
secolo” continua Potočnik. contesto di un cambiamento di sistema, in cui le pra-
Il Ventunesimo secolo è difatti caratterizzato dall’a- tiche sociali e le produzioni culturali possono svolgere
scesa di nuove teorie e modi di concepire l’economia: un ruolo importante, in quanto denominatori di valore e
sharing economy, civic economy, blue economy, circular innovazione nella creazione di una società inclusiva. Ma
economy, creative economy, e la lista potrebbe conti- non è affatto un processo semplice. Perciò è importante
nuare. Non è probabilmente questa la sede giusta per tenere in considerazione due elementi: il primo è legato
affrontarle tutte, ma alcuni valori sono condivisi e ricor- al fattore tempo, necessario al processo di sviluppo dei
sivi tra queste. Il termine stesso di economia viene ricon- progetti; le iniziative già mostrate sono accomunate da
cettualizzato se pensiamo alle caratteristiche del mondo consistenti periodi di installazione e adattamento al terri-
moderno. La rete, ad esempio, è un elemento fondante torio, considerando i tempi di coinvolgimento della citta-
della società attuale e ha la capacità di collegare per-
sone, organizzazioni, istituzioni. È uno strumento e ( 29 ) Rutten Paul, Redesigning busi- in_the_creative_economy.html
ness: networks in the creative economy, ( 30 ) Rutten Paul, Redesigning busi-
http://www.beyond-social.org/articles/ ness: networks in the creative…, cit.
( 28 ) http://deceuvel.nl Redesigning_business%3A _networks_

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ROLES new creative business

dinanza e la creazione di fiducia di un pubblico sempre


più vasto e attivo nel progetto. Lavorare con tempi più
flessibili permette di creare una rete che collega le inizia-
tive provenienti “dal basso” con nuove idee, che possono
venir fuori per coinvolgere chi detiene le risorse (ad
esempio gli organi pubblici). Il secondo riguarda l’atten-
zione per la situazione attuale, nonché le persone, le reti,
le strutture, le conoscenze, le competenze, i materiali e
le esigenze che sono già presenti sul territorio. Questo
consente di essere più sensibili alle necessità specifiche
e alle risorse disponibili, ma anche di maturare una
capacità di improvvisazione e riparabilità dei contesti,
di analisi dei sistemi e di gestione del cambiamento.

( graf.4 ) Una pratica sociale può servirsi di


un modello economico tradizionale oppure,
ricercare la propria sostenibilità attraverso
nuovi sistemi e approcci di business.

152 153
ROLES open resilient practices

Ⅳ OPEN RESILIENt PRACTICES La ridefinizione del ruolo della cultura e la rivalutazione


disseminazione delle sue pratiche come mezzi per affrontare i vari strati
e resilienza della crisi (economica, sociale, politica, ambientale), si
come valori collocano nel contesto attuale di deglobalizzazione. Con
questo termine s’intende il superamento delle strutture
politiche ed economiche globalizzate, rivelatesi falli-
mentari e prossime al deterioramento, portando all’in-
centivazione dei mercati locali. ( 31 ) In questo scenario le
attività culturali nascenti sono sempre più localizzate,
dove quindi si produce e consuma cultura all’interno
di luoghi definiti. Ed è qui che risiede il contrasto tra
locale e globale. Molte produzioni orientate allo sviluppo
sociale locale, stanno anche maturando un occhio verso
l’esterno e alla loro diffusione, appunto, oltre il locale. Ma
oggi che la conoscenza e gli strumenti sono alla portata
di tutti, le ideologie, gli individui e la tecnologia sono in
continuo movimento, l’atto della diffusione appare quasi
banalizzato; in realtà evidenzia un mondo globale sem-
pre più translocale, ovvero fatto da tanti piccoli mondi
locali in transito. ( 32 )

.1 dal globale al locale e translocale


Prima di entrare nello specifico del tema della “diffu-
sione” inteso come valore, è necessario fare un passo
indietro approfondendo la dicotomia tra globale e locale,
fenomeno contemporaneo che ha interessato il mondo
dell’antropologia e non solo.
Ulf Hannerz, antropologo svedese, definisce la
contrapposizione tra globale e locale come fuorviante,
perché si crede siano due locuzioni antitetiche. Il locale è
fonte di continuità culturale, contrariamente al globale,
che sembra essere divenuto sinonimo di cambiamento.

( 31 ) http://www.treccani.it/vocabo- ( 32 ) ht tp://w w w.aracneeditrice.it/


lario/deglobalizzazione_(Neologismi) pdf/9788854840386.pdf

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ROLES open resilient practices

Hannerz sostiene invece che il globale, nell’omogeneità


diffusa di idee e pratiche, provoca un senso di perdita
culturale, crea una vicinanza tra luoghi e persone che
non migliora l’integrazione, perché non si viene comple-
tamente accettati e capiti; perciò ci si rifugia nel locale
come fonte apparente di radicamento e profondità cul-
turale. In realtà anche il locale, con le continue relazioni
tra centro e periferia, non può essere distinto nella sua
originalità, per cui si ridefinisce una cultura “creola”,
spiega Hannerz, meticcia, che contiene già al suo interno
diversità. ( 33 )
Anthony Giddens reclama invece uno “sradica-
mento del locale”, a causa di un mondo globalizzante
fatto di relazioni sociali planetarie, che collegano ciò
che è lontano in una “costante dialettica di presenza
e assenza”. Aumentando gli strumenti, le procedure e
meccanismi indifferenti allo spazio e al tempo in cui ven-
Arrow Factory, Public service announcement–
gono applicati, avanza l’inarrestabile processo di sradi- The Art of the Scam, Pechino, 2010.
camento di persone, cose, azioni dal proprio contesto
territoriale. Le attività quotidiane vengono così “svuotate”
della loro dimensione spaziale, legate ai luoghi in cui
tradizionalmente avvengono. Secondo Giddens, quindi,
aprire i confini circoscritti dei luoghi al globale, significa
alternarne la sua natura e rischiare di trasformare quello
spazio in un “non-luogo”, ovvero uno spazio privo di diver-
sità culturale. ( 34 )
Se da un lato quindi la diversità culturale dei luoghi
è un valore che si sta perdendo, dall’altro è importante
precisare che la cultura è una struttura dinamica, in
movimento, “che viaggia su reti di comunicazione non
localizzate in singoli territori”, ( 35 ) ma all’interno di ogni
singolo individuo, che trasporta con sè i simboli culturali

( 33 ) Hannerz Ulf, La diversità cultura- della modernità, Il Mulino, Bologna, 1994. http://www.domusweb.it/it/recensio-
le, Il Mulino, Bologna, 2001. ( 35 ) Hannerz Ulf, Complessità cultu- ni/2012/01/27/translocalismo-e-dissemina-
( 34 ) Giddens Anthony, Le conseguenze rale, Il Mulino, Bologna, 1998. zione-3-years-arrow-factory-2008-2011.html

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ROLES open resilient practices

che lo distinguono come identità. Questo sancisce


un punto chiave, oltre che nell’antropologia moderna,
soprattutto nella comprensione di che cosa significa
“cultura locale” oggi.
Il concetto di luogo, come portatore di dinamiche
culturali, è costretto a ridefinirsi in un sistema in movi-
mento di mondi (le persone) che entrano in contatto tra
loro e formano “comunità immaginate”. ( 36 )
Arjun Appadurai, definendo questo fenomeno Zaganelli Giacono, Mappa dell'abbandono
“deterritorializzazione”, sostiene che queste connessioni in Toscana, 2011.

di identità translocali abbiano un grande impatto dal


punto di vista sociale e politico sull’immaginazione col-
lettiva. L’incontro e lo scambio di vite e località lontane,
contribuisce a creare una coscienza sociale più critica,
che permette di rielaborare le proprie tradizioni e favorire
lo sviluppo di nuove forme di politica e di espressione
collettiva. ( 37 ) Nuove forme di località possono così
realizzarsi, sentendosi abilitate ad agire e a modificare le
strutture di organizzazione sociale tradizionali.

.2 disseminazione e resilienza
Produrre cultura localmente, quindi, necessita una serie
di precisazioni di cui un designer che opera sul territorio
dovrebbe tenere conto. Molte delle tesi sopra illustrate
appartengono soprattutto al mondo della riflessione
antropologica, prodotte in seguito ai fenomeni sociali
Debord Guy, Guide psychogéographique de Pa-
ris. Discours sur les passions de l'amour, 1957.

( 36 ) Il concetto di comunità immagi- simbolici come l'invenzione di tradizioni, la


nate sorse nell'ambito di una riflessione creazione di un immaginario comune e di
che Benedict Anderson, filosofo della po- un orizzonte di memorie collettivamente
litica di ispirazione marxista, introdusse condivise. Questo processo di costruzio-
nel dibattito sul nazionalismo e sull'idea ne si estende nel tempo e nello spazio, nel
di nazione, in seguito ai violenti esiti con- quale hanno un ruolo importante i proces-
flittuali della decolonizzazione negli anni si sociali (artificiali, naturali, ma anche
’70. La riflessione di Anderson ribadisce completamente casuali).
la proposta di considerare la “nazione” ( 37 ) Arjun Appadurai, Modernità in
non pensandola come un dato di fatto, polvere. Dimensioni culturali della globa-
ma come il prodotto di processi culturali e lizzazione, Meltemi, Roma, 2001, pag. 80.

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ROLES open resilient practices

degli ultimi anni, e costituiscono perciò un importante Per comprendere meglio il concetto trovo perfetta la
base teorica per la progettazione sociale. metafora del “giardino in movimento” di Gilles Clément.
La diffusione di modelli sociali è una naturale ( 39 ) L’essenza del suo giardino sta nel non essere con-

conseguenza alla trasformazione dei luoghi in entità tenibile, nell’impossibilità di vivere all’interno di “griglie”
culturali mobili e soggette al cambiamento. Il “villaggio predefinite; esso si autogestisce e si diffonde in maniera
internazionale” del collettivo MyVillages (citato a pag. non programmabile, reagisce ai cambiamenti e alle
86) ne è un esempio rilevante, poiché ha fatto della “dis- avversità del tempo e si determina come sistema resi-
seminazione” del concetto di commercio tra produttori liente. La resilienza è, in termini generici, “la capacità di
locali, il suo punto di forza e di riconoscimento. Creare un sistema di adattarsi al cambiamento”. ( 40 ) È sinonimo
un collegamento tra un villaggio a nord dei Paesi Bassi di resistenza ma ha tante declinazioni di significato
e uno shop a San Francisco, crea non solo un ponte tra in base ai vari ambiti di applicazione. In ecologia, ad
luoghi e persone lontane, ma produce nuove narrazioni, esempio, fa riferimento alla “riparabilità” del sistema in
in questo caso grazie alle interazioni prodotte dal com- seguito a una condizione non favorevole o a un momento
mercio (simbolico) dei prodotti locali. di rottura, cercando quindi di ripristinare il suo equilibrio
La disseminazione (o dissemination, parola che iniziale agendo in totale autonomia. Possiamo affermare,
inizia a prendere piede nelle terminologie utilizzate dagli dunque, che la resilienza è un requisito fondamentale di
operatori sociali), è generalmente intesa come distri- un azione progettuale sostenibile e sociale.
buzione di conoscenza e valori, ma aggiunge ulteriore Per fare un esempio concreto, il progetto
significato nella sua definizione proveniente dal mondo WikiHouse (vedi pag. 104) ha l’obiettivo di disseminare la
naturale. pratica della produzione democratica di abitazioni soste-
«La disseminazione è il processo attraverso nibili, rendendo i suoi progetti aperti e utilizzabili in tutto
il quale i semi di alcuni tipi di piante si propagano il mondo. La qualità di quest’operazione sta soprattutto
in un terreno adatto alla germinazione». ( 38 ) nella prospettiva di miglioramento del progetto, grazie
Allo stesso modo un progetto di innovazione sociale può a chi lo utilizza e lo applica nel proprio territorio. Come il
innestarsi in un territorio preparando il campo a condi- caso di WikiHouse NZ (Nuova Zelanda), dove le neces-
zioni di crescita diffuse. Non è propriamente la diffusione sità e le ristrettezze economiche date da un contesto in
di un progetto in sè, ma la divulgazione di valori e forte disagio, dovuto al terremoto di Christchurch, hanno
prospettive (di crescita collettiva, di miglioramento di permesso a due ingegneri del luogo di prototipare una
uno stato sociale ad esempio) che trovano luogo nella nuova versione più piccola e modulare della WikiHouse.
coscienza sociale, in quanto il luogo più adatto per acco-
gliere ed ospitare nuove dinamiche culturali. ( 39 ) Il giardino in movimento di Gilles crescita e dello sviluppo biologico in oppo-
L’altro valore essenziale da introdurre è la resilienza. Clément ha diversi livelli di lettura: è un sizione a quello economico, l’arte di age-
una guida per il giardiniere, un trattato di volare, favorire, incoraggiare un disegno
filosofia, è un diario delle esperienze dello naturale, e non forzato dalle volontà del
stesso Clément. L’idea quasi paradossale “giardiniere”.
( 38 ) Disseminazione, https://it.wiki- di un giardino in movimento è un rifugio ( 40 ) Resilienza, https://it.wikipedia.
pedia.org/wiki/Disseminazione per la diversità, la valorizzazione della org/wiki/Resilienza_(biologia)

160 161
ROLES open resilient practices

In questo modo gli utenti che ne hanno bisogno costru-


iscono inizialmente quello che possono permettersi, in
genere una stanza, e in seguito possono aggiungere
altre stanze a seconda della propria disponibilità eco-
nomica.( 41 ) Questo è una buona dimostrazione di flessi-
bilità e adattamento alle condizioni esistenti che danno
luogo a soluzioni utili e vantaggiose. Inoltre la possibilità
di diventare co-autori del progetto, ha reso gli ingegneri
neozelandesi autonomi nel manipolare il modello di
partenza a seconda delle necessità del contesto.
L’autonomia è, dunque, l’ultimo tema chiave e
costituisce il valore aggiunto per entrambi i princìpi
spiegati in questo paragrafo. È l’elemento che contiene
l’utopia. L’autonomia di una pratica sociale sta nella sua
capacità di autogestirsi, di radicarsi, sedimentarsi al tal
punto nel territorio e nella consapevolezza delle persone
coinvolte, da passare dalle mani dell’iniziatore (proget-
tista, operatore culturale, stakeholder) in quelle di altri
conduttori (cittadini). Per ottenere questo è necessario
che le reti prodotte siano stratificate e resistenti, gli
spazi di produzione siano ben consolidati ed economica-
mente sostenibili, soddisfino insomma i punti del pattern
precedentemente affrontati.

( 41 ) Stuff, Wikihouse project “a so- ( graf.5 ) La cultura translocale è una cul-


cial enterprise”, http://www.stuff.co.nz/ tura “meticcia”, ma che può consentire la
busine s s/small- busine s s/6 761782 9/ formazione di nuove comunità immaginate,
WikiHouse-project-a-social-enterprise resilienti, aperte e autonome.

162 163
ROLES transdisciplinary approach

Ⅴ TRANSDISCIPLINARY APPROACH L’ultimo elemento del pattern presentato in questa


progettazione sezione è anche il più “riflessivo”, perché si propone di
“incorporata” tirare le fila sul tema delle trasformazioni del design.
Osservando la vicenda nella sua totalità, abbiamo visto
una moltitudine di diversi attori, provenienti da altre
discipline e campi di competenza, che sono coinvolti
e attivi nell’ambito dell’innovazione sociale. Infatti non
possiamo considerare la progettazione – e il designer
come figura di riferimento – come ambito più rilevante
ed efficace nella produzione di nuove prospettive di cam-
biamento. A questo punto diviene necessario doman-
darsi se il design può e in che modo affermarsi come uno
strumento in grado di produrre risultati più verificabili
rispetto ad altri approcci.
Nel 2009, l’ex direttore della Young Foundation ( 42 )
Geoff Mulgan, ha elencato in una conferenza presso il
DMI (Design Management Institute) i punti di forza e di
debolezza del design per l’innovazione sociale.
Tra i punti di forza ci sono:
• intuito (ovvero la capacità di fornire nuovi spunti e
prospettive, grazie agli strumenti per il pensiero siste-
matico e la capacità di pensare dal punto di vista dell’u-
tente);
• immaginazione (le tecniche di visualizzazione);
• prototipi (i metodi di prototipazione rapida);
Esempi di punti deboli riguardano invece:
• economie (la mancanza di competenze economi-
che e organizzative);
• implementazione (la scarsa capacità di guidare il
processo di implementazione sul territorio);

( 42 ) La Young Foundation è un’orga- da Michael Young, il sociologo britannico


nizzazione non governativa (ong) no-pro- e attivista sociale che ha creato più di 60
fit e un istituto di ricerca, fondata nel 1954 organizzazioni, descritto da Harvard come
con sede a Londra. Specializzata in “inno- “l’imprenditore di maggiore successo del
vazione sociale” si propone di affrontare la mondo delle imprese sociali”. https://
disuguaglianze strutturali. Prende il nome en.wikipedia.org/wiki/Young_Foundation

164 165
ROLES transdisciplinary approach

• costi (il costo dei consulenti di progettazione, che visualizzazione, facilitazione e prototipazione. ( 44 )
spesso sono saltuari e non hanno un impegno a lungo Questo modello fa apparire il designer e i suoi
termine nei progetti); collaudati metodi, la figura più abile per la comprensione
• ricerca di revisione (la superficialità di alcune pro- delle esigenze degli stakeholder e del pubblico, e nella
poste a causa del fatto che, ignorando le esperienze e loro trasformazione in servizi concreti ed efficaci. Ma al
le prove già realizzate sul campo, i progettisti tendono a di là del dibattito che discute se queste pratiche funzio-
“reinventare la ruota”); nino o meno, o se è quantomeno pretenzioso pensare di
• comprensione del potere (politico, legato alle avere sempre una soluzione ad ogni tipo di problema, in
risorse). ( 43 ) questa sede ci interessa capire: è un designer-facilita-
Mulgan pone sul piatto della discussione temi tore con maggiori competenze manageriali, la figura di
importanti, sui quali viene da chiedersi fino a che punto riferimento che può offrire risultati migliori nell’ottica di
questi rientrano realmente nelle competenze del design un cambiamento?
e non appartengono invece a figure più orientate al Alcuni ricercatori (vedi il pensiero di Lucy Kimbell)
management o all’imprenditoria. Ma se un tempo i pro- dicono che questo nuovo modo di “pensare” il design,
gettisti erano riconosciuti per le loro competenze visive metta in secondo piano il suo “fare”, legato alle pratiche
applicate all’immagine di un’azienda, oggi abbiamo materiali e visive che caratterizzano l’approccio proget-
nuove professionalità – provenienti ad esempio dal tuale; in questo modo il pensiero critico del progettista
design thinking – che agiscono dentro le organizzazioni, si riduce, e di conseguenza anche il suo contributo all’in-
proponendosi di scovare i problemi e offrire soluzioni novazione. ( 45 ) Sappiamo bene che il pensiero critico è
(problem finding and solving) per il miglioramento una caratteristica fondamentale della progettazione,
della gestione interna, dei modelli di business e del loro poiché consente di mettere in discussione gli artefatti e i
posizionamento strategico nel mercato e/o nella società. sistemi esistenti nella vita quotidiana.
Ma quanto il territorio della progettazione è a contatto Cameron Tonkinwise, ricercatore e direttore del
con quello manageriale, al punto da porre il designer dipartimento di Design della Carnegie Mellon University
sotto un’altra veste e con un “fare” del tutto nuovo? “Il in Pennsylvania, ha scritto diversi articoli sul contributo
prossimo consulente gestionale è un designer” si intitola che il design può dare all’innovazione sociale. Una delle
un articolo che promuove il nuovo numero della rivista critiche avanzate da Tonkinwise riguarda la superficia-
Harvard Business Review sulle evoluzioni del design lità con la quale alcune proposte progettuali, citando il
thinking, indicando alcuni dei metodi e delle tecniche design thinking, si confrontano con territori di lontana
vincenti per il nuovo futuro, tra cui appaiono empatia, appartenenza, rischiando di far apparire queste ope-

( 43 ) Mulgan Geoff, Strengths, Weak- Marginal Notes on Innovation, Design, ( 44 ) Sommerfelt Ulla, Your next mana- ( 45 ) Kimbell Lucy, Rethinking Design
nesses and a Way Forward?, 2009. Il blog and Democracy” di Ehn P., Nilsson E. M., gement consultant is a designer, https:// Thinking: Part I, Design and Culture, 2011,
che aveva pubblicato originariamente il Topgaard R., Mit Press, Cambrige, 2014, www.linkedin.com/pulse/your-next-ma- volume 3, pagg. 285-306, http://www.
testo dell’autore è stato ora rimosso, ma pagg. 24-25. nagement-consultant-designer-ulla-som- designstudiesforum.org/dsf/wp-content/
è possibile ritrovarlo in “Making Futures. merfelt uploads/2011/11/kimbell_wm.pdf

166 167
ROLES transdisciplinary approach

razioni delle “imposizioni dall’alto” e non il frutto di un


processo naturale dato da una partecipazione attiva.
A tal proposito egli sottolinea il forte impatto
politico di questo genere di progetti interrogandosi sul
rapporto tra etica e politica:
«L’innovazione sociale per il design può sembrare
che eviti un posizionamento politico convenzionale
in questo senso, poiché la sua etica si basa sul
miglioramento del bene sociale. Tuttavia cosa
succederebbe se la progettazione orientata all’in-
novazione sociale non fosse un modo per evitare
politiche esplicite, ma un modo per minare la poli-
tica stessa? O un modo per rendere permanente la
ridondanza e l’inefficacia di un governo che cerca
di trovare modi per negoziare le crisi attuali attra-
verso risposte politiche?». ( 46 )
Il progetto Amplifying Creative Communities, finanziato
dal Rockefeller Foundation’s di New York dal 2009 e
sviluppato da DESIS, una rete internazionale di ricer-
catori nel campo del design ha come obiettivo quello di
trasformare gli esperimenti urbani isolati in buone pra-
tiche da esportare. Il presupposto è semplice: il compito
del designer non è quello di inventare ma piuttosto di
fortificare le innovazioni già esistenti, affinché siano più
efficaci e trasferibili in altri contesti, per poi condividerle
e renderle patrimonio di tutti. Le comunità creative non
possono più aspettare i governi o il mercato, perciò
agiscono per conto della propria rete, per risolvere i
piccoli problemi quotidiani del vivere urbano. Sempre
Tonkinwise, in occasione della mostra di Amplyfing Cre-

( 46 ) Tonkinwise Cameron, Politics


Please, We’re Social Designers, http://
w w w.core77.com/posts/17284/politi-
cs-please-were-social-designers-by-ca- Amplify! Exhibition opening, in collabo-
meron-tonkinwise-17284 razione con DESIS, New York, 2010.

168 169
ROLES transdisciplinary approach

ative Communities sugli orti comunitari di Lower East «Invece che pretendere un bene comune, potremmo
Side, a New York, scrive: “queste comunità creative di chiederci dove e da chi quel bene provenga e se da
lunga data sono state nodali per altri tipi di innovazione qualche parte, in comune, quel bene possa essere
sociale; sono passaggi verso reti di sostegno di quartiere rilocalizzato, creato o immaginato».( 48 )
solitamente poco visibili. Tuttavia, pochi giorni dopo Per lavorare sui beni o servizi di interesse sociale, quindi,
l’apertura della mostra, New York ha tenuto udienze sul è necessario progettare dei metodi che sfruttino le risorse
rinnovamento della moratoria contro lo sviluppo, che e il potere d’azione di chi le detiene, soprattutto perché
aveva protetto i giardini negli ultimi 10 anni. A quel punto queste, solitamente, non sono distribuite in maniera uni-
nella nostra ricerca, siamo venuti faccia a faccia con forme tra le organizzazioni e i vari attori sociali.
i limiti riguardo il potere del design: facilitare le chiare Un modo per conoscere nuovi strumenti e metodi
innovazioni sociali verso una vita urbana più sostenibile, che possano sostenere lo sviluppo di proposte robuste
rappresentato dai vecchi orti nel Lower East Side, è solo e la loro attuazione in contesti reali, riprendendo il
una battaglia contro la riluttante vecchia politica dei pensiero di Mulgan, è la collaborazione più stretta con
diritti di proprietà e dei loro costi di opportunità”.( 47 ) le altre discipline coinvolte nell’innovazione sociale. Si
Che sia conflittuale o meno il rapporto con la poli- può definire “progettazione incorporata” o embedded
tica, il design per l’innovazione sociale deve mirare ad design, quella che vede i singoli progettisti spostare la
estendere i suoi ruoli per assicurare una varietà di alter- propria azione verso reti in cui i designer sono stretta-
native. Nel pensiero e nella pratica critica di Ramia Mazè mente collegati ai diversi attori, creando una comunità
già citata a pag.122, questo fa parte di un lungo pro- transdisciplinare di design.( 49 ) Questo approccio nasce
getto volto ad aumentare la sensibilità sulla creazione, dall’esigenza di aggregare le pratiche di design nelle
la condivisione e la sperimentazione di concetti nuovi, in organizzazioni, evitando consulenze a breve termine,
chiave di una ricerca e progettazione socialmente e poli- permettendo un processo che è collaborativo a monte.
ticamente impegnata. È un processo che sta tentando «Coinvolgere tutti i possibili attori chiave (dipen-
di immaginare pratiche e modi in cui il design può essere denti pubblici, organizzazioni non governative,
pensato e fatto diversamente, con forme ed effetti poli- aziende ecc.) già dall’inizio dei progetti è stato visto
tici differenti. Per Mazé il punto centrale dal quale biso- come un modo per affrontare anche la questione
gna partire è la comprensione del potere politico sulla della proprietà. Mentre in altri settori i ruoli nel
gestione dei beni comuni, come spiegava Mulgan prima. progetto sono chiari e strutturati, nell’innovazione
Non è né tanto una polemica sul “lasciare agli esperti” sociale, il numero e la diversità degli stakeholder
contro “dare il potere del popolo”, né tantomeno una coinvolti può portare a dubbi sulle responsabilità
questione di “trovare delle condizioni eque che mettano dei diversi attori e di conseguenza, avere un effetto
d’accordo il pubblico con il privato”.
( 48 ) Mazé Ramia, Our Common Futu- mas: Participatory Approaches in Design
re? Political questions…, cit. for Social Innovation, Swedish Design
47 ) Tonkinwise Cameron, Politics ( 49 ) Emilson Anders, Hillgren Per-An- Research Journal, 2011, numero 1, pagg.
Please, We’re Social Designers, cit. ders, Seravalli Anna, Dealing with Dilem- 23-29.

170 171
ROLES transdisciplinary approach

negativo sulla realizzazione del progetto. L’idea di


progettare reti è stata anche legata alla co-crea-
zione di strategie e approcci partecipativi, in cui i
designer diventano molto più di un facilitatore del
processo di progettazione».( 50 )
Secondo Robert Young, docente e direttore del centro di
ricerca presso la Northumbria University, siamo al punto
in cui il design ha bisogno davvero di ripensare l’evolu-
zione della sua professione e il suo ruolo nella società.
Per farlo ha bisogno di affrontare il rapporto con diversi
tipi di conoscenza, e sviluppare un abilità che permetta
di tradurre le conoscenze e le competenze degli altri in
valore. I progettisti hanno bisogno di lavorare in team
pluridisciplinari e dare loro la possibilità di interagire
significativamente con altri specialisti.
Per Young questa è la sfida di una nuova progettazione,
dalla quale bisognerebbe iniziare dalla formazione:
«abbiamo ancora educatori che pensano al futuro
attingendo troppo dal passato. Lo scopo della
formazione di design è di liberare il potenziale
del gruppo studenti, e non ostacolarlo. In questo
senso, il ruolo dell’educatore di design dovrebbe
essere più orientato alla facilitazione dell’appren-
dimento, piuttosto che dare una direzione di come
fare. Un buon educatore sa come bilanciare i due
aspetti e permettere così a nuovi modi di pensare
e agire di emergere».( 51 )

( graf.6 ) L'innovazione sociale che si occu- già attori coinvolti (stakeholder), dunque
pa dei beni comuni si scontra con i diritti la progettazione con i suoi strumenti, deve
( 50 ) Emilson Anders, Hillgren Per-An- ( 51 ) Intervista a Robert Young, da di proprietà pubblici e privati, rendendo entrare in relazione con essi, per strutturare
ders, Seravalli Anna, Dealing with Dilem- Design Transitions, http://design-transi- l'attuazione di proposte sociali, un terreno metodi e proposte più efficaci. Vengono così
mas…, cit. tions.com/expert-view/bob-young/ molto insidioso. In questo contesto ci sono a delinearsi differenti ruoli del designer.

172 173
4

DESIGN
design premessa

Nell'approfondire i punti del pattern proposto sono


venute a delinearsi due strade/esigenze che vedono il
design e la sua professione cambiare prospettiva:
da una parte l'apertura verso altre discipline determina
la volontà della progettazione di orientarsi sullo sviluppo
di nuove aree di competenza, e quindi sta portando una
serie di progettisti a munirsi di strumenti più attuali;
dall'altra l'interrogativo sul ruolo della didattica e la
ricerca di design, che invece potrebbe/dovrebbe favorire
l'insorgere di nuove abilità negli studenti e nei progettisti
in via di formazione.
In DESIGN – l'ultimo capitolo di questo percorso di
ricerca – si tenterà di dare una chiave di lettura a questi
temi, attraverso una serie di citazioni e schede biografi-
che sia storiche che recenti. Questa unità è volontaria-
mente una incompleta e arbitraria selezione di soggetti
e argomenti, che si propone di alimentare la riflessione
sulle trasformazioni del design e le sue motivazioni.

176 177
design nella prassi didattica del design

Ⅰ Nella prassi didattica del design Prima di introdurre ulteriori argomentazioni è neces-
sario chiarire il concetto di approccio transdisciplinare,
emerso nell’ultimo punto del pattern esposto preceden-
temente. Per farlo verrà messo in relazione il termine
con altre tipologie di disciplinarietà:
• Intradisciplinare, intende il raggiungimento di uno
scopo lavorando all’interno di una singola disciplina;
• Crossdisciplinare, la visione di una disciplina che si
serve di strumenti e prospettive di altre discipline;
• Multidisciplinare, quando persone provenienti da
diverse discipline lavorano insieme, mettendo ciascuno
a disposizione dell’altro le conoscenze del proprio
ambito;
• Interdisciplinare, quando le conoscenze e i metodi
di più discipline lavorano insieme per uno scopo comune;
• Transdisciplinare, quando gli scopi vanno oltre i
confini metodologici delle singole discipline e potrebbero
essere raggiunti attraverso la generazione di una cono-
scenza globale di tutte le discipline.
«La transdisciplinarità è la capacità di traghettare
da una disciplina all’altra frammenti di sapere,
anche a costo di sperimentare una logica antidi-
sciplinare. Dunque non si tratta solo di mettere in
contatto due o più discipline, che si pensano come
autonome e compatte, ma del reale spostamento
di metodi e soggetti da un ambito all’altro. Al
prefisso inter- che indica la transizione tra una
disciplina e l’altra, sarebbe quindi opportuno sosti-
tuire trans- che richiama il carattere performativo
di queste transizioni, poiché insiste non su una
logica degli interstizi, ma proprio sul carattere
pratico (cioè alla prassi) di questi spostamenti che
vengono realizzati dai soggetti». ( 1 )
La necessità di un’unità degli approcci, che ritroviamo
nel bisogno di creare nuove comunità transdisciplinari

178 179
design nella prassi didattica del design

per lo sviluppo sociale, ha radici epistemologiche (in


senso generico) ma provenienti anche dalle prassi didat-
tiche di design. Anzi, più specificatamente coincide con
il primo dei modelli di formazione di design conosciuti,
ovvero quello della scuola del Bauhaus di Walter Gro-
pius, istituita a Weimar nel 1919.
La filosofia del Bauhaus era fondata su una
intra- multi- cross- inter- trans- nuova e rivoluzionaria unità tra arte e tecnologia che
avrebbe rivoluzionato tutti i settori pratici e scientifici
del lavoro creativo. Nel corso del Novecento si sono
susseguite, partendo da questo modello, anche altre
scuole di design, come il Bauhaus di Dessau e Berlino
(1925 e 1936), la Nuova Bauhaus di Chicago diretta da
Moholy-Nagy (1937) e la Hochschule für Gestaltung
a Ulm (1953). Tutte queste esperienze hanno provato
a far dialogare diversi ambiti disciplinari in un singolo
programma di formazione ma, secondo la ricostruzione
storica sulla design education di Alain Findeli, ( 2 ) sono
riuscite a creare solo modelli teorici bipolari. Osservando
lo schema di Findeli, (fig.1) sembrerebbe che la struttura
ottimale, l’archetipo, sarebbe un triplice articolazione
di arte, scienza e tecnologia (che tra l’altro era tra le
intenzioni di Gropius nel primo manifesto del Bauhaus di
Weimar). Tuttavia le difficoltà di integrazione e articola-
zione di queste tre dimensioni non hanno mai permesso
(fig.1) la realizzazione di questo modello ideale.
Le implicazioni storiche di tutto il XX secolo,
ci spingono comunque a valutare i diversi approcci
alla progettazione in funzione dei cambiamenti delle
esigenze culturali e sociali del tempo. La direzione tec-

( 1 ) Formia Elena Maria, Innovation ( 2 ) Findeli Alain, Rethinking Design


in design education, Umberto Allemandi & Education for the 21st Century: Theoreti-
C., Torino 2012, pag. 377, da: Cometa Mi- cal, Methodological, and Ethical Discus-
chele, Studi culturali, Guida, Napoli, 2010. sion, Design Issues, volume 17, n. 1, The
MIT Press, Cambrige, 2001.

180 181
design nella prassi didattica del design

nico-scientifica presa dalla scuola di Ulm ad esempio pensiero strutturato le tre dimensioni del design (arte,
(voluta fortemente da Tomás Maldonado), ha portato scienza e tecnologia) è Charles William Morris, illuminato
ad una marginalizzazione dell’arte nella didattica del semiologo del Novecento, che fu chiamato da Moholy-
design, dato un contesto storico che cavalcava l’onda di Nagy per insegnare al Nuovo Bauhaus di Chicago con
un potenziamento economico dell’industria, della produ- un corso che si chiamava “integrazione intellettuale”. Il
zione, e del relativo bisogno di una solida impronta cultu- modello di Morris considerava l’atto della progettazione
rale e di responsabilità nella progettazione del prodotto. una ripartizione della funzione di segno, distinte in tre
Diverso era invece, facendo un salto indietro, dimensioni semiotiche:
l’approccio e il contesto culturale nel quale si calava il • la dimensione sintattica, cioè le relazioni formali dei
Black Mountain College (BMC), l’innovativa scuola sta- segni tra loro o il rapporto con altri segni;
tunitense fondata nel 1933 a Ashville. Divenuta famosa • la dimensione semantica, cioè la relazione tra segni
per la sua natura sperimentale e i principi educativi del e oggetti, ovvero il loro significato;
filosofo e pedagogista John Dewey, il Black Mountain • la dimensione pragmatica, cioè il rapporto fra segni
College poneva l’arte al centro della formazione dell’indi- e utenti dei segni, ovvero gli interpreti. ( 3 )
viduo, prima ancora che si qualifichi come artista o pro- Immaginando un parallelo, le tre caratteristiche del
gettista. Tra le varie figure che vi hanno insegnato, Josef segno dovevano corrispondere rispettivamente alla
Albers, in seguito alla repressione nazista, si trasferì dal dimensione artistica, scientifica e tecnologica della pro-
Bauhaus proprio al BMC nel ’33. Albers abbracciava gettazione. Questo ambizioso progetto teorico non trovò
l’idea dell’arte come territorio nel quale si trovano riflessi tuttavia la forza per essere sostenuto anche dopo il Bau-
i problemi della vita in tutte le sue forme (estetiche, haus, probabilmente perché appariva come un’ “eredità
sociologiche, economiche, spirituali). Per questa ragione ingombrante” per i nuovi amministratori della formazione
l’arte si dichiara essere il mezzo di apprendimento più di design.
efficace per l’educazione della persona, per sollecitare Ritroviamo questo modello, sotto una nuova veste,
l’indagine delle proprie abilità e maturare un pensiero in un articolo di Andrew Blauvelt per il blog Design
critico sulla realtà. È un approccio olistico per la forma- Observer dal titolo Towards Relational Design.( 4 )
zione di uomini, non artisti. La forma nella sua totalità e Blauvelt definisce tre fasi che hanno caratterizzato la
il “saper guardare” come mezzi per illuminare le menti storia del design moderno e che ci hanno condotto oggi
e sviluppare capacità di interdipendenza. Chiaramente alla terza fase del cambiamento delle discipline di pro-
questo non significa che la scuola di Ulm, rispetto alle gettazione, divise appunto in fase sintattica, semantica
esperienze didattiche pregresse (tra cui il BMC appunto e pragmatica.
come caso di spicco), aveva deciso di sostituire com- La prima fase riguarda il design moderno all’inizio
pletamente l’estetica dal suo nuovo modello teorico, del XX secolo e la ricerca di un linguaggio formale univer-
basato sull’idea di design applicato alla scienza (umana
e sociale) e alla tecnica. ( 3 ) Bürdek Bernhard E., Design: Sto-
ria, teoria e pratica del design del prodotto,
( 4 ) Blauvelt Andrew, Towards Re-
lational Design, http://designobserver.
Chi invece ha cercato di articolare attraverso un Gangemi editore, Roma, 2008, pag. 288. com/article.php?id=7557.

182 183
design nella prassi didattica del design

sale, di una sintassi visiva che potesse essere appresa


e diffusa in maniera razionale. Appartengono a questa
fase le correnti avanguardiste del primo Novecento
come il Suprematismo, il Costruttivismo, il Futurismo
e il De Stijl. È grazie ai valori formali studiati in questo
periodo che possiamo parlare oggi di “linguaggio visivo”
del design. La seconda fase nasce negli anni Sessanta
e vede il design concentrarsi sul suo potenziale narrativo
e il valore simbolico dei segni. È l’epoca della semantica
del prodotto, in cui la progettazione si preoccupa di
dare significato, di adeguare una certa forma al suo
El Lissitzky, Beat the Whites with the
contenuto essenziale. Se nella prima fase si generavano Red Wedge, 1919.
forme, adesso – aggiungendo il contenuto nell’equa-
zione – si producono nuove forme simboliche. ( 5 ) Questo
periodo si conclude verso la metà degli anni Novanta e
lascia spazio alla terza fase della progettazione, quella
in cui si trova il design oggi: è la dimensione pragmatica,
in cui il design esplora i suoi effetti sugli utenti, il suo
impatto retorico e la sua capacità di facilitare le intera-
zioni sociali. Riguarda tutte le nuove pratiche di proget-
tazione (non solo emerse con le nuove tecnologie) che
includono elementi performativi, programmatici, legati
ai processi, esperienziali, partecipativi – che vanno oltre
l’oggetto, la sua forma e il simbolismo culturale.
Questa breve ricostruzione storica mostra sinte-
ticamente l’evoluzione delle pratiche di progettazione,
che nel tempo hanno cercato di indagare e dare delle
risposte ad una realtà in forte cambiamento. ( 6 )

( 5 ) Vedi il caso emblematico di Lear- retorica formale della “bella” architettura,


ning from Las Vegas, una pubblicazione cercando i significati e i valori all’interno
del 1972 a cura degli architetti Robert Ven- delle forme e le geometrie vernacolari.
turi, Denise Scott Brown e Steven Izenour. ( 6 ) O potremmo dire, invece, che il
L’obiettivo era dare il giusto valore al sim- design ha contribuito ad accelerare il pro-
bolismo dell’architettura in una città atipi- cesso di cambiamento della realtà, attra-
ca come Las Vegas. Venturi motivò questo verso il linguaggio sintattico, semantico e
studio come la necessità di andare oltre la pragmatico dei segni). Venturi Robert, Learning from Las Vegas, 1972.

184 185
design nella prassi didattica del design

Fin dalle prime proposte, molti personaggi sono inter-


venuti nella creazione di approccio didattico innovativo,
capace di trascendere le discipline e creare un “ibrido”
che potesse sfruttare le potenzialità dei diversi metodi.
Ad un certo punto però qualcosa si è bloccato.
Se pensiamo che ogni fase storica del design ha strut-
turato il suo pensiero sulla didattica, oggi potremmo
affermare che non esistono modelli e metodologie native
sulla progettazione sociale, quella “pragmatica” come
dicevamo prima, volta a creare relazioni/interazioni con
il suo pubblico. Quindi se si sta concorrendo a ipotizzare
nuovi modi di intendere il design, quali sono invece gli
atteggiamenti che porteranno ad un cambiamento del
suo “fare”?

Mau Bruce, Massive Change, Vancouver, 2005.

186 187
design nuove strategie di formazione

Ⅱ nuove strategie di formazione Attualmente molti istituti e università internazionali di


arte e design si sono già mossi nell’aggiornamento della
propria offerta formativa. E di fatto, si tratta spesso
di poli di formazione multidisciplinari, che hanno al
loro interno vari dipartimenti e ambiti di indagine, nei
quali possiamo trovare programmi di “pratiche sociali”,
“design sostenibile degli ambienti”, “riprogettazione di
modelli di business”, “utopie dei materiali”, “progetta-
zione di democrazia”, per fare qualche esempio. Nuovi
sistemi educativi sono entrati già in atto e cambieranno
il modo di trasferire la conoscenza progettuale nei pros-
simi anni.
Trasversalmente ad uno scenario internazionale
molto attivo, in Italia questo tipo di realtà stentano ad
emergere, ad eccezione di pochissimi casi. Ritengo
infatti importante riportare in questa sede, l’esperienza
della facoltà di Design e Arti all’Università Libera di
Bolzano, che da settembre 2015 ha avviato il primo
programma magistrale di Design eco-sociale (Glocal
design), con una didattica orientata alle trasformazioni
del design all’interno del contesto di cambiamento
sociale attuale. Sfruttando una regione strategicamente
ben connessa (il territorio altoatesino), il master si
propone di attivare a livello locale nuovi progettisti, che
possano praticare e diffondere metodi di lavoro sensibili
alle nuove esigenze di produzione, consumo e di vita,
anche in altri contesti geografici.

188 189
design nuove strategie di formazione

.1 L’atelier eco-sociale di Bolzano


Alvise Mattozzi
semiologo e sociologo per il design
docente presso l’Università libera di Bolzano

L’università di Bolzano esiste da 13 anni e si è sempre


focalizzata sul bachelor (formazione di primo livello).
Quando sono arrivato qui nel 2012, insieme a Kris Krois,
abbiamo iniziato a costruire la possibilità di creare un
nuovo corso di laurea magistrale qui a Bolzano. La cosa
è nata quasi per caso. Negli anni precedenti si era già
tentato di strutturare un master e in alcuni casi i tenta-
tivi erano stati quasi di successo, con l’approvazione da
parte del ministero. Ma poi non se ne fece mai nulla, per
varie questioni interne.
Pur provenendo da percorsi e discipline diverse, io
(scienziato sociale) e Kris (designer) eravamo entrambi
interessati ad un’idea di design come promotore di
cambiamento sociale. È su questo comune interesse
che Kris mi ha chiesto di aiutarlo a pensare il master.
Abbiamo iniziato così a lavorare insieme sia al master
che ad altri progetti di ricerca sulle stesse tematiche,
da cui poi sono nati seminari, conferenze e workshop
(By Design or By Disaster e la Glocal Design Spring).
Questi eventi sono stati importanti per vari motivi, ma
soprattutto perché hanno dato la possibilità di creare
un network intorno al master che ci aiutasse a capire
come svilupparlo. In qualche modo le nostre due figure
incarnavano perfettamente il progetto, ovvero di met-
tere insieme scienze sociali e design, al fine di formare
progettisti capaci di lavorare con le comunità e i territori
locali, promuovendo socialità ed eventualmente cambia-
mento sociale.
Eco-Social Transformation, https://pro2.unibz.
it/projects/blogs/glocaldesign/publication/arti-
Se la collaborazione tra queste due discipline è
cles/eco-social-transformation sempre più diffusa in Europa, non lo è per niente in Italia,

190 191
design nuove strategie di formazione

dove le scienze sociali hanno un ruolo piuttosto margi- assegnato ai social workers (assistenti sociali) poiché
nale all’interno delle scuole di progettazione. L’unione possono fregiarsi effettivamente del titolo di facilitatori,
dei due settori, insieme alla particolare strutturazione anche se lavorano esplicitamente con l’individuo e le sue
della didattica, rendono il corso di Eco-Social Design condizioni sociali. Se la socialità però, presuppone degli
non solo unico in Italia, ma per certi versi anche unico artefatti che intervengano sulle relazioni sociali, ser-
nel suo genere. vono competenze progettuali. Nel nostro caso, inoltre,
Tutto ciò ovviamente implica anche un ripensa- abbiamo voluto dare al ruolo del progettista un orizzonte
mento della professione del design. Tale ripensamento di azione molto specifico, legato alla sostenibilità: cosa
è oggi è al centro di molte riflessioni, come ad esempio possono fare i designer per rendere possibile una vita
quelle recenti di Ezio Manzini e di Kees Dorst, e spesso si quotidiana più sostenibile? E qui sostenibilità è inteso
manifestano attraverso l’espressione “design thinking”. nel suo significato più ampio e complesso, che guarda
Ci troviamo all’interno di un dibattito aperto che cerca di agli aspetti sociali, ambientali ed economici. Anche
definire i confini della professione, in un momento sto- questo ha voluto dire sviluppare un corso in cui design e
rico che vede il design trasformarsi sotto diversi aspetti. scienze sociali possano dialogare tra loro.
Tutto ciò, in Italia, è qualcosa di non preso seriamente in Se pensiamo alla tradizione del design moderno e
considerazione. agli ambiti disciplinari coinvolti (arte, tecnologia, scienze
Il pensiero a cui eravamo pervenuti tre anni fa naturali) – oltre a un più recente rapporto con la psicolo-
poneva il ruolo del designer come facilitatore, ma gia (in particolare la psicologia cognitiva che è alla base
abbiamo avuto non poche difficoltà a trovare referenti della Human Computer Interaction e dell’usabilità) – non
a sostegno di questa idea. I primi documenti scritti sul ci sono altri ambiti disciplinari che hanno dialogato con il
corso furono, infatti, bocciati dal nucleo di valutazione design. Negli ultimi 20 anni, invece, si è sviluppata sem-
interno dell’ateneo (in cui non c’era nessun designer), e pre più una intensa relazione con le scienze sociali. E
ora in tutti gli atti ufficiali del master questa parola non questo lo si vede in molte scuole a livello mondiale, non-
appare più. Dopo solo tre anni, l’idea di design come ché in molti studi e agenzie, che adottano sempre più
facilitatore è diventata davvero comune e quasi in tutte metodi delle scienze sociali per fare ricerca sul design
le cose che leggo in questo ambito lo citano almeno (si veda il volume Design Research curato da Brenda
una volta (ad esempio Kees Dorst che ho citato prima). Laurel). Solo in Italia questa relazione stenta a partire e
Il punto centrale è che il designer non progetta solo in particolare nelle scuole italiane di design, dove credo
artefatti, ma relazioni sociali, in cui gli artefatti svolgono si inizi a sentire la mancanza di questo tipo di approccio.
un ruolo determinante per questa funzione, dato anche Il modello didattico che abbiamo studiato è, dun-
che tutta la nostra società si articola attorno e attra- que, quello che ha permesso la realizzazione di questo
verso immagini e oggetti, stando a quanto dice Bruno master: si basa sul modello della Bauhaus-Universität
Latour. Per questo servono competenze progettuali per di Weimar, ovvero dell’insegnamento per tematiche
esplorare, sviluppare, innovare, cambiare e stabilizzare progettuali a cui partecipano docenti con diverse com-
le relazioni sociali. Tradizionalmente questo lavoro è petenze. I docenti collaborano insieme con gli studenti

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design nuove strategie di formazione

alla traduzione di un tema di partenza in un artefatto civile più in generale), vengono invitati a visionare e
o più artefatti, e alla fine nella creazione di un servizio. commentare i progetti realizzati, al fine di creare uno
I docenti sono tre: il project leader, che è un designer scambio concreto e ottenere un riscontro sulla messa in
coordinatore; un designer con competenze più tecniche, atto del progetto nel territorio.
che insegna sistemi di produzione, materiali o modella-
zione 3d; e un docente proveniente dalle scienze umane Extra: note sulla cultura della produzione
o sociali (visual studies, semiotica, antropologia). L’idea Una cosa curiosa di cui mi sono reso conto di recente
è di creare un grande atelier in cui c’è un intenso dialogo riguarda la produzione culturale in Italia. Questa, oggi,
interdisciplinare rispetto ad un progetto specifico e non sembra essere affidata sempre più a figure che con la
in astratto. cultura non hanno nulla a che fare: ad esempio gli eco-
Questo modello è stato riproposto a Bolzano con nomisti. Economisti assessori alla cultura (vedi il caso di
alcune modifiche. Ogni corso ha 2 project leader, che Venezia), direttori di musei, promotori di candidature di
potrebbero salire a 4 a seconda dei finanziamenti da città europee della cultura. Si tratta di economisti della
parte dell’università. Poi ci sono altri progettisti con cultura, ma in ogni caso economisti.
competenze più tecniche che insegnano varie materie, Ritengo questa una deviazione interessante
dal web design all’information design, digital design del nostro Paese. Se prima la cultura era considerata
legato alla modellazione e all’utilizzo di stampanti 3d e quanto di più alieno al mercato, oggi il profitto sembra
design delle interfacce; queste materie possono essere essere la cartina di tornasole per le produzioni culturali,
scelte dallo studente a seconda di quello che richiede che siano mostre, festival, eccetera. Gli economisti
il progetto. E infine i docenti provenienti dalle scienze devono far quadrare i conti e devono riuscire a tirare
sociali e umane per insegnamenti più teorici quali la fuori il capitale economico dai beni culturali. Io non dico
sociologia, l’antropologia eccetera. che avere un budget e magari fare dei profitti non sia
Un tema annuale viene sviluppato attraverso due importante, e neanche che non debba essere uno dei
progetti semestrali. Gli studenti devono scegliere tra i fini di un ente culturale, ma perché dovrebbe essere un
docenti e le materie a disposizione, le figure più idonee economista a dirigere un’istituzione culturale? Si riduce
per portare a termine il progetto. Lo studente crea una la cultura ad un problema economico e così anche la
sorta di comitato scientifico che collaborerà e supervi- valorizzazione del territorio, di riflesso, diviene esclusi-
sionerà il proprio lavoro. In questo modo il progetto di vamente economica, finalizzata al profitto, al bilancia-
ogni studente si arricchisce di competenze multidisci- mento delle entrate e le uscite delle amministrazioni. Al
plinari che gli permettono di agire con più efficacia e di là dell’importanza sociale di questa figura, credo che
concretezza sul territorio. Un ulteriore elemento dei corsi la direzione di un ente culturale sia qualcosa d’altro.
sono i Master colloquia, che rappresentano un momento Curiosamente invece gli enti privati, e intendo
dove persone esterne alla facoltà, provenienti da vari qualunque tipo di impresa, delegano la gestione e la
ambiti (da quello professionale a quello scientifico, promozione della cultura e dei valori dell’azienda, ai
imprenditoriale, politico-amministrativo, e della società designer. Allora i progettisti, in senso ampio, potrebbero

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design nuove strategie di formazione

avere un ruolo anche in questo ambito e fino ad ora, idee e iniziative nei luoghi istituzionali, che vengono
per lo meno in Italia, sono stati usati pochissimo. La ascoltate e trasformati in progetti.
conseguenza maggiore di affidare la responsabilità della In Italia, un esempio ridimensionato ma comun-
cultura agli economisti, se non rimangono i vecchi tipi di que interessante, è l’esperienza di Social Street che ha
amministratori con una cultura umanistica, è che manca avuto molto successo per il riscontro sociale della sua
progettualità. iniziativa. Nasce dall’idea di un abitante di via Fondazza,
Se pensiamo alla cultura in senso ampio, ritor- a Bologna, che ha deciso di aprire un gruppo facebook
niamo al discorso in cui non solo gli economisti, gli “Residenti in via Fondazza – Bologna”, perché voleva
assistenti sociali, i mediatori culturali, gli psicologi, e semplicemente conoscere i suoi vicini. Inaspettatamente
altri, ma anche i progettisti, con una certa preparazione è diventato un formato al quale hanno aderito centinaia
e insieme a queste figure, possono produrre valore e di persone, per incontrarsi e interagire per strada, orga-
tradurlo in artefatti che interagiscono con la città e i nizzando in seguito numerose attività. Questo modello
cittadini. Le amministrazioni perciò dovrebbero assu- è arrivato in altre città d’Italia e perfino all’estero. Però
mere designer poiché, in questo contesto, fungerebbero ad esempio il comune di Bologna, che pure è un comune
da mediatori tra gli attori coinvolti, mettendo a disposi- attento alla promozione della socialità, ha avuto difficoltà
zione le proprie competenze pratiche per produrre valore a capire come interagire con questo fenomeno, anche
(sociale, culturale, e dunque economico). se ci stanno lavorando a partire dalla nuova struttura
Osservando il panorama culturale europeo, quello della rete civica Iperbole. Quindi alla fine, se il comune di
tedesco e olandese in particolar modo, le istituzioni e le Bologna sta cercando di capire come interagire e valo-
amministrazioni interagiscono molto di più con le propo- rizzare le relazioni sociali tra i suoi cittadini, immagino
ste dal basso. Si prenda ad esempio il caso di Berlino e che altri comuni, meno portati a lavorare con l’associa-
la discussione intorno all’aeroporto di Tegel (in procinto zionismo, la società civile e i movimenti, non si pongano
di chiusura), in cui sei consulenti internazionali hanno nemmeno il problema.
consegnato le proposte per un suo utilizzo futuro come
polo di ricerca scientifica e industriale. È un progetto Contributo di Alvise Mattozzi, luglio 2015.
veramente grande, che riguarda anche l’università, la
creazione di nuovi servizi e start-up, nuove tecnologie
urbane e che ha catturato l’attenzione dei dirigenti poli-
tici. È un caso estremo per dimostrare che le proposte
sul proprio territorio possono venire dai privati e dai cit-
tadini, in cui il ruolo dell’amministrazione è di ascoltarle
e trasformarle operativamente in attività concrete.
Il punto è che può esserci un flusso che va al con-
trario: non è l’istituzione che crea un’offerta culturale su
misura per il proprio pubblico ma è il pubblico che porta

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design nuove strategie di formazione

.2 Notazioni sulla didattica internazionale Ⅰ Tra gli esempi più longevi troviamo quello della
School of Architecture dell’Università di Sheffield, che ha
L’esempio di Bolzano è interessante per diversi motivi. uno dei dipartimenti di ricerca in architettura più attivi
Uno di questi è la singolarità di questo caso in Italia, in del Regno Unito. Il programma di ricerca si inserisce
relazione alla mole di corsi che stanno emergendo in all’interno di percorsi post-laurea e si divide in tre gruppi:
tutto il mondo e che stanno proponendo di rinnovare i Teoria e storia dell’architettura, Scienze e tecnologie
sistemi classici di educazione per il design. Il secondo per l’architettura, Comunità partecipazione e pratica
riguarda la curiosità e l’interesse che potrebbe nascere futura (quest’ultimo è attivo dal 2007). Questi tre cluster
in seguito ai risultati prodotti sul territorio, in virtù del appartengono alla “Piattaforma per la costruzione locale
fatto che il ruolo del design nel campo dell’innovazione di resilienza”, un programma che intende coordinare
sociale, in Italia, è ancora molto confuso. Ne sono la le esperienze maturate grazie alla ricerca pionieristica
prova i parametri di approvazione ministeriali per i socialmente impegnata, le nuove prassi e forme della
percorsi di formazione, che non riescono ad essere in progettazione e le metodologie digitali. La ricerca in
linea con i bisogni e le nuove richieste, mentre gli istituti questo caso non è un’attività accademica isolata, ma ha
di design esteri, hanno già captato le reali possibilità di l’obiettivo di modellare l’agenda di ricerca nazionale e
nuove offerte formative in questo ambito. politica per rispondere attivamente alle necessità pub-
Ammetto infatti, approfondendo la ricerca (e bliche e professionali. Fondamentali sono i partenariati
quindi googlando senza aspettative la voce “social con industrie esterne, università del territorio e la città
design graduate program”), di essere rimasto disorien- stessa, attraendo inoltre finanziamenti esterni soprat-
tato dalla quantità di siti di università venuti fuori, al tutto per i progetti di ricerca in ambito internazionale.
punto da credere che fosse quasi impossibile analizzarli
tutti. Questa cosa mi ha portato a scremare sensibil- http://www.sheffield.ac.uk/architecture/index
mente i vari corsi, cercando di arrivare ad una “lista”
di pochi esempi rilevanti, che avessero già prodotto Ⅱ Un altro caso è quello dei Temporary program della
esperienze sul campo. Si tratta di percorsi di formazione Sandberg Instituut, la scuola post-laurea associata alla
misti, prevalentemente master e percorsi di ricerca e Gerrit Rietveld Academie di Amsterdam.
perfezionamento post-laurea. La cosa interessante è La Sandberg offre quattro master: Belle arti,
che anche se le figure professionali che si sta cercando Architettura di interni, Arti applicate e Design. I Tem-
di preparare abbiano titoli apparentemente diversi, si porary program sono master tematici temporanei della
interfacciano tutti su scopi comuni, futuri, di sopravvi- durata di due anni e sono affiliati ai quattro reparti di
venza ad una realtà fluida. Questa selezione, volonta- formazione sopra citati. Il primo master temporaneo,
riamente ridotta al bacino europeo, rappresenta solo un Vacant NL, è stato lanciato nel 2011 in seguito ad un’in-
piccolo frame della sperimentazione attuale, e intende stallazione presso la Biennale di architettura di Venezia
fornire al lettore uno strumento di comparazione sui (2010), che ispirava il riutilizzo di migliaia di edifici vuoti
temi e le aree che interessano la ricerca di design oggi. olandesi per l’imprenditoria creativa e l’innovazione.

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design nuove strategie di formazione

Il follow-up di questo progetto è stato appunto



questo nuovo corso, che ha incoraggiato i progettisti a
sviluppare e sperimentare nuovi approcci progettuali
aperti a diversi campi di sapere, con interventi su misura
per ogni luogo per darne una funzione temporanea
innovativa e realistica. Terminato nel 2013, ha incluso
un’installazione, Inside the White Whale, che ha fatto il
giro del mondo e prodotto una pubblicazione nella quale
sono stati inseriti i risultati di questo programma. Infine
alcuni progetti di laurea si sono trasformati in progetti
indipendenti.
La formula del master temporaneo è molto interes-
sante se consideriamo lo scenario in continuo cambia-
Ⅱ mento che i progettisti sono chiamati ad affrontare.
Dal 2013 ad oggi sono stati avviati nuovi master tempo-
ranei, con temi che affrontano l’arte e lo spazio pubblico,
le tecniche e i confini sfuggenti dei nuovi materiali, la
progettazione dello spazio politico, i sistemi sociali infor-
mali e auto-organizzati, l’arte dello spettacolo nella vita
quotidiana.

http://sandberg.nl

Ⅲ Civic City è un istituto per la ricerca critica sul


design fondato da Rudi Baur nel 2011, all’interno del
master “Design Culture” presso l’istituto Design2context
di Zurigo. Dopo pochi mesi, i seguito alla chiusura della
Design2context, Civic City diventa un istituto di ricerca
autonomo volto all’esplorazione e lo sviluppo di strategie
di ricerca e pratica sulla progettazione critica che si
interfaccino con la scienza e la società.
Civic city funziona come un’associazione indipen-
dente e una rete che coinvolge rinomati professionisti
tra cui designer, architetti, sociologi, politologi, geografi,
Ⅲ urbanisti, eccetera. La rete intesa come piattaforma per

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design nuove strategie di formazione

lo scambio di conoscenze e di competenze per esplorare l’evento “Redesigning business”, organizzato nel 2014
le potenzialità comuni. Civic City organizza corsi e semi- dalla WDKA per la Global Entrepreneurship Week Rot-
nari collaborando con altri istituti di design (come l’Head terdam University, che ha ospitato esperti nel campo
di Ginevra), sviluppa ricerche, progetti e pubblicazioni dell’arte, dell’architettura e del design in un dialogo sul
– tra cui troviamo i Civic City Cahier – in diversi campi ruolo delle discipline creative nello sviluppo di nuovi
connessi al discorso sulla città. modelli di business. In uno scenario che vede la crisi del
«La città si confronta oggi con molte sfide senza modello economico attuale, transizioni sociali e nuove
una soluzione adeguata o con soluzioni che non tecnologie, nuovi modelli di business stanno prendendo
rispondono realmente alla problematica della forma. Allo stesso tempo una nuova pratica di progetta-
mancanza di senso civico. La violenza, la xenofobia, zione più inclusiva e sostenibile potrebbero ridisegnare
atti di vandalismo, abusi: sono tutti effetti di un’in- i processi e le relazioni in maniera più intelligente. Spe-
soddisfazione sociale, dove si può prevedere che cialmente a Rotterdam stanno facendo il loro ingresso
un progettista che lavora nel quartiere può trovare nuove forme di proprietà, iniziative sociali ed imprese
probabilmente una soluzione. In fin dei conti, è che si gestiscono autonomamente senza sovvenzioni.
abbastanza facile da agire su questi luoghi pubblici Oppure le nuove strategie che trasformano i
morti per renderli abitabili».( 7 ) materiali locali in beni preziosi o risorse energetiche,
Civic City sta aprendo la discussione su una progetta- attraverso processi “circolari”. O ancora le forme di
zione “in situ”, calata nel contesto della realtà sociale di produzione open-source, in co-finanziamento, in co-cre-
quartiere e fuori dalla logica della riproduzione in serie azione. Quali di queste opzioni forniscono gli strumenti
di un oggetto. Il rapporto tra il design e l’evoluzione dello per sviluppare nuovi modelli di business? Sono questi
spazio urbano contemporaneo è centrale, animando la gli obiettivi di indagine che si pongono i quattro Master-
discussione sui suoi aspetti sociali, ecologici, politici. class riferiti rispettivamente a Civic economy, Circular
«Misurando il quartiere, i tempi, la dematerializza- economy, Sharing economy e Gamifying the circular,
zione, ci stiamo avvicinando ad altre questioni come sharing and civic economy. Ogni corso è ospitato e
fa l’urbanista. E questo è il punto interessante».( 8 ) supervisionato da un esperto esterno; le ricerche e le
esperienze prodotte vengono raccolte all’interno di una
http://civic-city.org/ rivista online chiamata Beyond social.

Ⅳ All’interno della Willem de Kooning Academie di http://www.wdka.nl/redesigning-business-2/masterclasses/


Rotterdam meritano invece particolare attenzione i corsi http://www.beyond-social.org
di perfezionamento (Masterclass) rivolti alla ricerca di
nuovi modelli di business. Quest’esigenza è nata durante Ⅴ Il programma di Design Interactions, lanciato nel
2014 presso la Royal College of Art di Londra, intende
( 7 ) Baur Ruedi, tratto da un’inter-
vista per “Le Temps”, http://civic-city.or-
( 8 ) Baur Ruedi, tratto da un’intervi-
sta per “Le Temps”, cit.
esplorare nuovi ruoli, contesti e approcci per l’interaction
g/?page_id=743#?page_id=812. design in relazione all’impatto sociale, culturale ed

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design nuove strategie di formazione

etico delle tecnologie esistenti ed emergenti. I progetti,


che sono spesso speculativi ( 9 ) e critici, hanno lo scopo
di ispirare il dibattito sulle conseguenze umane dei
diversi futuri tecnologici. I risultati del progetto sono
espresse attraverso una varietà di supporti, tra cui la
prototipazione, la performance, il video e la fotografia.
Durante il primo anno gli studenti lavorano su una serie
di temi definiti, esplorando dunque differenti approcci
progettuali, contesti e ruoli in relazione alla tecnologia
emergente. Durante l’estate gli studenti lavorano ad una Ⅳ
documentazione di tesi scritta. Il secondo anno è più
aperto e gli studenti negoziano un programma di lavoro
su misura con i loro tutor. Il programma è incentrato
sullo studio di una pratica e di un pensiero attraverso la
progettazione. Gli studenti hanno una formazione preva-
lentemente progettuale e artistica, ma aperta anche alle
tecnologie, la scienza e altre discipline.
Cosa succederebbe se togliessimo il design dal
mercato, se invece di rendere la tecnologia accattivante,
facile da usare e più di consumo, i designer utilizzassero
la progettazione per porre domande, ispirare, e provo-
care – per trasportare la nostra immaginazione in mondi
paralleli ma possibili? La ricerca viene qui intesa per
esplorare e comprendere come il design può rendere la
tecnologia più significativa e rilevante per la nostra vita,
ora e in futuro, pensando non solo alle nuove applica-
zioni, ma anche alle sue implicazioni. I progetti di ricerca
sono finanziati dal consiglio di ricerca, l’Unione Europea,
organizzazioni culturali, accademiche e industriali.

http://design-interactions.rca.ac.uk

( 9 ) La speculazione, in filosofia, è
l’attività di pensiero relativa a una sfera
teorica d'indagine e di approfondimento.

204 205
design design come atteggiamento

Ⅲ Design come atteggiamento «Dopo le presentazioni abbiamo chiesto al diret-


tore quale fosse il pensiero che ispira la scuola. In
un primo momento era un po’ reticente, il che è
comprensibile conoscendo i rischi connessi con il
trasferimento della progettazione, dalla sua acco-
gliente casa nella vecchia comunità basata sulla
realtà, verso una nuova tra creatori, fabbricatori e
costruttori di realtà; ma alla fine ha voluto condivi-
dere. Ha iniziato spiegando che a suo parere, per
la maggior parte delle persone oggi la realtà non
funziona, che si è rotta verso la fine del 20° secolo:
“È chiaro che la realtà funziona solo per una mino-
ranza privilegiata e i progettisti che sostengono
un approccio realistico operano entro i limiti della
realtà così com’è, per la minoranza. La scuola si
propone di sfidare questo, creando una realtà un
po’ più grande, per fornire più spazio ai diversi
tipi di sogni e speranze. Una parte importante
di questo processo sta generando più versioni
della realtà, ed è qui che entra in gioco il design”.
“Abbiamo concluso”, ha detto, “che l’unico modo
per sfidare questa situazione insoddisfacente
doveva essere irrealistico, violando i confini pesan-
temente sorvegliati del realismo e abbracciando
pienamente l’irrealtà”».( 10 )
“La Scuola delle realtà costruite” è il titolo del racconto,
di cui riporto qui sopra uno stralcio, pubblicato nel 2014
da Anthony Dunne e Fiona Raby, designer ed educatori
considerati i pionieri di un nuovo movimento progettuale
tra finzione e realtà.( 11 ) “La Scuola delle realtà costruite”
è diventata anche una mostra al MAK Design Salon

( 10 ) Dunne Anthony, Raby Fiona, ( 11 ) Dunne è stato inoltre il fondatore e


dal racconto “The School of Constructed per molti anni direttore del dipartimento di
Realities”, http://maharam.com/stories/ Design Interactions al Royal College of Art
raby_the-school-of-constructed-realities di Londra citato nel paragrafo precedente.

206 207
design design come atteggiamento

di Vienna, incoraggiando la riflessione sul ruolo della


design education in senso ampio, in relazione a come
i diversi futuri possono essere immaginati e prendere
forma. Con questa operazione Dunne e Raby intendono
suggerire un approccio alternativo alla didattica del
design contemporaneo che, ancora oggi, è in parte
orientata verso le arti e i mestieri e i movimenti Bauhaus
del XIX e XX secolo. Il duo di progettisti londinesi esplora
dunque, le potenzialità del design speculativo in vista
delle sfide e delle previsioni che abbiamo di fronte nel
XXI secolo.( 12 )
Superstudio, Monumento Continuo, 1969.
Il design speculativo (speculative design)( 13 ) è una
pratica critica che mette in discussione la progettazione
e la sua definizione modernista vincolata dal mercato.
Attraverso la speculazione (intesa nel suo significato
filosofico di “indagine intellettuale”), i progettisti esten-
dono la loro pratica verso l’immaginazione e la visione di
possibili scenari. Utilizzando la “finzione” e la narrazione
i designer riflettono sui prodotti futuri, i servizi, i sistemi
e i mondi, così da esaminare il ruolo e l’impatto delle
nuove tecnologie sulla vita quotidiana. Lavorano in
costante dialogo con esperti (scienziati, ingegneri e altri
progettisti) e utilizzatori delle nuove tecnologie (il pub-
blico). La progettazione speculativa è anche uno degli
esempi più rappresentativi della nuova interazione tra
diverse discipline.
Dunne e Raby, Technological Dream Series: Il design speculativo – utilizzando una metodologia
Robots n. 1, 2, 3, 4 – 2007.
accessibile e adeguata in un dato momento – legittima
ad esempio, l’uso di strumenti, tecniche, apparecchi,
metodi, generi e concetti, come i racconti di fantasia,

( 12 ) Sterling Bruce, Design Fiction: ( 13 ) Dunne e Raby sono anche sta-


the School of Constructed Realities, ti i primi ad aver pubblicato un libro sul
h t t p :// w w w.w i r e d . c o m / b e y o n d - t h e - tema del design speculativo (Speculative
beyond/2015/06/design-fiction-scho- Everything. Design, Fiction and Social
ol-constructed-realities/ Dreaming, MIT Press, Cambrige, 2013).

208 209
design design come atteggiamento

il linguaggio cinematografico, la sceneggiatura, lo


storyboard, i test utente, interviste e questionari, giochi,
sfruttando i media e i fenomeni culturali popolari. Tutto
ciò che è considerato adeguato in un dato momento,
è legittimo. Il processo può essere suddiviso in pochi
passi: il primo serve a definire uno spazio di proget-
tazione attraverso la ricerca e il design critico. Dopo,
vengono generati e ulteriormente sviluppati concetti e
idee speculative, per articolare infine le forme adatte alla
comunicazione. ( 14 )
La progettazione che utilizza l’approccio specu-
lativo è rivolta totalmente al futuro. Si dichiara quindi
“anticipatrice” di scenari futuri servendosi di tutti gli
strumenti possibili, compresi quelli della narrazione,
per dare forma ad una visione. La proiezione di scenari
immaginari consente di inquadrare meglio i benefici, i
significati e le implicazioni del progetto dal punto di vista
etico e politico, spesso mettendo in evidenza gli elementi
sociali dell’uso e potenziale abuso di progettazione.
Sorprendentemente, questa visione di design è
vicinissima a quella di Victor Papanek, designer ed edu-
catore austro-americano, che già nel 1971 definiva l’idea
di una progettazione “integrata”. Questa riflessione è
contenuta nel suo celebre saggio Design for the real
world, in cui condanna l’assenza di un approccio ecolo-
gico nei progettisti del suo tempo. Una pratica di design Dunne e Raby, A/B manifesto, 2009.

orientata solo al profitto, non si preoccupa di fornire solu-


zioni tecnologicamente più appropriate per uno scopo,
produce oggetti “irresponsabili” nei confronti dei reali
bisogni della società, e limita l’azione del progettista
ad una banale operazione di stile. Il designer, in quanto
esperto di analisi dei fenomeni e dello studio dei sistemi,

( 14 ) Mitrović Ivica, Introduction to


Speculative Design Practice, HDD & DVK
UMAS Zagreb/Split, 2015.

210 211
design design come atteggiamento

dovrebbe essere prima e più degli altri preoccupato dei «Le forme degli utensili e degli spazi della cultura
rischi connessi a questo atteggiamento. Per Papanek rurale, forgiati dalla necessità, dall’uso, dalle
“progettare per il mondo reale” significa osservare i veri consuetudini, costituivano da sempre un legame
problemi della società e cercare di proporre delle solu- essenziale tra l’identità degli abitanti di un territorio
zioni tenendo conto di tutte le discipline, scegliendo un e l’ambiente. Gli architetti di Superstudio conside-
approccio ecologico, razionale e anticipatore.( 15 ) ravano che nell’enorme patrimonio di conoscenze
L’atteggiamento ecologico di Papanek – rivolto non testimoniato dagli oggetti/utensili e gli ambienti di
solo all’impatto ambientale di un’azione ma anche alle quella ricerca, si potevano “rintracciare non solo le
sue conseguenze sociali e culturali – è ancora attualis- radici della nostra scienza, ma anche la possibilità
simo se lo confrontiamo con l’epoca immateriale e super- di una scienza diversa”».( 16 )
produttiva che stiamo vivendo oggi (legata soprattutto Questo aspetto ci rivela che la progettazione, prima di
alla produzione esponenziale di servizi e piattaforme diventare oggi una materia per specialisti, era maneg-
digitali e al passaggio da una logica di produzione indu- giata dagli stessi abitanti di un luogo, dagli stessi
striale ad una democratizzata e diffusa). Da allora stiamo utilizzatori di quegli oggetti, che oltretutto avevano un
ancora cercando di chiarire cosa è necessario produrre e grande talento nel saper riadattare le proprie costruzioni
per quale scopo ultimo. al tempo e allo spazio.( 17 ) Per cui il metodo di Superstu-
In ultima analisi mi interessa riportare l’atti- dio a questa ricerca non fu propriamente un approccio
vità di Superstudio, il famoso gruppo di architetti di design, ma prevedeva un’attività ibrida tra progetto e
di Firenze, che dal 1972 si dedicò alla ricerca e alla riflessione antropologica, in cui:
didattica lavorando sulla Cultura materiale extraurbana. «l’utilizzo del linguaggio parlato, della descrizione
Questo lavoro si colloca dopo le esperienze utopistiche libera dagli strumenti specialistici del rilievo, la
e provocatorie dell’Architettura Radicale. La ricerca ricostruzione o la reinvenzione degli oggetti, costi-
studiava le conseguenze delle trasformazioni urbane tuiscono tutti metodi di riappropriazione dell’attività
dovute al boom economico e la successiva espansione progettuale vista come naturale attività fisica».( 18 )
del territorio. Lo sviluppo industriale ha portato a conse-
guenze devastanti, opponendosi alle forme del territorio
ereditate da una cultura rurale millenaria. L’analisi
evidenziava che la rapida trasformazione di un’economia
tradizionalmente rurale in un’economia industriale aveva
causato la perdita definitiva delle forme di conoscenza e ( 16 ) Antonioli Manola, Vicari Ales- Toraldo, Cultura materiale extraurbana,
sandro, saggio tratto da: G. Bertrand, M. Alinea, Firenze, 1983 (opera realizzata
di creatività individuali che prima legavano la società al Favard, Poïetiques du design. Eco-con- durante il corso di Plastica ornamentale
proprio ambiente. ception?, L’Harmattan, Parigi, 2015; di- tenuto dagli autori tra il 1974 e il 1977 alla
sponibile in: http://www.materialdesign. Facoltà di Architettura dell’Università di
it/it/post-it/archeologia-dell-eco-desi- Firenze).
( 15 ) Papanek Victor, Design for a real gn-_13_591.htm ( 18 ) Natalini Adolfo, Netti Lorenzo,
world: Human Ecology and Social Chan- ( 17 ) Natalini Adolfo, Netti Lorenzo, Poli Alessandro, Di Francia Cristiano Toral-
ge, Pantheon Books, New York, 1971. Poli Alessandro, Di Francia Cristiano do, Cultura materiale extraurbana, op. cit.

212 213
design design come atteggiamento

Il design speculativo e l'approccio ecologico di


Papanek sono qui messi in relazione per via del loro
denominatore comune: la progettazione come anticipa-
tore di scenari futuri. In quest'ottica il design si interroga
sulle dinamiche e le problematiche della società in cui
vive, ponendo particolare attenzione agli artefatti che
produce e potrebbe produrre, generando riflessioni e
promuovendo un eventuale cambiamento.
Ma che cosa è necessario produrre oggi? Cosa
progettare? Qual è lo scopo ultimo dell'artefatto che Young Liam, Silent Spring, 2012.

produco? Queste domande fanno parte di un "atteggia-


mento" che, secondo gli autori citati, sarebbe alla base
di ogni pratica progettuale. Oggi divengono quesiti
indispensabili sui quali soffermarsi e che – secondo
quanto emerso dalla ricerca di Superstudio – non appar-
tenevano agli uomini che vivevano le società rurali prima
dell'epoca industriale, che progettavano senza sapere
di progettare, in una condizione di competenza fondata
sull'esperienza e la conoscenza dell'ambiente.
In questa chiave, la didattica del design potrebbe
ricercare le risposte e dovrebbe produrre quantomeno
dei risultati che tengano conto di questo fondamen-
tale aspetto. Se la progettazione “proietta” sè stessa
ponendo degli interrogativi, la didattica del design è
probabilmente il contesto migliore nel quale poterlo
fare, sperimentando nuovi metodi coerenti con le attuali
necessità.
Superstudio, La moglie di Lot, 1978.

214 215
design conclusioni

Ⅳ conclusioni Tutti i casi riportati e analizzati in questa ricerca – storici


e attuali, inediti e riconosciuti – mirano a creare una
letteratura di base adeguata, per comprendere meglio il
fenomeno del design per l’innovazione sociale. Si è ten-
tato di capire perché il design è ritenuto fondamentale
in questo processo e quali sono le variabili che determi-
nano il valore di un’azione progettuale.
I risultati emersi dall’analisi dei casi hanno eviden-
ziato competenze spesso ignorate nel progettista, che
si è reso capace di: 1) offrire nuove chiavi di lettura per
lo sviluppo del territorio, attraverso il potere collabora-
tivo delle comunità; 2) riflettere con la comunità sulla
produzione locale di artefatti utili allo scardinamento
di dinamiche sociali, volti a favorire nuove condizioni di
benessere basate sullo scambio e le interazioni sociali;
3) interrogarsi su modelli economici alternativi capaci di
sostenere le nuove logiche di produzione, che vanno oltre
la trasformazione di un servizio sociale o culturale in una
nicchia di mercato, quindi, in una tendenza; 4) aggirare i
modelli dominanti (economici e non solo) sperimentando
approcci alternativi, resilienti e rivolti ad un mondo non
più esclusivamente globale o locale, ma trans-locale.
E poi ci sono gli stakeholder e gli altri attori coinvolti,
provenienti da altri settori di competenza (gli stessi
cittadini possono essere degli stakeholder), con i quali il
progettista sta iniziando a dialogare. Il design quindi si
apre ad altri saperi (scienziati, ingegneri, sociologi, arti-
sti) e ambienti (organizzazioni pubbliche, ong, aziende)
per munirsi di nuovi mezzi adatti al contesto culturale e
tecnologico moderno.
Questo risvolto pone al centro della questione
anche la ridefinizione della professione del designer
così come la si conosceva prima: da pratica prevalente-
mente legata alla produzione di artefatti per il mercato,
ad una che incentiva le interazioni sociali, propone

216 217
design conclusioni

comportamenti e valore civico, limita la produzione in in seguito alla sua sperimentazione su un territo-
serie per una produzione più misurata e sostenibile. rio locale, è un requisito importante in chiave di
Il designer come manager, facilitatore, figura ibrida innovazione. Forse la parola giusta non è “appli-
trans-disciplinare. L’aspetto del dialogo e della ricerca di care” ma “tradurre”. È chiaro che ogni progetto
una promiscuità delle discipline, rappresenta forse la più ha bisogno di adattarsi al contesto nel quale va a
importante sfida della progettazione nei prossimi anni. collocarsi; quindi nel processo di traduzione del
Lo scenario, comunque, è abbastanza complesso modello, dal luogo dove è stato ideato a quello in
e il rischio che non passi molto tempo prima che anche cui viene riattuato, da un lato si perde sicuramente
il “design per l’innovazione sociale” diventi mainstream qualcosa ma dall’altro viene aggiunto nuovo valore,
e commerciale è alto. Ciò non toglie che questi nuovi arricchendo il modello di partenza e producendo
approcci configurano il designer come una figura duttile “un ritorno”».
e poliedrica, abile nel proporre nuovi spazi di riflessione Nell’ottica in cui un progettista non si serve di schemi
e nel superare le insidie della retorica. predefiniti, già confezionati e pronti all’uso ma applica
In questo senso, l’apporto della didattica del il filtro della “traduzione” nella sua pratica, non può
design è molto importante per due ragioni: la prima è esistere “una misura per tutto”, o per invertire un termine
che la ricerca applicata ai territori, fatta dalle università proprio del marketing, “one size does not fits all”.
e dagli istituti di design, consente la sperimentazione
di pratiche che altrimenti avrebbero un riscontro più
lento; la seconda riguarda la necessità di formare nuovi
progettisti in grado di affrontare una società in stato
di transizione. I nuovi designer devono essere dotati di
strumenti fluidi, di metodologie aperte al dialogo con
altri attori. È per questo che alla fine di questo percorso
d’indagine, come ultimo elemento del pattern, si parlava
di atteggiamenti (di design), e non di modelli o metodo-
logie da applicare.
Si può parlare di modelli, purché non li intendiamo
come delle strutture rigide dentro il quale iscrivere i
campi della conoscenza, purché siamo pronti a metterli
in discussione laddove avvertiamo che non si adattano
più alla realtà e rischiano di diventare obsoleti.
Interrogandosi sulla replicabilità di un modello,
la risposta ricevuta da Mattozzi in una conversazione
skype, merita di apparire tra queste righe conclusive:
«Riproporre un modello esistente su diverse scale,

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226 227
design pattern ringraziamenti

Si ringraziano per il supporto alla


produzione dei contenuti:

Boamistura
Böhm Kathrin
Driesse Moniek
Elzenbaumer Bianca
Lupo Daniele
Mattozzi Alvise
Tortoioli Ricci Marco

Un grazie speciale infine alla mia


famiglia e agli amici con i quali posso
condividere e confrontare sempre le
mie idee, riflettendo e immaginando
progetti futuri, che siano vicini o
geograficamente distanti.

228 229
design PAT TERN COLOPHON

Design Pattern
Saverio Rociola

Tesi di diploma di Ⅱ livello in


Comunicazione, design ed editoria
ISIA Urbino

testi composti in F Grotesk,


di Radim Peško, 2011
carta Arcoprint Milk 100 gr.
coperta Soft 240 gr.

stampato presso
Arti Grafiche Stibu
marzo 2016

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