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scoperta dell'espansione dei fondali oceanici, confermata dallo studio delle anomalie magnetiche rilevate
in prossimità della dorsale medio-atlantica. Tali anomalie risultano distribuite in fasce simmetriche, lungo
i due lati delle dorsali oceaniche, e l'analisi della loro cronologia dimostra che l'età geologica dei basalti sul
fondale oceanico aumenta, in ciascun lato, allontanandosi dalla cresta della dorsale.
Inoltre lo studio dei fenomeni sismici intorno al piano di Benioff, individuato dalla disposizione degli
ipocentri dei terremoti e da altre osservazioni geologiche, apportò nuovi elementi per spiegare la
dinamica delle placche.
I modelli basati sulla teoria della tettonica a zolle descrivono le interazioni che avvengono tra le zolle e le
conseguenze macroscopiche di queste interazioni.
Occorre ricordare che i fenomeni descritti non corrispondono a una catalogazione netta di tutti i margini
tra le placche; si tratta invece di end-members, ovvero dei casi limite (o "puri"), in quanto nei casi naturali
si riscontrano tutte le gamme di casi misti possibili; si possono avere per esempio limiti con movimenti
transpressivi (trascorrenti e compressivi) poiché raramente il movimento delle placche è perfettamente
parallelo (nel caso dei limiti trascorrenti) o perpendicolare (nel caso dei limiti convergenti e divergenti).
Esistono due tipi di margini con movimento laterale; entrambi possono essere caratterizzati da un
movimento definito destro o sinistro. Per distinguergli occorre idealmente "mettere i piedi" su uno dei due
blocchi coinvolti e vedere in che direzione va l'altro blocco.
Al primo tipo appartengono le faglie trascorrenti, il movimento destro o sinistro di una placca contro
un'altra causa effetti facilmente visibili in superficie. A causa dell'attrito e del comportamento rigido le
placche possono non scivolare in modo continuo l'una sull'altra, accumulando energia elastica sui margini
di zolla che, quando viene superata la soglia di rottura delle rocce interessate dal fenomeno, viene
rilasciata istantaneamente provocando così un terremoto di magnitudo variabile. Questo fenomeno è
inquadrato nella "teoria del rimbalzo elastico". L'esempio più famoso di questo tipo di faglia è
rappresentato dal complesso della nota "faglia di Sant'Andrea" (vedi figura), nella costa ovest del nord
America, in California; in quest'area le placche del Pacifico e del nord America scorrono lateralmente fra
di loro con un movimento transpressivo, in modo tale che la placca del Pacifico si sposti verso nord
mentre l'altra verso sud. Altri esempi di faglie trascorrenti sono quelli della "faglia Alpina" in Nuova
Zelanda e la faglia dell'Anatolia in Turchia.
Al secondo tipo appartengono le faglie trasformi; queste sono faglie particolari che segmentano la
dorsale oceanica principale e generalmente si dispongono perpendicolarmente a essa (e quindi
parallelamente alla direzione di espansione). La loro esistenza è legata a discontinuità ereditate dalla
struttura della crosta continentale durante la fase di rottura, ma soprattutto dalla necessità di
accomodare la variazione delle velocità lineari che si hanno a distanze diverse dall'asse intorno al quale
ruota una placca rigida quando si muove lungo una superficie sferica (anche se ovviamente le velocità
angolari rimangono le stesse).
Lo spessore dei sedimenti aumenta allontanandosi dalle dorsali e i sedimenti che via via si depositano
diventano più vecchi.[senza fonte] Poiché dalle dorsali fuoriesce nuovo materiale la crosta oceanica
aumenta determinando il fenomeno dell'espansione dei fondali oceanici.
Quando una placca oceanica molto densa e quindi parecchio pesante si scontra con una continentale
meno densa, e quindi più leggera, quella oceanica solitamente scende in profondità, al di sotto di quella
continentale. La conseguenza di questa collisione è una fossa oceanica dalla parte dell'oceano e una
catena montuosa vulcanica sul versante continentale. Questo è ciò che avviene nell'area lungo la costa
ovest del sud America ove la "Placca di Nazca" viene sub-dotta dalla placca del sud America. Il materiale
sub-dotto viene notevolmente scaldato e, divenendo fluido tende a risalire in superficie formando dei
vulcani oppure catene montuose vulcaniche.
Durante la discesa nel mantello, la temperatura della crosta sale progressivamente fino alla sua fusione e
con separazione e migrazione delle sue componenti più volatili (tra cui in abbondanza l'acqua contenuta
nei minerali e intrappolata nei sedimenti subdotti); queste componenti abbassano la temperatura di
fusione delle rocce circostanti nelle immediate vicinanze generando un magma ricco di gas che sale
rapidamente fino alla superficie, dando luogo a un vulcanismo di tipo "esplosivo", a causa dell'elevato
contenuto di gas (come avvenne per esempio nell'eruzione del Monte St. Helens).
Il magma che risale in superficie genera spesso lunghe catene vulcaniche all'interno del continente, ma
anche in prossimità all'oceano. La cordigliera delle Ande in Sudamerica è ricca di questo tipo di vulcani
esplosivi. Diversi vulcani alternano periodi di quiete a eruzioni che incominciano con espulsione massiccia
di gas. L'intero oceano Pacifico è attraversato da lunghe file di vulcani e isole vulcaniche note con
l'appellativo di "Cintura di fuoco".
Quando due zolle continentali entrano in collisione, le stesse si comprimono fra loro oppure una delle due
viene sub-dotta come nel caso precedente; in casi molto rari, una zolla sale sopra l'altra (obduzione). In
ogni caso, durante questa collisione si formano catene montuose (ad es. la catena montuosa
dell'Himalaya).
Quando due croste oceaniche convergono, in genere formano un arco insulare mentre una delle due
viene sub-dotta sotto l'altra. L'arcipelago formatosi è costituito da isole vulcaniche che eruttano il magma
proveniente dalla distruzione della crosta oceanica sub-dotta che, dopo la fusione nel mantello, risale
attraverso la crosta oceanica sovrastante. Un esempio di questo genere di collisioni fra croste oceaniche
può essere riscontrato osservando la conformazione del lunghissimo arco insulare compreso fra la
Kamčatka (Russia) e l'Alaska.
L'origine di questo flusso termico va ricercata nel fenomeno della radioattività; si presume che nel
mantello e nel nucleo terrestre abbondino elementi radioattivi come l'uranio 238 e/o il torio 232 che
decadono emettendo particelle la cui energia cinetica si tramuta in calore. Quindi dall'interno del pianeta
si diparte il calore generato che si trasmette agli strati superiori per convezione.
La cella convettiva
I movimenti tettonici traggono energia da "moti convettivi" che avvengono al di sotto della litosfera, nel
mantello terrestre.
Le rocce fluide che costituiscono il mantello sono continuamente rimescolate da correnti convettive,
come quelle che si formano portando a ebollizione una pentola d'acqua; le rocce fluide e calde che
costituiscono il magma, tendono a salire in superficie, quelle più dense e fredde della crosta sprofondano
nell’astenosfera dove le alte temperature le fondono trasformandole in magma; questo tende poi a risalire
in superficie.
Il processo ciclico appena descritto è un esempio di processo convettivo. Il magma che risale in superficie
produce nuova litosfera, lungo i margini delle zolle, formando quindi nuova crosta terrestre. Il movimento
circolare di queste celle convettive innesca in superficie i movimenti tettonici, generando un margine
divergente quando due masse si allontanano fra loro e un margine convergente quando si avvicinano
fronteggiandosi.
La roccia che costituisce il mantello, pur comportandosi come un fluido, di fatto è solida: nonostante le
temperature siano altissime, la pressione mantiene solida la roccia. Per quanto il mantello superiore sia
molto fluido e plastico, i fenomeni di magmatismo sono soltanto superficiali: la calda roccia astenosferica
risale in quei punti in cui vi è un calo di pressione - per esempio le dorsali- e quindi la roccia si fluidifica e
dà luogo al vulcanismo e a fenomeni associati. L'idea delle placche "galleggianti" su un oceano di magma
presente, talvolta usata per divulgazione popolare semplicistica non è corretta.
Alcuni geofisici preferiscono considerare la struttura delle celle a due livelli, uno per il mantello superiore
e uno per il mantello inferiore. Le celle del mantello inferiore, operanti in condizioni di maggior densità, si
muovono più lentamente, trasmettendo direttamente il calore che permette il movimento delle celle
convettive superiori, le quali provocano i movimenti tettonici. Sebbene i due modelli siano ancora oggetto
di dibattito, si tende a considerarli come integranti tra loro: infatti, sebbene il moto convettivo possa
essere considerato a due livelli, si pensa che alcune masse rocciose passino dall'uno all'altro. In ogni caso,
il modello più probabile è quello con un'unica cella sia per il mantello superiore sia inferiore: infatti i freddi
lembi di litosfera oceanica subdotta presso le fosse fanno sentire i loro effetti ben oltre la discontinuità fra
mantello superiore e inferiore.
Il modello dello slab pull parte dall'assunto, molto speculativo, che la composizione del mantello superiore
sia omogenea, e che la pressione e temperatura determinino solamente delle transizioni di fase. Lo slab,
essendo più freddo, tenderebbe a scendere verso il basso. Tuttavia non c'è prova di questa omogeneità
chimica anche perché in superficie arriva solo magmatismo che viene alimentato dall'astenosfera (100–
200 km), e non abbiamo evidenze certe della composizione mantellica fino a 670 km. Inoltre la pendenza
degli slab non ha relazione con l'età della litosfera, dove più è vecchia e più è spessa e fredda, quindi in
teoria più densa.
Il ciclo di Wilson
Questo fenomeno è noto come "ciclo di Wilson", grazie a cui si è potuti risalire ad antiche disposizioni
continentali, come i super-continenti Pangea (250 milioni di anni fa) e Rodinia (750 milioni di anni fa).
Secondo questa teoria ci sarebbe la ciclica formazione di un super-continente che poi tende a
smembrarsi e ricomporsi in seguito, in un lasso di tempo stimato in circa 500 milioni di anni.
L'orogenesi
magnifying glass icon, lo stesso argomento in dettaglio: Orogenesi.
La cordigliera, associata all'arco vulcanico, che sorge parallelamente alla fossa oceanica (il più importante
caso naturale è rappresentato dalle Ande) è un bell'esempio di come il processo di orogenesi può avere
inizio già prima della collisione continentale. Una volta che questa è avvenuta, non essendoci sufficienti
differenze di densità fra i due tipi di litosfere coinvolte e dato che entrambe sono troppo leggere per
essere trascinate in profondità nel mantello, si ha che il moto convergente viene compensato
prevalentemente da un ispessimento crostale che si manifesta in superficie con la formazione di una
catena montuosa.
La placca che conteneva l'oceano comunque, per forza di cose, tenderà a scorrere sotto a quell'altra
(contribuendo ampiamente all'ispessimento crostale). Inoltre se è pur vero che la litosfera continentale
non può essere trascinata in profondità nel mantello in modo così massiccio come avviene per quella
oceanica, è anche vero che porzioni di rocce crostali, attraverso vari processi tettonici possono essere
trascinate ad alte profondità. Ormai da tempo è assodato il fatto che anche porzioni di crosta
continentale possono sub-durre (come, ad esempio, i graniti eclogitici del monte Mucrone).
L'oceano viene quindi quasi completamente trascinato in profondità nel mantello e di esso rimangono
soltanto dei "relitti" sotto forma di porzioni di crosta oceanica (più o meno deformate) intrappolate nella
catena montuosa (sono chiamate ofioliti e il processo che le "mette in posto" è chiamato obduzione),
associate a successioni sedimentarie marine.
L'esempio più noto di questo tipo di orogenesi è la formazione della catena montuosa dell'Himalaya, che
si è generata grazie alla spinta esercitata dal subcontinente indiano sul continente eurasiatico.
Si può pertanto comprendere per quale motivo rocce tipiche dei fondali marini sono riscontrabili anche in
alta quota. Il fenomeno è ancor più evidente quando vengono reperiti, in zone montuose, fossili di esseri
viventi, anche estinti, che provengono da antichi fondali marini oramai scomparsi.