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1- INDAGINI DIFENSIVE
Sono tutte quelle attività che il collaboratore, e il difensore, può svolgere per cercare elementi di prova
a favore del proprio assistito che può essere sia l’indagato (ricerca prove per difendersi e dimostrare la
propria estraneità ai fatti, dunque per fornire un alibi), sia la persona offesa (per fornire prove a favore
delle proprie dichiarazioni.)
Le indagini (o investigazioni) difensive rappresentano uno strumento introdotto nel nostro
ordinamento dalla Legge 7 dicembre n. 397/2000 al fine di attuare il principio di parità tra accusa e
difesa.
Quando è già avvenuta l’iscrizione nel registro degli indagati o a seguito della notizia
dell’indagine (quindi in parallelo alle indagini preliminari del pm)
Quando non vi è ancora nessuna iscrizione nel registro degli indagati e l’instaurazione di un
procedimento penale è solo eventuale (indagini preventive)
In un momento successivo, al fine di ricercare nuove prove per chiedere la revisione della
sentenza (è capitato che un caso sia stato archiviato come suicidio, i parenti non accettavano
questa sentenza e si sono rivolti agli investigatori affinché ricercassero elementi di prova che
dimostrassero che non si trattava di suicidio, ma di altro, e quindi riaprire le indagini.)
L’avvocato difensore svolge indagini in prima persona oppure avvalendosi dell’ausilio di sostituti, consulenti
tecnici e investigatori privati. Ma tutti gli investigatori privati possono svolgere le indagini penali? La
risposta è no. Occorrono dei requisiti:
Devono essere in possesso della licenza per svolgere attività d’investigazione privata in ambito
civile;
Devono aver maturato una specifica esperienza professionale che possa garantire il corretto
esercizio dell’attività.
Per ottenere la licenza occorre fare richiesta al Prefetto della provincia in cui il titolare ha eletto la sede
principale dell’attività investigativa. Il rilascio licenza ha validità triennale e carattere rigorosamente
personale.
Il verbale compilato entrerà a far parte del fascicolo del dibattimento, al pari del verbale redatto
dall’autorità giudiziaria, e avrà lo stesso valore probatorio trattandosi di un atto irripetibile.
INDAGINI INDIRETTE ATIPICHE = ricomprendono l’attività dell’investigatore che, di propria iniziativa può
acquisire notizie dalle persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’attività investigativa, ma solo
attraverso un colloquio non documentato. Si tratta delle cd. notizie o informazioni confidenziali: non sono
fonti di prova, ma possono dare uno spunto per un determinato indirizzo investigativo che può portare
all’acquisizione di una fonte di prova.
INDAGINI INDIRETTE TIPICHE = consiste nel compiere una dichiarazione scritta o un’intervista, che
possono essere effettuate o dall’avvocato difensore in prima persona, oppure dall’investigatore ma solo su
specifico mandato dell’avvocato difensore.
La dichiarazione scritta è un atto formale in cui viene chiesto all’informatore di sottoscrivere le proprie
dichiarazioni. Al termine dell’incontro il difensore dovrà redigere una relazione sottoscritta dal dichiarante
stesso e che dovrà contenere:
a. La data in cui si è ricevuta la dichiarazione
b. Le proprie generalità e di colui che ha rilasciato la dichiarazione
c. L’attestazione di aver rivolto gli avvertimenti ex art. 391-bis
d. I fatti sui quali verte la dichiarazione.
L’intervista consiste nel porre direttamente le domande e nel ricevere risposte. La conversazione tra il
difensore e l’informatore sarà registrata e tutte le domande/risposte vengono scritte. Queste dichiarazioni
possono essere utilizzate in dibattimento.
-Se si rivolge a persona detenuta, il difensore deve essere autorizzato da parte del Giudice.
-Se si rivolge a persona indagata o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o
collegato, deve avvisare, almeno 24 ore prima, il suo difensore che deve necessariamente presenziare.
Il difensore non può MAI “filtrare” e modificare le dichiarazioni rilasciate dalla persona sentita al fine di
assumere elementi a favore del proprio cliente. Se decide di formalizzare le dichiarazioni, queste devono
rimanere genuine e integrali, qualsiasi sia il loro contenuto.
In caso di mancato rispetto delle disposizioni, il difensore va incontro a una duplice sanzione:
1-le informazioni acquisite diventano inutilizzabili;
2-ottiene un illecito disciplinare.
7- INDAGINI DIFENSIVE
Solo l’Avvocato difensore nominato è il soggetto titolato (possiede il mandato investigativo penale) che
può svolgere indagini difensive nel procedimento penale, pertanto solo lui è legittimato ad incaricare
l’investigatore.
L’incarico che il difensore riceve dal cliente viene iscritto in uno speciale registro (speciale registro del
difensore) e comunicato all’autorità giudiziaria. Questo registro contiene:
1. L’oggetto dell’indagine
2. La durata dell’indagine
3. Le direttive impartite
4. L’obbligo del segreto professionale
5. Il rifiuto ad assumere incarichi connessi
L’avvocato difensore può incaricare l’investigatore privato tramite delega scritta e firmata dallo stesso
Avvocato, oppure compilando il modulo di incarico fornito dall’agenzia investigativa. Una volta ricevuto
l’incarico, anche l’investigatore dovrà annotarlo in uno speciale registro precedentemente vidimato dalla
Questura (speciale registro dell’investigatore). All’interno di quest’ultimo registro risulterà indicato:
1. Generalità e indirizzo del difensore committente
2. Tipologia atti investigativi richiesti
3. Durata delle indagini, determinata al momento del conferimento dell’incarico
Nel registro non compare il nome dell’indagato, proprio perché la riservatezza e la confidenzialità sono
caratteristiche essenziali delle indagini difensive.
9- ATTIVITA’ DELL’INVESTIGATORE
L’investigatore relazione la sua attività al difensore tramite note riassuntive, relazioni tecniche, pareri,
descrizioni dell’attività svolta e dei risultati ottenuti. La relazione dell’attività deve avvenire nei tempi idonei
in modo da permettere al difensore un controllo sull’attività compiuta e valutare ulteriori iniziative
d’indagine o predisporre la miglior strategia difensiva.
Essendo regolata da norme del codice di procedura penale e dalla legge sulla privacy, deve rispettarle pena
l’impresentabilità e l’inutilizzabilità delle fonti di prova raccolte.
TECNICHE DI AUDIZIONE DI TESTIMONI E PERSONE INFORMATE SUI FATTI: La strategia generale è quella
di guidare il testimone attraverso i registri della memoria che sono più ricchi di informazioni pertinenti
all’evento e il metodo è quello di passare da domande aperte a domande più specifiche;
Nel fare ciò bisogna tenere sempre a mente gli obiettivi:
non danneggiare i ricordi
recuperare il maggior numero di informazioni nella forma più corretta.
Che cos’è il RICORDO: È il risultato di una serie di elaborazioni che vanno sotto il nome di “processo di
memoria”. Questo processo è diviso in 3 fasi:
1) Fase di acquisizione: in questa fase si percepiscono e si codificano informazioni presenti
nell’ambiente al momento dell’evento
2) Fase di ritenzione: fase di conservazione del ricordo
3) Fase di recupero: fase in cui il soggetto recupera le informazioni prima di verbalizzare il ricordo.
Il ricordo, però, non è una replica esatta dell’evento stesso, ma un’elaborazione che riflette la modalità
con cui il soggetto lo ha percepito, e tra l’altro la fase di acquisizione (percezione e codifica) è influenzata
da una serie di fattori sia psicologici che ambientali.
L’essere umano non assume un ruolo passivo, ma dinamico ed attivo rispetto all’evento, agendo sulle
informazioni percepite, codificandole ed elaborandole sia in maniera consapevole (logica, coerente ed
economica) che inconscia (sulla base di stati emotivi, stress o fattori esterni).
Che cos’è l’ATTENZIONE SELETTIVA: Intorno alla metà del ventesimo secolo, iniziarono gli studi sul
funzionamento dei “filtri percettivi”, che misero in evidenza come alcuni stimoli secondari (cioè non
essenziali allo svolgimento di un compito) riuscivano a superare la barriera “innalzata” dai “filtri percettivi”:
questo procedimento prende il nome di selezione tardiva dell’informazione.
Come sostenuto dalle teorie della selezione tardiva, l’individuo metterebbe in atto una sorta di
elaborazione anche a quelle informazioni o stimoli a cui non si presta direttamente e “coscientemente”:
(questo prende il nome di attenzione in modo volontario)
La selezione tardiva di alcuni stimoli poteva dipendere dall’energia messa in campo per analizzare gli stimoli
necessari a portare a termine il proprio compito: all’aumentare dell’energia necessaria diminuiva la
possibilità di elaborare gli stimoli secondari e viceversa.
ASPETTATIVE E CONOSCENZE PREGRESSE: aiutano a discriminare, e a volte a completare, gli stimoli. Se è
vero che le conoscenze pregresse spesso danno significato agli stimoli, è vero anche che gli stimoli stessi
generano conoscenze pregresse.
Al presentarsi di un episodio nasce un’immagine alla quale bisogna assegnare un significato. L’immagine
viene confrontata con ciò che è presente nella memoria (conoscenze pregresse): se viene trovata
una “concordanza”, gli viene assegnato un significato già esistente perché l’immagine viene riconosciuta e
collegata ad un’altra della quale abbiamo avuto già esperienza. In caso contrario verrà creato un nuovo
significato. Un esempio di associazione errata: vedo un soggetto incappucciato con qualcosa in mano,
penso che sia una pistola.
Persone diverse daranno un significato diverso allo stesso stimolo-evento in base alla propria esperienza
pregressa.
Tra l’altro le persone tendono ad elaborare le nuove informazioni in base a conoscenze e schemi mentali
pregressi, modificandone con facilità il contenuto, perché confondono la concordanza con la similitudine e
questo rappresenta un sistema “economico” della gestione delle informazioni
All’aumentare del tempo trascorso tra la codifica ed il recupero delle informazioni aumenta la possibilità di
contaminazione dei ricordi
RIFERIRE QUALSIASI DETTAGLIO: l’intervistatore esorta il testimone a non riferire solo ciò che per lui è
importante, deve riferire qualsiasi dettaglio anche se a suo parere non utile
RIEVOCAZIONE DA PUNTI DI PARTENZA DIVERSI: ossia raccontare l’evento in ordini cronologici diversi
(infatti modificando la sequenza temporale aumenta il numero dei particolari riportati perché si
indeboliscono gli schemi rievocativi pre-acquisiti)
1- INSTAURARE IL RAPPORTO
2- RACCONTO LIBERO
Consiste nel:
Ricreare il contesto dell’evento (ad esempio tornando sul posto);
Chiedere al testimone di iniziare il racconto libero spiegando in maniera chiara che “dovrebbe”
riportare tutti i particolari, anche quelli che ritiene insignificanti;
Chiedere “se ricorda altro”, in questo modo il testimone può ripensare al suo racconto e verificare
se ha omesso qualche particolare.
3- DOMANDE SU PARTICOLARI SPECIFICI
Rappresenta il momento più critico dell’intervista sia per l’intervistato, in quanto è invitato a focalizzare la
sua attenzione su particolari specifici dell’evento (anche particolarmente dolorosi da ricordare) sia per
l’intervistatore che deve evitare di compromettere il ricordo del testimone ponendo domande in modo
corretto.
Basandosi sul racconto libero fatto dal testimone, l’intervistatore deve cercare di stimolare il
soggetto ad attivare delle “immagini mentali specifiche” rispetto a specifici particolari del racconto
(aggressore, rapinatore, arma, veicolo, vestiti ecc.)
L’intervistatore deve sfruttare le immagini attivate dal testimone e solo sulla base di queste porre le
ulteriori domande che ritiene utili. Può procedere in questa fase in modo deduttivo: dal generale al
particolare.
Le domande devono essere formulate in modo corretto dando la priorità a domande aperte; non
utilizzare domande con risposta vincolata o suggestive (domande che contengono nella
formulazione, in modo più o meno implicito, la risposta – es. il soggetto aveva in mano una
pistola?)
La risposta può essere influenzata negativamente anche dall’uso degli articoli determinativi rispetto
a quelli indeterminativi (ad esempio: ha visto LA pistola? Vs: ha visto UNA pistola?)
5- COMMIATO
Consiste nel ringraziare il testimone per la collaborazione e l’impegno dimostrato, cercando di lasciargli
un’ultima impressione positiva in modo tale da poter ottenere di nuovo il suo aiuto se dovesse essere
ancora necessario interrogarlo o nel caso dovesse avere la necessità di riferire nuovi particolari.
ESAME DIRETTO: Viene condotto dalla parte che ha chiesto l’ammissione della prova e ha la finalità
di far emergere fatti favorevoli alla propria tesi. Sono vietate le domande suggerimento perché si
ritiene che l’interrogante conosca già le informazioni in possesso dal dichiarante, quindi si vuole
dimostrare la credibilità del teste. Sono vietate le domande:
- nocive (finalizzate a manipolare il teste, tese a minare la genuinità delle risposte)
- suggestive (tendono a suggerire al testimone la risposta da fornire o provocano una
risposta determinata)
- generiche (domande che hanno un riferimento inesistente o vago rispetto ai fatti di causa)
- intimidatorie e suadenti (domande che ledono il rispetto della persona, il suo pudore o la
sua dignità.)
CONTROESAME: Condotto dalla parte che ha un interesse contrario a quella che ha introdotto il
teste. La finalità è quella di mettere in dubbio la credibilità del teste facendogli dichiarare:
- fatti che contraddicono la conclusione alla quale è pervenuta la controparte
- fatti diversi o alternativi
- fatti che dimostrano la sua non credibilità
Le domande devono essere pertinenti ai fatti che costituiscono oggetto di prova, sono sempre vietate
quelle nocive, ma in questo caso sono possibili le domande suggerimento per vedere come reagisce il teste
e per farlo cadere in contraddizione.
RIESAME: Condotto dalla parte che inizialmente ha portato avanti l’esame diretto e che quindi ha
introdotto il teste. Avviene solo se è avvenuto il controesame. La finalità del riesame:
- Consentire il recupero della sequenza originaria dei fatti dopo che il controesame l’ha
messa in dubbio
- Consentire al teste di esporre le ragioni delle contraddizioni nelle quali è caduto nel
riesame
27- CONTESTAZIONI
Qualora il testimone, nel corso del proprio esame fornisce una dichiarazione diversa da quella resa in un
momento precedente al dibattimento, le parti possono utilizzare le dichiarazioni precedentemente rese
dallo stesso testimone, contenute nel fascicolo del Pubblico Ministero, ai fini della contestazione.
Le contestazioni hanno una duplice finalità: 1) mettere in dubbio la credibilità del teste che in dibattimento
ha dato una versione diversa. 2) dargli la possibilità di ricalibrare le versioni eliminando le difformità,
fornendo delle giustificazioni sui motivi della diversità.