poleis greche nell’VIII secolo a.C.: esse furono infatti le prime comunità documentate in
cui
gli abitanti ebbero il diritto di partecipare sia alla vita civile sia a quella politica.
Esercitavano il potere in base ad una Costituzione (politeia).
Si era cittadini in quanto nati da genitori liberi e cittadini. In ogni polis, coloro che non
parlavano il greco (definiti barbari) erano considerati degli stranieri, mentre quelli che
conoscevano la lingua ed avevano in comune religione e costumi (gli Elleni), anche se
non
erano cittadini, erano comunque accettati a differenza delle donne, schiavi, servi, meteci,
poveri. Si esercitavano i diritti civili non appena raggiunti i vent’anni ma a determinate
condizioni: oltre ad essere originari della città da parte di entrambi i genitori, proprietà
fondiaria, raggiungimento di un censo minimo, ecc... Lo status di cittadino era permanente
ma poteva essere perso (atimia) per reati gravi contro lo Stato o per esilio.
Il diritto romano fu il primo ad introdurre il concetto di cittadinanza come
appartenenza ad uno Stato e non a una città. Però essere cittadino romano era uno
status
privilegiato non destinato a tutti, almeno nel primo periodo dell’impero poichè solo i
cittadini potevano godere dei privilegi e di tutti i diritti tra cui quello di non pagare le tasse.
Tra i non cittadini vi erano gli italici, poi latini in quanto soggetti al diritto Latino, istituito agli
inizi del V sec a.C. Stessa cosa accadeva per le classi sociali più basse: i liberti, ex
schiavi che, acquisendo libertà in forma solenne, godevano dello stesso diritto Latino
attraverso la lex lunia Norbana a partire dal 19 d.C. Poi infine c’erano gli schiavi,
considerati più come degli oggetti che delle persone [per loro veniva utilizzato il genere
neutro], che non godevano di diritti. Infatti solo nel 52 d.C. viene sancito l’obbligo di cura
per uno schiavo malato, mentre nel 61 d.C., con la Lex Petronia de Servis, venne proibito
ai padroni far combattere lo schiavo con una belva e, con la Lex Cornelia, venne
condannata la loro pena di morte senza una giustificazione valida. Più tardi avranno
anche
la capacità di agire o produrre atti giuridici per conto del dominus e la possibilità di
possedere che permetteva loro di comprarsi la libertà. Il solo a godere di tutti i diritti e
privilegi resterà sempre il civis romanus con lo ius suffragii, ius honorum (rispettivamente
diritto di voto e di ricoprire le cariche politiche), per difendere e avere cura degli interessi
della Respublica.
Con la locuzione latina Civis Romanus sum, ovvero sono cittadino romano si indicava con
orgoglio l’appartenenza di un determinato cittadino all’Impero Romano e racchiudeva
anche i diritti e doveri di cui godeva ogni cittadino di tale Impero. Fu pronunciata da vari
personaggi latini ad esempio Cicerone ( In Verrem 11 v. 162).
Dal punto di vista del diritto, tale locuzione era invocata dai prigionieri accusati di un reato
al fine di essere giudicati dalla legislazione romana e non dalle leggi derivanti dalle
usanze
delle province dell’impero.
Una curiosità: tale frase fu pronunciata anche dal Presidente degli USA Kennedy nel suo
famoso discorso nel 1963.
In un altro testo di Cicerone si parla di appropriamento illecito della cittadinanza quando
quest’ultimo difende il poeta Archia, il quale è stato infatti accusato di usurpazione della
cittadinanza romana.
In questo brano viene messa in evidenza soprattutto l’importanza della figura del poeta
che, ai tempi, era considerato un dono da parte degli dei e che si pensava fosse animato
da ispirazione divina.
Infine, per via della loro ferocia, abolì la religione dei Druidi per introdurre invece quella
degli Eleusi (Divus Claudius, libro V di Svetonio).
Dopo una serie di ulteriori leggi, soltanto con l’Editto di Caracalla (212 d.C.) tutti gli
abitanti dell’Impero romano diventarono cittadini.
Nel medioevo il modo d’intendere la cittadinanza come appartenenza ad uno stato e non
ad una città scomparve, da quel momento infatti non si parla più di cittadini, ma di sudditi
sprovvisti di attivi diritti sotto l’autorità di un sovrano.
A partire dal XVIII secolo con le rivoluzioni americana e francese si delineò il concetto
moderno di cittadinanza e di cittadino come portatore della libertà e dei diritti inviolabili.
Quindi, per ogni cittadino sono riconosciuti tali diritti: libertà, proprietà, sicurezza
personale
e resistenza all’oppressione.
Oggi la nozione di cittadinanza rappresenta il fondamento della democrazia moderna.
Dopo le tragiche guerre mondiali del Novecento e la sconfitta dei regimi totalitari, la
nascita dell’Onu fu un momento importante per la diffusione della democrazia nel mondo
e
per l'affermazione dei diritti umani. L‘adesione di uno Stato alle Nazioni Unite era
subordinata, infatti, all‘accettazione dei principi dell'organizzazione. Nella realtà, in molti
Paesi le istituzioni democratiche furono solo di facciata: fu il caso di molti Stati africani e
asiatici usciti dal colonialismo e anche quelli appartenenti al blocco comunista. Da
un‘analisi del 2013 di Freedom House (una delle principali agenzie di misurazione della
democrazia nel mondo sorta nel 1941), si evidenzia che i Paesi realmente liberi sono
90,quelli parzialmente liberi sono 58 e quelli non liberi 47.
Le forme di democrazia più importanti sono
• democrazia diretta (il potere sovrano è esercitato direttamente dal popolo, come
avveniva nell'antica Grecia, dove i cittadini esclusi schiavi, donne e cittadini stranieri
si riunivano nell'agorà per discutere attivamente di leggi o posizioni politiche da
prendere).
• democrazia indiretta ( il potere sovrano è esercitato da rappresentanti eletti dal
popolo i cittadini sono comunque liberi di candidarsi per diventare rappresentanti,
qualunque sia il loro stato sociale).
L’azione dell’ONU per la tutela dei diritti umani e per la diffusione della democrazia è stata
comunque fondamentale sin dalla sua nascita. Con questo scopo nasce nel 1946 la
Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, che si impegnò nel redigere la
Dichiarazione universale dei diritti che riconosce nella salvaguardia dei diritti umani
l’obiettivo primario che la comunità internazionale deve rispettare e seguire. Essa
riconosce il diritto all’uguaglianza tra gli uomini, promuovendo la libertà, la cittadinanza, il
lavoro, la sicurezza, l’istruzione e la salute. Molte delle Costituzioni democratiche hanno
accolto ciò che la dichiarazione voleva esprimere ed hanno messo in atto i principi di
tutela
della dignità umana, non solo come enunciato teorico ma come concreto nella vita di tutti i
giorni.
In generale si può acquisire la cittadinanza attraverso lo “ius soli” (diritto alla cittadinanza
quando si è nati sul territorio dello stato) e lo “ius sanguinis” (diritto alla cittadinanza per
eredità di un genitore che la possiede già). La sovrapposizione di questi due sistemi può
portare a una doppia cittadinanza. Per quanto riguarda uno straniero può diventare
cittadino attraverso: il matrimonio con un cittadino/a italiano/a; la residenza con
determinate condizioni.
In conclusione, possiamo affermare che tutti i diritti acquisiti da un individuo sono
fondamentali per l'individuo stesso affinché egli trovi ‘posto ’nella società. .