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Università degli Studi di Perugia

Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Scienze Umane e della Formazione

Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria

PORTFOLIO di Tirocinio

Anno Accademico 2020-2021

Studente Barbabietola Marta

Tutor organizzatori Tutor coordinatore:

Francesca Pacolini
Genziana Bellini Daniela Brunelli
Università degli Studi di Perugia
Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Scienze Umane e della Formazione

Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria

Relazione annuale di Tirocinio IV anno

Anno Accademico 2020-2021

Studente Barbabietola Marta

Tutor organizzatori Tutor coordinatore:

Francesca Pacolini
Genziana Bellini Daniela Brunelli
Indice

Presentazione personale

TIROCINIO DIRETTO
IC CORTONA 2: uno sguardo generale.

Tirocinio Scuola Primaria “A. Giappichelli”


• Contesto sociale
• Spazi e Tempi del plesso
• Contesto classe
- setting educativo
- gruppo classe
- metodologie didattiche
• Esperienza UDA

Tirocinio Scuola dell’Infanzia “Cerchio Magico”


• Spazi e Tempi
• Contesto classe
- setting educativo
- gruppo classe
- metodologie didattiche
• Esperienza UDA
Riflessione sulle due UDA

ORE COLLEGIALI

TIROCINIO INDIRETTO

Attestati corsi di recupero ore di tirocinio.

Sitografia.
PRESENTAZIONE PERSONALE

Sono Marta Barbabietola e sono arrivata finalmente alla fine del cammino che iniziai
cinque anni fa. Mi viene in mente come se fosse ieri quando, dopo una lunga estate,
iniziai a buttare giù la prima relazione di tirocinio. Non sapevo da dove iniziare e
avevo paura di sbagliare. La paura di sbagliare negli anni non mi ha mai abbandonata.
Solo adesso, nell’ultimo anno di università invece sto capendo l’importanza
dell’errore, punto fondamentale da dove ripartire e strumento per un apprendimento
più incisivo. Come nella vita quando sbagliando impari, così a scuola e così
all’università. Questi cinque anni per me sono stati segnati da una profonda sofferenza
a cui ho saputo mettere un punto e, solo ora, con pazienza sto raccogliendo un po di
pace e di amore per me stessa. Indubbiamente il mio percorso universitario ne ha
risentito, ma dall’altra parte della medaglia, guardando il lato positivo, sono cresciuta
molto e ho sviluppato una dote che reputo fondamentale per l’insegnamento:
l’empatia. Tornando alla motivazione che mi ha spinta a intraprendere questa scelta
universitaria, che dire, io ho sempre voluto insegnare. Quando da piccola mi
chiedevano “che lavoro vorresti fare da grande?” rispondevo sempre “la maestra di
italiano alla scuola elementare” (all’epoca si chiamava ancora così). La mia
motivazione nasce da un episodio in particolare. All’età di 7 anni iniziai a balbettare e
all’improvviso tutto ciò che riguardava la lettura ad alta voce o il semplice parlare
davanti alla classe era diventato un vero e proprio incubo. Non riuscivo a parlare, mi
occorrevano due minuti per completare una frase. Ricordo che quando toccava a me
leggere tutta la classe si metteva a ridere e io, mi bloccavo sempre di più. La maestra
di italiano mi aiutava molto, zittiva la classe e mi diceva “Marta, stai tranquilla, leggi
per me”. All’udire quelle parole io smettevo di balbettare e la mia lettura, frase dopo
frase diventava nel giro di poco molto più fluente e sciolta. Le sue parole riuscivano
ad allentare tutte le mie paure, ansie, tensioni, smettevo di pensare ai miei compagni e
mi concentravo sul suono di ogni singola lettera. Era l’unica maestra che mi chiedeva
di leggere. Ad oggi posso dire con certezza che fu la sola persona che nell’ambito
scolastico riuscì a comprendere ed accettare la mia incapacità di espressione. Sò
benissimo che la scuola, già di per sè mette a dura prova qualsiasi bambino, in quanto
ciascuno è chiamato a confrontarsi con un mondo sociale basato sulla competizione
ma io vorrei aiutare i miei futuri allievi nell’acquisizione fondamentale di una
sufficiente fiducia di base importante per affrontare il mondo sociale che li circonda.
Vorrei mettere in pratica la “scuola dell’inclusione” che, noi studenti del corso,
abbiamo sempre letto in molti volumi ma che poche volte nella mia esperienza di
tirocinio ho avuto l’opportunità di toccare con mano. Vorrei essere l’insegnante capace
di accogliere le specificità di ognuno, di creare un ambiente in grado di armonizzare il
proprio intervento, al fine di proporre modalità educative e didattiche funzionali ai
diversi bisogni, rendendo ciascun alunno e alunna protagonista dell’apprendimento
qualunque siano le sue capacità, le sue potenzialità e i suoi limiti. Ed ho capito che
questo può avvenire solo attraverso l’accoglienza e l’ascolto di tutti gli alunni.

“È l’arte suprema dell’insegnante,


risvegliare la gioia della creatività e della conoscenza”
Albert Einstein
TIROCINIO DIRETTO
Le scuole presso le quali ho svolto le ore di tirocinio diretto sono la scuola d’Infanzia
“Cerchio Magico” di Mercatale e la scuola Primaria "A. Giappichelli" sempre di Mercatale,
entrambe afferenti all’Istituto comprensivo Cortona 2 “Gino Bartali”

IC CORTONA 2: uno sguardo generale


Prima di iniziare a descrivere nello specifico la mia esperienza nella scuola primaria e
dell’infanzia di quest’anno, vorrei parlare in generale dell’istituto comprensivo analizzando il
documento Piano Triennale Offerta Formativa, comunemente chiamato PTOF.
Il Piano dell'offerta formativa è la carta d'identità della scuola: in esso vengono illustrate le
linee distintive dell'istituto, l'ispirazione culturale-pedagogica che lo muove, la progettazione
curricolare, extracurricolare, didattica ed organizzativa delle sue attività.1
Nella descrizione mi soffermerò ad analizzare gli aspetti che ho avuto modo di vedere essere
messi in pratica durante le ore di tirocinio diretto e indiretto.
Il PTOF si apre con l’analisi del contesto di riferimento e del contesto scolastico: descrive
come all’interno del comune di Cortona vi siano delle situazioni estremamente eterogenee
che influiscono anche sulle situazioni individuali degli alunni che determinano una
differenziazione delle esperienze di vita e di relazione. Nella mappatura delle caratteristiche
micro territoriali Mercatale viene descritto come un territorio montano con sufficienti
occasioni di aggregazioni sociali e relazionali, per la popolazione adulta.
La progettazione dell’istituto si articola su sei macroaree di progetto:
- accoglienza, continuità e orientamento, dispersione
- sport, salute e prevenzione, alfabetizzazione emotiva
- comunicazione, linguaggi, lingua straniera
- legalità, cittadinanza, identità
- inclusione, intercultura, pari opportunità
- alfabetizzazione strumentale, alfabetizzazione digitale.
“Queste tra di loro hanno una interazione circolare, poiché ogni elemento, si inserisce in una
dinamica interdisciplinare offrendo così la possibilità i valorizzare al massimo l’esperienza di
vita e di relazione che ogni alunno-persona porta quotidianamente a scuola per essere anche
rielaborato in termini di apprendimento situato, per una piena padronanza delle competenze

1
“Archivio pubblica istruzione”
disciplinari e trasversali, delle competenze chiave europee e delle competenze di
cittadinanza..”2
Ho potuto vedere come, durante le ore di programmazione della scuola dell’infanzia, le
insegnanti tenessero conto di queste macroaree di progetto, e in linea di queste stabilirono la
loro programmazione.
Nel documenti si evince anche come siano valorizzate la progettazione della lingui inglese,
allo sport, progetti relativi alla musica e della promozione del benessere con e del corretto
stile di vita come riporta il progetto “Orto in condotta” “School food” “Diabesità”.
Nella scuola di Mercatale, ho potuto vedere l’orto che hanno realizzato i ragazzi, proprio in
merito al progetto “Orto in condotta”.
Sono descritte poi le scelte metodologiche: apprendimento cooperativo e apprendimento tra
pari, laboratori a classi aperte per il recupero, l’approfondimento e potenziamento - laboratori
pomeridiani - utilizzo delle nuove tecnologie - adozione della metodologia esperienziale - uso
della comunicazione nelle sue diverse forme.
E’ stato inoltre inserita la “Revisione del Ptof per l’anno scolastico 2020-2021” causa
emergenza COVID 19. Sono stati rimodulati obiettivo minimo in caso di lockdown, il piano
digitale della didattica integrata, sono stati inseriti nuovi criteri di valutazione, e ridefinito il
curricolo dell’insegnante trasversale di educazione civica. Sempre all’interno dello stesso
paragrafo sono contente tutte le informazioni relative all’organizzazione della didattica
digitale integrata (DDI): sono forniti gli strumenti e le indicazione operative, le metodologie e
attività integrate digitali, la tempistica e organizzazione oraria, le modalità di svolgimento
delle attività, percorso per alunni con bisogni educativi speciali e gli strumenti di verifica e di
valutazione degli apprendimenti.

Oltre al PTOF, nel sito della scuola è presente anche il “PIANO ANNUALE PER
L’INCLUSIVITA’ a.s. 2021-2022”.
Dopo la nozione di inclusione, nel documento sono delineati gli obiettivi di incremento
dell’inclusività:
- Rimodulare gli aspetti organizzativi e gestionali coinvolti nel cambiamento inclusivo (chi fa
cosa, livelli di responsabilità nelle pratiche di intervento, ecc.)

2
Piano Triennale dell’offerta formativa. IC Cortona 2 “Gino Bartali”
- Strutturare percorsi specifici di formazione e aggiornamento degli insegnanti Formazione e
aggiornamento su didattica speciale e progetti educativo/didattici a prevalente tematica
inclusiva.
- Adottare strategie di valutazione coerenti con prassi inclusive; le strategie di valutazione
coerenti con prassi inclusive
-Riorganizzare i diversi tipi di “aiuto” presenti all’interno della scuola Affinché il progetto
vada a buon fine, l’organizzazione Scuola deve predisporre un piano attuativo nel quale
devono essere coinvolti tutti i soggetti responsabili del progetto, ognuno con competenze e
ruoli ben definiti3
E’ delineato poi lo sviluppo del curriculum è attento alle diversità e alla promozione di
percorsi formativi inclusivi che tenga conto:
“DELL’ACCOGLIENZA; ,DEL CURRICOLO OBIETTIVO/COMPETENZA DELLE
ATTIVITÀ - DEI CONTENUTI - DEGLI SPAZI - DEI TEMPI - DEI MATERIALI E
DEGLI STRUMENTI -DEI RISULTATI ATTESI- DELLE VERIFICHE - DELLA
VALUTAZIONE.”
Devo dire che nelle due scuole, ho potuto notare un forte inclusività da parte di tutti gli
insegnanti. Ogni difficoltà del bambino è accolta e sono attuati costantemente supporti per chi
ha bisogni educativi speciali.

Tirocinio Scuola Primaria “A. Giappichelli”


Contesto sociale
Come è stato descritto nel documento Ptof i plessi afferenti all’IC Cortona 2 “Gino Bartali”
sono dislocati in tutto il territorio cortonese.
La scuola che mi ha accolto per svolgere le ore di tirocinio si trova a Mercatale, un piccolo
paesino del comune di Arezzo, con 415 abitanti.
La scuola si trova nel centro del paese, vicino a un piccolo parco che offre diverse possibilità
di aggregazione per i bambini. I servizi risultano essere essenziali ed è molto diffusa la
tipologia di insediamento “sparso” con abitazione familiari ubicate a nella campagna
circostante. La popolazione dipende più che altro da attività economiche primarie, meno
sviluppato invece risulta essere il settore terziario. L’eterogeneità sociale e culturale

3
“PIANO ANNUALE PER L’INCLUSIVITA’ a.s. 2021-2022” IC Cortona 2.
registrabile nel territorio favorisce diverse opportunità di crescita, infatti è rappresentativa la
presenza di allievi stranieri provenienti principalmente dal bacino mediterraneo (Marocco e
Tunisia). La popolazione scolastica presente nell’istituto risente del trend nazionale di calo
delle nascite.

Scuola Primaria “A. Giappichelli” di Mercatale

Spazi e Tempi
La scuola “A. Giappichelli” si trova nel centro paese. Il plesso è dotato di un ampio
parcheggio esterno ben organizzato per gli orari di entrata e uscita. La scuola è circondata da
un ampio giardino dove i bambini nei momenti ricreativi possono giocare e divertirsi all’aria
aperta. Nel piano terra sono presenti due classi: la pluriclasse prima e seconda, e la
pluriclasse terza quarta e quinta. A causa COVID 19 alcuni spazi hanno cambiato la loro
funzione: quella che lo scorso anno era la palestra è stata adibita a sala mensa, dove i bambini
sono distanziati l’uno dall’altro secondo le norme vigenti; quella che prima era la sala mensa
è utilizzata come cucina. Non è presente un vera e propria palestra: le insegnanti, nelle ore di
educazione fisica, hanno usufruito del cortile esterno quando era possibile.I bagni per gli
alunni e per le insegnati sono divisi e sono dislocate vicino le classi. Al primo piano sono
presenti altre tre: la biblioteca e due aule usate dalle insegnanti di potenziamento per dividere
le classi.
La mensa separa la scuola primaria di primo grado con la scuola secondaria di secondo grado.
La struttura segue il seguente orario:
Lunedì e Venerdì: 8:15 - 16:15
Martedì’, Mercoledì, Giovedì: 8:15 - 13:15
Contesto classe.
Quest’anno ho avuto modo di entrare per la prima volta in una pluriclasse. Inizialmente mi
sono trovata spaesata e intimorita in quanto non avevo mai sentito parlare di sezioni miste
nella Scuola Primaria. Come riportato anche nel diario di bordo del 17/05/2021 “Quando mi
disse che la classe era una pluriclasse mi venne spontaneo chiederle cosa volesse intendere
con quel termine visto che nel mio percorso di studi non avevo ancora mai sentito parlare di
questa tipologia. Lei mi disse che a causa dei pochi iscritti non era possibile creare delle
classi eterogenee ed erano costretti a unire due o tre classi in una unica. Infatti la pluriclasse
I e II contava 14 alunni di cui 10 di prima e 4 di seconda “ .
All’interno della classe ci sono quattro bambini con un PDP. Due alunni sono di prima mentre
gli altri due di seconda. Nella classe prima A. ha un disturbo da deficit dell’attenzione e
iperattività (ADHD) in fase di diagnosi; F. invece si presume abbia un deficit intellettivo,
anche lui in fase di diagnosi, non ancora certificato.
Nella classe seconda invece I. è una bambina straniera, è in italia da cinque anni e ha uno
svantaggio linguistico; T. invece ha un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) in
quanto è dislessico, non certificato, anche lui in fase di diagnosi.
A mio avviso la classe risulta essere una ambiente molto complesso sia per il fatto stesso di
essere una pluriclasse, sia per la compresenza di così diverse situazioni difficoltose che
richiedono un grande impegno sia da parte degli insegnanti ma anche da parte di tutta la
classe stessa.
Da un punto di vista didattico le due classi sono eterogenee; il livello di preparazione
culturale è medio, spiccano due bambini della classe seconda, a mio avviso molto preparati.
Alcuni alunni sono in possesso di discrete abilità di base e si impegnano con discreto
interesse a scuola ed a casa, altri presentano incertezze pur mostrando buona volontà.
Setting educativo
La classe è molto spaziosa, sono presenti tre finestre che illuminano bene la stanza. Alle
pareti sono appese tre lavagna: la LIM disposta nella parete vicino la cattedra, davanti ai
bambini, l’altra lavagna appesa lateralmente e l’ultima è situata nella parete a cui i bambini
danno le spalle. Penso che tutte queste lavagne servano alle insegnanti nel momento delle
spiegazioni, quando devono organizzare due programmi diversi. Le pareti dell’aula sono
dipinte di giallo e sono abbellite da diversi poster e cartelloni che raffigurano le quattro
stagioni, le lettere e i numeri appresi dagli alunni durante i mesi precedenti al mio arrivo. I
banchi sono staccati l’uno dall’altro e sono disposti in quattro file parallele. La cattedra non è
centrale ma posizionata attaccata alla parete.
A proposito di questo riporto una frase di Mario Castoldi (Didattica Generale, Mondadori,
2010) “il setting formativo nel suo insieme veicola un determinato modello pedagogico che,
incide in modo profondo sul processo formativo e sui suoi significati.” Fondamentale quindi
risulta essere la connessione tra setting e relazione educativa.
Gruppo classe e relazione con l’insegnante.
Il gruppo classe risulta essere unito e da quello che mi ha confidato la tutor non hanno
evidenziato problemi di adattamento alla vita scolastica. Tra di loro si vogliono molto bene e
hanno molta confidenza; questo perchè vivendo in un paesino così piccolo, condividono gli
spazi dedicati ai bambini il pomeriggio dopo la scuola. Buoni sono i livelli di partecipazione
e d’interesse verso le attività proposte da parte di tutti anche se A. tende spesso a disturbare la
classe durante i momenti di spiegazione, di silenzio e di rilassamento.
Gli alunni, tra le due classi, non hanno evidenziato problemi di socializzazione, tutti sono
inseriti nella classe. I bambini della seconda rispettano i bambini di prima e così viceversa.
I rapporto interpersonali risultano essere quindi positivi sia per tra i bambini che tra alunno
insegnante. Le maestre infatti vengono rispettate dalla classe, nei momenti di svago invece si
lasciano andare ad un rapporto molto più confidenziale. Un aspetto che le insegnanti tengono
in enorme considerazione è il lato comportamentale ed emotivo del gruppo classe. Ad ogni
relazione è dedicata la massima cura, e se ci sono necessità di un bambino o del gruppo
classe, esse vengono prima delle necessità didattiche. Ricordo ad esempio un giorno in cui R.
doveva proporre degli esercizi sulle sillabe, ma durante la ricreazione si accorse che i
bambini erano molto tesi e arrabbiati. Allora, appena tornati dalla ricreazione, propose di
“scrivere o disegnare il motivo della propria rabbia o tristezza” per metterlo dentro la “scatola
della rabbia” e da lì non farlo più uscire, per permettere alla classe di continuare serenamente
la giornata. Così, ogni bambino, e ogni insegnante scrisse o disegnò qualcosa, lo mise nella
scatola, e la giornata passò più tranquilla
Metodologie didattiche
Prima di iniziare l'osservazione in classe feci questa riflessione: “Mettendomi nei panni
dell’insegnante, senza ancora vedere le metodologie messe in atto ho ipotizzato che
l’organizzazione segua due tendenze maggiormente applicate: la prima è quella di mantenere
unito il gruppo classe, svolgendo talvolta lavori di gruppo, dove alcuni allievi si troveranno a
lavorare autonomamente e altri invece con il docente; la seconda prevede invece di dividere
il gruppo classe, portando alcuni gruppi fuori dall’aula per svolgere alcune lezioni in modo
più tranquillo.”
Effettivamente il loro metodo didattico prevedeva che le due classi durante le ore di
compresenza, venivano divise in due piccoli sottogruppi, un gruppo rimaneva in classe
mentre l’altro si sposta in un'altra stanza. Quando invece non era possibile dividere le due
classi gli allievi lavorano all’interno della stessa aula.
Quando non era possibile dividere le due classi l’insegnante alternava il lavoro autonomo alla
spiegazione. Poco tempo era dedicato alla correzione e all'approfondimento di quanto
spiegato. L’insegnante era molto concentrata sul riuscire a terminare la spiegazione nelle ore
a lei assegnate. Critico era il momento in cui gli alunni della classe prima erano lasciati soli a
svolgere degli esercizi e chiedere l’aiuto dell’insegnante sembrava quasi impossibile, in
quanto era impegnata nella spiegazione con l’altra classe.
La tutor mi disse che gli scorsi anni il metodo d’insegnamento variava molto: ad esempio
attraverso momenti di lavoro a gruppi eterogenei con il tutoring dei bambini più grandi verso
quelli più piccoli, lavori a coppie che potevano anche essere eterogenee, momenti di
laboratorio a postazioni, soprattutto in matematica, ma quest’anno a causa delle norme per la
sicurezza anti-Covid i bambini non potevano spostarsi dal proprio banco.
A mio avviso all’interno della pluriclasse, gli allievi hanno la possibilità di apprendere
dall’altra parte della classe, sia che i compagni sono più grandi, sia che sono più piccoli,
anche se penso che i bambini con difficoltà non siano abbastanza seguiti.
Penso che in queste classi la compresenza sia obbligatoria in quanto un unico insegnante non
risulta avere il tempo necessario da dedicare ai bambini con difficoltà ma non solo, anche i
bambini che non sono in grado di svolgere il lavoro autonomamente.
ESPERIENZA UDA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA


DIPARTIMENTO FISSUF
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA
FORMAT PROGETTAZIONE DI UdA

TITOLO UDA

CODING: LA NAVICELLA PERDUTA


Progettazione

DESCRIZIONE DEL CONTESTO

L’istituto comprensivo è stato istituito nel 2015 e coincide con quasi tutta la territorialità del
comune. Questo comprende tredici plessi, cinque di scuola dell’Infanzia e cinque di scuola
Primaria, e tre plessi di scuola Secondaria di primo grado.
I servizi risultano essere essenziali ed è molto diffusa la tipologia di insediamento “sparso”
con abitazioni familiari ubicate nella campagna circostante. La popolazione dipende più che
altro da attività economiche primarie, meno sviluppato invece risulta essere il settore
terziario. L’eterogeneità sociale e culturale registrabile nel territorio favorisce diverse
opportunità di crescita, infatti è rappresentativa la presenza di allievi stranieri provenienti
principalmente dal bacino mediterraneo (Marocco e Tunisia). La popolazione scolastica
presente nell’istituto risente del trend nazionale di calo delle nascite.
Nel territorio sono presenti anche realtà extrascolastiche, strutture per lo svolgimento di
attività culturali e per il tempo libero, che collaborano con la scuola per progetti ed iniziative.

DESTINATARI

I destinatari a cui è rivolta l’unità di apprendimento è la pluriclasse I - II del plesso di


Mercatale “A. Giappichelli”. La classe composta da 14 alunni, di cui 10 di prima e quattro di
seconda. Sono presenti 5 femmine e 9 maschi.
Sono presenti nella classi quattro bambini con PDP.
I. presenta una svantaggio linguistico in quanto è in Italia da circa cinque anni
T. presente un disturbo specifico dell’apprendimento, dislessia, in fase di diagnosi
A. presenta un defict dell’attenzione e iperattività, in fase di diagnosi
F. si presume abbia un deficit intellettivo, in fase di diagnosi.

Gli studenti non hanno evidenziato problemi di adattamento alla vita scolastica. Ottimi sono i
livelli di partecipazione e d’interesse verso le attività proposte. La maggioranza degli alunni
si dimostra disponibile alle iniziative, rispetta sempre le consegne.

BISOGNO FORMATIVO
Il bisogno formativo di questa unità di apprendimento è quello di sensibilizzare al pensiero
computazionale: utilizzando il ragionamento e la logica questo, consente ai bambini di
risolvere problemi complessi, frazionandoli in problemi semplici.

COMPETENZA FOCUS

La competenza focus che si vuole sviluppare il pensiero computazionale.

Dimensioni della competenza (costruzione della rubrica valutativa)

DIMENSIONI INDICATORI AVANZ. INTER. BASE INIZIALE

Pianificare e E’ in grado di E’ in grado di E’ in grado E’ in grado Con la guida


organizzazione comprendere la comprendere, di di dell’insegnan
del proprio consegna del organizzare e comprendere comprendere te è in grado
lavoro compito in portare a , organizzare , organizzare di
modo termine il e portare a e portare a comprendere
autonomo, lavoro in termine il termine il e portare a
organizza il modo lavoro in lavoro termine il
proprio lavoro autonomo modo quando lavoro.
e dimostra di anche in autonomo. incoraggiato
saper prendere contesti non dell’insegna
decisioni noti. nte
portandolo a
termine

L’alunno E’ in grado di E’ in grado Con Solo se


Mettere in atto le riconosce il mettere in atto di mettere in l’incoraggia aiutato
proprie momento di le proprie atto le mento dall’insegnan
conoscenze al mettere in atto conoscenze, proprie dell’insegna te è in grado
fine di risolvere le proprie di rielaborarle conoscenze, nte è in di mettere in
problemi conosce, le in maniera di grado di atto le
rielabora e, autonoma rielaborarle mettere in proprie
grazie a esse anche in in maniera atto le conoscenze.
risolve i contesti non autonoma proprie
problemi. noti conoscenze
e di
rielaborarle.

Saper seguire L’alunno è in Segue le Segue le Segue le Segue le


delle istruzioni grado di istruzioni in istruzioni istruzioni istruzioni
seguire le modo date anche date ma la solo con
istruzioni date autonomo, se a volte maggior l’aiuto
dall'insegnante senza chiedere chiede parte delle dell'insegnan
o dai compagni ulteriori ulteriori volte chiede te
per portare a spiegazioni spiegazioni ulteriori
termine i lavori spiegazioni
richiesti

Utilizzo di L’alunno è in Utilizza con utilizza la utilizza parte Utilizza solo


semplici grado di sicurezza e maggior delle alcune delle
programmi sul utilizzare il autonomia parte delle funzioni dei funzioni dei
computer programma di tutte le funzioni dei programmi programmi
disegno e le funzionalità programmi di disegno. di disegno,
funzioni di del di disegno e Salva il file salva il file
salvataggio del programma di sà salvare il solo se solo se
file disegno e sa file aiutato aiutato.
salvare il file

DISCIPLINE COINVOLTE

Italiano - tecnologia - geografia

TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLA COMPETENZA:


Italiano:
- L’allievo partecipa a scambi comunicativi, con compagni e insegnanti, rispettando il turno e
formulando messaggi chiari e pertinenti.
- Legge e comprende testi, ne individua il senso globale e le informazioni principali
Geografia:
- L’alunno si orienta nello spazio circostante
Tecnologia:
- Produce semplici raffigurazioni grafiche utilizzando strumenti multimediali
OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO:
Italiano.
Ascolto e parlato:
- Prendere la parola negli scambi comunicativi, rispettando i turni di parola
Lettura:
- Leggere e comprendere semplici e brevi testi, mostrando di saperne cogliorne il senso globale
Geografia.
Orientamento:
- Muoversi consapevolmente nello spazio circostante utilizzando gli indicatori topologici
(sinistra, destra, avanti, indietro..)
Tecnologia:
- Saper utilizzare un semplice programma al computer

RIFERIMENTI ALLE UDL:


Principio I. Fornire molteplici mezzi di rappresentazione
Linea guida 3: Fornire opzioni per la comprensione
Punto di verifica 3.1 – Attivare o fornire la conoscenza di base
METODOLOGIA:

La metodologia abbraccia la corrente del costruttivismo, secondo la quale l’apprendimento si


realizza grazie all’impegno attivo da parte dello studente favorendo la costruzione della
propria conoscenza.
La metodologia riferita al pensiero computazionale altro non è che il pensiero progettuale
della “didattica del fare” ovvero: learning by doing.

Riferimenti alle UDL:


Principio I. Fornire molteplici mezzi di rappresentazione (il Cosa dell’Apprendimento)
Linea guida 1: Fornire differenti opzioni per la percezione
Punto di verifica 1.1 – Offrire opzioni che permettono la personalizzazione nella presentazione
dell’informazione
Principio II. Fornire molteplici mezzi di azione ed espressione
Linea guida 6: Fornire opzioni per le funzioni esecutive
Punto di verifica 6.1 – Guidare la scelta di mete appropriate
III. Fornire molteplici mezzi di coinvolgimento.
-Linea guida 8: Fornire opzioni per il mantenimento dello sforzo e della perseveranza
Punto di verifica 8.1 – Rafforzare l’importanza delle mete e degli obiettivi
Punto di verifica 8.2 – Variare le domande e le risorse per ottimizzare la sfida

SPAZI: l’unità di apprendimento verrà svolta in due aule diverse.

TEMPI: L’uda si divide in tre incontri nelle ultime due settimane di maggio

MATERIALI: Fogli, computer,penne, matite, colori, computer, scotch carta, cartoncini


colorati, LIM

RIFERIMENTI ALLE UDL:


Punto di verifica 1.3 – Offrire alternative per le informazioni visive
Linea guida 2: Fornire molteplici opzioni per la lingua, le espressioni matematiche e i simboli
Punto di verifica 2.5 – Illustrare attraverso molteplici mezzi
Principio II. Fornire molteplici mezzi di azione ed espressione
Linea guida 5: Fornire opzioni per l’espressione e la comunicazione
Punto di verifica 5.1 – Usare molteplici mezzi di comunicazione
VALUTAZIONE: tempi / strumenti

Secondo la teoria di Castoldi e Pellerey “Una solida base su cui impostare la sfida della valutazione
delle competenze è il principio di triangolazione, tipico delle metodologie qualitative, per il quale la
rilevazione di una realtà complessa richiede l'attivazione e il confronto di più livelli di osservazione
per consentire una ricostruzione articolata e pluriprospettica dell'oggetto di analisi. Non è sufficiente
un unico punto di vista per comprendere il nostro oggetto di analisi, occorre osservarlo da molteplici
prospettive e tentare di comprenderne l'essenza attraverso il confronto tra i diversi sguardi che
esercitiamo, la ricerca delle analogie e delle differenze che li contraddistinguono”
Sguardo soggettivo: verrà valutato attraverso la scheda di autovalutazione
Sguardo oggettivo: sarà valutato attraverso l’attività di reticolo, dove l’insegnante osserverà l’alunno
nello svolgimento dell’attività
Sguardo intersoggettivo: verrà valutato attraverso la rubrica valutativa.

Scheda di autovalutazione
Penso di aver dato il mio contributo alla creazione della storia ?

Come sò usare il computer ?

Penso di aver imparato bene quale è la destra e quale la sinistra ?

Come ho saputo superare eventuali conflitti ?

Ho saputo seguire le istruzioni che il mio compagni mi dava nel reticolo ?

Ho saputo dare le giuste istruzione al mio compagno nel reticolo ?


RIFERIMENTI ALLE UDL
Principio III. Fornire molteplici mezzi di coinvolgimento
Linea guida 9: Fornire opzioni per l’autoregolamentazione
Punto di verifica 9.3 – Sviluppare l’autovalutazione e la riflessione

Implementazione
FASI DELL’AZIONE DIDATTICA:

Attività 1
Fase 1
La prima attività sarà quella di inventare insieme alla classe una breve storia. La traccia iniziale sarà la
seguente: “C’era una volta un robot che abitava solo soletto sulla luna…..”
La classe, attraverso l’aiuto dell’insegnante e con il contributo di tutti gli alunni, inventerà la storia. La
storia non terminerà ma si concluderà con un problema che deve essere risolto.

Fase 2
Dopo aver inventato la storia l’insegnante consegnerà alla classe prima dei fogli stampati che
raffigurano un reticolo e in basso una leggenda. Ai bambini di seconda invece l’insegnante consegnerà
un foglio con dei quadretti più piccoli per fare il pixel art. In tutte e due i fogli poi sarà raffigurato un
robot.
Per classe seconda:

Attività 2
Fase 1
Nel secondo incontro sarà consegnata ai bambini la storia inventata da loro. I bambini leggeranno uno
per uno ad alta voce la storia per far sì che tutti la ascoltino e la comprendano.
Dopo la lettura del racconto, i bambini dovranno completare una piccola scheda con delle domande di
comprensione del testo
Fase 2
Nella seconda fase a ogni bambino sarà consegnato un computer. Attraverso il programma Paint, già
conosciuto dai bambini, faranno un disegno della storia che poi verrà stampato.

Attività 3

Fase 1
Il terzo incontro si aprirà con un po’ esercizi di ripasso sui concetti topologici alla LIM.

Fase 2
Si passerà poi alla costruzione del materiale per l’attività con il reticolo (frecce destra - sinistra -
avanti - dietro). Ogni bambino poi dovrà fare due maschere, una che raffiguri il robot e l’altra invece
l’aiutante.
Si dovranno disegnare poi anche ostacoli degli ostacoli che potrebbero trovarsi nello spazio.

Mentre i bambini saranno impegnati nell’elaborazione del materiale per l’attività, la maestra nell’altra
aula preparerà il reticolo con lo scotch carta, e disporrà le sedie a lato della stanza per far sedere i
bambini.

Fase 3
I bambini, con tutto il materiale, insieme all’insegnante, si dirigeranno verso l’aula per svolgere
l’attività.
Saranno divisi in due gruppi: un gruppo impersonificherà l’aiutante della storia (darà le istruzioni ) il
secondo gruppo invece impersonificherà il robot (che invece dovrà seguire le istruzioni date
dall’aiutante). I due gruppo poi si alterneranno.

Sul reticolato gli allievi sceglieranno il punto di partenza del percorso del robot, posizioneranno gli
ostacoli e il punto di arrivo. La posizione dei punti varierà ogni volta che si ricomincia il gioco in
modo che il percorso sia sempre diverso.

Un bambino quindi a turno indosserà la maschera del robot e sul tappeto proverà ad effettuare il
percorso seguendo le istruzioni date dall’aiutante. Le istruzioni da parte dell’aiutante non saranno date
contemporaneamente ma prima di iniziare il percorso. L’aiutante, posizionato fuori del reticolo, dovrà
ipotizzare il percorso da far seguire al robot per condurlo al punto di arrivo senza considerare la sua
posizione nel reticolo.
In questo modo l’aiutante dovrà immaginare il percorso da fare e mettere le frecce in sequenza,
rispettando il colore della destra e della sinistra.
Tirocinio Scuola dell’Infanzia “Cerchio Magico”
• Spazi e Tempi
Il plesso fa parte dell’istituto comprensivo Cortona 2. L’edificio scolastico è situato nel centro
del paesino di Mercatale. La struttura scolastica, appartenuta originariamente alla scuola
elementare, è stata adeguatamente ristrutturata nel 2002. Dall’esterno la scuola risulta essere
molto datata e comprende: un ampio salone per le attività motorie, due aule comunicative, i
servizi igienici divisi maschi e femmine, un refettorio, un’ampia cucina per la mensa
centralizzata e relativi servizi, due ripostigli (uno per il materiale didattico e altro per i
prodotti delle pulizie). La struttura è dotata di un giardino che la circondata dove sono
posizionati diversi giochi e piante da ombra.
Per quanto riguarda invece l’organizzazione della giornata scolastica risulta essere così
suddivisa:
Ore 8:00 - 9:15: accoglienza bambini, ascolto, attività libere negli angoli strutturati
Ore 9:30-9:50: colazione e uso dei servizi igienici
Ore 9:55 - 10:30: appello nella sezione, giochi per conoscersi, calendario, giochi motori,
ascolto di brani musicale e canti di gruppo
Ore 10:30- 12:20: attività didattica per campi di esperienza
Ore 12:20 preparazione per il pranzo
Ore 13:20 - 15:30: gioco libero guidato, attività all’aperto, attività strutturate, attività
pittoriche o plastiche, gioco libero negli angoli di presenza, se necessarie attività di recupero
Ore 15:30 - 16:00 : orario di uscita.

• Contesto classe
Il plesso è costituito da una monosezione mista formata da diciotto bambini totali di cui dieci
appartenenti alla fascia di tre anni, quattro appartenenti a quella di quattro anni mentre quella
di cinque è composta da quattro bambini. E’ presente una maggioranza di femmine rispetto ai
maschi, dodici contro sei. Sono presenti cinque bambine straniere, tutte nate in Italia.
Riporto una riflessioni che fece durante la scrittura del diario di bordo del 16/04/21
“Sono sempre stata una grande fautrice delle sezioni eterogenee nella scuola dell’infanzia.
Penso che grazie a esse i bambini più piccoli imparano dai più grandi e i più grandi
diventano consapevoli delle conquiste accrescendo così in loro il senso di autostima. Un
fattore estremamente positivo spicca anche nella maggiore molteplicità e diversità che i
bambini possono incontrare confrontandosi. Senza neanche saperlo mettono in atto una
strategia educativa ben chiara, il peer tutoring.
I bambini più esperti si occupano di sostenere nella quotidianità, in particolare durante le
routine il compagno più piccolo. Gli aspetti sono vantaggiosi sia per il tutor che si sente
importante e il tutee dal canto suo consolida le proprie competenze, acquisisce le abilità di
comunicazione e migliora la propria capacità di risoluzione dei problemi.”
Setting educativo: L'aula è un ambiente molto spazioso e luminoso, la cui ampia parete
rivolta a sinistra è occupata interamente da una vetrata che si affaccia sul retro del giardino
della scuola. L'aula è divisa in due parti, una, più grande, adiacente alla vetrata dove sono
presenti i tavoli per il lavoro didattico individuale, gli scaffali personali dei bambini (le
“buchine”, dove ripongono i loro giochi o i disegni e gli oggetti che per loro sono importanti)
e alcuni armadietti contenenti i materiali didattici. L'altra parte è a sua volta divisa in due
parti: una dove sono presenti le panche dove vengono svolte le attività di gruppo e le
discussioni collettive (le panche sono posizionate in modo da formare un quadrato) e una
dove è presente l'angolo della lettura, formato da due divanetti posti perpendicolarmente l'uno
all'altro, davanti a due librerie in cui sono esposti i libri della classe. Le due aree sono
delimitate da alcuni mobili e scaffali in legno a cui vengono appoggiate le panche per
rimanere nella loro posizione e che servono a contenere i giochi della classe, gli strumenti e i
materiali delle insegnanti (registro, forbici, quaderni,ecc...). Nella parete che si trova davanti
all'ingresso vengono appesi di volta in volta gli elaborati più recenti svolti dai bambini.
Appesi alle altre mura della stanza ci sono diversi cartelloni che rappresentano le parti del
corpo, le stagioni, le bandiere del mondo, i giorni della settimana e i mesi.
Gruppo classe e relazione con l’insegnante
All’interno della classe si respira un clima sereno e accogliente.
Il gruppo classe risulta essere abbastanza unito; le bambini straniere nei momenti di gioco
libero, tendono a fare gruppo e a escludere i bambini che vorrebbero giocare con loro. Per
questo durante le attività strutturate le insegnanti tendono a dividere le bambine per farle
interagire di più anche con gli altri compagni. Durante le attività informali e il gioco libero
alcuni bambini vanno richiamati ad essere più tranquilli. Per i compagni più piccoli e per
alcuni è necessario l’incoraggiamento dell’insegnante ad intraprendere un gioco o scegliere
un’attività tra quelle messe a disposizione.
I bambini con le due insegnanti hanno un rapporto molto diverso. La mia tutor insegna in
questa scuola da trent'anni e, vivendo a Mercatale da sempre conosce tutte le famiglie dei
bambini; con lei infatti i bambini hanno un rapporto molto più confidenziale e gli raccontano
molto di quello che succede nella loro vita privata. L’altra insegnante invece vive ad Arezzo
ed è arrivata in questa scuola solo quest’anno.
I bambini si rivolgono alle insegnanti per esprimere i loro bisogni e per raccontare i loro
vissuti, alcuni bambini sono ancora insicuri e hanno bisogno di essere rassicurati e richiedono
in alcuni momenti della giornata la vicinanza dell’insegnante. Nella classe non sono presenti
bambini con particolari difficoltà.
Metodologie didattiche
Nella scuola “A. Giappichelli” ho potuto notare come le competenze linguistiche espressive
siano alla base della loro progettazione. Sono infatti privilegiati lo scambio e il confronto tra i
bambini in situazione spontanee e strutturate ma anche con l’insegnante.
Il progetto di plesso, su cui poi si articola la programmazione si chiama “I linguaggi” ed è
articolato in diverse attività: uscite didattiche all’aperto per esplorare e osservare,
drammatizzazione delle storie, lettura di immagini, visioni di libri, rielaborazione grafica
delle esperienze.
La metodologia che le insegnanti si propongono di mettere in pratica, è una metodologia
laboratoriale basata sul FARE: “Attraverso il FARE i bambini imparano ad organizzarsi nel
tempo e nello spazio a partire dalle loro esperienze quotidiane di vita familiare e scolastica,
prendendo coscienza del proprio corpo e di ciò che li circonda, discutono, fanno domande,
aumentano il loro bagaglio lessicale e culturale e partecipano attivamente al loro processo di
crescita individuale e sociale”.
E’ importante però che l’attività concreta, stimoli poi il pensiero come strumento di
riflessione anche per i bambini.
Le insegnanti infatti tendono a lasciare molto liberi i bambini, anche durante le attività
strutturate, e alla fine di queste prima di andare a pranzo, è presente quasi sempre un
momento in cui si ripensa alle attività svolte.

• UDA La lepre Pina.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA


DIPARTIMENTO FISSUF
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA
Corso di Didattica Generale e Laboratorio di D.G.
prof.ssa Mina De Santis
FORMAT PROGETTAZIONE DI UdA
TITOLO UDA
LA LEPRE PINA

Progettazione

DESCRIZIONE DEL CONTESTO TERRITORIALE:


SOCIO-ECONOMICO-CULTURALE

L’istituto comprensivo è stato istituito nel 2015 e coincide con quasi tutta la territorialità del
comune. Questo comprende tredici plessi, cinque di scuola dell’Infanzia e cinque di scuola
Primaria, e tre plessi di scuola Secondaria di primo grado.
I servizi risultano essere essenziali ed è molto diffusa la tipologia di insediamento “sparso”
con abitazioni familiari ubicate nella campagna circostante. La popolazione dipende più che
altro da attività economiche primarie, meno sviluppato invece risulta essere il settore
terziario. L’eterogeneità sociale e culturale registrabile nel territorio favorisce diverse
opportunità di crescita, infatti è rappresentativa la presenza di allievi stranieri provenienti
principalmente dal bacino mediterraneo (Marocco e Tunisia). La popolazione scolastica
presente nell’istituto risente del trend nazionale di calo delle nascite.
Nel territorio sono presenti anche realtà extrascolastiche, strutture per lo svolgimento di
attività culturali e per il tempo libero, che collaborano con la scuola per progetti ed iniziative

DESTINATARI

La classe è mista composta da diciotto bambini totali di cui dieci appartenenti alla fascia di
tre anni, quattro appartenenti a quella di quattro anni mentre quella di cinque è composta da
quattro bambini. E’ presente una maggioranza di femmine rispetto ai maschi, dodici contro
sei. Sono presenti sei bambini stranieri, tutti nati in Italia da genitori stranieri.

BISOGNO FORMATIVO

L’attività proposta ha l’obiettivo di avviare nel bambino il pensiero computazionale,


attraverso un approccio ludico che coinvolge la motricità.

COMPETENZA FOCUS
La competenza è quella di sviluppare il pensiero computazionale
Dimensioni della competenza
(Costruzione della rubrica valutativa)

DIMENSIO INDICATOR AVANZATO INTERMED BASE IN VIA DI


NI I IO PRIMA
ACQUISIZIO
NE

Capacità di Sa ricavare, Ricava e Ricava e Opportunament


organizzare il selezionare e seleziona seleziona e guidato,
proprio interpretare informazioni semplici ricava
apprendimento, informazioni abbastanza informazioni da informazioni
individuando, complesse da complesse da fonti diverse. dalla lettura
scegliendo e fonti diverse fonti diverse ascoltata.
utilizzando per i propri per i propri
varie fonti. scopi. scopi.

Saper Utilizzo di Sa organizzare Sa gestire tempi Mantiene Opportunament


organizzare tempi e spazi e gestire tempi e spazi di l’attenzione sul e guidato,
adeguati, e spazi di lavoro. Utilizza compito per i riesce a portare
il proprio adozione di lavoro. strumenti e tempi necessari a termine
lavoro strategie Stabilisce materiali in e porta a semplici
proprie e di un relazioni tra maniera termine il suo compiti.
metodo di nuove adeguata e lavoro.
lavoro proprio. informazioni e autonoma,
quelle già organizzando il
possedute , proprio lavoro
pianifica e
applica
strumenti ,
materiali e
tecniche
diverse in
relazione al
contesto

Capacità di Capacità di Effettua Effettua Effettua Opportunament


problem-solv affrontare rilevazioni, rilevazioni, rilevazioni, e guidato,
situazioni confronta dati confronta dati confronta dati, effettua
ing. ed elementi, ed elementi, formula ipotesi rilevazioni.
problematiche
formulando e seleziona gli seleziona gli e verifica.
verificando aspetti aspetti
ipotesi, principali, principali,
valutando i dati formula ipotesi, formula ipotesi,
raccolti e verifica, verifica,
proponendo esprime esprime
soluzioni. valutazioni e valutazioni e
propone propone
soluzioni con soluzioni in
sicurezza e modo
precisione. soddisfacente.
Effettua
operazioni di
sintesi.

Saper seguire L’alunno è in Segue le Segue le Segue le Segue le


istruzioni grado di istruzioni in istruzioni date istruzioni date istruzioni solo
seguire le modo anche se a ma la maggior con l’aiuto
istruzioni date autonomo, volte chiede parte delle dell'insegnant
dall'insegnant senza chiedere ulteriori volte chiede e
e o dai ulteriori spiegazioni ulteriori
compagni per spiegazioni spiegazioni
portare a
termine i
lavori richiesti

CAMPI DI ESPERIENZA:

- Numero e spazio

- Immagini, suoni, colori

TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLA COMPETENZA:

Numero e spazio
- Individua le posizioni di oggetti e persone nello spazio, usando termini come
avanti/dietro, sopra/ sotto, destra/sinistra, ecc.; segue correttamente un percorso sulla
base di indicazioni verbali.

I discorsi e le parole
- Ascolta e comprende narrazioni, chiede e offre spiegazioni, usa il linguaggio per
progettare attività e per definire regole.

- Il bambino usa la lingua italiana, arricchisce e precisa il proprio lessico, comprende


parole e discorsi, fa ipotesi sui significati.

OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO:

Numero e spazio
- “Muovendosi nello spazio, i bambini scelgono ed eseguono i percorsi più idonei per
raggiungere una meta prefissata scoprendo concetti geometrici come quelli di
direzione e di angolo.”

I discorsi e le parole
- “I bambini imparano ad ascoltare storie e racconti, dialogano con adulti e compagni,
giocano con la lingua che usano, provano il piacere di comunicare”
RIFERIMENTI ALLE UDL:
Princìpio I. Fornire molteplici mezzi di rappresentazione
Linea guida 3: Fornire opzioni per la comprensione
Punto di verifica 3.1 – Attivare o fornire la conoscenza di base
III. Fornire molteplici mezzi di coinvolgimento
Linea guida 8: Fornire opzioni per il mantenimento dello sforzo e della perseveranza
Punto di verifica 8.3 – Promuovere la collaborazione e la comunità

METODOLOGIA:

La metodologia utilizzata in questa unità di apprendimento pone al centro del processo


educativo, “l’impegno attivo da parte dei discenti a coinvolgersi nella costruzione armoniosa
della propria conoscenza”*, attraverso lo svolgimento di attività in un contesto educativo
significativo.
È stato privilegiato un apprendimento per scoperta, per stimolare gli alunni a formulare
ipotesi e avviare alle strategie del problem solving Il procedere per tentativi, inoltre, permette
ai bambini di vivere e rivalutare l’eventuale errore come opportunità di apprendimento e non
di fallimento.
*“L’evento didattico” dinamiche e processi. A cura di: Renza Cerri

RIFERIMENTI ALLE UDL:


Princìpio I. Fornire molteplici mezzi di rappresentazione
Punto di verifica 3.3 – Guidare l’elaborazione dell’informazione, la visualizzazione e la manipolazione
Linea guida 5: Fornire opzioni per l’espressione e la comunicazione
Punto di verifica 5.3 – Costruire competenze con livelli graduali di supporto per la pratica e l’esecuzione
Linea guida 6: Fornire opzioni per le funzioni esecutive
Punto di verifica 6.2 – Aiutare la pianificazione e la scelta delle strategie
MATERIALI:

Lavagnetta, braccialetti colorati, cerchi, fogli, tempere, scoth carta, disegni dell’albero,
disegno del sacco, disegno della grotta, frecce colorate.

RIFERIMENTI ALLE UDL:


Princìpio I. Fornire molteplici mezzi di rappresentazione
Punto di verifica 1.3 – Offrire alternative per le informazioni visive
Linea guida 2: Fornire molteplici opzioni per la lingua, le espressioni matematiche e i simboli
Punto di verifica 2.5 – Illustrare attraverso molteplici mezzi
Principio II. Fornire molteplici mezzi di azione ed espressione
Linea guida 5: Fornire opzioni per l’espressione e la comunicazione
Punto di verifica 5.1 – Usare molteplici mezzi di comunicazione

SPAZI e TEMPI:
Spazi: l’unità di apprendimento verrà svolta in: aula, palestra.
Tempi: l’unità di apprendimento sarà svolta in tre incontri nel mese di aprile

VALUTAZIONE: tempi / strumenti

La valutazione di tipo trifocale consente di attivare e combinare più prospettive di analisi:


oggettiva, soggettiva e intersoggettiva. Per indagare ogni singola prospettiva possiamo usare
strumenti di valutazione differenti.
1)Rubrica valutativa ( sopra sviluppata) sarà utilizzata per valutare la competenze focus.
(riguarda la dimensione oggettiva).

2) Attraverso questa griglia di osservazione si osserva il comportamento dell’alunno


(riguarda la prospettiva intersoggettiva)

DIMENSIONE INDICATORI AVANZATO INTERMEDIO BASE PRIMA


ACQUISIZION
E

Consolidare le Ha consolidato Ha consolidato Ha Non ha


regole di base pienamente le le fondamentali parzialmente consolidato le
di vita sociale regole di base regole di base consolidato le regole di base
nel contesto di vita sociale di vita sociale regole di base di vita sociale
scolastico. . nel contesto nel contesto di vita sociale nel contesto
scolastico. scolastico. nel contesto scolastico.
scolastico

Saper Accettare le Accetta tutte le Accetta Accetta Non accetta le


rispettare le regole di gioco regole di gioco ineludibili saltuariamente regole di gioco
per interagire per interagire regole di gioco le regole di per interagire
regole di correttamente e correttamente e per interagire gioco per correttamente e
gioco e di positivamente positivamente correttamente e interagire positivamente
relazione tra fra pari ed fra pari ed positivamente correttamente e fra pari ed
i pari e adulti. adulti. fra pari ed positivamente adulti.
adulti. adulti. fra pari ed
adulti.

Cercare di Cerca con Comprende gli Comprende gli Non


prevenire gli totale atteggiamenti atteggiamenti comprende gli
atteggiamenti coinvolgimento scorretti e si scorretti e non atteggiamenti
scorretti di prevenire gli rende si rende scorretti e non
comprendendo atteggiamenti consapevole consapevole si rende
lo sbaglio. . scorretti delle relative delle relative consapevole
comprendendo conseguenze. conseguenze delle relative
ne le possibili conseguenze.
conseguenze

3) Aggiungendo la dimensione soggettiva, attraverso una scheda di autovalutazione si andrà


a completare la visione trifocale della valutazione.

RIFERIMENTI ALLE UDL


Principio III. Fornire molteplici mezzi di coinvolgimento
Linea guida 9: Fornire opzioni per l’autoregolamentazione
Punto di verifica 9.3 – Sviluppare l’autovalutazione e la riflessione

Implementazione

Attività 1
Fase 1
Prima di iniziare l’attività di coding l’insegnante lavorerà sul riconoscimento dei concetti
topologici destra e sinistra: gli allievi indosseranno un nastro rosso al polso destro e uno blu a
quello sinistro e si faranno dei piccoli giochi sul riconoscimento di destra e sinistra.
A seguire nel salone svolgeranno dei percorsi con i cerchi seguendo le indicazioni date dalle
insegnanti
I tipi di percorsi saranno differenziati in base all’età dei bambini:
-i bambini di tre anni dovranno posizionarsi nei cerchi secondo il colore chiamato
dall’insegnante.
-i bambini di quattro e cinque invece dovranno seguire le istruzioni dell’insegnante che dirà
loro di fare dei passi avanti, a destra, indietro, a sinistra.
Ai bambini di quattro anni, inizialmente l’insegnante indicherà con le mani le direzioni di
destra e sinistra per poi farli continiare autonomamente.
Mentre i bambini di cinque anni non avranno nessun aiuto da parte dell’insegnante, ma
avranno sempre i braccialetti come supporto.

Fase 2
In un secondo momento, dove aver risportato i bambini in classe, si faranno delle impronte
delle mani sul foglio, seguendo sempre i colori di destra e di sinistra.

Attività 2
Fase 1
L’insegnante leggerà la storia preparata e seguiranno poi delle domande guida per rielaborare
il racconto.
“Quell’anno la Primavera sembrava non dover più arrivare; gli animali del bosco la attendevano con
impazienza; l’Inverno era stato molto freddo e tutti, dalla lepre , allo scoiattolo, agli uccelli non vedevano l’ora
che se ne andasse, l’asciando il posto alla primavera.
Ma l’Inverno, ormai vecchio e un po’ sordo, non voleva proprio levare il disturbo, tanto che tutti gli animali
iniziarono a dirgli: “Insomma, vuoi andartene si o no ?” “Non è ora che lasci arrivare la Primavera?”.
Insomma, tanto fecero e tanto dissero che l’Inverno si arrabbiò davvero e disse tra sé e sé : “Ah si eh? Volete
mandarmi via… ma io ve la farò pagare!”
Chiamò i suoi due fidi alleati, il Gelo e la Tempesta e disse loro: “Nascondetevi dietro quel cespuglio e quando
vedrete arrivare la Primavera spingetela in quella grotta; io penserò al resto”.
Quando la Primavera, puntuale come ogni anno, fece capolino al limitare del bosco, la Tempesta saltò fuori dal
cespuglio dietro il quale era nascosta e soffiando un vento gelido la spinse fin verso la grotta dove il Gelo
costruì una barriera di ghiaccio per non lasciarla uscire.
La lepre PINA che aveva visto tutta la scena corse subito dagli altri animali del bosco per chiedere che cosa
fare; ma nessuno sapeva come liberare la Primavera rinchiusa nella grotta.
“Andiamo a chiedere consiglio al Sole ” disse PINA, che sapeva che il Sole era amico della Primavera. “E’ una
brutta situazione ” – disse il Sole – “ma io so come aiutarti”.
Il sole accompagnato dalla lepre PINA e si avvicinò ad un ruscello. Al passaggio del sole iniziarono a spuntare
dei piccoli fiori, le margherite. “Prendete una di queste margherite” – disse il Sole – “e andate subito alla grotta;
sono fiori magici, e il ghiaccio che tiene rinchiusa la primavera si scioglierà”. La lepre, senza farselo dire due
volte, strappò una margherita con i suoi denti aguzzi ma.........

LA LEPRE NON SI RICORDA PIù LA STRADA PER TORNARE ALLA GROTTA DOVE ERA
NASCOSTA LA PRIMAVERA..........
AIUTIAMOLO A TROVARE LA STRADA.....”

Fase 2
Dopo aver letto il racconto, l’insegnante consegnerà ai bambini dei fogli. Anche in questo
caso le attività saranno differenziate: I bambini di tre anni disegneranno, una scena della
storia mentre ai bambini di quattro e cinque anni verrà consegnanto un foglio già suddiviso in
quattro parti che rappresenteranno le sequenze.
I bambini dovranno disegnare i tre avvenimenti principali della storia.

Attività 3

Fase 1
L’insegnante rileggerà la storia facendo delle domande agli alunni.

Fase 2
Dopo aver ripercorso la storia e aver posto il problema agli alunni l’insegnante spiegherà alla
classe il gioco che andranno a fare nel reticolo: un bambino, a turno, dovrà far finta di essere
la lepre Pina e nel reticolo dovrà provare ad effettuare il percorso seguendo le istruzioni date
da un compagno-guida che di volta in passo, passo dopo passo predisporrà le frecce per
direzionare la lepre.
Lo scopo del gioco sarà quello di far arrivare la lepre Pina fino alla grotta stando però attento
agli ostacoli, rapprensentati da alcuni bambini che terranno in mano i disegni del sasso e
dell’albero.
Il gioco poi sarà differenziato in base all’età del bambino nel reticolo.

Riflessioni sulle due attività.


Ho scelto di progettare queste due attività sul pensiero computazionale in quanto,
confrontandomi con le due tutor, mi è stato detto che nel corso dell’anno non avevano mai
fatto attività sul reticolo e che sicuramente a tutte e due le classi sarebbe piaciuto molto.
Per pensiero computazionale si intende un processo mentale che consente di risolvere
problemi di varia natura seguendo metodi e strumenti specifici pianificando una strategia. È
un processo logico creativo che, più o meno consapevolmente, viene messo in atto nella vita
quotidiana per affrontare e risolvere problemi. L’educazione ad agire consapevolmente tale
strategia consente di apprendere ad affrontare le situazioni in modo analitico,
scomponendole nei vari aspetti che le caratterizzano e pianificando per ognuno le soluzioni
più idonee4
Durante l’implementazione ci sono state però diverse cose che ho dovuto modificare.

4
INDICAZIONI NAZIONALI E NUOVI SCENARI, pag.13
-Nella scuola dell’infanzia: per far riconoscere il concetto di destra e sinistra ho dovuto usare,
oltre ai braccialetti, un ulteriore supporto poichè vedevo che i bambini avevano qualche
difficoltà nel riconoscere la destra e la sinistra.
Inoltre,sempre in merito alla scuola dell’infanzia, mi è dispiaciuto rendermi conto alla fine
dell’ultima attività di non essere riuscita a valorizzare i bambini di tre anni.
-Per la scuola scuola primaria: la criticità maggiore sono state le tempistiche, come riporto
anche nei diari di bordo: “Avendo ancora difficoltà nel riconoscimento di destra e sinistra ho dovuto
approfondire l’argomento e per far questo non è stato possibile costruire tutto il meteriale che avevo pensato.”
È stato comunque interessante mettere in atto queste due attività, perché ho potuto osservare
come l’approccio del bambino in una stessa competenza, anno dopo anno cambia, si articola
riuscendo a fronteggiare livelli di difficoltà sempre più complessi.
Ho potuto vedere come ogni alunno, a secondo dell’età, si è impegnato per risolvere un
problema diventando un soggetto attivo della tecnologia.

ORE COLLEGIALI
Quest’anno ho partecipato a tre incontri collegiali. Per la scuola primaria ho preso parte a una
programmazione e un collegio docenti, mentre per la scuola dell'infanzia a una
programmazione. Le due programmazione sono state molto diverse in quanto, nella scuola
primaria gli insegnanti si confrontarono su come utilizzare i nuovi giudizi descrittivi per la
valutazione, mentre nella scuola dell’infanzia le due maestra erano incentrate sulla stesura del
programma per il mese di maggio.
Le insegnanti di scuola primaria si interrogavano su individuare il livello giusto per ogni
alunno. Si domandavano a quale voto corrispondeva ciascun livello. Personalmente ho
pensato che per fare una buona valutazione con i nuovi livelli le insegnanti dovessero
staccarsi dai voti numerici perché altrimenti non avrebbero rispettato la descrizione dei
giudizi.
Nella scuola dell’infanzia invece le maestra hanno stilato la programmazione di maggio:
hanno individuato gli obiettivi e le relative attività per ogni campo di esperienza. Per
esempio:
-I discorsi e le parole. Obiettivo: “esprimere verbalmente le regole che conosce nella scuola”.
Attività: “attività che includono il riconoscimento delle parole per poi abbinarle al disegno
giusto.”
Per quanto riguarda invece il collegio docenti, questo era il programma:
1. aggiornamento situazione emergenza Covid-19;
2. nuove adozioni libri di testo per l’a.s. 2021_2022;
3. valutazioni finali classi intermedie e terminali scuola primaria e secondaria I grado;
4. esame di idoneità alunni in istruzione parentale;
5. esame conclusivo I ciclo di istruzione a.s. 2020_2021;
6. piano estate 2021 prime indicazioni operative;
7. varie ed eventuali.

TIROCINIO INDIRETTO

Quest’anno il tirocinio indiretto è stato per me uno strumento formativo fondamentale. Mi ha


permesso di ottenere un continuo supporto nell’azione all’interno delle scuole e
dell’università, mi ha permesso di creare una base conoscitiva su ciò che avrei incontrato a
scuole e su ciò che avrei dovuto maggiormente osservare e focalizzare la mia attenzione.
Inoltre quest’anno abbiamo avuto l’opportunità di conoscere una grandissima tutor, esperta
nel suo campo, che oltre a farci sentire sempre capiti, sentivamo che era dalla nostra parte.
Per di più, essendo la nostra tutor un’insegnante della scuola primaria, abbiamo sempre avuto
la possibilità di confrontarci con un esponente della classe professionale a cui apparterremo,
questo ha rafforzato il rapporto tra noi (studenti) e il mondo professionale esterno.
La tutor ha saputo ascoltarci fin dalla prima lezione quando gli abbiamo subito confessato la
nostra difficoltà maggiore; ovvero quella di scrivere i diari di bordo. Insieme siamo ripartiti
dal significato che deve avere questo documento per noi, e insieme abbiamo elaborato le
seguenti definizioni: strumento di documentazione e di riflessione che contiene osservazioni,
descrizioni, riflessioni, documentazione fotografica, normativa, interviste, stralci di dialogo di
bambini, mappe progettuali, analisi documenti...)
Dopo aver definito insieme cosa è effettivamente il diario di bordo, abbiamo capito che per
scriverlo in maniera efficace era necessario che questo strumento avesse all’interno:
- un focus (zoom su un dettaglio)
- delle riflessioni personali su diversi aspetti
- riferimenti agli aspetti normativi e citazioni.
Dopo aver capito come scrivere il diario di bordo, abbiamo analizzato diversi documenti utili
per la nostra formazione professionale (Linee guida per la Didattica digitale integrata, Piano
scuola 2020- 2021,Orientamenti pedagogici sui Lead: Legami Educativi a Distanza un modo
diverso per fare nido e Scuola Dell’infanzia).
Abbiamo poi creato poi un glossario contenente le informazioni principali e le definizioni di
termini che noi insegnanti dobbiamo far nostri.
E’ stato molto utile per noi studenti immergerci in questo compito, in quanto abbiamo capito
il significato autentico di molte parole che prima non conoscevamo e davamo per scontatie.
Link per il glossario:
https://read.bookcreator.com/4GxF8cTJ9oZyTSB5bj25sQi580U2/dNe7WAsBTPutvwJ0vHoI
Eg

ATTESTATI CORSO DI RECUPERO DI TIROCINIO


Sitografia

Ptof: https://archivio.pubblica.istruzione.it/argomenti/autonomia/pof/default.shtml

Arcivio Pubblica Istruzione:


https://archivio.pubblica.istruzione.it/argomenti/autonomia/pof/default.shtml

Piano Annuale Inclusività:


https://www.icginobartalicortona.edu.it/wp-content/uploads/2021/06/PAI-a.s.-2021-20
22.pdf

Universal Design for Learning (UDL) Progettazione Universale per


l’Apprendimento(PUA):
https://icmanzoni-re.edu.it/wp-content/uploads/sites/183/UDL-Linee-guida-Versione-2
.0-ITA-2.pdf

Indicazioni nazionali e nuovi scenari:


https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Indicazioni+nazionali+e+nuovi+scenari/

Bibliografia

Mario Castoldi (Didattica Generale, Mondadori, 2010).


Università degli Studi di Perugia
Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Scienze Umane e della Formazione

Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria

Relazione Finale di Tirocinio IV anno

Anno Accademico 2020-2021

Studente Barbabietola Marta

Tutor organizzatori Tutor coordinatore:

Francesca Pacolini
Genziana Bellini Daniela Brunelli
Indice

PREMESSA

1. Consapevolezza dell’identità professionale dell’insegnante


1.1 La costruzione dell’identità professionale
1.2 Le competenze e il percorso formativo del docente

2. Progettazione: Il modo in cui si intende procedere al cambiamento.


2.1 La mia progettazione negli anni di tirocinio.
2.2 Progettazione è Inclusione.

3. Gestione della relazione dei processi comunicativi.


3.1 Relazione insegnante-alunno
3.2 Relazione insegnante-insegnante.

4.Documentazione e rielaborazione dell’esperienza in chiave professionale


4.1La documentazione nel tirocinio

CONCLUSIONE

Bibliografia
Sitografia
PREMESSA

Essendo giunta alla fine di questo percorso di formazione, ritengo abbastanza importante
eseguire un’autovalutazione sul percorso fatto, sulle competenze acquisite e su quelle ancora
da migliorare. L'autovalutazione permette di prendere coscienza del proprio processo di
apprendimento, dei suoi punti di forza e di debolezza per progettare il cambiamento.
Nel momento in cui si aggiunge al concetto di valutazione la parola “auto”, si fa riferimento a
un processo metacognitivo, ovvero una valutazione che avviene in maniera autonoma dei
propri processi di memoria, attenzione e competenza e che nel caso dell'insegnante, prevede
un’operazione molto complessa ma necessaria.5
Il concetto di autovalutazione è una realtà che si innesta con un’idea di fondo: migliorare
l’efficacia dell’insegnamento, infatti è un’azione che costituisce una parte essenziale della
costruzione delle conoscenze e delle competenze del soggetto.L’autovalutazione porta quindi
una nuova visione del processo formativo e di quello educativo in cui i protagonisti sono due:
il docente e gli alunni. Per i docenti l’autovalutazione permette di poter avere una crescita
professionale migliorando le loro capacità cognitive, sociali e di valutazione. Dall’altro per
gli alunni e i giovani di tutte le realtà scolastiche, dalla scuola materna all’università, si avrà
la possibilità di vedere un netto miglioramento del loro modo di apprendere.

Ciò significa che attraverso l’autovalutazione dell’insegnante si cercherà di ottenere un


beneficio nei confronti sia delle figure professionali stesse e dello studente. In questa
prospettiva l’autovalutazione non è una realtà fine a se stessa ma un mezzo attraverso cui
raggiungere l’obiettivo finale: un miglioramento continuo.6

Per affrontare un’autovalutazione completa, ho voluto suddividere il documento in quattro


capitoli, corrispondenti alle quattro irrinunciabili competenze professionali sia sul piano
disciplinare e didattico che su quello relazionale e deontologico che dovrebbe avere un
insegnante.

1) Il sapere essere. “Competenza dell’identità professionale”


2) Il saper fare. “Progettazione: Il modo in cui si intende procedere al cambiamento

5
https://www.icdonmilanikr.it/autovalutazione-insegnanti/
DON MILANI Lavoro, Istruzione, Formazione
6
https://scintille.it/l-autovalutazione-dell-insegnante-come-fattore-di-crescita-e-di-cambiamento/
Scintille. L’ autovalutazione dell’insegnante come fattore di crescita e di cambiamento di Riccarda Viglino
3) Il saper stare con gli altri. “Relazioni e comunicazioni nella mia esperienza”
4) Il sapere. “Documentazione e rielaborazione dell’esperienza.”

1.Consapevolezza dell’identità professionale dell’insegnante.


1.1La costruzione dell’identità professionale

La scelta professionale, e del relativo percorso di formazione, è sicuramente un aspetto


centrale della «costruzione di sé» di un individuo. È una scelta in cui il piano razionale si
intreccia fortemente a quello più inconsapevole dei sentimenti di identità, delle
rappresentazioni immaginarie del futuro lavoro e delle relative intime aspettative personali
(cfr Erickson 1964).
Vorrei partire dalla definizione di identità professionale.
L’identità innanzitutto viene definita come: appropriazione e definizione, da parte del
soggetto, delle caratteristiche specifiche della propria personalità e della collaborazione del
sè, in rapporto agli altri nell’ambiente sociale. È il sistema si rappresentazione in base al
quale l’individuo sente di esistere come persona, si sente accettato e riconosciuto come tale
dagli altri.
Se l’identità viene associata alla parole professionale, essa cambia di significato: è un
divenire, un processo dinamico di elaborazioni e rielaborazioni delle esperienze che
coinvolge sia la persona sia il contesto. Essa si configura come un sistema evolutivo che si
sviluppa con il tempo inserisce un individuo all’interno di una precisa professione.
L’identità professionale nasce dalla motivazione, dalla vocazione e dalle attitudini del
soggetto che spinge l’individuo a intraprendere un determinata professione.7
Entrando in merito all’identità professionale del docente, non è facile definirla in quanto
questa, concilia in sé diversi significati. La professione dell’insegnante infatti non può essere
considerato come un semplice mestiere che svolge un’attività tecnico-procedurale, in quanto
è costantemente influenzato da diversi aspetti: personalità, professionalità, competenze,
conoscenze, abilità, consapevolezza, responsabilità, ascolto, dialogo, comprensione, fiducia
ecc…

7
OPPInformazioni, 96 (2005) Andrea Varani La costruzione dell'identità professionale.
https://oppi.it/wp-content/uploads/2014/02/OPPInformazioni-96-2005-Varani-Identit%C3%A0-professi
onale.pdf
La sfida per l’insegnante è quindi quella di non essere solo un professionista della conoscenza
ma un professionista riflessivo che cerca di individuare i significati del proprio lavoro , e si
prende cura della sua formazione, sempre in itinere.
Per quanto mi riguarda, nel corso di questi quattro anni, ho maturato una grande
consapevolezza del ruolo docente, che all’inizio del percorso di studi non avevo.
La consapevolezza è accresciuta in me nel momento in cui sono entrata in contatto e mi sono
messa alla prova con diversi tipi di realtà, nel mio caso quella universitaria e di tirocinio.
Queste due realtà mi hanno dato l’opportunità in primis di crescere come persona, ma
soprattutto ho avuto modo di capire effettivamente che l'insegnante non è solo mero
applicatore di teorie apprese, tecnico del sapere, esecutore e dispensatore di nozioni. Ma
essere insegnante vuol dire invece , progettare, creare, programmare, relazionarsi, adeguare il
proprio metodo, cambiare, essere a volte anche attori.
Soprattutto ho capito che per essere buoni maestri bisogna prima di tutto desiderare di
esserlo. Certamente le conoscenze, competenze, e sapere professionali sono aspetti necessari
per l’insegnante ma, in primo luogo occorre essere disposti a mettersi in gioco con
sentimento. Secondo questa prospettiva diventare insegnanti, implica l’assunzione di una
responsabilità che si trasforma nella formula “Io sono responsabile di te, mi prendo cura di
te.. ” una cura che non riguarda solo la formazione e è processo di apprendimento ma fa
riferimento riferimento in primis alla crescita della persona umana.
Gli incontro con i bambini e con le insegnanti fatti in questi lunghi anni, hanno aumentato in
me la certezza che ogni relazione di insegnamento e apprendimento, per funzionare, deve
avere all’interno una relazione educativa vera, che non si riduca solo nello scambio di
informazioni generiche, ma che trova la sua piena realizzazione nel momento in cui diventa
condivisione di idee, e di propositi.
Queste riflessioni sono nate proprio dall’osservazione dell’attività di alcuni insegnanti che mi
hanno aperto gli occhi su questo aspetto dell’educazione.
A volte invece ho potuto vedere docenti che presi da un indifferenza emotiva gelavano il
rapporto con gli alunni essendo concentrati solo al raggiungimento dell’obiettivo e al
prodotto finale.
Ma secondo me, il docente che riesce in questa sfida è colui che unisce alla competenza
professionale il sentimento, fondendosi con la classe, costruendo rapporti affettivi con i suoi
alunni.
1.2Le competenze e il percorso formativo del docente
Per essere docenti competenti nella scuola sono indispensabili alcune irrinunciabili
competenze elencate nell'articolo 27 del CCNL comparto scuola 2016/18

“Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze disciplinari, informatiche,


linguistiche, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo – relazionali, di
orientamento, di ricerca, documentazione e valutazione, tra loro collegate ed interagenti che
si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e la sistematizzazione
della pratica didattica.”8

Per far maturare queste competenze sono di fondamentale importanza alcuni momenti
significativi: la formazione iniziale, l’attività di studio e l’esperienza. Il corso di studi Scienze
della Formazione Primaria è il centro cardine per sviluppare le competenze sopra citate. In
esso, infatti, si affianca l’attività di studio all’esperienza di tirocinio diretto ed indiretto,
funzionali alla maturazione di queste competenze professionali.
Comunque per poter essere preparati nel mettere in pratica questo complesso profilo
professionale che deve obbligatoriamente essere costantemente aggiornato, la formazione
costante diviene una leva strategica. La stessa si nutre, a sua volta, dell’arricchimento dovuto
all’esperienza, che fa della professione docente un instancabile esempio di esperienza,
ricerca, riflessione sulla stessa, studio, approfondimento.
A tal proposito ricordo la tutor di due anni fa che mi disse: “Io il prossimo anno vado in
pensione ma ancora partecipo a corsi di aggiornamento”.
La formazione infatti costituisce un elemento essenziale per l‘identità professionale
dell’insegnante: tale formazione deve essere continua: la professionalità del docente non è
riconducibile alla trasmissione di saperi elaborati da altri, ma si configura come una
“competenza di ricercatore” in costante trasformazione.9
Se dovessi fare un bilancio delle mie competenze fino ad oggi acquisite, mi rendo conto che
nel corso degli anni dovrò sicuramente approfondire le competenze metodologiche-didattiche
e comunicative.
Per quanto riguarda le competenze metodologiche didattiche, sicuramente i corsi di studi
universitari mi hanno dato un base solida da cui partire, una teoria che se messa in atto nei
contesti e nei modi giusti risulta essere efficace e produttiva.

8
Le competenze professionali del docente. Luisa Treccani
https://www.luisatreccani.it/competenze-professionali-docente/
9
Rossella Cramarossa, Oriella Innocenti, Cinzia Rosselli, La professione docente: funzione educativa, culturale, etica,
sociale
In seguito però ho preso coscienze di quanto sia complesso metterle in atto in classe. Tuttavia
suppongo che questa competenza si affini nel tempo grazie all’esperienza, dopo molti anni in
classe, entrando in contatto con diverse realtà. Invece per quanto riguarda la competenza
comunicative, mi rendo conto che sia nella classe che con i gli altri insegnanti la mia
comunicazione risulta abbastanza fluida, anche se riconoscono in me la mancanza di un
linguaggio specifico. Al contrario sò di non essere pronta a comunicare in contesti più ampi,
come ho visto fare da diverse insegnanti, ad esempio nei collegi, consigli e commissioni.
Durante gli ultimi due anni ho lavorato molto su questa pratica, e sono sicuramente che con
l’esperienza e con molto impegno da parte mia migliorerà.

2.Progettazione: Il modo in cui si intende procedere al cambiamento.


La parola progettazione, se non traslata in nessun contesto, ha il seguente significato:
progettazióne s. f. [der. di progettare]. – 1. Il fatto di progettare, anche in senso estens.: p. di
nuovi lavori, di grandi imprese. 2. In senso stretto e più tecnico, la preparazione, e anche la
fase di elaborazione e realizzazione, di un progetto.10
Se invece, la parole viene trasportata nel campo della didattica il suo significato cambia.

“Progettare è “il modo con cui si intende procedere verso il cambiamento” tenendo conto
della realtà̀ , delle sue risorse delle sue potenzialità̀ , ma anche dei suoi vincoli e limiti. Un
insegnante che progetta a scuola deve essere consapevole che le scelte progettuali che
compie, contribuiscono ad orientare l’allievo nella costruzione del suo progetto di vita”11
Condivido queste definizioni di progettazione in quanto se l’apprendimento è considerato
come un cambiamento che avviene all’interno dello studente, la progettazione si intende
proprio il modo attraverso il quale si dà il via a un cambiamento.
Ma non solo, oltre che essere riferita al cambiamento la progettazione è un’azione volta a
preparare e organizzare l’azione didattica e funziona come guida nelle azioni educative
dall’inizio alla fine.
L'evento progettuale si potrebbe pensare come un evento che inizia e finisce nel momento
stesso in cui le azioni didattiche sono state decise, ma al contrario, fa sua anche la fase
dell’implementazione in quanto, data la complessità della progettazione, si potrebbero
apportare delle modifiche “in corsa”.

10
Vocabolario on line TRECCANI.
11
A. Sacchella “Perché è importante progettare. La progettazione non è un optional”
2.1La mia progettazione negli anni di tirocinio.
Prima di intraprendere il percorso di studi, ero ingenuamente convinta che l’insegnante
avesse diverse mansioni: preparare la lezioni, attività, materiali, partecipare alla
programmazione e ai collegi, preparare verifiche, ma la progettazione era una cosa a me
ancora sconosciuta. Quando invece ho capito cosa volesse dire insegnare, ho preso coscienza
di quanto la capacità progettuale sia alla base dell’insegnamento stesso.
Durante questi anni universitari, grazie ai vari laboratori ho preso coscienza di cosa volesse
dire progettare.
Mi ricordo le prime volte, quando con i colleghi ci cimentavamo nella creazione di unità di
apprendimento, quanto eravamo confusi sul significato stesso di unità di apprendimento e
molte altre parole come: traguardi per lo sviluppo della competenza, competenza focus,
rubrica valutativa.
Poi approfondendo gli studi all’interno dei corsi universitari e mettendoci alla prova con i
diversi laboratori, siamo riusciti insieme a progettare attività complete e ben articolate.
Questo cambiamento radicale è avvenuto anche nelle mie esperienze dirette di tirocinio.
Ripercorrendo i quattro anno di tirocinio, dal punto di vista della progettazione mi ricordo
come il primo anno di tirocinio mi limitai a osservare, mentre il secondo anno mi cimentai
per la prima volta nella costruzione di una unità di apprendimento e fu un disastro.
Non feci una unità di apprendimento ma proposi una semplicissima attività: che se la
analizzo con occhio critico posso elencarne le maggiori criticità: mancanza di una
competenza focus, obiettivi e traguardi di competenza troppo generici, completa assenza di
valutazione, bisogno formativo generico.
Anche la gestione della classe durante l’attività fu molto difficile, mi ricordo l’ansia e
l’imbarazzo che provavo avendo gli occhi dei bambini e delle altre maestre puntati su di me.
Il terzo anno invece fu molto diverso, in quanto a causa della pandemia, non mi è stato
possibile attuare un’unità di apprendimento né in presenza né in modalità sincrona. In
accordo con le due tutor ho progettato singole attività che mi hanno dato modo di conoscere
diversi programmi e piattaforme utili per creare materiale multimediali da poter condividere
con gli alunni in didattica a distanza. Riporto la riflessione che feci lo scorso anno nella
relazione annuale: “Sono sincera, crea un’unità di apprendimento da svolgere in didattica a
distanza non è stato per niente facile. Non è stato facile nemmeno scegliere i programmi
giusti per spiegare l’argomento e le modalità per farlo. Per fortuna però durante il tirocinio
indiretto la tutor ci ha aiutato molto, suggerendoci diverse piattaforme per progettare attività
e presentandoci attività già svolte. Mi sarebbe piaciuto però presentare personalmente la
lezione ai ragazzi e avere un riscontro dei lavori svolti.”
Quest’anno invece finalmente ho avuto l’opportunità di mettermi alla prova e posso dire che
ad oggi la mia capacità di progettazione, rispetto i primi anni, è sicuramente migliorata.
Ho capito che prima di progettare qualsiasi evento didattico è importante selezionare e e
focalizzare la competenza su cui impostare il progetto stesso.
Una volta scelta la competenza è necessario creare una rubrica valutativa che consente di
descrivere i diversi livelli di padronanza.
La rubrica si intende un prospetto sintetico di descrizione utile a identificare e esplicitare le
aspettative relative a un certo allievo o a un determinato gruppo di allievi.12
La costruzione della rubrica valutativa è la parte di progettazione più complessa per me, che
solo dopo ho capito essere essenziale ai fine dell’ideazione dell’evento progettuale.
Ho imparato a crearla durante i laboratori con i miei colleghi, e nelle unità di apprendimento
progettate quest’anno sono riuscita a svilupparla.
Dopo aver individuato, la competenza e creato la rubrica valutativa, l’insegnante deve
studiare il contesto classe per comprendere quale potrebbe essere il bisogno formativo degli
alunni. La situazione problema, da cui poi nasce il bisogno formativo, definisce l’oggetto del
progetto, il “che cosa” deve essere affrontato e risolto.13
“L’insegnante deve sviluppare la sua capacità di osservazione non solo per modificare o
riconoscere comportamenti ma anche per facilitare l’apprendimento garantendo
contemporaneamente una gestione delle relazioni che favorisca e promuova tale obiettivo.”14
Durante gli incontri che hanno preceduto l’implementazione delle mie attività, al fine di
scegliere un argomento che risponda ai bisogni degli alunni, ho osservato molto il contesto
classe, ma visto che la mia osservazione era molto limitata per le poche ore a disposizione mi
sono affidata ai pareri delle insegnanti.
È importante poi stabile degli obiettivi e i relativi traguardi per lo sviluppa di essa;è
importante che siano coerenti con il bisogno formativo e con la competenza che si vuole
andare a sviluppare.
I traguardi di sviluppo delle competenze sono riferimenti ineludibili per gli insegnanti, in
quanto indicano “le piste culturali e didattiche da percorrere e aiutano a finalizzare l’azione

12
Progettare per competenze. Mario Castoldi. pag.169.
13
ibidem. pag. 186
14
Reffieuna, Il bambino a scuola.
15
educativa allo sviluppo integrale dell’allievo” . Gli obiettivi di apprendimento devono
definire in modo chiaro e inequivocabile “conoscenze e abilità ritenuti indispensabili al fine
di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze”16.
Riconosco che nelle prime unità di apprendimento degli scorsi anni sia gli obiettivi che i
traguardi erano molti e confusionari e generici, e poco coerenti tra di loro. Ora invece li
analizzo con cura, selezionando solo quelli che reputo adatti.
Una volta messo a fuoco il “perché” e il “che cosa” del proprio progetto, si tratta di precisare
il “come” affrontare il bisogno formativo.17La metodologia poi è un aspetto fondamentale
della progettazione, in quanto stabilisce le modalità attraverso cui si vuole affrontare la
competenza scelta. In questa fase l’insegnante dovrebbe porsi delle domande chiave: “Quali
strumenti e materiale sono più idonee?” “Quale metodologia potrebbe fare al caso di....?”
“Quali strategie didattiche sono più adatte per questa attività??”. Quanto a me, come già
scritto nel capitolo precedente, nonostante quest’anno abbiamo cercato di lavorare molto su
questo aspetto, ho ancora molto da migliorare; mi rendo conto di non avere una conoscenza
approfondita sulle diverse metodologie e faccio fatica a valutare il contesto per metterle in
atto.
Quest’anno poi è stato molto più difficile, in quanto, a causa delle norme anti-covid non era
possibile far lavorare i bambini in coppia ne in gruppo. Ho dovuto quindi evitare il
cooperative learning e anche il peer tutoring, metodologie nelle quali sono più esperta.
La valutazione per molto tempo invece è stata il mio tallone d’Achille, in quanto non riuscivo
a capire come funzionasse, quali fossero gli strumenti da usare e come metterla in atto. Le
cose sono migliorate quando diedi l’esame di “Didattica Generale” e studia la valutazione
trifocale: “non è sufficiente un unico punto di vista, per comprendere il nostro oggetto di
analisi,occorre osservarlo da molteplici prospettive. Le tre prospettive di osservazione della
competenza sono riferibili a una dimensione soggettiva , intersoggettiva, oggettiva”.18
La valutazione così articolata mi ha fatto capire che sono necessari tre diverse dimensioni per
verificare il livello di competenza sviluppato dai singoli studenti, e di conseguenza è
necessaria la creazione di tre diversi strumenti. Le conoscenze si sono consolidate con il
corso di “Tecniche e Metodi della Valutazione Scolastica”. Devo dire che comunque ho molto
da lavorare anche su questo aspetto; nei momenti di progettazione individuale a volte ho delle

15
MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infan- zia e del primo ciclo di istruzione, settembre 2012, p. 13.
16
ibidem.
17
Progettare per competenze. Mario Castoldi. pag.193
18
Progettare per competenze. Mario Castoldi
difficoltà nel costruire una rubrica valutativa che sia congruente con il progetto didattico
realizzato.

2.2Progettazione è Inclusione.
Un concetto fondamentale che va di pari passo con la parola Progettazione, è Inclusione.
Come si legge dalle LINEE GUIDA PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI
ALUNNI CON DISABILITA’: “La progettazione degli interventi da adottare riguarda tutti
gli insegnanti perché l’intera comunità scolastica è chiamata ad organizzare i curricoli in
funzione dei diversi stili o delle diverse attitudini cognitive, a gestire in modo alternativo le
attività d’aula, a favorire e potenziare gli apprendimenti e ad adottare i materiali e le
strategie didattiche in relazione ai bisogni degli alunni.” L’inclusività è alla base della
progettazione. Per mettere in atto una progettazione che guardi all’inclusione è fondamentale
che l’insegnante valorizzi in modo equo tutti gli alunni attivando strategie didattiche e dando
strumenti compensativi e misure dispensative che corrispondano ai bisogni di tutti gli alunni.
Nel corso dei quattro anni di tirocinio diretto, ho avuto modo di conoscere tanti bambini con
diverse disabilità, e mi è dispiaciuto vedere come ancora oggi alcune insegnanti attuino azioni
discriminatorie verso di loro.
Riporto uno stralcio di diario di bordo dello scorso anno:
“Vidi il banco di F. pieno di fogli e astucci ma lui non era seduto al suo banco, domandai alla
maestra che fine avesse fatto e lei mi rispose: “E’ fuori con la maestra di sostegno, oggi non
riusciva a reggere il ritmo”. Al sentire queste parole ci rimasi male; dove erano finiti tutti
quei bei discorsi decantati nel PTOF sull’inclusione scolastica? L’insegnante di sostegno
non dovrebbe essere un insegnante come tutti gli altri, al quale viene assegnato il compito di
dare il suo aiuto alla classe in cui si trova un alunno con disabilità? Non può essere
indentificato come l’insegnante dell’alunno con disabilità. E l’alunno con disabilità fa parte
della classe e anziché portarlo fuori dall’aula, dovrebbe essere aiutato, supportato,
indirizzato verso il raggiungimento degli stessi obiettivi dei suoi pari con strumenti diversi.”
Quest’anno invece nella scuola primaria ho incontrato quattro bambini, tutti con difficoltà
differenti ,e ho cercato di adattare le mie attività prendendo sempre in considerazione i loro
bisogni. Per rispetto della privacy la tutor non ha potuto mostrarmi i loro PDP, ma mi ha
spiegato però la loro situazione descrivendomi molto dettagliatamente il piano didattico
messo in campo, basato su una scrupolosa attenzione ai loro bisogni.
Grazie alla sua disponibilità, nelle attività proposte ho usato degli strumenti compensativi per
fargli raggiungere lo stesso obiettivo che avevo prefissato per tutta la classe.
E' indispensabile a questo proposito, nel momento della progettazione, la consultazione del
documento Universal Design For Learning, Progettazione Universale per l’Apprendimento,
strumenti essenziali per l’insegnante, per ridurre gli ostacoli e per soddisfare i bisogni di tutti
gli alunni.
Riguardo questo riporto i quattro valori essenziali sui quali si fonda il profilo dell’insegnante
inclusivo:
1.Valutare la diversità degli alunni, considerando la differenza come una risorsa e una
ricchezza;
2. Sostenere gli alunni, con i docenti chiamati a coltivare alte aspettative sul successo
scolastico per ogni studente;
3. Lavorare con gli altri, nel senso che la collaborazione e il lavoro di gruppo sono approcci
essenziali per tutti i docenti;
4. Sviluppare un aggiornamento professionale continuo, dato che l’insegnamento è un’attività
di apprendimento e i docenti hanno la responsabilità del proprio apprendimento permanente
per tutto l’arco della vita.19

19
European Agency for Special Needs and Inclusive Education, 2012, pag. 21
3) Gestione della relazione dei processi comunicativi.
La scuola è un intreccio di relazioni, un luogo in cui si costruiscono rapporti significativi, è
un ambiente dove viene riconosciuta sempre di più l’importanza di creare relazioni
interpersonali positive al fine di conseguire gli obiettivi propri dell’organizzazione stessa.
Le competenze relazionali e comunicative sono alla base dell’insegnamento. Tutti i giorni
l’insegnante è chiamato a relazionarsi con la classe, con i colleghi, con i genitori degli alunni,
con il Dirigente, con la segreteria e anche il personale Ata. L'insegnante quindi dovrebbe
avere una comunicazione fluida, empatica, esprimere disponibilità personale e umana.
È necessario però distinguere due tipi di comunicazione:
-comunicazione interpersonale “bilaterale” (comunicazione con gli studenti, con i colleghi,
con i genitori, con il dirigente)
-comunicazione in contesti più ampi (consigli, commissioni, collegi). 20

Nella mia esperienza di tirocinio diretto ho potuto constatare la mia competenza solo nelle
relazioni interpersonali bilaterali, più nello specifico, con gli alunni, e con le altre insegnanti.
La comunicazione in contesti più ampi non ho mai avuto modo di affrontarla in quanto, anche
se ho partecipato a diversi collegi, e consigli, non ho mai avuto modo di prendere la parola
(ma comunque non mi sentirei all’altezza del compito).
Vorrei quindi analizzare i due tipi di relazione, con gli alunni e con le altre insegnanti, che ho
avuto modo di verificare nelle ore di tirocinio.

3.1 Relazione insegnante-alunno


La relazione tra insegnante e alunno è uno degli aspetti che mi tocca maggiormente. Sono
fermamente convinta che quanto più il rapporto tra allievo ed insegnante diviene positivo e di
qualità, tanto più anche l’apprendimento ne risente in modo positivo e lascia una traccia forte
e durevole nel tempo. Quando un insegnante esprime interesse per i sentimenti e le
esperienze emotive di un bambino e mostra rispetto per le sue opinioni, l’impatto che ha su di
lui, in fase di sviluppo, è notevole. “L’allievo infatti, per crescere e imparare, ha bisogno di
sentire che qualcuno si fa carico di lui e dei suoi problemi, di sentirlo presente nella
relazione” 21.

20
Le competenze degli insegnanti. Rita Ciambrone
http://competenzedocenti.it/Documenti/le_competenze_degli_insegnanti_-_Rita_Ciambrone.pdf
21
Blandino, G. (2008). Quando insegnare non è più un piacere. La scuola difficile, proposte per
insegnanti e formatori. Milano: Raffaello Cortina
Nelle relazioni con gli alunni è importante che l’insegnante dia importanza a tutto ciò che
esce dalle loro bocche, è importante che li ascolti e li inciti a parlare di se stessi. Penso che
solo in questo modo gli studenti lasciano entrare l’insegnante nel loro mondo.
Mi sento molto forte e sicura di me stessa su questo aspetto in quanto ho una spiccata empatia
e grazie ad esse riesco a comprendere i sentimenti e le preoccupazioni degli altri assumendo
il loro punto di vista e apprezzando i diversi modi di guardare la realtà. Ritengo che questa sia
una caratteristica fondamentale che un insegnante deve avere. Inoltre sono, sempre postiva, e
cerco di vedere sempre il lato positivo nelle cose. Penso che i bambini questo lo sentano,
infatti nelle mia esperienze di tirocinio diretto e non solo, i rapporti con gli alunni hanno
sempre avuto una connotazione super positiva, sono stati caratterizzati da simpatia e
reciproca curiosità, volontà di scoprire e di entrare in relazione.
Inoltre, l’età dei bambini, sia della scuola dell’infanzia che quella primaria, è un’età in cui i
rapporti con l’adulto sono ancora fortemente influenzati dal modello materno, che permette
quindi di creare rapporti ancor più intrisi di complicità.
Nelle scuole purtroppo ho avuto modo anche di vedere quanto può danneggiare non solo nel
bambino un rapporto negativo con l’insegnante.
Per quanto riguarda invece la gestione della classe e la qualità del feedback, la prima volta
che provai a stare davanti la classe, durante la mia prima attività, ero veramente imbarazzata,
presa dall’ansia, e non riuscivo quasi a parlare. Con il tempo, e con l’esperienza poi ho
imparato a gestire le emozioni e quest’anno invece, durante l’implementazione della mia
attività, mi sono divertita molto. Credo quindi di avere delle buone capacità, cerco sempre di
dare la parola a tutti, dò importanza a tutto quello che viene detto dagli alunni. Tuttavia, come
insegnante alle prime armi, ammetto di avere talvolta delle difficoltà nel richiamare
l'attenzione o nella gestione del gruppo, a livello attentivo e comportamentale. Credo che in
questo sia fondamentale il percorso che ognuno di noi svolge con la classe, mantenendo un
atteggiamento autorevole, ma allo stesso tempo disponibile, elastico e comprensivo.

3.2 Relazione insegnante-insegnante.


Un’altra relazione fondamentale per l’insegnante, oltre a quella con gli alunni, è quella che si
instaura con i colleghi. Per un docente entrare in un gruppo collaborativo significa crescere,
significa diventare migliore in termini di esperienza, di competenza, di relazione con l’altro.
Così come è vero il contrario: insegnare in un istituto non collaborativo, in cui non vi è aiuto
reciproco, non vi è condivisione di idee, può implicare un degrado della professionalità. Nella
scuola è importante quindi la collaborazione tra docenti e creazione di una relazione basata su
una condivisione costruttiva e stimolante.22
Pertanto, il percorso formativo che porta all’assunzione di un ruolo tanto complesso dovrebbe
riservare uno spazio importante allo sviluppo di quelle abilità sociali imprescindibili per
lavorare efficacemente in gruppo: tra esse, senza dubbio, la capacità di attraversare il conflitto
e trasformarlo in dialogo costruttivo.
Un altro aspetto da non sottovalutare è ricordarsi che gli allievi nel contesto scolastico
prendono gli insegnanti come punti di riferimento e di conseguenza anche il loro
comportamento e i rapporti sociali che egli instaura con i colleghi lasciano nei bambini delle
tracce ben segnate in termini di ricordi ed emozioni. Gli alunni, osservando il modo in cui gli
adulti interagiscono tra di loro, apprendono il senso di riconoscimento reciproco, la capacità
di comprendere l’altro e mettersi nei suoi panni, il valore della gentilezza (intesa come
capacità di ascolto e di accoglienza delle fragilità altrui), il senso di empatia e fiducia
nell’altro.
Nella mia esperienza, con le tutor scolastiche, ho sempre intrapreso rapporti positivi, e
nell’ultimo anno di tirocinio ho potuto sperimentare un vero rapporto professionale alla pari,
basato su sostegno reciproco, collaborazione e condivisione. Probabilmente la mia crescita e
maturazione, personale e professionale, mi ha permesso di potermi relazionare con le tutor in
situazione di parità e reciprocità. Infatti, la mia ultima tutor scolastica, mi ha sempre tenuta in
grande considerazione, tenendomi al corrente di tutto, coinvolgendomi nelle scelte e nelle
attività, dandomi la possibilità di mettermi in gioco e di sperimentare. Mi sono sentita
davvero parte del team, più come una collega, e meno come una tirocinante, e questo mi ha
permesso di aumentare notevolmente la fiducia in me stessa e di essere coinvolta in
discussioni e dinamiche che mi hanno arricchita moltissimo.
Credo di avere buone capacità di lavorare in team, sia a livello di classe che di istituto
(ovviamente parlo basandomi su quello che ho potuto fare quest'anno, e in vista delle
possibilità future), penso di aver avuto una buona comunicazione con tutto il personale
scolastico. L’aspetto che però dovrò sicuramente migliorare è la specificità di linguaggio.

22
Per una cultura della collaborazione. Emanuele Berger.
https://www4.ti.ch/fileadmin/DECS/DS/Rivista_scuola_ticinese/ST_n.322/ST_322_Berger_per_una_c
ultura_collaborazione.pdf
4.Documentazione e rielaborazione dell’esperienza in chiave professionale
“La competenza documentativa si esprime nella capacità di rievocare, riorganizzare,
ristrutturare le esperienze già realizzate, per farle diventare patrimonio per sé e per gli
altri;”23
La documentazione riveste un ruolo centrale nella scuola in quanto è uno strumento che
permette una riflessione critica sui percorsi realizzati.
Una attenta documentazione dei processi che comprendono componenti progettuali,
organizzativi, metodologici, pone il docente in situazione di riflessione. Aiuta l’insegnate a
focalizzare la motivazione, gli obiettivi cardine di una esperienza scolastica, le condizioni che
hanno portato ad alcune scelte organizzative, i problemi didattici incontrati, la valutazione
dei risultati raggiunti e le modalità del suo svolgersi, sollecitano nel docente lo sviluppo di
attività di autocritica ed autovalutazione. la documentazione, nel suo farsi, sollecita e
approfondisce la professionalità docente in tutte le componenti che ne costituiscono il profilo.
Il documentare, per il docente, si pone come punto di incontro, ove confluiscono e si
intrecciano le sue competenze disciplinari, psicopedagogiche, organizzativo - relazionali,
metodologico - didattiche, di ricerca e valutative.24

«La pratica della documentazione va intesa come processo che produce tracce, memoria e
riflessione negli adulti e nei bambini rendendo visibili modalità e percorsi di formazione e
permettendo di individuare i processi dell’apprendimento individuale e di gruppo.»25

4.1La documentazione nel tirocinio


La documentazione che avviene nell’attività di tirocinio è tradotta nell’elaborazione dei diari
di bordo; come viene anche spiegato nel documento del Progetto Tirocinio: “Riflessione,
attraverso frammenti di diario di bordo degli studenti, sulle azioni didattiche nella scuola
dell’infanzia e nella primaria. Questa scelta metodologica intende far riflettere su quanto sta
avvenendo e su come si può crescere attraverso la riflessione sull'agire;”26

23
Apprendere a documentare nella scuola della post-autonomia. Nunzia Schiavone Università degli Studi “Aldo Moro” di
Bari.
24
“La documentazione come risorsa di Stefano Marotta”
25
Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola per l’infanzia e del primo ciclo di istruzione, 2012, p.18.
26
PROGETTO DI TIROCINIO (anno accademico 2018/2019)
Ogni anno, quando all'inizio degli incontri di tirocinio indiretto, le tutor ci domandavano se
volevamo riprendere o approfondire qualche argomento che ancora non era chiaro, la nostra
risposta, quasi unanime, era sempre quella di ripartire dal diario di bordo.
In noi regnava una grande confusione. Il problema principale di cui tutti ci lamentavamo, era
che avendo avuto, ogni anno, una tutor diversa, avevamo tre diverse spiegazioni su come
scrivere il diario, perchè anche se il concetto di diario era condiviso da tutte le tutor, ognuna
aveva un modo diverso di elaborarlo , puntando più su un aspetto piuttosto che su un altro.
A questo proposito vorrei riprendere un vecchio diario di bordo.
“Oggi mi sono accordata con la tutor per fare il turno con lei di pomeriggio in modo che vedessi
anche l’ora della mensa e le attività pomeridiane. Sono arrivata a scuola alle ore 11. I bambini
stavano facendo delle formine con la pasta zucchero. Erano tutti molto concentrati, ci hanno saluato
a malapena. Non avevano un esempio da seguire e infatti tutti stavano facendo cose diverse. Carlo
faceva un serpente, Anastasia volava provare a fare una coroncina, Kevin un martello. Anche Karim
era molto attento a cercare di creare la sua spada. Alla fine dell’attività le maestra lasciarono liberi i
bambini per dieci minuti prima di andare a pranzo. Poi si misero tutti in fila uno dietro l'altro e
tenendosi la “coda” (la cintina del grembiule) camminarono in fila indiana cantando una canzoncina
fino ad arrivare alla mensa. Una volta arrivati lì si precipitarono sui tavolini, piccolo piccoli fatti su
misura per loro. I tavolini erano da quattro posti. La sala mensa era molto grande, c’erano molti
tavolini piccolini per i bambini e un tavolo molto grande invece per le maestre. La mia tutor con aria
molto scocciata urlò “Ma lo sapete che non dovete mettervi vicino a chi vi pare, dovete essere
mischiati!!!!” E cominciò a prendere alcuni bambini per spostarli da un tavolo a un altro con lo
scopo di formare tavoli composti da bambini di diverse età, sia da maschi che da femmine. Poi
entrarono le altre due classi. Le maestra si comportarono esattamente come la mia tutor; sgridavano i
bambini che si mettevano a sedere vicini. Il pranzo iniziò, c’era la pasta al sugo, un hamburger e i
fagiolini come contorno. La maestra mi diede un foglio. C’era uno schema con elencati tutti i giorni
della settimana a fianco al nome dei bambini. Con una crocetta dovevo segnare chi non aveva e chi
invece aveva mangiato. Passai tra i tavolini per vedere se chi non mangiava e segnavo tutto. Vidi però
che Anastasia non aveva mangiato proprio niente, e le dissi “ Ma Anastasia per non mangi nulla?!”
Lei mi disse che gli faceva male la pancia e infatti dopo andò di corsa in bagno. Durante il pasto tutte
le maestra erano sedute sul tavolo grande, intente a parlare tra di loro. Solo due si preoccupavano di
mantenere l’ordine, infatti si creò una grandissima confusione. I bambini non ascoltavano le due
maestra che dicevano in continuazione di stare buoni e di non alzarsi dal tavolo………... L’attività del
pomeriggio era il laboratorio di lettura. La maestra chiese ai bambini quale fiaba avevano voglia di
sentire e si decise per pinocchio. Iniziò a leggere con una lettura molto animata, alzando la voce nei
momenti di preoccupazione, abbassandola invece ad esempio nel momento in cui pinocchio è nella
bocca della balena e deve fare molto silenzio. I bambini anche se conoscevano a memoria la fiaba
erano tuti in silenzio, presi dalla lettura e avevano lo sguardo fisso sulla maestra. Al termine
dovevano disegnare il momento del racconto che più gli era piaciuto. Ma non fecero in tempo. Si
erano fatte le 16.00 e i genitori iniziavano ad arrivare e portare i bambini a casa.”
Questo diario risale al 02/03/2018, primo anno di tirocinio.
Leggendolo ora, mi accorgo immediatamente del carattere puramente descrittivo del diario,
dell’assenza di riflessioni personali, di osservazioni, e di focus, mancanza di descrizione delle
metodologie usate e del perché l'insegnante mette in atto proprio quella strategie. Assenza
completa degli aspetti normativi e di riflessioni sulla programmazione, modalità di relazione
ecc…
Le mancanze, nel diario sono riportato sono moltissime. Durante il secondo e il terzo anno,
sono visibili invece diverse riflessioni, ma solo quest’anno che ho capito effettivamente la
funzione del diario di bordo.
Anche quest’anno, durante il primo incontro di tirocinio abbiamo subito posto alla tutor la
nostra problematica che ci perseguitava ormai da diverso tempo.
La tutor si è subito dimostrata disponibile a riprendere l’argomento e grazie a lei, i miei diari
hanno subito un mutamento radicale. Con la tutor siamo ri-partiti della definizione di diario
di bordo come: “Spazio che coniuga studio, osservazioni, riflessioni. Visto come momento di
rielaborazione, strumento per rileggermi e notare l'evoluzione; e modo di contestualizzare la
teoria”
Fino ad arrivare alla definizione finale:” Strumento di documentazione e di riflessione
(contiene osservazioni, descrizioni, riflessioni, documentazione fotografica, normativa,
interviste, stralci di dialogo di bambini, mappe progettuali, analisi documenti...)”
Durante gli incontro poi ci siamo soffermati molto sul focus, definito come “uno zoom su un
dettaglio” che indica la parte da attenzionare che su diversi aspetti: -bambini- singolo
bambino; -metodologia usata; -setting; -clima relazionale, stile comunicativo; -relazione (
docente alunni, tra docenti, tra alunni); -coerenza tra finalità, metodologie, strumenti, attività,
verifica; -posizionamento docente, risposta studente; -approccio.
Durante queste lezioni è avvenuto un punto di rottura tra quello di cui era convinta prima, e
quello che invece ho capito ora e la mia visione del diario di bordo si è totalmente stravolta.
Ho iniziato a domandarmi il perchè di determinate azioni, quali progetti ci fossero alla base,
se l’attività fosse congrua con la programmazione ecc.. .
Ho iniziato ad agire con curiosità, a pormi delle domande, indagare sulle tracce documentali,
analizzare gli aspetti normativi, ho iniziato a chiedere alle insegnanti quello che non sapevo.
Conclusione
Durante le diverse esperienze fatte nelle scuole, i primi anni, a volte, pensavo tra me e me
“Ma io che insegnante voglio essere ?? ”, “Io non voglio essere così, voglio essere migliore”,
oppure “Vorrei essere tanto come lei..”.
Poi ho capito che non esiste un modello da seguire, ma l’importante è catturare con gli occhi,
rimodellare quello che vediamo, capire per poi fare nostro, prendere spunto.
Questo è ciò che è accaduto a me nel tirocinio diretto e indiretto e come è infatti riportato nel
documento del Progetto di Tirocinio:
“Come previsto dal DM 249/2010 i tirocinanti sono pertanto chiamati a osservare e
partecipare alle dinamiche socio- cognitive e relazionali dell’aula (micro contesto), leggerle
ponendole in relazione con le prospettive organizzative e culturali della scuola (macro
contesto), scoprire le reciproche influenze e riflettere sulle necessarie retroazioni.
Co-partecipare alla ideazione, progettazione, attuazione, verifica–valutazione di esperienze
didattiche.”
Quest’anno poi, mi ricordo di essermi emozionata, quando durante un incontro di tirocinio
indiretto la tutor ci disse di non essere passivi, ma di agire con curiosità, di porsi delle
domande, ricercare con le risposte, agire come un detective, indagare sulle tracce
documentali, chiedersi sempre la ricaduta che l'esperienza comporta a livello professionale e
personale.
Quelle parole mi caricarono di energia, dopo un periodo difficile, capì quanto era importante
quello che stavo facendo.
Se dovessi oggi incontrare un mio collega che sta per iniziare il primo anno di tirocinio gli
direi di cercare di carpire più che può dai tutor che avrà, dall’ambiente scolastico, dalle
attività e dai progetti proposti. Di vivere l’esperienza del tirocinio con un atteggiamento volto
ad accrescere le proprie competenze professionali, che col tempo diventeranno sempre più
forti. Gli farei capire quanto questa opportunità sia preziosa, in quanto permette di
familiarizzare con l’ambiente scuola, con le modalità relazionali e gestionali dei docenti, con
tutto ciò che riguarda il lavoro dell’insegnante, mantenendoci in un ambiente protetto. Oltre
a ciò, direi ad una collega di cercare di far fruttare al massimo ogni ora che passa a scuola, gli
direi di farsi spiegare tutti i progetti, le attività, di partecipare a più laboratori, riunioni e
occasioni formative che può. Gli consiglierei di documentarsi, segnarsi i nomi dei libri e degli
articoli che lo incuriosiscono, e di chiedere sempre quello che non sà. Inoltre suggerirei
anche, se possibile, di svolgere il tirocinio in realtà che si distinguono per qualche
caratteristica, per l’impostazione che usano, per l’indirizzo pedagogico o metodologico, come
ad esempio è successo a me quest’anno entrando in una pluriclasse. Istituzioni scolastiche di
questo tipo infatti, offrono possibilità formative molte ampie, e anche modi alternativi di
interpretare e realizzare il delicato compito della scuola.
Questo per me è il tirocinio, un’avventura, una scoperta, un percorso di crescita.
Vorrei poi ringraziare tutte le tutor che si sono succedute in questi quattro anni, per essere
state sempre disponibile, per averci sostenuto, per averci dato gli strumenti necessari per
affrontare questa emozionante avventura.
Ringrazio anche il mio gruppo di tirocinio, col quale ho condiviso momenti di formazione e
riflessione, ma anche ansie e risate.
Ringrazio anche tutti i miei tutor scolastici, che mi hanno fornito moltissimi stimoli, mi
hanno arricchita come docente e come persona. In particolare mi sento di ringraziare
Ringrazio anche tutti i bambini che ho incontrato, che con i loro sorrisi e le loro
dimostrazioni di affetto mi convincono sempre di più che questa è la strada giusta per me. In
questi anni sono cresciuta, ho vissuto molte esperienze, alcune molto positive, altre meno, ma
ho comunque acquisito degli strumenti che mi permetteranno di avvicinarmi ad una
professione che è, secondo me, la più emozionante di tutte.
Quanto a me spero di essere capace di far fruttare tutte le cose che ho imparato in modo
proficuo, e spero di avere la riflessività che mi permetta di cambiare strada o strategia qualora
fosse necessario.
Mi auguro anche di diventare una maestra che operi con amore e con sentimenti di
cura,riguardo, gentilezza e attenzione, con lo scopo di far vivere ai bambini la scuola come lo
spazio del loro potenziale migliore.
Vorrei creare nella mia classe un clima di serenità, senza paura o vergogna, dove regni il
sentimento di amicizia e di comprensione tra tutti. Vorrei essere una maestra sicura di se
stessa che renda sicuri anche i suoi alunni.
“Le nozioni si fissano insieme alle emozioni: se un bambino impara con gioia, la lezione si
inciderà nella memoria insieme alla gioia. Se impara con noia, paura e ansia si attiverà l’alert:
“Scappa da qui, perchè ti fa male””27

27
Daniela Lucangeli. Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere.
SITOGRAFIA
DON MILANI Lavoro, Istruzione, Formazione
https://www.icdonmilanikr.it/autovalutazione-insegnanti/

Scintille. L’ autovalutazione dell’insegnante come fattore di crescita e di cambiamento di


Riccarda Viglino
https://scintille.it/l-autovalutazione-dell-insegnante-come-fattore-di-crescita-e-di-cambiament
o/

OPPInformazioni, 96 (2005) Andrea Varani La costruzione dell'identità professionale.


https://oppi.it/wp-content/uploads/2014/02/OPPInformazioni-96-2005-Varani-Identit%C3%A
0-professionale.pdf

Le competenze professionali del docente. Luisa Treccani


https://www.luisatreccani.it/competenze-professionali-docente/

A.Secchella. perchè è importante progettare


http://www.edu.lascuola.it/News/Riviste/articoloSDID_6.pdf

Indicazioni Nazionali per il curriculum


http://www.scuolagiuntini.it/wp-content/uploads/2021/01/Indicazioni_Nazionali_curricolo_2
012.pdf

Le competenze degli insegnanti. Rita Ciambrone


http://competenzedocenti.it/Documenti/le_competenze_degli_insegnanti_-_Rita_Ciambrone.
pdf
BIBLIOGRAFIA

Rossella Cramarossa, Oriella Innocenti, Cinzia Rosselli, La professione docente: funzione


educativa, culturale, etica, sociale

Blandino, G. (2008). Quando insegnare non è più un piacere. La scuola difficile, proposte per
insegnanti e formatori. Milano: Raffaello Cortina

Progettare per competenze. Mario Castoldi.

Daniela Lucangeli. Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere.


Corso di laurea Scienze della Formazione Primaria-RUBRICA AUTOVALUTATIVA (ALLEGATO F)
Studente___Marta Barbabietola__Matricola__295341___anno accademico___2020-2021_

COMPETENZA DIMENSIONI INDICATORI


QUALITA' DELLA PRESTAZIONE

ottimo/ distinto/ buono/ sufficiente/prin


eccellente esperto praticante
ci piante

Consapevolezz Deontologica Assunzione di È È consapevole È consapevole Fatica ad


a della propria responsabilità Rispetto di consapevol del proprio del proprio assumere il
identità accordi, impegni, tempi, e del ruolo e sa ruolo ma proprio ruolo
professionale orari, attività proprio assumerlo necessita di nonostante la
Rispetto della privacy e ruolo e sa mediazione da mediazione da
cura dei dati sensibili. assumerlo parte del tutor parte del tutor
Rilettura del proprio ruolo con coordinatore e coordinatore e
attraverso l'interpretazione autonomia del tutor del tutor
critica della normativa e spirito di d'aula d'aula
vigente. iniziativa
Riconoscimento dei propri
bisogni formativi ed
individuazione di azioni di
miglioramento-sviluppo
della professionalità.
X
Conoscenza e rispetto del
progetto di tirocinio.

Progettazione Progettuale Osservazione del contesto. Progetta in Progetta il Progetta il Fatica a


realizzazione Scelta e utilizzo di forma proprio proprio progettare il
valutazione di strumenti e strategie più autonoma il intervento intervento proprio
interventi adeguati al percorso proprio nell'ottica nell'ottica intervento
didattici previsto (discussione, intervento dell'inclusione dell'inclusione nell'ottica
contestualizzat simulazione, lavoro nell'ottica , tenendo tenendo conto dell'inclusione
i cooperativo, peer tutoring, dell'inclusio conto delle solo nonostante le
lezione rovescita) Scelta ne, in indicazioni parzialmente indicazioni
critica e utilizzo di coerenza fornite dal delle fornite dal
tecnologie multimediali con le tutor indicazioni tutor
funzionali al percorso osservazion coordinatore fornite dal coordinatore e
didattico. i elaborate e dal tutor dei tutor dal tutor dei
Conduzione del lavoro nel tirocinanti e coordinatore e tirocinanti e
d'aula Gestione della contesto e delle dal tutor dei delle
progressione degli con il osservazioni tirocinanti e osservazioni
apprendimenti nel rispetto lavoro del elaborate nel delle elaborate nel
degli tutor dei contesto osservazioni contesto
stili e delle modalità di tirocinanti elaborate nel
apprendimento degli alunni contesto
Riflessione sugli interventi
didattici realizzati e
autovalutazione.
Introduzione dei necessari
riorientamenti all'azione
sulla base dei feed-back
X
degli alunni. Costruzione di
strumenti di
verifica-valutazione
congruenti con il progetto
didattico realizzato

Gestione della Relazionale/ Padronanza dei diversi Individua Individua su Individua con Individua con
relazione e dei Comunicativa codici comunicativi autonoma richiesta del la mediazione fatica le
processi Costruzione di modalità men te le tutor le del tutor le modalità
comunicativi relazionali efficaci nella modalità modalità modalità (linguaggi-
classe/ sezione con i pari; (linguaggi- (linguaggi- (linguaggi- atteggiamenti
con i tutor dei tirocinanti; atteggiame atteggiamenti atteggiamenti ) più efficaci
con le famiglie con il nti) più ) più efficaci ) più efficaci per entrare in
personale scolastico ( efficaci per per entrare in per entrare in rapporto con
Dirigenti, collaboratori, entrare in rapporto con rapporto con l'altro nelle
esperti, segreteria) con il rapporto l'altro nelle l'altro nelle diverse
tutor coordinatore; con il con l'altro diverse diverse situazioni
tutor organizzatore nelle situazioni situazioni nonostante la
Gestione delle emozioni diverse mediazione
situazioni del tutor

X
Documentazio Metariflessiva Elaborazione di una Rilegge Rilegge su Rilegge con la Fatica a
ne e / documentazione corretta autonoma richiesta del mediazione rileggere la
rielaborazione Documentativ dal punto di vista men tutor la del tutor la propria
dell'esperienza a ortografico e sintattico te la propria propria esperienza
in chiave Utilizzo di un linguaggio propria esperienza, esperienza, e ad
professionale professionale esperienza evidenziando evidenziando evidenziare le
Fluidità e chiarezza in modo nel portfolio le nel portfolio le competenze
espositiva Originalità e critico, competenze competenze professionali
rielaborazione in chiave evidenziand raggiunte professionali nonostante la
personale o nel attraverso un con un lessico mediazione
Metariflessione portfolio le lessico non sempre dei tutor
sull'esperienza competenz professionale appropriato
(insegnamenti- laboratori- e raggiunte
tirocinio diretto/ indiretto) attraverso
un lessico
professiona
le

data_____ Firma Tutor coordinatore____________ Firma Tutor organizzatore__________


ALLEGATO A

Diari di bordo
DIARI DI BORDO SCUOLA PRIMARIA: 17/05/2021
FOCUS: LA PLURICLSSE
Come d’accordo con la tutor inizia il tirocinio diretto nella scuola primaria il 17 maggio alle ore 8:00.
A primo impatto, la scuola vista dall’esterno sembrava essere una grande abitazione, solo la bandiera Italiana e
la targa vicino alla porta principale mi fecero capire che quello fosse il plesso dove avrei svolto le ore di
tirocinio diretto. Mi aprì la porta una signora del personale ATA che mi diresse verso la classe dove si trovava la
mia tutor. I bambini inizialmente non fecero caso al mio ingresso e continuavano a chiacchierare. La tutor mi
accolse con grande entusiasmo, disse ai bambini di riguardare i compiti e intanto iniziò a parlare con me del
contesto classe.
Quando mi disse che la classe era una pluriclasse mi venne spontaneo chiederle cosa volesse intendere con quel
termine visto che nel mio percorso di studi non avevo ancora mai sentito parlare di questa tipologia. Lei mi disse
che a causa dei pochi iscritti non era possibile creare delle classi eterogenee ed erano costretti a unire due o tre
classi in una unica. Infatti la pluriclasse I e II contava 14 alunni di cui 10 di prima e 4 di seconda. Lo stesso per
la pluriclasse III - IV - V, tutte unite in un'unica classe.

Prima di iniziare le attività ho ipotizzato diversi aspetti sia negativi che positivi a cui potrebbe andare incontro
un’insegnante all’interno di una pluriclasse. Ho supposto che il carico di lavoro dell’insegnante sia maggiore
rispetto a quello previsto per una monoclasse e che non sia facile nemmeno l’organizzazione e programmazione
in quanto devono tenere conto dell’età degli allievi e delle competenze da sviluppare e raggiungere.
Mettendomi nei panni dell’insegnante, senza ancora vedere le metodologie messe in atto ho ipotizzato che
l’organizzazione segua due tendenze maggiormente applicate: la prima è quella di mantenere unito il gruppo
classe, svolgendo talvolta lavori di gruppo, dove alcuni allievi si troveranno a lavorare autonomamente e altri
invece con il docente; la seconda prevede invece di dividere il gruppo classe, portando alcuni gruppi fuori
dall’aula per svolgere alcune lezioni in modo più tranquillo.

Quando condivisi con la tutor la mia prima idea sull’organizzazione della classe lei mi interruppe subito
dicendomi che in quel periodo non poteva essere possibile dividere la classe in piccolo gruppi per farli lavorare
insieme, in quanto, non avrebbero mantenuto le opportune distanze di sicurezza.

Infatti secondo quanto riportato dal documento “Piano Scuola 2020/2021” emanato dal Ministero
dell’Istruzione, si legge che: In particolare, con riferimento alle
indicazioni sanitarie sul distanziamento fisico, si riporta di seguito l’indicazione letterale tratta dal verbale
della riunione del CTS tenutasi il giorno 22 giugno 2020:
«Il distanziamento fisico ( inteso come 1 metro fra le rime buccali degli alunni), rimane un punto di primaria
importanza nelle azioni di prevenzione...»
La tutor poi mi disse che secondo lei la pluriclasse non era un fattore di ostacolo ma, mi confidò secondo la sua
esperienza che i bambini con difficoltà non erano agevolati e non ricevono le attenzioni dovute. Nella classe
sono presenti quattro bambini con bisogni educativi speciali: due bambini della classe prima, A. con deficit di
attenzione e iperattività, mentre F. si suppone sia affetto da una forma di autismo; tutti e due sono in via di
diagnosi. Mentre gli altri due bambini della classe seconda con bisogni educativi speciali sono I. e D.: I. è una
bambina straniera e ha uno svantaggio linguistico mentre D. si suppone sia dislessico ma ancora non
diagnosticato.

infatti come si legge dal documento LINEE GUIDA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO DEGLI ALUNNI E
DEGLI STUDENTI CON DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO: “Come è noto, la diagnosi di DSA
può essere formulata con certezza alla fine della seconda classe della scuola primaria. Dunque, il disturbo di
apprendimento è conclamato quando già il bambino ha superato il periodo di insegnamento
della letto-scrittura e dei primi elementi del calcolo. Ma è questo il periodo cruciale e più
delicato tanto per il dislessico, che per il disgrafico, il disortografico e il discalculico.”

Nel frattempo, nella classe regnava il caos. Dopo la lunga chiacchierata mi sedetti vicino la cattedra e dopo
qualche minuto mi presentai alla classe. Tutti mi ascoltavano in silenzio incuriositi e al termine, ad alzata di
mano, mi fecero tantissime domande: “Ma quindi anche tu vai a scuola?” “Ma che cos’è l’università ?” “Ma
anche tu fai i compiti a casa ??”
Dopo aver risposto a tutte le domande mi accomodai in una piccola sedia e iniziò la lezione, erano le ore 9.00
L’insegnante domandò ai bambini cosa avessero fatto nel weekend. Uno ad uno, ad alzata di mano,
rispondevano entusiasti raccontando la propria giornata. L’attenzione si soffermò sul racconto di Niccolò:
“....poi la sera abbiamo mangiato le GONDOLE!”
La maestra allora scrisse alla lavagna due parole: vongole e gondole e chiese a Ilias (bambino della prima) di
dividerle in sillabe. Dopo aver trovato il significato delle due parole Niccolò si rese conto da solo dell’errore
appena commesso e disse: “Maè, è veroooo, si chiamano vongole non gondole!!”
Poi la tutor chiese a un bambino di seconda ,Thomas, di dirle invece se i due nomi fossero nomi comuni o nomi
propri. Domandò poi a una bambina di prima, Cloe, di dirle che azione potevano svolgere le gondole e gli
chiese di costruire una frase. Dopo aver scritto la frase, la maestra chiese a un alunno di seconda di scrivere
delle espansioni, e infine, di trovare degli aggettivi sia per il nome gondola che per il nome vongola.

Sono rimasta piacevolmente colpita dalla flessibilità messa in atto dall’insegnante nell’effettuare questo
ripasso. Partendo dal racconto dei bambini, è riuscita a mantenere alta la loro attenzione mettendo in atto
un’attività che ha permesso la conoscenza reciproca per entrambe le classi.
La lezione finì alle ore 10:15 con l’inizio della ricreazione.

DIARIO DI BORDO SCUOLA PRIMARIA: 21/05/21


FOCUS: ADHD
Nel primo incontro, presa dall'entusiasmo e dalla novità del nuovo contesto classe, non mi sono soffermata ne
sullo studio del setting educativo ne sulla reazione che i bambini hanno tra di loro.
Alle ore 8:15 varco l’ingresso della scuola.
Quando entrai in classe per la seconda volta i bambini erano molto felici di vedermi e io li salutai con un grande
sorriso. L’insegnante che avrei affiancato queste tre ore non era la mia tutor ma la maestra di matematica e
inglese. Ci presentammo e poco dopo iniziò la lezione.

SETTING: La classe è molto spaziosa, sono presenti tre finestre che illuminano bene la stanza. Alle pareti sono
appese tre lavagna: la LIM disposta nella parete vicino la cattedra, davanti ai bambini, l’altra lavagna appesa
lateralmente e l’ultima è situata nella parete a cui i bambini danno le spalle. Penso che tutte queste lavagne
servano alle insegnanti nel momento delle spiegazioni, quando devono organizzare due argomenti diversi. Le
pareti dell’aula sono dipinte di giallo e sono abbellite da diversi poster e cartelloni che raffigurano le quattro
stagioni, le lettere e i numeri appresi dagli alunni durante i mesi precedenti al mio arrivo. I banchi sono staccati
l’uno dall’altro e sono disposti in quattro file parallele. La cattedra non è centrale ma posizionata attaccata alla
parete.
A proposito di questo riporto una frase di Mario Castoldi (Didattica Generale, Mondadori, 2010) “il setting
formativo nel suo insieme veicola un determinato modello pedagogico che, proprio in quanto agito piuttosto che
espresso attraverso parole, incide in modo profondo sul processo formativo e sui suoi significati.” Fondamentale
quindi risulta essere la connessione tra setting e relazione educativa, anche se in questo specifico anno
scolastico, le aule si sono dovute adattare alle norme vigenti di sicurezza a causa della pandemia, tralasciando
l’importanza che riserva questo aspetto.

La lezione iniziò alle 8:25, i bambini erano seduti ognuno al proprio posto, con il quaderno già aperto e colla e
forbici tra le mani. Questo loro comportamento mi fa capire che con questa insegnate sono soliti lavorare con le
schede. L’insegnante infatti dopo pochi secondi iniziò a passare le schede alla classe.
I bambini di prima avevano una scheda di ripasso delle addizioni da 0 a 20 con la linea dei numeri, mentre i
bambini di seconda avevano una scheda con diverse moltiplicazioni da fare il colonna.
Mentre i bambini compilavano le schede chiesi all’insegnante se aveva preparato del materiale diverso per i
bambini che possiedono un il PDP “piano didattico personalizzato”.

Riporto di seguito la definizione di Piano Didattico Personalizzato presa dal sito del Ministero dell'istruzione
:”È chiamato in questo modo il documento di programmazione con il quale la scuola definisce gli interventi che
intende mettere in atto nei confronti degli alunni con esigenze didattiche particolari ma non riconducibili alla
disabilità (in caso di disabilità, come è noto, il documento di programmazione si chiama PEI, Piano Didattico
Individualizzato, ben diverso per contenuti e modalità di definizione)”

Lei mi disse che F. (bambino con deficit intellettivo) aveva già con sè un foglio di supporto con la linea dei
numeri che poteva consultare in qualsiasi momento e aveva comunque ridotto il numero di addizioni, scritte a
caratteri più grandi. Invece per A. il bambino con deficit dell’attenzione e iperattività non aveva apportato
nessuna modifica, in quando mi disse che in era un bambino molto intelligente e anzi, a volte era più veloce dei
compagni.
Per gli altri due bambini invece mi disse che non c’era bisogno di nessuna modifica in quando il bambino con
dislessia risultava essere allo stesso livello degli altri compagni di seconda e la bambini con svantaggio
linguistico sapeva lavorare molto bene sulle operazioni.
Durante la svolgimento delle schede l’insegnante si mise vicino al bambino con deficit intellettivo e la mia
attenzione fu attirata dal comportamento di A.
Durante la compilazione delle schede A. si alzava spesso dalla sedia e disturbava i bambini seduti vicino a lui
scarabocchiando le loro schede o scrivendo sul loro banco. Quando invece si concentrava sul foglio la sua
attenzione è molto limitata in termini di tempo. Mentre tutti erano in silenzio concentrati sullo svolgimento lui,
disturbava la classe leggendo ad alta voce le addizioni e chiedendo ai compagni di dirgli il risultato. Andava in
continuazione verso l’insegnante e chiedergli ripetutamente cosa avrebbero fatto dopo. Per tutto il tempo
l’insegnante tendeva ad ignorare i comportamenti di A., ignorava anche le lamentele dei compagni aiutando
invece chi alzava la mano. Per attirare l’attenzione dell’insegnante A. usciva spesso dalla classe senza chiedere
il permesso e veniva riportare in classe dal personale ATA. L'insegnante ancora ignorava il suo comportamento e
lui diventava sempre più irascibile.
I compagni invece, ormai abituati ai continui disturbi di A. lo mandavano via ogni volta che si avvicinava a loro.
I suoi vicini di banco che erano davanti e dietro a lui si lamentavano in continuazione con la maestra. Solo una
bambina, che poi ho capito essere sua cugina, gli diceva di stare fermo e di finire il compito.

La correzione delle schede fu molto veloce, si iniziò con la classe prima, ad uno ad uno i bambini leggevano i
risultati e lo stesso fecero i bambini di classe seconda.
Al posto dell'insegnante, io avrei corretto le operazioni mandando i bambini alla lavagna e avrei fatto spiegare
ad ogni alunno i passaggi messi in atto per arrivare al risultato

Alle ore 9:20 la maestra diede alla classe un’altra scheda sulla scia di quelle che aveva consegnato prima,
usando sempre le stesse accortezze per i bambini con PDP.
A . sembrava non riuscire a sostenere quel carico di lavoro, la sua attenzione era ormai giunta al termine e, la
maestra, a quel punto spazientita, si spostò vicino a lui e gli disse di finire la scheda perchè altrimenti dopo la
ricreazione sarebbe rimasto in classe.
Il comportamento di A. durante tutta il corso della lezione non cambiò, continuava ad alzarsi, disturbare i
compagni e l'insegnante, come sempre, rimase accanto al bambino con difficoltà.
Dopo la ricreazione, visto il bel tempo, la maestra portò la classe in cortile per tutta la terza ora e così si
concluse la mia seconda giornata di tirocinio.

Nel documento “LINEE GUIDA DEL TRATTAMENTO COGNITIVO COMPORTAMENTALE DEI


DISTURBI DA DEFICIT DELL’ATTENZIONE CON IPERATTIVITÀ (ADHD) sono elencate le
caratteristiche del comportamento dei bambini con tale disturbo. Dopo un’attenta lettura del documento riporto
gli aspetti che ho potuto riscontrare in A.
1) “ ATTENZIONE: …...i bambini con ADHD presentano problemi attentivi soprattutto in compiti che
richiedono l’applicazione di processi altamenti controllati, soprattutto per lo svolgimento di compiti
prolungati nel tempo o in attività che richiedano una discreta dose di flessibilità cognitiva e uso di
strategie.
2) “IPERATTIVITA’ : Il termine iperattività si riferisce a un eccesso di movimenti, anche secondari,
irrilevanti rispetto al compito (es. agitazione) o grandi movimenti che riguardano il corpo (es.
irrequietezza) e non sono determinati da una predisposizione del soggetto alla motricità (Taylor 1994).
Alcuni studiosi, utilizzando le misurazioni meccaniche dei movimenti di bambini iperattivi, hanno
dimostrato che questi bambini fanno più movimenti di quelli non iperattivi (Taylor et al. 1991).

Ho riscontrato il A. questi due tipi di atteggiamento che ho visto essere caratteristiche principali nel suo
comportamento. Nel percorso di studi universitario, in diverse occasione, abbiamo approfondito il tema
dell’ADHD, mi viene in mente il corso di Psicologia dell’Educazione, Neuropsichiatria Infantile, Pedagogia
Speciale, e per questo è stato abbastanza facile individualizzare questo disturbo. Allo stesso tempo però mi è
dispiaciuto vedere come l'insegnante non avesse attuato nessuna degli interventi o strategie studiate.
Sicuramente anche IGNORARE è considerata una strategia efficace quando il comportamento del bambino con
ADHD è fastidioso, ma non è dannoso per l’alunno o per gli altri allora si può ignorare. Ma al tempo stesso
penso che ci possano essere molte altre strategie più efficaci che il team docenti può mettere in atto.
Sicuramente ne parleò con la mia tutor il prossimo incontro.

DIARIO DI BORDO SCUOLA PRIMARIA: 28/05/2021


FOCUS: LA MIA UDA
Verso le 8:15 entrai in classe, ero pronta per mettere in atto la mia unità di apprendimento. Anche quel giorno
ero affiancata dall’insegnante di matematica e inglese che mi chiese se poteva rubarmi la prima mezz’ora in
quando doveva finire di spiegare un argomento alle due classi. Io ovviamente accettai.
L’insegnante diede alla classe prima una scheda dicendogli di finirla in poco minuti perchè dopo avrebbe
spiegato loro il nuovo argomento e nel frattempo, si dedicò alla classe seconda.
Aprì il libro digitale dalla LIM e disse a tutti i bambini di andare alla pagina delle “DIVISIONI CON IL
RESTO”. La maestra svolse prima l’esercizio: erano raffigurate 10 caramelle e la consegna chiedeva di
raggrupparle in gruppi da 3, ovviamente rimaneva fuori una caramella. Dopo questo esercizio l’insegnante
scrisse alla lavagna la spiegazione che gli alunni dovevano scrivere sul loro quaderno: “La divisione non è
esatta, quando alcuni elementi rimangono fuori dai gruppi. Il resto r è il numero degli elementi rimasti fuori.”
Dopo aver scritto la spiegazione, ai bambini venne consegnata la scheda con diversi esercizi relativi al nuovo
argomento.
La maestra passò poi alla classe prima, la scheda appena fatta dai bambini non è fu corretta e si passò subito alla
spiegazione. Alla LIM viene esposta la pagina del libro dove avrebbero lavorato. L’argomento era “Leggo e
memorizzo come cambiare le unità con la decine”. Nella pagina era raffigurato un abaco con 10 palline blu e
vicino a lui una freccia che indicava un altro abaco con una pallina rossa. La maestra legge la spiegazione sul
libro e poi fa scrivere ai bambini sul loro quaderno “Cambio dieci (pallina blu) con una (pallina rossa) perchè 10
unità formano una decina.” Chiede alle due classi se tutti avevano capito e fornisce loro delle schede da fare per
casa per la prossima volta. Nel frattempo che riordinava la cattedra per farmi spazio mi disse che aveva trattato
l’argomento in modo sbrigativo perchè in realtà questi argomenti erano già familiari ai bambini.

Se l'insegnante non mi avesse precisato la famigliarità che avevano i bambini con questi argomenti sarei
rimasta interdetta dalla metodologia di spiegazione. Durante la spiegazione mi accorsi che F. (bambino con
deficit intellettivo) era in difficoltà: guardava la lavagna con occhi assonnati e non aveva iniziato nemmeno la
scheda. Mi misi vicino a lui e lo aiutai. Il bambino mostra evidenti difficoltà nello svolgimento del compito, ha
bisogno a mio avviso di un sostegno che lo affianchi per la maggior parte delle ore. Insieme riuscimmo a
completare metà della scheda, io gli spiegai diverse volte come fare, e cercai di fargli esempi pratici per
facilitare l’esercizio.
La maestra a questo proposito mi disse che finchè F. non riceverà una diagnosi non sarà possibile affiancargli
l’insegnante di sostegno.

Erano le 8:45 quando iniziai la mia attività.


Per prima cosa elencai ai bambini il programma della mattinata comunicandogli che per prima cosa avremmo
inventato insieme una storia ambientata sullo spazio e al termine di questo, sarà consegnata loro una scheda
molto divertente. Per creare e enfatizzare il clima spaziale abbassai leggermente le serrande e misi alla LIM
un’immagine che raffigurava lo spazio a schermo intero.
I bambini erano entusiasti ma prima di iniziare gli dissi però che dovevano rispettare una regola importantissima
che scrissi nella lavagna laterale “se voglio parlare alzo la mano e aspetto che la maestra mi chiami”.
Presi la parola per prima e lessi loro l’inizio della storia: “C’era una volta un robot che abitava solo soletto sulla
luna. Il suo nome era….(nome da inventare insieme )
Un giorno …..si sentiva talmente solo che decise di……...”
Dopo questa mia piccola introduzione i bambini alzavano continuamente la mano, io cercavo di rispettare
l’ordine della fila. La storia fu costruita piano piano, ogni volta che un bambino aggiungeva un pezzo a
votazione si decideva se andava bene o era da cambiare. Io indirizzavo la storia con delle domande guida poiché
per lo svolgimento corretto della mia uda la storia doveva avere: un aiutante e una situazione problematica che
non poteva essere risolta subito ma che sarebbero stati loro ad immedesimarsi nella storia e aiutare il
protagonista. Per indirizzare la storia interrompevo le continue idee della classe: “Ok il robot è su Marte, cosa
fa ? chi incontra ?” “Robot deve tornare a casa, ma c’è un problema, inventiamolo!!” Quando tutti gli elementi
della storia furono trovati io interruppi il racconto poichè lo avrebbero portato a termine loro durante l’ultima
attività.

Dopo aver inventato la storia, consegnai alla classe due schede che avevo preparato.
*Ovviamente prima di scegliere queste attività mi confrontai con l’insegnante che mi confermò che i bambini
già avevano familiarità con il reticolo
La classe prima aveva un reticolo con a lato delle lettere e dei numeri. Sotto il reticolo era presente una legenda
che indicava di che colore doveva essere colorato il riquadro in cui si incontravano la colonna della lettera e la
riga del numero.

Per il bambino con deficit intellettivo per rendere meno difficoltoso e dispendioso il compito preparai una
scheda con le prime quattro righe di numeri già colorati.

Per la classe seconda invece ho creato con il programma “Zaplycode” questo disegno con la tecnica della
PIXEL ART

Gli alunni furono entusiasti per le attività proposte, e appena gli consegnai la scheda iniziarono a lavorare con
eccitazione e euforia. Non c’è stato il bisogno di spiegare lo svolgimento delle due schede perchè i bambini già
sapevano come farlo. Mi meravigliai del silenzio che regnava in classe, anche da parte di A.
Ad alcuni bambini della prima dovetti riconsegnare il foglio più volte.

Criticità delle attività proposte.


Ho incontrato diverse criticità durante lo svolgimento delle attività. Per quanto riguarda l’elaborazione della
storia, i bambini erano troppo entusiasti e la tendeza era quella di parlare tutti insieme. Ci sono voluti diversi
richiami, anche da parte dell’altra insegnante per riportare la calma.
Per l’attività con le schede, mi sono resa conto solo alla fine di non aver calcolato bene le tempistiche; pensavo
che in mezz’ora i bambini sarebbero riusciti a finire il reticolo e la pixel art invece così non è stato ed ho dovuto
chiedere se potevano finire il lavoro a casa.

DIARIO DI BORDO SCUOLA PRIMARIA: 31/05/2021


FOCUS: LA MIA ATTIVITà
Come sempre alle ore 8:15 sono entrata in classe. Finalmente oggi ho affiancato la mia tutor, che mi ha lasciato
le sue due ore per continuare la mia attività.
Come la scorsa volta, prima di iniziare, ho elenco agli alunni quello che avremmo fatto oggi.

Questa strategia, mi ricordo di averla letta, nel libro “ADHD a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti”
studiato per l’esame di Psicologia dell’educazione. Più precisamente recita così: “Bisogna all’inizio della
giornata chiarire subito quale sarà il programma e cosa ci si aspetterà dall’alunno. Il soggetto con ADHD in
questo modo è messo nella condizione di capire che l’energia che “sente dentro” non è negativa, ma che questa
deve essere finalizzata e calibrata alla realizzazione di compiti precisi”.
Effettivamente il comportamento di A. durante lo scorso incontro, era molto più controllato.

Dopo aver distribuito il testo a tutti, abbiamo iniziato la lettura ad alta voce partendo dal bambino seduto al
primo banco della prima fila.
Il testo per il bambino con dislessia, per la bambino con svantaggio linguistico e per il bambino con deficit
intellettivo è stato scritto in stampato usando un carattere più grande.
La lettura dei bambini di prima era abbastanza fluente, scorreva bene, e tutti erano attenti a tenere il punto.
Avevano difficoltà però a rispettare i segni di punteggiatura. Il bambino con deficit intellettivo invece riusciva a
leggere solo le sillabe.
La lettura dei bambini di seconda invece era molto più fluida.
Il bambino con dislessia tendeva a scambiare e invertire le sillabe e sostituiva spesso le lettere m con n, b con d;
era molto lento nella lettura. La bambina con svantaggio linguistico invece leggeva molto lentamente.
Testo della storia:
LA NAVICELLA PERDUTA
C’era una volta un robot che abitava tutto solo soletto sulla luna. Il suo nome era Robotconfuso.
Un giorno Robotconfuso si sentiva talmente solo che decise di esplorare nuovi pianeti per trovare
qualche amico con cui giocare.
Con la sua navicella spaziale il robot partì alla scoperta dell’universo e atterrò su un pianeta
chiamato Marte.
Robotconfuso, preso da tanta curiosità e felicità, lasciò in fretta e furia la sua navicella vicino
ad una roccia, senza legarla, e corse alla ricerca di nuovi amici.
Dopo un lungo cammino incontrò finalmente un individuo un po’ strano. Era alto come lui, magro e
la pelle era di colore verde; aveva una testa grandissima, sei occhi, due bocche, tre nasi e
quattro lunghe braccia.
L’individuo strano rivelò a Robotconfuso di essere un alieno e che il suo nome era Alien. Dopo aver
fatto amicizia i due iniziarono a giocare con la sabbia: costruirono castelli, scavarono buche……...
Quando il cielo iniziò a farsi sempre più scuro Robotconfuso dicise di tornare a casa sulla luna
ma………….
LA NAVICELLA SPAZIALE ERA SPARITA!!!!!!!
Alien gli disse di non preoccuparsi perchè lo avrebbe aiutato.

Sapendo delle difficoltà nella lettura per alcuni di loro, ho scelto la lettura ad alta voce più volte, in modo tale
che tutti potevano comprendere il racconto.
Dopo aver letto diverse volte il testo, ho consegnato ai bambini un piccolo questionario con domande a risposta
chiusa, incentrato sulla comprensione della storia appena letta.
Anche in questo caso ho scelto di scrivere solo domande con risposte chiuse in modo da permettere a tutti il
completamento della scheda.
Le schede erano ovviamente diverse per la classe prima e seconda, calibrate in base ai loro diversi programmi.
DOMANDE PER LA CLASSE PRIMA:
1)Perchè Robotconfuso parte per l’universo?
perchè vuole vedere nuovi pianeti
perchè vuole trovare nuovi amici
perchè non gli piance più stare sulla luna

2) Perchè la navicella vola via?


Perchè Robotoconfuso si era dimenticato di legarla
Perchè la navicella è stata rubata
Perchè si era rotta

3) Chi incontra sul Pianeta Marte Robotconfuso ?


Un vecchio amico
Un alieno
un mostro spaventoso

4)Cosa gli dice alla fine Alien a Robotconfuso ?


Gli dice che doveva lasciare il suo pianeta
Gli dice che non lo avrebbe aiutato
Gli dice di non preoccuparsi perchè lo avrebbe aiutato lui.

DOMANDE PER LA CLASSE SECONDA:

1)Secondo te questo racconto è:


realistico
fantastico
3) Chi è il protagonista della storia?
Alien
la navicella
Robotconfuso

4) Numera gli avvenimenti da quello che accade prima fino a quello che accade per ultimo.

Robotconfuso e Alien giocano con la sabbia


Robotconfuso lascia la navicella senza legarla
La navicella di Robotconfuso è sparita
Robotconfuso incontra Alin
Robotconfuso parte per trovare nuovi amici

5) Sottolinea nel testo con il colore rosso la parte in cui viene descritto Alien.

Gli alunni hanno completato la scheda abbastanza velocemente. Al bambino con deficit intellettivo la maestra
ha letto direttamente la domande e a lui era lasciato il compiti di individuare la risposta giusta senza aiuti.
Dopo aver completato il questionario, con l’aiuto della mia tutor, ho consegnato ai bambini i computer.
Durante il primo incontro la tutor mi disse che questa scuola era molto tecnologica in quanto due anni fa
avendo vinto un PON sono stati comprati 25 computer portatili.
Riporto la definizione di PON presa dal sito “istruzione.it”: Il Programma Operativo Nazionale (PON) del
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, intitolato “Per la Scuola - competenze e ambienti per
l’apprendimento”, finanziato dai Fondi Strutturali Europei contiene le priorità strategiche del settore istruzione
e ha una durata settennale, dal 2014 al 2020. Punta a creare un sistema d'istruzione e di formazione di elevata
qualità, efficace ed equo offrendo alle scuole l’opportunità di accedere a risorse comunitarie aggiuntive rispetto
a quelle già stabilite dalla “Buona Scuola”.

I bambini alla vista del computer hanno iniziato ad urlare, saltare in piedi, e non vedevano l’ora di metterci le
mani. La tutor, molto arrabbiata, li ha richiamati all’ordine.
Insieme poi abbiamo distribuito i computer agli alunni con la pagina di paint già aperta.
In quel momento mi è venuta un’idea: invece che fargli disegnare semplicemente una scena della storia, ho
chiesto loro di disegnare l’alieno, ma per farlo dovevano seguire minuziosamente la descrizione riportata nel
testo.
Ho riportato allora alla lavagna la descrizione dell’alieno.
A F. invece è stata letta più volte.

Anche in questo caso non avevo calcolato bene i tempi in quanto solo pochi di loro sono riusciti a finire il
disegno su paint.

DIARIO DI BORDO SCUOLA PRIMARIA: 04/06/2021


Come sempre, ma per l’ultima volta come tirocinante, sono entrata in classe alle 8.15.
Mi ha accolto la mia tutor e anche tutta la classe con un grande “BUONGIORNOOO” corale. Anche loro
sapevano che oggi era l’ultimo giorno che avremo passato insieme, e un po’ ci dispiaceva a tutti.
Prima di iniziare la lezione ho detto hai bambini che oggi era il grande giornoe che avremmo finalmente aiutato
Robotconfus a ritrovare la navicella perduta. “Evvivaaaa, Siiiiii…!!!!”
“Prima però ci dobbiamo esercitare ad essere dei bravi aiutanti e a indicare la strada giusta che Robot confuso
deve seguire!” In questo modo aveva attirato la loro attenzione e in classse regnava uno strano silenzio
incuriosito.
Senza aggiungere altro ho acceso la LIM e ho aperto una piattaforma
(https://www.liveworksheets.com/search.asp?content=Destra+e+sinistra) che conteneva diverse schede digitali
per ripassare i diversi concetti topologici.

Ho deciso di farla alla LIM perchè ho visto quanto i bambini sono maggiormente attratti e maggiore risulta
essere anche il loro coinvolgimento.

Con soropresa però mi sono accorta che, in realtà, i concetti di destra e sinistra erano stati assimilati solo da
pochi bambini, la maggior parte della classe ancora faticava a destinguire le due parti.
Presa un po’ dal panico, ho chiesto aiuto alla tutor che mi ha consigliato di fare dei piccoli giochi pratici e
concreti senza usare la LIM. Inoltre si è scusata dicendomi che l’insegnante di geografia gli aveva detto che
erano diventati bravissimi sulla lateralizzazione.
Visto che non avevo nulla di pronto ho chiesto ai bambini di posizionare delle matite colorate sul banco,
l’astuccio, la gomma e il diario e ho iniziato a dare dei comandi: “Prendete la penna blu con la mano destra.”
“Con la mano sinistra prendete il diario” “Con il piede destro fate un piccolo rumore”.... e così via….
Dopo svariate prove seguite da correzioni, sembrava avessero capito meglio i due concetti e così siamo passati
alla costruzione del materiale.
Mi sono resa conto solo dopo, del troppo tempo passato, ed ho dovuto scegliere il materale da fargli fare,
escludendo purtroppo qualcosa. Ho pensato allora che il materiale più importante e essenziale per lo
svolgimento dell’attività erano le frecce e ho dovuto tralasciare sia le maschere che gli ostacoli.
Ho consegnato a ogni bambino quattro frecce, apparentemente tutte uguali, ma che se posizionate verso destra
indicavano la destra, se rivolte verso sinistra indicavano la sinistra e lo stesso per avanti e indietro. Ho fatto
colorare le frecce rosse per destra, blu per sinistra, gialle per avanti, verde per indietro
Le maschere non sono state disegnate per il poco tempo che ormai era rimasto, mentre per gli ostacoli, abbiamo
usato dei materiali che avevamo in classe. Ho chiesto ai bambini quali ostacoli avrebbe potuto incontrare
Robotconfuso nello spazio, la loro risposta era:“meteoriti, pianeti, stelle…”
Io dissi poi: “Bene allora, oggi dobbiamo essere molto bravi e lavorare di immaginazione perchè dobbiamo
prendere degli oggetti che sono qui in classe che ci facciano pensare agli ostacoli appena elencati”
Insieme abbiamo preso: un rotolo di scotch scuro, un cartone rettangolare piccolo, e altri oggetti presenti alla
cattedra.
Mentre i bambini finivano di colorare le frecce, supervisionati dalla mia tutor, io sono andata nell’altra aula per
preparare il reticolo posizionato intorno al reticolo per far sedere i bambini.
Una volta sistemata l’aula i bambini, con tutto il materiale, insieme all’insegnante, mi hanno raggiunto nell’aula
superiore.
“Maè, ma così grande non lo abbiamo mai visto….è enormee!!” rimasero stupiti dalle dimensioni del reticolo
che effettivamente ricopriva tutto il pavimento della stanza.
Insieme alla tutor abbiamo diviso in due gruppi la classe: un gruppo impersonifica l’aiutante della storia (darà
le istruzioni ) il secondo gruppo invece impersonifica il robot (che invece dovrà seguire le istruzioni date
dall’aiutante). I due gruppo si sono poi alternati.
Prima di iniziare, ho spiegato ai bambini le regole dell’attività.
1) “Si gioca in coppia. Chi fa l’alieno sceglie il punto di partenza e il punto di arrivo (dove posiziona il
disegno della navicella) e gli ostacoli.”
2) “L’alieno deve ipotizzare un percorso da far fare a Robotconfuso per raggiungere la navicella, evitando
però gli ostacoli.”
Prima di continuare ho chiesto: “ secondo voi come possiamo costruire il percorso ?”
“Con le frecce che abbiamo colorato prime” “Con le frecce” .
3) Robotconfuso invece deve posizionarsi al di fuori del punto di partenza e seguire le istruzioni
dell’alieno”
4)
Ho pensato di dividere il percorso in due fasi:
Nella prima fase l’alieno può dare i comandi in maniera sincrona, contemporaneamente allo svolgimento del
percorso: l’alieno presenta una freccia per volta al bambino.
In questa fase tutti sono riusciti a completare il percorso, anche F, che ha personificato il Robot ha saputo
seguire le istruzione dell’alieno.
Nella seconda fase invece ho voluto alzare il livello di difficoltà: le istruzioni da parte dell’alieno non saranno
date contemporaneamente ma prima di iniziare il percorso.In questo modo l’aiutante dovrà immaginare il
percorso da fare e mettere le frecce in sequenza, rispettando il colore della destra e della sinistra, senza poter
vedere il punto la posizione del Robot dopo ogni passo. Lo stesso il Robot dovrà seguire l’ordine delle frecce
posizionate.
Aumentando il livello di difficoltà i bambini della classe prima mostravano più difficoltà, Si bloccavano e non
riuscivano a ricordare a che punto erano arrivati. Io consigliavo di osservare molto bene prima il percorso scelto
dall’alieno, di memorizzarlo e poi di iniziare, ma alcuni di loro presi dalla paura di fare un passo sbagliato non
andavano avanti. Per chi non era in grado, da solo di fare il percorso l’alieno poteva leggere ad alta voce le
frecce che aveva posizionato.
Dopo aver concluso l’attività, siamo tornati in classe dove ci siamo salutati. I bambini mi hanno regalato un
cartellone grande con scritto GRAZIE MAESTRA MARTA.

Criticità delle attività proposte:


Avendo ancora difficoltà nel riconoscimento di destra e sinistra ho dovuto approfondire l’argomento e per far
questo non è stato possibile costruire tutto il meteriale che avevo pensato. F. (bambino con deficit intellettivo),
non riconosceva destra e sinistra, e non sapevo come comportarmi, come aiutarlo, in quanto non mi sentivo
preparata a fronteggiare le sue difficoltà. Nell’attività del reticolo ho pensato di attaccare al muro davanti a lui
le frecce che indicavano le direzioni, ma anche questo supporto non era d’aiuto. Ho deciso allora di affiancarlo
a un altro bambino in modo da poterlo aiutare.
ALLEGATO B

DIARI DI BORDO INFANZIA 16/04/2021


FOCUS: Clima relazionale tra alunni.
Come d’accordo con la tutor ho iniziato il tirocinio diretto venerdì 16 aprile.
Alle ore 8:00 ho varcato l’ingresso di questa piccola scuolina e subito sono stata accolta da tre bambine che,
curiose, erano uscite dalla classe per iniziare a scrutare la mia persona.
Il plesso fa parte dell’istituto comprensivo IC Cortna 2. L’edificio scolastico è situato nel centro del paesino di
Mercatale. La struttura è molto datata e comprende: un ampio salone per le attività motorie, due aule
comunicative, i servizi igienici divisi maschi e femmine, la sala mensa e una grande cucina. E’ circondata da un
giardino dove sono posizionati diversi giochi.

La tutor mi ha accolto con grande entusiasmo e mi ha presentato ai pochi bambini presenti. Mi ha subito
descritto l’unica sezione presente nel plesso, formata da diciotto bambini totali di cui dieci appartenenti alla
fascia di tre anni, quattro appartenenti a quella di quattro anni mentre quella di cinque è composta da quattro
bambini. E’ presente una maggioranza di femmine rispetto ai maschi, dodici contro sei.

Sono sempre stata una grande fautrice delle sezioni eterogenee nella scuola dell’infanzia. Penso che grazie a
esse i bambini più piccoli imparano dai più grandi e i più grandi diventano consapevoli delle conquiste
accrescendo così in loro il senso di autostima. Un fattore estremamente positivo spicca anche nella maggiore
molteplicità e diversità che i bambini possono incontrare confrontandosi. Senza neanche saperlo mettono in
atto una strategia educativa ben chiara, il peer tutoring.
I bambini più esperti si occupano di sostenere nella quotidianità, in particolare durante le routine il compagno
più piccolo. Gli aspetti sono vantaggiosi sia per il tutor che si sente importante e il tutee dal canto suo
consolida le proprie competenze, acquisisce le abilità di comunicazione e migliora la propria capacità di
risoluzione dei problemi.

«La prima separazione dei sessi, poi quella dell’età… è un errore fondamentale che dà luogo ad ogni specie di
altri errori: è un isolamento artificiale che impedisce lo sviluppo del senso sociale» M. Montessori

La tutor ha lasciato fare ai bambini attività di gioco libero. Tutti erano molto curiosi, e mi domandavano in
continuazione chi fossi, quanti anni avessi e ascoltavano le mie risposte con grande interesse. Verso le 9:20 la
maestra dopo aver formato il trenino accompagna la sezione
nella grande sala ricreativa. Due alla volta, si recano al bagno, lavano le mani e si posizionano in sala mensa
dove è presente la collaboratrice scolastica pronta con la frutta già tagliata. Sono rimasta veramente molto
stupita dall’ordine e dal silenzio che regnava durante la colazione. Mentre i bambini mangiavano silenziosi la
tutor mi confessa che oltre la distribuzione della frutta, in accordo con i genitori, ai bambini vengono dati anche
dei biscotti comprati da loro e il venerdì ciliegina sulla torta: pane e nutella.
Posso dire che questi penso siano i vantaggi di una piccola scuola di paese, dove i bambini vengono coccolati
un po’ più del dovuto.

Verso le ore 10:20 siamo tornati nella grande aule ricreativa dove, per presentarmi e conoscerli meglio ho
chiesto ai bambini di disporsi in cerchio. Io per prima tenendo il capo del gomitolo mi sono presentata, dicendo
il mio nome e cognome, chi fossi, il mio colore preferito e quello che mi piaceva fare. Ho passato poi il
gomitolo a una bambina che mi stava accanto e ho chiesto lei di fare lo stesso e di passare poi il gomitolo un
altro bambino mantenendo sempre il filo ben teso. Tutti i bambini hanno partecipato a questa attività. Quelli più
piccoli si sono limitati a dire il loro nome e il colore preferito, qualcuno anche con qualche difficoltà per la
troppa vergogna provata. Invece i “grandi” erano così felici di raccontare quello che gli piaceva fare nel tempo
libero che non finivano mai di parlare.
Ho chiesto poi a un bambino alla volta, di lasciare il filo al compagno vicino e di fare qualche passo all’interno
della ragnatela che si era formata. Ho chiamato per primi i bambini grandi per far ai piccoli come come
dovevano fare. Mi è piaciuto vedere come i grandi li aiutavano: abbassavano il filo quando vedevano che le
gambine dei piccoli erano troppe corte e allungavano la mano fornendogli un ulteriore appoggio per non farli
cadere.

Dopo questo momento la tutor ha organizzato un percorso psicomotorio. Ha disposto dei cerchi colorati alternati
verso destra e sinistra, due birilli uniti da un bastone e un tappeto morbido, una palla e subito dopo un cestino.
I bambini si sono seduti su due panche e hanno atteso l’inizio del gioco. L’insegnante non ha mostrato come fare
il percorso ma ha chiamato direttamente uno dei bambini grandi. Questo mi fa pensare che attività motorie
vengono svolte molto spesso. I bambini dovevano saltare sui cerchi, saltare il bastone mantenuto dai birilli,
rotolare sul tappeto come preferivano e infine cercare di lanciare la palla sul cestino. Ai bambini più grandi
prima di iniziare, l’insegnante, ha chiesto quanti erano i cerchi e quanti i birilli; i piccoli invece dovevano dire di
che colore erano i cerchi quando saltavano all’interno.
Anche in questa attività la prestazione del bambino grande è stata vista come esempio, i bambini piccoli
svolgevano il percorso imitando i movimento che avevano osservato fare da un loro pari.
L’azione messa in atto dalla tutor rimanda al campo di esperienza “Il corpo e il movimento”. L’attività
proposta dalla tutor è coerente con uno de traguardi per lo sviluppo delle competenze rintracciato nelle
Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo:“Il bambino prova piacere nel movimento e
sperimenta schemi posturali e motori, li applica nei giochi individuali e di gruppo, anche con l’uso di piccoli
attrezzi ed è in grado di adattarli alle situazioni ambientali all’interno della scuola e all’aperto.”

Alle ore 12 i bambini di preparavano per recarsi in bagno a lavarsi le mani e poi pranzare.

DIARIO DI BORDO 19/04/2021


Focus: Programmazione e progettazione.
Mentre mi recavo a scuola ho riflettuto sull’esperienza di tirocinio in un’ottica diversa rispetto agli anni
passati. Quest’anno vorrei liberare la curiosità che mi ha sempre contraddistinto. In che modo ?
Approfondendo le cose che non mi sono chiare, chiedere, domandare, togliendomi anche il pensieri di essere un
“peso” per gli altri.

Arrivata alle ore 8:00 la tutor, mentre i bambini giocavano liberamente tra di loro, preparava le attività della
mattinata. Per conoscere il filo conduttore che lega le attività proposte ho approfittato di chiederle di poter
visionare i documenti delle programmazione degli scorsi mesi. Lei mi ha subito mostrato la documentazione.
La tutor mi ha spiegato che ogni mese, durante l’incontro di programmazione di plesso, lei e l’altra insegnante
per ogni campo di esperienza decidevano degli obiettivi e le relative attività. Mi ha mostrato poi il progetto di
plesso, dicendomi che tutte le loro attività erano legate al progetto “I linguaggi”. La motivazione che le ha spinte
a scegliere questo progetto è stata proprio l’attuale situazione di pandemia che lo scorso anno ha costretto le
scuole a chiudere per diversi mesi. Mi ha spiegato che nei primi giorni di scuola hanno subito notato una
notevole regressione sia dell’autonomia che del linguaggio nei bambini che, lo scorso anno, possedevano un
buon livelli di comunicazione. Per questo, conscie di quanto sia importante creare situazione educative
favorevoli per lo sviluppo del linguaggio verbale e non verbale hanno deciso di attuare questo progetto.

Ho apprezzato le parole della tutor, in quanto il progetto mi è sembrato in linea con le necessità che avevano
riscontrato nei bambini. Il progetto in questione secondo il mio punto di vista, riesce a sviluppare al suo interno
i traguardi di tutti i campi di esperienza.

Nel format del progetto di plesso le insegnanti hanno inserito un asterisco per evidenziarne il carattere
inclusivo: “Le insegnanti valorizzeranno tutte le funzioni del linguaggio a partire dal patrimonio
culturale-linguistico del bambino e considerando che la lingue madre può essere una lingua straniera. Le
esperienze educative e le attività saranno proposte in base alla fascia d’età dei bambini, adeguate alle
competenze acquisite e agli obiettivi da raggiungere” .
Le parole scambiate con la tutor mi sono servite per capire la differenza sostanziale che intercorre tra
progettazione e programmazione:
- progettazione: è un progetto che va avanti tutto l’anno scolastico
- programmazione: sono le attività che l’insegnante decide di svolgere in un tempo limitato che può
essere una settimana o un mese.

Alle ore 9:30 ci dirigiamo verso la mensa per fare colazione. Anche questa volta i bambini erano tutti molto
tranquilli e mangiavano la frutta con grande gusto. Quando siamo tornati in classe era già presente l’altra
insegnante ( la mia tutor) che stava preparando l’attività. I bambini sono stati divisi in due gruppi: i piccoli e i
mezzani sono rimasti con l’altra maestra mentre io sono andata con i grandi e la tutor.
Maestra : “Bambini, oggi parliamo di numeri, che cosa sono?”
Bambini : “ Sono una cosa per sapere quanti siamo” “ Quando conto i numeri 1,2,3,4, 5 sto contando”. “Si
contano le pecore, a leggere e a contare, per contare gli uccelli, per vedere le ore, per imparare alla scuola dei
grandi.” “Siii è vero, quando andiamo in giardino possiamo contare i fiori. Possiamo contare le mele, le nuvole,
le casette degli uccellini in giardino.”
Maestra : “Sì, ma a cosa servono i numeri ?”
Bambini : “A contare i giorni! A contare gli alberi! Per contare i raggi del sole e per contare le farfalle, per
contare i cavalli, le case ,i bimbi, per contare i gufi e per contare anche i libri. Maestra : “ Secondo voi …i
numeri chi li usa?”
Bambini : “ Il maestro dei numeri! Tutte le persone!”
Maestra : “ Ecco, i numeri non li usa solo il maestro del numeri, ma tutte le persone. Infatti i numeri sono a casa,
in strada, in sezione, nella scuola, nei segnali giustoo ?
Bambini : “ Siii, nella scuola, nelle case, nella lavagna ,nei libri ci sono i numeri, nel mio quaderno,
sull’orologio, sul muro attaccato a scuola. A casa mio papà mi fa contare sulle dita. Ci sono Numeri sulla strada
dove vanno le macchine!”

Dopo questa breve introduzione l'insegnante ha fatto prendere ai bambini dei fogli bianchi e ha chiesto loro di
disegnare i numeri che si ricordavano o che gli piacevano di più.
Nel frattempo mi ha detto che quest’anno avevano dedicato tutto il primo semestre al progetto dei linguaggi,
tranne qualche attività, e i bambini infatti erano molto migliorati; ora però era necessario riprendere degli
argomenti logici matematici, essenziali per i bambini più grandi che il prossimo anno andranno in prima.

Una volta disegnati i numeri la maestra ha chiamato un bambino per volta vicino a lei e gli ha chiesto se sapeva
il nome dei numeri che aveva scritto. Alcuni bambini ne sapevano solo uno (il più delle volte era lo zero), solo
una bambina conosceva i nomi di tutti i numeri, e la maestra si è complimentata molto con lei. Sono stati
ripassati tutti i numeri da uno a 10 insieme.
L’insegnante ha preso poi dei grandi cerchi, e ha chiesto a un bambino di prendere degli oggetti rotondi che
trovava in classe e di posizionarli li dentro, mentre nel secondo cerchio doveva mettere gli oggetti rettangolari. Il
bambino allora, cammiando a spasso svelto ha preso un piccolo carrellino e ci ha messo dentro diversi oggetti.
Nel primo cerchio ha posizionato oggetti come: bottoni, scodelle, dischi, ciambelle da gioco. Mentre nel
secondo cerchio ha inserito sia oggetti rettangolari che triangolari, e anche di altre forme ma non circolari. La
maestra allora ha chiesto a tutti se sapevano quali forme erano quelle rettangolari. Tutti hanno preso un oggetto
rettangolare, ad esempio un foglio biano, uno libro, delle carte. Dopo aver fatto differenziato gli oggetti, ogni
bambino ha svolto l’attività.

L’attività proposta dall’insegnante mi rimandano al traguardo per lo sviluppo della competenza del campo di
esperienza “Numero e spazio”:Il bambino raggruppa e ordina oggetti e materiali secondo criteri diversi, ne
identifica alcune proprietà, confronta e valuta quantità

DIARIO DI BORDO 26/04/2021


Focus: assenza di routine
Alle ore 8:00 entro in classe, ancora sono presenti pochi bambini che prendono dei giochi da tavola e
individualmente iniziano la loro attività.
Oggi ha inizio la messa in atto della mia attività. Proprio in quel momento, come un flashcack, ho ripensato che
ancora non avevo mai visto fare la routine del calendario, delle presenza, dei giorni della settimana ecc…
Allora ho chiesto all’insegnante che era con me il motivo di questa scelta, se era una cosa scelta o casualmente
non era stata fatta nei giorni in cui ho partecipato.
L'insegnante allora mi dice che per via delle nuove norme per la sicurezza anti-Covid le due maestre hanno
deciso di saltare il momento dedicato al calendario poichè i bambini avrebbero toccato tutti lo stesso materiale, e
in caso di eventuali positivi ci sarebbe stata una trasmissione molto più rapida del virus.
Quindi il momento di routine è stato sostituito con un momento di accoglienza molto più lungo.
Questa decisione mi sembra esagerata, in quanto penso che il rischio di “trasmissione con più rapidità” ci sia
comunque, in quanto, i bambini della scuola dell’infanzia non essendo tenuti a portare la mascherina
all’interno delle aule, e giocando sempre molto vicini l’uno con l’altro, hanno molti contatti ravvicinati che
potrebbero comunque aumentare la trasmissione del virus. Il momento del calendario, con tutto ciò che ne
comporta penso sia un momento troppo importante per essere sospeso tutto un intero anno scolastico. Il
momento del calendario racchiude in sè tante piccole attività che sono le prime nozioni che i bambini
apprendono. Con la ripetizione costante, giorno dopo giorno, i bambini riescono a memorizzare il nome di tutti
i bambini, approcciano con i numeri cuntando i bambini presenti e quelli rimasti a casa, iniziano a riconoscere
i giorni della settimana e dei mesi, si rendono conto e prendono coscienza della ciclicità temporale.
Verso le 9:30 i bambini si dirigono verso la mensa e io rimango in classe per preparare l’attività. Per oggi ho
previsto un’attività ludica sui concetti topologici, principalmente avanti, indietro, destra, sinistra. Al ritorno dei
bambini dalla mensa ci siamo diretti verso l’aula e ho disposto i bambini in riga seduti nelle panche. Sono
passata uno per uno e gli ho fatto indossare due braccialetti:

blu per la destra e rosso per la sinistra.


Su una lavagnetta che ho posizionato davanti a loro ho fatto un pallino blu sul lato destro e un pallino rosso sul
lato sinistro della lavagnetta. Vicino ai due pallini ho fatto una freccia verso destra e una verso sinistra. I
bambini più grandi mi hanno detto “Sii, destra e sinistraa”, io ho annuito e ho detto a tutti “Sì la mano con il
braccialetto blu è la destra, la mano con il braccialetto rosso è la sinistra.”
Il primo gioco che ho proposto è stato semplicemente che io dicevo uno dei due colori e loro alzano la mano con
il braccialetto colorato.
Fin qui anche i piccoli, rispondevano abbasstanza bene anche se era presente qualche imprecisione, mentre i
mezzani e i grandi non sbagliavano un colpo!!
Dopo aver ri-spiegato ai bambini che il colore blu era associato alla mano destra e quello rosso alla mano
sinistra e dopo aver fatto rivedere anche la lavagna ho chiamato “mano destra” e “mano sinistra”, si dà il via al
secondo gioco. Era dedicato solo ai bambini di quattro e cinque anni.
Tutti i bambini più grandi che già avevano fatto delle attività con le insegnanti sui concetti topologici
rispondevano benissimo e alzano sempre la mano giusta.
I bambini di quattro anni invece facevano ancora fatica: dopo aver ascoltato il comando guardavano il colore del
braccialetto e poi alzavano la mano. Solo alcuni di loro rispondevano correttamente.
In un secondo momento, dopo aver concluso i giochi con i braccialetti colorati ho disposto a terra dei cerchi che
formavano un quadrato. Ho differenziato le attività in base all’età dei bambini:
-i bambini di tre anni dovevano mettersi nei cerchi secondo il colore che gli dicevo.
-i bambini di quattro e cinque invece dovevano seguire le mie istruzioni. Ai bambini di quattro anni,
inizialmente indicavo con le mani le direzioni di destra e sinistra e, dopo continuavano da soli. Mentre i bambini
di cinque anni facevano tutto da soli sempre supportati dall’aiuto del braccialetto e della lavagna.

I bambini erano contenti, i più grandi aiutavano i mezzani. Si divertivano molto, e alzavano continuamente la
mano per ripetere il percorso.
In un secondo momento, dove aver risportato i bambini in classe, abbiamo fatto le impronte delle mani sul
foglio, seguendo sempre i colori di destra e di sinistra.

DIARIO DI BORDO 7/05/2021


FOCUS: LA MIA ATTIVITA’
Entro in classe alle 8:00.
I bambini inizialmente giocavano liberamente, e io nel frattempo ho fatto vedere all’insegnante l’attività
preparata.
Dopo la merenda siamo tornati in classe e ho chiesto ai bambini di sedersi nell’angolo relax, dove erano presenti
diversi cuscini per sedersi.
I bambini mi ascoltarono e si posizionarono pronti per ascoltare.
Inizia la lettura della storia:
“Quell’anno la Primavera sembrava non dover più arrivare; gli animali del bosco la attendevano con
impazienza; l’Inverno era stato molto freddo e tutti, dalla lepre , allo scoiattolo, agli uccelli non vedevano l’ora
che se ne andasse, lasciando il posto alla primavera.
Ma l’Inverno, ormai vecchio e un po’ sordo, non voleva proprio levare il disturbo, tanto che tutti gli animali
iniziarono a dirgli: “Insomma, vuoi andartene si o no ?” “Non è ora che lasci arrivare la Primavera?”.
Insomma, tanto fecero e tanto dissero che l’Inverno si arrabbiò davvero e disse tra sé e sé : “Ah si eh? Volete
mandarmi via… ma io ve la farò pagare!”
Chiamò i suoi due fidati alleati, il Gelo e la Tempesta e disse loro: “Nascondetevi dietro quel cespuglio e quando
vedrete arrivare la Primavera spingetela in quella grotta; io penserò al resto”.
Quando la Primavera, puntuale come ogni anno, fece capolino al limitare del bosco, la Tempesta saltò fuori dal
cespuglio dietro il quale era nascosta e soffiando un vento gelido la spinse fin verso la grotta dove il Gelo costruì
una barriera di ghiaccio per non lasciarla uscire.
La lepre PINA che aveva visto tutta la scena corse subito dagli altri animali del bosco per chiedere che cosa
fare; ma nessuno sapeva come liberare la Primavera rinchiusa nella grotta.
“Andiamo a chiedere consiglio al Sole ” disse PINA, che sapeva che il Sole era amico della Primavera. “E’ una
brutta situazione ” – disse il Sole – “ma io so come aiutarti”.
Il sole accompagnato dalla lepre PINA e si avvicinò ad un ruscello. Al passaggio del sole iniziarono a spuntare
dei piccoli fiori, le margherite. “Prendete una di queste margherite” – disse il Sole – “e andate subito alla grotta;
sono fiori magici, e il ghiaccio che tiene rinchiusa la primavera si scioglierà”. La lepre, senza farselo dire due
volte, strappò una margherita con i suoi denti aguzzi ma.........
LA LEPRE NON SI RICORDA PIù LA STRADA PER TORNARE ALLA GROTTA DOVE ERA
NASCOSTA LA PRIMAVERA..........
AIUTIAMOLO A TROVARE LA STRADA....... “

La mia lettura era molto lenta ed espressiva. Leggevo con un tono di voce alto per far si che tutti i bambini
potevano capirmi.
I bambini rimasero spiazzati alla fine della storia, non si aspettavano un finale così. Mi chiedevano “E adesso
come finisce?” “ Come possiamo aiutare Pina?” “Ma l’inverno è cattivo”
Dopo aver letto la storia, ho fatto delle domande ai bambini al fine di vedere se avevano compreso il senso della
storia
In un secondo momento poi ho detto ai bambini di posizionarsi sui banchi da lavoro, ognuno al suo posto. Ho
consegnato ai bambini dei fogli diversi a secondo dell’età. Ai bambini più piccoli ho consegnato un foglio
bianco dove erano liberi di disegnare una scena della storia o un personaggio. Ai bambini di quattro e cinque
anni invece ho consegnato un foglio suddiviso in quattro parti, nelle quali dovevano disegnare il racconto in
sequenze.

DIARIO DI BORDO 14/5/2021


Oggi era l’ultimo giorno di tirocinio nella scuola dell’infanzia. Sono entrata in classe un po’ malinconica perché
mi dispiace lasciare i bambini a cui ormai mi ero affezionata.
Ho raggiunto i bambini che erano ancora a fare colazione. Quando mi hanno visto erano molto contenti e non
vedevano l’ora di finire la colazione per abbracciarmi.
Dopo aver salutato la tutor mi sono diretta nel salone e ho preparato l’attività.
Ho creato un reticolo con la scotch carta, e ho posizionato da una parte il materiale che avevo preparato. I
bambini dopo aver fatto colazione mi hanno raggiunta e ho chiesto loro di posizionarsi nelle panche che avevo
disposto davanti al reticolo.
Ho riletto allora la storia e ho detto ai bambini che era arrivato il momento di aiutare la Lepre Pina a trovare la
strada per liberare la Primavera.
Ho mostrato poi ai bambini il materiale che avevo preparato: le frecce, un disegno con un sasso, un disegno con
l’albero e un altro disegno che raffigurava la grotta dove era imprigionata la Primavera. Dissi allora che la grotta
era il punto di arrivo, mentre il sasso e l’albero erano gli ostacoli che la lepre Pina poteva incontrare nel suo
percorso.
I bambini erano tutti molto contenti e entusiasti, volevano sapere come funzionava il gioco.
Ho spiegato allora che un bambino, a turno, doveva far finta di essere la lepre Pina e nel reticolo doveva
provare ad effettuare il percorso seguendo le istruzioni date da un compagno-guida che di volta in passo, passo
dopo passo predisponeva le frecce per direzionare la lepre.
Lo scopo del gioco era quello di arrivare fino alla grotta stando però attento agli ostacoli.
La prima coppia che iniziò a fare il gioco era composta da due bambini grandi, mentre ai due bambini piccoli
era assegnato il compito di fare gli ostacoli. Per primi i bambini piccoli si posizionarono dove volevano sul
reticolo e avevano il compito di mantenere ben dritto il disegno.
Poi il bambino che faceva finta di essere la lepre si posizionava sul punto di partenza che sceglieva a piacere e
aspettava le istruzioni del compagno- guida.
Ad ogni passo che il bambino faceva nel reticolo seguiva un comando nuovo da parte del compagno guida.
Tutti i bambini grandi completarono il percorso in modo eccellente.
In un secondo momento ho iniziato a chiamare anche i bambini di quattro anni. Anche loro riuscirono a
cavarsela, ma ho dovuto modificare la postazione del compagno-guida in quanto i bambini di quattro anni
faticavano a capire la direzione della freccia quando il bambino era messo di lato a loro. Quanho ho chiesto al
bambino di spostarsi davanti all'allievo che era nel reticolo la direzione della freccia era molto più chiara.
Provarono a farlo anche i bambini più piccoli che però, non riuscendo a seguire le istruzione di una compagno
guida, costruivano il percorso in modo autonomo, evitando sempre gli ostacoli, arrivando al punto di arrivo.
Tutti i bambini hanno partecipato all’attività, in modo diverso.
Alla fine invece ho provato a far fare ai bambini grandi una variante del gioco alzando il livello di difficoltà. In
assenza di ostacoli il compagno guida doveva preparare il percorso prima che il bambino si era posizionato , a
sua volta il bambino nel reticolo doveva prima cercare di capire il le direzioni e metterle in atto in sequenza.
Solo due bambini grandi ci riuscirono. Per gli altri è stato più complicato e sono stati aiutati dai compagni guida
che indicavano l’ordine delle frecce aiutandoli a tenere il punto.

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