PORTFOLIO di Tirocinio
Francesca Pacolini
Genziana Bellini Daniela Brunelli
Università degli Studi di Perugia
Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Scienze Umane e della Formazione
Francesca Pacolini
Genziana Bellini Daniela Brunelli
Indice
Presentazione personale
TIROCINIO DIRETTO
IC CORTONA 2: uno sguardo generale.
ORE COLLEGIALI
TIROCINIO INDIRETTO
Sitografia.
PRESENTAZIONE PERSONALE
Sono Marta Barbabietola e sono arrivata finalmente alla fine del cammino che iniziai
cinque anni fa. Mi viene in mente come se fosse ieri quando, dopo una lunga estate,
iniziai a buttare giù la prima relazione di tirocinio. Non sapevo da dove iniziare e
avevo paura di sbagliare. La paura di sbagliare negli anni non mi ha mai abbandonata.
Solo adesso, nell’ultimo anno di università invece sto capendo l’importanza
dell’errore, punto fondamentale da dove ripartire e strumento per un apprendimento
più incisivo. Come nella vita quando sbagliando impari, così a scuola e così
all’università. Questi cinque anni per me sono stati segnati da una profonda sofferenza
a cui ho saputo mettere un punto e, solo ora, con pazienza sto raccogliendo un po di
pace e di amore per me stessa. Indubbiamente il mio percorso universitario ne ha
risentito, ma dall’altra parte della medaglia, guardando il lato positivo, sono cresciuta
molto e ho sviluppato una dote che reputo fondamentale per l’insegnamento:
l’empatia. Tornando alla motivazione che mi ha spinta a intraprendere questa scelta
universitaria, che dire, io ho sempre voluto insegnare. Quando da piccola mi
chiedevano “che lavoro vorresti fare da grande?” rispondevo sempre “la maestra di
italiano alla scuola elementare” (all’epoca si chiamava ancora così). La mia
motivazione nasce da un episodio in particolare. All’età di 7 anni iniziai a balbettare e
all’improvviso tutto ciò che riguardava la lettura ad alta voce o il semplice parlare
davanti alla classe era diventato un vero e proprio incubo. Non riuscivo a parlare, mi
occorrevano due minuti per completare una frase. Ricordo che quando toccava a me
leggere tutta la classe si metteva a ridere e io, mi bloccavo sempre di più. La maestra
di italiano mi aiutava molto, zittiva la classe e mi diceva “Marta, stai tranquilla, leggi
per me”. All’udire quelle parole io smettevo di balbettare e la mia lettura, frase dopo
frase diventava nel giro di poco molto più fluente e sciolta. Le sue parole riuscivano
ad allentare tutte le mie paure, ansie, tensioni, smettevo di pensare ai miei compagni e
mi concentravo sul suono di ogni singola lettera. Era l’unica maestra che mi chiedeva
di leggere. Ad oggi posso dire con certezza che fu la sola persona che nell’ambito
scolastico riuscì a comprendere ed accettare la mia incapacità di espressione. Sò
benissimo che la scuola, già di per sè mette a dura prova qualsiasi bambino, in quanto
ciascuno è chiamato a confrontarsi con un mondo sociale basato sulla competizione
ma io vorrei aiutare i miei futuri allievi nell’acquisizione fondamentale di una
sufficiente fiducia di base importante per affrontare il mondo sociale che li circonda.
Vorrei mettere in pratica la “scuola dell’inclusione” che, noi studenti del corso,
abbiamo sempre letto in molti volumi ma che poche volte nella mia esperienza di
tirocinio ho avuto l’opportunità di toccare con mano. Vorrei essere l’insegnante capace
di accogliere le specificità di ognuno, di creare un ambiente in grado di armonizzare il
proprio intervento, al fine di proporre modalità educative e didattiche funzionali ai
diversi bisogni, rendendo ciascun alunno e alunna protagonista dell’apprendimento
qualunque siano le sue capacità, le sue potenzialità e i suoi limiti. Ed ho capito che
questo può avvenire solo attraverso l’accoglienza e l’ascolto di tutti gli alunni.
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“Archivio pubblica istruzione”
disciplinari e trasversali, delle competenze chiave europee e delle competenze di
cittadinanza..”2
Ho potuto vedere come, durante le ore di programmazione della scuola dell’infanzia, le
insegnanti tenessero conto di queste macroaree di progetto, e in linea di queste stabilirono la
loro programmazione.
Nel documenti si evince anche come siano valorizzate la progettazione della lingui inglese,
allo sport, progetti relativi alla musica e della promozione del benessere con e del corretto
stile di vita come riporta il progetto “Orto in condotta” “School food” “Diabesità”.
Nella scuola di Mercatale, ho potuto vedere l’orto che hanno realizzato i ragazzi, proprio in
merito al progetto “Orto in condotta”.
Sono descritte poi le scelte metodologiche: apprendimento cooperativo e apprendimento tra
pari, laboratori a classi aperte per il recupero, l’approfondimento e potenziamento - laboratori
pomeridiani - utilizzo delle nuove tecnologie - adozione della metodologia esperienziale - uso
della comunicazione nelle sue diverse forme.
E’ stato inoltre inserita la “Revisione del Ptof per l’anno scolastico 2020-2021” causa
emergenza COVID 19. Sono stati rimodulati obiettivo minimo in caso di lockdown, il piano
digitale della didattica integrata, sono stati inseriti nuovi criteri di valutazione, e ridefinito il
curricolo dell’insegnante trasversale di educazione civica. Sempre all’interno dello stesso
paragrafo sono contente tutte le informazioni relative all’organizzazione della didattica
digitale integrata (DDI): sono forniti gli strumenti e le indicazione operative, le metodologie e
attività integrate digitali, la tempistica e organizzazione oraria, le modalità di svolgimento
delle attività, percorso per alunni con bisogni educativi speciali e gli strumenti di verifica e di
valutazione degli apprendimenti.
Oltre al PTOF, nel sito della scuola è presente anche il “PIANO ANNUALE PER
L’INCLUSIVITA’ a.s. 2021-2022”.
Dopo la nozione di inclusione, nel documento sono delineati gli obiettivi di incremento
dell’inclusività:
- Rimodulare gli aspetti organizzativi e gestionali coinvolti nel cambiamento inclusivo (chi fa
cosa, livelli di responsabilità nelle pratiche di intervento, ecc.)
2
Piano Triennale dell’offerta formativa. IC Cortona 2 “Gino Bartali”
- Strutturare percorsi specifici di formazione e aggiornamento degli insegnanti Formazione e
aggiornamento su didattica speciale e progetti educativo/didattici a prevalente tematica
inclusiva.
- Adottare strategie di valutazione coerenti con prassi inclusive; le strategie di valutazione
coerenti con prassi inclusive
-Riorganizzare i diversi tipi di “aiuto” presenti all’interno della scuola Affinché il progetto
vada a buon fine, l’organizzazione Scuola deve predisporre un piano attuativo nel quale
devono essere coinvolti tutti i soggetti responsabili del progetto, ognuno con competenze e
ruoli ben definiti3
E’ delineato poi lo sviluppo del curriculum è attento alle diversità e alla promozione di
percorsi formativi inclusivi che tenga conto:
“DELL’ACCOGLIENZA; ,DEL CURRICOLO OBIETTIVO/COMPETENZA DELLE
ATTIVITÀ - DEI CONTENUTI - DEGLI SPAZI - DEI TEMPI - DEI MATERIALI E
DEGLI STRUMENTI -DEI RISULTATI ATTESI- DELLE VERIFICHE - DELLA
VALUTAZIONE.”
Devo dire che nelle due scuole, ho potuto notare un forte inclusività da parte di tutti gli
insegnanti. Ogni difficoltà del bambino è accolta e sono attuati costantemente supporti per chi
ha bisogni educativi speciali.
3
“PIANO ANNUALE PER L’INCLUSIVITA’ a.s. 2021-2022” IC Cortona 2.
registrabile nel territorio favorisce diverse opportunità di crescita, infatti è rappresentativa la
presenza di allievi stranieri provenienti principalmente dal bacino mediterraneo (Marocco e
Tunisia). La popolazione scolastica presente nell’istituto risente del trend nazionale di calo
delle nascite.
Spazi e Tempi
La scuola “A. Giappichelli” si trova nel centro paese. Il plesso è dotato di un ampio
parcheggio esterno ben organizzato per gli orari di entrata e uscita. La scuola è circondata da
un ampio giardino dove i bambini nei momenti ricreativi possono giocare e divertirsi all’aria
aperta. Nel piano terra sono presenti due classi: la pluriclasse prima e seconda, e la
pluriclasse terza quarta e quinta. A causa COVID 19 alcuni spazi hanno cambiato la loro
funzione: quella che lo scorso anno era la palestra è stata adibita a sala mensa, dove i bambini
sono distanziati l’uno dall’altro secondo le norme vigenti; quella che prima era la sala mensa
è utilizzata come cucina. Non è presente un vera e propria palestra: le insegnanti, nelle ore di
educazione fisica, hanno usufruito del cortile esterno quando era possibile.I bagni per gli
alunni e per le insegnati sono divisi e sono dislocate vicino le classi. Al primo piano sono
presenti altre tre: la biblioteca e due aule usate dalle insegnanti di potenziamento per dividere
le classi.
La mensa separa la scuola primaria di primo grado con la scuola secondaria di secondo grado.
La struttura segue il seguente orario:
Lunedì e Venerdì: 8:15 - 16:15
Martedì’, Mercoledì, Giovedì: 8:15 - 13:15
Contesto classe.
Quest’anno ho avuto modo di entrare per la prima volta in una pluriclasse. Inizialmente mi
sono trovata spaesata e intimorita in quanto non avevo mai sentito parlare di sezioni miste
nella Scuola Primaria. Come riportato anche nel diario di bordo del 17/05/2021 “Quando mi
disse che la classe era una pluriclasse mi venne spontaneo chiederle cosa volesse intendere
con quel termine visto che nel mio percorso di studi non avevo ancora mai sentito parlare di
questa tipologia. Lei mi disse che a causa dei pochi iscritti non era possibile creare delle
classi eterogenee ed erano costretti a unire due o tre classi in una unica. Infatti la pluriclasse
I e II contava 14 alunni di cui 10 di prima e 4 di seconda “ .
All’interno della classe ci sono quattro bambini con un PDP. Due alunni sono di prima mentre
gli altri due di seconda. Nella classe prima A. ha un disturbo da deficit dell’attenzione e
iperattività (ADHD) in fase di diagnosi; F. invece si presume abbia un deficit intellettivo,
anche lui in fase di diagnosi, non ancora certificato.
Nella classe seconda invece I. è una bambina straniera, è in italia da cinque anni e ha uno
svantaggio linguistico; T. invece ha un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) in
quanto è dislessico, non certificato, anche lui in fase di diagnosi.
A mio avviso la classe risulta essere una ambiente molto complesso sia per il fatto stesso di
essere una pluriclasse, sia per la compresenza di così diverse situazioni difficoltose che
richiedono un grande impegno sia da parte degli insegnanti ma anche da parte di tutta la
classe stessa.
Da un punto di vista didattico le due classi sono eterogenee; il livello di preparazione
culturale è medio, spiccano due bambini della classe seconda, a mio avviso molto preparati.
Alcuni alunni sono in possesso di discrete abilità di base e si impegnano con discreto
interesse a scuola ed a casa, altri presentano incertezze pur mostrando buona volontà.
Setting educativo
La classe è molto spaziosa, sono presenti tre finestre che illuminano bene la stanza. Alle
pareti sono appese tre lavagna: la LIM disposta nella parete vicino la cattedra, davanti ai
bambini, l’altra lavagna appesa lateralmente e l’ultima è situata nella parete a cui i bambini
danno le spalle. Penso che tutte queste lavagne servano alle insegnanti nel momento delle
spiegazioni, quando devono organizzare due programmi diversi. Le pareti dell’aula sono
dipinte di giallo e sono abbellite da diversi poster e cartelloni che raffigurano le quattro
stagioni, le lettere e i numeri appresi dagli alunni durante i mesi precedenti al mio arrivo. I
banchi sono staccati l’uno dall’altro e sono disposti in quattro file parallele. La cattedra non è
centrale ma posizionata attaccata alla parete.
A proposito di questo riporto una frase di Mario Castoldi (Didattica Generale, Mondadori,
2010) “il setting formativo nel suo insieme veicola un determinato modello pedagogico che,
incide in modo profondo sul processo formativo e sui suoi significati.” Fondamentale quindi
risulta essere la connessione tra setting e relazione educativa.
Gruppo classe e relazione con l’insegnante.
Il gruppo classe risulta essere unito e da quello che mi ha confidato la tutor non hanno
evidenziato problemi di adattamento alla vita scolastica. Tra di loro si vogliono molto bene e
hanno molta confidenza; questo perchè vivendo in un paesino così piccolo, condividono gli
spazi dedicati ai bambini il pomeriggio dopo la scuola. Buoni sono i livelli di partecipazione
e d’interesse verso le attività proposte da parte di tutti anche se A. tende spesso a disturbare la
classe durante i momenti di spiegazione, di silenzio e di rilassamento.
Gli alunni, tra le due classi, non hanno evidenziato problemi di socializzazione, tutti sono
inseriti nella classe. I bambini della seconda rispettano i bambini di prima e così viceversa.
I rapporto interpersonali risultano essere quindi positivi sia per tra i bambini che tra alunno
insegnante. Le maestre infatti vengono rispettate dalla classe, nei momenti di svago invece si
lasciano andare ad un rapporto molto più confidenziale. Un aspetto che le insegnanti tengono
in enorme considerazione è il lato comportamentale ed emotivo del gruppo classe. Ad ogni
relazione è dedicata la massima cura, e se ci sono necessità di un bambino o del gruppo
classe, esse vengono prima delle necessità didattiche. Ricordo ad esempio un giorno in cui R.
doveva proporre degli esercizi sulle sillabe, ma durante la ricreazione si accorse che i
bambini erano molto tesi e arrabbiati. Allora, appena tornati dalla ricreazione, propose di
“scrivere o disegnare il motivo della propria rabbia o tristezza” per metterlo dentro la “scatola
della rabbia” e da lì non farlo più uscire, per permettere alla classe di continuare serenamente
la giornata. Così, ogni bambino, e ogni insegnante scrisse o disegnò qualcosa, lo mise nella
scatola, e la giornata passò più tranquilla
Metodologie didattiche
Prima di iniziare l'osservazione in classe feci questa riflessione: “Mettendomi nei panni
dell’insegnante, senza ancora vedere le metodologie messe in atto ho ipotizzato che
l’organizzazione segua due tendenze maggiormente applicate: la prima è quella di mantenere
unito il gruppo classe, svolgendo talvolta lavori di gruppo, dove alcuni allievi si troveranno a
lavorare autonomamente e altri invece con il docente; la seconda prevede invece di dividere
il gruppo classe, portando alcuni gruppi fuori dall’aula per svolgere alcune lezioni in modo
più tranquillo.”
Effettivamente il loro metodo didattico prevedeva che le due classi durante le ore di
compresenza, venivano divise in due piccoli sottogruppi, un gruppo rimaneva in classe
mentre l’altro si sposta in un'altra stanza. Quando invece non era possibile dividere le due
classi gli allievi lavorano all’interno della stessa aula.
Quando non era possibile dividere le due classi l’insegnante alternava il lavoro autonomo alla
spiegazione. Poco tempo era dedicato alla correzione e all'approfondimento di quanto
spiegato. L’insegnante era molto concentrata sul riuscire a terminare la spiegazione nelle ore
a lei assegnate. Critico era il momento in cui gli alunni della classe prima erano lasciati soli a
svolgere degli esercizi e chiedere l’aiuto dell’insegnante sembrava quasi impossibile, in
quanto era impegnata nella spiegazione con l’altra classe.
La tutor mi disse che gli scorsi anni il metodo d’insegnamento variava molto: ad esempio
attraverso momenti di lavoro a gruppi eterogenei con il tutoring dei bambini più grandi verso
quelli più piccoli, lavori a coppie che potevano anche essere eterogenee, momenti di
laboratorio a postazioni, soprattutto in matematica, ma quest’anno a causa delle norme per la
sicurezza anti-Covid i bambini non potevano spostarsi dal proprio banco.
A mio avviso all’interno della pluriclasse, gli allievi hanno la possibilità di apprendere
dall’altra parte della classe, sia che i compagni sono più grandi, sia che sono più piccoli,
anche se penso che i bambini con difficoltà non siano abbastanza seguiti.
Penso che in queste classi la compresenza sia obbligatoria in quanto un unico insegnante non
risulta avere il tempo necessario da dedicare ai bambini con difficoltà ma non solo, anche i
bambini che non sono in grado di svolgere il lavoro autonomamente.
ESPERIENZA UDA
TITOLO UDA
L’istituto comprensivo è stato istituito nel 2015 e coincide con quasi tutta la territorialità del
comune. Questo comprende tredici plessi, cinque di scuola dell’Infanzia e cinque di scuola
Primaria, e tre plessi di scuola Secondaria di primo grado.
I servizi risultano essere essenziali ed è molto diffusa la tipologia di insediamento “sparso”
con abitazioni familiari ubicate nella campagna circostante. La popolazione dipende più che
altro da attività economiche primarie, meno sviluppato invece risulta essere il settore
terziario. L’eterogeneità sociale e culturale registrabile nel territorio favorisce diverse
opportunità di crescita, infatti è rappresentativa la presenza di allievi stranieri provenienti
principalmente dal bacino mediterraneo (Marocco e Tunisia). La popolazione scolastica
presente nell’istituto risente del trend nazionale di calo delle nascite.
Nel territorio sono presenti anche realtà extrascolastiche, strutture per lo svolgimento di
attività culturali e per il tempo libero, che collaborano con la scuola per progetti ed iniziative.
DESTINATARI
Gli studenti non hanno evidenziato problemi di adattamento alla vita scolastica. Ottimi sono i
livelli di partecipazione e d’interesse verso le attività proposte. La maggioranza degli alunni
si dimostra disponibile alle iniziative, rispetta sempre le consegne.
BISOGNO FORMATIVO
Il bisogno formativo di questa unità di apprendimento è quello di sensibilizzare al pensiero
computazionale: utilizzando il ragionamento e la logica questo, consente ai bambini di
risolvere problemi complessi, frazionandoli in problemi semplici.
COMPETENZA FOCUS
DISCIPLINE COINVOLTE
TEMPI: L’uda si divide in tre incontri nelle ultime due settimane di maggio
Secondo la teoria di Castoldi e Pellerey “Una solida base su cui impostare la sfida della valutazione
delle competenze è il principio di triangolazione, tipico delle metodologie qualitative, per il quale la
rilevazione di una realtà complessa richiede l'attivazione e il confronto di più livelli di osservazione
per consentire una ricostruzione articolata e pluriprospettica dell'oggetto di analisi. Non è sufficiente
un unico punto di vista per comprendere il nostro oggetto di analisi, occorre osservarlo da molteplici
prospettive e tentare di comprenderne l'essenza attraverso il confronto tra i diversi sguardi che
esercitiamo, la ricerca delle analogie e delle differenze che li contraddistinguono”
Sguardo soggettivo: verrà valutato attraverso la scheda di autovalutazione
Sguardo oggettivo: sarà valutato attraverso l’attività di reticolo, dove l’insegnante osserverà l’alunno
nello svolgimento dell’attività
Sguardo intersoggettivo: verrà valutato attraverso la rubrica valutativa.
Scheda di autovalutazione
Penso di aver dato il mio contributo alla creazione della storia ?
Implementazione
FASI DELL’AZIONE DIDATTICA:
Attività 1
Fase 1
La prima attività sarà quella di inventare insieme alla classe una breve storia. La traccia iniziale sarà la
seguente: “C’era una volta un robot che abitava solo soletto sulla luna…..”
La classe, attraverso l’aiuto dell’insegnante e con il contributo di tutti gli alunni, inventerà la storia. La
storia non terminerà ma si concluderà con un problema che deve essere risolto.
Fase 2
Dopo aver inventato la storia l’insegnante consegnerà alla classe prima dei fogli stampati che
raffigurano un reticolo e in basso una leggenda. Ai bambini di seconda invece l’insegnante consegnerà
un foglio con dei quadretti più piccoli per fare il pixel art. In tutte e due i fogli poi sarà raffigurato un
robot.
Per classe seconda:
Attività 2
Fase 1
Nel secondo incontro sarà consegnata ai bambini la storia inventata da loro. I bambini leggeranno uno
per uno ad alta voce la storia per far sì che tutti la ascoltino e la comprendano.
Dopo la lettura del racconto, i bambini dovranno completare una piccola scheda con delle domande di
comprensione del testo
Fase 2
Nella seconda fase a ogni bambino sarà consegnato un computer. Attraverso il programma Paint, già
conosciuto dai bambini, faranno un disegno della storia che poi verrà stampato.
Attività 3
Fase 1
Il terzo incontro si aprirà con un po’ esercizi di ripasso sui concetti topologici alla LIM.
Fase 2
Si passerà poi alla costruzione del materiale per l’attività con il reticolo (frecce destra - sinistra -
avanti - dietro). Ogni bambino poi dovrà fare due maschere, una che raffiguri il robot e l’altra invece
l’aiutante.
Si dovranno disegnare poi anche ostacoli degli ostacoli che potrebbero trovarsi nello spazio.
Mentre i bambini saranno impegnati nell’elaborazione del materiale per l’attività, la maestra nell’altra
aula preparerà il reticolo con lo scotch carta, e disporrà le sedie a lato della stanza per far sedere i
bambini.
Fase 3
I bambini, con tutto il materiale, insieme all’insegnante, si dirigeranno verso l’aula per svolgere
l’attività.
Saranno divisi in due gruppi: un gruppo impersonificherà l’aiutante della storia (darà le istruzioni ) il
secondo gruppo invece impersonificherà il robot (che invece dovrà seguire le istruzioni date
dall’aiutante). I due gruppo poi si alterneranno.
Sul reticolato gli allievi sceglieranno il punto di partenza del percorso del robot, posizioneranno gli
ostacoli e il punto di arrivo. La posizione dei punti varierà ogni volta che si ricomincia il gioco in
modo che il percorso sia sempre diverso.
Un bambino quindi a turno indosserà la maschera del robot e sul tappeto proverà ad effettuare il
percorso seguendo le istruzioni date dall’aiutante. Le istruzioni da parte dell’aiutante non saranno date
contemporaneamente ma prima di iniziare il percorso. L’aiutante, posizionato fuori del reticolo, dovrà
ipotizzare il percorso da far seguire al robot per condurlo al punto di arrivo senza considerare la sua
posizione nel reticolo.
In questo modo l’aiutante dovrà immaginare il percorso da fare e mettere le frecce in sequenza,
rispettando il colore della destra e della sinistra.
Tirocinio Scuola dell’Infanzia “Cerchio Magico”
• Spazi e Tempi
Il plesso fa parte dell’istituto comprensivo Cortona 2. L’edificio scolastico è situato nel centro
del paesino di Mercatale. La struttura scolastica, appartenuta originariamente alla scuola
elementare, è stata adeguatamente ristrutturata nel 2002. Dall’esterno la scuola risulta essere
molto datata e comprende: un ampio salone per le attività motorie, due aule comunicative, i
servizi igienici divisi maschi e femmine, un refettorio, un’ampia cucina per la mensa
centralizzata e relativi servizi, due ripostigli (uno per il materiale didattico e altro per i
prodotti delle pulizie). La struttura è dotata di un giardino che la circondata dove sono
posizionati diversi giochi e piante da ombra.
Per quanto riguarda invece l’organizzazione della giornata scolastica risulta essere così
suddivisa:
Ore 8:00 - 9:15: accoglienza bambini, ascolto, attività libere negli angoli strutturati
Ore 9:30-9:50: colazione e uso dei servizi igienici
Ore 9:55 - 10:30: appello nella sezione, giochi per conoscersi, calendario, giochi motori,
ascolto di brani musicale e canti di gruppo
Ore 10:30- 12:20: attività didattica per campi di esperienza
Ore 12:20 preparazione per il pranzo
Ore 13:20 - 15:30: gioco libero guidato, attività all’aperto, attività strutturate, attività
pittoriche o plastiche, gioco libero negli angoli di presenza, se necessarie attività di recupero
Ore 15:30 - 16:00 : orario di uscita.
• Contesto classe
Il plesso è costituito da una monosezione mista formata da diciotto bambini totali di cui dieci
appartenenti alla fascia di tre anni, quattro appartenenti a quella di quattro anni mentre quella
di cinque è composta da quattro bambini. E’ presente una maggioranza di femmine rispetto ai
maschi, dodici contro sei. Sono presenti cinque bambine straniere, tutte nate in Italia.
Riporto una riflessioni che fece durante la scrittura del diario di bordo del 16/04/21
“Sono sempre stata una grande fautrice delle sezioni eterogenee nella scuola dell’infanzia.
Penso che grazie a esse i bambini più piccoli imparano dai più grandi e i più grandi
diventano consapevoli delle conquiste accrescendo così in loro il senso di autostima. Un
fattore estremamente positivo spicca anche nella maggiore molteplicità e diversità che i
bambini possono incontrare confrontandosi. Senza neanche saperlo mettono in atto una
strategia educativa ben chiara, il peer tutoring.
I bambini più esperti si occupano di sostenere nella quotidianità, in particolare durante le
routine il compagno più piccolo. Gli aspetti sono vantaggiosi sia per il tutor che si sente
importante e il tutee dal canto suo consolida le proprie competenze, acquisisce le abilità di
comunicazione e migliora la propria capacità di risoluzione dei problemi.”
Setting educativo: L'aula è un ambiente molto spazioso e luminoso, la cui ampia parete
rivolta a sinistra è occupata interamente da una vetrata che si affaccia sul retro del giardino
della scuola. L'aula è divisa in due parti, una, più grande, adiacente alla vetrata dove sono
presenti i tavoli per il lavoro didattico individuale, gli scaffali personali dei bambini (le
“buchine”, dove ripongono i loro giochi o i disegni e gli oggetti che per loro sono importanti)
e alcuni armadietti contenenti i materiali didattici. L'altra parte è a sua volta divisa in due
parti: una dove sono presenti le panche dove vengono svolte le attività di gruppo e le
discussioni collettive (le panche sono posizionate in modo da formare un quadrato) e una
dove è presente l'angolo della lettura, formato da due divanetti posti perpendicolarmente l'uno
all'altro, davanti a due librerie in cui sono esposti i libri della classe. Le due aree sono
delimitate da alcuni mobili e scaffali in legno a cui vengono appoggiate le panche per
rimanere nella loro posizione e che servono a contenere i giochi della classe, gli strumenti e i
materiali delle insegnanti (registro, forbici, quaderni,ecc...). Nella parete che si trova davanti
all'ingresso vengono appesi di volta in volta gli elaborati più recenti svolti dai bambini.
Appesi alle altre mura della stanza ci sono diversi cartelloni che rappresentano le parti del
corpo, le stagioni, le bandiere del mondo, i giorni della settimana e i mesi.
Gruppo classe e relazione con l’insegnante
All’interno della classe si respira un clima sereno e accogliente.
Il gruppo classe risulta essere abbastanza unito; le bambini straniere nei momenti di gioco
libero, tendono a fare gruppo e a escludere i bambini che vorrebbero giocare con loro. Per
questo durante le attività strutturate le insegnanti tendono a dividere le bambine per farle
interagire di più anche con gli altri compagni. Durante le attività informali e il gioco libero
alcuni bambini vanno richiamati ad essere più tranquilli. Per i compagni più piccoli e per
alcuni è necessario l’incoraggiamento dell’insegnante ad intraprendere un gioco o scegliere
un’attività tra quelle messe a disposizione.
I bambini con le due insegnanti hanno un rapporto molto diverso. La mia tutor insegna in
questa scuola da trent'anni e, vivendo a Mercatale da sempre conosce tutte le famiglie dei
bambini; con lei infatti i bambini hanno un rapporto molto più confidenziale e gli raccontano
molto di quello che succede nella loro vita privata. L’altra insegnante invece vive ad Arezzo
ed è arrivata in questa scuola solo quest’anno.
I bambini si rivolgono alle insegnanti per esprimere i loro bisogni e per raccontare i loro
vissuti, alcuni bambini sono ancora insicuri e hanno bisogno di essere rassicurati e richiedono
in alcuni momenti della giornata la vicinanza dell’insegnante. Nella classe non sono presenti
bambini con particolari difficoltà.
Metodologie didattiche
Nella scuola “A. Giappichelli” ho potuto notare come le competenze linguistiche espressive
siano alla base della loro progettazione. Sono infatti privilegiati lo scambio e il confronto tra i
bambini in situazione spontanee e strutturate ma anche con l’insegnante.
Il progetto di plesso, su cui poi si articola la programmazione si chiama “I linguaggi” ed è
articolato in diverse attività: uscite didattiche all’aperto per esplorare e osservare,
drammatizzazione delle storie, lettura di immagini, visioni di libri, rielaborazione grafica
delle esperienze.
La metodologia che le insegnanti si propongono di mettere in pratica, è una metodologia
laboratoriale basata sul FARE: “Attraverso il FARE i bambini imparano ad organizzarsi nel
tempo e nello spazio a partire dalle loro esperienze quotidiane di vita familiare e scolastica,
prendendo coscienza del proprio corpo e di ciò che li circonda, discutono, fanno domande,
aumentano il loro bagaglio lessicale e culturale e partecipano attivamente al loro processo di
crescita individuale e sociale”.
E’ importante però che l’attività concreta, stimoli poi il pensiero come strumento di
riflessione anche per i bambini.
Le insegnanti infatti tendono a lasciare molto liberi i bambini, anche durante le attività
strutturate, e alla fine di queste prima di andare a pranzo, è presente quasi sempre un
momento in cui si ripensa alle attività svolte.
Progettazione
L’istituto comprensivo è stato istituito nel 2015 e coincide con quasi tutta la territorialità del
comune. Questo comprende tredici plessi, cinque di scuola dell’Infanzia e cinque di scuola
Primaria, e tre plessi di scuola Secondaria di primo grado.
I servizi risultano essere essenziali ed è molto diffusa la tipologia di insediamento “sparso”
con abitazioni familiari ubicate nella campagna circostante. La popolazione dipende più che
altro da attività economiche primarie, meno sviluppato invece risulta essere il settore
terziario. L’eterogeneità sociale e culturale registrabile nel territorio favorisce diverse
opportunità di crescita, infatti è rappresentativa la presenza di allievi stranieri provenienti
principalmente dal bacino mediterraneo (Marocco e Tunisia). La popolazione scolastica
presente nell’istituto risente del trend nazionale di calo delle nascite.
Nel territorio sono presenti anche realtà extrascolastiche, strutture per lo svolgimento di
attività culturali e per il tempo libero, che collaborano con la scuola per progetti ed iniziative
DESTINATARI
La classe è mista composta da diciotto bambini totali di cui dieci appartenenti alla fascia di
tre anni, quattro appartenenti a quella di quattro anni mentre quella di cinque è composta da
quattro bambini. E’ presente una maggioranza di femmine rispetto ai maschi, dodici contro
sei. Sono presenti sei bambini stranieri, tutti nati in Italia da genitori stranieri.
BISOGNO FORMATIVO
COMPETENZA FOCUS
La competenza è quella di sviluppare il pensiero computazionale
Dimensioni della competenza
(Costruzione della rubrica valutativa)
CAMPI DI ESPERIENZA:
- Numero e spazio
Numero e spazio
- Individua le posizioni di oggetti e persone nello spazio, usando termini come
avanti/dietro, sopra/ sotto, destra/sinistra, ecc.; segue correttamente un percorso sulla
base di indicazioni verbali.
I discorsi e le parole
- Ascolta e comprende narrazioni, chiede e offre spiegazioni, usa il linguaggio per
progettare attività e per definire regole.
OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO:
Numero e spazio
- “Muovendosi nello spazio, i bambini scelgono ed eseguono i percorsi più idonei per
raggiungere una meta prefissata scoprendo concetti geometrici come quelli di
direzione e di angolo.”
I discorsi e le parole
- “I bambini imparano ad ascoltare storie e racconti, dialogano con adulti e compagni,
giocano con la lingua che usano, provano il piacere di comunicare”
RIFERIMENTI ALLE UDL:
Princìpio I. Fornire molteplici mezzi di rappresentazione
Linea guida 3: Fornire opzioni per la comprensione
Punto di verifica 3.1 – Attivare o fornire la conoscenza di base
III. Fornire molteplici mezzi di coinvolgimento
Linea guida 8: Fornire opzioni per il mantenimento dello sforzo e della perseveranza
Punto di verifica 8.3 – Promuovere la collaborazione e la comunità
METODOLOGIA:
Lavagnetta, braccialetti colorati, cerchi, fogli, tempere, scoth carta, disegni dell’albero,
disegno del sacco, disegno della grotta, frecce colorate.
SPAZI e TEMPI:
Spazi: l’unità di apprendimento verrà svolta in: aula, palestra.
Tempi: l’unità di apprendimento sarà svolta in tre incontri nel mese di aprile
Implementazione
Attività 1
Fase 1
Prima di iniziare l’attività di coding l’insegnante lavorerà sul riconoscimento dei concetti
topologici destra e sinistra: gli allievi indosseranno un nastro rosso al polso destro e uno blu a
quello sinistro e si faranno dei piccoli giochi sul riconoscimento di destra e sinistra.
A seguire nel salone svolgeranno dei percorsi con i cerchi seguendo le indicazioni date dalle
insegnanti
I tipi di percorsi saranno differenziati in base all’età dei bambini:
-i bambini di tre anni dovranno posizionarsi nei cerchi secondo il colore chiamato
dall’insegnante.
-i bambini di quattro e cinque invece dovranno seguire le istruzioni dell’insegnante che dirà
loro di fare dei passi avanti, a destra, indietro, a sinistra.
Ai bambini di quattro anni, inizialmente l’insegnante indicherà con le mani le direzioni di
destra e sinistra per poi farli continiare autonomamente.
Mentre i bambini di cinque anni non avranno nessun aiuto da parte dell’insegnante, ma
avranno sempre i braccialetti come supporto.
Fase 2
In un secondo momento, dove aver risportato i bambini in classe, si faranno delle impronte
delle mani sul foglio, seguendo sempre i colori di destra e di sinistra.
Attività 2
Fase 1
L’insegnante leggerà la storia preparata e seguiranno poi delle domande guida per rielaborare
il racconto.
“Quell’anno la Primavera sembrava non dover più arrivare; gli animali del bosco la attendevano con
impazienza; l’Inverno era stato molto freddo e tutti, dalla lepre , allo scoiattolo, agli uccelli non vedevano l’ora
che se ne andasse, l’asciando il posto alla primavera.
Ma l’Inverno, ormai vecchio e un po’ sordo, non voleva proprio levare il disturbo, tanto che tutti gli animali
iniziarono a dirgli: “Insomma, vuoi andartene si o no ?” “Non è ora che lasci arrivare la Primavera?”.
Insomma, tanto fecero e tanto dissero che l’Inverno si arrabbiò davvero e disse tra sé e sé : “Ah si eh? Volete
mandarmi via… ma io ve la farò pagare!”
Chiamò i suoi due fidi alleati, il Gelo e la Tempesta e disse loro: “Nascondetevi dietro quel cespuglio e quando
vedrete arrivare la Primavera spingetela in quella grotta; io penserò al resto”.
Quando la Primavera, puntuale come ogni anno, fece capolino al limitare del bosco, la Tempesta saltò fuori dal
cespuglio dietro il quale era nascosta e soffiando un vento gelido la spinse fin verso la grotta dove il Gelo
costruì una barriera di ghiaccio per non lasciarla uscire.
La lepre PINA che aveva visto tutta la scena corse subito dagli altri animali del bosco per chiedere che cosa
fare; ma nessuno sapeva come liberare la Primavera rinchiusa nella grotta.
“Andiamo a chiedere consiglio al Sole ” disse PINA, che sapeva che il Sole era amico della Primavera. “E’ una
brutta situazione ” – disse il Sole – “ma io so come aiutarti”.
Il sole accompagnato dalla lepre PINA e si avvicinò ad un ruscello. Al passaggio del sole iniziarono a spuntare
dei piccoli fiori, le margherite. “Prendete una di queste margherite” – disse il Sole – “e andate subito alla grotta;
sono fiori magici, e il ghiaccio che tiene rinchiusa la primavera si scioglierà”. La lepre, senza farselo dire due
volte, strappò una margherita con i suoi denti aguzzi ma.........
LA LEPRE NON SI RICORDA PIù LA STRADA PER TORNARE ALLA GROTTA DOVE ERA
NASCOSTA LA PRIMAVERA..........
AIUTIAMOLO A TROVARE LA STRADA.....”
Fase 2
Dopo aver letto il racconto, l’insegnante consegnerà ai bambini dei fogli. Anche in questo
caso le attività saranno differenziate: I bambini di tre anni disegneranno, una scena della
storia mentre ai bambini di quattro e cinque anni verrà consegnanto un foglio già suddiviso in
quattro parti che rappresenteranno le sequenze.
I bambini dovranno disegnare i tre avvenimenti principali della storia.
Attività 3
Fase 1
L’insegnante rileggerà la storia facendo delle domande agli alunni.
Fase 2
Dopo aver ripercorso la storia e aver posto il problema agli alunni l’insegnante spiegherà alla
classe il gioco che andranno a fare nel reticolo: un bambino, a turno, dovrà far finta di essere
la lepre Pina e nel reticolo dovrà provare ad effettuare il percorso seguendo le istruzioni date
da un compagno-guida che di volta in passo, passo dopo passo predisporrà le frecce per
direzionare la lepre.
Lo scopo del gioco sarà quello di far arrivare la lepre Pina fino alla grotta stando però attento
agli ostacoli, rapprensentati da alcuni bambini che terranno in mano i disegni del sasso e
dell’albero.
Il gioco poi sarà differenziato in base all’età del bambino nel reticolo.
4
INDICAZIONI NAZIONALI E NUOVI SCENARI, pag.13
-Nella scuola dell’infanzia: per far riconoscere il concetto di destra e sinistra ho dovuto usare,
oltre ai braccialetti, un ulteriore supporto poichè vedevo che i bambini avevano qualche
difficoltà nel riconoscere la destra e la sinistra.
Inoltre,sempre in merito alla scuola dell’infanzia, mi è dispiaciuto rendermi conto alla fine
dell’ultima attività di non essere riuscita a valorizzare i bambini di tre anni.
-Per la scuola scuola primaria: la criticità maggiore sono state le tempistiche, come riporto
anche nei diari di bordo: “Avendo ancora difficoltà nel riconoscimento di destra e sinistra ho dovuto
approfondire l’argomento e per far questo non è stato possibile costruire tutto il meteriale che avevo pensato.”
È stato comunque interessante mettere in atto queste due attività, perché ho potuto osservare
come l’approccio del bambino in una stessa competenza, anno dopo anno cambia, si articola
riuscendo a fronteggiare livelli di difficoltà sempre più complessi.
Ho potuto vedere come ogni alunno, a secondo dell’età, si è impegnato per risolvere un
problema diventando un soggetto attivo della tecnologia.
ORE COLLEGIALI
Quest’anno ho partecipato a tre incontri collegiali. Per la scuola primaria ho preso parte a una
programmazione e un collegio docenti, mentre per la scuola dell'infanzia a una
programmazione. Le due programmazione sono state molto diverse in quanto, nella scuola
primaria gli insegnanti si confrontarono su come utilizzare i nuovi giudizi descrittivi per la
valutazione, mentre nella scuola dell’infanzia le due maestra erano incentrate sulla stesura del
programma per il mese di maggio.
Le insegnanti di scuola primaria si interrogavano su individuare il livello giusto per ogni
alunno. Si domandavano a quale voto corrispondeva ciascun livello. Personalmente ho
pensato che per fare una buona valutazione con i nuovi livelli le insegnanti dovessero
staccarsi dai voti numerici perché altrimenti non avrebbero rispettato la descrizione dei
giudizi.
Nella scuola dell’infanzia invece le maestra hanno stilato la programmazione di maggio:
hanno individuato gli obiettivi e le relative attività per ogni campo di esperienza. Per
esempio:
-I discorsi e le parole. Obiettivo: “esprimere verbalmente le regole che conosce nella scuola”.
Attività: “attività che includono il riconoscimento delle parole per poi abbinarle al disegno
giusto.”
Per quanto riguarda invece il collegio docenti, questo era il programma:
1. aggiornamento situazione emergenza Covid-19;
2. nuove adozioni libri di testo per l’a.s. 2021_2022;
3. valutazioni finali classi intermedie e terminali scuola primaria e secondaria I grado;
4. esame di idoneità alunni in istruzione parentale;
5. esame conclusivo I ciclo di istruzione a.s. 2020_2021;
6. piano estate 2021 prime indicazioni operative;
7. varie ed eventuali.
TIROCINIO INDIRETTO
Ptof: https://archivio.pubblica.istruzione.it/argomenti/autonomia/pof/default.shtml
Bibliografia
Francesca Pacolini
Genziana Bellini Daniela Brunelli
Indice
PREMESSA
CONCLUSIONE
Bibliografia
Sitografia
PREMESSA
Essendo giunta alla fine di questo percorso di formazione, ritengo abbastanza importante
eseguire un’autovalutazione sul percorso fatto, sulle competenze acquisite e su quelle ancora
da migliorare. L'autovalutazione permette di prendere coscienza del proprio processo di
apprendimento, dei suoi punti di forza e di debolezza per progettare il cambiamento.
Nel momento in cui si aggiunge al concetto di valutazione la parola “auto”, si fa riferimento a
un processo metacognitivo, ovvero una valutazione che avviene in maniera autonoma dei
propri processi di memoria, attenzione e competenza e che nel caso dell'insegnante, prevede
un’operazione molto complessa ma necessaria.5
Il concetto di autovalutazione è una realtà che si innesta con un’idea di fondo: migliorare
l’efficacia dell’insegnamento, infatti è un’azione che costituisce una parte essenziale della
costruzione delle conoscenze e delle competenze del soggetto.L’autovalutazione porta quindi
una nuova visione del processo formativo e di quello educativo in cui i protagonisti sono due:
il docente e gli alunni. Per i docenti l’autovalutazione permette di poter avere una crescita
professionale migliorando le loro capacità cognitive, sociali e di valutazione. Dall’altro per
gli alunni e i giovani di tutte le realtà scolastiche, dalla scuola materna all’università, si avrà
la possibilità di vedere un netto miglioramento del loro modo di apprendere.
5
https://www.icdonmilanikr.it/autovalutazione-insegnanti/
DON MILANI Lavoro, Istruzione, Formazione
6
https://scintille.it/l-autovalutazione-dell-insegnante-come-fattore-di-crescita-e-di-cambiamento/
Scintille. L’ autovalutazione dell’insegnante come fattore di crescita e di cambiamento di Riccarda Viglino
3) Il saper stare con gli altri. “Relazioni e comunicazioni nella mia esperienza”
4) Il sapere. “Documentazione e rielaborazione dell’esperienza.”
7
OPPInformazioni, 96 (2005) Andrea Varani La costruzione dell'identità professionale.
https://oppi.it/wp-content/uploads/2014/02/OPPInformazioni-96-2005-Varani-Identit%C3%A0-professi
onale.pdf
La sfida per l’insegnante è quindi quella di non essere solo un professionista della conoscenza
ma un professionista riflessivo che cerca di individuare i significati del proprio lavoro , e si
prende cura della sua formazione, sempre in itinere.
Per quanto mi riguarda, nel corso di questi quattro anni, ho maturato una grande
consapevolezza del ruolo docente, che all’inizio del percorso di studi non avevo.
La consapevolezza è accresciuta in me nel momento in cui sono entrata in contatto e mi sono
messa alla prova con diversi tipi di realtà, nel mio caso quella universitaria e di tirocinio.
Queste due realtà mi hanno dato l’opportunità in primis di crescere come persona, ma
soprattutto ho avuto modo di capire effettivamente che l'insegnante non è solo mero
applicatore di teorie apprese, tecnico del sapere, esecutore e dispensatore di nozioni. Ma
essere insegnante vuol dire invece , progettare, creare, programmare, relazionarsi, adeguare il
proprio metodo, cambiare, essere a volte anche attori.
Soprattutto ho capito che per essere buoni maestri bisogna prima di tutto desiderare di
esserlo. Certamente le conoscenze, competenze, e sapere professionali sono aspetti necessari
per l’insegnante ma, in primo luogo occorre essere disposti a mettersi in gioco con
sentimento. Secondo questa prospettiva diventare insegnanti, implica l’assunzione di una
responsabilità che si trasforma nella formula “Io sono responsabile di te, mi prendo cura di
te.. ” una cura che non riguarda solo la formazione e è processo di apprendimento ma fa
riferimento riferimento in primis alla crescita della persona umana.
Gli incontro con i bambini e con le insegnanti fatti in questi lunghi anni, hanno aumentato in
me la certezza che ogni relazione di insegnamento e apprendimento, per funzionare, deve
avere all’interno una relazione educativa vera, che non si riduca solo nello scambio di
informazioni generiche, ma che trova la sua piena realizzazione nel momento in cui diventa
condivisione di idee, e di propositi.
Queste riflessioni sono nate proprio dall’osservazione dell’attività di alcuni insegnanti che mi
hanno aperto gli occhi su questo aspetto dell’educazione.
A volte invece ho potuto vedere docenti che presi da un indifferenza emotiva gelavano il
rapporto con gli alunni essendo concentrati solo al raggiungimento dell’obiettivo e al
prodotto finale.
Ma secondo me, il docente che riesce in questa sfida è colui che unisce alla competenza
professionale il sentimento, fondendosi con la classe, costruendo rapporti affettivi con i suoi
alunni.
1.2Le competenze e il percorso formativo del docente
Per essere docenti competenti nella scuola sono indispensabili alcune irrinunciabili
competenze elencate nell'articolo 27 del CCNL comparto scuola 2016/18
Per far maturare queste competenze sono di fondamentale importanza alcuni momenti
significativi: la formazione iniziale, l’attività di studio e l’esperienza. Il corso di studi Scienze
della Formazione Primaria è il centro cardine per sviluppare le competenze sopra citate. In
esso, infatti, si affianca l’attività di studio all’esperienza di tirocinio diretto ed indiretto,
funzionali alla maturazione di queste competenze professionali.
Comunque per poter essere preparati nel mettere in pratica questo complesso profilo
professionale che deve obbligatoriamente essere costantemente aggiornato, la formazione
costante diviene una leva strategica. La stessa si nutre, a sua volta, dell’arricchimento dovuto
all’esperienza, che fa della professione docente un instancabile esempio di esperienza,
ricerca, riflessione sulla stessa, studio, approfondimento.
A tal proposito ricordo la tutor di due anni fa che mi disse: “Io il prossimo anno vado in
pensione ma ancora partecipo a corsi di aggiornamento”.
La formazione infatti costituisce un elemento essenziale per l‘identità professionale
dell’insegnante: tale formazione deve essere continua: la professionalità del docente non è
riconducibile alla trasmissione di saperi elaborati da altri, ma si configura come una
“competenza di ricercatore” in costante trasformazione.9
Se dovessi fare un bilancio delle mie competenze fino ad oggi acquisite, mi rendo conto che
nel corso degli anni dovrò sicuramente approfondire le competenze metodologiche-didattiche
e comunicative.
Per quanto riguarda le competenze metodologiche didattiche, sicuramente i corsi di studi
universitari mi hanno dato un base solida da cui partire, una teoria che se messa in atto nei
contesti e nei modi giusti risulta essere efficace e produttiva.
8
Le competenze professionali del docente. Luisa Treccani
https://www.luisatreccani.it/competenze-professionali-docente/
9
Rossella Cramarossa, Oriella Innocenti, Cinzia Rosselli, La professione docente: funzione educativa, culturale, etica,
sociale
In seguito però ho preso coscienze di quanto sia complesso metterle in atto in classe. Tuttavia
suppongo che questa competenza si affini nel tempo grazie all’esperienza, dopo molti anni in
classe, entrando in contatto con diverse realtà. Invece per quanto riguarda la competenza
comunicative, mi rendo conto che sia nella classe che con i gli altri insegnanti la mia
comunicazione risulta abbastanza fluida, anche se riconoscono in me la mancanza di un
linguaggio specifico. Al contrario sò di non essere pronta a comunicare in contesti più ampi,
come ho visto fare da diverse insegnanti, ad esempio nei collegi, consigli e commissioni.
Durante gli ultimi due anni ho lavorato molto su questa pratica, e sono sicuramente che con
l’esperienza e con molto impegno da parte mia migliorerà.
“Progettare è “il modo con cui si intende procedere verso il cambiamento” tenendo conto
della realtà̀ , delle sue risorse delle sue potenzialità̀ , ma anche dei suoi vincoli e limiti. Un
insegnante che progetta a scuola deve essere consapevole che le scelte progettuali che
compie, contribuiscono ad orientare l’allievo nella costruzione del suo progetto di vita”11
Condivido queste definizioni di progettazione in quanto se l’apprendimento è considerato
come un cambiamento che avviene all’interno dello studente, la progettazione si intende
proprio il modo attraverso il quale si dà il via a un cambiamento.
Ma non solo, oltre che essere riferita al cambiamento la progettazione è un’azione volta a
preparare e organizzare l’azione didattica e funziona come guida nelle azioni educative
dall’inizio alla fine.
L'evento progettuale si potrebbe pensare come un evento che inizia e finisce nel momento
stesso in cui le azioni didattiche sono state decise, ma al contrario, fa sua anche la fase
dell’implementazione in quanto, data la complessità della progettazione, si potrebbero
apportare delle modifiche “in corsa”.
10
Vocabolario on line TRECCANI.
11
A. Sacchella “Perché è importante progettare. La progettazione non è un optional”
2.1La mia progettazione negli anni di tirocinio.
Prima di intraprendere il percorso di studi, ero ingenuamente convinta che l’insegnante
avesse diverse mansioni: preparare la lezioni, attività, materiali, partecipare alla
programmazione e ai collegi, preparare verifiche, ma la progettazione era una cosa a me
ancora sconosciuta. Quando invece ho capito cosa volesse dire insegnare, ho preso coscienza
di quanto la capacità progettuale sia alla base dell’insegnamento stesso.
Durante questi anni universitari, grazie ai vari laboratori ho preso coscienza di cosa volesse
dire progettare.
Mi ricordo le prime volte, quando con i colleghi ci cimentavamo nella creazione di unità di
apprendimento, quanto eravamo confusi sul significato stesso di unità di apprendimento e
molte altre parole come: traguardi per lo sviluppo della competenza, competenza focus,
rubrica valutativa.
Poi approfondendo gli studi all’interno dei corsi universitari e mettendoci alla prova con i
diversi laboratori, siamo riusciti insieme a progettare attività complete e ben articolate.
Questo cambiamento radicale è avvenuto anche nelle mie esperienze dirette di tirocinio.
Ripercorrendo i quattro anno di tirocinio, dal punto di vista della progettazione mi ricordo
come il primo anno di tirocinio mi limitai a osservare, mentre il secondo anno mi cimentai
per la prima volta nella costruzione di una unità di apprendimento e fu un disastro.
Non feci una unità di apprendimento ma proposi una semplicissima attività: che se la
analizzo con occhio critico posso elencarne le maggiori criticità: mancanza di una
competenza focus, obiettivi e traguardi di competenza troppo generici, completa assenza di
valutazione, bisogno formativo generico.
Anche la gestione della classe durante l’attività fu molto difficile, mi ricordo l’ansia e
l’imbarazzo che provavo avendo gli occhi dei bambini e delle altre maestre puntati su di me.
Il terzo anno invece fu molto diverso, in quanto a causa della pandemia, non mi è stato
possibile attuare un’unità di apprendimento né in presenza né in modalità sincrona. In
accordo con le due tutor ho progettato singole attività che mi hanno dato modo di conoscere
diversi programmi e piattaforme utili per creare materiale multimediali da poter condividere
con gli alunni in didattica a distanza. Riporto la riflessione che feci lo scorso anno nella
relazione annuale: “Sono sincera, crea un’unità di apprendimento da svolgere in didattica a
distanza non è stato per niente facile. Non è stato facile nemmeno scegliere i programmi
giusti per spiegare l’argomento e le modalità per farlo. Per fortuna però durante il tirocinio
indiretto la tutor ci ha aiutato molto, suggerendoci diverse piattaforme per progettare attività
e presentandoci attività già svolte. Mi sarebbe piaciuto però presentare personalmente la
lezione ai ragazzi e avere un riscontro dei lavori svolti.”
Quest’anno invece finalmente ho avuto l’opportunità di mettermi alla prova e posso dire che
ad oggi la mia capacità di progettazione, rispetto i primi anni, è sicuramente migliorata.
Ho capito che prima di progettare qualsiasi evento didattico è importante selezionare e e
focalizzare la competenza su cui impostare il progetto stesso.
Una volta scelta la competenza è necessario creare una rubrica valutativa che consente di
descrivere i diversi livelli di padronanza.
La rubrica si intende un prospetto sintetico di descrizione utile a identificare e esplicitare le
aspettative relative a un certo allievo o a un determinato gruppo di allievi.12
La costruzione della rubrica valutativa è la parte di progettazione più complessa per me, che
solo dopo ho capito essere essenziale ai fine dell’ideazione dell’evento progettuale.
Ho imparato a crearla durante i laboratori con i miei colleghi, e nelle unità di apprendimento
progettate quest’anno sono riuscita a svilupparla.
Dopo aver individuato, la competenza e creato la rubrica valutativa, l’insegnante deve
studiare il contesto classe per comprendere quale potrebbe essere il bisogno formativo degli
alunni. La situazione problema, da cui poi nasce il bisogno formativo, definisce l’oggetto del
progetto, il “che cosa” deve essere affrontato e risolto.13
“L’insegnante deve sviluppare la sua capacità di osservazione non solo per modificare o
riconoscere comportamenti ma anche per facilitare l’apprendimento garantendo
contemporaneamente una gestione delle relazioni che favorisca e promuova tale obiettivo.”14
Durante gli incontri che hanno preceduto l’implementazione delle mie attività, al fine di
scegliere un argomento che risponda ai bisogni degli alunni, ho osservato molto il contesto
classe, ma visto che la mia osservazione era molto limitata per le poche ore a disposizione mi
sono affidata ai pareri delle insegnanti.
È importante poi stabile degli obiettivi e i relativi traguardi per lo sviluppa di essa;è
importante che siano coerenti con il bisogno formativo e con la competenza che si vuole
andare a sviluppare.
I traguardi di sviluppo delle competenze sono riferimenti ineludibili per gli insegnanti, in
quanto indicano “le piste culturali e didattiche da percorrere e aiutano a finalizzare l’azione
12
Progettare per competenze. Mario Castoldi. pag.169.
13
ibidem. pag. 186
14
Reffieuna, Il bambino a scuola.
15
educativa allo sviluppo integrale dell’allievo” . Gli obiettivi di apprendimento devono
definire in modo chiaro e inequivocabile “conoscenze e abilità ritenuti indispensabili al fine
di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze”16.
Riconosco che nelle prime unità di apprendimento degli scorsi anni sia gli obiettivi che i
traguardi erano molti e confusionari e generici, e poco coerenti tra di loro. Ora invece li
analizzo con cura, selezionando solo quelli che reputo adatti.
Una volta messo a fuoco il “perché” e il “che cosa” del proprio progetto, si tratta di precisare
il “come” affrontare il bisogno formativo.17La metodologia poi è un aspetto fondamentale
della progettazione, in quanto stabilisce le modalità attraverso cui si vuole affrontare la
competenza scelta. In questa fase l’insegnante dovrebbe porsi delle domande chiave: “Quali
strumenti e materiale sono più idonee?” “Quale metodologia potrebbe fare al caso di....?”
“Quali strategie didattiche sono più adatte per questa attività??”. Quanto a me, come già
scritto nel capitolo precedente, nonostante quest’anno abbiamo cercato di lavorare molto su
questo aspetto, ho ancora molto da migliorare; mi rendo conto di non avere una conoscenza
approfondita sulle diverse metodologie e faccio fatica a valutare il contesto per metterle in
atto.
Quest’anno poi è stato molto più difficile, in quanto, a causa delle norme anti-covid non era
possibile far lavorare i bambini in coppia ne in gruppo. Ho dovuto quindi evitare il
cooperative learning e anche il peer tutoring, metodologie nelle quali sono più esperta.
La valutazione per molto tempo invece è stata il mio tallone d’Achille, in quanto non riuscivo
a capire come funzionasse, quali fossero gli strumenti da usare e come metterla in atto. Le
cose sono migliorate quando diedi l’esame di “Didattica Generale” e studia la valutazione
trifocale: “non è sufficiente un unico punto di vista, per comprendere il nostro oggetto di
analisi,occorre osservarlo da molteplici prospettive. Le tre prospettive di osservazione della
competenza sono riferibili a una dimensione soggettiva , intersoggettiva, oggettiva”.18
La valutazione così articolata mi ha fatto capire che sono necessari tre diverse dimensioni per
verificare il livello di competenza sviluppato dai singoli studenti, e di conseguenza è
necessaria la creazione di tre diversi strumenti. Le conoscenze si sono consolidate con il
corso di “Tecniche e Metodi della Valutazione Scolastica”. Devo dire che comunque ho molto
da lavorare anche su questo aspetto; nei momenti di progettazione individuale a volte ho delle
15
MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infan- zia e del primo ciclo di istruzione, settembre 2012, p. 13.
16
ibidem.
17
Progettare per competenze. Mario Castoldi. pag.193
18
Progettare per competenze. Mario Castoldi
difficoltà nel costruire una rubrica valutativa che sia congruente con il progetto didattico
realizzato.
2.2Progettazione è Inclusione.
Un concetto fondamentale che va di pari passo con la parola Progettazione, è Inclusione.
Come si legge dalle LINEE GUIDA PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI
ALUNNI CON DISABILITA’: “La progettazione degli interventi da adottare riguarda tutti
gli insegnanti perché l’intera comunità scolastica è chiamata ad organizzare i curricoli in
funzione dei diversi stili o delle diverse attitudini cognitive, a gestire in modo alternativo le
attività d’aula, a favorire e potenziare gli apprendimenti e ad adottare i materiali e le
strategie didattiche in relazione ai bisogni degli alunni.” L’inclusività è alla base della
progettazione. Per mettere in atto una progettazione che guardi all’inclusione è fondamentale
che l’insegnante valorizzi in modo equo tutti gli alunni attivando strategie didattiche e dando
strumenti compensativi e misure dispensative che corrispondano ai bisogni di tutti gli alunni.
Nel corso dei quattro anni di tirocinio diretto, ho avuto modo di conoscere tanti bambini con
diverse disabilità, e mi è dispiaciuto vedere come ancora oggi alcune insegnanti attuino azioni
discriminatorie verso di loro.
Riporto uno stralcio di diario di bordo dello scorso anno:
“Vidi il banco di F. pieno di fogli e astucci ma lui non era seduto al suo banco, domandai alla
maestra che fine avesse fatto e lei mi rispose: “E’ fuori con la maestra di sostegno, oggi non
riusciva a reggere il ritmo”. Al sentire queste parole ci rimasi male; dove erano finiti tutti
quei bei discorsi decantati nel PTOF sull’inclusione scolastica? L’insegnante di sostegno
non dovrebbe essere un insegnante come tutti gli altri, al quale viene assegnato il compito di
dare il suo aiuto alla classe in cui si trova un alunno con disabilità? Non può essere
indentificato come l’insegnante dell’alunno con disabilità. E l’alunno con disabilità fa parte
della classe e anziché portarlo fuori dall’aula, dovrebbe essere aiutato, supportato,
indirizzato verso il raggiungimento degli stessi obiettivi dei suoi pari con strumenti diversi.”
Quest’anno invece nella scuola primaria ho incontrato quattro bambini, tutti con difficoltà
differenti ,e ho cercato di adattare le mie attività prendendo sempre in considerazione i loro
bisogni. Per rispetto della privacy la tutor non ha potuto mostrarmi i loro PDP, ma mi ha
spiegato però la loro situazione descrivendomi molto dettagliatamente il piano didattico
messo in campo, basato su una scrupolosa attenzione ai loro bisogni.
Grazie alla sua disponibilità, nelle attività proposte ho usato degli strumenti compensativi per
fargli raggiungere lo stesso obiettivo che avevo prefissato per tutta la classe.
E' indispensabile a questo proposito, nel momento della progettazione, la consultazione del
documento Universal Design For Learning, Progettazione Universale per l’Apprendimento,
strumenti essenziali per l’insegnante, per ridurre gli ostacoli e per soddisfare i bisogni di tutti
gli alunni.
Riguardo questo riporto i quattro valori essenziali sui quali si fonda il profilo dell’insegnante
inclusivo:
1.Valutare la diversità degli alunni, considerando la differenza come una risorsa e una
ricchezza;
2. Sostenere gli alunni, con i docenti chiamati a coltivare alte aspettative sul successo
scolastico per ogni studente;
3. Lavorare con gli altri, nel senso che la collaborazione e il lavoro di gruppo sono approcci
essenziali per tutti i docenti;
4. Sviluppare un aggiornamento professionale continuo, dato che l’insegnamento è un’attività
di apprendimento e i docenti hanno la responsabilità del proprio apprendimento permanente
per tutto l’arco della vita.19
19
European Agency for Special Needs and Inclusive Education, 2012, pag. 21
3) Gestione della relazione dei processi comunicativi.
La scuola è un intreccio di relazioni, un luogo in cui si costruiscono rapporti significativi, è
un ambiente dove viene riconosciuta sempre di più l’importanza di creare relazioni
interpersonali positive al fine di conseguire gli obiettivi propri dell’organizzazione stessa.
Le competenze relazionali e comunicative sono alla base dell’insegnamento. Tutti i giorni
l’insegnante è chiamato a relazionarsi con la classe, con i colleghi, con i genitori degli alunni,
con il Dirigente, con la segreteria e anche il personale Ata. L'insegnante quindi dovrebbe
avere una comunicazione fluida, empatica, esprimere disponibilità personale e umana.
È necessario però distinguere due tipi di comunicazione:
-comunicazione interpersonale “bilaterale” (comunicazione con gli studenti, con i colleghi,
con i genitori, con il dirigente)
-comunicazione in contesti più ampi (consigli, commissioni, collegi). 20
Nella mia esperienza di tirocinio diretto ho potuto constatare la mia competenza solo nelle
relazioni interpersonali bilaterali, più nello specifico, con gli alunni, e con le altre insegnanti.
La comunicazione in contesti più ampi non ho mai avuto modo di affrontarla in quanto, anche
se ho partecipato a diversi collegi, e consigli, non ho mai avuto modo di prendere la parola
(ma comunque non mi sentirei all’altezza del compito).
Vorrei quindi analizzare i due tipi di relazione, con gli alunni e con le altre insegnanti, che ho
avuto modo di verificare nelle ore di tirocinio.
20
Le competenze degli insegnanti. Rita Ciambrone
http://competenzedocenti.it/Documenti/le_competenze_degli_insegnanti_-_Rita_Ciambrone.pdf
21
Blandino, G. (2008). Quando insegnare non è più un piacere. La scuola difficile, proposte per
insegnanti e formatori. Milano: Raffaello Cortina
Nelle relazioni con gli alunni è importante che l’insegnante dia importanza a tutto ciò che
esce dalle loro bocche, è importante che li ascolti e li inciti a parlare di se stessi. Penso che
solo in questo modo gli studenti lasciano entrare l’insegnante nel loro mondo.
Mi sento molto forte e sicura di me stessa su questo aspetto in quanto ho una spiccata empatia
e grazie ad esse riesco a comprendere i sentimenti e le preoccupazioni degli altri assumendo
il loro punto di vista e apprezzando i diversi modi di guardare la realtà. Ritengo che questa sia
una caratteristica fondamentale che un insegnante deve avere. Inoltre sono, sempre postiva, e
cerco di vedere sempre il lato positivo nelle cose. Penso che i bambini questo lo sentano,
infatti nelle mia esperienze di tirocinio diretto e non solo, i rapporti con gli alunni hanno
sempre avuto una connotazione super positiva, sono stati caratterizzati da simpatia e
reciproca curiosità, volontà di scoprire e di entrare in relazione.
Inoltre, l’età dei bambini, sia della scuola dell’infanzia che quella primaria, è un’età in cui i
rapporti con l’adulto sono ancora fortemente influenzati dal modello materno, che permette
quindi di creare rapporti ancor più intrisi di complicità.
Nelle scuole purtroppo ho avuto modo anche di vedere quanto può danneggiare non solo nel
bambino un rapporto negativo con l’insegnante.
Per quanto riguarda invece la gestione della classe e la qualità del feedback, la prima volta
che provai a stare davanti la classe, durante la mia prima attività, ero veramente imbarazzata,
presa dall’ansia, e non riuscivo quasi a parlare. Con il tempo, e con l’esperienza poi ho
imparato a gestire le emozioni e quest’anno invece, durante l’implementazione della mia
attività, mi sono divertita molto. Credo quindi di avere delle buone capacità, cerco sempre di
dare la parola a tutti, dò importanza a tutto quello che viene detto dagli alunni. Tuttavia, come
insegnante alle prime armi, ammetto di avere talvolta delle difficoltà nel richiamare
l'attenzione o nella gestione del gruppo, a livello attentivo e comportamentale. Credo che in
questo sia fondamentale il percorso che ognuno di noi svolge con la classe, mantenendo un
atteggiamento autorevole, ma allo stesso tempo disponibile, elastico e comprensivo.
22
Per una cultura della collaborazione. Emanuele Berger.
https://www4.ti.ch/fileadmin/DECS/DS/Rivista_scuola_ticinese/ST_n.322/ST_322_Berger_per_una_c
ultura_collaborazione.pdf
4.Documentazione e rielaborazione dell’esperienza in chiave professionale
“La competenza documentativa si esprime nella capacità di rievocare, riorganizzare,
ristrutturare le esperienze già realizzate, per farle diventare patrimonio per sé e per gli
altri;”23
La documentazione riveste un ruolo centrale nella scuola in quanto è uno strumento che
permette una riflessione critica sui percorsi realizzati.
Una attenta documentazione dei processi che comprendono componenti progettuali,
organizzativi, metodologici, pone il docente in situazione di riflessione. Aiuta l’insegnate a
focalizzare la motivazione, gli obiettivi cardine di una esperienza scolastica, le condizioni che
hanno portato ad alcune scelte organizzative, i problemi didattici incontrati, la valutazione
dei risultati raggiunti e le modalità del suo svolgersi, sollecitano nel docente lo sviluppo di
attività di autocritica ed autovalutazione. la documentazione, nel suo farsi, sollecita e
approfondisce la professionalità docente in tutte le componenti che ne costituiscono il profilo.
Il documentare, per il docente, si pone come punto di incontro, ove confluiscono e si
intrecciano le sue competenze disciplinari, psicopedagogiche, organizzativo - relazionali,
metodologico - didattiche, di ricerca e valutative.24
«La pratica della documentazione va intesa come processo che produce tracce, memoria e
riflessione negli adulti e nei bambini rendendo visibili modalità e percorsi di formazione e
permettendo di individuare i processi dell’apprendimento individuale e di gruppo.»25
23
Apprendere a documentare nella scuola della post-autonomia. Nunzia Schiavone Università degli Studi “Aldo Moro” di
Bari.
24
“La documentazione come risorsa di Stefano Marotta”
25
Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola per l’infanzia e del primo ciclo di istruzione, 2012, p.18.
26
PROGETTO DI TIROCINIO (anno accademico 2018/2019)
Ogni anno, quando all'inizio degli incontri di tirocinio indiretto, le tutor ci domandavano se
volevamo riprendere o approfondire qualche argomento che ancora non era chiaro, la nostra
risposta, quasi unanime, era sempre quella di ripartire dal diario di bordo.
In noi regnava una grande confusione. Il problema principale di cui tutti ci lamentavamo, era
che avendo avuto, ogni anno, una tutor diversa, avevamo tre diverse spiegazioni su come
scrivere il diario, perchè anche se il concetto di diario era condiviso da tutte le tutor, ognuna
aveva un modo diverso di elaborarlo , puntando più su un aspetto piuttosto che su un altro.
A questo proposito vorrei riprendere un vecchio diario di bordo.
“Oggi mi sono accordata con la tutor per fare il turno con lei di pomeriggio in modo che vedessi
anche l’ora della mensa e le attività pomeridiane. Sono arrivata a scuola alle ore 11. I bambini
stavano facendo delle formine con la pasta zucchero. Erano tutti molto concentrati, ci hanno saluato
a malapena. Non avevano un esempio da seguire e infatti tutti stavano facendo cose diverse. Carlo
faceva un serpente, Anastasia volava provare a fare una coroncina, Kevin un martello. Anche Karim
era molto attento a cercare di creare la sua spada. Alla fine dell’attività le maestra lasciarono liberi i
bambini per dieci minuti prima di andare a pranzo. Poi si misero tutti in fila uno dietro l'altro e
tenendosi la “coda” (la cintina del grembiule) camminarono in fila indiana cantando una canzoncina
fino ad arrivare alla mensa. Una volta arrivati lì si precipitarono sui tavolini, piccolo piccoli fatti su
misura per loro. I tavolini erano da quattro posti. La sala mensa era molto grande, c’erano molti
tavolini piccolini per i bambini e un tavolo molto grande invece per le maestre. La mia tutor con aria
molto scocciata urlò “Ma lo sapete che non dovete mettervi vicino a chi vi pare, dovete essere
mischiati!!!!” E cominciò a prendere alcuni bambini per spostarli da un tavolo a un altro con lo
scopo di formare tavoli composti da bambini di diverse età, sia da maschi che da femmine. Poi
entrarono le altre due classi. Le maestra si comportarono esattamente come la mia tutor; sgridavano i
bambini che si mettevano a sedere vicini. Il pranzo iniziò, c’era la pasta al sugo, un hamburger e i
fagiolini come contorno. La maestra mi diede un foglio. C’era uno schema con elencati tutti i giorni
della settimana a fianco al nome dei bambini. Con una crocetta dovevo segnare chi non aveva e chi
invece aveva mangiato. Passai tra i tavolini per vedere se chi non mangiava e segnavo tutto. Vidi però
che Anastasia non aveva mangiato proprio niente, e le dissi “ Ma Anastasia per non mangi nulla?!”
Lei mi disse che gli faceva male la pancia e infatti dopo andò di corsa in bagno. Durante il pasto tutte
le maestra erano sedute sul tavolo grande, intente a parlare tra di loro. Solo due si preoccupavano di
mantenere l’ordine, infatti si creò una grandissima confusione. I bambini non ascoltavano le due
maestra che dicevano in continuazione di stare buoni e di non alzarsi dal tavolo………... L’attività del
pomeriggio era il laboratorio di lettura. La maestra chiese ai bambini quale fiaba avevano voglia di
sentire e si decise per pinocchio. Iniziò a leggere con una lettura molto animata, alzando la voce nei
momenti di preoccupazione, abbassandola invece ad esempio nel momento in cui pinocchio è nella
bocca della balena e deve fare molto silenzio. I bambini anche se conoscevano a memoria la fiaba
erano tuti in silenzio, presi dalla lettura e avevano lo sguardo fisso sulla maestra. Al termine
dovevano disegnare il momento del racconto che più gli era piaciuto. Ma non fecero in tempo. Si
erano fatte le 16.00 e i genitori iniziavano ad arrivare e portare i bambini a casa.”
Questo diario risale al 02/03/2018, primo anno di tirocinio.
Leggendolo ora, mi accorgo immediatamente del carattere puramente descrittivo del diario,
dell’assenza di riflessioni personali, di osservazioni, e di focus, mancanza di descrizione delle
metodologie usate e del perché l'insegnante mette in atto proprio quella strategie. Assenza
completa degli aspetti normativi e di riflessioni sulla programmazione, modalità di relazione
ecc…
Le mancanze, nel diario sono riportato sono moltissime. Durante il secondo e il terzo anno,
sono visibili invece diverse riflessioni, ma solo quest’anno che ho capito effettivamente la
funzione del diario di bordo.
Anche quest’anno, durante il primo incontro di tirocinio abbiamo subito posto alla tutor la
nostra problematica che ci perseguitava ormai da diverso tempo.
La tutor si è subito dimostrata disponibile a riprendere l’argomento e grazie a lei, i miei diari
hanno subito un mutamento radicale. Con la tutor siamo ri-partiti della definizione di diario
di bordo come: “Spazio che coniuga studio, osservazioni, riflessioni. Visto come momento di
rielaborazione, strumento per rileggermi e notare l'evoluzione; e modo di contestualizzare la
teoria”
Fino ad arrivare alla definizione finale:” Strumento di documentazione e di riflessione
(contiene osservazioni, descrizioni, riflessioni, documentazione fotografica, normativa,
interviste, stralci di dialogo di bambini, mappe progettuali, analisi documenti...)”
Durante gli incontro poi ci siamo soffermati molto sul focus, definito come “uno zoom su un
dettaglio” che indica la parte da attenzionare che su diversi aspetti: -bambini- singolo
bambino; -metodologia usata; -setting; -clima relazionale, stile comunicativo; -relazione (
docente alunni, tra docenti, tra alunni); -coerenza tra finalità, metodologie, strumenti, attività,
verifica; -posizionamento docente, risposta studente; -approccio.
Durante queste lezioni è avvenuto un punto di rottura tra quello di cui era convinta prima, e
quello che invece ho capito ora e la mia visione del diario di bordo si è totalmente stravolta.
Ho iniziato a domandarmi il perchè di determinate azioni, quali progetti ci fossero alla base,
se l’attività fosse congrua con la programmazione ecc.. .
Ho iniziato ad agire con curiosità, a pormi delle domande, indagare sulle tracce documentali,
analizzare gli aspetti normativi, ho iniziato a chiedere alle insegnanti quello che non sapevo.
Conclusione
Durante le diverse esperienze fatte nelle scuole, i primi anni, a volte, pensavo tra me e me
“Ma io che insegnante voglio essere ?? ”, “Io non voglio essere così, voglio essere migliore”,
oppure “Vorrei essere tanto come lei..”.
Poi ho capito che non esiste un modello da seguire, ma l’importante è catturare con gli occhi,
rimodellare quello che vediamo, capire per poi fare nostro, prendere spunto.
Questo è ciò che è accaduto a me nel tirocinio diretto e indiretto e come è infatti riportato nel
documento del Progetto di Tirocinio:
“Come previsto dal DM 249/2010 i tirocinanti sono pertanto chiamati a osservare e
partecipare alle dinamiche socio- cognitive e relazionali dell’aula (micro contesto), leggerle
ponendole in relazione con le prospettive organizzative e culturali della scuola (macro
contesto), scoprire le reciproche influenze e riflettere sulle necessarie retroazioni.
Co-partecipare alla ideazione, progettazione, attuazione, verifica–valutazione di esperienze
didattiche.”
Quest’anno poi, mi ricordo di essermi emozionata, quando durante un incontro di tirocinio
indiretto la tutor ci disse di non essere passivi, ma di agire con curiosità, di porsi delle
domande, ricercare con le risposte, agire come un detective, indagare sulle tracce
documentali, chiedersi sempre la ricaduta che l'esperienza comporta a livello professionale e
personale.
Quelle parole mi caricarono di energia, dopo un periodo difficile, capì quanto era importante
quello che stavo facendo.
Se dovessi oggi incontrare un mio collega che sta per iniziare il primo anno di tirocinio gli
direi di cercare di carpire più che può dai tutor che avrà, dall’ambiente scolastico, dalle
attività e dai progetti proposti. Di vivere l’esperienza del tirocinio con un atteggiamento volto
ad accrescere le proprie competenze professionali, che col tempo diventeranno sempre più
forti. Gli farei capire quanto questa opportunità sia preziosa, in quanto permette di
familiarizzare con l’ambiente scuola, con le modalità relazionali e gestionali dei docenti, con
tutto ciò che riguarda il lavoro dell’insegnante, mantenendoci in un ambiente protetto. Oltre
a ciò, direi ad una collega di cercare di far fruttare al massimo ogni ora che passa a scuola, gli
direi di farsi spiegare tutti i progetti, le attività, di partecipare a più laboratori, riunioni e
occasioni formative che può. Gli consiglierei di documentarsi, segnarsi i nomi dei libri e degli
articoli che lo incuriosiscono, e di chiedere sempre quello che non sà. Inoltre suggerirei
anche, se possibile, di svolgere il tirocinio in realtà che si distinguono per qualche
caratteristica, per l’impostazione che usano, per l’indirizzo pedagogico o metodologico, come
ad esempio è successo a me quest’anno entrando in una pluriclasse. Istituzioni scolastiche di
questo tipo infatti, offrono possibilità formative molte ampie, e anche modi alternativi di
interpretare e realizzare il delicato compito della scuola.
Questo per me è il tirocinio, un’avventura, una scoperta, un percorso di crescita.
Vorrei poi ringraziare tutte le tutor che si sono succedute in questi quattro anni, per essere
state sempre disponibile, per averci sostenuto, per averci dato gli strumenti necessari per
affrontare questa emozionante avventura.
Ringrazio anche il mio gruppo di tirocinio, col quale ho condiviso momenti di formazione e
riflessione, ma anche ansie e risate.
Ringrazio anche tutti i miei tutor scolastici, che mi hanno fornito moltissimi stimoli, mi
hanno arricchita come docente e come persona. In particolare mi sento di ringraziare
Ringrazio anche tutti i bambini che ho incontrato, che con i loro sorrisi e le loro
dimostrazioni di affetto mi convincono sempre di più che questa è la strada giusta per me. In
questi anni sono cresciuta, ho vissuto molte esperienze, alcune molto positive, altre meno, ma
ho comunque acquisito degli strumenti che mi permetteranno di avvicinarmi ad una
professione che è, secondo me, la più emozionante di tutte.
Quanto a me spero di essere capace di far fruttare tutte le cose che ho imparato in modo
proficuo, e spero di avere la riflessività che mi permetta di cambiare strada o strategia qualora
fosse necessario.
Mi auguro anche di diventare una maestra che operi con amore e con sentimenti di
cura,riguardo, gentilezza e attenzione, con lo scopo di far vivere ai bambini la scuola come lo
spazio del loro potenziale migliore.
Vorrei creare nella mia classe un clima di serenità, senza paura o vergogna, dove regni il
sentimento di amicizia e di comprensione tra tutti. Vorrei essere una maestra sicura di se
stessa che renda sicuri anche i suoi alunni.
“Le nozioni si fissano insieme alle emozioni: se un bambino impara con gioia, la lezione si
inciderà nella memoria insieme alla gioia. Se impara con noia, paura e ansia si attiverà l’alert:
“Scappa da qui, perchè ti fa male””27
27
Daniela Lucangeli. Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere.
SITOGRAFIA
DON MILANI Lavoro, Istruzione, Formazione
https://www.icdonmilanikr.it/autovalutazione-insegnanti/
Blandino, G. (2008). Quando insegnare non è più un piacere. La scuola difficile, proposte per
insegnanti e formatori. Milano: Raffaello Cortina
Gestione della Relazionale/ Padronanza dei diversi Individua Individua su Individua con Individua con
relazione e dei Comunicativa codici comunicativi autonoma richiesta del la mediazione fatica le
processi Costruzione di modalità men te le tutor le del tutor le modalità
comunicativi relazionali efficaci nella modalità modalità modalità (linguaggi-
classe/ sezione con i pari; (linguaggi- (linguaggi- (linguaggi- atteggiamenti
con i tutor dei tirocinanti; atteggiame atteggiamenti atteggiamenti ) più efficaci
con le famiglie con il nti) più ) più efficaci ) più efficaci per entrare in
personale scolastico ( efficaci per per entrare in per entrare in rapporto con
Dirigenti, collaboratori, entrare in rapporto con rapporto con l'altro nelle
esperti, segreteria) con il rapporto l'altro nelle l'altro nelle diverse
tutor coordinatore; con il con l'altro diverse diverse situazioni
tutor organizzatore nelle situazioni situazioni nonostante la
Gestione delle emozioni diverse mediazione
situazioni del tutor
X
Documentazio Metariflessiva Elaborazione di una Rilegge Rilegge su Rilegge con la Fatica a
ne e / documentazione corretta autonoma richiesta del mediazione rileggere la
rielaborazione Documentativ dal punto di vista men tutor la del tutor la propria
dell'esperienza a ortografico e sintattico te la propria propria esperienza
in chiave Utilizzo di un linguaggio propria esperienza, esperienza, e ad
professionale professionale esperienza evidenziando evidenziando evidenziare le
Fluidità e chiarezza in modo nel portfolio le nel portfolio le competenze
espositiva Originalità e critico, competenze competenze professionali
rielaborazione in chiave evidenziand raggiunte professionali nonostante la
personale o nel attraverso un con un lessico mediazione
Metariflessione portfolio le lessico non sempre dei tutor
sull'esperienza competenz professionale appropriato
(insegnamenti- laboratori- e raggiunte
tirocinio diretto/ indiretto) attraverso
un lessico
professiona
le
Diari di bordo
DIARI DI BORDO SCUOLA PRIMARIA: 17/05/2021
FOCUS: LA PLURICLSSE
Come d’accordo con la tutor inizia il tirocinio diretto nella scuola primaria il 17 maggio alle ore 8:00.
A primo impatto, la scuola vista dall’esterno sembrava essere una grande abitazione, solo la bandiera Italiana e
la targa vicino alla porta principale mi fecero capire che quello fosse il plesso dove avrei svolto le ore di
tirocinio diretto. Mi aprì la porta una signora del personale ATA che mi diresse verso la classe dove si trovava la
mia tutor. I bambini inizialmente non fecero caso al mio ingresso e continuavano a chiacchierare. La tutor mi
accolse con grande entusiasmo, disse ai bambini di riguardare i compiti e intanto iniziò a parlare con me del
contesto classe.
Quando mi disse che la classe era una pluriclasse mi venne spontaneo chiederle cosa volesse intendere con quel
termine visto che nel mio percorso di studi non avevo ancora mai sentito parlare di questa tipologia. Lei mi disse
che a causa dei pochi iscritti non era possibile creare delle classi eterogenee ed erano costretti a unire due o tre
classi in una unica. Infatti la pluriclasse I e II contava 14 alunni di cui 10 di prima e 4 di seconda. Lo stesso per
la pluriclasse III - IV - V, tutte unite in un'unica classe.
Prima di iniziare le attività ho ipotizzato diversi aspetti sia negativi che positivi a cui potrebbe andare incontro
un’insegnante all’interno di una pluriclasse. Ho supposto che il carico di lavoro dell’insegnante sia maggiore
rispetto a quello previsto per una monoclasse e che non sia facile nemmeno l’organizzazione e programmazione
in quanto devono tenere conto dell’età degli allievi e delle competenze da sviluppare e raggiungere.
Mettendomi nei panni dell’insegnante, senza ancora vedere le metodologie messe in atto ho ipotizzato che
l’organizzazione segua due tendenze maggiormente applicate: la prima è quella di mantenere unito il gruppo
classe, svolgendo talvolta lavori di gruppo, dove alcuni allievi si troveranno a lavorare autonomamente e altri
invece con il docente; la seconda prevede invece di dividere il gruppo classe, portando alcuni gruppi fuori
dall’aula per svolgere alcune lezioni in modo più tranquillo.
Quando condivisi con la tutor la mia prima idea sull’organizzazione della classe lei mi interruppe subito
dicendomi che in quel periodo non poteva essere possibile dividere la classe in piccolo gruppi per farli lavorare
insieme, in quanto, non avrebbero mantenuto le opportune distanze di sicurezza.
Infatti secondo quanto riportato dal documento “Piano Scuola 2020/2021” emanato dal Ministero
dell’Istruzione, si legge che: In particolare, con riferimento alle
indicazioni sanitarie sul distanziamento fisico, si riporta di seguito l’indicazione letterale tratta dal verbale
della riunione del CTS tenutasi il giorno 22 giugno 2020:
«Il distanziamento fisico ( inteso come 1 metro fra le rime buccali degli alunni), rimane un punto di primaria
importanza nelle azioni di prevenzione...»
La tutor poi mi disse che secondo lei la pluriclasse non era un fattore di ostacolo ma, mi confidò secondo la sua
esperienza che i bambini con difficoltà non erano agevolati e non ricevono le attenzioni dovute. Nella classe
sono presenti quattro bambini con bisogni educativi speciali: due bambini della classe prima, A. con deficit di
attenzione e iperattività, mentre F. si suppone sia affetto da una forma di autismo; tutti e due sono in via di
diagnosi. Mentre gli altri due bambini della classe seconda con bisogni educativi speciali sono I. e D.: I. è una
bambina straniera e ha uno svantaggio linguistico mentre D. si suppone sia dislessico ma ancora non
diagnosticato.
infatti come si legge dal documento LINEE GUIDA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO DEGLI ALUNNI E
DEGLI STUDENTI CON DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO: “Come è noto, la diagnosi di DSA
può essere formulata con certezza alla fine della seconda classe della scuola primaria. Dunque, il disturbo di
apprendimento è conclamato quando già il bambino ha superato il periodo di insegnamento
della letto-scrittura e dei primi elementi del calcolo. Ma è questo il periodo cruciale e più
delicato tanto per il dislessico, che per il disgrafico, il disortografico e il discalculico.”
Nel frattempo, nella classe regnava il caos. Dopo la lunga chiacchierata mi sedetti vicino la cattedra e dopo
qualche minuto mi presentai alla classe. Tutti mi ascoltavano in silenzio incuriositi e al termine, ad alzata di
mano, mi fecero tantissime domande: “Ma quindi anche tu vai a scuola?” “Ma che cos’è l’università ?” “Ma
anche tu fai i compiti a casa ??”
Dopo aver risposto a tutte le domande mi accomodai in una piccola sedia e iniziò la lezione, erano le ore 9.00
L’insegnante domandò ai bambini cosa avessero fatto nel weekend. Uno ad uno, ad alzata di mano,
rispondevano entusiasti raccontando la propria giornata. L’attenzione si soffermò sul racconto di Niccolò:
“....poi la sera abbiamo mangiato le GONDOLE!”
La maestra allora scrisse alla lavagna due parole: vongole e gondole e chiese a Ilias (bambino della prima) di
dividerle in sillabe. Dopo aver trovato il significato delle due parole Niccolò si rese conto da solo dell’errore
appena commesso e disse: “Maè, è veroooo, si chiamano vongole non gondole!!”
Poi la tutor chiese a un bambino di seconda ,Thomas, di dirle invece se i due nomi fossero nomi comuni o nomi
propri. Domandò poi a una bambina di prima, Cloe, di dirle che azione potevano svolgere le gondole e gli
chiese di costruire una frase. Dopo aver scritto la frase, la maestra chiese a un alunno di seconda di scrivere
delle espansioni, e infine, di trovare degli aggettivi sia per il nome gondola che per il nome vongola.
Sono rimasta piacevolmente colpita dalla flessibilità messa in atto dall’insegnante nell’effettuare questo
ripasso. Partendo dal racconto dei bambini, è riuscita a mantenere alta la loro attenzione mettendo in atto
un’attività che ha permesso la conoscenza reciproca per entrambe le classi.
La lezione finì alle ore 10:15 con l’inizio della ricreazione.
SETTING: La classe è molto spaziosa, sono presenti tre finestre che illuminano bene la stanza. Alle pareti sono
appese tre lavagna: la LIM disposta nella parete vicino la cattedra, davanti ai bambini, l’altra lavagna appesa
lateralmente e l’ultima è situata nella parete a cui i bambini danno le spalle. Penso che tutte queste lavagne
servano alle insegnanti nel momento delle spiegazioni, quando devono organizzare due argomenti diversi. Le
pareti dell’aula sono dipinte di giallo e sono abbellite da diversi poster e cartelloni che raffigurano le quattro
stagioni, le lettere e i numeri appresi dagli alunni durante i mesi precedenti al mio arrivo. I banchi sono staccati
l’uno dall’altro e sono disposti in quattro file parallele. La cattedra non è centrale ma posizionata attaccata alla
parete.
A proposito di questo riporto una frase di Mario Castoldi (Didattica Generale, Mondadori, 2010) “il setting
formativo nel suo insieme veicola un determinato modello pedagogico che, proprio in quanto agito piuttosto che
espresso attraverso parole, incide in modo profondo sul processo formativo e sui suoi significati.” Fondamentale
quindi risulta essere la connessione tra setting e relazione educativa, anche se in questo specifico anno
scolastico, le aule si sono dovute adattare alle norme vigenti di sicurezza a causa della pandemia, tralasciando
l’importanza che riserva questo aspetto.
La lezione iniziò alle 8:25, i bambini erano seduti ognuno al proprio posto, con il quaderno già aperto e colla e
forbici tra le mani. Questo loro comportamento mi fa capire che con questa insegnate sono soliti lavorare con le
schede. L’insegnante infatti dopo pochi secondi iniziò a passare le schede alla classe.
I bambini di prima avevano una scheda di ripasso delle addizioni da 0 a 20 con la linea dei numeri, mentre i
bambini di seconda avevano una scheda con diverse moltiplicazioni da fare il colonna.
Mentre i bambini compilavano le schede chiesi all’insegnante se aveva preparato del materiale diverso per i
bambini che possiedono un il PDP “piano didattico personalizzato”.
Riporto di seguito la definizione di Piano Didattico Personalizzato presa dal sito del Ministero dell'istruzione
:”È chiamato in questo modo il documento di programmazione con il quale la scuola definisce gli interventi che
intende mettere in atto nei confronti degli alunni con esigenze didattiche particolari ma non riconducibili alla
disabilità (in caso di disabilità, come è noto, il documento di programmazione si chiama PEI, Piano Didattico
Individualizzato, ben diverso per contenuti e modalità di definizione)”
Lei mi disse che F. (bambino con deficit intellettivo) aveva già con sè un foglio di supporto con la linea dei
numeri che poteva consultare in qualsiasi momento e aveva comunque ridotto il numero di addizioni, scritte a
caratteri più grandi. Invece per A. il bambino con deficit dell’attenzione e iperattività non aveva apportato
nessuna modifica, in quando mi disse che in era un bambino molto intelligente e anzi, a volte era più veloce dei
compagni.
Per gli altri due bambini invece mi disse che non c’era bisogno di nessuna modifica in quando il bambino con
dislessia risultava essere allo stesso livello degli altri compagni di seconda e la bambini con svantaggio
linguistico sapeva lavorare molto bene sulle operazioni.
Durante la svolgimento delle schede l’insegnante si mise vicino al bambino con deficit intellettivo e la mia
attenzione fu attirata dal comportamento di A.
Durante la compilazione delle schede A. si alzava spesso dalla sedia e disturbava i bambini seduti vicino a lui
scarabocchiando le loro schede o scrivendo sul loro banco. Quando invece si concentrava sul foglio la sua
attenzione è molto limitata in termini di tempo. Mentre tutti erano in silenzio concentrati sullo svolgimento lui,
disturbava la classe leggendo ad alta voce le addizioni e chiedendo ai compagni di dirgli il risultato. Andava in
continuazione verso l’insegnante e chiedergli ripetutamente cosa avrebbero fatto dopo. Per tutto il tempo
l’insegnante tendeva ad ignorare i comportamenti di A., ignorava anche le lamentele dei compagni aiutando
invece chi alzava la mano. Per attirare l’attenzione dell’insegnante A. usciva spesso dalla classe senza chiedere
il permesso e veniva riportare in classe dal personale ATA. L'insegnante ancora ignorava il suo comportamento e
lui diventava sempre più irascibile.
I compagni invece, ormai abituati ai continui disturbi di A. lo mandavano via ogni volta che si avvicinava a loro.
I suoi vicini di banco che erano davanti e dietro a lui si lamentavano in continuazione con la maestra. Solo una
bambina, che poi ho capito essere sua cugina, gli diceva di stare fermo e di finire il compito.
La correzione delle schede fu molto veloce, si iniziò con la classe prima, ad uno ad uno i bambini leggevano i
risultati e lo stesso fecero i bambini di classe seconda.
Al posto dell'insegnante, io avrei corretto le operazioni mandando i bambini alla lavagna e avrei fatto spiegare
ad ogni alunno i passaggi messi in atto per arrivare al risultato
Alle ore 9:20 la maestra diede alla classe un’altra scheda sulla scia di quelle che aveva consegnato prima,
usando sempre le stesse accortezze per i bambini con PDP.
A . sembrava non riuscire a sostenere quel carico di lavoro, la sua attenzione era ormai giunta al termine e, la
maestra, a quel punto spazientita, si spostò vicino a lui e gli disse di finire la scheda perchè altrimenti dopo la
ricreazione sarebbe rimasto in classe.
Il comportamento di A. durante tutta il corso della lezione non cambiò, continuava ad alzarsi, disturbare i
compagni e l'insegnante, come sempre, rimase accanto al bambino con difficoltà.
Dopo la ricreazione, visto il bel tempo, la maestra portò la classe in cortile per tutta la terza ora e così si
concluse la mia seconda giornata di tirocinio.
Ho riscontrato il A. questi due tipi di atteggiamento che ho visto essere caratteristiche principali nel suo
comportamento. Nel percorso di studi universitario, in diverse occasione, abbiamo approfondito il tema
dell’ADHD, mi viene in mente il corso di Psicologia dell’Educazione, Neuropsichiatria Infantile, Pedagogia
Speciale, e per questo è stato abbastanza facile individualizzare questo disturbo. Allo stesso tempo però mi è
dispiaciuto vedere come l'insegnante non avesse attuato nessuna degli interventi o strategie studiate.
Sicuramente anche IGNORARE è considerata una strategia efficace quando il comportamento del bambino con
ADHD è fastidioso, ma non è dannoso per l’alunno o per gli altri allora si può ignorare. Ma al tempo stesso
penso che ci possano essere molte altre strategie più efficaci che il team docenti può mettere in atto.
Sicuramente ne parleò con la mia tutor il prossimo incontro.
Se l'insegnante non mi avesse precisato la famigliarità che avevano i bambini con questi argomenti sarei
rimasta interdetta dalla metodologia di spiegazione. Durante la spiegazione mi accorsi che F. (bambino con
deficit intellettivo) era in difficoltà: guardava la lavagna con occhi assonnati e non aveva iniziato nemmeno la
scheda. Mi misi vicino a lui e lo aiutai. Il bambino mostra evidenti difficoltà nello svolgimento del compito, ha
bisogno a mio avviso di un sostegno che lo affianchi per la maggior parte delle ore. Insieme riuscimmo a
completare metà della scheda, io gli spiegai diverse volte come fare, e cercai di fargli esempi pratici per
facilitare l’esercizio.
La maestra a questo proposito mi disse che finchè F. non riceverà una diagnosi non sarà possibile affiancargli
l’insegnante di sostegno.
Dopo aver inventato la storia, consegnai alla classe due schede che avevo preparato.
*Ovviamente prima di scegliere queste attività mi confrontai con l’insegnante che mi confermò che i bambini
già avevano familiarità con il reticolo
La classe prima aveva un reticolo con a lato delle lettere e dei numeri. Sotto il reticolo era presente una legenda
che indicava di che colore doveva essere colorato il riquadro in cui si incontravano la colonna della lettera e la
riga del numero.
Per il bambino con deficit intellettivo per rendere meno difficoltoso e dispendioso il compito preparai una
scheda con le prime quattro righe di numeri già colorati.
Per la classe seconda invece ho creato con il programma “Zaplycode” questo disegno con la tecnica della
PIXEL ART
Gli alunni furono entusiasti per le attività proposte, e appena gli consegnai la scheda iniziarono a lavorare con
eccitazione e euforia. Non c’è stato il bisogno di spiegare lo svolgimento delle due schede perchè i bambini già
sapevano come farlo. Mi meravigliai del silenzio che regnava in classe, anche da parte di A.
Ad alcuni bambini della prima dovetti riconsegnare il foglio più volte.
Questa strategia, mi ricordo di averla letta, nel libro “ADHD a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti”
studiato per l’esame di Psicologia dell’educazione. Più precisamente recita così: “Bisogna all’inizio della
giornata chiarire subito quale sarà il programma e cosa ci si aspetterà dall’alunno. Il soggetto con ADHD in
questo modo è messo nella condizione di capire che l’energia che “sente dentro” non è negativa, ma che questa
deve essere finalizzata e calibrata alla realizzazione di compiti precisi”.
Effettivamente il comportamento di A. durante lo scorso incontro, era molto più controllato.
Dopo aver distribuito il testo a tutti, abbiamo iniziato la lettura ad alta voce partendo dal bambino seduto al
primo banco della prima fila.
Il testo per il bambino con dislessia, per la bambino con svantaggio linguistico e per il bambino con deficit
intellettivo è stato scritto in stampato usando un carattere più grande.
La lettura dei bambini di prima era abbastanza fluente, scorreva bene, e tutti erano attenti a tenere il punto.
Avevano difficoltà però a rispettare i segni di punteggiatura. Il bambino con deficit intellettivo invece riusciva a
leggere solo le sillabe.
La lettura dei bambini di seconda invece era molto più fluida.
Il bambino con dislessia tendeva a scambiare e invertire le sillabe e sostituiva spesso le lettere m con n, b con d;
era molto lento nella lettura. La bambina con svantaggio linguistico invece leggeva molto lentamente.
Testo della storia:
LA NAVICELLA PERDUTA
C’era una volta un robot che abitava tutto solo soletto sulla luna. Il suo nome era Robotconfuso.
Un giorno Robotconfuso si sentiva talmente solo che decise di esplorare nuovi pianeti per trovare
qualche amico con cui giocare.
Con la sua navicella spaziale il robot partì alla scoperta dell’universo e atterrò su un pianeta
chiamato Marte.
Robotconfuso, preso da tanta curiosità e felicità, lasciò in fretta e furia la sua navicella vicino
ad una roccia, senza legarla, e corse alla ricerca di nuovi amici.
Dopo un lungo cammino incontrò finalmente un individuo un po’ strano. Era alto come lui, magro e
la pelle era di colore verde; aveva una testa grandissima, sei occhi, due bocche, tre nasi e
quattro lunghe braccia.
L’individuo strano rivelò a Robotconfuso di essere un alieno e che il suo nome era Alien. Dopo aver
fatto amicizia i due iniziarono a giocare con la sabbia: costruirono castelli, scavarono buche……...
Quando il cielo iniziò a farsi sempre più scuro Robotconfuso dicise di tornare a casa sulla luna
ma………….
LA NAVICELLA SPAZIALE ERA SPARITA!!!!!!!
Alien gli disse di non preoccuparsi perchè lo avrebbe aiutato.
Sapendo delle difficoltà nella lettura per alcuni di loro, ho scelto la lettura ad alta voce più volte, in modo tale
che tutti potevano comprendere il racconto.
Dopo aver letto diverse volte il testo, ho consegnato ai bambini un piccolo questionario con domande a risposta
chiusa, incentrato sulla comprensione della storia appena letta.
Anche in questo caso ho scelto di scrivere solo domande con risposte chiuse in modo da permettere a tutti il
completamento della scheda.
Le schede erano ovviamente diverse per la classe prima e seconda, calibrate in base ai loro diversi programmi.
DOMANDE PER LA CLASSE PRIMA:
1)Perchè Robotconfuso parte per l’universo?
perchè vuole vedere nuovi pianeti
perchè vuole trovare nuovi amici
perchè non gli piance più stare sulla luna
4) Numera gli avvenimenti da quello che accade prima fino a quello che accade per ultimo.
5) Sottolinea nel testo con il colore rosso la parte in cui viene descritto Alien.
Gli alunni hanno completato la scheda abbastanza velocemente. Al bambino con deficit intellettivo la maestra
ha letto direttamente la domande e a lui era lasciato il compiti di individuare la risposta giusta senza aiuti.
Dopo aver completato il questionario, con l’aiuto della mia tutor, ho consegnato ai bambini i computer.
Durante il primo incontro la tutor mi disse che questa scuola era molto tecnologica in quanto due anni fa
avendo vinto un PON sono stati comprati 25 computer portatili.
Riporto la definizione di PON presa dal sito “istruzione.it”: Il Programma Operativo Nazionale (PON) del
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, intitolato “Per la Scuola - competenze e ambienti per
l’apprendimento”, finanziato dai Fondi Strutturali Europei contiene le priorità strategiche del settore istruzione
e ha una durata settennale, dal 2014 al 2020. Punta a creare un sistema d'istruzione e di formazione di elevata
qualità, efficace ed equo offrendo alle scuole l’opportunità di accedere a risorse comunitarie aggiuntive rispetto
a quelle già stabilite dalla “Buona Scuola”.
I bambini alla vista del computer hanno iniziato ad urlare, saltare in piedi, e non vedevano l’ora di metterci le
mani. La tutor, molto arrabbiata, li ha richiamati all’ordine.
Insieme poi abbiamo distribuito i computer agli alunni con la pagina di paint già aperta.
In quel momento mi è venuta un’idea: invece che fargli disegnare semplicemente una scena della storia, ho
chiesto loro di disegnare l’alieno, ma per farlo dovevano seguire minuziosamente la descrizione riportata nel
testo.
Ho riportato allora alla lavagna la descrizione dell’alieno.
A F. invece è stata letta più volte.
Anche in questo caso non avevo calcolato bene i tempi in quanto solo pochi di loro sono riusciti a finire il
disegno su paint.
Ho deciso di farla alla LIM perchè ho visto quanto i bambini sono maggiormente attratti e maggiore risulta
essere anche il loro coinvolgimento.
Con soropresa però mi sono accorta che, in realtà, i concetti di destra e sinistra erano stati assimilati solo da
pochi bambini, la maggior parte della classe ancora faticava a destinguire le due parti.
Presa un po’ dal panico, ho chiesto aiuto alla tutor che mi ha consigliato di fare dei piccoli giochi pratici e
concreti senza usare la LIM. Inoltre si è scusata dicendomi che l’insegnante di geografia gli aveva detto che
erano diventati bravissimi sulla lateralizzazione.
Visto che non avevo nulla di pronto ho chiesto ai bambini di posizionare delle matite colorate sul banco,
l’astuccio, la gomma e il diario e ho iniziato a dare dei comandi: “Prendete la penna blu con la mano destra.”
“Con la mano sinistra prendete il diario” “Con il piede destro fate un piccolo rumore”.... e così via….
Dopo svariate prove seguite da correzioni, sembrava avessero capito meglio i due concetti e così siamo passati
alla costruzione del materiale.
Mi sono resa conto solo dopo, del troppo tempo passato, ed ho dovuto scegliere il materale da fargli fare,
escludendo purtroppo qualcosa. Ho pensato allora che il materiale più importante e essenziale per lo
svolgimento dell’attività erano le frecce e ho dovuto tralasciare sia le maschere che gli ostacoli.
Ho consegnato a ogni bambino quattro frecce, apparentemente tutte uguali, ma che se posizionate verso destra
indicavano la destra, se rivolte verso sinistra indicavano la sinistra e lo stesso per avanti e indietro. Ho fatto
colorare le frecce rosse per destra, blu per sinistra, gialle per avanti, verde per indietro
Le maschere non sono state disegnate per il poco tempo che ormai era rimasto, mentre per gli ostacoli, abbiamo
usato dei materiali che avevamo in classe. Ho chiesto ai bambini quali ostacoli avrebbe potuto incontrare
Robotconfuso nello spazio, la loro risposta era:“meteoriti, pianeti, stelle…”
Io dissi poi: “Bene allora, oggi dobbiamo essere molto bravi e lavorare di immaginazione perchè dobbiamo
prendere degli oggetti che sono qui in classe che ci facciano pensare agli ostacoli appena elencati”
Insieme abbiamo preso: un rotolo di scotch scuro, un cartone rettangolare piccolo, e altri oggetti presenti alla
cattedra.
Mentre i bambini finivano di colorare le frecce, supervisionati dalla mia tutor, io sono andata nell’altra aula per
preparare il reticolo posizionato intorno al reticolo per far sedere i bambini.
Una volta sistemata l’aula i bambini, con tutto il materiale, insieme all’insegnante, mi hanno raggiunto nell’aula
superiore.
“Maè, ma così grande non lo abbiamo mai visto….è enormee!!” rimasero stupiti dalle dimensioni del reticolo
che effettivamente ricopriva tutto il pavimento della stanza.
Insieme alla tutor abbiamo diviso in due gruppi la classe: un gruppo impersonifica l’aiutante della storia (darà
le istruzioni ) il secondo gruppo invece impersonifica il robot (che invece dovrà seguire le istruzioni date
dall’aiutante). I due gruppo si sono poi alternati.
Prima di iniziare, ho spiegato ai bambini le regole dell’attività.
1) “Si gioca in coppia. Chi fa l’alieno sceglie il punto di partenza e il punto di arrivo (dove posiziona il
disegno della navicella) e gli ostacoli.”
2) “L’alieno deve ipotizzare un percorso da far fare a Robotconfuso per raggiungere la navicella, evitando
però gli ostacoli.”
Prima di continuare ho chiesto: “ secondo voi come possiamo costruire il percorso ?”
“Con le frecce che abbiamo colorato prime” “Con le frecce” .
3) Robotconfuso invece deve posizionarsi al di fuori del punto di partenza e seguire le istruzioni
dell’alieno”
4)
Ho pensato di dividere il percorso in due fasi:
Nella prima fase l’alieno può dare i comandi in maniera sincrona, contemporaneamente allo svolgimento del
percorso: l’alieno presenta una freccia per volta al bambino.
In questa fase tutti sono riusciti a completare il percorso, anche F, che ha personificato il Robot ha saputo
seguire le istruzione dell’alieno.
Nella seconda fase invece ho voluto alzare il livello di difficoltà: le istruzioni da parte dell’alieno non saranno
date contemporaneamente ma prima di iniziare il percorso.In questo modo l’aiutante dovrà immaginare il
percorso da fare e mettere le frecce in sequenza, rispettando il colore della destra e della sinistra, senza poter
vedere il punto la posizione del Robot dopo ogni passo. Lo stesso il Robot dovrà seguire l’ordine delle frecce
posizionate.
Aumentando il livello di difficoltà i bambini della classe prima mostravano più difficoltà, Si bloccavano e non
riuscivano a ricordare a che punto erano arrivati. Io consigliavo di osservare molto bene prima il percorso scelto
dall’alieno, di memorizzarlo e poi di iniziare, ma alcuni di loro presi dalla paura di fare un passo sbagliato non
andavano avanti. Per chi non era in grado, da solo di fare il percorso l’alieno poteva leggere ad alta voce le
frecce che aveva posizionato.
Dopo aver concluso l’attività, siamo tornati in classe dove ci siamo salutati. I bambini mi hanno regalato un
cartellone grande con scritto GRAZIE MAESTRA MARTA.
La tutor mi ha accolto con grande entusiasmo e mi ha presentato ai pochi bambini presenti. Mi ha subito
descritto l’unica sezione presente nel plesso, formata da diciotto bambini totali di cui dieci appartenenti alla
fascia di tre anni, quattro appartenenti a quella di quattro anni mentre quella di cinque è composta da quattro
bambini. E’ presente una maggioranza di femmine rispetto ai maschi, dodici contro sei.
Sono sempre stata una grande fautrice delle sezioni eterogenee nella scuola dell’infanzia. Penso che grazie a
esse i bambini più piccoli imparano dai più grandi e i più grandi diventano consapevoli delle conquiste
accrescendo così in loro il senso di autostima. Un fattore estremamente positivo spicca anche nella maggiore
molteplicità e diversità che i bambini possono incontrare confrontandosi. Senza neanche saperlo mettono in
atto una strategia educativa ben chiara, il peer tutoring.
I bambini più esperti si occupano di sostenere nella quotidianità, in particolare durante le routine il compagno
più piccolo. Gli aspetti sono vantaggiosi sia per il tutor che si sente importante e il tutee dal canto suo
consolida le proprie competenze, acquisisce le abilità di comunicazione e migliora la propria capacità di
risoluzione dei problemi.
«La prima separazione dei sessi, poi quella dell’età… è un errore fondamentale che dà luogo ad ogni specie di
altri errori: è un isolamento artificiale che impedisce lo sviluppo del senso sociale» M. Montessori
La tutor ha lasciato fare ai bambini attività di gioco libero. Tutti erano molto curiosi, e mi domandavano in
continuazione chi fossi, quanti anni avessi e ascoltavano le mie risposte con grande interesse. Verso le 9:20 la
maestra dopo aver formato il trenino accompagna la sezione
nella grande sala ricreativa. Due alla volta, si recano al bagno, lavano le mani e si posizionano in sala mensa
dove è presente la collaboratrice scolastica pronta con la frutta già tagliata. Sono rimasta veramente molto
stupita dall’ordine e dal silenzio che regnava durante la colazione. Mentre i bambini mangiavano silenziosi la
tutor mi confessa che oltre la distribuzione della frutta, in accordo con i genitori, ai bambini vengono dati anche
dei biscotti comprati da loro e il venerdì ciliegina sulla torta: pane e nutella.
Posso dire che questi penso siano i vantaggi di una piccola scuola di paese, dove i bambini vengono coccolati
un po’ più del dovuto.
Verso le ore 10:20 siamo tornati nella grande aule ricreativa dove, per presentarmi e conoscerli meglio ho
chiesto ai bambini di disporsi in cerchio. Io per prima tenendo il capo del gomitolo mi sono presentata, dicendo
il mio nome e cognome, chi fossi, il mio colore preferito e quello che mi piaceva fare. Ho passato poi il
gomitolo a una bambina che mi stava accanto e ho chiesto lei di fare lo stesso e di passare poi il gomitolo un
altro bambino mantenendo sempre il filo ben teso. Tutti i bambini hanno partecipato a questa attività. Quelli più
piccoli si sono limitati a dire il loro nome e il colore preferito, qualcuno anche con qualche difficoltà per la
troppa vergogna provata. Invece i “grandi” erano così felici di raccontare quello che gli piaceva fare nel tempo
libero che non finivano mai di parlare.
Ho chiesto poi a un bambino alla volta, di lasciare il filo al compagno vicino e di fare qualche passo all’interno
della ragnatela che si era formata. Ho chiamato per primi i bambini grandi per far ai piccoli come come
dovevano fare. Mi è piaciuto vedere come i grandi li aiutavano: abbassavano il filo quando vedevano che le
gambine dei piccoli erano troppe corte e allungavano la mano fornendogli un ulteriore appoggio per non farli
cadere.
Dopo questo momento la tutor ha organizzato un percorso psicomotorio. Ha disposto dei cerchi colorati alternati
verso destra e sinistra, due birilli uniti da un bastone e un tappeto morbido, una palla e subito dopo un cestino.
I bambini si sono seduti su due panche e hanno atteso l’inizio del gioco. L’insegnante non ha mostrato come fare
il percorso ma ha chiamato direttamente uno dei bambini grandi. Questo mi fa pensare che attività motorie
vengono svolte molto spesso. I bambini dovevano saltare sui cerchi, saltare il bastone mantenuto dai birilli,
rotolare sul tappeto come preferivano e infine cercare di lanciare la palla sul cestino. Ai bambini più grandi
prima di iniziare, l’insegnante, ha chiesto quanti erano i cerchi e quanti i birilli; i piccoli invece dovevano dire di
che colore erano i cerchi quando saltavano all’interno.
Anche in questa attività la prestazione del bambino grande è stata vista come esempio, i bambini piccoli
svolgevano il percorso imitando i movimento che avevano osservato fare da un loro pari.
L’azione messa in atto dalla tutor rimanda al campo di esperienza “Il corpo e il movimento”. L’attività
proposta dalla tutor è coerente con uno de traguardi per lo sviluppo delle competenze rintracciato nelle
Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo:“Il bambino prova piacere nel movimento e
sperimenta schemi posturali e motori, li applica nei giochi individuali e di gruppo, anche con l’uso di piccoli
attrezzi ed è in grado di adattarli alle situazioni ambientali all’interno della scuola e all’aperto.”
Alle ore 12 i bambini di preparavano per recarsi in bagno a lavarsi le mani e poi pranzare.
Arrivata alle ore 8:00 la tutor, mentre i bambini giocavano liberamente tra di loro, preparava le attività della
mattinata. Per conoscere il filo conduttore che lega le attività proposte ho approfittato di chiederle di poter
visionare i documenti delle programmazione degli scorsi mesi. Lei mi ha subito mostrato la documentazione.
La tutor mi ha spiegato che ogni mese, durante l’incontro di programmazione di plesso, lei e l’altra insegnante
per ogni campo di esperienza decidevano degli obiettivi e le relative attività. Mi ha mostrato poi il progetto di
plesso, dicendomi che tutte le loro attività erano legate al progetto “I linguaggi”. La motivazione che le ha spinte
a scegliere questo progetto è stata proprio l’attuale situazione di pandemia che lo scorso anno ha costretto le
scuole a chiudere per diversi mesi. Mi ha spiegato che nei primi giorni di scuola hanno subito notato una
notevole regressione sia dell’autonomia che del linguaggio nei bambini che, lo scorso anno, possedevano un
buon livelli di comunicazione. Per questo, conscie di quanto sia importante creare situazione educative
favorevoli per lo sviluppo del linguaggio verbale e non verbale hanno deciso di attuare questo progetto.
Ho apprezzato le parole della tutor, in quanto il progetto mi è sembrato in linea con le necessità che avevano
riscontrato nei bambini. Il progetto in questione secondo il mio punto di vista, riesce a sviluppare al suo interno
i traguardi di tutti i campi di esperienza.
Nel format del progetto di plesso le insegnanti hanno inserito un asterisco per evidenziarne il carattere
inclusivo: “Le insegnanti valorizzeranno tutte le funzioni del linguaggio a partire dal patrimonio
culturale-linguistico del bambino e considerando che la lingue madre può essere una lingua straniera. Le
esperienze educative e le attività saranno proposte in base alla fascia d’età dei bambini, adeguate alle
competenze acquisite e agli obiettivi da raggiungere” .
Le parole scambiate con la tutor mi sono servite per capire la differenza sostanziale che intercorre tra
progettazione e programmazione:
- progettazione: è un progetto che va avanti tutto l’anno scolastico
- programmazione: sono le attività che l’insegnante decide di svolgere in un tempo limitato che può
essere una settimana o un mese.
Alle ore 9:30 ci dirigiamo verso la mensa per fare colazione. Anche questa volta i bambini erano tutti molto
tranquilli e mangiavano la frutta con grande gusto. Quando siamo tornati in classe era già presente l’altra
insegnante ( la mia tutor) che stava preparando l’attività. I bambini sono stati divisi in due gruppi: i piccoli e i
mezzani sono rimasti con l’altra maestra mentre io sono andata con i grandi e la tutor.
Maestra : “Bambini, oggi parliamo di numeri, che cosa sono?”
Bambini : “ Sono una cosa per sapere quanti siamo” “ Quando conto i numeri 1,2,3,4, 5 sto contando”. “Si
contano le pecore, a leggere e a contare, per contare gli uccelli, per vedere le ore, per imparare alla scuola dei
grandi.” “Siii è vero, quando andiamo in giardino possiamo contare i fiori. Possiamo contare le mele, le nuvole,
le casette degli uccellini in giardino.”
Maestra : “Sì, ma a cosa servono i numeri ?”
Bambini : “A contare i giorni! A contare gli alberi! Per contare i raggi del sole e per contare le farfalle, per
contare i cavalli, le case ,i bimbi, per contare i gufi e per contare anche i libri. Maestra : “ Secondo voi …i
numeri chi li usa?”
Bambini : “ Il maestro dei numeri! Tutte le persone!”
Maestra : “ Ecco, i numeri non li usa solo il maestro del numeri, ma tutte le persone. Infatti i numeri sono a casa,
in strada, in sezione, nella scuola, nei segnali giustoo ?
Bambini : “ Siii, nella scuola, nelle case, nella lavagna ,nei libri ci sono i numeri, nel mio quaderno,
sull’orologio, sul muro attaccato a scuola. A casa mio papà mi fa contare sulle dita. Ci sono Numeri sulla strada
dove vanno le macchine!”
Dopo questa breve introduzione l'insegnante ha fatto prendere ai bambini dei fogli bianchi e ha chiesto loro di
disegnare i numeri che si ricordavano o che gli piacevano di più.
Nel frattempo mi ha detto che quest’anno avevano dedicato tutto il primo semestre al progetto dei linguaggi,
tranne qualche attività, e i bambini infatti erano molto migliorati; ora però era necessario riprendere degli
argomenti logici matematici, essenziali per i bambini più grandi che il prossimo anno andranno in prima.
Una volta disegnati i numeri la maestra ha chiamato un bambino per volta vicino a lei e gli ha chiesto se sapeva
il nome dei numeri che aveva scritto. Alcuni bambini ne sapevano solo uno (il più delle volte era lo zero), solo
una bambina conosceva i nomi di tutti i numeri, e la maestra si è complimentata molto con lei. Sono stati
ripassati tutti i numeri da uno a 10 insieme.
L’insegnante ha preso poi dei grandi cerchi, e ha chiesto a un bambino di prendere degli oggetti rotondi che
trovava in classe e di posizionarli li dentro, mentre nel secondo cerchio doveva mettere gli oggetti rettangolari. Il
bambino allora, cammiando a spasso svelto ha preso un piccolo carrellino e ci ha messo dentro diversi oggetti.
Nel primo cerchio ha posizionato oggetti come: bottoni, scodelle, dischi, ciambelle da gioco. Mentre nel
secondo cerchio ha inserito sia oggetti rettangolari che triangolari, e anche di altre forme ma non circolari. La
maestra allora ha chiesto a tutti se sapevano quali forme erano quelle rettangolari. Tutti hanno preso un oggetto
rettangolare, ad esempio un foglio biano, uno libro, delle carte. Dopo aver fatto differenziato gli oggetti, ogni
bambino ha svolto l’attività.
L’attività proposta dall’insegnante mi rimandano al traguardo per lo sviluppo della competenza del campo di
esperienza “Numero e spazio”:Il bambino raggruppa e ordina oggetti e materiali secondo criteri diversi, ne
identifica alcune proprietà, confronta e valuta quantità
I bambini erano contenti, i più grandi aiutavano i mezzani. Si divertivano molto, e alzavano continuamente la
mano per ripetere il percorso.
In un secondo momento, dove aver risportato i bambini in classe, abbiamo fatto le impronte delle mani sul
foglio, seguendo sempre i colori di destra e di sinistra.
La mia lettura era molto lenta ed espressiva. Leggevo con un tono di voce alto per far si che tutti i bambini
potevano capirmi.
I bambini rimasero spiazzati alla fine della storia, non si aspettavano un finale così. Mi chiedevano “E adesso
come finisce?” “ Come possiamo aiutare Pina?” “Ma l’inverno è cattivo”
Dopo aver letto la storia, ho fatto delle domande ai bambini al fine di vedere se avevano compreso il senso della
storia
In un secondo momento poi ho detto ai bambini di posizionarsi sui banchi da lavoro, ognuno al suo posto. Ho
consegnato ai bambini dei fogli diversi a secondo dell’età. Ai bambini più piccoli ho consegnato un foglio
bianco dove erano liberi di disegnare una scena della storia o un personaggio. Ai bambini di quattro e cinque
anni invece ho consegnato un foglio suddiviso in quattro parti, nelle quali dovevano disegnare il racconto in
sequenze.