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Carissime sorelle,
carissimi fratelli,
2. Questa sera desidero che ci fermiamo a riflettere proprio sul dono che
Gesù ha fatto nel dare tutto se stesso per amore nostro. Ce lo ricordava san
Paolo nel brano della Lettera ai Romani che abbiamo ascoltato come prima
lettura. Gesù Cristo ha dato la sua vita per noi, è morto per noi, ma in
termini personali, cioè per ciascuno di noi, per me. Non per strapparci alla
violenza del mare, ma per strapparci alla brutalità del male, che rende la
nostra vita vuota e triste. Di fronte a un dono del genere, se solo lo
percepiamo, rimaniamo colpiti, e stupiti, e sorpresi: il Cristo, che si tuffa
nel mare della nostra storia, che si tuffa fin dentro il mistero della nostra
sofferenza, del nostro peccato e della nostra morte, e dona tutto se stesso,
fino all’ultima goccia del proprio sangue, fino all’ultimo respiro, per
restituirci alla vita. Anzi per portarci a vivere la vita stessa di Dio.
Il dono d’amore che Gesù fa – quando viene percepito, quando non siamo
totalmente ottusi ed incoscienti – mette in moto dentro di noi un processo
interiore di rinnovamento che ci porta a sperimentare come una seconda
nascita. Non a caso i Padri della Chiesa dicevano che l’esperienza del
perdono e della riconciliazione è un’esperienza di quel che significa
cominciare a risorgere già in questa nostra vita.
- Bacia i piedi di Gesù e li asciuga coi propri capelli. Sono baci che
esprimono un modo nuovo di amare, e il desiderio di un modo nuovo di
amare, dopo una vita di amori falsi e sbagliati. Sono baci che
esprimono un amore riconoscente, infinitamente riconoscente, nei
confronti di Gesù.
6. Nel prepararci alla festa del Perdon d’Assisi lasciamo penetrare questa
Parola di Dio nella profondità del nostro cuore e della nostra esistenza.
Gesù Cristo è morto per noi! Non per persone buone che non hanno mai
sbagliato, ma per persone fragili, che sbagliano, che peccano, che arrivano
talvolta perfino ad escludere Dio dalla propria vita escludendolo dalle
proprie scelte. Ebbene Gesù Cristo ci manifesta il suo amore gratuito e
sconfinato proprio morendo per noi, dando la sua vita per noi.
Carissime sorelle,
carissimi fratelli,
1. Domenica scorsa ho
celebrato la Messa con un
gruppo di carcerati. La
prima lettura era la stessa
che abbiamo ascoltato
stasera. La seconda lettura
era tratta da S. Paolo ai
Colossesi (2,12-14) e ricordava che Gesù Cristo ha inchiodato in croce il
documento del nostro debito, che ci era sfavorevole. Il vangelo (Lc 11,1-
13) conteneva la versione lucana del “Padre nostro”, con l’espressione:
“perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro
debitore”.
Nell’omelia ho ricordato loro che nessuno di noi può dire in tutta onestà di
non aver mai commesso qualche sbaglio o qualche torto nei confronti di
qualcun altro, proprio come riconosciamo che qualche torto l’abbiamo
anche subito.
3. Questa sera vorrei riflettere con voi proprio su questo: il perdono che
Gesù ci offre dalla croce, ci apre le porte del Paradiso. E vorrei riflettere
con voi meditando il brano di Lc 23 che abbiamo ascoltato or ora.
È un brano che ci parla di perdono e di Paradiso. Proprio come la festa del
Perdon d’Assisi che celebreremo tra pochi giorni. Ricordate con quale
slogan san Francesco volle pubblicizzarlo nel 1216? “Voglio mandarvi tutti
in Paradiso!”
E sopra la porta d’ingresso di questa piccola cappella che è S. Maria degli
Angeli alla Porziuncola, noi leggiamo: “Questa è la porta della vita eterna”.
Questa è la porta del Paradiso!
6. Alla luce del vangelo ascoltato proviamo allora a sintetizzare cosa vuol
essere e cosa può essere e cosa dovrebbe essere l’esperienza di
riconciliazione e di perdono che vogliamo vivere in questi giorni.
II) Il riconoscimento delle nostre colpe, dei nostri peccati, è uno dei più
grandi atti di verità e di responsabilità che possiamo fare. È smettere di
scusarci, è smettere di praticare lo scaricabarile e dire finalmente: “Questo
è ciò che io ho fatto! Questo sbaglio, questo peccato, l’ho fatto io!” In certi
casi, è arrivare a dire, proprio come il “buon ladrone”: “Me la sono
cercata”.
IV) La risposta di Gesù è bellissima: “Oggi, con me, sarai nel Paradiso”.
Essere perdonati vuol dire semplicemente: mi lascio accogliere e vengo
accolto da Gesù! E con Lui sperimento il Paradiso! Sperimento che abito
nel cuore misericordioso di Dio e che il Dio uno e trino, Padre e Figlio e
Spirito santo, abita nel mio piccolo, povero, fragile cuore e lo riempie di
beatitudine e di pace.
2. Nel suo anticipare le nostre richieste, scorgendo ciò che ci manca perché
la nostra vita sia piena, Maria agisce in due direzioni: verso il Figlio e verso
i servi.
a) Maria agisce anzitutto rivolgendosi a suo figlio Gesù, che è l’unico
Salvatore, perciò l’unico capace di cambiare l’acqua in vino, vale a dire la
tristezza in gioia, il rischio di fallimento in possibilità nuova, il vuoto in
pienezza.
Per agire sul Figlio Maria presenta la nostra situazione.
E Gesù venendo incontro alla domanda di Maria, a Cana, anticipa il mistero
dell’ora, che è l’ora della sua passione e della sua glorificazione, l’ora in
cui dona la vita per noi e manifesta l’amore del Padre per l’umanità intera.
Anche adesso Gesù viene incontro alla domanda di Maria, non più
anticipando il mistero dell’ora ma attualizzandolo, e così permette a noi di
attingere non tanto all’acqua mutata in vino, ma al vino mutato in sangue,
cioè al dono della sua vita, dono che Lui ha fatto una volta per sempre, ma
al quale noi abbiamo bisogno di poter attingere nel corso della storia.
b) Maria agisce sui servi, che nel racconto di Giovanni possono indicare i
ministri della Chiesa, ma – almeno in parte – anche ognuno di noi. E ai
servi consegna un messaggio di validità perenne: “Qualsiasi cosa vi dica –
sottinteso Gesù – fatela!”. Nelle parole della madre terrena di Gesù,
possiamo scorgere anche l’eco delle parole del Padre celeste di Gesù, che
sul Tabor dirà ai discepoli: “Questo è il mio Figlio prediletto, ascoltatelo!”.
E i servi, i ministri della Chiesa, non hanno da fare altro che obbedire alla
parola di Gesù, fidandosi di quel che chiede, anche se sembra chiedere
qualcosa di strano, come riempire d’acqua le anfore di pietra o – come
accadrà il giorno di Pasqua – quando chiederà di perdonare i peccati.
Perché il Figlio possa agire e trasformare l’acqua in vino o il peccatore in
un santo, occorre comunque anche un atto di obbedienza da parte nostra, un
ascolto profondo di quello che lui ci chiede, un gesto di fiducia nei suoi
confronti.
3. Questo racconto ci aiuta a capire anche il senso particolare, mariano,
dell’indulgenza che celebriamo qui a S. Maria degli angeli, l’indulgenza del
Perdon d’Assisi.
Un luogo e una
persona che
irradiano luce
Carissime sorelle,
carissimi fratelli,
4. La luce che qui ci raggiunge è la luce dello Spirito santo, che ha operato
in Maria la grazia di una santità totale, preservandola dal peccato fin dal
primo istante del suo concepimento; poi la grazia di una libertà docile al
piano di Dio e capace di cooperare con Lui; quindi la grazia di seguire il
suo Figlio, come perfetta discepola fin sotto la croce; infine la grazia di
partecipare, anima e corpo, cioè con tutta la sua persona, alla vittoria
pasquale del suo Figlio sulla morte.
E Dio desidera per noi lo stesso destino, per questo ha infuso nei nostri
cuori lo Spirito del suo Figlio che:
- ci ha liberati e ci libera dal peccato,
- perché possiamo vivere da figli e aprirci alla sua volontà,
- e seguire le orme del Signore nostro Gesù Cristo,
- per poter un giorno varcare la soglia della Gerusalemme celeste, proprio
come ora varchiamo la soglia di questa piccola chiesa, dedicata a Maria, la
Vergine fatta Chiesa.