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Triduo Perdon d’Assisi 2010 - S.

Maria degli Angeli 29-07-2010


Rm 5,6-11; Sal 25; Lc 7,36-50

Un perdono che riapre


alla vita

Carissime sorelle,
carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace!

1. Qualche estate fa, mi


pare fosse il luglio del
2003, un giovane parroco,
don Stefano Garzonio,
aveva portato al mare i
ragazzi della parrocchia.
Lo accompagnavano
alcune mamme e
catechiste.
La giornata era bella, il
sole era caldo e il mare
invitante. I ragazzi si
tuffano e cominciano a
nuotare, quando improvvisamente arriva un’onda più alta che afferra sette
ragazzi per portarli al largo. Don Stefano sente gridare. Non ci pensa un
istante, si tuffa per soccorrere i suoi ragazzi. È un buon nuotatore e ha un
fisico robusto. Li riporta a riva tutti e sette. E, salvato l’ultimo, si accascia
sulla spiaggia, perché il cuore è sopraffatto dalla fatica. I ragazzi della
parrocchia sono vivi grazie a lui, solo lui muore.

Mi ritorna spesso alla mente questo episodio, e lo ricordo come se vi avessi


assistito, perché, di fronte al gesto di chi arriva a dare la propria vita per
salvare qualcun altro, rimaniamo inevitabilmente colpiti. Col dono della sua
vita don Stefano ha salvato sette vite. E penso che don Stefano abbia avuto
la forza e il coraggio di compiere questo gesto perché sapeva di essere lui
pure – in altro modo – debitore della propria vita a Gesù Cristo.

2. Questa sera desidero che ci fermiamo a riflettere proprio sul dono che
Gesù ha fatto nel dare tutto se stesso per amore nostro. Ce lo ricordava san
Paolo nel brano della Lettera ai Romani che abbiamo ascoltato come prima
lettura. Gesù Cristo ha dato la sua vita per noi, è morto per noi, ma in
termini personali, cioè per ciascuno di noi, per me. Non per strapparci alla
violenza del mare, ma per strapparci alla brutalità del male, che rende la
nostra vita vuota e triste. Di fronte a un dono del genere, se solo lo
percepiamo, rimaniamo colpiti, e stupiti, e sorpresi: il Cristo, che si tuffa
nel mare della nostra storia, che si tuffa fin dentro il mistero della nostra
sofferenza, del nostro peccato e della nostra morte, e dona tutto se stesso,
fino all’ultima goccia del proprio sangue, fino all’ultimo respiro, per
restituirci alla vita. Anzi per portarci a vivere la vita stessa di Dio.

3. Questo dono di amore si concretizza in un’offerta di perdono e di


riconciliazione, che ci riapre alla vita. Questa è stata l’esperienza della
peccatrice perdonata, di cui ci parla il brano del vangelo di Luca, ma anche
l’esperienza di Paolo, che griderà questa verità e racconterà questa
esperienza in molte delle sue lettere, e questa sarà pure l’esperienza di
Francesco d’Assisi qui alla Porziuncola.

Il dono d’amore che Gesù fa – quando viene percepito, quando non siamo
totalmente ottusi ed incoscienti – mette in moto dentro di noi un processo
interiore di rinnovamento che ci porta a sperimentare come una seconda
nascita. Non a caso i Padri della Chiesa dicevano che l’esperienza del
perdono e della riconciliazione è un’esperienza di quel che significa
cominciare a risorgere già in questa nostra vita.

4. Proviamo a osservare i gesti che compie la peccatrice nel brano che


abbiamo appena ascoltato. Sono gesti eloquenti, attraverso i quali questa
donna, che non regge più il peso della propria vita e della propria miseria,
esprime quello che sperimenta e quello che desidera nell’incontro con
Gesù. Che cosa fa la peccatrice?
- Piange e versa le proprie lacrime sui piedi di Gesù. Sono lacrime che
esprimono il pentimento, il rammarico di una vita sbagliata e il
desiderio di poter finalmente voltare pagina, cambiare nel profondo.
Ma forse sono lacrime che esprimono anche la gioia per quell’incontro
tanto desiderato e sorprendente, l’incontro con Gesù, l’unico incontro
che può veramente cambiarle la vita.

- Bacia i piedi di Gesù e li asciuga coi propri capelli. Sono baci che
esprimono un modo nuovo di amare, e il desiderio di un modo nuovo di
amare, dopo una vita di amori falsi e sbagliati. Sono baci che
esprimono un amore riconoscente, infinitamente riconoscente, nei
confronti di Gesù.

- Profuma i piedi di Gesù. Ed esprime in questo modo tutto l’onore con


cui vuole circondare la persona di Gesù, la dignità che gli riconosce.
Ma esprime anche il desiderio, dentro questa relazione, di ritrovare la
propria stessa dignità, una vita nuova e bella.

5. Di fronte al gesto della donna, scatta la mormorazione dei presenti. E,


partendo dalla sua mormorazione, Gesù si rivolge a Simone il fariseo e fa
alcune riflessioni che toccano anche noi:
- Chi fa poca esperienza di essere stato perdonato, cioè di essere amato
gratuitamente e rimettendoci qualcosa, diventa poco capace di amare.
- Alla peccatrice vengono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto
amato. Si è resa conto di quel che Gesù offriva e ha ricambiato l’amore
gratuito con l’amore riconoscente e con la capacità di perdere anche la
faccia pur di poterlo esprimere.

E alla peccatrice in termini personali Gesù dice:


- I tuoi peccati sono perdonati.
E subito dopo:
- La tua fede ti ha salvata, va’ in pace.

6. Nel prepararci alla festa del Perdon d’Assisi lasciamo penetrare questa
Parola di Dio nella profondità del nostro cuore e della nostra esistenza.
Gesù Cristo è morto per noi! Non per persone buone che non hanno mai
sbagliato, ma per persone fragili, che sbagliano, che peccano, che arrivano
talvolta perfino ad escludere Dio dalla propria vita escludendolo dalle
proprie scelte. Ebbene Gesù Cristo ci manifesta il suo amore gratuito e
sconfinato proprio morendo per noi, dando la sua vita per noi.

7. Di fronte a tanto amore e a tanta grazia facciamo nostri gli atteggiamenti


della peccatrice:
- Pianto e lacrime. Di dispiacere e di gioia: di dispiacere per i nostri peccati,
di gioia per la generosità di un amore così grande, che arriva al perdono.
- Baciamo i piedi di Gesù. Esprimiamo nei suoi confronti un amore umile,
riconoscente, confidente. Alla fine della celebrazione facciamolo anche con
un gesto, baciando i piedi al Crocifisso.
- Versiamo il profumo sui piedi di Gesù, riconosciamo la sua dignità di
Figlio di Dio che si è fatto uomo e ha dato la vita per noi. E mentre gli
versiamo sui piedi l’olio profumato ricordiamo che Gesù ha riversato su di
noi l’unzione dello Spirito Santo che ci fa scoprire la nostra dignità di figli
di Dio e rende bella tutta la nostra vita e la nostra persona, la rende
profumata, ma di un profumo speciale, quello della santità.

8. Tutto questo ce lo ricorda anche san Francesco, che mentre camminava


assieme a fra Masseo nel boschetto della Porziuncola si sentì rivolgere la
domanda: “Perché a te? Perché a te? Perché a te?”
E con la consapevolezza umile e veritiera della propria condizione rispose:
“Perché Dio non ha trovato sulla terra uno più peccatore di me, per
manifestare a tutti la grandezza della sua misericordia”.

9. Se avremo la capacità di lasciarci raggiungere anche noi da questo amore


misericordioso e se avremo la capacità di esprimere senza vergogna il
nostro amore riconoscente per Gesù che ha dato la sua vita per noi; allora,
nel giorno del Perdono, venendo qui pentiti e confessati, sentiremo e
sperimenteremo in profondità, la dolcezza delle parole liberanti di Gesù:
“I tuoi peccati sono perdonati”.
“Va in pace!”
Sperimenteremo anche noi, come la peccatrice, come san Paolo, come san
Francesco, che il perdono riapre alla vita.
Triduo Perdon d’Assisi 2010 - S. Maria degli Angeli 30-07-2010
Gn 18,20-32; Sal 32; Lc 23,33-43

Un perdono che apre le


porte del Paradiso

Carissime sorelle,
carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace!

1. Domenica scorsa ho
celebrato la Messa con un
gruppo di carcerati. La
prima lettura era la stessa
che abbiamo ascoltato
stasera. La seconda lettura
era tratta da S. Paolo ai
Colossesi (2,12-14) e ricordava che Gesù Cristo ha inchiodato in croce il
documento del nostro debito, che ci era sfavorevole. Il vangelo (Lc 11,1-
13) conteneva la versione lucana del “Padre nostro”, con l’espressione:
“perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro
debitore”.
Nell’omelia ho ricordato loro che nessuno di noi può dire in tutta onestà di
non aver mai commesso qualche sbaglio o qualche torto nei confronti di
qualcun altro, proprio come riconosciamo che qualche torto l’abbiamo
anche subito.

2. Poi ho ricordato loro – e mentre lo ricordavo a loro lo ripetevo a me


stesso – che tutti questi torti, sbagli, peccati, Gesù Cristo li ha presi su di sé
e li ha inchiodati sulla croce.
Se restiamo prigionieri dei nostri peccati o dei torti che abbiamo subito,
dentro di noi si fanno strada sentimenti di rancore, di tristezza, perfino di
sfiducia nella vita. Dentro il cuore, un po’ alla volta, ci portiamo l’inferno.
Non riusciamo più a vivere in pace: né con noi stessi, né con gli altri, né
con Dio.
Ma se ci apriamo al perdono, alla riconciliazione, sia sforzandoci di
chiedere perdono, sia imparando a concedere il perdono, allora dentro di
noi si aprono le porte del Paradiso. Alla fine della Messa sono rimasto
sorpreso perché diversi carcerati si sono avvicinati, alcuni per parlare e
molti di loro per chiedermi un’immagine del crocifisso.

3. Questa sera vorrei riflettere con voi proprio su questo: il perdono che
Gesù ci offre dalla croce, ci apre le porte del Paradiso. E vorrei riflettere
con voi meditando il brano di Lc 23 che abbiamo ascoltato or ora.
È un brano che ci parla di perdono e di Paradiso. Proprio come la festa del
Perdon d’Assisi che celebreremo tra pochi giorni. Ricordate con quale
slogan san Francesco volle pubblicizzarlo nel 1216? “Voglio mandarvi tutti
in Paradiso!”
E sopra la porta d’ingresso di questa piccola cappella che è S. Maria degli
Angeli alla Porziuncola, noi leggiamo: “Questa è la porta della vita eterna”.
Questa è la porta del Paradiso!

4. Proviamo allora a passare in rassegna la scena descritta da Luca.


I) Primo quadro: Gesù è crocifisso in mezzo a due malfattori, cioè in
mezzo a due criminali! Gesù stesso è identificato come un criminale e
dall’alto della croce fa una preghiera con lo sguardo rivolto prima verso
il cielo (verso il Padre) e poi verso la terra (verso tutti quelli che stanno
lì sotto la croce, e stasera anche verso di noi):
“Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.
- È un’intercessione straordinaria;
- è un’invocazione di “perdono preventivo”;
- è una richiesta di assoluzione per degli incoscienti anziché per dei
pentiti;
- è un’offerta di riconciliazione, una mano tesa all’umanità intera.

II) Secondo quadro:


Nel secondo momento Luca ci fa vedere Gesù insultato, deriso,
provocato. Coloro che stanno lì sotto la croce proprio non sanno quello
che fanno. E continuano a farlo.

III) Terzo quadro:


Nel terzo momento entrano in scena i due criminali crocifissi con Gesù:
- uno lo insulta e lo provoca,
- l’altro vive l’incontro decisivo della sua vita.

5. Ciò che sperimenta il cosiddetto “buon ladrone” è un principio di


consapevolezza. Infatti si rivolge al proprio compagno di sventura e gli
ricorda la differenza tra il loro essere in croce e l’essere in croce di Gesù:
“Noi ce la siamo cercata, lui invece è innocente, non ha fatto niente di
male!” Questo malfattore si assume finalmente la responsabilità delle
proprie azioni, delle proprie scelte, insomma della propria vita.
E poi si rivolge a Gesù e si affida: “Gesù, ricordati di me…”
La risposta di Gesù è straordinaria: “Oggi, con me, sarai nel Paradiso”.

6. Alla luce del vangelo ascoltato proviamo allora a sintetizzare cosa vuol
essere e cosa può essere e cosa dovrebbe essere l’esperienza di
riconciliazione e di perdono che vogliamo vivere in questi giorni.

I) È un’offerta di perdono che Dio ci fa, attraverso il suo Figlio Gesù.


Un’offerta di perdono che ci precede, e anticipa qualsiasi nostra
consapevolezza di aver peccato. È un’offerta di grazia – come abbiamo
visto ieri sera.
“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
Vale anche per noi. E non illudiamoci di essere migliori degli altri.
Ricordiamo le parole che ieri Gesù ha detto a Simone il fariseo: “Colui al
quale si perdona poco, ama poco!”
Comunque l’offerta di perdono che Gesù fa vale sia per il criminale
incallito, sia per colui che crede di aver fatto pochi peccati.

II) Il riconoscimento delle nostre colpe, dei nostri peccati, è uno dei più
grandi atti di verità e di responsabilità che possiamo fare. È smettere di
scusarci, è smettere di praticare lo scaricabarile e dire finalmente: “Questo
è ciò che io ho fatto! Questo sbaglio, questo peccato, l’ho fatto io!” In certi
casi, è arrivare a dire, proprio come il “buon ladrone”: “Me la sono
cercata”.

III) Il riconoscimento delle nostre colpe sarebbe però solo fonte di


sconforto e depressione se non ci fosse alcuna via d’uscita! E la via d’uscita
è proprio quella praticata dal malfattore pentito: “Gesù, ricordati di me!”
Il nome “Gesù” significa “Dio salva” e all’inizio del vangelo di Matteo,
spiegando il perché di questo nome, l’angelo dice a Giuseppe: “Lo
chiamerai Gesù, egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Nel
nome di Gesù è racchiuso il senso profondo del mistero dell’incarnazione:
Dio ci salva dai nostri peccati.
E quando il “buon ladrone” sussurra: “Gesù, ricordati di me!” gli sta
dicendo: “Gesù, tu che sei nato, vissuto e ti sei lasciato inchiodare sulla
croce per salvarci dai nostri peccati, ricordati di me!” “Metto la mia vita
nelle tue mani! Anche se è piena di cose sbagliate, anzi, soprattutto perché
è piena di cose sbagliate! So che questa è l’unica via d’uscita dal fallimento
completo e totale!”
Il “buon ladrone” ci insegna così il valore di quello che si chiama esame di
coscienza e anche del confessare i propri peccati: è un’assunzione di
responsabilità e un atto di affidamento a Gesù.

IV) La risposta di Gesù è bellissima: “Oggi, con me, sarai nel Paradiso”.
Essere perdonati vuol dire semplicemente: mi lascio accogliere e vengo
accolto da Gesù! E con Lui sperimento il Paradiso! Sperimento che abito
nel cuore misericordioso di Dio e che il Dio uno e trino, Padre e Figlio e
Spirito santo, abita nel mio piccolo, povero, fragile cuore e lo riempie di
beatitudine e di pace.

7. Alla luce di tutto questo possiamo comprendere perché, san Francesco


abbia pubblicizzato questa straordinaria festa del perdono che è
l’indulgenza della Porziuncola semplicemente dicendo: “Voglio mandarvi
tutti in Paradiso”.
Vi auguro di poter vivere così l’esperienza del perdono:
- consapevoli che ci precede come offerta gratuita, ma che a Gesù
Cristo è costata la vita!
- Consapevoli che è bene per noi riconoscere i nostri peccati e
affidarli a Gesù crocifisso: “Ricordati di me”.
- Consapevoli che, nel perdono, Gesù crocifisso, ma ormai anche
risorto e glorioso, dice a ciascuno di noi: “Oggi, con me, sarai nel
Paradiso”.
Varcando la soglia della Porziuncola il 2 agosto, possiate veramente e con
tutta il vostro essere, sentirvi già in Paradiso.
Triduo Perdon d’Assisi 2010 S. Maria degli Angeli 31-07-2010
Gv 2,1-11

Maria presenza di grazia

Carissime sorelle, carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace!

1. Nell’ultimo canto del Paradiso, Dante fa recitare a S. Bernardo una


splendida preghiera a Maria. Una strofa di questa preghiera riassume il
senso della cooperazione della Vergine Maria nella missione del suo Figlio
Gesù:
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
(Par 33,16-18)

La benignità di Maria è una forma di benevolenza attenta a quel che accade


dentro la storia concreta delle persone. Per questo – come abbiamo sentito
nel racconto delle nozze di Cana – non ha bisogno che qualcuno le segnali
che il vino è finito. Se ne accorge da sé, per quel sentire secondo la grazia
(cioè secondo un modo gratuito di amare) che la contraddistingue.
Così Maria non ha bisogno che qualcuno le segnali ciò che manca alla
nostra vita, alle nostre famiglie e comunità, alla Chiesa e al mondo in cui ci
troviamo a vivere!
Lei se ne accorge grazie alla sua attenzione e alla sua benevolenza gratuita
e materna. E perciò, liberamente, perché ci ama, precorre, cioè anticipa le
nostre richieste.

2. Nel suo anticipare le nostre richieste, scorgendo ciò che ci manca perché
la nostra vita sia piena, Maria agisce in due direzioni: verso il Figlio e verso
i servi.
a) Maria agisce anzitutto rivolgendosi a suo figlio Gesù, che è l’unico
Salvatore, perciò l’unico capace di cambiare l’acqua in vino, vale a dire la
tristezza in gioia, il rischio di fallimento in possibilità nuova, il vuoto in
pienezza.
Per agire sul Figlio Maria presenta la nostra situazione.
E Gesù venendo incontro alla domanda di Maria, a Cana, anticipa il mistero
dell’ora, che è l’ora della sua passione e della sua glorificazione, l’ora in
cui dona la vita per noi e manifesta l’amore del Padre per l’umanità intera.
Anche adesso Gesù viene incontro alla domanda di Maria, non più
anticipando il mistero dell’ora ma attualizzandolo, e così permette a noi di
attingere non tanto all’acqua mutata in vino, ma al vino mutato in sangue,
cioè al dono della sua vita, dono che Lui ha fatto una volta per sempre, ma
al quale noi abbiamo bisogno di poter attingere nel corso della storia.

b) Maria agisce sui servi, che nel racconto di Giovanni possono indicare i
ministri della Chiesa, ma – almeno in parte – anche ognuno di noi. E ai
servi consegna un messaggio di validità perenne: “Qualsiasi cosa vi dica –
sottinteso Gesù – fatela!”. Nelle parole della madre terrena di Gesù,
possiamo scorgere anche l’eco delle parole del Padre celeste di Gesù, che
sul Tabor dirà ai discepoli: “Questo è il mio Figlio prediletto, ascoltatelo!”.
E i servi, i ministri della Chiesa, non hanno da fare altro che obbedire alla
parola di Gesù, fidandosi di quel che chiede, anche se sembra chiedere
qualcosa di strano, come riempire d’acqua le anfore di pietra o – come
accadrà il giorno di Pasqua – quando chiederà di perdonare i peccati.
Perché il Figlio possa agire e trasformare l’acqua in vino o il peccatore in
un santo, occorre comunque anche un atto di obbedienza da parte nostra, un
ascolto profondo di quello che lui ci chiede, un gesto di fiducia nei suoi
confronti.
3. Questo racconto ci aiuta a capire anche il senso particolare, mariano,
dell’indulgenza che celebriamo qui a S. Maria degli angeli, l’indulgenza del
Perdon d’Assisi.

- È un’esperienza di perdono e di riconciliazione assolutamente gratuita,


cioè pura espressione d’amore, che Gesù ci fa, operando dentro di noi una
trasformazione profonda, paragonabile al cambiamento dell’acqua in vino o
di un cuore indurito in un cuore riconciliato.

- È un’esperienza di perdono che avviene grazie a questa presenza benevola


e materna di Maria, che vede che non abbiamo più vino, vede che cosa
rischia di far fallire la nostra vita, di renderla triste, sconsolata e vuota!
Vede e presenta questa situazione al Figlio, perché agisca, perché
intervenga!

- È un’esperienza di perdono che avviene grazie alla collaborazione dei


servi, i ministri della Chiesa, che fanno – secondo il suggerimento di Maria
– qualsiasi cosa Gesù chieda loro. E se a Cana Gesù ha chiesto ai servi di
riempire d’acqua le anfore, in questi giorni chiede ai ministri della Chiesa
di mettersi in ascolto dei penitenti e di offrire il suo perdono. Un perdono
che – ovviamente – ha bisogno di essere accolto in un cuore pentito e
riconoscente, come abbiamo meditato nei giorni scorsi.

4. Per l’intercessione attenta e materna di Maria e per il ministero della


Chiesa, che passa attraverso i suoi sacerdoti, Gesù Cristo conceda ad
ognuno di noi di poter gustare, in questi giorni, nella festa del perdono,
l’acqua trasformata in vino.
Ci conceda di lasciare qui, in questa piccola porzione di terra e di cielo,
tutto ciò che opprime, e rende triste e vuota la nostra vita, cioè il peccato; e
di poter sperimentare la gioia del perdono, il Paradiso nel cuore.
Triduo Perdon d’Assisi 2010 S. Maria degli Angeli 01-08-2010
Ap 21,1-11; LMag II,8; SalBMV

Un luogo e una
persona che
irradiano luce

Carissime sorelle,
carissimi fratelli,

il Signore vi dia pace!

1. Siamo già entrati


nei primi vespri della
festa di S. Maria degli
Angeli, abbiamo già
cominciato a varcare
la soglia di questa
piccola porzione di
terra e di cielo, per
gustare il perdono di
Dio, un perdono che ci
riapre alla vita, e che
ci apre le porte del
Paradiso grazie alla
presenza di Maria, che intercede per noi ogni grazia.
Su tutto ciò abbiamo meditato nei giorni scorsi.
Questa sera vogliamo soprattutto contemplare, e lodare, e ringraziare Dio,
per quello che ha operato nella Vergine Maria e tramite lei; per quello che
ha operato in questo luogo, grazie al suo servo Francesco; per quello che
sta operando in noi e per noi in questi giorni di grazia.

2. Conosciamo l’affetto di cui Francesco d’Assisi circondava questo luogo


perché era dedicato alla beata Vergine Maria degli Angeli. “Francesco
amava e venerava Maria – ci dice Tommaso da Celano – perché aveva reso
nostro fratello il Signore della maestà”.
Francesco amava e venerava Maria – ce lo testimoniano i suoi Scritti –
perché si era aperta alla relazione col Dio Uno e Trino, Padre e Figlio e
Spirito santo, con tutta la propria persona.
Francesco amava e venerava Maria, perché era l’immagine della Chiesa,
dono e grazia di Dio, apertura allo Spirito, grembo che genera il Figlio di
Dio, ma anche libera risposta di un’umanità non più prigioniera del
peccato.
E Francesco amava questo luogo, dedicato a Maria, perché era ed è un
luogo capace di ricordarci e farci sperimentare tutto ciò.

3. C’è una luce particolare in questo luogo, come ci ricordava san


Bonaventura. Qui, attorno a questa piccola chiesa, tutti noi, colpiti da cecità
interiore, che ci impedisce di guardare il mondo con gli occhi di Dio,
protendiamo le mani verso l’alto e, piangendo, invochiamo dal Signore
misericordia e luce. Qui, se la nostra preghiera è sincera e corrisponde a un
autentico desiderio di conversione, veniamo raggiunti anche noi da uno
splendore immenso, che porta a ciascuno di noi la luce e la salvezza
desiderate.

4. La luce che qui ci raggiunge è la luce dello Spirito santo, che ha operato
in Maria la grazia di una santità totale, preservandola dal peccato fin dal
primo istante del suo concepimento; poi la grazia di una libertà docile al
piano di Dio e capace di cooperare con Lui; quindi la grazia di seguire il
suo Figlio, come perfetta discepola fin sotto la croce; infine la grazia di
partecipare, anima e corpo, cioè con tutta la sua persona, alla vittoria
pasquale del suo Figlio sulla morte.

E Dio desidera per noi lo stesso destino, per questo ha infuso nei nostri
cuori lo Spirito del suo Figlio che:
- ci ha liberati e ci libera dal peccato,
- perché possiamo vivere da figli e aprirci alla sua volontà,
- e seguire le orme del Signore nostro Gesù Cristo,
- per poter un giorno varcare la soglia della Gerusalemme celeste, proprio
come ora varchiamo la soglia di questa piccola chiesa, dedicata a Maria, la
Vergine fatta Chiesa.

5. Contemplando la bellezza della Vergine Maria e lo splendore della


Gerusalemme celeste, contempliamo la bellezza e lo splendore che ci
aspettano, e che Dio vuole per noi. Lasciamoci inondare e riempire anche
noi dalla luce che promana dal cielo e ci raggiunge, come i primi frati
riuniti attorno a questo luogo santo.
6. Al termine di questa riflessione facciamo nostro il saluto che san
Francesco rivolgeva alla beata Vergine Maria, che è un’amplificazione del
saluto che l’angelo Gabriele rivolge a Maria.
È una preghiera nata forse proprio in questo luogo, come frutto di una
lunga contemplazione di ciò che la Santissima Trinità ha operato in Maria e
di ciò che vuole operare anche in noi.
Reciterò la preghiera molto lentamente, per dare la possibilità a ognuna e
ognuno di voi, di ripetere interiormente, le singole invocazioni sgorgate dal
cuore di Francesco.

Ave Signora, santa regina,


santa genitrice di Dio, Maria, *
che sei vergine fatta Chiesa *
ed eletta dal santissimo Padre celeste,
che ti ha consacrata *
insieme col santissimo suo Figlio diletto
e con lo Spirito Santo Paraclito; *
tu in cui fu ed è
ogni pienezza di grazia ed ogni bene. *

Ave, suo palazzo, *


ave, suo tenda, *
ave, sua casa. *
Ave, suo vestimento, *
ave, sua ancella, *
ave, sua Madre. *

E saluto voi tutte, sante virtù, *


che per grazia e illuminazione
dello Spirito Santo *
venite infuse nei cuori dei fedeli, *
perché da infedeli
fedeli a Dio li rendiate. *

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito santo…

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