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Premessa: più che un lavoro organico, il testo di seguito vuole fornire una serie di spunti di
riflessione e di inizio di discussione (e qualche provocazione) sull’argomento in titolo.
Cultura e Ignoranza rappresentano due dei simboli che ognuno di noi incontra, sviluppa ed
affina nel corso della propria esistenza, ai quali, nel tempo e negli spazi geografici, sono stati
attribuiti differenti significati e che quindi potremmo definire come simboli variabili in
rapporto a quanto espresso da Taine, ossia in dipendenza della “Race, Milieu, Moment” di chi
li analizza e che molto spesso vengono connotati di caratteristiche antitetiche tra loro con
connotazioni sociologiche completamente differenti.
Il termine cultura ha origine dal verbo latino colĕre, che significa “coltivare” cosa che denota la
necessità di dover lavorare continuamente allo sviluppo, mantenimento e crescita di tale
aspetto, ed ha la stessa radice del lemma “culto”, che in questa accezione rappresenta appunto
qualcosa che deve essere continuamente seguito per poter dare i suoi frutti.
Volendo ricercare delle definizioni del termine cultura è quindi necessario, come spesso
facciamo, analizzare i suoi significati sia negli ambiti esterni (o exoterici) sia negli ambiti più
propriamente esoterici.
In tale definizione, troviamo una serie di spunti di riflessione che possiamo brevemente
analizzare: il primo definisce la cultura come formata dalle cognizioni intellettuali, ossia a
quanto riusciamo a far nostro attraverso il nostro intelletto, che però devono necessariamente
essere rielaborate per poter arricchire il nostro essere interiore e permetterci di migliorare le
capacità di giudicare, ossia di interfacciarci in maniera adeguata con il mondo esterno. Questa
tipologia di apprendimento, come già citato, suscita in me un forte parallelismo con il mondo
della Massoneria il cui metodo ci permette di passare continuamente da aspetti esteriori ad
aspetti interiori, e facendoci riportare alla luce (nel mondo profano) quanto da noi elaborato
internamente tanto da poter offrire un’opportunità di miglioramento dell’intera comunità in
cui viviamo e quindi all’Umanità tutta.
Una seconda riflessione è legata ad un altro aspetto del termine Cultura, che viene utilizzato
anche per indicare qualcosa di condiviso tra più esseri umani, andando a connotare il termine
come un archetipo che lega tra loro le strutture sociali e, allo stesso tempo, la necessità intima
(esoterica) dell’essere umano di confrontarsi con suoi simili al fine di migliorare se stesso
acquisendo nuove conoscenze.
Tale “non conoscenza” non ha necessariamente un’accezione negativa, come spesso si tende
ad attribuire ed anzi, al contrario, è stata utilizzata nei tempi antichi da filosofi come Platone
nell’Apologia di Socrate nella quale fa esprimere allo stesso Socrate il famoso detto “so di non
sapere” (‘), che può essere interpretato (molto liberamente) come “ho preso
coscienza di non essere depositario della Verità assoluta e quindi ho la necessità di continuare
a ricercare”.
L’ignoranza, in senso sociale, viene connotata alla mancanza nei modi di rapportarsi agli altri
e dell’essere civile, quasi ad indicare una mancanza di volontà dell’ignorante di affrancarsi
dallo stato animalesco attraverso la ricerca della conoscenza, tanto da spingere Spinoza a
definire l’ignoranza come unico (illusorio) male “L’origine del male è nell’illusione,
nell’ignoranza fondamentale […] La liberazione dal male è nella conoscenza, che separa il punto
di vista dell’assoluto e dell’eterno (in cui non vi è male, ma solo perfezione) da quello del relativo
e dell’apparente (in cui il male è reale)”.
Uno degli infiniti punti d’incontro tra i due simboli apparentemente antitetici Cultura e
Ignoranza passa per un altro simbolo, la Conoscenza che da sola merita un apposito
approfondimento che qui mi limiterò solo a definire come “la consapevolezza e la
comprensione dei fatti e delle esperienze”, in modo da poter affermare che la continua
acquisizione di differenti conoscenze mette l’Uomo in condizione di scoprire il suo significato
più profondo, secondo il famoso motto Dantesco “Fatti non foste a viver come bruti, ma per
seguir virtute e canoscenza” (Divina Commedia, Inferno XXVI)