Molti sono gli aspetti della disputa che ancora necessitano di essere
studiati. Chi fu il promotore e l'organizzatore della disputa? Perché venne
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MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona – Sefer Vikkuach. Introduzione, traduzione dal
testo ebraico e note di Francesco Bianchi, Edizioni Lamed, Roma, 1999, p. 3.
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convocata? Perché il vescovo di Girona, Pedro de Castelnou sente
l'esigenza di avere una relazione della disputa, e ne affida la stesura a
Nachmanide stesso, che la porta a termine due anni dopo la disputa? E
quale rapporto intercorre fra questo testo scritto dal Ramban per la Chiesa
locale di Girona, e il verbale breve e molto burocratico stilato invece dai
domenicani pochi giorni dopo la chiusura della disputa? Brevemente,
attraverso il confronto fra i due testi e le ipotesi di due studiosi del testo,
Martin A. Cohen2 e Robert Chazan3, cercheremo di rispondere a queste
domande, facendo parlare gli attori di questo incontro, che quasi ottocento
anni dopo ancora suscita curiosità, attenzione ed interesse nell'ambito del
dialogo ebraico-cristiano.
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Nato negli USA nel 1930, è professore di Storia Giudaica all'Huc-Jir di New York.
3
Nato negli USA nel 1936, è professore di Storia giudaica medievale, esperto di relazioni e
dispute giudaico cristiane.
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LA DISPUTA E IL SUO CONTESTO STORICO-RELIGIOSO
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Innocenzo III7 aveva iniziato quell'opera riformatrice che donò nuova linfa
interna alla Chiesa, soprattutto grazie alla nascita e alla diffusione degli
ordini mendicanti. I francescani, e i domenicani8 soggetti attivi della vita
della Chiesa dell'epoca e della disputa, divennero ben presto strumenti
ideali per le riforme della Chiesa. Soprattutto i domenicani rappresentarono
nell'Europa del tempo il braccio della Chiesa, e all'alta attività intellettuale
ben presto affiancarono una collaborazione più “aggressiva” con il papato e
le chiese locali, volta alla persuasione e alla conversione degli “infedeli”.
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Nato Lotario dei Conti di Segni (Gavignano o Anagni, 22 febbraio 1161 – Perugia, 16 luglio
1216), fu il 176º papa della Chiesa cattolica dal 1198 alla morte.
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Fondato da Domenico di Guzman e da alcuni suoi compagni a Tolosa nel 1207, l'ordine
domenicano adottò la regola agostiniana ed ottenne il riconoscimento da papa Onorio III nel
1216. Impegnato nella predicazione, fu un ordine fondamentale in epoca Scolastica, con
l'insegnamento nelle università di Parigi e di Colonia di personaggi fondamentali come Alberto
Magno e Tommaso d'Aquino.
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Si celebrò circa nel 306 d.C. nella città di Elvira (il nome di Granada prima della conquista
araba, nell'allora Hispania).
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Quella di Catalogna è forse la più antica comunità del paese. Sotto il regno
di Giacomo I ebrei assistevano il re come interpreti della lingua araba, e
venivano invitati dal sovrano ad insediarsi nelle terre appena strappate agli
arabi. La vita intellettuale e religiosa si concentrò a Girona, sobborgo di
Barcellona, luogo di origine di importanti studiosi, caratterizzati per l'ostilità
contro il pensiero razionale di Maimonide e della sua scuola10.
10
Lo stesso Nachmanide intervenì e mediò la pace fra la sua scuola e la corrente opposta dei
seguaci di Maimonide.
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Fu convocato a Roma da papa Innocenzo III, diventato papa nel 1198, con la bolla Vineam
Domini Sabaoth, emanata il 19 aprile 1213. Fu il dodicesimo concilio ecumenico della Chiesa.
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I PROTAGONISTI DELLA DISPUTA
Paul Christiani
Raimondo de Penyafort
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di Spagna, e predicando intensamente la crociata di Giacomo I per la
reconquista. A partire dal 1230 fu confessore di Gregorio IX e penitenziario
di Santa Romana Chiesa. Dal 1238 al 1240 fu generale dell'ordine
domenicano, per il quale riformò le costituzioni. Dopo il definitivo rientro in
patria fu sempre impegnato nell'opera missionaria rivolta agli ebrei e ai
mussulmani, soprattutto attraverso la fondazione di scuole linguistiche. Morì
il 6 gennaio 1275.
Raimondo Martì
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“razionalisti” maimonidei. Nell'imminenza della disputa venne probabilmente
eletto rabbino maggiore di Catalogna, cosa che intensificò i suoi contatti con
la casa imperiale e Giacomo I, al quale lo lega amicizia e confidenza, come
traspare chiaramente dal testo della disputa. Lasciò alla sua morte
un'imponente opera letteraria, tra cui il suo famosissimo commento alla
Torah, i commenti a Giobbe e all'Ecclesiaste, una breve esposizione su Is
53, che mostra la posizione ebraica sui canti del Servo, rispetto
all'interpretazione cristiana. Suo anche un importante commento al Sefer
Yezirah, dove espone le sue teorie cabbalistiche sulle sefirot, sulla
trasmigrazione delle anime, sulla retribuzione e sull'inizio dell'era
messianica.
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LA DISPUTA DI BARCELLONA
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concorda sia il testo ebraico:
«Il re, mio Signore, mi ha ordinato di disputare alla sua presenza e dei suoi
consiglieri con Paul nel suo palazzo»,13
«(...) essendo stato convocato Girona Mosè, ebreo, detto il maestro, dallo
stesso Signore il re su richiesta dei frati domenicani (...)».14
Si noti però come il testo latino aggiunge un'altra informazione, taciuta dal
Vikkuach: lo svolgimento della disputa fu chiesto con forza dai domenicani.
Le condizioni di disordine interno in cui il regno versava spinsero Giacomo I
ad accogliere questa richiesta, finalizzata probabilmente a sperimentare un
nuovo metodo missionario, basato sui testi del Talmud e delle Haggadot.
Sul perché dell'accettazione di Nachmanide due diverse ipotesi: Cohen
pensa che il Ramban avrebbe preso parte alla disputa per obbedire
all'ordine del re che aveva bisogno dell'appoggio dei domenicani, e per
evitare che la sua comunità ebraica soffrisse guai peggiori. La sua presenza
avrebbe permesso la realizzazione dei piani reali, sottolineando il trionfo dei
domenicani. Chazan disegna uno scenario differente: Nachmanide difese
con vigore la causa ebraica, e non fu certo un avversario accomodante. Il
testo sembra riflettere più questa ipotesi, e potrebbe ribaltare la prima: la
partecipazione del rabbino di Girona alla disputa poteva servire alla
comunità ebraica come mezzo per conoscere meglio le nuove tecniche e i
nuovi argomenti missionari dei cristiani, e, una volta appresi, per confutare i
pericoli ai propri correligionari.
«Eseguirò gli ordini del mio re, mio signore, a patto che mi sia concesso il
13
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 48.
14
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 31.
10
potere di parlare come voglio».15
Per ciò che riguarda l'ordine dei lavori, il Vikkuach fa seguire alla
lunga citazione talmudica iniziale, un breve dialogo fra Nachmanide e gli
altri partecipanti, che riassume l'ordine dei lavori:
Il testo latino afferma che si discuterà del Messia, se era vero Dio e vero
uomo, se ha sofferto ed è morto per la salvezza del genere umano e se
l'osservanza della legge sia cessata dopo il Messia. I due testi sembrano
sostanzialmente concordare sui punti da trattare. Il secondo giorno
Nachmanide afferma che nell'ebraismo il Messia non ha affatto il ruolo
fondamentale che ha nella cristianità.
11
È da sottolineare che il discorso di Paul Christiani non si basa mai sulla
figura storica di Gesù Cristo, che invece trova l'ostilità, sulla base dei testi
rabbinici, da parte di Nachmanide, ma adducendo come prove testi ebraici,
il domenicano descrive la figura del Messia come realizzata storicamente in
Gesù, figura che toglie ogni valore alla legge.
«Per chi ci crede è bene, ma chi non ci crede non ne avrà danno»,18
«“con dolore partorirai figli”. Tutto questo dura fino ad oggi. Nulla di visibile
e di sensibile è stato espiato a causa del vostro Messia».19
18
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 56.
19
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 58.
20
Questo argomento appare già nel Kuzari, di Yehuda Ha Levi, dove il re dei Khazari sottolinea
che la stessa logica respinge i fondamenti della fede cristiana.
12
simile a Lui, non può distruggere se stesso o diventare Egli stesso un corpo.
Non può cambiare, o essere al tempo stesso uno e trino. Ed è proprio sulla
Trinità che Nachmanide concentra il maggior numero di obiezioni, che fa
ruotare attorno a quattro punti: a) la Trinità implica materia; b) gli attributi
divini non sono persone; c) la generazione smentisce l'unità; d) la logica
aristotelica smentisce la Trinità.
Dn 9, 22-24, uno dei passi preferiti per calcolare la data di avvento del
messia, e che il domenicano utilizza per cercare di dimostrare la natura
umana e divina del Messia:
«Daniele dice: “settanta settimane di anni sono fissate per l tuo popolo e
per la tua santa città per mettere fine alla malvagità, per mettere fine al
peccato, per espiare la colpa, e per sigillare la visione e per far venire la
giustizia eterna e per ungere il santo dei santi”. Settanta settimane sono
490 anni. Settanta settimane vanno riferite agli anni e non ai giorni. 420
21
Qui Christiani riprende l'esegesi che del passo avevano offerto, prima Bereshit Rabbà 99,8, poi
Rashi.
22
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 50.
13
sono gli anni del secondo tempio e 70 sono gli anni dell'esilio di Babilonia e
allora venne il Santo dei Santi, cioè Gesù».23
Grande importanza viene data anche a Is 52, uno dei canti del Servo, di
grande valore cristologico. Rispetto a questo passo una differenza
sostanziale esiste fra il testo ebraico e quello latino: Nachmanide da tanta
importanza al passo, al punto di dedicargli un piccolo trattato. Coglie nel
servo la raffigurazione di un messia puramente umano, che avrebbe sì
sperimentato la sofferenza e il dolore per colpa di Israele, ma senza alcun
intento espiatorio, ma avrebbe trionfato sui suoi nemici e sarebbe morto
vecchio e sereno. Il testo latino, per motivi ancora inspiegabili, non conserva
nessuna traccia di discussione relativa a Is 52.
23
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 62.
24
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 68.
14
«Tu credi forse che il Messia, di cui parlano i saggi, sia un uomo vero, nato
da donna, e che sarà Dio vero?»25
e con la risposta da parte del pensatore ebreo che accusa Paul Christiani di
presentare un'interpretazione sbagliata del testo ebraico:
«è vero che il Messia dovrà venire, che sarà uomo vero, nato da padre e
madre, dalla loro unione carnale come me, e che sarà della stirpe di Davide
e di discendenza regale, come sta scritto: “Spunterà un germoglio dal
tronco di Jesse”. (…) Se fosse nato dallo Spirito Santo, secondo le vostre
parole, non sarebbe affatto del tronco di Jesse».26
«non ho mai visto un uomo che non ha ragione, rispondergli così bene
come hai fatto tu».27
«è evidente che l'uomo ha fede in ciò che conosce. Perciò nemmeno gli
angeli possono avere fede nella Trinità».28
Il giorno dopo, Nachmanide saluta il re, che con grande affetto lo fa andare
via, donandogli 300 soldi d'oro in risarcimento delle spese sostenute. Fin qui
il testo ebraico. Il testo latino afferma che Nachmanide, non riuscendo a
contrastare la potenza rigorosa delle affermazioni trinitarie di Christiani,
sarebbe fuggito dalla città, senza peraltro discutere della legge. Cohen
25
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 69.
26
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 69.
27
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 74.
28
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 76.
15
pensa che il verbale latino sia strumentale al disegno dei domenicani.
Questa ipotesi è rafforzata dagli eventi successivi: la promulgazione di una
serie di editti che mostrano chiaramente come la disputa fosse stato solo
l'atto iniziale dell'attacco domenicano. Questi editti dimostrano anche che i
domenicani avessero avuto la meglio nella disputa: il re avrebbe potuto
emanare gli editti comunque, ma con la disputa sottolineò la superiorità dei
domenicani, e suggellò l'alleanza fra l'ordine e la corona.
«noi volevamo esiliare dalla nostra terra per due anni lo stesso ebreo e far
bruciare i libri che erano scritti con le suddette parole. Questa sentenza i
padri predicatori non vollero affatto accettare. Pertanto, noi Giacomo, re per
grazia di Dio, concediamo allo stesso maestro ebreo Bonastruc de Porta di
non dover più rispondere in alcun foro dei fatti accaduti e di altri fatti futuri,
se non in nostra presenza e in nostro potere».29
16
Christiani si recò a Viterbo da Clemente IV, che con una bolla papale del
1266 si oppose alle decisioni del re, accusandolo di affidare incarichi
prestigiosi agli ebrei, e chiedendo che
«tu punisca soprattutto l'audacia di colui che si dice abbia composto un libro
con molte menzogne riunite e messe insieme».30
Questa bolla non ebbe comunque nessun effetto pratico, dal momento che
Nachmanide aveva raggiunto nel settembre del 1267 il porto di san
Giovanni d'Acri in Palestina.
30
MOSHÈ BEN NACHMAN, La disputa di Barcellona, 42.
17
CONCLUSIONE
18
BIBLIOGRAFIA
Libri
19
Indice generale
INTRODUZIONE..................................................................................................................1
LA DISPUTA E IL SUO CONTESTO STORICO-RELIGIOSO..........................................3
I PROTAGONISTI DELLA DISPUTA.................................................................................6
Paul Christiani...............................................................................................................6
Raimondo de Penyafort.................................................................................................6
Raimondo Martì............................................................................................................7
Mosè ben Nachman.......................................................................................................7
LA DISPUTA DI BARCELLONA........................................................................................9
L'esito della disputa e gli eventi successivi.................................................................14
CONCLUSIONE..................................................................................................................18
BIBLIOGRAFIA..................................................................................................................19
20