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Guida del docente 2016-2017: Diritti e doveri dell'insegnante del secondo ciclo dopo la legge 107/2015
Guida del docente 2016-2017: Diritti e doveri dell'insegnante del secondo ciclo dopo la legge 107/2015
Guida del docente 2016-2017: Diritti e doveri dell'insegnante del secondo ciclo dopo la legge 107/2015
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Guida del docente 2016-2017: Diritti e doveri dell'insegnante del secondo ciclo dopo la legge 107/2015

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Aggiornata alle novità introdotte dalla legge 107/2015 e dotata di un'appendice con le più recenti e importanti pronunce giurisprudenziali in materia, questa Guida del docente rappresenta un comodo e prezioso strumento per orientarsi nell'intricata normativa scolastica.

Dopo aver fornito una sintetica ricognizione delle fonti costituzionali e legislative che sottendono al diritto scolastico e una rapida analisi degli ordinamenti vigenti nella scuola di secondo grado, il testo affronta tutti i principali temi delle politiche scolastiche italiane: dall'autonomia delle istituzioni scolastiche all'alternanza scuola-lavoro, dalla formazione iniziale dei docenti al contratto di lavoro, dai permessi e congedi agli organi collegiali di istituto, dalla valutazione degli alunni ai servizi di orientamento e placement.

Uno strumento indispensabile e di comoda consultazione, pensato in particolar modo per i dirigenti scolastici e per tutti i docenti delle scuole secondarie.

Per gli aspetti di pedagogia speciale riguardanti l'integrazione scolastica delle persone con disabilità, DSA e BES si rinvia, invece, alla Guida per il docente di sostegno. Dall'integrazione all'inclusione, del medesimo autore.
LanguageItaliano
Release dateOct 13, 2016
ISBN9788838244988
Guida del docente 2016-2017: Diritti e doveri dell'insegnante del secondo ciclo dopo la legge 107/2015

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    Guida del docente 2016-2017 - Francesco Magni

    Francesco Magni

    DIRITTI E DOVERI DELL’INSEGNANTE DEL SECONDO CICLO DOPO LA LEGGE 107/2015. GUIDA DEL DOCENTE A.S. 2016-17

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm), sono riservati per tutti i Paesi. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail segreteria@aidro.org e sito web www.aidro.org

    © Copyright by Editrice La Scuola – Edizioni Studium, 2016

    ISBN 978-88-350-4647-9

    ISBN: 978–88–382–4498–8

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    CAPITOLO 1

    1.1 Le norme costituzionali

    1.2 Le fonti legislative

    1.3 I regolamenti e gli atti ministeriali

    1.4 Le politiche dell’Unione Europea sull’istruzione

    CAPITOLO 2

    2.1 Le linee fondamentali: dalla legge Moratti alla legge 107/2015

    2.2 Il riordino del secondo ciclo di istruzione statale

    2.3 I percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) regionali

    2.4 Il sistema di istruzione e formazione tecnica superiore

    2.5 L’alternanza scuola-lavoro e l’apprendistato

    2.6 L’Insegnamento della religione cattolica (IRC)

    CAPITOLO 3

    3.1 L’autonomia delle istituzioni scolastiche

    3.2 La parità scolastica

    3.3 La progettualità della scuola

    3.4 Il funzionamento della scuola

    3.5 Altri aspetti funzionali

    3.6 I servizi di orientamento e placement

    CAPITOLO 4

    4.1 Formazione iniziale e reclutamento dei docenti

    4.2 Rapporto di lavoro

    4.3 Gli obblighi di servizio e di lavoro del personale docente

    4.4 Trattamento economico

    4.5 Ferie e festività

    4.6 Permessi e congedi

    4.7 Permessi per lavoratori disabili e per la loro assistenza

    4.8 Aspettative

    4.9 Maternità, paternità e congedi parentali

    4.10 Cessazione dal servizio

    4.11 Sanzioni disciplinari

    CAPITOLO 5

    5.1 L’obbligo di istruzione

    5.2 Valutazione, scrutini ed esami

    5.3 Interventi a favore di alunni economicamente svantaggiati e per la valorizzazione delle eccellenze

    5.4 Statuto delle Studentesse e degli Studenti

    5.5 Cittadinanza e Costituzione

    5.6 Assenze ed esoneri

    CAPITOLO 6

    6.1 Consiglio di classe

    6.2 Collegio dei docenti

    6.3 Consiglio di istituto

    6.4 Comitato per la valutazione dei docenti

    6.5 Assemblee e Comitato dei genitori

    6.6 Assemblee studentesche

    6.8 La verbalizzazione

    6.9 Attività, deliberazioni, responsabilità, accesso agli atti

    CAPITOLO 7

    7.1 Motivazione del giudizio di non ammissione alla classe successiva

    7.2 Abuso di mezzi di correzione

    7.3 Infortuni

    7.4 Insulti ad insegnante: oltraggio a pubblico ufficiale

    7.5 Abbandono degli studi superiori

    Riferimenti bibliografici per approfondire

    Indice analitico

    Francesco Magni

    DIRITTI E DOVERI DELL’INSEGNANTE DEL 

    SECONDO CICLO DOPO LA LEGGE 107/2015

    GUIDA DEL DOCENTE

    A.S. 2016/2017

    Editrice La Scuola – Edizioni Studium

    AVVERTENZA

    Nel momento in cui si chiude il presente lavoro, molti sono i fronti aperti del sistema d’istruzione e formazione italiano. Tra questi, ci si limita a segnalarne due, che saranno al centro del dibattito almeno nel breve periodo.

    Da un lato si aspetta infatti l’approvazione e l’attuazione delle numerose ed ampie deleghe contenute nella legge n. 107/2015 (comma 181); dall’altro dall’esito del referendum confermativo della riforma costituzionale dipenderà non solo il futuro assetto delle istituzioni repubblicane, ma anche, per l’ambito di cui qui ci si occupa, una modifica delle competenze tra Stato e regioni che toccherà anche il sistema dell’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP).

    Infine, per tutti gli aspetti legati alla pedagogia speciale e all’integrazione scolastica delle persone con disabilità, DSA e BES si rinvia al recente F. Magni, Dall’integrazione all’inclusione. Guida per il docente di sostegno a.s. 2016/2017, Editrice La Scuola-Edizioni Studium, 2016 [formato ebook].

    CAPITOLO 1

    LE FONTI GIURIDICHE DEL SISTEMA D’ISTRUZIONE E FORMAZIONE

    1.1 Le norme costituzionali

    La Costituzione della Repubblica Italiana, promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948, dedica numerosi articoli all’istruzione, considerata come uno dei fini perseguito dalla Repubblica stessa per la crescita e lo sviluppo del paese e per migliorare ed elevare le condizioni di vita dei singoli cittadini. Tra gli articoli più importati della Costituzione occorre ricordarne almeno qualcuno.

    art. 9 – Promozione della ricerca e della cultura

    La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

    art. 33 – Libertà di insegnamento

    1. L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.

    2. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

    3. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

    4. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.

    5. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.

    6. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

    art. 34 – Diritto allo studio

    1. La scuola è aperta a tutti.

    2. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

    3. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

    4. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

    1.2 Le fonti legislative

    Oltre alla Costituzione, che si colloca secondo il principio gerarchico sul gradino più alto del sistema delle fonti del diritto, troviamo poi le fonti legislative, rappresentate dalle leggi dello Stato e dalle leggi regionali.

    Ad oggi, infatti, la competenza a legiferare nel settore dell’istruzione è distribuita sulla base del Titolo V della Costituzione (modificato con la Legge costituzionale n. 3/2001).

    Alle leggi dello Stato è demandato il compito di definire:

    i principi fondamentali con i quali lo Stato traccia le linee direttive generali che devono poi essere attuate dalle singole Regioni che ne definiscono la disciplina concreta;

    le norme generali sull’istruzione (ad es. lo stato giuridico degli insegnanti);

    i livelli essenziali delle prestazioni del servizio dell’istruzione garantiti dal legislatore statale per quanto riguarda gli aspetti qualitativi e quantitativi.

    Con la riforma del Titolo V alla legislazione regionale è stato riservato uno spazio sempre più ampio: l’art. 117 Cost. riformulato attribuisce infatti alle Regioni una potestà legislativa definita concorrente in materia di istruzione, da realizzarsi nel rispetto dei principi fondamentali fissati dallo Stato, oltre ad una competenza residuale nei settori non coperti da disciplina dello Stato. Questo riparto di competenze potrà poi essere ulteriormente modificato nel caso di approvazione, in seguito a referendum popolare confermativo, della riforma costituzionale riguardante "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione" approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016.

    art. 117

    La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

    Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

    (…) 

    n) norme generali sull’istruzione;

    (…)

    Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: (…) istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;

    (…)

    Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

    Le disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione sono state emanate in successione di tempo, spesso in maniera contraddittoria e non sempre all’interno di una coerenza di sistema, sono numerosissime e stratificate nel tempo. Tra di esse, punto di riferimento è il D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, Testo unico delle disposizioni legislative vigenti relative alle scuole di ogni ordine e grado: nonostante la sua ampiezza (676 articoli), questo testo non esaurisce in sé tutte le disposizioni in materia di istruzione.

    Da citare anche il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Testo unico pubblico impiego, che si applica anche per il personale della scuola e la recente Legge 13 luglio 2015, n. 107, Riforma del sistema nazionale che contiene, tra le numerose deleghe dell’art. 1 comma 181, anche quella sul riordino delle disposizioni normative.

    Infine, accanto alle fonti legislative sono da ricordare i contratti collettivi nazionali (CCNL per il personale docente e ATA e il CCNL per i dirigenti scolastici). I CCNL sono divisi in due parti, una di tipo normativo (di durata quadriennale) e una di tipo economico (di durata biennale) riguardante le retribuzioni. 

    1.3 I regolamenti e gli atti ministeriali

    a) I regolamenti governativi

    Attraverso questi atti normativi, il Governo centrale determina la disciplina applicativa di aspetti che sono già stati oggetto di una disciplina legislativa generale. Solitamente assumo la forma di Decreti del Presidente della Repubblica (D.P.R.) che li emana su proposta del Ministero dell’Istruzione. In alcuni casi possono essere emanati anche di concerto con un altro Ministero e/o previo parere preventivo e consultivo di alcuni determinati organi (Consigli di Stato, Corte dei Conti, Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione).

    La potestà regolamentare, oltre che allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, spetta anche alle singole Regioni per ogni altra materia (art. 117 Cost.).

    b) I provvedimenti del MIUR

    Il diritto scolastico italiano è caratterizzato poi dalla gran mole di provvedimenti normativi emanati dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR): i Decreti Ministeriali (DM) non sono da considerarsi fonti legislative, in quanto subordinati alla legge, così come le Ordinanze Ministeriali (O.M.), le Circolari Ministeriali (C.M.) e le note contraddistinte dal solo numero di protocollo. Loro scopo dovrebbe essere quello di limitarsi a chiarire la portata applicativa e la corretta interpretazione delle disposizioni legislative già emanate.

    1.4 Le politiche dell’Unione Europea sull’istruzione

    Negli ultimi anni la dimensione globale ed europea dei sistemi d’istruzione e delle politiche educative poste in essere dai singoli stati membri sta aumentando sempre di più: non è certo un caso se sempre più spesso ci si riferisce a un unico spazio europeo dell’istruzione attraverso termini quali European Education Space (EES) e European Education Policy (EEP).

    Il fenomeno appena descritto (che va anche sotto il nome di europeizzazione dell’istruzione) è stato favorito anche dall’emergere di alcune linee di tendenza che ormai accomunano i 28 Paesi che compongono l’Unione Europea. Tra i tanti dati possibili, bastino questi due iniziali riferimenti: nel 1964 nascevano in Europa 7,7 milioni di bambini. Nel 2011 ne sono nati solo 5,2 milioni. L’età media della popolazione europea è passata dai 35,7 anni del 1992 ai 41,5 anni del 2012[1]. Innanzittutto quindi la forte diminuzione di soggetti al di sotto dei 30 anni d’età, dovuta al calo delle nascite, negli ultimi 25 anni ha fatto registrare una riduzione del 15,5% della popolazione under 30, passando dai 204,3 milioni nel 1985 ai 172,6 milioni nel 2010. Sebbene la diminuzione delle nascite incida su tutti i gruppi di età giovani, quello maggiormente colpito sembra essere il gruppo corrispondente alla fascia d’età 10-19 anni, con un decremento del 22%, seguito dalla fascia 0-9 anni con il 16%, e da quella 20-29 anni con il tasso di declino percentualmente più contenuto pari all’8,7%. Come è stato sottolineato, «il dato più preoccupante è che la fascia 10-19 anni, formata da alunni frequentanti o la scuola secondaria inferiore/superiore o corsi per la qualifica professionale, ha continuato a diminuire costantemente durante tutto il periodo compreso tra il 1985 e il 2010; mentre dati più confortanti riguardano il gruppo 0-9 anni che, dopo una drastica diminuzione tra il 1985 e il 2005, ha fatto registrare un leggero incremento dell’1,9% nei cinque anni successivi fino al 2010»[2]. Il futuro dell’Europa appare quindi segnato dalla presenza di una popolazione composta sempre più da anziani e dove i giovani e giovanissimi sembrano destinati ad assottigliarsi sempre di più.

    Richiamato dunque, seppur per brevi cenni, il contesto di riferimento, vediamo ora dove e come l’Unione Europea interviene nelle politiche legate all’istruzione e alla formazione. Per fare questo, occorre partire dall’art. 165 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), laddove si prevede che le istituzioni europee nell’ambito delle politiche dell’istruzione e della formazione hanno una competenza di supporto e sostegno – potremmo dire residuale – rispetto alle politiche dei singoli Stati Membri che mantengono, in questa materia, piena titolarità sul contenuti e l’organizzazione del sistema di istruzione e formazione. Le istituzioni comunitarie possono però promuovere attività volte ad una maggior cooperazione tra gli Stati membri (si pensi per esempio al programma Erasmus).

    Articolo 165 - (ex articolo 149 del TCE)

    «1. L’Unione contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche. (…) 2. L’azione dell’Unione è intesa: a sviluppare la dimensione europea dell’istruzione, segnatamente con l’apprendimento e la diffusione delle lingue degli Stati membri; a favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti, promuovendo tra l’altro il riconoscimento accademico dei diplomi e dei periodi di studio; a promuovere la cooperazione tra gli istituti di insegnamento; a sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui problemi comuni dei sistemi di istruzione degli Stati membri; a favorire lo sviluppo degli scambi di giovani e di animatori di attività socioeducative e a incoraggiare la partecipazione dei giovani alla vita democratica dell’Europa; a incoraggiare lo sviluppo dell’istruzione a distanza (…)».

    Le politiche dell’Unione Europea in questo settore sono dunque rivolte principalmente a due obiettivi: da un lato, garantire il diritto allo studio in uno Stato membro diverso da quello di origine, alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato prescelto (tant’è che le istituzioni scolastiche ed europee riconoscono reciprocamente i periodi di studio effettuati a certe condizioni all’estero come parte integrante del curricolo nazionale); il secondo è rappresentato dal supporto, inteso anche in termini finanziari, alla mobilità degli studenti, condizione necessaria per l’esercizio del diritto allo studio in un altro Stato membro.

    Altri obiettivi sono quelli di sviluppare una dimensione europea dell’istruzione, favorire la mobilità non solo degli studenti ma anche degli insegnanti tra i paesi europei, promuovere la colllaborazione tra istituzioni scolastiche, incentivare l’e-learning.

    Per raggiungere questi ed altri obiettivi l’Unione Europea, dopo la Strategia di Lisbona (2000) ha messo in atto nel 2009 una nuova strategia europea per il 2020, fondata su tre priorità:

    1) crescita intelligente, che prevede lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione;

    2) crescita sostenibile, che prevede lo sviluppo di un’economia più efficiente e più competitiva sotto il profilo delle risorse;

    3) crescita inclusiva, che prevede al promozione di un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale.

    Questo orizzonte di crescita così delineato dovrà essere raggiunto attraverso il conseguimento di altri obiettivi, fissati a livello europeo e che poi vanno declinati e adattati al singolo stato membro a seconda della condizione di partenza. Entro il 2020 ci si è posti l’obiettivo di raggiungere:

    l’abbassamento al di sotto del 10% della quota di dispersione scolastica;

    un aumento all’85% della quota di studenti con età inferiore a 22 anni che conseguono il diploma di istruzione secondaria superiore o la qualifica professionale;

    un aumento al 40% della quota di studenti con un livello di istruzione terziaria

    un maggior sostegno all’innovazione, alla creatività e all’imprenditorialità.

    Una concreta declinazione di questi enunciati si trova nel programma dell’Unione europea per l’Istruzione, la Formazione, la Gioventù e lo Sport 2014-2020 Erasmus Plus.

    Il programma, approvato con il Regolamento UE n. 1288/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio, combina e integra tutti i meccanismi di finanziamento attuati dall’Unione Europea fino al 2013. Unisce, infatti, in un unico schema i prcedenti programmi, tra cui:

    il Programma di apprendimento permanente LLP-Lifelong Learning Programme (Comenius, Erasmus, Leonardo da Vinci, Grundtvig);

    Gioventù in azione;

    i cinque programmi di cooperazione internazionale (Erasmus Mundus, Tempus, Alfa, Edulink e il programma di cooperazione bilaterale con i paesi industrializzati). 

    Comprende inoltre le Attività Jean Monnet e include per la prima volta un sostegno allo Sport.

    Il programma integrato permette di ottenere una visione d’insieme delle opportunità di sovvenzione disponibili, mira a facilitare l’accesso e promuove sinergie tra i diversi settori rimuovendo le barriere tra le varie tipologie di progetti; vuole inoltre attrarre nuovi attori dal mondo del lavoro e dalla società civile e stimolare nuove forme di cooperazione.

    Il bilancio di 14,7 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 rappresenta un aumento del 40% rispetto alla programmazione precedente. Finanziamenti addizionali riguardano la mobilità nel campo dell’istruzione superiore e per il coinvolgimento di paesi terzi.

    Nel 2015 Erasmus+ ha disposto complessivamente di 1 miliardo e 736 milioni di euro per finanziamenti volti a promuovere opportunità per:

    studenti, tirocinanti, insegnanti e altro personale docente, scambi di giovani, animatori giovanili e volontari.

    creare o migliorare partenariati tra istituzioni e organizzazioni nei settori dell’istruzione, della formazione e dei giovani e il mondo del lavoro

    sostenere il dialogo e reperire una serie di informazioni concrete, necessarie per realizzare la riforma dei sistemi di istruzione, formazione e assistenza ai giovani.

    Per tutte le informazioni utili si rimanda al sito http://www.erasmusplus.it/.


    [1] European Commission, EU Employment and Social Situation Quarterly Review March 2013. Special Supplement on Demographic Trends, Luxembourg, Publications Office of the European Union, 2013, p. 10.

    [2] D. Capperucci, La scuola in Europa. Politiche e interventi dell’Unione europea in materia di istruzione e formazione, FrancoAngeli, Milano 2013, p. 183-184.

    CAPITOLO 2

    GLI ORDINAMENTI

    2.1 Le linee fondamentali: dalla legge Moratti alla legge 107/2015

    [1]

    a) La riforma Moratti e la legge n. 53/2003 (2003-2006)

    La c.d. Riforma Moratti (Legge n. 53 del 2003 e il collegato D.Lgs. n. 226/2005), recependo quanto stabilito dagli artt. 117 e 118 della L. Cost. n. 3/01 circa le competenze dello Stato e delle Regioni in materia di istruzione e di formazione professionale, aveva previsto un sistema educativo unitario internamente articolato in un sistema dei licei e in un sistema dell’istruzione e della formazione professionale, di esclusiva competenza regionale. Allo stesso tempo si interveniva anche sulla scuola del primo ciclo (primaria e secondaria di secondo grado) attraverso il D.Lgs. 19 febbraio 2004, n. 59 Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’art. 1 della L. 28 marzo 2003, n. 53. Ad esso furono allegate le indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia (allegato A), la scuola primaria (allegato B), la scuola secondaria di secondo grado (allegato D).

    La normativa in questione suggeriva quindi l’opportunità di costituire un unico «sistema educativo» per i giovani dai 3 ai 23/24 anni, al proprio interno articolato poi in un «(sotto)sistema dell’istruzione liceale (14-19 anni) e poi universitaria (19-24 anni)» e in un «(sotto)sistema dell’istruzione e forma­zione professionale secondario (14-18 anni) e superiore o di alta formazione (18-23 anni) comprendente, dai 15 anni, anche l’apprendistato». I due (sotto)sistemi avrebbero dovuto essere di pari dignità educativa e culturale, oltre che tra loro interconnessi.

    Nella L. n. 53/03 il sistema dei licei comprendeva otto licei, di durata quinquennale. L’attività didattica si sviluppava in due periodi biennali e in un quinto anno che prioritariamente completava il percorso disciplinare e prevedeva altresì la maturazione delle competenze mediante l’approfondimento delle conoscenze e l’acquisizione di abilità caratterizzanti il Profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi e stabilite a livello nazionale. I percorsi dei licei si concludevano con un esame di Stato il cui superamento rappresenta titolo necessario per l’accesso all’università, all’alta formazione artistica, musicale e coreutica e all’istruzione e formazione tecnico-professionale superiore.

    I percorsi dell’istruzione e formazione professionale realizzavano profili educativi, culturali e professionali ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione definiti, secondo quanto stabilito dal nuovo art. 117 della Costituzione, su base nazionale. Tali titoli e qualifiche costituivano condizione per l’accesso all’istruzione e formazione professionale superiore e consentivano, se conseguiti al termine di percorsi di durata almeno quadriennale, la frequenza di un apposito corso annuale per sostenere l’esame di Stato utile per l’accesso all’università e all’alta formazione artistica, musicale e coreutica.

    b) Il "cacciavite di Fioroni e le norme Gelmini (2007-2010)

    La riforma Moratti della scuola del secondo ciclo non è mai stata formalmente abrogata: il suo smontaggio è avvenuto attraverso ampie abrogazioni apportate al D.Lgs. n. 226 del 17 ottobre 2005[2].

    La L. 2 aprile 2007, n. 40, (art. 13 Disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico professionale e di valorizzazione dell’autonomia scolastica) previde una sostanziale revisione del quadro brevemente delineato.

    In luogo dell’espressione «sistema dei licei» utilizzata dalla L. 53/03 e dal collegato D.Lgs. n. 226/05, troviamo, infatti, quella di «istruzione secondaria superiore» all’interno della quale vengono di nuovo collocati gli istituti tecnici e professionali statali che, nel sistema definito dalla L. n. 53/03, sarebbero dovuti confluire o nei licei tecnologico ed economico o nei percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale[3].

    Il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni nella L. 6 agosto 2008, n. 133, art. 64, comma 4bis, ha modificato il comma 622, art. 1, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, prevedendo l’assolvimento del nuovo obbligo di istruzione anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP), di cui al Capo III, del D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226.

    Come si è visto, tra il 2005 e il 2007 era stata definita una riforma degli ordinamenti per la scuola secondaria di secondo grado senza che si concretizzasse in una fase applicativa.

    Con la XVI Legislatura sono state definiti da apposite leggi (n. 133/2008 e n. 169/2008) gli obiettivi e i criteri di attuazione della riforma del sistema di istruzione, secondo una linea di continuità e di razionalizzazione con quanto già definito per via normativa negli anni immediatamente precedenti (in particolare con la già citata L. n. 40 del 2007).

    Sulla base di quanto previsto dalla L. n. 133/2008 sono stati emanati, per i diversi settori scolastici e per gli ambiti di ordinamento, alcuni specifici regolamenti sotto forma di Decreti del Presidente della Repubblica (D.P.R. n. 87, 88, 89 del 15 marzo 2010, riguardanti rispettivamente il riordino degli istituti professionali, degli istituti tecnici e dei licei), che hanno portato a conclusione il percorso di riordino del secondo ciclo di istruzione.

    Essi disegnano il nuovo volto della scuola secondaria superiore in Italia e costituiscono il frutto di un lungo percorso normativo (e politico) che ha attraversato le ultime quattro legislature.

    I nuovi Regolamenti sono attuativi della L. n. 133 del 6 agosto 2008, conversione del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria, che all’art. 64, comma 3, prevedeva «un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico» attraverso una serie di azioni tra le quali la «ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali» (comma 4, b). Essi recepiscono inoltre quanto contenuto nella L. 30 ottobre 2008, n. 169 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L 1° settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università.

    I tre Regolamenti completano l’iter legislativo avviato dalla L. n. 53 del 28 marzo 2003, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, con i Decreti Legislativi collegati, in particolare, per quanto riguarda il secondo ciclo:

    il D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 76 Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c) della L. 28 marzo 2003, n. 53;

    il D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77 Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, ai sensi dell’art. 4 della L. 28 marzo 2003, n.53;

    il D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione ai sensi della L. 28 marzo 2003, n.53;

    D.Lgs. n. 17 ottobre 2005, n. 227 Norme generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell’accesso all’insegnamento, ai sensi dell’art. 5 della L. n. 53, del 28 marzo 2003.

    Ricordiamo, inoltre, che la L. 2 aprile 2007, n. 40 Conversione in legge, con modificazioni del D.L. del 31 gennaio 2007 n. 7 recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese, aveva modificato il quadro delineato in precedenza, reintroducendo in particolare nel quadro dell’istruzione, accanto ai percorsi liceali, anche quelli tecnico e professionali[4].

    c) La legge n.107/2015

    Le finalità della legge n. 107/2015 sono enunciate fin dal primo comma dell’unico articolo che compone il dispositivo normativo:

    Legge n. 107/2015, art. 1, comma 1 (Oggetto e finalità della riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione)

    Per affermare il ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza e innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento, per contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, per prevenire e recuperare l’abbandono e la dispersione scolastica, in coerenza con il profilo educativo, culturale e professionale dei diversi gradi di istruzione, per realizzare una scuola aperta, quale laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva, per garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di istruzione permanente dei cittadini, la presente legge dà piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, anche in relazione alla dotazione finanziaria.

    Per conseguire queste finalità, si possono individuare tre nuclei centrali sottesi alla legge 107/2015[5].

    1) Il piano straordinario assunzionale (art. 1, commi 95-113)

    Occorre infatti ricordare che la legge 107/2015 nasce sotto l’impulso di diverse spinte motrici, non ultima – nonostante se ne proclami con ostentata sicurezza la più assoluta irrilevanza al riguardo – la sentenza del 26 novembre 2014 con cui la Corte di Giustizia Europea ha giudicato la normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola contraria al diritto dell’Unione Europea[6]. Recentemente la dottrina giuridica ha sostenuto che da questa decisione sia scaturita una «parte obbligata» della legge, frutto «di una responsabilità verso l’Unione»[7].

    Per questo, uno dei suoi punti nevralgici, almeno sotto il profilo meramente quantitativo, risiede nella procedura assunzionale straordinaria di oltre 100mila docenti precari. Tale operazione trova la sua giustificazione formale nella creazione del c.d. organico funzionale dell’autonomia che, come specificato al comma 68, comprende oltre al consueto organico di diritto, anche dei posti aggiuntivi «per il potenziamento, l’organizzazione, la progettazione e il coordinamento» delle istituzioni scolastiche.

    A questi docenti assunti fin dall’estate del 2015, si devono poi aggiungere anche quelli (ben 63.712) in corso di assunzione tramite la procedura concorsuale[8], in fase di svolgimento durante l’estate 2016. Infine, è prevista l’assunzione di ulteriori 30.000 insegnanti rimasti nelle graduatorie ad esaurimento in seguito alla loro scelta di non prendere parte al piano straordinario promosso nel 2015. Il Ministero dell’Istruzione, perciò, ha previsto di assumere nel corso del triennio 2015-2018 circa 180.000 insegnanti (di ogni ordine e grado, anche per i posti di insegnanti di sostegno).

    2) Norme di manutenzione e messa in ordine dell’esistente

    La finalità dichiarata dal legislatore che dovrebbe sottendere tutto il provvedimento sarebbe quella di dare piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche (art. 1 comma 1)[9]. Per questo, come è stato sottolineato, «più che trattarsi di un’effettiva Riforma, dunque, la nuova disciplina è diretta, in realtà, a perfezionare strumenti già in essere per accordare un’effettività e una sostanza a un istituto che, sebbene abbia una storia risalente, non ha mai avuto una reale attuazione»[10].

    Tali interventi si risolvono innanzitutto in una serie di finanziamenti:

    per l’incentivazione del merito dei docenti (200 milioni annui);

    per la formazione in servizio (40 milioni annui);

    per la card annuale di 500 euro per ogni docente (circa 400 milioni);

    per incrementare il fondo di funzionamento delle istituzioni scolastiche (126 milioni nel 2015)

    per la costruzione di laboratori territoriali (90 milioni);

    per le attività di alternanza scuola-lavoro (100 milioni)

    per la costruzione di ambienti di apprendimento innovativo (300 milioni).

    Un importante investimento di risorse economiche che dovrà però essere valutato nella effettiva utilità e incidenza all’interno del sistema di istruzione e formazione.

    Come si è affermato, infatti, un giudizio su questi aspetti dovrà vertere principalmente «sull’effettiva capacità degli strumenti introdotti dalla nuova disciplina ad attuare o meno l’autonomia scolastica nel suo effettivo significato di responsabilità nell’assunzione della funzione istruzione e non sulla difesa ad oltranza di prerogative o di posizioni acquisite rispetto ad ogni possibile mutamento dello status quo»[11].

    Si tratta, dunque, di una serie di interventi che si inseriscono nella stessa struttura del sistema d’istruzione, la cui cornice sostanziale non viene intaccata in alcun modo.

    3) Le deleghe legislative

    Il terzo snodo fondamentale riguarda l’attuazione (ancora a venire) delle numerose – ancorché molto dettagliate – deleghe legislative previste dai commi 180 e 181. Il governo è infatti delegato ad adottare, entro 18 mesi dall’approvazione della legge (cioè entro la fine del 2016), provvedimenti che mirino al «riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione, anche in coordinamento con le disposizioni di cui alla presente legge» (comma 180).

    Tra le modifiche che sono ancora in attesa di essere emanate, figurano:

    a) un complessivo riordino delle disposizioni normative in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione, anche ai fini dell’adeguamento alla normativa e alla giurisprudenza dell’Unione Europea, attraverso la redazione di un nuovo testo unico delle disposizioni in materia di istruzione, in sostituzione dell’attuale T. U. di cui al D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297;

    b) una complessiva e dettagliata riforma del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria;

    c) la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità anche attraverso la ridefinizione del ruolo del persone docente di sostegno;

    d) la revisione dei percorsi dell’istruzione professionale;

    e) l’istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni (0-6 anni).

    E poi ancora misure volte a riformare il diritto allo studio (f); la promozione e la diffusione della cultura umanistica e la valorizzazione del patrimonio culturale (g); la revisione, il riordino e l’adeguamento della normativa in materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all’estero (h); l’adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti, nonché degli esami di Stato (i).

    L’ampiezza e l’importanza degli ambiti coinvolti dalle deleghe potrebbero fornire l’occasione per importanti innovazioni, favorite anche dalla caduta di alcuni tradizionali steccati ideologici[12] (si pensi, per esempio, alla spinta verso un maggiore collegamento tra scuola e impresa e all’obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro): tale possibilità di reale cambiamento potrà però concretizzarsi solo se la decretazione delegata non sprecherà questa occasione.


    [1] Per una panoramica delle riforme scolastiche compiute negli ultimi vent’anni si rimanda a G. Bertagna, Licei di 4 anni e riforma della scuola: melina o progetto di sistema per la nuova legislatura?, in «Nuova Secondaria», n. 7, 2014, pp. 19-29.

    [2] Cfr. L. n. 40/2007 (conversione del D.L. n. 7/2007) e, in particolare attraverso il D.P.R. n. 89/2010 il cui art. 15 (Abrogazioni) prevede al comma 1: «Sono abrogati gli articoli 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 11, 12, 23, 25, 26 e 27, con esclusione dei commi 2 e 7, del D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, e relativi allegati».

    [3] Cfr. art. 13 comma 1 L. n. 40/2007 dove si afferma che fanno parte del sistema d’istruzione secondaria superiore «i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali, tutti finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore». Viene, inoltre, stabilita la cancellazione dei licei economico e tecnologico e il liceo artistico viene articolato in indirizzi. Importante anche il comma 1 bis che così stabilisce: «Gli istituti tecnici e gli istituti professionali di cui al comma 1 sono riordinati e potenziati come istituti tecnici e professionali, appartenenti al sistema dell’istruzione secondaria superiore, finalizzati istituzionalmente al conseguimento del diploma».

    [4] Per un approfondimento dei tre regolamenti si rimanda ai tre siti internet appositamente attivati: http://nuovilicei.indire.it/; http://nuovitecnici.indire.it/; http://nuoviprofessionali.indire.it/.

    [5] Per quanto riguarda le conseguenze della legge 107/2015 e il sistema delle scuole paritarie, sia consentito a rimandare a F. Magni, Le scuole paritarie e la legge 107/2015, in «Nuova Secondaria Ricerca», n. 8, Anno XXXIII, 27-32.

    [6] Sul punto sia consentito di rinviare a F. Magni, Tanto tuonò che poi non pioverà? La sentenza UE e i precari della scuola, in «Nuova Secondaria», XXXI, n. 6, 2015, pp. 33-37.

    [7] M. Cocconi, La sfida dell’autonomia scolastica, in «Giornale di diritto amministrativo», n. 5, 2015, p. 663.

    [8] Il concorso a cattedre è stato approvato con il DPCM del 24 dicembre 2015 (provvedimento adottato anch’esso in attuazione della Legge n. 107/2015).

    [9] In merito al concetto di autonomia si rimanda a G. Bertagna, Autonomia. Storia, bilancio e rilancio di un’idea, Editrice La Scuola, Brescia

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