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Cecilia Randich

17 o obre 2020
Trieste

L’iden tà in bilico
Chi sono?

Come psicologi siamo abitua a concepire i cambiamen rispe o all’iden tà in


relazione al ciclo di vita e ai cambiamen del corpo. E’ da aspe arsi, per esempio,
che un’adolescente forgi la sua iden tà in relazione alla crescita (cambio corpo di
bambino a adulto, cara eri sessuali), in relazione all’apertura verso il mondo, la
creazione di nuovi amici, le prime relazioni amorose ed esperienze sessuali. Nello
stesso senso, troviamo le crisi di mezza età, o nel caso delle donne, cuando si sme e
di mestruare e si entra in menopausa. Chi sono? È una domanda che a raversa più o
meno, tu e le tappe della vita. Una domanda cruciale durante l’adolescenza ma non
di meno importante nell’età adulta o man mano che gli anni passano.

L’a ualità del nostro mondo è marcata dalla ques one dell’iden tà. Mai come
oggi ci confron amo con il des no dell’umanità, considerando gli avvenimen che
implicano il mondo intero. Questa realtà ci interroga e come psicoanalis dobbiamo
far conoscere quello che sappiamo della parte più oscura dell’essere e contribuire,
quindi, con una visione meno appassionata da quella del coro di voci più sen te.

Iden tà allude a ciò che non cambia di una persona e la fa essere riconosciuta
come una nell’arco del tempo. La domanda sull’essere punta a sviscerare ciò che è
più singolare in ogni sogge o, è la risposta che ognuno può costruire. Tu avia, come
esploratore dell’inconscio, Freud ha constatato che non c’è nulla che sia già
ar colato come risposta alla domanda “chi sono?”.

All’inizio, il sogge o si cos tuisce a par re da ciò che viene dal’Altro, i genitori.
L’ancoraggio necessario all’iden tà è procurato dall’Altro genitoriale ed è ciò che fa
da bussola nell’esistenza. Questo ancoraggio che segna l’appartenenza a un gruppo
sociale, non è semplicemente una ripresa iden ca di cer tra che si trasme ono
da una generazione all’altra. Ciò che conta è il modo in cui il sogge o si inserisce
nell’ordine del discorso che gli viene proposto e questo non avviene in modo
automa co, ma necessita di un operazione: il sogge o deve appropriarsi delle parole
dell’Altro. Lacan ha u lizzato un verbo par colare per designare questa operazione:
incarnare. Le parole dell’Altro si incarnano, per l’appunto, nel corpo. E’ a par re da
quest’incarnazione che si può dire che un sogge o ha preso le proprie radici, vale a
dire, è ssato, sa cosa vuole e come orientarsi per raggiungere ciò che desidera.



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Si crea un paradosso: quello che il sogge o conosce di sé stesso, lo sa perché
gli è stato trasmesso. Possiamo chiamare quest’iden tà “iden tà di alienazione”.
Ma c’è un altro sapere che non sa di avere, è il sapere inconscio. Qual’è la sua
auten cità? C’è un nome più conosciuto per designarlo: il des no. Il des no è quel
programma che determina un sogge o prima della sua nascita. Il des no ha degli
elemen che formano parte della cultura e della storia, pero è la scoperta
fondamentale di Freud, cioè, l’inconscio a cos tuire la risposta a ciò che viene
dall’Altro come discorso e comportamento tu o lungo la sua esistenza. Possiamo
dire quindi che il des no è scri o nell’inconscio, a par re dalle parole che si sono
incarnate nel sogge o. A par re da Freud, la domanda “chi sono?” cambia tono e
diventa: Sono costre o a un des no pre- ssato da un programma sociale o posso
scegliere il mio des no?”

Lacan apporta qualcosa di nuovo alla pra ca anali ca e a ronta la ques one
dell’iden tà del sogge o per un’altra via.
Da una generazione all’altra si trasme ono delle norme esplicite che formano
parte dalla tradizione e della cultura. Però al di là di ciò che si trasme e al di là delle
parole e dell’educazione, c’è qualcosa di segreto e oscuro che passa
inconsapevolmente. Questo a che vedere con i sintomi dei propri genitori, con i loro
desideri più in mi. Perciò Lacan ha proposto l’idea di un genitore trauma co per
ogni nevro co, genitore che crea un trauma senza proporselo, quindi, è innocente. I
genitori, senza volerlo, creano le condizioni delle nevrosi. Come procede una cura
anali ca per curare la nevrosi?
Piu osto che scoprire il trauma di partenza, di placarlo, di riconciliare
l’analizzante con il suo genitore trauma co la proposta di Lacan rovescia il gioco: il
genitore trauma co è innocente e l’analista viene al posto del genitore trauma co.
Salvo che l’analista viene a questo posto consapevolmente. L’analista non è dunque
innocente. Lo fa per estrarre il sogge o dalla dimensione di godimento, correlata
alle scene trauma che infan li. Un’analisi è il luogo dove si svolge una ba aglia che,
a raverso il transfert, cioè, il vincolo con l’analista, mira a liquidare gli e e del
trauma. La ques one dell’iden tà in Lacan ci è sembrata un asse essenziale per
a rontare questo punto.
In e e , la nozione di iden tà, che rinvia alla costanza e alla permanenza,
designa un rapporto stabile del sogge o con il mondo. Questo rapporto si veri ca
nella ssità propria al trauma smo del sogge o – a raverso il quale si disegnano le
linee del suo des no. L’iden tà è, anzitu o, una ques one di alienazione. Lacan lo
dimostra n dall’inizio, da “Lo stadio dello specchio come formatore della funzione

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dell’Io”1 e nei suoi primi scri psicoanali ci. L’iden tà è una soluzione dell’ Io (Moi)
che dà l’illusione di completezza in dipendenza dal desiderio dell’Altro. Tu avia,
l’iden tà non è mai completamente risolu va nel senso che, se essa completa l’Io,
questo non vuol dire che comple lo scarto che separa l’Io dal sogge o. L’io è fa o
dalla decantazione delle iden cazioni all’Altro dello specchio. La costanza mentale è
quella dell’Io, il modo in cui l’Io cos tuisce la sua immagine come “la des nazione
alienante” a par re dall’unità del corpo. La forma totale del corpo che il bambino
percepisce nell’Altro cos tuisce un’iden tà fondata su un miraggio narcisis co. Il
des no del sogge o dipende dall’assunzione dell’immagine del corpo. Questo può
dare l’idea di appartenenza a un gruppo, a un’ideale sociale, tu avia, l’immagine
narcisis ca del corpo che l’io percepisce non basta per forgiare un’ iden tà stabile.
Se consideriamo la prima iden tà come provenien dall’Altro, “iden tà di
alienazione” possiamo supporre che c’è un altro po di indennità che il suo opposto,
cioè, l’iden tà di separazione. L'iden tà di alienazione ha un’altro versante, se
consideriamo il sogge o nel rapporto con il signi cante, cioè, le parole che vengono
dall’Altro. Per ciò che concerne il sogge o, l’iden tà si riferisce alle parole dietro le
quali egli si riconosce, per esempio: io sono un medico.
“Io sono italiano” dice il sogge o. “Ah, ma il tuo DNA dice un’altra cosa” dice
l’Altro. Mentre per il sogge o l’iden tà è legata al simbolico, per l’Altro è il corpo
nella sua materialità che può dare l’iden tà. Ciò che è comune tra l’uno e l’altro è
che l’iden tà richiede sempre una decisione. Che si situino le cose da un lato o
dall’altro rimane il fa o che l’iden tà è dell’ordine del signi cante e che implica la
responsabilità del sogge o. A par re dall’inclusione dell’iden tà nel registro
simbolico, e lo scarto che questo suppone con il reale, possiamo dire che l’iden tà è
sempre una ques one di sembiante?
Se l’iden tà dipende dai signi can , tu avia essa non si lascia completamente
assorbire dal registro simbolico. Ė qui che interviene la dis nzione necessaria tra
iden tà e iden cazione. Infa è l’iden cazione che dipende unicamente dai
registri immaginario e simbolico.
L’iden tà, il fantasma e il sintomo.
Una cura anali ca segnala le iden cazioni del sogge o che orientano le sue
scelte, no a produrne la caduta. Queste iden cazioni sono guidate dal fantasma e
hanno come scopo di produrre un’iden tà. Ė la ragione per la quale, prima
dell’analisi e per tu o il tempo della sua durata il fantasma procura una iden tà. Il
sintomo invece, quello che non va/non funziona per il sogge o, va contro l’iden tà.

1 J. Lacan, “Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’Io”, in Scri , op.cit.
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Mentre il fantasma ha sempre un piede nell’Altro, il sintomo mostra una


disomogeneità, una ro ura, qualcosa che non si può integrare completamente.
L’iden tà del fantasma è legata al suo annodamento (I e S) con l’ideale dell’Io,
creando una coincidenza in cui il sogge o si vede come visto dall’Altro. Quando
sopravvengono le crisi d’iden tà di cui vi parlavo all’inizio, quando il sogge o non si
riconosce nel proprio fantasma, si lancia alla ricerca di un nuovo riconoscimento da
parte dell’Altro. Il passaggio alla pubertà, all’adolescenza, alla maternità, alla
pensione, sono spesso occasioni che sollevano delle ques oni di iden tà. Tali
situazioni esigono un rimaneggiamento libidinale e una nuova regolazione in
rapporto al fantasma. Il sogge o tenta di accomodare ciò che diviene a ciò che crede
di percepire del modo in cui l’Altro lo percepisce. La ssità del fantasma comporta
una certa essibilità che perme e che ogni crisi iden taria possa risolversi senza
necessità di rimaneggiare l’assioma di base. Il fantasma lavora dunque per
l’iden tà, mentre il sintomo traduce un’eterogeneità, un’inadeguatezza all’Altro.
Riprendo la dis nzione necessaria tra iden tà e iden cazione. Esistono, per
ogni sogge o, delle di erenze che dipendono da ciò che potremmo designare come
il marchio di un gruppo. Questo marchio, che potremmo chiamare il sintomo di un
gruppo, di una comunità, addiri ura di un paese, non si limita a un’iden cazione
comune né a un fantasma generalizzato, piu osto corrisponde all’acconsen re a un
godimento, in cui la posizione sogge va raggiunge una posizione colle va. (
Iden tà e cura anali ca
Cosa succede nell’analisi? La psicoanalisi ha una dimensione an -iden taria, lo
psicoanalista si me e dalla parte del sintomo contro l'iden tà. Il disposi vo anali co
non prome e soltanto la caduta delle iden cazioni (quindi, l’andare verso la
separazione dall’Altro), ma più radicalmente promuove una dis-iden tà, nel senso
della perdita di ciò che era una falsa iden tà. Più un sogge o è pronto a lasciarsi
dietro la sua iden tà e che lo cos tuisce come uno tra gli altri, più egli si avvicina alla
sua vera iden tà.
Non si tra a di dire no a ogni forma di iden tà (cosa che equivarrebbe a
rimanere fuori da ogni legame sociale), ma di crearne un’altra. Si tra a di scegliere
un altro Altro.
L’analisi ha come nalità produrre i signi can padroni della storia di un
sogge o, cioè, far emergere la parole che lo hanno marchiato, perciò suppone che il
sogge o abbia integrato alcuni dei signi can e ques siano in posizione di
comando. Ė questo l’essere aliena al discorso dell’Altro. Si tra a di una falsa
iden tà, e e o dell’adeguamento all’Altro, ma che cos tuisce la condizione
fondamentale perché ci sia l’a tudine all’analisi. L’analisi esige, all’inizio, un sogge o
iden cato, a condizione che non sia iden cato al suo sintomo. Per esempio: “Sono
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un perdente”, dice un zio, mentre con nua a dare la colpa ai genitori che lo hanno
viziato. Il caso si presenta di frequente: il sogge o può avere dei sintomi
perfe amente iden cabili per gli altri ma che non fanno sintomo per lui. Si dice: “è
un cara eriale”. Ė il caso che potremmo chiamare di iden tà di cara ere che può
prendere la forma di un’armatura di protezione. E, come tu e le armature, è di cile
da fondere, a meno che qualche cosa faccia sintomo per il sogge o, come per
esempio, il sen mento di colpa.
In ne, cos’altro è il cara ere, se non essere in sintonia con i propri sintomi o più
precisamente essere iden cato a una modalità di godimento? E questo solleva, per
conseguenza, la dis nzione con l’iden cazione al sintomo, speci ca della cura
anali ca che procura un’iden tà diversa. Lo scarto tra le due è dato dal conce o di
separazione che traccia una fron era tra il sintomo di alienazione all’Altro e il
sintomo di separazione dall’Altro.
Sintomo e vera iden tà
Il sintomo di separazione, che implica la riduzione no a farlo coincidere con il
reale, diventa ciò che un sogge o ha di più auten co. Non si tra a della necessità di
separarsi da tale o talaltro partner (anche se la dis-alienazione nella cura a volte può
costare l’abbandono di cer ogge libidinali). Si tra a di una separazione dai
signi can padroni della storia, prodo nella cura che lasciano il posto di comando.
Occorre notare le conseguenze in rapporto alla credenza al sintomo. La credenza si
fonda sull’idea che il sintomo possa diventare un’altra cosa. Ė questo che ci si aspe a
da un’analisi. No amo che una volta prodo a l’inversione nella cura, l’e e o è una
caduta della credenza. Si sme e di credere nella formula che lo ha determinato “io
sono un perdente” Sarà questa l’iden tà del sogge o?
La caduta della credenza implica di cessare di credere che ci sarà un sapere
nuovo che darà la risposta alla domanda “chi sono? Perché sono così? Perché mi
succede questo?” il sintomo, seguendo la de nizione di Lacan, è ciò che non cessa di
scriversi, non sme e di esserci, il sintomo rimane e si ar cola con l’iden tà.
Lacan lo chiama “la radicale eccentricità di sé a cui l’uomo è posto di fronte”2.
La cura consiste in interrogare questo punto: “Qual è dunque questo altro al quale
sono più a accato che a me, se nelle più in me pieghe della mia iden tà è lui che
mi agita?”3. Un sintomo riuscito può comportare un’iden cazione a questo Altro,
padrone del sogge o, un’iden cazione al Super-io, al punto che il sogge o si crede
padrone del suo des no. Questa sarebbe l’alienazione riuscita con un e e o di
iden tà che esclude il rapporto all’inconscio. Gli esempi sono molteplici e

2 J. Lacan, “L’istanza della le era nell’inconscio o la ragione dopo Freud”, in Scri , op.cit., pag. 519.
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dimostrano la passione di alcune persone di tenere al di sopra di tu o, più che a se
stesso, cer discorsi sul suo passato. Ė il caso più frequente in cui la storia determina
il des no.
La psicoanalisi è anzitu o un’operazione di separazione, infa essa consiste nel
mostrare al sogge o l’autonomia della sua volontà, e questo in ragione
dell’inconscio. L’inconscio è il primo separatore tra il sogge o e l’Altro, e la cura
anali ca radicalizza il processo. Separa e rende propizio un altro des no, che
dipende dal godimento. Dal sintomo nella sua iden tà signi cante passa al sintomo
nella sua iden tà di godimento.
Che di erenza c’è tra l’iden tà data dal signi cante, che è sempre un’iden tà di
alienazione, e l’iden tà data dalla le era (dal godimento)? Quando si rimani
iden ca all’altro, ai genitori, è necessaria la presenta ssa all’Altro, senza la quale il
sogge o cade nell’indeterminazione, infa , alla base e per stru ura, un sogge o
non può trovare un’iden tà inamovibile in uno dei signi can che lo rappresenta.
Quando si accede all’iden tà di separazione si ha la sicurezza che “è così e non in un
altro modo” e allo stesso tempo, si apre al legame sociale. Se Lacan ha messo
l’accento sul divenire della pulsione a ne analisi, è perché essa va a occupare il
vuoto lasciato dalla separazione.
A questo punto il proprio sintomo non da più fas dio e si può dire che “si sa fare”
con il sintomo. Ė un saperci fare con la pulsione che, per sua natura localizzata, dà
un orientamento di godimento al sogge o. L’iden tà di godimento è unica. Ė qui il
vero nome del sogge o, che non è il suo nome proprio ma un nome che è divenuto,
al quale egli ha acconsen to. Il sogge o passa così, nel percorso anali co, dal
sintomo che ha, al sintomo che è.
A par re dalla separazione dall’Altro si può parlare di sintomo come nome
d’iden tà. Fare del nome proprio il proprio nome d’iden tà richiede qualcosa in più
che levare la rimozione. Questo sarebbe la nominazione a raverso il sintomo in cui il
sogge o non si soddisfa della sua delucidazione, ma fa del suo godimento il nome
proprio che lo rappresenta.
Per concludere, farsi il proprio essere di sintomo è un a o di iden tà. Ė un’auto-
nominazione, infa è un a o del sogge o. Non è senza l’Altro, in questo caso,
l’analista. Ė per questo che, dopo la separazione dall’analista, la nuova iden tà non lo
spinge a un godimento di solitudine. La traversata di questa zona cos tuisce un
nuovo marchio. Non è dunque il marchio dell’inesistenza dell’ogge o totale, ma il
marchio propio di una soddisfazione che sopraggiunge dopo aver circoscri o
l’impossibile.
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