(5.31) e (5.35), e quello integrale che, viceversa, utilizza le stesse equazioni Innanzitutto occorre osservare che, per l'ipotesi del continuo, il fluido
scritte per un sistema finito, come riportato nelle (5.14), (5.30) e (5.34). assumerà sulle pareti del condotto la stessa velocità delle pareti, ovvero, in un
Beninteso, a differenza di quanto accade in termodinamica, entrambe queste sistema di riferimento solidale al condotto, una velocità nulla. Ciò sembra
descrizioni sono di tipo macroscopico e cioè sviluppate nell'ambito contrastare con l'ipotesi di unidimensionalità che, tra l'altro, prevede la
dell'ipotesi del continuo. La principale differenza tra esse consiste nel fatto costanza della velocità in ciascuna sezione retta del condotto. Invero, se il
che, mentre l'approccio differenziale tende a descrivere il comportamento del numero di Reynolds riferito al diametro equivalente della sezione è molto
fluido punto per punto del campo di moto, quello integrale porta elevato, il profilo di velocità nella sezione stessa è relativamente piatto con
essenzialmente in conto quanto scambiato sulla superficie di controllo del una brusca diminuzione della velocità in prossimità della parete e, purché
sistema studiato ed in maniera globale quanto accade nel volume di controllo. nello studio del moto si consideri la velocità media nella sezione, gli errori
Poiché trascura il dettaglio del campo di moto, l'approccio integrale è che si commettono sono molto bassi. Come già visto al par. 5.11, l'essere Re
senz'altro più semplice ed immediato. D'altro canto occorre osservare che, >> 1 garantisce, infatti, la trascurabilità degli sforzi viscosi rispetto alle
poiché non considera tutto ciò che avviene all'interno del sistema di controllo, forze d'inerzia a condizione che il condotto non sia molto lungo.
l'approccio integrale conduce esclusivamente a informazioni di carattere Se poi il condotto è a sezione variabile, come mostrato ad esempio
globale; inoltre molto spesso la sua applicazione dipende da dati già noti (ad nella Fig. 7.1 nella quale è spiegata la simbologia adottata, la condizione:
esempio per via sperimentale) che occorre fornire a priori per risolvere il
problema studiato. 2L dA
<< 1
L'approccio integrale è particolarmente conveniente nei problemi che ( Ai + Au ) dx
studiano il moto di un fluido all'interno di condotti (fluidodinamica interna),
mentre nei problemi di fluidodinamica esterna è quasi sempre preferibile garantisce una variazione dell'area della sezione molto graduale e, quindi, il
impiegare l'approccio differenziale. Lo sviluppo degli elaboratori elettronici e poter considerare il vettore velocità praticamente costante in ciascuna sezione
dei metodi di fluidodinamica numerica ha peraltro permesso di impiegare più retta del condotto.
agevolmente l'approccio differenziale ai più svariati tipi di campi di moto.
L'approccio integrale può dare, in particolare, risposte abbastanza
accurate quando il moto all'interno di un condotto può essere considerato
quasi-unidimensionale e cioè quando i parametri del moto (velocità,
temperatura, pressione, etc.) possono essere considerati costanti su ciascuna
sezione permeabile normale all'asse del condotto (mentre saranno, in
generale, variabili lungo l'asse del condotto stesso).
Nel cap. 5 le equazioni del bilancio sono state ricavate con un
approccio di tipo integrale perché didatticamente ritenuto più efficace. Per
passare al caso differenziale si è fatto uso del teorema della divergenza
ottenendo di conseguenza le equazioni (5.16), (5.31) e (5.35).
Fig. 7.1 - Condotto ad area variabile
7.3 Condizioni per un moto quasi-unidimensionale Infine, se il condotto non è ad asse rettilineo, come rappresentato nella
Fig. 7.2, l'esistenza della quasi-unidimensionalità richiede che sia verificata la
Delle condizioni per le quali un moto si può considerare quasi- condizione:
stazionario si è già discusso al par. 5.13, in questo contesto ci si occuperà
delle condizioni fondamentali per le quali un moto all'interno di un condotto ∆
<< 1
può essere considerato quasi-unidimensionale. R
Moti quasi-unidimensionali quasi-stazionari 175 176 Fluidodinamica
in cui ∆ rappresenta la dimensione trasversale del condotto nel piano in cui 7.4 Conservazione della massa per moti unidimensionali
esso ha raggio medio di curvatura R. stazionari
∂p
∂r r = R
= ρ
V2
R
∫D
ρ V ⋅ n dA =
∫A1
ρ V ⋅ n dA +
∫
A2
ρ V ⋅ n dA + ... +
∫
Am
ρ V ⋅ n dA =
dρ dV dA
+ + = 0 (7.7)
ρ 1 A1V 1 ⋅ n 1 + ρ 2 A2 V 2 ⋅ n 2 = 0 (7.4) ρ V A
se inoltre ciascuna superficie è ortogonale al corrispondente vettore velocità La (7.7) rappresenta l'equazione della conservazione della massa in
(poiché V 1 ⋅ n 1 = − V1 e V 2 ⋅ n 2 = V2 ), si ha: forma differenziale per un condotto nel quale un moto stazionario può essere
considerato unidimensionale in qualunque sezione retta dello stesso.
ρ 1V1 A1 = ρ 2V2 A2 (7.5)
Va fatto esplicitamente notare che nel moto stazionario di un fluido in 7.5 Bilancio della quantità di moto per moti unidimensionali
un condotto del tipo di Fig. 7.3 è sempre verificata la costanza della portata stazionari
∑ A (ρ V V
i =1
i i i ni + pi n i ) + S = M g (7.8)
riferimento, dà luogo a tre equazioni scalari. normale n avente stessa direzione di V. Nella letteratura anglosassone si fa
Se il condotto è del tipo con due sole superfici permeabili, tenendo spesso uso della quantità ℑ = IA definita come funzione impulso (impulso
conto della (7.4), si ha: totale).
In analogia a quanto fatto per la conservazione della massa, occorre
m& (V 2 − V 1 ) + p1 A1 n 1 + p2 A2 n 2 + S = M g (7.9) ricercare l'equazione del bilancio della quantità di moto in forma differenziale
per un condotto nel quale il moto può essere considerato unidimensionale in
qualunque sezione retta dello stesso. A tale scopo si consideri il tratto
elementare di condotto rappresentato nella Fig. 7.4 delimitato da due sezioni
permeabili normali all'asse e di lunghezza infinitesima dx per cui il tratto
stesso può essere praticamente considerato diritto ( n 1 = − n 2 ). Applicando
la (7.9) e proiettandola lungo la direzione dell'asse del condotto, si ottiene:
dS x = − pdA + τ p P dx (7.12)
(p 1 ) ( )
+ ρ 1V12 A1 n 1 + p2 + ρ 2V22 A2 n 2 + S = M g (7.10)
primo, si ottiene:
∫ ∫ (τ )
che rappresenta l'equazione del bilancio della quantità di moto in forma + J q ⋅ n dD − ⋅ V ⋅ n dD = 0 (7.18)
differenziale per un condotto nel quale il moto può essere considerato D D d
unidimensionale in ogni sezione retta.
Nel caso di moto in cui sia trascurabile lo sforzo tangenziale alla È necessario precisare quanto segue:
parete τ p (moto non viscoso), e cioè quando Re → ∞, la (7.14) diventa la – la (7.18) è valida se, e solo se, il moto è stazionario rispetto ad un sistema
cosiddetta equazione di Bernoulli in forma differenziale: di riferimento inerziale ed è unidimensionale su ciascuna delle superfici
permeabili del sistema;
dp + ρ VdV + ρ gdz = 0 (7.15) – l'integrale relativo al flusso di energia nel modo calore deve essere esteso a
tutte le superfici del sistema, permeabili e non, in quanto, pur essendo la
che può essere integrata dando luogo all'equazione di Bernoulli per moti temperatura costante su ciascuna superficie permeabile, sono consentiti
compressibili: gradienti di temperatura (e di conseguenza flussi di calore) in direzione
normale alla superficie. Poiché la normale n è orientata verso l'ambiente,
l'integrando è positivo se J q è anch'esso diretto verso l'ambiente. Per
V2
∫
dp
+ + gz = cost (7.16) rispettare la convenzione secondo cui la quantità di calore è positiva se
ρ 2
ceduta dall'ambiente al sistema, è conveniente porre:
Per un moto in cui siano trascurabili le variazioni di densità, moto
incompressibile (ρ = cost), si ha infine:
∫D
J q ⋅ n dD = −Q& (7.19)
p V2
+ + gz = cost (7.17) dove Q& è la quantità totale di energia scambiata per unità di tempo nel modo
ρ 2
calore attraverso tutta la superficie di controllo del sistema. Se Q& è positivo,
che rappresenta l'equazione di Bernoulli per moti stazionari, non viscosi, il sistema riceve energia nel modo calore dall'ambiente, se negativo, cede
incompressibili. Nell'ambito delle ipotesi fatte la (7.15), e quindi la (7.16) e la energia.
(7.17), sono applicabili anche se il moto non è unidimensionale, ad esempio L'integrale relativo al flusso di energia nel modo lavoro (nella sua
lungo una linea di corrente. parte non di pressione) è nullo sulle superfici permeabili perché, come detto
al paragrafo precedente è ivi nullo τ ; detto integrale dà inoltre contributo
d
nullo anche sulle superfici fisse rispetto al sistema di riferimento perché per
7.6 Conservazione dell'energia per moti unidimensionali l'ipotesi di continuità è ivi nulla la velocità del fluido V. Esso rappresenta,
stazionari pertanto, unicamente la potenza di elica cioè il lavoro per unità di tempo che
l'ambiente scambia con il sistema attraverso le superfici di controllo
Con procedimento analogo a quelli adottati in precedenza, ricordando impermeabili. Poiché l'integrando è positivo se il sistema riceve lavoro
che l'accelerazione di gravità deve essere costante all'interno del volume di dall'ambiente e la convenzione più usuale è quella di considerare positivo il
controllo (ed in effetti lo deve essere per l'espressione adottata per l'energia lavoro ceduto dal sistema all'ambiente, è conveniente porre:
potenziale gravitazionale) e che il termine instazionario si annulla, a partire
∫ (τ )
dalla (5.34) si ottiene:
⋅ V ⋅ n dD = − L& (7.20)
D d
m
Vi2
∑
i=1
ρ iVni Ai hi +
2
+ gzi +
(7.18)
dove L& è la quantità totale di energia scambiata per unità di tempo nel modo
Moti quasi-unidimensionali quasi-stazionari 183 184 Fluidodinamica
m& ∆ H = − L& (7.27) che, sostituita nella formula precedente e ricordando la definizione di
diametro idraulico od equivalente (7.13) e quella di G data dalla (7.6), dà
Nella (7.27), che rappresenta l'equazione di conservazione dell'energia luogo a:
per moti adiabatici unidimensionali e stazionari, ∆ H risulta positivo, o
negativo, rispettivamente a seconda che la macchina sia operatrice (ad es., un dx
G dH = 4 q& (7.29)
compressore), o motrice (ad es., una turbina). De
In uno scambiatore di calore, nel quale non vi siano scambi di energia
nel modo lavoro con l'esterno (sono peraltro possibili perdite di carico che La (7.29) rappresenta l'equazione differenziale di conservazione
non comportano scambi di energia nel modo lavoro con l'ambiente), la (7.26) dell'energia per moti anergodici unidimensionali e stazionari.
diventa:
Nella (7.28), che rappresenta l'equazione di conservazione dell'energia La condizione di ristagno (detta anche totale) di una particella di
per moti anergodici unidimensionali e stazionari, l'entalpia totale specifica fluido in moto è definita come la condizione termodinamica che la particella
del fluido (somma della parte sensibile più quella cinetica) aumenta se il raggiungerebbe qualora venisse rallentata fino a velocità nulla con una
( )
fluido riceve calore Q& ≥ 0 , o diminuisce se il calore è ceduto all'ambiente trasformazione adiabatica, isoentropica ed anergodica (omoenergetica ed
( )
Q& ≤ 0 .
isoentropica). Dei parametri che caratterizzano questa condizione sono
particolarmente rilevanti: l'entalpia, la temperatura, la pressione e la densità
L'equazione dell'energia (7.21) è già stata espressa in termini di ristagno (naturalmente solo due di essi sono indipendenti tra loro). Non ha
differenziali mediante la (7.23) nel caso di moto omoenergetico. Nel caso di significato parlare di entropia di ristagno in quanto, per definizione, essa
moti non omoenergetici non ha senso considerare un termine differenziale di ovviamente coincide con quella del fluido in moto.
scambio di energia per unità di tempo nel modo lavoro (potenza di elica) La condizione di ristagno non è quindi associata né alla condizione di
perché questo non viene, generalmente, rilasciato con continuità ma in modo moto quasi-unidimensionale, nè a quella di moto quasi-stazionario.
praticamente discreto in una determinata zona del campo fluidodinamico. È opportuno osservare esplicitamente che le condizioni di ristagno
Ha viceversa senso esprimere la (7.28) in termini differenziali e cioè: non rappresentano condizioni che debbono essere necessariamente presenti
nel campo di moto oggetto di studio; ad ogni stato termofluidodinamico del
m& dH = dQ& fluido è associato uno stato di ristagno. Ovviamente non è vero il contrario;
lo stato di ristagno di un sistema semplice è caratterizzato da due parametri
La quantità dQ& , che è la quantità elementare di calore scambiata sulla termodinamici indipendenti tra loro (manca il cinetico), lo stato
superficie impermeabile del condotto (del tipo rappresentato in Fig. 7.4), può termofluidodinamico da tre (due termodinamici più uno cinetico).
essere espressa in termini della componente normale a detta superficie del Dalla definizione di condizione di ristagno, applicando la (7.21), nella
flusso di calore q& = − J q ⋅ n , considerata positiva se entrante nel sistema. quale si trascurano i termini gravitazionali e si pone L& = Q& = 0 , tra lo stato
Se, poi, la quantità q& è costante lungo la periferia della sezione del condotto, del fluido in moto e quello di ristagno, si ricava, in accordo con quanto già
definito al par. 7.6, che, per un fluido avente velocità V e livello entalpico h,
per un tratto elementare di condotto (di lunghezza dx), del tipo rappresentato
l'entalpia totale o di ristagno è data dalla quantità già introdotta nel paragrafo
in Fig. 7.4 e con la stessa simbologia ivi impiegata, si ha la relazione:
precedente:
dQ& = q& P dx
H = h + V 2 /2 (7.30)
Moti quasi-unidimensionali quasi-stazionari 187 188 Fluidodinamica
La quantità h è chiamata entalpia specifica sensibile, o statica, per 1.4) a M = 0.1 (che a temperatura ambiente corrisponde ad una velocità di
distinguerla da quella di ristagno. Si definiscono condizioni statiche di una circa 120 Km/h), l'entalpia di ristagno è superiore a quella sensibile di appena
corrente quelle misurate con uno strumento che si muove alla velocità del il 2 per mille. Correnti di questo tipo vengono dette microsoniche o
fluido, cioè con uno strumento rispetto al quale il fluido è fermo. iposoniche e, come vedremo in seguito, se l'evoluzione del fluido è
La (7.30) esprime in particolare il concetto che, se una corrente avente adiabatica, il moto può considerarsi incompressibile. Ovviamente il limite, in
un'entalpia specifica h ed una velocità V viene rallentata fino a velocità nulla termini di numero di Mach, dell'applicabilità del modello di moto iposonico
con una trasformazione adiabatica ed anergodica, la sua entalpia specifica dipende dall'accuratezza di calcolo che si richiede nel singolo problema
aumenta della sua energia cinetica specifica (per unità di massa) V 2 /2. Si esaminato.
osservi che, contrariamente alla convenzione adottata al par. 1.2 per la quale Viceversa, in una corrente ad elevato numero di Mach, l'entalpia di
si avrebbe H = hM, d'ora innanzi al simbolo H sarà dato il significato ristagno risulta di gran lunga maggiore di quella sensibile, il cui contributo
espresso dalla (7.30) per cui H rappresenterà l'entalpia totale specifica (per può essere al limite trascurato. Ad esempio in una corrente di aria a M = 10,
unità di massa). se è possibile mantenere l'ipotesi di gas più che perfetto, risulta che l'entalpia
È interessante notare che, nell'andare a considerare il rallentamento sensibile rappresenta appena il 4,8% dell'entalpia totale. Correnti di questo
del fluido, la trasformazione espressa dalla (7.30) può non essere tipo vengono dette ipersoniche.
necessariamente isoentropica (come imposto dalla definizione di condizione In un gas l'entalpia sensibile h è associata prevalentemente al moto di
di ristagno) potendo l'entropia in questo caso anche aumentare; non può agitazione peculiare delle molecole ed in un modello semplificato è
ovviamente diminuire perché la trasformazione è adiabatica. La sola proporzionale all'energia cinetica delle stesse misurata da un osservatore che
condizione necessaria alla (7.30) è l’omoenergeticità della trasformazione. La si muove con la velocità di massa del gas. Essa può quindi essere assunta a
condizione di isoentropicità è peraltro necessaria, in generale, per poter misura dell'energia cinetica disordinata delle molecole del gas per unità di
determinare tutti gli altri parametri termodinamici di ristagno. massa del gas stesso. La quantità V 2 /2 rappresenta viceversa l'energia
Nel caso di un gas più che perfetto, h = c p T e c p = γ R/(γ − 1) , la cinetica ordinata, sempre per unità di massa, del gas. Si ricordi che V è la
(7.30) diventa: velocità di massa del gas ossia la velocità del centro di massa di tutte le
molecole appartenenti ad una particella e, quindi, la velocità di insieme di
dette molecole. È possibile, dunque, concludere che l'entalpia totale o di
H = h 1 +
(γ − 1)V 2 ristagno rappresenta la somma delle energie cinetiche ordinata e disordinata
2γ RT del gas e che il numero di Mach al quadrato rappresenta una misura del
rapporto tra di esse. Più esplicitamente per un gas più che perfetto
uguagliando le (7.30) e (7.31) si ricava:
e poiché per lo stesso modello di gas si ha a L2 = γ RT (vedi par. 3.1),
ricordando la (1.12), definizione del numero di Mach (laplaciano) M = V/a L ,
V2 / 2
si ottiene la relazione: M2= (7.32)
(γ − 1)h / 2
γ − 1 2
H = h 1 + M (7.31) In un moto iposonico quindi sarà prevalente l'energia cinetica
2 disordinata delle molecole rispetto all'ordinata, mentre in un moto ipersonico
sarà vero il contrario.
dalla quale si vede che l'importanza relativa del termine cinetico rispetto a La Fig. 7.5 mostra schematicamente sul piano entalpia-entropia le
quello relativo all'entalpia sensibile è misurata dal quadrato del numero di condizioni del fluido avente entalpia h e velocità V (punto A) e quelle di
Mach.
ristagno ad esse associate, ottenute aggiungendo ad h la quantità V 2 /2
In una corrente a basso numero di Mach l'entalpia di ristagno coincide
secondo una isoentropica (punto o) in accordo con la (7.30). Poiché il sistema
praticamente con quella sensibile. Ad esempio in una corrente di aria (γ =
Moti quasi-unidimensionali quasi-stazionari 189 190 Fluidodinamica
è semplice e cioè a due gradi specifici di libertà, qualunque sia il modello Le considerazioni già fatte per l'entalpia totale (per bassi ed alti
termodinamico di fluido (gas più che perfetto, gas perfetto, gas reale) è numeri di Mach) possono essere identicamente riproposte per la temperatura
possibile determinare gli altri parametri termodinamici di ristagno quando ne di ristagno To . La temperatura T è detta temperatura statica, o sensibile, della
siano già noti due (ad es. H ed s o ). corrente. Come già detto, quest'ultima può essere anche definita come la
temperatura misurata da un termometro che viaggiasse alla stessa velocità
della corrente.
Dalla relazione fondamentale entropica per un gas più che perfetto
(2.26), si ricava che, per una trasformazione isoentropica
( ∆s = s − so = 0 ), la relazione tra la densità di ristagno ρ o e quella
statica ρ è la seguente:
1
cv / R
v ρ T T γ −1
= o = o = o (7.35)
vo ρ T T
per cui, sostituendo la (7.34) nella (7.35), si ottiene l'espressione della densità
di ristagno ρo:
Fig. 7.5 - Entalpia statica e totale 1
γ − 1 2 γ − 1
ρ o = ρ 1 + M (7.36)
Dalla figura si nota che una trasformazione adiabatica ed anergodica 2
non-isoentropica (curva tratteggiata) condurrebbe alle condizioni o'
caratterizzate dalla stessa entalpia H ma non dalla stessa entropia s o . Ciò Sostituendo nella (7.35) la prima equazione di stato p = ρRT di un gas
significa quindi che, pur raggiungendosi la stessa entalpia totale, lo stato più che perfetto, si ottiene il rapporto tra la pressione di ristagno po e la
termodinamico di ristagno sarebbe diverso. Ad esempio, per un gas perfetto, pressione statica p della corrente:
le uniche grandezze che in questo caso resterebbero le stesse sono la
temperatura e l'entalpia di ristagno. Il pedice o indicherà d'ora in poi le γ
condizioni di ristagno. po T γ −1
= o (7.37)
Nel caso di gas più che perfetto, la temperatura di ristagno, o totale, p T
To è immediatamente derivabile dalla (7.30) dividendo entrambi i membri
per c p : per cui l'espressione della pressione di ristagno per un gas più che perfetto
risulta essere:
To = T + V 2 /2c p (7.33) γ
γ − 1 2 γ − 1
po = p 1 + M (7.38)
ovvero, in termini di numero di Mach, dalla (7.31) dividendo sempre per c p : 2
γ γ γ (2 − γ ) 6 V2
po = p 1 + M 2 + M 4 + M + ... H = h+ = cost (7.30)
2 8 48 2
presenti nel campo di moto forti gradienti di entropia causati dalla presenza di
onde d'urto ad inclinazione fortemente variabile. Nel caso di corpi affusolati,
inoltre, le variazioni delle proprietà del fluido sono confinate ad una zona
molto prossima alla superficie del corpo detta strato, o zona, d'urto.
La zona dell'ellisse posta a cavallo della bisettrice del quadrante, per
la quale M = 1 , è generalmente indicata come zona di moto transonico.
dρ dV dp + ρ VdV = 0
+ = 0
ρ V
che, tenendo ancora conto che V = – a, conduce a:
che, tenendo conto che V = – a, dà luogo a:
dp = ρ adV (7.46)
Eliminando tra le (7.45) e (7.46) la quantità dV, si ottiene: campagna, si può sentire a lungo un grillo cantare. In effetti è dimostrato che,
in assenza di rumori di fondo, si può ascoltare il canto del grillo a più di un
∂ p chilometro di distanza. Ciò significa che il grillo mette in movimento almeno
a2 = (7.47)
∂ ρ tutta l’aria racchiusa in una semisfera di raggio un chilometro.
Questa semisfera ha un volume che può essere approssimato con
3
dove il simbolo di derivata parziale è giustificato dal fatto che la p non è solo 2 R (dove R è il raggio della semisfera) e che quindi risulta 2 × 10 9 m 3 .
funzione di ρ ma anche di un'altra variabile di stato. Poiché la densità dell’aria alla temperatura di 20°C (siamo in agosto) ed
Come già detto al par. 2.11, Newton inizialmente ipotizzò che la alla pressione di una atmosfera è pari a circa 1.2kg/ m 3 , risulta che il grillo
propagazione dei piccoli disturbi di pressione (in particolare il suono) fosse
mette in movimento con il suo canto 2.4 × 10 9 kg di aria. I disturbi di
isoterma. Anche i migliori possono sbagliare!. In effetti semplici misure
pressione corrispondenti devono essere decisamente piccoli poiché la potenza
successive, effettuate osservando il bagliore di un colpo di cannone e
sonora emessa dal violino del grillo è necessariamente limitata.
cronometrando il tempo necessario all'arrivo del suono ad una distanza nota,
L'errore di Newton è quindi giustificato dalla piccolezza dei disturbi
mostrarono che la velocità calcolata da Newton sottostimava di circa il 18%
di pressione, che in una trasformazione isoentropica sono accompagnati da
quella misurata. Laplace corresse il risultato di Newton, ipotizzando una
piccole variazioni di temperatura.
propagazione isoentropica, per cui la (7.47) va interpretata come:
Si vedrà in seguito che, per disturbi finiti di pressione ∆p , la
condizione di piccolo disturbo di pressione si traduce nel fatto che deve
∂ p
a L2 = (7.48) essere ∆p p << 1 . I grossi disturbi di compressione viaggiano invece ad una
∂ ρ s velocità maggiore di quella del suono (si veda il par.8.4) che è tanto maggiore
quanto maggiore è il rapporto ∆p p .
dove il pedice L sta per laplaciana per distinguerla dalla velocità di
propagazione dei piccoli disturbi di pressione (del suono) newtoniana definita
dalla relazione: 7.10 Influenza del numero di Mach in un condotto ad area
variabile
∂ p
a N2 = (7.49)
∂ ρ T Si consideri un moto quasi-unidimensionale, quasi-stazionario,
omoenergetico (∆ H = 0) ed isoentropico (basta che sia s& = 0 poiché è già
Attenzione: Per ricavare le (7.48) e (7.49) non è stata fatta alcuna δ e S = 0 ). L’equazione di conservazione della massa in forma differenziale
ipotesi sul modello di gas da utilizzare; esse sono di conseguenza del tutto è data dalla (7.7):
generali ed indipendenti dal particolare modello di gas. Per un gas più che
perfetto le loro espressioni sono date dalle (3.5) e (3.6). dρ dV dA
Nella gran parte dei casi è la (7.48) che modella la propagazione del + + = 0 (7.7)
ρ V A
suono. Esistono peraltro alcuni casi particolari (quando ad esempio il mezzo
rimane isotermo a causa della sua evoluzione e/o della presenza di reazioni
chimiche) in cui la propagazione del suono è meglio modellata dalla (7.49). che, ricordando che a L2 = (∂ p / ∂ρ )s , diventa:
Del fatto che il suono sia un piccolo disturbo di pressione ci si può
facilmente convincere con un aneddoto riportato in una delle edizioni della 1 dp dV dA
Enciclopedia Britannica. 2 ρ + V + A = 0 (7.50)
a
Se in una notte di agosto si ha la ventura di passeggiare in aperta
Moti quasi-unidimensionali quasi-stazionari 199 200 Fluidodinamica
La forma differenziale dell’equazione del bilancio della quantità di punto M 2 = 1 (dA = 0) è quindi un punto di biforcazione del
moto si ottiene dalla (7.14) tenendo presente che si può porre τ = g = 0 comportamento del fluido in quanto lo stesso può passare da moto
(poiché si trascurano le forze viscose e quelle gravitazionali): subsonico a supersonico o ritornare ancora subsonico, ovvero passare da
moto supersonico a subsonico o ritornare ancora supersonico;
dp
= − VdV (7.51) − in un condotto convergente (dA < 0) , un moto subsonico (risp.
ρ supersonico) può solo accelerare (risp. decelerare) fino a M = 1 .
forma:
γ − 1 2
M 1 + M
dM 2 dA(x )
dx
=
( )
M 2 − 1 A( x ) dx
(7.55)
Attenzione: Il lettore è invitato a confrontare le diverse curve del moto di questa corrente, nell'accelerazione a partire da un certo stato in un
grafico centrale di Fig. 7.9 con le conclusioni riportate dopo la formula (7.52) serbatoio, in cui si realizzano le condizioni di ristagno, sino a 120 km/h può
che ovviamente, in questo caso, valgono anche per la formula (7.54) in essere considerato, con ottima approssimazione, come incompressibile.
termini di dM (invece che di dV). Viceversa, se si pone una pentola di acqua (generalmente considerata
Il grafico in basso mostra invece gli andamenti della pressione lungo un fluido incompressibile) su un fornello acceso, si osserverà nell'acqua un
l'ugello per le diverse curve soluzione del grafico centrale. Questi andamenti moto di convezione naturale, spiegabile solo ed unicamente con variazioni
possono essere ricavati utilizzando la (7.38) poiché il moto è stato ipotizzato della densità dell'acqua che comportano, sia pure in senso lato, la presenza di
omoenergetico e reversibile. Ovviamente a valori bassi del numero di Mach una compressibilità nel moto.
corrispondono elevati valori del rapporto p / po (che comunque non possono Quanto sopra detto si applica anche ad altre situazioni. In particolare,
eccedere il valore unitario) e viceversa. non esistono fluidi viscosi e fluidi non viscosi. Tutti i fluidi generalmente
Il punto Q di Fig. 7.9 è anche denominato punto di biforcazione o utilizzati nell'ingegneria sono viscosi. Esistono, comunque, alcuni tipi di
punto di sella; è infatti possibile immaginare di ricavare le diverse moto per i quali si possono trascurare gli effetti associati alla viscosità del
soluzioni rappresentate in figura come intersezioni della superficie di una fluido. Questi moti sono detti non viscosi o, con una bruttura linguistica,
sella (con il cavaliere posto a cavallo dell'asse dell'ugello) con piani paralleli inviscidi. È stato già visto al par. 5.11 che, affinché ciò sia possibile, è
al suolo e proiettando le curve intersezione sul piano p / po - x/L . necessario che il numero di Reynolds sia molto elevato. Per converso,
esisteranno moti viscosi, o viscidi.
La (7.54) può essere integrata con la condizione al contorno (A = A*
Analogamente non esisteranno fluidi termicamente conduttivi e fluidi
per M = 1) dando luogo a:
non conduttivi. Esisteranno, invece, moti diabatici e moti adiabatici. Ancora
γ +1
A 1 2 γ − 1 2 2(γ − 1)
una volta, ciò sarà stabilito dai valori del prodotto tra il numero di Stanton e
= γ + 1 1 + 2 M (7.56) quello di Eckert opportunamente definiti.
A* M In conclusione, non esisterà un fluido ideale bensì un moto ideale, la
cui idealità può essere, in alcuni casi, applicata solo a certe fenomenologie
Questa relazione sarà, comunque, più compiutamente discussa in (ad esempio la viscosità), e non ad altre (ad esempio la conducibilità termica),
seguito. Le curve c, d, i ed l, della Fig. 7.9 se messe in relazione con il in dipendenza dai valori assunti dai rispettivi numeri adimensionali.
diagramma in alto relativo alla distribuzione di area, non rappresentano altro
che il grafico della (7.56) perché per esse Ag = A* .
Nel par. 7.7 si è visto che, sotto particolari condizioni (in particolare
di trasformazione omoenergetica e reversibile), il moto di un gas, per
M << 1 , può essere considerato incompressibile. Da tutto ciò deriva una
osservazione molto rilevante, cioè che l'incompressibilità è un attributo del
moto e non del fluido.
Non esistono quindi fluidi compressibili e fluidi incompressibili, ma
esistono moti compressibili e moti incompressibili. È stato osservato al par.
7.7 che una corrente di aria, avente a temperatura ambiente una velocità pari a
120 km/h, ha un numero di Mach pari a circa 0.1 cui corrisponde nella (7.41)
un fattore di compressibilità Fc = 1.0025 . Ne consegue, ad esempio, che il