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Le Tecnologie Educative.

Capitolo 1. Mente e media.

La storia dell'uomo è sostenuta dall’ evoluzione protesica, ovvero dal bisogno di sostegno dato dalla
creazione di strumenti volti a potenziare le sue capacità di controllare l’ ambiente circostante. Gli
effetti sulla personalità non sono di poco conto quindi educatori insegnanti e genitori devono evitare gli
effetti negativi ed indirizzare i bambini verso l’ arricchimento della personalità.

Medium: si usa questo termine per indicare i nuovi dispositivi tecnologici digitali, inoltre il termine
non è più identificabile come "mezzo di comunicazione” infatti un medium è una qualunque interfaccia
coadiuvata da un supporto tecnologico che consenta la produzione, manipolazione e negoziazione di
simboli, significati identità.

Interfaccia: È una superficie di contatto, luogo in cui due sistemi di realtà si incontrano e
comunicano, per cui nell’interfacciamento uomo dispositivo si possono attivare dinamiche emozionali,
interpersonali, cognitive con risultati psicologici ed educativi.

Le tecnologie cognitive hanno degli effetti sulla mente, bisogna capire se questi effetti interagiscono a
breve, medio, lungo termine. Inoltre si devono distinguere gli effetti nel tempo e se il condizionamento
si svolge in forma diretta o passa attraverso mediazione culturali meno complesse. Se la mente e la
tecnologia come sistema vengono integrate, le prestazioni saranno più alte rispetto al soggetto che
lavora da solo; la mente trasferisce il carico sul supporto tecnologico e disabilita le corrispondenti
funzioni cognitive interne. Fino a non molti anni fa si riteneva che condizionamenti profondi sulla
mente di potessero apprezzare solo in tempi lunghi. In realtà ad oggi si sa che gli effetti si possono avere
anche in tempi brevi, attraverso il Neuroimaging si è dimostrato che esercitare sempre un'attività può
modificare la struttura cerebrale anche sul piano anatomico e si possono vedere i circuiti cerebrali che si
attivano nel momento in cui si compie l’azione. Possiamo affermare che le frequentazioni di tecnologie
oggi sempre più massicce ed intensive sin dalla tenera età possano condizionare i circuiti neurologici e i
processi cognitivi. Oggi l'educazione dei bambini è diversa perché sin da subito si approcciano alla
tecnologia, la loro educazione si sviluppa in un contesto nuovo in cui accanto al mondo reale ne esiste
un altro virtuale costituito da schermi dove i movimenti e i suoni sono più veloci ed intensi. Per questo
all'inizio del nuovo millennio alcuni autori hanno immaginato che l'interazione con il computer
modifica in positivo la mente, favorendo lo sviluppo di diverse capacità di apprendimento alle nuove
generazioni. Da ciò nasce la mitologia dei nativi digitali: l’ espressione coniata da Prensky parte dal
presupposto che i nativi digitali hanno tratti cognitivi caratterizzati da maggiore velocità, flessibilità e
pensiero multitasking. Secondo l'autore essi sarebbero in grado di sviluppare un miglior adattamento al
mondo moderno ma lo stesso autore è poi tornato sull'argomento ammettendo che per mezzo delle
tecnologie si possono sviluppare anche comportamenti di segno negativo. Infatti il multitasking,
caratteristica propria dei nativi digitali, si è rivelato ambiguo; l'idea che il cervello compia due o più
attività insieme infatti non trova conferma neurologica; infatti quello che sappiamo della mente,
quando arrivano due segnali, è che essa salta dall'uno all’altro e questo è un ostacolo per
l’apprendimento. Inoltre l'aumento del consumo dei media digitali riduce la durata dell'attenzione e le
troppe stimolazioni che si hanno nei primi anni di vita portano ad una diminuzione delle capacità
relazionali nelle nuove generazioni. I nuovi media possono avere anche degli effetti negativi in ambito
psicologico a causa dello spostamento delle attività dei giovani dalla realtà fisica al mondo virtuale;
questo può portare a comportamenti di dipendenza.

Interazione - interattività. Per interazione si intende una forma di transizione basata sullo scambio
tra esseri umani ed è la forma più generale mentre per interattività si intende lo scambio tra uomo e
macchina, macchina che reagisce a certi stimoli. La comunicazione umana si distingue in:
comunicazione diretta, vincolata nello spazio e nel tempo; si deve essere nello stesso posto ed è
irripetibile e comunicazione mediata, con la quale si intendono le interazioni interpersonali filtrate
da un medium come scrittura, telefono.. è svincolata dalla compresenza spaziale. L’ avvento delle
tecnologie digitali ha aperto la strada al rapporto tra uomo e macchina. Il termine Interattività nasce
grazie all’avvento del computer; si concretizza nel feedback che un computer può fornire alle azioni di
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un soggetto o di un altro computer, generando una nuova condizione. Troviamo diversi tipi di
interattività: è ALTA quando le reazioni sono automatiche e non vi è quasi riflessione da parte del
soggetto, è COOPERATIVA quando vi è uno spazio per la riflessione, è ESPLORATIVA quando il
soggetto naviga sul web e attiva dei link la cui attivazione è legata all’ ipotesi di ciò che si potrebbe
trovare.

Le Potenzialità delle tecnologie sono: EDITIBILITA’, infatti qualsiasi file è facilmente modificabile.
Questo offre un vantaggio quando si deve fare una modifica veloce ad un documento o quando un
docente deve ricavare una versione più semplice o più complessa di un compito per adattarlo agli allievi,
INTERATTIVITA’, ovvero una risposta del PC che favorisce l’apprendimento, ACCESSO E
GESTIONE DI RISORSE REMOTE, ovvero la tecnologia che consente di selezionare e organizzare
le risorse remote; utile nella preparazione del lavoro del docente, MULTIMEDIALITA’, ovvero dei
documenti digitali con audio, video, testi, RETICOLARITA’, per cui ogni elemento all’interno di un
documento può consentire di passare ad altri documenti attraverso dei link. Tuttavia la ricerca mette in
evidenza come la lettura ipertestuale sia efficiente solo per lettori esperti altrimenti il tutto può risultare
dispersivo, COLLABORATIVITA’, ovvero entrare a far parte di gruppi ed insieme a queste persone
risolvere dei problemi.

I Vincoli delle tecnologi invece sono: ACCESSIBILITA’, si dice accessibile un qualsiasi artefatto,
servizio che può usare qualsiasi persona. Nell’ambito tecnologico si parla di quei dispositivi che possono
usare tutti, anche persone con disabilità temporanee o permanenti, USABILITA’, è il grado in cui un
prodotto può essere usato da particolari utenti per raggiungere certi obiettivi con efficacia, efficenza e
soddisfazione in un contesto specifico. L’usabilità non si basa sull’oggetto ma sul soggetto che lo utilizza
e sulla sua interazione con l’oggetto stesso.

Tassonomia delle interazioni mente-tecnologia cognitiva. L’ ergonomia didattica ha il compito


di calare le conoscenze in contesti concreti di apprendimento considerando le dinamiche significativa
che possono presentarsi dal punto di vista educativo. Si pensa allora ad una tassonomia delle situazioni
che si possono presentare dal punto di vista del potenziale cognitivo su cui puntare per
l’apprendimento. Limitato coinvolgimento cognitivo, È la condizione più diffusa. La maggior
parte delle interazioni che gli allievi hanno con i dispositivi tecnologici implicano basso coinvolgimento
cognitivo. Sono scambi informativi, giochi a interazione veloce che attivano funzioni percettive o
sensoriali di scarso significato formativo. Sovraccarico da tecnologia o da eccesso di
informazione, qui si trova il soggetto che ha un problema da risolvere e si serve di un'interfaccia
tecnologica che si presenta di difficile comprensione, dando troppe informazioni. Il sovraccarico è il più
rilevante problema che troviamo nell'uso didattico delle tecnologie. Disabilitazione, è la conseguenza
dell’ estroflessione: la mente opera in modo utilitaristico appoggiandosi alla tecnologia esterna che
riduce l'abilità cognitiva interna. L'educatore Deve domandarsi se l’interazione con il dispositivo può
portare a disabilitare qualche attività cognitiva importante per l'alunno di quell’età.
Internalizzazione, questa è positiva, il soggetto introduce dentro la mente delle funzioni proprie del
mezzo che possono risultare utili. L’ insegnante deve domandarsi se nell'uso del dispositivo l'alunno può
apprendere qualcosa di positivo. Consolidamento, corrisponde al concetto di assimilazione nella
teoria di Piaget. Si tratta di situazioni dove strutture cognitive o abilità già possedute trovano modo di
essere esercitate attraverso le tecnologie. Sinergia cognitiva, qui si parla di una situazione in cui la
mente e il mezzo possono cooperare dando luogo a un sistema sinergico capace di portare il soggetto ad
acquisire o costruire nuove conoscenze. Vi è una distinzione tra una sinergia guidata dal mezzo e una
dalla mente; la prima riguarda le situazioni di apprendimento dove il feedback ricevuto Guida lo
studente verso un obiettivo preciso, invece quando l'azione sinergica è guidata dalla mente il controllo è
nelle mani del soggetto. Un'altra variante è la sinergia guidata dal modello concettuale dove l'interazione
prende le mosse da un costrutto creato il soggetto sul quale la macchina attua una verifica di
funzionalità. Sinergia conoscitiva fondata su risorse e su soggetti esterni, un’esigenza cognitiva
viene a incontrarsi con la risorsa esterna, Fisica o umana, consentendo una ristrutturazione delle
conoscenze possedute; la mente estende il proprio processo di costruzione di conoscenze oltre se stessa,
assumendo la forma di un'intelligenza distribuita.

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Cattive credenze didattiche. L’ uso delle tecnologie digitali da parte dei bambini è vissuto con molte
cattive credenze: Aumento delle informazioni significa migliore apprendimento, informazione
può diventare conoscenza solo se il soggetto è predisposto a inserirla in un tessuto di altre conoscenze
in modo che queste possono essere modificate. L'aumento di informazioni alle volte crea problemi. La
scuola deve aiutare i giovani ad affrontare il sovraccarico informativo e a selezionare le cose più
importanti. Arricchimento iper/multimediale significa migliore apprendimento, non si
apprende solo ascoltando ma per apprendere servono tutti sensi in questo mondo l'apprendimento sarà
migliore e corretto. Tecnologie supportate da ambienti costruttivisti comportano migliore
apprendimento, quando si parla di tecnologia si crede che la lezione frontale non sia efficace
dimenticando che essa può assumere i caratteri della lezione interattiva praticata all'interno dei modelli
che vanno sotto il nome di istruzione diretta o esplicita che risultano di grande efficacia. Le
tecnologie hanno valore all'interno di un setting spaziale e gestionale rinnovato, i sostenitori
dell'innovazione tecnologica tendono a presentare le proposte di inserimento diffuso delle nuove
tecnologie nella scuola all'interno di un contesto innovativo più ampio. Tuttavia non è detto che
l'ambiente ordinario delle scuole di oggi non sia stimolante per l'apprendimento. L'apprendimento è
garantito da una guida istruttiva e le tecnologie sono efficaci solo a supporto di una didattica
tradizionale. L'azione educativa va identificata con l'azione comunicativa, educazione e
comunicazione hanno dei punti in comune, per cui al termine delle interazioni i soggetti devono avere
modificato la loro condizione di partenza. Ciò che accade agli adulti allo stesso valore per i
bambini, ciò che va bene per gli adulti nei contesti lavorativi non è detto che vada bene per gli allievi a
scuola, infatti se nel mondo del lavoro evitare la fatica per le attività ripetitive è positivo, lo stesso non è
nel mondo della formazione dove servono sforzo e impegno per arrivare a dei risultati.

Per un’ ecologia dei media: osservazioni di base. Dai 3-9 anni vi dev’ essere un’ avvicinamento
occasionale, ludico ed esplorativo alla tecnologia. L'attività con il computer non deve essere invasiva.
Scrittura e lettura vanno acquisiti a penna e sullo stampato su carta. Dai 10-13 anni vi dev’ essere un
approccio sistematico alla tecnologia, gli alunni avvertono il bisogno di padroneggiare dispositivi
tecnologici, costruirli e vederne gli effetti. Questo periodo è un periodo in cui la tecnologia deve avere
una forte presenza. Dai 14 anni in poi, si usa la tecnologia per conoscere. Il ragazzo sente il bisogno di
usarla per la sopravvivenza nella società attuale; inoltre dovrebbe prevalere la didattica con i media
perché servono per approfondire gli apprendimenti curricolari e per la risoluzione di problemi
complessi.

Capitolo 2. Modelli tecnologici per l’istruzione. Come la tecnologia influenza la didattica. 



Progettazione. Uno degli ambiti in cui si esprime maggiormente il rapporto tra tecnologie ed
educazione è la progettazione. Progettare significa avere intenzione di fare qualcosa. Se si concepisce il
termine progettazione, come pianificazione delle risorse e dei tempi utili per arrivare ad uno scopo, si
può vedere come l’insegnamento abbia assunto queste caratteristiche solo di recente. I principali
dispositivi concettuali che originano dall’incontro tra tecnologia ed educazione sono 4: OBIETTIVO,
ovvero il risultato esplicito, visibile e quindi valutabile che si immagina di raggiungere alla fine del
processo formativo. Mager definisce l'obiettivo come la descrizione di una performance che gli studenti
devono essere in grado di dimostrare per essere considerati competenti, TASK ANALYSIS, È uno dei
modelli più utilizzati per analizzare le parti di cui si compone obiettivo formativo. È una procedura
analitica finalizzata alla sistematica identificazione degli elementi fondamentali di un lavoro ed alla
descrizione dettagliata delle attività manuali e mentali richieste per il suo svolgimento,
TASSONOMIA, si intende una classificazione ordinata gli obiettivi formativi. In ambito educativo le
tassonomie nascono dall'esigenza dimostrare l'esistenza dei gradi diversi di complessità tra gli obiettivi
didattici. La tassonomia più famosa è quella di Bloom del 1956, CURRICULO, indica le finalità di un
determinato percorso didattico E anche l'insieme degli elementi necessari per renderlo attuabile in base
ai contenuti, ai tempi e ai metodi. Un ulteriore contributo sul piano della progettazione è quello dei
modelli metodologici capaci di guidare lo sviluppo e la gestione degli interventi formativi. Il più famoso
il modello ADDIE, che ha cinque fasi: analisi, progetto, sviluppo, attuazione e valutazione. Il modello

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consente di scomporre, documentare per ogni fase progetto formativo, gli oggetti necessari alla riuscita
dell’intervento.

Individualizzazione. Significa adattare l'istruzione alle necessità dell’allievo mantenendo fisso


l'obiettivo prestabilito. Oggi è possibile sviluppare l'individualizzazione semplificando il materiale
didattico, inserendo corsi di recupero, modificando il canale comunicativo. Uno dei contributi più
importanti è dato dall’ istruzione programmata di Skinner del 1954. L’ istruzione programmata si
basa sul creare percorsi che ciascun allievo posso seguire sulla base dei propri ritmi; vengono attuate
delle scomposizioni del compito in unità semplici e il loro apprendimento avviene attraverso continue
domande e con l'uso dei rinforzi. Il concetto di individualizzazione si arricchisce nel dopoguerra a
confronto con il cognitivismo e trova sistematizzazione nel Mastery Learning di Bloom. Il M.L
sostiene l’ importanza di di identificare al meglio gli obiettivi di apprendimento, dividere il percorso in
unità, dare feedback per migliorare risultati e attraverso le semplificazioni di programma andare
incontro alle difficoltà soggettive. Le variabili dell’ individualizzazione su cui intervenire sono: il tempo,
bisogna dare più tempo a chi ne ha bisogno per l’apprendimento, il contenuto, può essere semplificato e
scomposto in parti o viceversa esteso o arricchito mentre sul fronte della complessità o delle “lacune”
nell’apprendimento, si può intervenire inserendo dei percorsi integrativi, modalità di presentazione, si
può scegliere se essere presente fisicamente, tramite lavoro online o in forma mista, infatti fornire
diversi spazi per apprendere aumenta l’apprendimento stesso, l’ interazione, ovvero il rapporto tra
docente ed alunno dove il momento più importante è dato dallo scambio di feedback. Per feedback si
intende un sistema di informazioni che vengono scambiate tra due persone, serve al soggetto per
regolarsi e adattare il proprio comportamento in vista degli obiettivi da raggiungere, l’ ultima variabile è
la modalità di apprendimento, ovvero organizzare lo studio, in coppia, da soli o in gruppo.

Personalizzazione. Significa adattare l’insegnamento alle motivazioni e aspirazioni dell’allievo per


fare in modo di esaltare le sue potenzialità. Quindi se l’obiettivo è la personalizzazione significa andare
verso percorsi diversificati. La personalizzazione è una delle finalità più alte dell’educazione e grazie alle
tecnologie ipertestuali, ovvero dei testi collegati da link, la personalizzazione diventa più facili da
realizzare. La tecnologia ipertestuale si diffonde negli anni ’80 e la sua sperimentazione didattica si lega
alla critica verso i modelli di istruzione basati sull’organizzazione gerarchica e lineare dei contenuti. L’
open Learning indica sia il diritto per tutti gli individui ad apprendere, sia la possibilità di farlo nei
tempi, modi e spazi scelti. Un contributo importante è dato dall’ open University dove si ha la
possibilità di apprendere senza vincoli di spazio o di tempo e scegliendo le tematiche che si
preferiscono, da quest’ esperienza nascono i MOOC ovvero corsi di formazione online aperti e gratuiti
per la formazione degli studenti.

Comunicazione. È alla base dell’insegnamento-apprendimento ed è stata oggetto di numerose


trasformazioni nel corso della storia dell’ umanità. Essa è stata trasformata dalla tecnologia infatti non si
sente più il bisogno di comunicare faccia a faccia. Infatti il fatto che le tecnologie digitali consentano di
gestire codici comunicativi di tipo diverso, ha contribuito a trasformare la comunicazione. La
comunicazione multimediale ha suscitato nuovi studi sulla comunicazione stessa, portando ad
analizzare la parola, il gesto, il suono nonché la loro relazione ed impatto sul sistema cognitivo. La
multimedialità ha inaugurato linee di ricerca finalizzate a rispondere a interrogativi sulle diversità dei
canali comunicativi.

Partecipazione. Partecipare significa prendere parte, condividere. Con l’evoluzione dei mezzi di
comunicazione è stato possibile ripensare ai luoghi e ai tempi. La tecnologia ha ridefinito il concetto di
partecipazione grazie alla possibilità di partecipare a distanza o in presenza. Il superamento dei vincoli
di spazio e tempo, ha permesso di fare esperienza di partecipazione del tutto nuove; infatti si può
partecipare anche a distanza ai processi educativi. Moore ci parla di un carattere fenomenologico della
distanza, dice che esiste una distanza in presenza come una vicinanza nella lontananza spaziale. Vale a
dire che si può essere vicini fisicamente ma lontani dal punto di vista affettivo e viceversa. Questo
suggerisce alla didattica di non stare troppo attenti alla vicinanza spaziale. I punti di forza della
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presenza li troviamo nello sport, nei giochi di ruolo.. In questi tipi di attività serve il contatto fisico
perché si comunica con tutto il corpo. Le potenzialità della distanza, invece, le troviamo nelle
tecnologie che permettono di dilatare sia la dimensione spaziale che quella temporale. La possibilità di
coinvolgere più persone fisicamente collocate in un luogo distante rappresenta di per se un vantaggio.
Per la gestione del tempo, la telematica ha reso disponibili strumenti per comunicare in due modi:
SINCRONO, ad esempio attraverso chat, audio e video conferenze.. serve la contemporaneità,
ASINCRONO, ad esempio tramite mail, post, commenti.. permette a più persone di comunicare con
orari diversi. In entrambi i casi il tempo può essere gestito al meglio da chi li utilizza. In questo contesto
si inserisce la Flipped Classroom prevede il ribaltamento delle classiche fasi di lavoro, in questo
modello il lavoro a casa, basato su video da visionare, precede il lavoro in aula. La lezione ribaltata è un
esempio concreto di come anche un’istruzione tradizionale come la scuola può rivedere la modalità
della partecipazione. Il modello della flipper classroom rientra nei modelli Blended, ovvero quelli in
cui si ci chiede qual è il lavoro da svolgere in aula e qual è quello da svolgere a casa.

Collaborazione. Significa essere coinvolti attivamente nel processo educativo e nella prospettiva dello
studente La cooperazione attraverso la rete può avvenire tramite dei forum dove è possibile
commentare e scrivere la propria opinione. I forum di discussione, permettono di sperimentare il valore
della permanenza e della plasticità del pensiero scritto e reso visibile quindi anche modificabile. La rete
ha reso possibile l’espansione del principio fondante della scienza, ovvero il dialogo e il confronto
continuo all’interno di comunità di persone impegnate attorno a uno stesso problema. A tal proposito
Lévy parla di Intelligenza Collettiva intesa come l’amplificazione delle capacità umane di scambiare e
costruire insieme le conoscenze, grazie a ciò le conoscenze escono da circuiti privati e diventano
disponibili a tutti. Rheingold nel descrive le prime Comunità virtuali delinea la differenza tra gruppi e
comunità in base della quantità di tempo e del tipo di rapporto che si istaura tra i partecipanti. Una
comunità nasce quando l’interazione si protrae abbastanza a lungo da creare abitudini e convenzioni
condivise e quando le singolarità dipendono l’una dall’altra per la realizzazione di un fine. Tra le
caratteristiche troviamo la predisposizione al pensiero creativo, la personalizzazione della
comunicazione e il coinvolgimento affettivo, il concetto di comunità vuole relazioni forti e stabili di
persone che hanno le stesse idee e interessi; In rete questo non è cosi perché i legami sono fragili.

Gioco come modello (gamification). Il mondo dei videogiochi rappresenta una passione diffusa che
impegna oltre il tempo libero. Di solito sono citati come un problema e una fonte di distrazione, ma in
realtà rappresentano un fenomeno sociale a cui bisogna riconoscere anche il merito di aver riacceso
l’interesse per le potenzialità del gioco. Sono stati molti a voler comprendere il motivo di cosi tanto
successo per i videogiochi; dal punto di vista educativo vi sono due prospettive diverse: quella dei
pericoli e quella dei rapporti con l’apprendimento in continuità con gli studi di Patricia Greenfield. La
Greenfield ha studiato i videogiochi sul lato dell’apprendimento. Analizzando Pac-man dice che il gioco
migliora il coordinamento oculo-motorio, sollecita abilità strategiche e di controllo. Di recente inoltre
si è passati a studiare cercare di comprenderne i segreti per poterli riproporre in altri ambiti della vita
reale, creando il temine gamification. Questo approccio si focalizza sul potenziale motivazionale
preoccupandosi di comprendere ciò che rende videogiochi appassionanti e capaci di condurre giocatori
ad impegnarsi fino a diventare esperti. Gli elementi principali sono connessi al costrutto di motivazione
intrinseca ovvero il piacere di giocare fine a se stesso. Malone e Lepper avanzano l'ipotesi che questa si
sviluppi su due piani: individuale e sociale. Nella motivazione intrinseca individuale troviamo: la
SFIDA, è la molla che sprona all’ azione. La gara può concludersi con una sconfitta con la fine del gioco
ma c'è la possibilità di riprovare nella scuola, al contrario, a una cattiva prestazione si accompagna il
timore che l'insegnante abbia pregiudizi e questo provoca ansia e ulteriori insuccessi da parte dello
studente; la CURIOSITA’, può essere sensoriale o cognitiva, è alimentata dall'effetto sorpresa; il
CONTROLLO, è connesso alla libertà decisionale affidata al giocatore; lui è il protagonista e deve
padroneggiare il compito, la FANTASIA, è alimentata da strutture narrative capaci di dare un senso
all'avventura del gioco, lasciando però la possibilità di immaginare. La motivazione intrinseca sociale si
divide in: COOPERAZIONE che fornisce la gioia di condividere e fare squadra con gli altri; la
COMPETIZIONE che alimenta il bisogno di sfidare e di provare a vincere per ottenere il
riconoscimento; il RICONOSCIMENTO che è inteso come possibilità di mostrare risultati e i
prodotti realizzati. Guardando i videogiochi nella prospettiva dell’ apprendimento ci rendiamo conto di
come siano riconoscibili alcuni dei principi dell’ istruzione evidenziati dalle ricerche educative, tra
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questi elementi sono state evidenziati: rendere espliciti gli obiettivi da raggiungere; ricorrere ad attività
pratiche di problemi solving; allestire un clima sfidante; accompagnare il giocatore e dare feedback.
Ispirarsi ai videogiochi non significa pertanto farne uso, ossia trasformare le aule scolastiche in sale
giochi, ma ripensare modalità di conduzione della lezione a partire da un impiego coordinato dei
principi dell’istruzione e dei fattori capaci di promuovere motivazione intrinseca ed estrinseca ricavati
dai videogiochi. I videogiochi possono portare ad un'eccitazione distrattiva e negativa ma se vengono
scelti quelli in cui il bambino è attivo possono essere motivo di apprendimento. Il videogioco deve
essere adatto all'età del bambino perché se il gioco è troppo difficile il bambino si annoia e lo trascura
alla prima difficoltà. Si devono offrire giochi che richiedono al bambino di essere attivo ma è sempre
necessaria la presenza di un adulto.

Riflessività. Riflettere è una capacità umana, si rivolge la mente su un oggetto del pensiero
sottoponendolo alla nostra attenzione nei diversi aspetti di cui si compone. In ambito pedagogico il
concetto assume rilevanza a partire dal lavoro di Dewey, nel testo il pensiero riflessivo è considerato
emancipativo rispetto all'attività mentale impulsiva e abitudinaria. Sono molte le tecnologie che hanno
promosso la riflessività. Ad esempio, la tecnologia della scrittura è una capacita umana che fa riflettere.
La sua invenzione ha introdotto importanti cambiamenti ad esempio ha reso la parola visibile ed ha
permesso di fissare il pensiero e consentire la rilettura. Le reti hanno dato un contributo al concetto di
riflessività grazie agli ambienti di discussione online. I Blog sono simili a dei diari perché permettono
di scrivere di sé ma per un pubblico reale. È diverso dal diario perché non vi è la sfera privata e gli autori
si impegnano a dare continuità nello scrivere per gli altri ma anche per sé. I Dialoghi e le narrazioni
in rete che portano a confrontarsi; qui si possono incontrare novizi ed esperti e qualsiasi sia
l’argomento trattato comunque il confronto in rete porta ad un netto ampliamento dei punti di vista. Il
Portfolio è usato dallo studente per documentare i suoi progressi nello sviluppo culturale e
professionale ed é uno strumento di auto-riflessione ed atto alla presentazione della propria produzione
all’ esterno. I Video Digitali servono per la video-annotazione, ovvero una tecnica che consente di
prendere annotazioni, testuali o visuali, a specifici elementi o sequenze di video. L fruizione del video
può essere quella classica ovvero lineare o discontinua con la possibilità di fermarsi a riflettere ed
aggiungere al video commenti ancorati alle immagini. La video-annotazione può essere utile per la
formazione degli insegnati perchè rappresenta la complessità delle lezioni reali in aula senza la pressione
di dover agire.

Capitolo 3. Tecnologie per apprendere. Che cosa dice la ricerca scientifica sull’efficacia

Evidenze negative. Vi sono degli studi che indicano le tecnologie come non adatte al miglioramento
degli apprendimenti. Infatti analizzando i dati dell’ OECD in cui si prende in considerazione la
relazione tra investimento tecnologico nelle scuole ed i risultati di apprendimento degli studenti
emergono dubbi sui benefici dell’ apprendimento. Risulta che nei paesi in cui è meno comune l’uso del
computer per lo svolgimento dei compiti, i risultati degli studenti nella lettura migliorino più
rapidamente di quanto non accada nei paesi in cui l’utilizzo è frequente. L’ uso del computer quindi deve
essere moderato. Mentre l’ EDUCATION ENDWMENT FOUNDATION comparando i differenti
fattori in relazione agli apprendimenti colloca le tecnologie digitali tra quelli in grado di produrre un
effetto moderato a confronto di altri fattori con effetti più rilevanti e minori costi quali l’uso del
feedback, le strategie metacognitive e per l’autoregolazione. Un contributo è venuto dalla meta-analisi
condotta da Hattie che nel 2009 registrava valori bassi di efficacia per i diversi interventi didattici
mediati dall’ uso delle tecnologie, fatta eccezione per i VIDEO-INTERATTIVI. Tuttavia vi sono
casi in cui la ricerca mostra evidenze efficaci “felici eccezioni” in cui le tecnologie possono rivelarsi
importanti per il miglioramento degli apprendimenti.

Evidenze positive. Infatti le tecnologie devono essere inserite nella scuola perché sono parte della
società, bisogna solo capire le condizioni da evitare o quelle da ricercare affinché esse possano arrecare
un vantaggio nell’apprendimento. Dalla ricerca condotta dal gruppo di Higgins risulta che: le
tecnologie risultano efficaci in funzione supplementare; l’uso collaborativo è mediamente più efficace di
quello individuale; i risultati appaiono più evidenti per le competenze matematico scientifiche;
particolarmente efficace per fornire un supporto agli alunni con BES; risultano efficaci se utilizzati in
programmi limitati nel tempo; la formazione professionale dell’insegnante all’uso delle tecnologie è un
elemento importante. Anche Hattie mette in evidenza alcune condizioni ottimali che tendono a
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massimizzare l’uso delle tecnologie per apprendere. L’efficacia risulta maggiore quando: l’insegnante è
stato formato dall’uso delle tecnologie a scopo didattico; lo studente ha il controllo del processo di
apprendimento; si ottimizza l’apprendimento tra pari (in coppia) e il feedback. Alla luce dell’ analisi di
Hattie inoltre i video-interattivi producono apprendimento, infatti sono sempre più usati a scopo
didattico come risorsa integrativa ai corsi tradizionali, fino ad essere il sistema più usato coi MOOC o la
flipped classroom. Infine il video-modelling è un tipo di apprendimento per imitazione che funziona
anche nella didattica speciale. È una strategia basata sulla registrazione di video che rappresentano dei
modelli da seguire; è efficace in soggetti con disturbo pervasivo dello sviluppo ma sono anche utili nella
limitazione di comportamenti problematici e nella regolazione sensorio-emozionale.

APPROFONDIMENTO. EVIDENCE-BASED EDUCATION: è un orientamento che si è


sviluppato nel ‘900, nella cultura pedagogica anglosassone e si propone di favorire un ripensamento
della ricerca in educazione affinché quest’ultima possa supportare i professionisti della formazione nella
presa di decisioni sulle base delle migliori conoscenze scientifiche disponibili, che siano quindi più
formate e consapevoli. Per questa ragione sul piano metodologico, l’EBE privilegia metodi di ricerca
mirati alla sintesi dei risultati di più studi singoli, perché i risultati delle singole ricerche possono offrire
indicazioni ambigue, discordanti e fuorvianti quindi portare a conclusioni non esatte.

Casi di ovvia utilità. Uno dei primi ambiti è quello della disabilità e più in generale dei BES.
Considerando che il numero degli studenti con disabilità nella scuola italiana è in costante crescita è
chiaro che qui si gioca una delle priorità tecnologiche della scuola. Eventuali tecnologie che suppliscano
ai limiti inerenti le funzioni e le strutture corporee o ai limiti inerenti la partecipazione a delle attività
possono essere strumenti utili. Il loro impiego in certe condizioni è una precondizione necessaria
poichè abilita all’ apprendimento oppure offre un valore aggiuntivo sia sul piano dell’apprendimento,
che sul lavorativo e della partecipazione sociale. Dovendo venire incontro a studenti con disabilità
visiva o motoria, una delle prime soluzioni è quella di garantire l’accesso e l’utilizzo degli strumenti
informatici in dotazione. Sono disponibili diversi tipi di tastiere alternative con dimensioni
maggiorate, per chi ha un movimento limitato ma un buon uso delle dita. Per chi ha movimenti
limitati, i movimenti possono essere gestiti da input al PC gestito da sensori. Altri dispositivi
rispondono alla necessità di studenti con deficit visivo fortemente invalidanti sono gli screen reader
con sintesi vocali, ovvero dispositivi che consentono di interpretare i contenuti digitali visualizzati sul
monitor e di riprodurli attraverso una voce elettronica, o se collegati ad un dispositivo Braille di
trasformare il contenuto su schermo in testo leggibile con le mani. Vi sono anche sistemi di
puntamento oculare che consentono le normali operazioni svolte attraverso l’uso del mouse a coloro
che hanno un limitato uso delle mani. Le disponibilità tecnologiche con funzione assistiva
rappresentano tuttavia una condizione necessaria per l’apprendimento ma non sufficiente al
perseguimento di obiettivi didattici; questo richiede interventi ad ampio spettro sul piano organizzativo
e didattico con la definizione di strategie ben fondate e contestualizzate.

Casi in cui il confronto è improponibile. Gli studi evidence-based sull’ efficacia delle tecnologie per
apprendere presuppongono una situazione nella quale l’ unica variabile è l’introduzione della tecnologia.
Un esempio è quello di apprendere l’orientamento su carta con delle cartine o attraverso Google Maps.
Gli elementi concettuali e le attività didattiche messi in gioco sono uguali ma le skill percettivo-spaziali
saranno diverse per il carattere più interattivo e dinamico che si trova nelle mappe digitali.

Casi in cui il pareggio è già positivo. Un esempio di questa situazione è rappresentato dell’e-
learning o formazione a distanza, ambito che in letteratura è rappresentato da una varietà di
espressioni (online learning, web-based learning...) che fanno riferimento a modelli didattici che
condividono alcuni tratti basati sull’ uso di tecnologie multimediali e di Internet per facilitare risorse
educative e servizi; collaborazione e interazione mediante le tecnologie; flessibilità del percorso di
apprendimento. La meta-analisi di Hattie a tal proposito mette in evidenza l’importanza del ruolo del
docente e della maggiore efficacia di strategie collaborative nell’ online learning rispetto a quelle di
studio individuale. La soluzione online è preferibile quando vi sono presenti fattori quali: risparmio di
tempo e costi sul lungo periodo; accesso al percorso; possibilità di personalizzazione. Un altro esempio
può essere rappresentato dai dispositivi per la comunicazione simbolica definita aumentativa o
alternativa di supporto per soggetti che vedono compromessa la propria capacità comunicativa, si tratta
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di strumenti che consentono di esprimere pensieri, bisogni, desideri attraverso l’ uso di figurine che
possono essere cliccate con l’ aggiunta della sintesi vocale.

Casi di possibile amplificazione informativa. Dal punto di vista educativo, la sovrabbondanza di


informazioni rappresenta uno dei maggiori rischi per l’apprendimento, in particolare per il sovraccarico
cognitivo. Se si riesce ad evitare questo, l’accesso delle informazioni online può rappresentare un valore
aggiuntivo delle tecnologie. Uno degli esempi più importanti ci è fornito dalle enciclopedie in rete, nella
forma di enciclopedie libere (wikipedia), dove il vantaggio è il continuo aggiornamento e nella
forma digitale di prodotti commerciali (Treccani online). Al livello base servono come fonte per
documentarsi ma anche nel momento in cui si ha un dubbio nozionistico una ricerca di pochi secondi
può risolvere il problema. Quindi tenuti sotto controllo i due principali rischi che sono il sovraccarico
cognitivo e la dispersione del percorso di apprendimento, si può godere tramite le enciclopedie digitali
della fruibilità di un vasto apparato di documenti multimediali non disponibile nel formato cartaceo.

Casi di possibile amplificazione esperienziale. Le tecnologie potrebbero offrire opportunità in


termini di arricchimento esperienziale, consentendo di vivere esperienze conoscitive di ciò che nella
pratica è inesplorabile direttamente. La situazione va valutata rispetto all’alunno e alla situazione di
preconoscenze. In diversi ambiti di conoscenza gli studenti possono trovare difficile apprendere
qualcosa di cui non hanno esperienza diretta o che non possono immaginare con una sufficiente
approssimazione. È questo il mondo delle applicazioni della realtà virtuale e aumentata. Si pensi
come attraverso le tecnologie sia possibile integrare lo studio di argomenti come le strutture molecolari
o il corpo umano interagendo con una rappresentazione tridimensionale, condizione in cui le tecnologie
possono aggiungere un’opportunità di apprendimento nuova.

Casi di possibile amplificazione cognitiva. Valore aggiunto delle tecnologie può essere
rappresentato dalle loro implicazioni cognitive. In particolari si sono fatti sempre più insistenti i
riferimenti ad espressioni quali: potenziamento cognitivo che si riferisce all’amplificazione o
all’estensione di capacità mentali di base del soggetto attraverso l’arricchimento dei sistemi di
elaborazione delle informazioni interne o esterne al soggetto stesso e pensiero computazionale che
rimanda a due principali interpretazioni: una più tecnica, di significato quasi professionalizzante, basata
sul coding in senso stretto ed una che potremmo chiamare buona programmazione capace di avere
importanti ricadute sulla sfera cognitiva ed influenzare il percorso scolastico e la successiva vita
professionale. Soffermandoci sul potenziamento cognitivo: si può fare riferimento alle tecnologie come
tool cognitivi, definiti da Jonassen come strumenti sviluppati ed adattati per svolgere la funzione di
partner intellettuale dell’individuo. Ad esempio dispositivi hardware sono da sempre utilizzati per
amplificare abilità e processi cognitivi. Il loro potenziale didattico sta nel favorire l’acquisizione della
disciplina e il potenziamento cognitivo che interessa processi quale percezione, attenzione,
comprensione, memorizzazione, ragionamento e coordinamento degli effetti motori. Possono essere
sfruttati per alleggerire il carico cognitivo favorendo lo sviluppo di forme di riflessività e pensiero
critico. Risvolti sul potenziamento cognitivo si possono produrre anche progettando adeguatamente
attività didattiche improntate alla ricerca e selezione delle informazioni tramite tecnologie web oggi a
disposizione. Il processo parte dell’impostazione di un problema fino alla valutazione critica delle
risposte che si sono ottenute, è un processo spesso inconsapevole quando si utilizzano motori di ricerca
e se ben valorizzato può avere un importante valenza cognitiva. Tra i mind tool fondamentali si
annoverano i software per la rappresentazione grafica di contenuti, processi e strutture argomentative
che offrono l’opportunità di rappresentare le proprie conoscenze e di riflettere sulle stesse
rappresentazioni. Fondamentali per l’ amplificazione cognitiva sono anche le simulazioni digitali:
possono essere semplici animazioni interattive, sofisticate applicazioni della realtà virtuale, ma anche
alcuni serious game che forniscono un modello dinamico, interattivo e rappresentativo. Esistono diversi
ambienti in rete per la didattica quali: PHET INTERACTIVE SIMULATIONS che è un progetto
open source sviluppato presso l’università del Colorado, che ha co,e obiettivo quello di favorire la
formazione scientifica e GO-LAB che è un progetto europeo il cui obiettivo è stimolare i ragazzi ad
avvicinarsi alla conoscenza scientifica tramite laboratori online. I benefici delle simulazioni online
digitali sono: lo stimolo dell’interesse, della curiosità e della motivazione, la facilitazione alla
comprensione concettuale e lo sviluppo di abilità proprie del ragionamento scientifico. Esistono
differenti tipi di simulazioni: alcune possono impegnare gli studenti a costruire figure tramite blocchi
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colorati, possono coinvolgere lo studente nella rappresentazione grafica di equazioni lineari, altre ancora
permettono l’apprendimento della legge di NEWTON e dei concetti di forza, moto, attrito esplorando
le forze a lavoro quando si spingono diversi oggetti, cambiando l’attrito e vedendo quanto influisca sul
moto, infine esistono anche ambienti più articolati come veri e propri laboratori virtuali ad esempio per
l’apprendimento dei principi della fisica questi rendo i processi da invisibile a visibile.

Gli ambiti da esplorare. Uno degli ambiti da esplorare riguarda le applicazioni tecnologiche negli
interventi didattici con soggetti autistici (ambienti di realtà aumentata) e i robot sociali ossia
robot con forme che ricordano le caratteristiche umane, dotati di interazione e comunicazione. Dietro
a soggetti affetti da autismo si possono nascondere dimensioni interne e potenzialità che non trovano
opportunità di manifestarsi. Uno dei rischi di questi soggetti è il generarsi di situazioni di panico
quando si devono affrontare rapporti interpersonali o ci si trova in situazioni di imprevedibilità. La
possibilità di usare un avatar per comunicare o tecnologie per esprimersi amplificando i movimenti del
corpo possono aprire nuove prospettive. Temple Grandin scienziata affetta da autismo sostiene che lo
stesso può essere visto essenzialmente come un disturbo del sovraccarico sensoriale che è quasi sempre
alla base del sintomo per cui occorre rallentare il flusso degli stimoli, eliminare quelli disturbanti,
portare a vedere volti su video molto lentamente. A tal proposito Aresti-Bartolome e Garcia-Zapirain
hanno condotto una sperimentazione relativa ai robot sociali: hanno riscontrato un risultato positivo in
particolare quando riescono a creare un contesto di formazione controllato, caratterizzato da sequenze
semplificate, senza particolari elementi di stress in cui i soggetti riescono a sentirsi al sicuro.

Capitolo 4. Tecnologie come oggetto di apprendimento.

Tecnica e tecnologia. La parola tecnologia deriva da termini greci techne (che copre uno spettro
semantico molto ampio che va da mestiere a regola o metodo) e logos (che significa discorso). Il termine
tecnologia al singolare significa ricerca e rielaborazione teorica circa l’applicazione e l’uso di strumenti
tecnici, regole e conoscenze a scopo pratico, per risolvere problemi, prendere decisioni. Mentre al
plurale, i termine Tecnologie riguarda il riferimento alla molteplicità delle discipline e dei saperi
coinvolti. I latini traducevano techne con ars, che nel pensiero greco si riferivano ad applicazioni
dell’ingegno umano per realizzare qualcosa non presente in natura. La techne ha provenienza divina e
rappresenta la via per l’emancipazione dell’uomo. Aristotele ha una visione moderna della techne di cui
coglie due aspetti che l’avvicinano al termine moderno tecnica: 1) presuppone una generalizzazione di
casi particolari di cui si è fatta esperienza; 2) è un agire rivolto ad uno scopo pratico. In Italia tecnica e
tecnologia sono usati spesso l’uno l’opposto dell’altro, la prima è l’insieme dei procedimenti usati per
ottenere un risultato; la seconda studia i procedimenti tecnici nei loro aspetti generali e nei loro
rapporti nello sviluppo delle civiltà. Nel tempo alcune tecnologie sono state così dirompenti che si è
parlato di rivoluzione.

Tecnologie digitali. Il termine digitale, dal latino digitus letteralmente dito, si attribuisce nelle
discipline elettroniche e nell’ informatica a quei dispositivi che trattano grandezze in forma discreta ed
è in contrapposizione al termine analogico, che invece si riferisce a sistemi in cui a una grandezza si fa
corrispondere una rappresentazione continua e ad esse direttamente proporzionale. Basti pensare al
quadrante di un orologio, la rappresentazione di tipo digitale avviene con un numero di
rappresentazioni finito distinte l’uno dell’altro, nell’orologio analogico l’arco del quadrante percorso
dalla lancetta è continuo ed in ogni istante è proporzionale al tempo trascorso. I primi dispositivi per
elaborazione automatiche furono realizzati alla fine del ‘500 erano digitali poiché lavoravano su un
numero finito di posizioni. Il termine informatica per indicare la scienza che si occupa del trattamento
delle informazioni nacque nel ’62 da Philippe Dreyfus al seguito della formalizzazione del concetto di
procedure di calcolo; grazie all’avvio del percorso di miniaturizzazione Hawlett-Parckard e IBM , nel ’70
realizzarono i primi computer trasportabili che pesavano 20kg e le schede che consentono di
progettare; nel ’76 Wozniak, collegò una scheda programmabile ad una TV e Steve Jobs la commercializzò
con il nome di Apple I. Nel 1981 IBM annunciò il personal computer per tutti e rese pubblica
l’architettura interna in modo che gli altri potessero clonarlo. L’ ergonomia subì miglioramenti in anni
successivi, soprattutto grazie al mouse e alle prime interfacce grafiche. Questo cambiamento
tecnologico è stato una distruptive innovation, capace di generare una rivoluzione tecnica ma
soprattutto sociale. La scoperta fondamentale risiede nel teorema di Nyquist-Shannon che mostra
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come un segnale elettrico analogico possa essere trasformato in un segnale elettrico digitale e viceversa.,
anziché trasmettere un segnale analogico completo è sufficiente trasmetterne soltanto un certo numero
di campioni opportunamente scelti (digitalizzazione). Le conseguenze più evidenti sono la minor
produzione di calore, la riduzione delle dimensioni, incremento della velocità inoltre la
miniaturizzazione negli anni ha indotto la trasportabilità dei dispositivi. Nel frattempo si è evoluto
anche il settore delle reti infatti i segnali digitali sono più facilmente controllabili e rigenerabili in caso
di disturbi, consentendo flussi di dati ad alta velocità e su geografie ampie.

I nuovi media. L’ espressione nuovi media si riferisce ai media digitali, supporti che consentono la
produzione, trasmissione, negoziazione di significati e che fanno uso di elettronica digitale.

La media education. È un ambito disciplinare finalizzato a far acquisire competenze relativamente i


media. Secondo Buckingham la media education è il processo di insegnamento-apprendimento
centrato sui media; la media literacy ne è il risultato ed è la conoscenza e le competenze che
acquisiscono gli studenti in tema di comunicazione. La media education prende l’avvio in ambito
anglosassone e nel tempo si sono succedute diverse fasi, alternando nei confronti dei media diffidenza,
scetticismo e fiducia. La new-media education nasce con l’uso dei computer e delle reti, deve tener
conto sia delle sfide poste dalla maggiore pervasività dei nuovi media, sia delle opportunità offerte da
una maggiore facilità di accesso. La media education deve essere esercitata nei contesti formali, scuola e
università e la new-media education è orientata a comprendere che i giovani modificano il loro stesso
ambiente con i loro usi mediali dando vita attraverso di essi e delle vere e proprie culture. FASI DELLA
MEDIA EDUCATION: Discernere e resistere: anni Trenta e Cinquanta, dove la media education
assume la funzione di vaccino per distaccarsi da messaggi devianti, Cultural studies e arti popolari: anni
Sessanta dove si studiava l’etnografia dei media, Demistificazione: anno Settanta in cui Adorno
sottolinea la non trasparenza dei media; essi non mostrano la realtà ma una sua interpretazione,
Preparazione ed empowerment: anni Novanta; nei media vi sono rischi ma anche potenzialità.

La natura della competenza digitale. Alla fine degli anni ’90 si cominciò a parlare di digital
literacy, alfabetizzazione digitale, definendola come abilità di comprendere e utilizzare le informazioni
in molteplici formati a partire da una varietà di fonti quando esse sono presentate attraverso il
computer. La nozione di digital literacy pero si afferma negli anni 2000 anche per il rilievo che le venne
attribuito dalle politiche europee: l’Unione Europea indico essa con il PREREQUISITO PER
CREATIVITA’, INNOVAZIONE, IMPRENDITORIALITA’. Per conseguire la d.l. occorre avere
padronanza degli strumenti fisici utilizzati per organizzare il materiale, strumenti concettuali e cognitivi
per organizzare le informazioni, socio-economici o istituzionali per strutturare e organizzare la società.
Il verbo organizzare ricorre a sottolineare la profondità con la quale gli strumenti digitali agiscono. Tra
il 2003 e il 2005 si moltiplicarono le definizioni di digital literacy. Nel progetto DigEuLit fu identificata
con la consapevolezza, attitudine e abilità degli individui nell’utilizzare in maniera appropriata
strumenti e servizi digitali per identificare, accedere, gestire, comunicare con altri nel contesto di
situazioni di vita specifiche allo scopo di consentire azioni sociali costruttive e per riflettere su questo
processo. Questa definizione si differenzia dalle precedenti per il significativo riferimento alla
consapevolezza e alla riflessività, implicando la capacità del soggetto di ripensare l’esperienza in
funzione degli obiettivi, è necessario che i soggetti riflettano sulle strategie e sui comportamenti
adottati. Dal 2005 l’Unione Europea e altri organismi internazionali cominciarono a sostituire al
concetto di digital literacy quello di digital competence, espressione più ampia che oggi in Europa
risulta più utilizzata. Del concetto di competenza abbiamo moltissime definizioni: per Le Boterf è la
mobilitazione o l’attivazione di diversi saperi in una situazioni o in un contesto dati. Con il termine
saperi si intendono conoscenze teoriche e procedurali, ma anche i saper fare procedurali, esperenziali,
sociali, cognitivi. Molti autori sottolineano il carattere multidimensionale della competenza digitale.
Midoro rimanda a due piani fondamentali: a) La capacità di operare nel mondo dei documenti digitali
per affrontare compiti e risolvere problemi ed implica il saper comprendere le caratteristiche dei
documenti digitali, scegliere le giuste applicazioni in base al compito ed usarle; b) La capacità di
partecipare al processo di costruzione di nuova conoscenza ed implica il risolvere il problema
riguardante la ricerca di informazioni, condividere informazioni e conoscenze e partecipare a comunità
di pratica costruendo conoscenze in ambienti virtuali e cooperativi. Al di là di ciò la competenza
digitale richiede un esercizio della capacità critico-cognitive e un atteggiamento responsabile nell’uso
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della rete. La competenza digitale è data dalla: Technology literacy ( scegliere ed utilizzare le tecnlogie
in modo funzionale agli obiettivi ), visual literacy ( interpretare immagini ), information literacy
( trovare, valutare, selezionare e gestire le informazioni ), media literacy ( analizzare, comprendere,
interpretare criticamente i media ).

APPROFONDIMENTO. DIMENSIONI PEDAGOGICAMENTE SIGNIFICATIVE


DELLE COMPETENZE DIGITALI: Dimensione tecnologica: si tratta di dare importanza ai
prodotti. Si deve avere un atteggiamento flessibile; il soggetto sa scegliere l’oggetto adatto per risolvere
la situazione e distingue il reale dal virtuale; Dimensione cognitiva: saper risolvere complessità e problemi,
sapere cos’è affidabile. Per risolvere i problemi nel virtuale di inizia dal reale; Dimensione etica: ovvero
rispettare se stessi e gli altri.

I modelli della competenza digitale. Uno dei primi modelli nati dopo la Raccomandazione europea
fu il DIGITAL COMPETENCE ASSESSMENT studiato a Firenze e rivolto alla scuola dopo
aggiornato e ampliato nel DIGITAL COMPETENCE AND QUALITY. Sono strutturati secondo la
dimensione collaborativa-partecipativa (affrontare in modo flessibile situazioni tecnologiche nuove), la
dimensione cognitiva (analizzare l’informazione, selezionare, valutare), e la dimensione etica (interagire
usando l’ICT in modo consapevole diritti, doveri, diversità). Inoltre quando gli studenti fanno uso di
Internet a fini scolastici mostrano di non saper eseguire le ricerche spesso perché non sanno valutare
l’affidabilità delle fonti, quindi occorre tenere presente la necessità di formazione dei bambini e dei
ragazzi in merito alla dimensione etica, educare le nuove generazioni da un lato a difendersi da queste
minacce, dall’altro a percepire la gravità.

APPROFONDIMENTO. FRAMEWORK: il framework è una struttura gerarchica sintetica ed


esaustiva, una tassonomia di competenze in grado si coprire tutte le dimensioni, espressa in un
linguaggio semplice. E’ la mappa delle competenze digitali e si differenziano a seconda dell’ ambito
scolastico o professionale. Sulla base del framework si può procedere per definire gli obiettivi didattici
per lo sviluppo delle competenze, individuare strumenti per la verifica del raggiungimento delle
competenze attese e progettare nel dettaglio gli interventi attraverso cui conseguire gli obiettivi.

Il pensiero computazionale. Il suo precursore fu Seymour Papert autore di LOGO, un linguaggio


orientato alla grafica, pensato per far programmare ai bambini. Negli anni ’80 fu molto usato, la LEGO
per un certo periodo adottò logo come interfaccia per i suoi motori e sensori, negli anni ’90 la LCSI
realizzò un editor più evoluto con cui creare giochi multimediali chiamato microworlds. Papert fu un
sostenitore di un apprendimento di tipo laboratoriale, e vide nella programmazione lo strumento per
ridefinire il confine tra l’azione concreta e la logica del pensiero formale. Negli anni ’70 Papert fu
artefice di una rivoluzione Copernicana. Ipotizzò un bambino che gestiva il computer attraverso i
seguenti principi (Papert): lo studente programma il computer e non si fa da lui programmare, non
più imparare per usare ma usare per imparare, usare gli ambienti e i micromondi come palestre
cognitive, procedere per accomodamenti e affinamenti successivi. Negli anni successivi ci si affidò ad
aspetti socio-comunicativi e diminuì un po il focus della programmazione finchè nel 2006 a opera di
Resnick nacque SCRATCH con successo quasi alla pari di logo. La locuzione computational thinking fu
usata da Wing a proposito dei processi mentali coinvolti nel formulare e risolvere problemi in processi
computazionali. Il pensiero computazionale è un approccio rivolto alla soluzione di problemi che
incorporano processi di pensiero quali astrazione, scomposizione, progettazione algoritmica,
valutazione e generalizzazione. L’ obiettivo del coding non è quindi la programmazione in sè ma è lo
sviluppo di un pensiero computazionale è può iniziare fin dalla più tenera età. Lo sviluppo del pensiero
computazionale può anche prescindere totalmente dall’uso del computer ed essere esercitato attraverso
una serie di attività logiche divertenti come giochi (carta, penna, bastoncini) da soli o in gruppo. Dal
2016 si è andata affrontando la computational participation cioè la cultura del programmare per la
realizzazione di giochi e storie da condividere partecipando a comunità dove la pratica è quella del
remix ovvero collaborare modificando qualcosa già fatto piuttosto che partire da zero, per diffondere
una cultura del fare digitale insieme.

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La robotica educativa. La parola robotica ci è stata consegnata dalla fantascienza, la usò il
drammaturgo Karel Capek per indicare umanoidi in grado di svolgere lavori pesanti. Oggi i robot sono
dispositivi elettromeccanici programmabili per svolgere funzioni corrispondenti alla volontà umana.
Dagli anni ’70 si sono si sono moltiplicati i robot a supporto dell’industria, della chirurgia e anche
sociali per l’intrattenimento, l’assistenza agli anziani, l’interazione con bambini autistici. La principale
differenza tra un computer e un robot risiede nella sua fisicità.

La formazione degli insegnanti per lo sviluppo di competenza digitale. È riconosciuta come


uno dei fattori strategici per lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti. La formazione dei
docenti si colloca in un piano diverso rispetto a quello degli allievi, le competenze riguardano anche la
trasposizione didattica dei saperi, la realizzazione di progetti, la valutazione dei risultati. Da un’analisi
emerge che i docenti fanno un uso del web tendenzialmente per preparare la lezione o acquisire
informazioni di carattere organizzativo; molto inferiore è l’uso di strumenti digitali in aula. È frequente
la preparazione al computer di prove di valutazione da stampare e consegnare agli studenti su carta. La
maggior parte del personale della scuola è favorevole all’introduzione dell’ ICT ma si registrano
segnalazioni di de-materializzazione dei libri di testo, difficoltà tecniche per l’uso delle tecnologie in
classe, di scarsa capacità di attenzione e diminuzione di competenza di scrittura e lettura.

Piani di formazione e framework per gli insegnanti. In Italia per i docenti si sono susseguiti
diversi piani di formazione il cui focus è stato posto sulle tecnologie, sulla didattica delle discipline,
sugli aspetti critico-cognitivi. Nei primi anni ’80 si affrontano l’alfabetizzazione informatica, in
particolare il Pascal: gli insegnanti dovevano saper programmare per insegnare a programmare. Alla fine
degli anni ’80 il focus sugli iper-testi, dopo l’ attenzione si concentrò sull’ECDL e i software usati per l’
automazione d’ ufficio. Il piano di formazione di maggiore impatto fu ForTIC attuato in tre fasi:
Formazione tecnologica di base; Formazione su didattica e tecnologie; Formazione informatica
specialistica. Il percorso di base è ancora degno di nota perché rappresentò un’azione sistematica di
grande impatto. Fin dal ’99 in Danimarca erano stati attivati corsi per una patente pedagogica del
computer: gli insegnanti parte in presenza, parte a distanza si confrontavano su casi reali e progettavano
in forma collaborativa l’applicazione dell’ ICT a fini educativi. Emerse l’importanza dell’aspetto
didattico-pedagogico, anche per l’ ICT andava diffondendosi il concetto di docente pioniere colui o
colei che porta l’innovazione, la adotta per primo ed è disposto a farsi carico dei problemi e a correre
eventuali rischi per affermare una pratica innovativa. Il progetto uTeacher definì un framework per
esplicitare il profilo professionale del docente in rapporto all’uso dell’ICT, il soggetto si sviluppa da un
lato nel rapporto con 4 ambiti tipici (se stesso, gli allievi, i colleghi, l’ambiente esterno), dall’altro
secondo 8 aree di professione: pedagogia, contenuti disciplinari, organizzazione, tecnologia, sviluppo
professionale, etica, politica, innovazione. Per radicare maggiormente le competenze tecnologiche
all’interno delle discipline a partire dal 2006 si è diffuso TPAK un modello che coniuga pedagogia,
tecnologia e contenuti. In Italia su questo tema è tornato il PNSD auspicando che i docenti abbiano la
possibilità di attingere da un portfolio di percorsi didattici applicati e facilmente applicabili in classe, e
il ministero ha promosso programmi di condivisione di risorse. Anche l’Unesco nel 2008 cominciò a
studiare il profilo di competenze dei docenti in rapporto all’ICT rivolgendosi in particolare ai decisori
istituzionali dei vari paesi affinché organizzassero piani formativi coerenti, curriculi universitari,
programmi per la condivisione di esperienze formative del personale. In Italia un ampio investimento
nella formazione è stato attuato in coincidenza con l’introduzione della LIM attraverso il PNSD. Nella
seconda fase del PNSD sono stati istituiti i poli formativi, mentre è con il PNSD 2015 che si è tornati a
parlare di azione sistematica con nuove figure e piani di formazione per tutte le scuole. La ricerca va
evidenziando che per la formazione dei docenti è necessario tenere conto di tutte quelle componenti
che sul piano didattico, organizzativo e sociale hanno a che vedere con la professione. Indagini del 2010
segnalano un deficit di formazione che costituirebbe il principale freno all’introduzione delle ICT nella
scuola; un’articolata rilevazione del 2014-15 nel mezzogiorno restituiva una valutazione insoddisfacente
anche da parte dei dirigenti scolastici. La formazione dei docenti deve favorire l’acquisizione di
consapevolezza professionale, capacità riflessive e progettuali.

APPROFONDIMENTO. FORMAZIONE DEI DOCENTI: Il docente deve avere una visione


chiara dei problemi e delle opportunità connesse all’ambito tecnologico; La dimensione ergonomica-
cognitiva è vista sia in senso positivo come potenziale di sviluppo , sia in negativo come rischio; La
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formazione deve tener conto di tutti quei fattori che formano la professionalità del docente; Deve
essere un approccio continuo.

Modalità di formazione degli insegnanti. Una volta decisi gli obiettivi dei corsi l’implementazione
può essere di tipo blended. Durante questo tipo di percorso una prima lezione in presenza servirà a
condividere gli obiettivi reali del corso: non le tecnologie di per sé, ma la trasposizione didattica delle
dimensioni tecnologica, cognitiva ed etica della competenza digitale da insegnare agli studenti. È
consigliabile che i docenti ipotizzino un progetto didattico e ne facciano oggetto di discussione con i
pari e con gli esperti responsabili del corso di formazione. L’intero percorso può essere supportato in
vari momenti dall’uso di tecnologie, che risultano contemporaneamente obiettivo e mezzo per gli
apprendimenti. È necessario prevedere supporti costanti e certi a cui i docenti possano riferirsi: es. il
tecnico per il malfunzionamento, l’esperto dei prodotti hardware e software.

Capitolo 5. Tecnologie nel contesto di apprendimento.

Flessibilizzare e arricchire il lavoro in aula. Le tecnologie rendono disponibile numerosi modi per
migliorare l’ambiente didattico. Aule e spazi attrezzati sono caratterizzati dalla disponibilità di
connessione alla rete, da strumenti di visualizzazioni su grande schermo, da dispositivi per l’accesso
all’informazione e per l’interazione con i contenuti. Le aule possono essere munite di lavagne interattive
multimediali (LIM), in assenza di queste vi può essere un video proiettore. L’idea generale è creare le
condizioni per realizzare attività flessibili e diversificate, a partire dalla possibilità di variare la
comunicazione didattica grazie alla multimedialità. La differenza la fanno gli insegnanti scegliendo nelle
diverse situazioni i tipi di attività più idonei a promuovere interesse e favorire la comprensione. Uno dei
principali aspetti su cui le tecnologie possono intervenire è quello della diversificazione. Clarck e Lyons
suggeriscono che le immagini e gli elementi visivi possano essere usati per dare supporto all’attenzione,
aiutando a focalizzare gli elementi importanti, attivare le conoscenze e consentire l’integrazione di
nuove informazioni. Una tipologia di immagini che riescono a sostenere gli apprendimenti e su cui
esistono evidenze di efficacia sono gli organizzatori grafici mappe concettuali, linee di tempo, tabelle e
griglie. Un’ ulteriore classe di strumenti capaci di modificare positivamente il contesto classe è
rappresentata dalle tecnologie che permettono di aumentare l’interattività tra docente e allievo. Sono
stati ampiamente sperimentati i risponditori piccoli telecomandi con cui gli studenti possono
rispondere alle domande poste dai docenti fornendo un feedback in tempo reale. Esistono anche
applicazioni gratuite, scaricabili sui dispositivi mobili della scuola e degli stessi studenti. Gli studenti
possono usare un dispositivo ciascuno o lavorare in piccolo gruppo. L’ insegnante può visualizzare i
risultati espressi dagli studenti in forma aggregata (istogrammi) o dettagliata (studente per studente) e
sulla base di questi aprire discussioni o impostare azioni di recupero e approfondimento. Il principale
vantaggio è rappresentato dalla possibilità di interpellare tutti gli studenti e conoscere in tempo reale i
livelli di comprensione della classe.

Organizzare, condividere e gestire le risorse. Quando si svolgono numerose attività si producono


molte risorse. Diventa una sfida organizzare tutto questo materiale al fine di poterlo ritrovare. Preparare
la lezione è un’attività che le tecnologie possono ottimizzare. In rete sono disponibili tracce, slide,
schede, video e anche altre risorse che possono essere autoprodotte, rese pubbliche e condivise con i
propri colleghi. Prima dell’avvento della rete esistevano le unità di memoria per scambiare risorse
digitali (hard disk, CD-ROM). Con l’aumento della velocità della rete e l’incremento delle memorie di
massa sui server è possibile sistemare in rete o nel cloud le risorse digitali. Per cloud computing si
intende una modalità di erogazione di risorse informatiche, come l’archiviazione, l’elaborazione e la
trasmissione di dati on demand attraverso Internet. Vi sono 3 tipologie di servizi utilizzabili online:
SaaS (Software as a Service): consiste nell’utilizzo attraverso un server web di programmi installati ed
eseguiti remotamente, cioè fuori dal proprio computer fisico; DaaS (Data as a Service): riguarda la
conservazione e gestione via web dei dati accessibili dagli utenti come se fossero residenti sul proprio
disco locale; HaaS: (Hardware as a service): permette di sfruttare la potenza di calcolo di computer
remoti connessi in rete. Uno dei vantaggi più immediati del cloud è che i file possono essere organizzati
in cartelle e salvati in rete, per essere utilizzati senza vincoli da più dispositivi, in modo da avere una
copia sia sul proprio computer sia in rete attraverso un meccanismo di sincronizzazione automatica tra i
due. Questi sistemi consentono inoltre di condividere documenti di lavoro, semplificando le operazioni
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di scambio dei file. Collocare le risorse in rete permette di condividerle. Tra i molteplici servizi offerti
online ci sono quelli che consentono di creare questionari, sondaggi e quiz. Gli insegnanti possono
usare questo tipo di strumenti per porre quesiti, fare verifiche online e raccogliere informazioni dai
propri allievi. In rete ci sono numerosi altri strumenti per razionalizzare le modalità di lavoro,
ottimizzare la gestione dei tempi e delle attività: calendari condivisi, registri elettronici, rubriche
condivise (per contatti dei genitori). È piuttosto diffuso l’impegno di semplici ambienti online
utilizzabili a casa dai bambini, aiutati nei primi momenti dai genitori, vere e proprie piattaforma E-
learning. In questi spazi gli insegnanti possono lavorare con gli studenti, mantenere contatti con i
genitori e lavorare con gli altri insegnanti. Un ulteriore impegno a cui sono chiamati gli insegnanti è
relativo alla comunicazione con i genitori e il rapporto con i colleghi, associazioni e altre realtà presenti
sul territorio. (gruppi Facebook o Google+). Avere un sito web della classe può servire a coinvolgere
genitori facendo capire loro il lavoro che viene svolto.

APPROFONDIMENTO. E-LEARNING: si indica un complesso di metodologie che si avvalgono


di internet e delle tecnologie multimediali per consentire esperienze di formazione a distanza. L’ E-
learning deve essere distinto dal Blended Learning, che prevede l’alternanza tra attività online e quelle
faccia a faccia. Un’altra distinzione si fa con Tecnology augmented learning, che può essere inteso come
l’utilizzo in aula di tecnologie comprese quelle online. Si distinguono 3 soluzioni metodologiche
principali: la prima si basa sull’erogazione di contenuti e sul supporto di un tutor; la seconda è il Wrap
around, interpreta l’idea pedagogica che l’apprendimento è costruzione attiva della conoscenza con
processi che partono dal soggetto in apprendimento, mentre la terza è integrata e basata sulle
interazioni di gruppo che non esclude la precedente lezione ma si presenta come una sua integrazione,
qui sono centrali condivisione e collaborazione.

Sostenere processi di gruppo e di social networking. Le attività svolte da un docente sono


molteplici, mantenere rapporti con colleghi, dirigente, genitori è una quota rilevante dell’impegno. La
collaborazione tra docenti è uno dei punti di forza delle scuole efficaci. Mitchell dedica all’argomento
grande attenzione, riportando come sia soprattutto dalla capacità di svolgere un lavoro in team che si
possono ottenere relazioni migliori sul piano educativo. Anche il coinvolgimento delle famiglie
rappresenta un elemento importante per il successo scolastico. Coinvolgere i genitori è impegnativo. E’
importante il modo in cui i genitori vengono coinvolti, i ruoli devono rimanere separati, i genitori
responsabilizzati e gli insegnanti devono rimanere responsabili nelle scelte principali. Le tecnologie
digitali possono semplificare questo tipo di impegno grazie anche alla diffusione dei dispositivi mobili e
dei social network. La telematica offre inoltre la possibilità di scegliere tra molteplici formati: uno a
uno, uno a molti, sincrona, asincrona, audio, immagini e testi. I social media rappresentano una vera e
propria prima svolta sul fronte dello sviluppo di relazioni sociali in rete. La prima tra le funzioni offerte
dai social media è connessa alla condivisione delle risorse. Condividere con i social media significa
scegliere lo strumento giusto e perdere un po' di tempo nella condivisione di risorse. Per esempio i
video, YouTube, la disponibilità di un proprio canale permette di gestire meglio i video attraverso le
funzioni analytics, avere un’accurata reportistica sulle visualizzazione, i commenti, i feedback ricevuti.
Si pensi alla possibilità di dare agli studenti il compito di analizzare i processi principali documentati su
un video di scienze o di tradurre i dialoghi contenuti in una conversazione in inglese tratta da uno
spezzone di un film. I video consentono di osservare e riflettere su quanto avviene in aula nel corso di
una lezione, sia in prospettiva di analisi delle proprie pratiche sia in prospettiva di controllo del lavora
degli altri. Una seconda funzione resa disponibile dai social media è quella che consente di
mantenere e creare relazioni sociali (Facebook). Aprire un gruppo Facebook consente di
condividere idee, motivarsi, dibattere su tematiche connesse alla propria professione. Molti degli
insuccessi nell’integrazione delle tecnologie nella didattica derivano proprio dal basso livello di
confidenza negli strumenti da parte degli insegnanti, come avviene nel caso di pratiche non abituali.
L’ultima dimensione offerta dai social media è quella del microblogging ovvero quella comunicazione
basata sull’invio di brevi contenuti tipicamente testuali. Una delle attività più diffuse è messaggiare,
comunicare attraverso le tecnologie mobili. Il microblogging nasce dall’esigenza di una comunicazione
istantanea da leggere sul monitor di un telefonino, anche se molti di questi possono fruiti con
dispositivi diversi, sia attraverso la connessione alla rete di telefonia cellulare che tramite internet
(Twitter). L’aspetto più interessante è quello di finalizzarne l’impiego allo studio e all’approfondimento
di ciò che si sta facendo in classe. La conoscenza diventa significativa, Ausubel, quando si radica
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all’interno di un tessuto di connessioni tra concetti. La discussione ha aspetti diversi rispetto a quelli
presenti in un web forum, dove sono richiesti un impegno ed un tempo dedicati. Attraverso questa
messaggistica l’insegnante può svolgere sia una funzione istruttiva (integrando appunti, offrendo
esempi), sia una funzione di stimolo all’impegno e alla riflessione. Gao, Luo e Zhang confermano questi
aspetti attraverso un’estensiva analisi critica delle ricerche sul microblogging in educazione mettendo in
luce le potenzialità offerte nell’incoraggiare la partecipazione, il coinvolgimento, il pensiero riflessivo e
un’attitudine all’apprendimento collaborativo in differenti situazioni e contesti educativi.

Approfondimento 1. Come cercare conoscenze affidabili online. Riuscire a trovare informazioni


appropriate e significative, è più complesso di quello che strumenti come Google fanno percepire. L’
Information Literacy, ovvero la capacità di accedere alle risorse attraverso le tecnologie
dell’informazione, è ritenuta una competenza chiave. Tra le principali fasi nelle attività di un motore di
ricerca troviamo: Raccolta di informazioni da diversi siti web (scansione); Selezionare le ricerche più
importanti tra quelle raccolte (costruzione); Risposta delle diverse ricerche (risposta). La fase della
scansione presenta il problema della difficoltà per gli Spider (ragni della rete) di trovare la nostra
ricerca nei diversi contenuti disponibili nei siti web. Nella costruzione nasce il problema del rendere
valide le fonti e contestualizzare le informazioni. Nella fase della risposta vi è il problema della
riduzione della percezione della complessità del compito (es. quando si fa una ricerca e si apre il primo
sito). Un passaggio fondamentale è l’individuazione delle parole chiave, una buona ricerca richiede più
termini specifici digitati ad esempio con l’uso delle virgolette, o dell’operatore OR (Open Resorse) che
inserito tra due parole chiave significa che si desidera ottenere ricerche in cui compaiono i due termini.
Il principale motore di ricerca per il recupero di risorse scientifiche è Google Scholar. È diverso da
Google poiché in esso troviamo solo documenti di ricerca come saggi, articoli, mentre in Google sono
presenti prodotti, servizi, discussioni libere.

Approfondimento 2. Come cercare Open Educational Resources. Tra i vantaggi che le


tecnologie possono portare nella scuola vi è la grande disponibilità di materiali didattici digitali, con la
massiccia diffusione di OER. Sotto questa caratteristica cade una grande varietà di risorse digitali, le cui
caratteristiche sono di essere open appunto gratuitamente e liberamente riutilizzabili, ed educational
rivolte alle esigenze di insegnamento, apprendimento e ricerca di studenti e professionisti della
formazione. Spetta all’utente valutare i risultati ottenuti dal motore di ricerca per recuperare risorse che
siano veramente adeguate ai propri obiettivi didattici. Una valida alternativa ai motori di ricerca è
rappresentata dagli archivi digitali di materiali didattici. Per la ricerca di software didattici in Italia: •
Essiquadro fornisce servizi per la documentazione e l’orientamento sul software didattico e risorse
digitali per apprendere, si rivolge ai docenti in sevizio e in formazione. • Edurete è un ambiente web in
cui sono presenti sia un archivio di risorse didattiche per l’istruzione primaria e secondaria sia tool per il
potenziamento cognitivo. Per la ricerca di OER: • OER Commons è oggi una delle iniziative più note
in quest’ambito, è uno degli archivi più ricche di risorse didattiche aperte. All’interno è possibile
effettuare ricerche sulla base di area disciplinare e dei relativi sottoambiti; livello di istruzione (primaria,
secondaria); tipo di risorsa (giochi, immagini); del formato mediale (audio, documento). • Open
Education Europa è un archivio dove cercare risorse educative aperte tramite cui è possibile cercare
risorse con licenza aperta (es. MOOC). Per la ricerca MOOC (massive open online courses): •
Coursera attua un approccio didattico che mette insieme i principi del mastery learning, per offrire
corsi relativi a diversi ambiti disciplinari (umnistici, medicina, biologia). Sono disponibili corsi destinati
alla formazione di insegnanti.• Khan Academy sviluppa e rende disponibili gratuitamente lezioni,
esercitazioni, corsi online e materiali interattivi in diverse discipline, ispirandosi al modello della flipped
classroom. • EduOpen è la prima realtà italiana di particolare rilievo nel panorama dei MOOC, una
rete di atenei che offre corsi di livello universitario, la cui frequenza è gratuita e aperta a tutti, compresi
studenti non universitari (da qui l’interesse anche per studenti dell’ultimo anno della secondaria).

Approfondimento 3 (Laura Menichetti). I MOOC. L’acronimo MOOC sta per massive open
online courses si tratta di corsi fruibili a distanza, attraverso la rete. Queste caratteristiche determinano
partecipazioni molto numerose, alla fine del corso rilasciano un attestato di completamento che non
può avere valore legale perché l’identità del partecipante è stabilita soltanto sulla base di un’
autocertificazione, ma spesso è anche concesso di sostenere esami in presenza. Tutto ciò che è
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opzionale (materiale docente, esami finali) può avere un costo a carico dello studente. Questi corsi si
svolgono secondo calendari predefiniti. Si evidenziano tipologie di corsi diversi: • CMOOC di taglio
costruttivista-connettivista che valorizzano anche i saperi informali, disponibilità dei docenti a fornire
approfondimenti online. •XMOOC di taglio erogativo-istruttivista con risorse educative spesso di
ottima qualità basate su videoregistrazioni associate a compiti di verifica, da lasciare in autovalutazione
agli studenti per sollecitare la valutazione tra pari. Il rapporto tra università e open education può
essere analizzato secondo le due prospettive che nell’università si intrecciano: quella pedagogico-
dadattica e quella strategico-organizzativa. Dal punto di vista strategico- organizzativo occorre
preoccuparsi sia della possibilità di attivazione dei corsi, sia dalla sostenibilità dei modelli adottati. Ogni
università dovrà fare riferimento al proprio piano strategico e usare adeguati strumenti di
pianificazione.Le università possono usare i MOOC anche per economia interna svolgendo come
distance learning alcuni corsi destinati all’apprendimento di conoscenze più facilmente trasmissibili e
riservando l’intervento dei docenti in presenza alla creazione di nuove conoscenze condivise, alla
formazione di competenze.

Approfondimento 4. Il framework DCQ per la competenza digitale nel I ciclo della scuola.

Il primo passo consiste nel progettare e documentare unità didattiche che vadano a costituire un
patrimonio condiviso della scuola, come risorse educative aperte che anno dopo anno ciascun docente
possa semplicemente utilizzare, rielaborare, integrare. Per una progettazione condivisa e per la
trasferibilità dei progetti didattici da una classe ad un’altra o ad un anno successivo, è necessario che la
scuola abbia adottato un framework che arrivi ad un sufficiente livello di dettaglio in modo da rendersi
facilmente operativo. La DCQ prevede le seguenti dimensioni:

DIMENSIONE TECNOLOGICA: include competenze relative alle architetture hardware e


software più comuni facendo riferimento ai concetti che stanno alla base della gestione dei dati e dei
collegamenti in rete. La competenza acquisita deve consentire di comprendere le potenzialità e le
criticità delle diverse tecnologie decidendo se, e come avvalersi di dispositivi digitali. È necessario saper
distinguere tra reale e virtuale. Occorre soprattutto valutarne i rischi di perdita di dati e prendere le
necessarie precauzioni.

DIMENSIONE COGNITIVA: le competenze afferenti a questa dimensione nel loro complesso


formano e abilitano al problem posing e al problem solving. Bisogna saper comprendere i testi
multimediali, mettere a fuoco gli elementi rilevanti attraverso rappresentazioni sintetiche, strutturare il
proprio pensiero tramite forme testuali in ambito visuale con l’uso di organizzatori grafici, fino a
realizzare prodotti multimediali padroneggiando i diversi linguaggi. Il pensiero computazionale e la
robotica educativa sono strumenti che abituano a proceduralizzare, cercare l’ottimizzazione,
confrontarsi con la gestione dell’errore, prevedere percorsi alternativi, generalizzare le soluzioni
affrontando intere classi di problemi.

DIMENSIONE ETICA: qui sono incluse competenze che riguardano la tutela della propria
reputazione in rete, della salute e dell’immagine, il rispetto degli altri, la salvaguardia della proprietà e
dell’ambiente. La rete non è solo fonte di minacce ma anche di opportunità: bisogna saper partecipare
in ottica di cittadinanza attiva, rispettando le opinioni altrui, lasciando spazio nelle discussioni. Nella
dimensione etica rientra anche la formazione di una consapevolezza legata alle potenzialità delle
tecnologie, al saper documentarsi, accettare le novità, educare altri alla competenza digitale.

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