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I MUSEI

Nel primo decennio del NUOVO SECOLO i musei sono al centro dell’azione. I musei non sono semplici
DESTINAZIONI TURISTICHE o luoghi di INTERESSE EDUCATIVO, ma un elemento critico e delicato delle
identità collettive. Sono importanti anche per la pubblicità, per il cinema, per il commercio. I MUSEI
ESISTONO DA SECOLI. Che un paese sia ricco o povero, ne possiede. Tutti conoscono l’espressione UN
PEZZO DA MUSEO, che significa qualcosa di VECCCHIO, PRIVO DI INTERESSE OPERATIVO NELLA VITA DI
OGGI. Dire di un luogo che è un museo significa definirlo inerte, inattivo. Il termine museo può anche
rimandare a un LUOGO POLVEROSO.

NEL 1946, al momento della sua fondazione, L’INTERNATIONAL COUNCIL OF MUSEUMS (ICOM),
l’organismo associato alle Nazioni Unite che si occupa dei musei, offriva questa definizione: TUTTE le
COLLEZIONI APERTE AL PUBBLICO di materiale ARTISTICO, TECNICO, SCIENTIFICO, STORICO O
ARCHEOLOGICO, inclusi ZOO e GIARDINI BOTANICI, ma ESCLUDENDO le BIBLIOTECHE a meno che
mantengano sale di esposizione permanenti.

Questa definizione fa pensare a un immobile nel quale sono disposte opere di varia natura, artistiche,
naturalistiche in modo tale che il pubblico possa AMMIRARLE. Nei 60 anni suc l’ICOM ha adottato altre 7
diverse DEFINIZIONI.

 1951: introdotto il concetto di INTERESSE PUBBLICO: il museo deve esporre le sue collezioni per il
DILETTO e L’ISTRUZIONE del pubblico.
 1959: ANDRÉ MALRAUX firma come ministro della CULTURA DEL GOVERNO DE GAULLE, il decreto
che introduceva l’uso del termine PATRIMONIO CULTURALE.
 1961: il museo è UN’ ISTITUZIONE PERMANENTE CHE CONSERVA ED ESPONE, A SCOPO DI STUDIO,
ISTRUZIONE E DILETTO, COLLEZIONI DI REPERTI DI INTERESSE CULTURALE E SCIENTIFICO. L’ICOM
indica le varie tipologie di iniziative con 2 novità significative: I MONUMENTI STORICI E LE RISERVE
NATURALISTICHE.
 1971: RIUNIONE DELL’ICOM A SANTIAGO DEL CILE dove per la prima volta si dichiarava che il
museo deve essere al SERVIZIO DELLA SOCIETÀ E DEL SUO SVILUPPO.

Dopo si inizierà a parlare di NUOVA MUSEOLOGIA come aspirazione a un museo aperto all’esterno,
trasportato fuori dalle mura di un edificio, fatto dalla collettività e per la collettività, si chiederà di abbattere
lo scalone monumentale del museo, di abolire la distanza tra il pubblico e il contenuto del museo e di
enfatizzare il suo ruolo di luogo.

 1995: SESTA DEFINIZIONE non muta nella parte principale, ma vede l’aggiunta di 2 categorie:
AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE RESPONSABILI DI MUSEI E ISTITUZIONI IMPEGNATE NELLA
FORMAZIONE E NELLA RICERCA MUSEALE.
 2004:l’ICOM introduce il concetto di “PATRIMONIO IMMATERIALE” e definisce il museo come:
un’istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta
al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali, le acquisisce, le
conserva, le comunica.
ISTITUZIONE PERMANENTE: la sua complessità e i compiti che intende svolgere richiedono una
struttura stabile, personale esperto, una direzione con strategie e visioni di medio-lungo periodo.
APERTA AL PUBBLICO: deve essere aperto al pubblico per essere definito museo. Un museo è
aperto quando è ACCOGLIENTE.
EFFETTUA RICERCHE…DELL’UOMO: gli oggetti della cultura sono oggi considerati tali perché sono
in grado di raccontare la storia delle società umane, non perché sono belli o rari.
E DEL SUO AMBIENTE: ogni aspetto della nostra cultura si appoggia a un retroterra invisibile fatto
di rapporti sociali ed economici, di legami fra persone e di limiti ambientali. La parola ambiente va
intesa in questo senso e non nella sua accezione puramente naturalistica.
LE ACQUISISCE…LE ESPONE: sono i COMPITI FONDAMENTALI DI UN MUSEO: conservazione,
ricerca, comunicazione. Un insieme di oggetti senza ricerca sarebbe solo una galleria.
PER SCOPI DI STUDIO, ISTRUZIONE E DILETTO: l’esposizione delle collezioni, permanenti o
temporanee, soddisfa le necessità di studio e di formazione di ricercatori e studenti, ma serve
anche per il diletto. I musei non rispondono solo alle domande e alla curiosità del pubblico: creano
nuove domande e nuove curiosità. I musei ispirano, scatenano emozioni, fanno sognare.

FINALITÀ

Abbiamo assistito, tra la fine del secolo scorso e l’inizio di quello attuale, al proliferare di iniziative
espositive attuate seguendo forme che non sono musei in senso classico: ecomusei, centri di
interpretazione, heritage centres.

ECOMUSEI: dove gruppi di volontari si prendono cura di vecchie filiere produttive tradizionali, come mulini
e le rendono accessibili alla comunità.

HERITAGE CENTERS: possiamo visitare vecchie miniere dismesse, arredate con oggetti autentici di quando
erano in funzione.

NON TUTTE E NON SEMPRE QUESTE INIZIATIVE SI POSSONO CHIAMARE MUSEI.

LA MISSIONE DEL MUSEO NEL MONDO CONTEMPORANEO: per alcuni il museo è una MACCHINA
CULTURALE, per altri un’AZIENDA o una MACCHINA TURISTICA. Un punto sul quale la maggior parte degli
esperti concordano è che i MUSEI NON SONO IMPORTANTI SOLO PERCHÉ CONTENGONO REPERTI
PREZIOSI.

CAP. 2: DALL’ARCA DI NOÉ AI MUSEI DI DOMANI

Il museo si rivela una sorta di ORGANISMO capace di MANTENERE INALTERATI ALCUNI CARATTERI ma la
tempo stesso MODIFICARNE ALTRI, adattandosi a seconda delle CIRCOSTANZE AMBIENTALI e delle
NECESSITÀ dei gruppi sociali. JACQUES LE GOFF sostiene che tutte le società umane, incluse quelle
primitive, si sono impegnate a trasferire informazioni considerate importanti alle generazioni successive,
ma le modalità di conservazione del patrimonio della memoria culturale variano a seconda delle epoche
storiche e delle culture. Gli studiosi di storia della memoria collettiva distinguono tra SOCIETÀ A MEMORIA
ESSENZIALMENTE ORALE, SOCIETÀ A MEMORIA ESSENZIALMENTE SCRITTA E periodi di passaggio
dall’oralità alla scrittura, che l’ANTROPOLOGO JACK GOODY ha definito DI ADDOMENTICAMENTO DEL
PENSIERO SELVAGGIO. La FORMA-MUSEO come noi la conosciamo è un modo tipicamente OCCIDENTALE
di conservazione e trasmissione della memoria collettiva. La cultura occidentale ha imposto questo modello
un po’ ovunque. Altre CULTURE, invece, fanno ricorso al racconto orale. In AFRICA i musei nascono per
volontà del potere coloniale, con l’obbiettivo di rappresentare la cultura locale secondo un’ottica europea.
La PAROLA MUSEO deriva dal greco MUSEION, luogo sacro alle MUSE, figlie di Zeus e Mnemosine, dea
della memoria. Museion era il nome dell’edificio voluto da Tolomeo I Sotere nel III SEC A.C. ad
ALESSANDRIA D’EGITTO: luogo di conservazione, confronto, ricerca, osservazione. RENZO PIANO identifica
l’ARCHETIPO del museo nell’ARCA DI NOÈ. Al di fuori di questa evocazione teologica, già a partire dai primi
insediamenti umani del MESOLITICO E NEOLITICO ritroviamo forme archetipiche di museo: TOMBE E
TEMPLI. Le Tombe in quanto arricchite da OGGETTI E SUPPELLETTILI sono capaci di rendere il defunto
immortale. Tombe, templi e palazzi reali del mondo antico appaiono come possibili musei ANTE LITTERAM.

MUSEI ANTE LITTERAM possono essere considerati anche le PIRAMIDI e L’ESERCITO DI TERRACOTTA
scoperto nel 1974: migliaia di sculture di guerrieri a difesa dell’immensa tomba-mausoleo sotterranea del
PRIMO IMPERATORE CINESE (sculture di cavalli, riproduzioni di mari e fiumi…).

Secondo GIOVANNI PINNA il museo svolge anche il ruolo di CUSTODE DELLA MEMORIA, di luogo in cui una
comunità trova la sua IDENTIFICAZIONE attraverso la CREAZIONE, la CONSERVAZIONE e al CONOSCENZA
del proprio PATRIMONIO CULURALE.

MUSE: figure mitologiche ideali alle quali dedicare un luogo deputato all’attività letteraria e scientifica.
TOLOMEO I incaricò DEMETRIO DI FALERA di realizzare questo grandioso progetto nel 300 a.C. IL MUSEION
comprendeva una straordinaria BIBLIOTECA (tutta la letteratura conosciuta, un osservatorio astronomico,
un giardino botanico e zoologico). Questo era frequentato da DOTTI FILOSOFI E SCIENZIATI che svolgevano
attività letteraria e di ricerca. In questo luogo prende corpo un significativo processo di LAICIZZAZIONE. A
un SACERDOTE è affidato il CULTO DELLE MUSE. Nel MUSE non figurano nemmeno statue, dipinti o oggetti
di oreficeria. Quindi questo non è un luogo di culto ma di studio. Le FIGLIE DI ZEUS sono ELEMENTO
ISPIRATORE e RIFERIMENTO SIMBOLICO che conferisce autorevolezza e prestigio alla comunità
intellettuale. Al museion si ispireranno I MUSEI UNIVERSITARI. FU DISTRUTTO DA UN INCENDIO scoppiato
intorno al 270 d.C. e il culto delle muse ben presto abbandonato, per tornare nel Rinascimento.

CRISTIANESIMO E MEDIOEVO

Dopo la CONQUISTA dell’EGITTO con la BATTAGLIA DI AZIO nel 31 a.C. i romani rispettarono il Museion in
quanto espressione di intellettualità di stato. Per la stessa ragione il Museion e le Muse furono osteggiati
dopo la conversione dell’impero sotto COSTANTINO IL GRANDE. Nella STORIA DEL MUSEO l’ETÀ ROMANA
segnò una sostanziale battuta d’arresto e il termine latino MUSEUM fu usato per connotare GROTTE E
ANFRATTI realizzati nei giardini delle ville private. Il bottino di guerra trasferito a Roma, con capolavori di
scultura e pittura, fu molto consistente. Molte statue vennero utilizzate per farne copie e le opere d’arte
erano utilizzate per fini non pubblici. Con il DECLINO DELL’IMOPERO D’OCCIDENTE la pubblica fruizione
delle opere risultò sempre meno praticabile. Molto importanti furono i SACCHEGGI A OPERA DEI BARBARI
NEL V SEC: la grave situazione di carestia indusse l’imperatore AVITO a ordinare che le statue bronzee
fossero fuse. Naturalmente conserveranno e accumuleranno comunque nel tempo una straordinaria
quantità di opere d’arte, molte delle quali frutto di bottino di guerra. Nel MEDIOEVO protagonisti della
conservazione diventano CATTEDRALI, CHIESE E MONASTERI. I TESORI, COLLEZIONI DI OGGETTI RARI e
preziosi, esotici e insoliti, sono posseduti anche dai SIGNORI MEDIOEVALI e diventano un potente simbolo
di ricchezza. Nelle CHIESE MEDIOEVALI oltre alle reliquie e oggetti sacri gli OGGETTI DELLE MERAVIGLIE
sono costituiti da reperti naturali rari, esotici o inconsueti: corni di narvalo, denti di coccodrillo, lingue di
serpente, gemme preziose e altre strane rarità.

Nella NAVATA CENTRALE DELLA CATTEDRALE GOTICA DI SIVIGLIA, la più grande del mondo, sono appesi
un COCCODRILLO (i sivigliani lo chiamano EL LAGARTO, il LUCERTOLONE) e una ZANNA DI ELEFANTE. Il
Lagarto è una riproduzione in LEGNO A GRANDEZZA NATURALE realizzato da anonimo, ma si ritiene che
l’originale fosse un coccodrillo imbalsamato di 6 metri. I migliori musei contemporanei riescono a coniugare
il rigore scientifico con la capacità di stupire, meravigliare e divertire.

IL MUSEO CAPITOLINO

Sul finire del XV sec la corte papale decide di riconciliarsi con le Muse e di permettere che la parola museo
acquisti importanza. Nel 1471 la donazione al popolo romano da parte di papa Sisto IV di antiche statue
pagane in bronzo, già conservate in Laterano, è l’atto solenne di fondazione del primo nucleo del MUSEO
CAPITOLINO (considerato il primo MUSEO MODERNO della storia).

La parola museo viene usata in senso moderno dall’umanista PAOLO GIOVIO, uno dei più rilevanti
intellettuali del 500. Con una doppia laurea in medicina e filosofia si dedica all’insegnamento della filosofia
e alla pratica della medicina. Fu poi per molti anni al seguito di GIULIO DE’ MEDICI, prima a FIRENZE poi a
ROMA, quando il suo protettore divenne papa, con il nome di CLEMENTE VII, e lo nominò VESCOVO DI
NOCERA DEI PAGANI. I rapporti con il successore PAPA PAOLO III FARNESE furono inizialmente ottimi. In
quel periodo frequentò il VASARI, FRANCESCO I, CARLO V, COSTANTINO DE’ MEDICI. Queste amicizie non
erano troppo gradite al pontefice. Il rapporto tra i 2 si raffreddò al punto tale che nel 1549 Giovio
abbandonò Roma per tornare nella corte de’ Medici.

Giovio è ricordato soprattutto per la sua creazione: IL MUSEO DI BORGO VICO, PRESSO COMO. Egli utilizzò
per la prima volta con piena consapevolezza la parola MUSEO che prevedeva un edificio AD HOC, UN
DEFINITO PROGETTO ICONOGRAFICO E UNA COLLEZIONE. L’edificio destinato a ospitare il museo fu
edificato tra il 1537 e il 1543. La PRIMA SALA era dedicata alla raffigurazione di APOLLO E DELLE MUSE. Le
altre sale ospitavano la collezione costituita da 300 ritratti di imperatori, papi, principi, letterati, artisti,
poeti famosi (ALBERTO MAGNO, DANTE, PETRARCA, BOCCACCIO, LORENZO DE’ MEDICI). Da molti anni
Giovio aveva iniziato a collezionare ritratti, anche esortandone la realizzazione presso mecenati e
protettori, richiedendo che fossero eseguiti dal vero. Fece realizzare ritratti di filosofi del passato chiedendo
che gli artisti ne copiassero le fattezze da statue e monete autentiche. In quello che Giovio definiva il
TEMPIO DELLA FAMA i personaggi ritratti erano suddivisi in categorie: CONDOTTIERI, ARTISTI, DOTTI,
FILOSOFI. Accanto a ogni ritratto collocò sui scritti (ELOGIA: personalità, gesta, pregi e difetti). Giovio morì
nel 1552. Circa trent’anni dopo la sua collezione si frazionò tra gli eredi mentre la villa andò distrutta nel
secolo successivo.

L’avanzato MODELLO GIOVIANO venne adottato da molti aristocratici e colti desiderosi di elevazione
sociale, ma non si impose, in epoca rinascimentale, come unico modo di conservare le collezioni. A partire
dal XIV sec presso le corti europee cominciarono a diffondersi le raccolte di oggetti rari che spesso
venivano custodite negli STUDIOLI, luoghi adibiti allo studio ma anche alla conservazione di oggetti
speciali. Nel 400/500 gli studioli si moltiplicarono, includendo opere d’arte. Tra quelli più celebri troviamo
lo studiolo di FEDERICO DA MONTEFELTRO NEL PALAZZO DUCALE DI URBINO, FRANCESCO I DE’ MEDICI IN
PALAZZO VECCHIO A FIRENZE E ISABELLE D’ESTE NEL PALAZZO DUCALE DI MANTOVA. Ambienti di PICCOLE
DIMENSIONI e spesso segreti, garantivano tranquillità e privacy. In questi luoghi ci si poteva dedicare allo
studio, affari privati e incontri riservati ed erano dotati di decorazioni speciali. Lo studiolo del duca
Federico da Montefeltro era fatto da pareti di rivestimenti lignei con complessi intarsi realizzati utilizzando
la tecnica del TROMPE-D’ŒIL, con effetti di illusione prospettica (molte varietà di legno). Tra gli oggetti
raffigurati ci sono: armi, armature, strumenti musicali, libri, un astrolabio, una clessidra e altri strumenti di
studio. Sotto il SOFFITTO A CASSETTONI erano presenti RITRATTI di papi, cardinali, poeti e filosofi. Federico
aveva un SECONDO STUDIOLO NEL PALAZZO DUCALE DI GUBBIO con caratteristiche analoghe.
Lo studiolo del GRANDUCA FRANCESCO I DE’MEDICI, appassionato di studi alchemici ed esoterici, era
caratterizzato da pitture di oltre 30 artisti seguendo le indicazione dello studiolo di VINCENZO BORGHINI e
realizzato in stile MANIERISTICO sotto la supervisione del VASARI (1569-74). Sulla VOLTA vennero
raffigurati i 4 elementi dell’universo (acqua, fuoco, terra, aria), insieme all’incontro tra NATURA E
PROMETEO, mentre altri dipinti raffiguravano Cosimo De’Medici ed Eleonora. Non erano presenti né
oggetti devozionali né i testi antichi. La sua FUNZIONE era di contemplazione di custodire negli appositi
armadi decorati con pitture che richiamavano gli oggetti, gioielli, pietre, medaglie, cristalli. Dopo la morte di
Francesco I lo studiolo fu smantellato e i dipinti vennero alloggiati in PALAZZO PITTI. La sua ricostruzione fu
possibile, nel 1919, grazie al carteggio tra il Vasari e il Borghini. Le collezioni costituirono il nucleo fondante
della Galleria degli Uffizi.

La PRIMADONNA DEL RINASCIMENTO, ISABELLA D’ESTE GONZAGA, era una donna raffinata e di cultura.
Ella possedeva uno studiolo e una GROTTA, piccolo locale con volta a botte collegato da una scala. Questi
spazi ospitavano collezioni di QUADRI, STATUE E RARE ANTICHITÀ. Qui Isabella si ritirava per leggere,
scrivere e studiare. C’erano opere di MANTEGNA, PERUGINO, CORREGGIO, LEONARDO DA VINCI,
LORENZO COSTA; OGGETTI ANTICHI (GROTTA), STATUE CLASSICHE E NON, BUSTI E VASI. Dopo la morte
del marito sia lo studiolo che la grotta furono trasferiti dal Castello nella Corte Vecchia. La maggior parte
delle collezioni furono vendute nel 1627 da VINCENZO II GONZAGA a CARLO I D’INGHILTERRA.

SCHATZKAMMER E WUNDERKAMMER

Negli studioli rinascimentali cominciava a farsi strada una vera e propria cultura delle meraviglie e della
curiosità. Dalla seconda metà del 500 il fenomeno assume in EU la denominazione di “età d’oro della
meraviglia”. Si diffondono presso le corti le Shatzkammer, o CAMERE DEL TESORO, pietre, metalli pregiati,
opere d’arte. (MEDICI, GONZAGA, ESTE, SAVOIA, CORTI D’AUSTRIA, DI FRANCIA, DI SPAGNA E
D’INGHILTERRA). I veri luoghi della curiosità o dello stupore sono i Wunderkammer, o CAMERE DELLE
MERAVIGLIE, create per generare stupore nei visitatori. Le MIRABILIA, cioè gli elementi in grado di
stimolare sentimenti e desideri di questo tipo grazie alla loro straordinarietà, potevano essere sia
NATURALIA, cioè PRODOTTI della natura, sia ARTIFICIALIA, ossia oggetti creati dall’uomo. Si deve ULISSE
ALDROVANDI la realizzazione di UNO DEI PRIMI MUSEI DELLA STORIA NATURALE. Il clima di diffidenza nei
confronti degli intellettuali di tradizione umanistica che caratterizzò la Controriforma gli costò l’accusa di
eresia: fu prosciolto e iniziò a dedicarsi alla raccolta e alla catalogazione di PESCI: una forma di
ACCONDISCENDENZA verso il potere ecclesiastico che vedeva di buon occhio attività volte a ricreare
ordine. Questo progetto di raccolta e catalogazione lo impegnò per il resto della vita (museo naturalistico).
18000 diversità di cose naturali oltre a 7000 piante essiccate all’interno di 15 volumi e mirabilia che
comprendevano anche creature mostruose. L’intento prioritario fu di tipo enciclopedico in quanto mirava
alla raccolta ed esposizione di tutti i possibili esemplari del regno vegetale, animale e minerale, con reperti
autentici o ricorrendo a raffigurazioni. Dopo la sua morte nel 1605 le sue collezioni furono lasciate in
eredità al Senato di Bologna. Le collezioni furono collocate nel PALAZZO PUBBLICO e dalla metà del XVIII
sec a PALAZZO POGGI. Nel secolo successivo però le collezioni furono smembrate in più musei.

Tra le WUNDERKAMMER più spettacolari c’è quella dell’ARCIDUCA D’AUSTRIA FERDINANDO nel Castello
di Ambras in Tirolo. FERDINANDO II, già vicerè di Boemia dopo la morte del padre nel 1564 divenne
reggente del Tirolo e dell’Austria anteriore. Successivamente di trasferì ad Ambras dove si dedicò alla
raccolta di pregiate collezioni e alla realizzazione della sua W. ampie porzioni del palazzo furono dedicate
ad ospitare: armature, armi, sculture, una straordinaria galleria (ritratti di imperatori, re, regine, sultani e
infanti). E poi la pregiata collezione di NATURALIA e ARTIFICIALIA . Oltre a minerali, giochi, strumenti
scientifici e musicali, è presente una COPPA D’ORO con il calice costituito dal guscio di una noce di cocco,
una radice di MANDRAGORA con le sembianze del Cristo in croce, animali esotici imbalsamati. Inoltre la W.
presentava anche la FANGSTUHL: una speciale sedia metallica fatta costruire da Ferdinando per
intrappolare i suoi ospiti che avevano alzato troppo il gomito.

ALBERTO V DI BAVIERA inviò emissari in varie parti del mondo con l’incarico di acquistare ogni tipo di
meraviglia, per realizzare la sua W. dedicata ai 3 regni della natura (800 dipinti e 2000 oggetti). Il catalogo
della collezione fu redatto dallo studioso belga SAMUEL VON QUICCHEBERG che lo fece stampare nel 1565
con il titolo di MUSEAUM THEATRUM ed è considerato il PRIMO CATALOGO A STAMPA di un museo. Le
raccolte furono suddivise in 5 classi: oggetti RELIGIOSI, SCULTURE E opere PLASTICHE, STORIA NATURALE,
strumenti MUSICALI e SCIENTIFICI e OPERE D’ARTE.

L’imperatore del SACRO ROMANO IMPERO dal 1576, RODOLFO II trasferì la sede imperiale da Vienna a
Praga. Nel CASTELLO DI HRADCNY creò una delle più ricche collezioni d’arte e meraviglie che poi venne
saccheggiata dagli svedesi durante l’assedio di Praga del 1648. Appassionato di astrologia e di OCCULTO,
ospitava astrologi, maghi, astronomi (KEPLERO) e artisti. La collezione comprendeva: 1000 dipinti, statue,
ceramiche, minerali, piante. Ma gli oggetti più sorprendenti erano presenti nella W.: i dipinti di
ARCIMBOLDO, corni di rinoceronte, mandragore, denti di tigre, artigli di leopardo, mappamondi…

In ITALIA una delle più importanti W. fu quella creata dal nobile erudito milanese MANFREDO SETTALA,
nato nel 1600. Fra le 3000 meraviglie è presente un DIAVOLO MECCANICO capace di terrorizzare i visitatori
producendo rumori e cambiando espressione. Il CATALOGO è stato stampato nel 1664 con il titolo di
MUSEUM SEPTALIANUM. Purtroppo, gran parte della collezione è andata perduta a causa dei saccheggi
napoleonici e dei bombardamenti del 1943.

W.: ponderosa e complicata macchina per comprendere e dominare tutta la realtà.

DALL’ILLUMINISMO A FINE 800: durante quella che viene definita “età della borghesia” (XVIII-XIX), la
forma del museo assume nuove connotazioni. I protagonisti sono ING.-FR. Gli aspetti principali del
cambiamento sono: la specializzazione dei musei e la loro crescente funzione pubblica. Agli inizi del XVII
sec, in un’Inghilterra in sui vi era l’ascesa della borghesia, la società era pronta ad accogliere gli stimoli
proposti da FRANCESCO BACONE. Padre dell’EMPIRISMO INGLESE. Alla LOGICA ARISTOTELICA
contrappone una logica SPERIMENTALE: una nuova scienza capace di generare una tecnica tale da
assicurare all’uomo il dominio sulla natura. Il PARADIGMA BOCONIANO fu alla base della creazione, nel
1660, della prestigiosa ROYAL SOCIETY, l’accademia inglese delle scienze. Questo clima di favore
sperimentale contagiò anche il mondo accademico anglosassone favorendo la nascita, nel 1683,
dell’ASHMOLEAN MUSEUM DI OXFORD, considerato il più antico museo universitario del mondo. Storico,
alchimista e collezionista inglese, ELIAS ASHMOLE ricevette in dono la COLLEZIONE DI JOHN TRADESCANT.
Ashmole donò la sua intera collezione all’università di Oxford. Nella logica boconiana l’interesse degli
accademici per le collezioni botaniche, numismatiche e strane non aveva più nulla a che vedere con
l’aspetto della meraviglia destinata a pochi privilegiati ma era incentrato sullo studio e sulla
sperimentazione. Le collezioni dell’ASHMOLEAN furono poi aperte al pubblico, inserito un prezzo di
ingresso molto contenuto (primo museo universitario e popolare).

L’LLUMINISMO, movimento culturale e filosofico che caratterizzò il 700 (Francia, uso della ragione). L’
esperienza dell’ Ashmolean museum spianò la strada all’idea che il museo possa e debba favorire la
pubblica diffusione del sapere e del progresso scientifico. Lo ZAR PIETRO IL GRANDE aveva delle importanti
collezioni, in gran parte costruite sul modello della Wunderkammer.
A metà del 700 nasce a Londra quello che sarà destinato a diventare uno dei più importanti e noti musei
del mondo: il BRITISH MUSEUM. Convinto promotore dell’iniziativa SIR HANS SLOANE, medico e
naturalista. Questo propose al re GIORGIO II di donare la collezione, con oltre 70000 reperti, con il solo
impegno di riconoscere ai su eredi la somma di 20000 sterline. Nel 1753 la donazione fu accetta e una
legge decretò la nascita del British Museum. La defezione fu affidata a scienziati. Nel 1759 il museo fu
aperto con ingresso gratuito a studiosi, studenti e persone interessate. Sede iniziale del museo fu la
MONTAGU HOUSE e nel 1847 sarà completato l’edificio destinato a diventare la sede definitiva del museo.

Il nuovo corso è segnato dal definitivo ABBANDONO DELLA CULTURA DELLA MERAVIGLIA E DELLA
CURIOSITÀ e dalla progressiva separazione fra ARTE E SCIENZA. Se da un lato gli scienziati cominciarono ad
acquisire competenze più socialistiche, dall’altro iniziò a farsi strada la figura del critico d’arte. Inoltre
furono create sale separate per ospitare reperti botanici, zoologici e mineralogici e anche le grandi
collezioni iniziarono ad essere presentate in un modo più ordinato. Una politica museale di questo tipo
caratterizzò anche gli UFFIZI e il MUSEI VATICANI. La ricerca di un ordine razionale e la pubblica fruizione
per una funzione pedagogica e sociale del museo furono esaltate dalla crescente diffusione dello spirito
illuminista e dalla RIVOLUZIONE FRANCESE. Sotto l’assolutismo di LUIGI XIV importanti collezioni furono
messe a disposizione di un pubblico selezionato di appassionati, critici, studenti e artisti. Nel 1750 LUIGI XV
concesse l’apertura al pubblico di parte delle collezioni ospitate nel PALAIS DU LUXEMBURG (dipinti di
RUBENS, LEONARDO, VERONESE, RAFFAELLO, TIZIANO, VAN DYCK).

Con la Rivoluzione Francese il museo assunse in modo netto l’identità si una NUOVA ISTITUZIONE con una
precisa funzione sociale. Nel 1791 si dispose l’utilizzo del LOUVRE per riunire tutti i MONUMENTI DELLE
SCIENZE E DELLE ARTI. Il Louvre si aprì al pubblico il 10-08-1793 con il nome di MUSEUM CENTRAL DES
ARTS (il primo autentico grande museo popolare della storia). Il vandalismo rivoluzionario portò alla
perdita di molte opere. L’Assemblea istituì, nell’ultimo decennio del 700, altri 2 musei SPECIALIZZATI: il
primo incentrato sulla tecnica, il secondo sulle scienze naturali. Con questi si cercava di educare la Francia
ai valori capaci di ricostruire l’egemonia del passato e a favorire lo sviluppo del pensiero scientifico.

Napoleone saccheggiò molte opere e portò i suoi bottini di guerra a PARIGI (opere di TIZIANO, RAFFAELLO,
TINTORETTO, VERONESE, MANTEGNA, STATUE, PITTURA FIAMMINGA). Queste consentirono al futuro
imperatore di creare, nel 1803 al Louvre, il MUSEE NEPOLEON (strumento di celebrazione). Il metodo
espositivo era basato su ordine cronologico, educazione e classificazione in modo da acquisire le
conoscenze in modo immediato.

Il XIX sec è considerato l’ETÀ D’ORO DEL MUSEO. Nel 1819 re FERDINANDO VII dispose l’apertura, a
Madrid, del MUSEO DI PRADO; nel 1824 fu la volta della NATIONAL GALLERY di Londra e successivamente
vennero aperti musei in tutto il mondo.

Anche la seconda metà dell’800 vide la nascita di molti musei. Sorsero diversi musei di arti decorative, nati
per finalità utilitaristiche dell’industria, mentre i musei d’arte si organizzavano in modo da essere utili ad
artisti, studenti e studiosi. L’INGHILTERRA aveva già conosciuto la RIVOLUZIONE INDUSTRIALE e nel 1851
inaugurò a Londra la prima grande esposizione universale della storia. L’esposizione si tenne nel CRYSTAL
PALACE. All’evento aderirono 28 paesi (oggetti esposti: materie prime, macchinario, invenzioni
meccaniche, manufatti…). L’obiettivo era quello di METTERE L’ARTE A SERIVIZIO DELL’INDUSTRIA,
fornendo fonti di ispirazione per migliorare l’aspetto estetico di macchinari ed educare alla nascita di una
nuova figura: il DESIGNER.
La grande novità della seconda metà dell’800 fu la nascita di importanti MUSEI AMERICANI. Il primo fu lo
SMITHSONIAN INSTITUTION, oggi il più grande complesso museale e di ricerca del modo con i suoi 19
musei e gallerie, 9 centri di ricerca, uno zoo, biblioteche, una casa editrice, quasi 150 affiliazioni, acquari e
università. Nel 1870 fu fondato a New York il METROPOLITAN MUSEUM OF ART da un gruppo di cittadini
americani con l’obbiettivo di EDUCARE GLI AMERICANI ALL’ARTE.

L’inizio del 900 è segnato dalle dure critiche che gli artisti delle avanguardie storiche rivolgono ai musei.
Fin dal XVII sec a Parigi aveva luogo presso il Louvre il Salon, grande esposizione periodica di artisti
contemporanei con favore del sovrano. Il Salon contribuì a rendere popolare l’arte e a educare il pubblico
ma al tempo stesso definì CANONI ACCADEMICI RIGIDI che lasciavano ben poco spazio alla libera inventiva
degli artisti. Nell’esposizione del 1863 furono esclusi molti artisti: Manet, Picasso, Cézanne, Whistler…Nel
1874 gli impressionisti francesi organizzarono un’esposizione privata, in aperta polemica con il Salon e nel
1884 fu fondato il SALON DES INDEPENDANTS, esposizione annuale aperta a nuove sperimentazioni. Le
AVANGUARDIE rivendicavano la necessità di un radicale rinnovamento dei mezzi espositivi mediante lo
sperimentalismo.

Nel 1917 il dadaista MARCEL DUCHAMP espose in incognito negli STATI UNITI il suo celebre READY-MADE
FONTANA (un orinatoio da uomo) aprendo le porte all’ARTE CONCETTUALE. Successivamente PIERRE-
ANDRE FARCY, artista, dichiarò l’intenzione di procedere esattamente facendo l’opposto dei suoi
predecessori. Questo era il capo del museo di GRENOBLE che divenne il primo museo di arte
contemporanea.

Nella PRIMA METÀ DEL 900 ci furono dittature e 2 guerre mondiali: il museo diventa un oggetto al servizio
del potere.

Nel 1917, in RUSSIA, abbiamo il passaggio delle proprietà di tutti i musei allo stato. In Russia e poi in Urss il
museo diventò strumento di EDUCAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE delle masse a una nuova visione del
mondo basata su MATERIALISMO STORICO, LOTTA DI CLASSE, DITTATURA DEL PROLETARIATO. Grandi
sforzi furono compiuti per rendere comprensibili i musei a una popolazione a bassa scolarizzazione (guide,
docenti e studiosi).

In GERMANIA si configurarono i “musei delle piccole patrie locali”: istituzioni finalizzate a promuovere
l’identità locale. Inoltre, sono un veicolo di progressiva affermazione della subcultura xenofoba e razzista.
Il FUHRER, infatti, coltivava il sogno di realizzare il più importante museo d’arte d’EUROPA nella cittadina
austriaca di LINZ. Nel 1938 con l’annessione dell’AUSTRIA il sogno poteva diventare realtà. Le migliaia di
opere raccolte furono frutto di RAZZIE operate fino al 1945 in particolare ai danni di ebrei, in Italia, Francia,
Belgio, Olanda, Polonia e Cecoslovacchia. Il museo non vide mai la luce e durante la capitolazione del
regime le collezioni furono nascoste e parzialmente recuperate dagli Alleati.

Negli STATI UNITI, negli anni 50 e 60 la scena museale tornò ad essere dinamica mentre in molti paesi
europei i musei vissero una stagione poco entusiasmante a causa delle risorse finanziarie limitate e al
basso numero di visitatori. Nel 1946 per iniziativa di CHAUNCEY J. HAMLIN, presidente dell’Aam, fu creato
l’INTERNATIONAL COUNCIL OF MUSEUMS, organizzazione non governativa associata all’Unesco. Il primo
direttore dell’ICOM fi GEORGES-HENRI RIVIERE, grande studioso francese e portatore di una concezione
innovativa della museologia che diede origine al movimento NOUVELLE MUSEOLOGIE (abbattere la
distanza fra il pubblico e il contenuto del museo). Nella nuova concezione il museo diventa luogo di uso
collettivo ma anche motore di partecipazione e trasformazione sociale.
Già nel 1972 in occasione della conferenza dell’Icom di Santiago del Cile erano state ridefinite NATURA E
FUNZIONE DEL MUSEO, visto come un luogo di SERVIZIO DELL’UOMO e nel quale il visitatore doveva poter
GIOCARE UN RUOLO ATTIVO. Il museo non deve necessariamente essere contenuto all’interno di edifici o
spazi fisici canonici né doveva occuparsi solo di beni artistici o di pregio. Il patrimonio culturale doveva
comprendere la CULTURA MATERIALE e gli ELEMENTI IMMATERIALI.

A partire dagli anni 60 in Europa i musei diventano “di moda”: si moltiplicano, si specializzano e attraggono
un crescente numero di visitatori. Il PUNTO DI SVOLTA è rappresentato dall’APERTURA AL PUBBLICO, nel
gennaio del 1977, del rivoluzionario CENTRE POMPIDOU, edificio avveniristico e tecnologico progettato da
RENZO PIANO con RICHARD ROGERS che si propone come importante museo d’arte moderna e
contemporanea e al tempo stesso centro culturale nel quale trovano spazio arte, biblioteche, design,
cinema e musica.

TERZO CAPITOLO

I musei sono diversi tra di loro: modalità ESPOSITIVE, la NATURA GIURIDICA, il POSIZIONAMENTO nel
MERCATO CULTURALE sono appannaggio dei soliti esperti; altre, più visibili, cadono sotto l’esperienza di
chiunque: tipo di REPERTI e per DIMENSIONE.

REPERTI: subito dopo l’esposizione universale di Philadelphia del 1876 furono creati negli Stati Uniti quattro
nuovi musei ma bastavano 2 CATEGORIE per classificarli: 3 erano d’arte e uno di storia naturale. Nel 2000,
l’Aam doveva utilizzare 13 categorie per classificare i musei. Gli Stati Uniti sono il paese che ad oggi ha più
musei (17500).

Nel XIX sec la progressiva specializzazione nel campo della ricerca è stato un fattore importante ma né il
numero né la varietà dei musei è ancora esploso. Per lungo tempo, fino alla metà del 900, i musei hanno
raccolto opere ESTRAENDOLE DAL CONTESTO ORIGINARIO e reinterpretandole altrove. Alla base di questo
comportamento c’è la convinzione che i musei fossero delle “enciclopedie della cultura” in grado di parlare
un linguaggio universale. I musei tendevano ad essere simili tra di loro e in concorrenza. La SECONDA
GUERRA MONDIALE può essere vista come un momento di rottura. Nei paesi sviluppati e ricchi la
disponibilità di capitali consente la creazione di nuove collezioni in grado di rafforzare la propria identità
nazionale. In questo momento emerge la necessità del museo di non essere solo una vetrina di opere, ma
di giocare un ruolo più incisivo nella vita culturale della società di appartenenza, di dare un contributo
attivo alla TRASFORMAZIONE DEL MONDO. I musei scoprirono l’importanza del CONTESTO che ha
generato i reperti e il ruolo giocato dalle CULTURE LOCALI. In tal modo essi si differenziavano
progressivamente tra loro. Ne deriva così una maggiore tendenza alla specializzazione che riduce la
concorrenza.

Durante la RIVOLUZIONE FRANCESE vengono promulgati i primi provvedimenti di SALVAGUARDIA DI


MONUMENTI e PALAZZI STORICI. Nella seconda metà dell’800 si è realizzata l’inclusione degli oggetti
popolari nella categoria dei reperti della museografia “alta”. Questo approccio, che rifletteva il timore che
la galoppante industrializzazione e modernizzazione cancellasse le tracce del passato, ha abbandonato la
ricerca del “curioso” per includere anche il “quotidiano”. L’attenzione si è allargata ad altre testimonianze
materiali: elementi architettonici, ghiacciaie, mulini, forni industriali. Nella seconda metà del XIX fenomeni
sociali come la MODA o la MARGINALITÀ SOCIALE irrompono sulla scena dell’artista, il quale ripensa la
funzione dell’arte stessa conferendole una componente concettuale e sociale.
Si incomincia a parlare di SITI CULTURALI, cui viene riconosciuto valore anche per il territorio che
rappresentano e non solo per l’oggetto che accolgono. Poi è seguita la considerazione di ELEMENTI
IMMATERIALI (poesie, storie, canzoni…).

Le trasformazioni del 900 portano alla nascita di una CULTURA più attenta alle diversità locali e meno
universalistica, non più focalizzata sulla sacralità dell’oggetto materiale ma più concettuale e interessata
alle relazioni fra oggetti. I musei sono diventati di IDEE più che musei di oggetti.

DIMENSIONI: è controverso quale sia il parametro più opportuno per misurare la dimensione (superficie,
numero di reperti, numero di visitatori). Tuttavia uno dei più estesi al mondo è l’ERMITAGE DI SAN
PIETROBURGO. Il museo con maggior numero di reperti è lo SMITHSONIAN DA WASHINGTON. Tuttavia la
maggioranza dei musei sono PICCOLI, situati in PERIFERIA, gestiti spesso da VOLONTARI. Per la maggior
parte sono nati negli anni 70 come risposta locale alla CRISI DEI TRADIZIONALI MODELLI DI SVILUPPO
INDUSTRIALE. Erano molto spesso MUSEI CONTADINI con l’intento di ripercorrere le radici locali. Questo
risveglio culturale è stato ignorato dalla cultura alta: le collezioni irrise perché ripetitive o non
adeguatamente catalogate, le strutture criticate perché non idonee. Di fatto quelle collezioni sono definite
dall’Istat MUSEI INVISIBILI. I musei non possono essere tutti grandi e forse nemmeno medi. Se misuriamo le
loro dimensioni tramite il numero di VISITE possiamo notare l’emergere di uno schema che possiamo
definire NATURALE.

Anni fa su “POPULAR SCIENCE MONTHLY” il presidente della MUSEUM ASSOCIATION rileva il diverso stile
di comunicazione dei musei americani ed europei. Più aperti al pubblico, i primi adoperano le collezioni
come strumento di dialogo; sono più versatili. Più rigidi sono quelli europei (ad es. negli orari di apertura).

ESPOSIZIONI: principale mezzo di comunicazione del museo e di contatto con il pubblico. I reperti
permettono al museo di proiettare all’esterno il proprio messaggio.

MESSAGGIO: è la ragione di esistenza del museo. Non è immutabile e può modificarsi nel corso del tempo.
I reperti sono un po’ come le sue parole. Lo SCHEMA con cui il museo le organizza è la parte più intrigante
della sua comunicazione. Il RECEPIMENTO del messaggio dipende dall’efficacia con la quale il museo riesce
a comunicare con il suo visitatore. La TRASMISSIONE del messaggio avviene attraverso schemi riconoscibili.
Costruire il contesto narrativo in cui collocare il messaggio è un’operazione delicata. Le GUIDE A
CARATTERE SPECIFICO (persone, libri, didascalie, audioguide) possono aiutare.

Il museo non si limita ad esporre e spiegare la natura degli oggetti, ma li usa per costruire un DISCORSO che
ha una NATURA SCIENTIFICA e SPETTACOLARE. UN’ ESPOSIZIONE è più efficace se offre diversi percorsi di
visita, da un livello più generale a uno più specializzato. Se un museo trascura l’INTERPRETAZIONE le
esposizioni diventano piatte e per capirle sono necessari altri ausili: accompagnatori, guide, pannelli
informativi, audioguide. Solo apparentemente questo rende la comunicazione più ricca. In realtà la rende
meno immediata.

Le MOSTRE TEMPORANEE richiamano spesso l’interesse del pubblico. Hanno elevati costi economici. Sono
utili come completamento a quelle permanenti, non lo sono però se pretendono di sostituirle nella
comunicazione con il pubblico.

Per molti anni i musei hanno allestito le loro collezioni ricalcando gli stessi schemi utilizzati nella ricerca
scientifica propria della disciplina di riferimento. Poiché la ricerca segue il percorso logico “OSSERVAZIONE-
IPOTESI-DIMOSTRAZIONE” si hanno esposizione che partono da aspetti concettuali ed astratti, mentre
partire da aspetti concreti rende più intelligibile il discorso.
Molti MUSEI D’ARTE considerano ogni opera come un ELEMENTO ISOLATO DAL CONTESTO; ne derivano
MUSEI ESTETICI, belli da vedere ma poco efficaci sul piano educativo.

La messa in scena spettacolare dei reperti è un elemento cruciale per un’efficace comunicazione.
Organizzare un PERCORSO di visita secondo un ORDINE CRONOLOGICO può suggerire in modo nascosto
l’dea che il processo di evoluzione illustrato fosse destinato ad arrivare proprio ai risultati nell’ultima sala
del museo. L’ESPOSIZIONE EFFICACE richiede la costruzione di un percorso espositivo che non è solo un
percorso fisico ma anche concettuale.

RUOLI PER IL MUSEO: EDUCATORE, CENTRO CULTURALE, LABORATORIO, SITO, MUSA; più di recente:
STRUMENTO SOCIALE, ARENA, IMPRESA, TEMPIO, FORUM, ATTORE, strumento di SVILUPPO
ECONOMICO…

MODELLI MUSEALI: sono definiti come tali proprio dal comportamento del pubblico e in particolare dalla
frequenza delle visite (fidelizzazione dei frequentatori abituali.

Abbiamo musei con POCHI VISITATORI o con MOLTI VISITATORI e MUSEI LOCALI o EXTRALOCALI.

Il museo può FIDELIZZARE i visitatori abituali, invogliandoli a ripetere l’esperienza, mediante eventi di
richiamo, iniziative culturali. Tali eventi agiscono prevalentemente sul pubblico metropolitano. La
SODDISFAZIONE associata alla visita è un fattore cruciale. Quando invece a sostenere la domanda sono
molti visitatori che effettuano una o poche visite ciascuno, è soprattutto il PATRIMONIO del museo a
fungere da attrattore. Anche in assenza di ripetute proposte culturali, determinati musei vengono
frequentati perché inclusi nelle visite delle città effettuate (visitatori meno locali). I musei con molti
visitatori devono avere a disposizione un bacino geografico molto vasto (aumenta l’eterogeneità delle
persone cui il museo si rivolge e di conseguenza bisogna comunicare con un codice comprensibile
universalmente). Esiste anche una categoria di musei troppo POCO VISIBILI e ATTRATIVI per poter
richiamare molti visitatori e allo stesso tempo non in grado si fidelizzare la propria modesta audience.

Perché soggetti privati decidono di creare o gestire un museo? Nel caso dei musei diocesani l’ipotesi
economica è da escludersi dato che si parla, per la maggior parte, di piccole collezioni. Questi musei
operano “al servizio della missione della Chiesa” e comunicando “il sacro, il bello, l’antico, il nuovo”
intendono “favorire un nuovo umanesimo”.

MUSEI D’IMPRESA: in Italia sono circa 80. A questi si aggiungono una ventina di collezioni e altrettanti
musei distrettuali (legati a produzioni specifiche di un territorio ma non facenti capo a una particolare
impresa). La motivazione dell’esistenza dei musei d’impresa sono variegate: conservare una collezione o un
archivio aziendale, un edificio storico, aumentare la visibilità dell’impresa.

MUSEI DI FONDAZIONE: un’altra tipologia di proprietà privata. Il campo è molto vario e spazia da
fondazioni bancarie a iniziative legate al nome di singoli artisti di grande fama.

È la proprietà del museo che ne determina la missione e sceglie i reperti e la loro interpretazione, quindi la
visione che il museo dovrà offrire alla società. La parola museo è in grado di suscitare immediatamente
associazioni di idee in persone molto diverse tra di loro per età e formazione scolastica o cultura nazionale.
Tutti si baseranno su un’immagine mentale simile: il museo come IMMOBILE CONTENITORE DI REPERTI
PREZIOSI. La conservazione dei reperti è una delle funzioni di base di ogni museo, tuttavia la varietà
presente nel mondo, presenta i musei come una realtà complessa.
Il museo è un’affascinante e complessa “macchina culturale” che esiste da 500 anni. È capace di soddisfare
molteplici bisogni e ambizioni, di assumere differenti forme. Una macchina creata e modificata da uomini e
donne, al servizio di un numero più o meno grande di persone e con finalità sempre legate al
soddisfacimento di umani interessi e necessità.

MUSEOLOGIA: scienza sociale che studia il museo cercando di capire cosa sia, a cosa serva, come debba
funzionare e rapportarsi con i visitatori, quali risultati possa produrre.

MUSEOGRAFIA: disciplina che si occupa di progettazione e realizzazione di edifici, spazi museali,


allestimenti e percorsi museali.

MUSEOTECNICA: insieme delle conoscenze e delle pratiche che consentono di realizzare operativamente le
soluzioni espositive del museo.

A partire dagli anni 80 e inizialmente soprattutto nel mondo anglosassone hanno cominciato a diffondersi
corsi universitari di museologia e museografia. Entrambe le discipline sono indispensabili per la vita del
museo contemporaneo. Il MUSEOLOGO può essere accademico puro ma molto spesso è il “responsabile
scientifico, che conosce la natura e le vocazioni delle raccolte, i principi e i metodi della loro valorizzazione,
che possiede la capacità di elaborare la filosofia del proprio museo e i suoi programmi e che deve curare
l’attuazione dei progetti connessi”. Spesso è il direttore del museo; mentre il MUSEOGRAFO è un architetto
specializzato. I 2 lavorano in stretta collaborazione. In realtà, i processi decisionali spesso coinvolgono in
misura marginale il museologo dando spazio all’architetto, soprattutto nei grandi musei di nuova
costruzione nei quali il contenitore assume un’importanza maggiore del contenuto.

Il museo è normalmente costituito da un edificio all’interno del quale si trovano le collezioni (anche nel
caso delle collezioni immateriali). Dal punto di vista ARCHITETTONICO abbiamo la suddivisione tra MUSEI
MODERNI e CONTEMPORANEI: i primi sono nati tra la seconda metà del 700 e gli anni 70 del 900; i musei
contemporanei vanno dal CENTRE POMPIDOU (1977) ad oggi. Nel 700 i primi grandi musei nazionali furono
il BRITISH MUSEUM e il LOUVRE. In entrambi i casi si tratto di “musei come MONUMENTI EDILIZI
RICONVERTITI”: palazzi già esistenti e precedentemente adoperati per altri usi. Vennero realizzati anche
edifici nuovi, in epoca di reazione all’irregolarità del tardo barocco e di affermazione di un nuovo
movimento che si richiamava ai valori della classicità greca e romana: il NEOCLASSICISMO, che individua
nell’imitazione dell’antichità la via per ritrovare la purezza della natura e condurre alla bellezza ideale.
L’estetica del neoclassicismo era già stata promossa negli scritti di WINCKELMANN e dal suo successore
GIOVANNI BATTISTA VISCONTI. Se ROMA e PARIGI sono state le capitali del neoclassicismo, sul versante
museografico quello neoclassico si impose come stile ispiratore della gran parte dei musei dell’800. Inoltre,
in questo periodo, inizia a farsi strada una diversa concezione dello spazio museale, maggiormente attenta
alla funzionalità pedagogica del museo e alla fruizione da parte dei visitatori. I grandi cambiamenti nel
senso della modernità arrivarono con il DEFINITIVO ABBANDONO DELLO STORICISMO E DEI SUOI
RICHIAMI ALLA CLASSICITÀ dove abbiamo una maggiore attenzione verso la funzionalità che verso
l’estetica.

Non c’è il rischio che un contenitore che a suo modo è già un opera d’arte distolga l’attenzione dalla
mostra? In realtà esistono da tempo molti contenitori di grande prestigio. Le situazioni andrebbero
considerate caso per caso e comunque non è dimostrato che per valorizzare opere di qualità sia
indispensabile un white cube, un contenitore neutro. Diverso invece è il caso di contenitori speciali con
contenuti inesistenti, quelli che vengono definiti MUSEI DI SE STESSI.
I MUSEI MODERNI abbandono i rigidi schemi di quelli neoclassici permettendo una maggiore flessibilità
nell’allestimento delle mostre. Si cerca di valorizzare le SINGOLE OPERE. Tutto ciò apre la strada ai musei
CONTEMPORANEI. Se i musei moderni mantennero sempre grande attenzione alla funzionalità, a partire
dagli anni 60 in architettura si cominciò a parlare di POSTMODERNO: mette in primo piano l’importanza
della dimensione estetica proposta nella forma frammentata della commistione di stili.

Sul piano museografico la nascita del museo contemporaneo si può far coincidere con l’APERTURA NEL
1977 DEL CENTRE POMPIDOU ad opera degli architetti RENZO PIANO e RICHARD ROGERS. La realizzazione
nasce nell’ambito di riqualificazione urbana voluta dal presidente francese GEORGES POMPIDOU, il quale
voleva creare un centro culturale molto dinamico. Le straordinarie ricadute mediatiche diedero notorietà
nazionale anche agli architetti: in particolare RENZO PIANO divenne un ARCHISTAR. Inoltre la nascita del
Pompidou diete il via alla creazione di una grande quantità di nuovi musei. Dagli anni 80 oltre a Piano tra gli
archistar più importanti abbiamo ALDO ROSSI, JOSEF PAUL KLEIHUES, GIORGIO GRASSI. Inoltre, negli anni
90 convivevano diversi STILI ARCHITETTONICI (high tech, postmoderno, storicismo) mentre si facevano
strada il DECOSTRUTTIVISMO e il MINIMALISMO. L’ARCHITETTURA MINIMALISTA vorrebbe ridurre il
coinvolgimento emozionale dell’osservatore, mediante FORME GEOMETRICHE SEMPLICI e NATURALI:
dunque teoricamente in grado di far risaltare il contenuto più che il contenitore. In realtà molto spesso non
accade.

Il MUSEO SUPERSTAR disegnato dall’ARCHISTAR nasce molto spesso sulla base di committenze che
lasciano al museografo ampi gradi di libertà, mentre direttori e curatori si trovano spesso in condizioni di
inferiorità.

I MUSEI SOSTENIBILI: musei “verdi”. Tra i progetti più interessanti la nuova sede della CALIFORNIA
ACADEMY OF SCIENCE di RENZO PIANO a San Francisco che ospita anche un museo di storia naturale, un
planetario, un acquario e si vanta di essere il museo più ecologico al mondo. È rivestito da un tappeto
d’erba con piante e fiori. Le colline che si vengono a formare garantiscono isolamento termico e sono
presenti 50mila cellule fotovoltaiche che garantiscono autonomia di riscaldamento e illuminazione ed è
attivo un sistema di recupero delle acque pluviali.

LA MUSEOTECNICA: in un tempo non così lontano nelle sale dei musei il massimo della tecnologia era
rappresentato da teche con vetri antisfondamento e impianto di illuminazione interno. Oggi la
museotecnica è in grado di offrire soluzioni straordinarie: nella maggior parte dei casi è necessario studiare
soluzioni ad hoc. Un esempio può essere quello della GIOCONDA che è stata per molti anni protetta da uno
spesso vetro anti-proiettili. In realtà l’eccezionale affollamento nei mesi caldi, generava livelli di umidità
molto elevati e i flash facevano danni all’opera. Quindi si è pensato a una vetrina ingegnerizzata di grandi
dimensioni realizzata in acciaio di alto spessore e una blindatura posteriore in acciaio ad alta resistenza, una
lastra antiriflesso di grande trasparenza.

IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE: Nei musei privati e nelle fondazioni al di sopra dello staff è presente
un consiglio di amministrazione dove la forma giuridica privata è di gran lunga prevalente. I suoi compiti
principali sono di INDIRIZZO, GESTIONE, CONTROLLO e vanno normalmente dal DEFINIRE LE LINEE e le
SCELTE STRATEGICHE al nominare il DIRETTORE, approvare il BILANCIO, verificare la CORRETTEZZA della
CONDUZIONE CULTURALE, ECONOMICE e AMMINISTRATIVA del museo e FAVORIRE DONAZIONI. Questi
consigli possono essere presenti anche nei musei pubblici. In molti musei è presente anche un COMITATO
SCENTIFICO, che esprime pareri non vincolanti ma tenuti fortemente in considerazione.
IL DIRETTORE: un buon direttore deve avere un’adeguata competenza specialistica unita a passione e
capacità di rapportarsi al monto esterno. Secondo l’ICOM un buon direttore deve esercitare una TRIPLICE
FUNZIONE DI ORIENTAMENTO E CONTROLLO: SCIENTIFICA, CULTURALE e MANAGERIALE. Ciò richiede una
formazione specialistica adeguata, esperienza di studio e ricerca, competenze gestionali e amministrative,
di comunicazione e marketing; oltre a molta passione, carisma e sensibilità. I COMPENSI non sempre sono
legati alla dimensione, notorietà e complessità del museo.

Direttore e consiglio di amministrazione dovrebbero verificare e garantire il COSTANTE RISPETTO


DELL’ETICA MUSEALE che l’ICOM sintetizza in questi punti:

1. I musei assicurano la CONSERVAZIONE, L’INTERPRETAZIONE e la VALORIZZAZIONE del patrimonio


naturale e culturale dell’umanità;
2. I musei custodiscono le loro COLLEZIONI a beneficio della società e del suo sviluppo;
3. I musei custodiscono TESTIMONIANZE PRIMARIE per creare e sviluppare la conoscenza;
4. I musei contribuiscono alla VALORIZZAZIONE, CONOSCENZA, GESTIONE del patrimonio naturale e
culturale;
5. Le RISORSE presenti nei musei forniscono opportunità ad altri istituti e servizi pubblici;
6. I musei operano in STRETTA COLLABORAZIONE con le COMUNITÀ da cui provengono le collezioni e
con le comunità di riferimento;
7. I musei operano nella LEGALITÀ;
8. I musei operano in MODO PROFESSIONALE.

LO STAFF DEL MUSEO: l’ICOM identifica le principali figure professionali:

1. CONSERVATORE: sua la responsabilità delle collezioni. Deve conservarle, incrementarle, studiarle,


valorizzarle e amministrare il budget e il personale alle sue dipendenze;
2. CATALOGATORE: si occupa dell’inventario e del catalogo;
3. REGISTRAR: sotto la direzione del conservatore e si occupa di movimentazione delle opere e dei
reperti;
4. RESTAURATORE: si occupa della manutenzione, conservazione preventiva e restauro;
5. ASSISTENTE TECNICO ADDETTO ALLE COLLEZIONI: sotto la direzione del conservatore o del
restauratore e si occupa dell’etichettatura e della collocazione dei reperti e delle documentazione
anche fotografica;
6. RESPONSABILE DEL CENTRO DI DOCUMENTAZIONE: in collaborazione con il curatore e il
responsabile della mediateca amministra fototeca e archivi, realizza ricerche documentarie e
riordina e aggiorna strumenti di catalogazione ed elaborazione dei dati informativi;
7. CURATORE: in accordo con la direzione ha la responsabilità di progettare e realizzare mostre
temporanee;
8. PROGETTISTA DI ALLESTIMENTI: si occupa della realizzazione degli allestimenti;
9. RESPONSABILE DELLA MEDIAZIONE E DEI SERVIZI EDUCATIVI: realizza programmi, interventi,
studi, ricerche finalizzati a mettere in relazione in modo ottimale le collezioni con il pubblico;
10. MEDIATORE, EDUCATORE: mette in atto le attività educative per i diversi tipi di pubblico;
11. RESPONSABILE DELL’ACCOGLIENZA E DELLA CUSTODIA: si occupa dell’accoglienza e del confort dei
visitatori e della sicurezza di quest’ultimi e delle opere o reperti esposti. Definisce, con il direttore,
le modalità di prima informazione e orientamento dei pubblici. Si occupa della sorveglianza del
museo, coordina biglietteria e aree di vendita;
12. OPERATORE DEI SERVIZI DI ACCOGLIENZA E CUSTODIA: si occupa dell’accoglienza e
dell’orientamento dei visitatori e della sorveglianza degli spazi. Sollecita interventi di
manutenzione, controlla gli accessi, verifica che i visitatori rispettino le regole, risponde alle
domande dei visitatori;
13. RESPONSABILE DELLA BIBLIOTECA/MEDIATECA: si occupa di tutte le pubblicazioni riguardanti il
museo;
14. RESPONSABILE DEL SITO WEB: realizza e aggiorna il sito anche creando mostre virtuali;
15. RESPONSABILE AMMINISTRATIVO E FINANZIARIO: si occupa della gestione amministrativa e
finanziaria delle risorse umane;
16. RESPONSABILE DELLA LOGISTICA E DELLA SICUREZZA: cura che le normative vigenti in materia di
igiene, sicurezza e salute sia osservata, realizza le azioni necessarie a garantire la sicurezza dei
visitatori, delle collezioni e dell’edificio;
17. RESPONSABILE DEI SERVIZI INFORMATICI: progetta e gestisce rete, sistemi multimediali e
programmi informatici;
18. RESPONSABILE MARKETING, PROMOZIONE E “FUND RAISING”: sviluppa strategie finalizzate a
favorire la promozione, la visibilità, lo sviluppo del museo, l’incremento nel numero dei visitatori e
la loro fidelizzazione;
19. RESPONSABILE DELL’UFFICIO STAMPA: realizza comunicazione culturale, utilizzando tutti i media
per dare massima visibilità al museo e alle sue attività.

Non tutti i musei possono permettersi così tante figure professionali. Al contrario, nei grandi musei ne
possono essere molte di più (collaboratori e curatori esterni). Inoltre è necessario che il direttore convochi
periodicamente incontri con tutti i responsabili.

GLI AMICI DEL MUSEO: persone che in diversi modi lo sostengono. Persone che decidono gli aiutare la
nascita del museo promuovendolo e finanziandolo. Volontari. Persone che pagano una quota associativa.
La loro esistenza, in particolare nei piccoli musei, è essenziale per la sopravvivenza del museo stesso.

MARKETING: insieme di strategie e tecniche proposte e messe a punto a patire dagli anni 60 con l’intento
di aiutare imprese private e sfruttare al meglio le opportunità offerte dal mercato, stimolando i clienti a
comprare e facendo così aumentare i l fatturato. L’idea che il marketing potesse allargare il suo spettro di
azione anche in nuovi ambiti meno orientati al profitto fu avanzata da KOTLER sul finire degli anni 60. Le
tecniche di marketing si prestavano a essere usate anche per scopi non aziendali: per facilitare i rapporti tra
polizia e comunità, rendere più attraente la scuola, attirare visitatori facendo percepire i musei come luoghi
vivi e stimolanti. La sollecitazione del guro del marketing fu inizialmente ignorata dai direttori dei musei che
cominciarono a fare ricorso alle tecniche di marketing solo perché spinti dalla necessità e su sollecitazione
degli stakeholders. Nel 1983 l’ICOM istituì il suo INTERNAZIONAL COMMITEE FOR MARKETING & PUBLIC
RELATIONS. Diversi studiosi si applicarono fino a fornire definizioni di marketing specifiche per il museo. Tra
le più convincenti abbiamo quella di PETER LEWIS: il processo manageriale che permette a un museo o a
una galleria di perseguire la sua missione ed è responsabile della efficiente identificazione, previsione e
soddisfazione dei suoi utilizzatori. Il modello teorico di KOTLER era basato sul MARKETING MIX, nel quale le
variabili fondamentali da combinarsi in modo ottimale per ottenere i migliori risultati erano: PRODOTTO,
PREZZO, PUNTO VENDITA, PROMOZIONE (4P). negli anni il focus si spostò sui clienti e nel 2005 al modello
delle 4P sostenne di preferire quello delle 4C: CUSTOMER VALUE, CUSTOMER COST, CUSTOMER
CONVENIENCE, CUSTOMER COMMUNICATION. Il marketing museale non parla di cliente ma di visitatore o
utilizzatore: il pubblico del museo.
IL PUBBLICO: inizialmente il museo era destinato a una élite di esperti, studiosi o studenti.

Innanzitutto possiamo distinguere il PUBBLICO EFFETTIVO e quello POTENZIALE. In secondo luogo


possiamo considerare che i visitatori NON SONO UN PUBBLICO OMOGENEO (punto di vista anagrafico,
condizione sociale, scolarizzazione, nazionalità). Il successo di un museo si esprime attraverso il numero
totale di visitatori. È molto importante conoscere le caratteristiche dei visitatori, le loro necessità e il loro
gradimento dell’esperienza (libro dei commenti; cassette per i suggerimenti; exit survey: questionario
veloce).

Le RICERCHE DI MARKETING commissionate a specialisti esterni possono essere molto costose. I metodi
adottati possono essere di tipo QUANTITATIVO o di TIPO QUALITATIVO. Dato che il marketing museale
non si pone come unico fine quello di fidelizzare i visitatori attuali ma anche di catturarne di nuovi, alcune
ricerche hanno volto la loro attenzione ai “non visitatori” cercando di indagare le ragioni per cui le persone
non vanno al museo.

1. LA COMUNICAZIONE INTERNA: si svolge “dentro le mura” tra il museo e i suoi visitatori.

Entrambe si avvalgono di nuove tecnologie, mentre soprattutto quella esterna trova nei SOCIAL MEDIA un
forte alleato. Una buona comunicazione con il visitatore richiede la capacità da parte del museo di parlare
diversi linguaggi. È presente in alcuni musei la figura dell’EDUCATORE-ANIMATORE MUSEALE che è in
grado di interagire con il gruppo. Per i visitatori non in gruppo c’è la possibilità di utilizzare l’AUDIOGUIDA
(nel caso di quelle per bambini la voce narrante è un bambino).

Quanto devono essere dettagliate le informazioni? Ciò dipende dai tipi di pubblici e dal tipo di visita. Ogni
visitatore è un caso a sé. In realtà una comunicazione personalizzata è molto difficile da realizzare. Per
questo motivo vengono utilizzate nuove tecnologie. Un altro aspetto della comunicazione è quello tra ciò
che è ESPOSTO e il VISITATORE. Il marketing museale può fornire informazioni al direttore e ai curatori utili
per allestire percorsi e modelli espositivi che facilitano la comunicazione. Dobbiamo considerare che NON
ESISTE L’ESPOSIZIONE PERFETTA, perché non tutti i visitatori hanno le stesse modalità di fruizione.

Esistono 4 TIPI DI VISITATORE:

 FORMICA: preferisce percorsi predefiniti e tende a soffermarsi sulla quasi totalità degli oggetti
esposti dedicando molto tempo alla visita;
 PESCE: predilige una visione di insieme, partendo dal centro della sala es eseguendo rapidi
spostamenti, osservando la maggior parte degli oggetti in un breve tempo;
 CAVALLETTA: effettua una visita complessiva piuttosto breve ma seleziona gli oggetti si quali
prestare attenzione, avendo conoscenze piuttosto precise;
 FARFALLA: la visita, di discreta durata, è “oscillante”, con spostamenti frequenti.

È importante utilizzare ALLESTIMENTI in grado di garantire diversi gradi di apprendimento. PANNELLI


ESPOSITIVI esteticamente raffinati ma di difficile lettura possono pregiudicare la comunicazione. Lo stesso
vale per la segnaletica.

Un tempo le SCOLARESCHE erano obbligate a seguire percorsi obbligatori e lezioni impartite dagli stessi
insegnanti o dal personale del museo. Successivamente questo modello inizia ad entrare in crisi. A fine anni
70 fu proposto l’EDUTAINMENT, BLEND di “EDUCATIONAL ENTERTAINMENT”: istruire ma allo stesso
tempo intrattenere (playful learning: apprendimento divertente).
2. LA COMUNICAZIONE ESTERNA: si svolge fuori dal museo (quartiere, città, regione).

Alcuni musei hanno un bacino di udienza nazionale o internazionale. Un grande museo internazionale
dovrebbe essere in grado di comunicare con l’intera comunità di riferimento. Per il marketing museale la
comunicazione esterna SERVE A MANTENERE I LEGAMI CON LA COMUNITÀ LOCALE E I PUBBLICI
ESISTENTI, informandoli sulle attività in corso e future, ma anche a rafforzare l’immagine e la reputazione
del museo e a conquistare nuovi pubblici. In molti casi, la comunicazione esterna, si serve principalmente
dei MEDIA TRADIZIONALI. Per realizzare le proprie CAMPAGNE i grandi musei ricorrono ad AZIENDE
PUBBLICITARIE e di COMUNICAZIONE. Quando le risorse lo consentono, grandi operazioni di
comunicazioni vengono realizzate in occasione dell’apertura di un nuovo museo o dell’ampliamento e
rinnovamento di un museo esistente e già noto al grande pubblico. Negli anni più recenti la comunicazione
esterna ha potuto diversificarsi e ampliarsi anche grazie all’esistenza di Internet e del Web 2.0, con i suoi
social media, dai blog a YouTube, Facebook, Twitter, Flickr, Foursquare, Gowalla, ecc. Inoltre si sta iniziando
a far ricorso all’AUGMENTED REALITY (realtà aumentata). Uno dei primi musei a introdurre la tecnologia è
stato il GETTY MAUSEUM DI Los Angeles. Molti grandi musei organizzarono mostre blockbuster: costose,
spettacolari, capaci di attirare un grande pubblico.

IL BRAND MANAGEMENT: alcuni musei adottano tecniche di marketing tipiche del mondo profit per
acquisire massima notorietà e imporsi sul mercato dei consumatori culturali. Tra questi il BRANDING, o
BRAND MANAGEMENT, che permette di trasformare il museo in qualcosa di simile a un apprezzato
prodotto di largo consumo. Concetto fondamentale è quello di BRAND EQUILITY, cioè valore monetario
della marca (o del marchio). Ci sono musei il cui nome è un brand. Il nome del museo è diventato un brand
non tanto a seguito di presenti attività di marketing mirato, ma grazie a una notorietà planetaria e alla
qualità delle collezioni.

Uno degli obiettivi del marketing museale è la conquista di nuovi pubblici per aumentare il numero dei
visitatori. La conquista di nuovi pubblici non necessariamente richiede che siano realizzate mostre-evento.
Ad esempio una strategia può essere quella che il marketing definisce MAKE THE BIG BIGGER, allargando
l’offerta museale in periodi già di grande affluenza per catturare nuovi visitatori. O proporre mostre
concepite in modo da attirare segmenti di pubblico normalmente poco presenti. O, ancora, realizzare
iniziative di cross-promotion: promozioni incrociate ad esempio tra il museo e un altro museo o tra museo e
cinema o teatro. Inoltre esistono pass a prezzo fisso o la possibilità di prenotare online la visita;
merchandising museale e di ristorazione; bookshop (il LOUVRE dispone di un gigantesco centro
commerciale nel quale sono presenti ristoranti, bar e negozi). Un’ ulteriore tecnica suggerita dal marketing
museale per conquistare nuovi pubblici è la realizzazione di OUTREACH EXHIBITIONS: mostre che
raggiungono visitatori anche a significativa distanza dalla sede del museo (rientrano le mostre-evento
itineranti).

QUINTO CAPITOLO

STEPHEN E. WEIL, a lungo vicedirettore dell’HIRSHHORN MUSEUM AND SCULPTURE GARDEN e studioso
emerito della stessa prestigiosa istituzione, ideò il PARADOSSO DEL MUSEO DELLO STUZZICADENTI.
Immaginiamo che in una zona centrale di una città sorga un edificio di straordinaria qualità architettonica e
museografica, realizzato per realizzare il MUSEO NAZIONALE DELLO STUZZICADENTI: un museo SENZA FINI
DI LUCRO che COLLEZIONI, CONSERVI, STUDI, INTERPRETI ed ESPONGA al pubblico solo ed esclusivamente
stuzzicadenti. All’interno il museo si avvale dei più avanzati ritrovati della museotecnica, mette a
disposizione del visitatore schermi touchscreen, video e rappresentazioni 3D. il percorso è basato su SPAZI
TEMATICI. Il museo propone anche con il coinvolgimento di esperti, mostre che mettono in evidenza il
ruolo dello stuzzicadenti nella storia sociale, le caratteristiche delle attività di silvicoltura finalizzate ad
ottenere il legno per fabbricarli e l’evoluzione delle tecniche di fabbricazione. Il museo realizza STUDI
RIGOROSI sulle proprie collezioni che vengono pubblicati nella RIVISTA TRIMESTRALE e ORGANIZZA
CONVEGNI e lezioni. Il NUMERO DI VISITATORI È MODESTO ma questo non preoccupa il direttore che
sottolinea come le collezioni siano perfettamente conservate, le catalogazioni accurate aggiungendo che la
priorità non è vincere una gara di popolarità ma avere un museo di prim’ordine. In realtà non esiste nessun
museo dello stuzzicadenti. Però solo in parte. Il museo immaginato da WEIL rispondeva in larga misura ai
requisiti previsti per un museo. Ovviamente nessun membro dell’ICOM valuterebbe positivamente il museo
dello stuzzicadenti. Secondo WEIL questo è il punto: valutare il museo sul piano delle FUNZIONI e non
prima degli OBIETTIVI che si propone può portare fuori strada.

A COSA E A CHI SERVE UN MUSEO OGGI? C’è chi si è spinto ad assegnare ai musei il prioritario compito di
rispondere alla domanda “COSA SIGNIFICA ESSERE UN ESSERE UMANO?” e chi ritiene che il museo debba
esistere per il bene del pubblico (istruzione, ispirazione, arricchimento estetico). Qualcuno potrebbe
arrivare a sostenere che il museo ha il compito di FAVORIRE L’INCREMENTO DEI FLUSSI TURISTICI. La
MISSIONE DEL MUSEO CONTEMPORANEO può essere identificata nel PRESENTARE LA RICCHEZZA, LA
COMPLESSITÀ e la DIVERSITÀ DELLA VITA, stimolando riflessioni e dibattito nella comunità. presentare la
complessità e la diversità della vita e stimolare il dibattito nella comunità equivale infatti a produrre cultura.
Gli oggetti sono mezzi di trasmissione culturale. Infatti si parla anche di “fabbrica della cultura”.

LA POLITICA ESPOSITICA

Un buon museo non è un museo che segue standard definiti ma che sviluppa una propria riconoscibile
identità. Non dovrebbero esistere 2 musei uguali: la forza di ogni museo dovrebbe essere nella sua unicità.
Produrre cultura in un museo richiede che oltre agli oggetti siano presenti IDEE, PUNTI DI VISTA. Ciò
richiede che la direzione dei musei sia affidata a persone con competenze specialistiche coerenti con il tipo
di museo. Produrre cultura implica non usare il visitatore per perseguire obiettivi di redditività e consenso
né limitarsi a esporre in modo esteticamente accattivante le collezioni. Lo scontro e il confronto con il
pubblico è alla base del processo che genera cultura. In questo modo si unisce la funzione di TEMPIO con
quella di FORUM, cioè luogo di incontro e confronto.

FUNZIONI

Un punto di riferimento è il MUSEUM MANIFESTO, proposto nel 1970 d JOSEPH V. NOBLE, all’epoca
direttore del MUSEUM OF THE CITY OF NEW YORK e successivamente presidente dell’Aam. Nel suo
manifesto Noble identificò 4 FUNZIONI FONDAMENTALI DEL MUSEO:

 RACCOLTA;
 CONSERVAZIONE;
 INTERPRETAZIONE;
 ESPOSIZIONE AL PUBBLICO.

Successivamente il museologo e docente olandese PETER VAN MENSCH propose di ridurre le funzioni a 3:

 CONSERVAZIONE;
 STUDIO SCIENTIFICO;
 COMUNICAZIONE.
La funzione di conservazione incorpora quella di raccolta mentre la funzione di comunicazione
ricomprende sia interpretazione sia esposizione al pubblico.

Alcuni studiosi ritengono che il museo sia un potente strumento di trasmissione culturale del quale si
servono le classi o i gruppi dominanti per esercitare la propria EGEMONIA POLITICA. Il filosofo PIERRE
BOURDIEU arrivò a sostenere che il museo condivide con responsabilità di essere strumento di VIOLENZA
SIMBOLICA, cioè di imposizione da parte del potere di una cultura arbitraria e funzionale al potere stesso.

STAKEHOLDERS: non è infrequente nella società contemporanea che Stakeholders pubblici e privati
cerchino di servirsi del museo per conseguire ritorni di carattere personale, sul piano del consenso,
dell’immagine e talvolta anche su quello economico. Il principale antidoto contro ingerenze eccessive e
perniciose da parte degli s. è rappresentato dalla qualità intellettuale, professionale e umana del direttore e
dei membri del consiglio di amministrazione del museo.

Una BUONA COMUNICAZIONE CON IL PUBBLICO non necessariamente richiede costose tecnologie,
quando ci sono progetti di idee. I tecnologi “effetti speciali” sono spesso fortemente voluti dagli s. con
scarse o nulle competenze museologiche.

GLOBALIZZAZIONE: i musei possono svolgere uno straordinario lavoro di contrasto all’omologazione


massificante e di valorizzazione delle differenze.

SESTO CAPITOLO

Le POLITICHE dei musei possono apparire a prima vista molto diverse le une dalle altre. Tuttavia non è
difficile distinguere alcuni tratti comuni. Sono almeno 5 gli indirizzi riconoscibili nella maggior parte dei
paesi economicamente sviluppati e ricchi:

1) Il FORTE INVESTIMENTO in beni materiali soprattutto immobiliari;


2) La POLITICA DEI GRANDI EVENTI;
3) La PROMOZIONE del TURISMO CULTURALE;
4) Il tentativo di creare ARTICOLAZIONI GERARCHICHE dei musei;
5) La tendenza a FOVORIRNE LA PROFESSIONALIZZAZIONE.

LA POLITICA DEL MATTONE: negli anni che hanno preceduto il secolo scorso molti nuovi musei sono stati
inaugurati ma gli investimenti sono stati cospicui nell’arco di quasi un ventennio e sii sono accompagnati a
una crescita rilevante delle visite. Questo boom nella domanda museale e la prospettiva di flussi futuri di
visite sono stati a loro volta utilizzati da professionisti e politici per proporre nuovi interventi. I risultati sono
spesso inferiori alle attese. Molti musei si sono ritrovati in concorrenza tra loro per la conquista della stessa
audience e questo ha impedito di raggiungere i volumi di visite previsti.

Nei maggiori interventi in campo culturali quelli immobiliari assorbono la gran parte della spesa.

Le iniziative alternative basate sulla cooperazione interdisciplinare offrono chance di successo maggiori, ma
frazionate nel tempo e soprattutto non riconducibili a una madre o un padre in modo univoco.

LA POLITICA DEGLI EVENTI: la disponibilità di spazi museali garantita dalla politica del mattone risolve ai
policy maker della cultura alcuni problemi ma ne pone altri, nuovi e di tipo gestionale. Mantenere i siti
aperti al pubblico e realizzare volumi di visite sufficienti a giustificare gli investimenti richiede risorse
finanziarie, personale specializzato, knowhow manageriale.
Qui entra in gioco un altro importante protagonista delle politiche culturali: l’ANIMAZIONE. La politica degli
eventi punta a creare picchi d’attenzione, con funzione di stimolo della domanda di intrattenimento in
genere. Si tratta di un approccio che può applicarsi a un evento particolare ma anche a un museo o a
un’esposizione specifici proposti come IMPERDIBILI. Questa politica presenta alcuni punti deboli: ogni
evento oscura con la sua luce gli altri appartenenti alla medesima categoria (ciò è considerato un male
minore). Disponibilità di procedure collaudate e garanzia di paternità sui risultati sono le principali ragion
d’essere delle politiche degli eventi. Inoltre i ritorni d’immagine e di consenso sono più sicuri e a breve
termine. Spesso ciò è facilitato dalla costituzione di organismi ad hoc per la gestione degli eventi.

IL TURISMO: studiosi e amministratori sostengono da tempo che la cultura può essere valorizzata anche in
termini economici. La logica di PROMOZIONE DEI MUSEI si è basata finora sull’innovazione di processo,
ossia vendere il solito prodotto ma producendo meglio. La maggior parte dei PAESI META di importanti
flussi di turismo vive una situazione di congestione sia territoriale che temporale. Il PATRIMONIO
CULTURALE è un capitale diffuso su tutto il territorio e non circoscrivibile a sedi istituzionali come musei e
biblioteche o ad alcuni siti archeologici o d’arte conosciuti nel mondo. Si tratta di qualcosa di più di un
insieme di beni, che incorpora ABITUDINI GASTRONOMICHE, ECOLOGICHE, PRATICHE ARTIGIANALI
ANTICHE, un FOLKLORE ricco di differenze. I MUSEI possono avere un ruolo assai più rilevante nei
complessi processi di ricostruzione degli equilibri urbani.

La nascita di molti musei ha provocato nei POLICY MAKER un disagio, accentuato dall’esplosione di nuove
forme espressive, di interrelazione fra soggetti culturali di specie diverse, di ibridazioni e influenze
reciproche fra genti che hanno confuso l’ordine precedente e indebolito molte tradizionali barriere
tipologiche. Negli anni ’80 e ’90 è emersa una forte RICHIESTA DI ATTENZIONE ALLE AUTONOMIE LOCALI.
Negli stessi anni si è consolidato uno stereotipo di pensiero riassumibile nelle parole d’ordine della
razionalizzazione e del primato del mercato. I GOVERNI LOCALI si sono trovati con: una simultanea
domanda di attenzione alle identità e allo sviluppo economico del locale. La prima si è accompagnata a una
proliferazione di forme museali e attività culturali diffuse. La seconda inserita in una cornice sempre più
condizionata da uno spirito liberista che chiedeva rigore nella spesa. La POLITICA DEGLI STANDARD
MUSEALI ha cercato di rispondere a questa domanda contraddittoria elevando il profilo qualitativo dei
musei. I policy maker hanno pensato a nuove articolazioni di musei e delle iniziative culturali. RETI,
PERCORSI, A TEMA E GERARCHIE ORGANIZZATIVE si diffondono dunque nella penisola e un Europa come
soluzioni che dovrebbero conciliare la diffusione di una meta-narrazione culturale, il sostegno allo sviluppo
locale grazie a un’ attenta offerta turistica e l’economicità di gestione.

Il gran numero di iniziative di interpretazione del patrimonio culturale e insieme la varietà si forme che
hanno assunto hanno spinto i musei alla creazione di strumenti in grado di riconoscere l’appartenenza alla
specie “museo” e a misurare la reputazione delle singole istituzioni. È così che sono nati gli
ACCREDITATION SCHEMES, ossia le procedure di riconoscimento dosate sull’adesione a standard di qualità
predefiniti. Dopo gli esordi in CANADA e negli STATI UNITI a fine anni ’60, in Europa è la GRAN BRETAGNA
il primo paese che, nel 1988, definisce i REQUISITI MINIMI cui si deve rispondere per ottenere la
definizione di museo. Lunghe CHECKLIST, suddivise nelle varie aree di attività del museo, vengono così
compilate. L’eventuale mancato riconoscimento viene accompagnato dai punti deboli da superare. Gli
STANDARD ITALIANI sembrano puntare sul possesso di determinati mezzi fisici e di personale più che sul
grado di successo con il quali sono usati.
Che cosa succede se le politiche sono sbagliate e invece di favorire la diversità culturale la indeboliscono?

La sperequazione delle risorse tra cose e persone ha conseguenze di varia natura. Il costante
SOTTOINVESTIMENTO IN RICERCA, FORMAZIONE E PROGETTAZIONE compromette l’accumulazione di
CAPITALE SOCIALE in un settore nel quale questa risorsa è strategica. L’emergere sempre più frequente di
INCERTEZZE e difficoltà nella gestione degli spazi culturali è sintomo dello squilibrio strutturale che siamo
alimentando. Ma non è difficile vedere come già oggi questa politica stia producendo danni più profondi,
come ad esempio una progressiva separazione fra l’aspetto materiale degli interventi in campo museale e il
suo naturale retroterra sociale, ossia le persone che dovrebbero fruirne.

Gli investimenti dei GRANDI EVENTI possono accelerare progetti locali già in corso ma non contribuiscono a
garantirne di nuovi. Inoltre i cittadini sono sempre più portati a vedere la cultura come uno spettacolo in
senso metaforico, anche al di fuori delle forme tradizionali di rappresentazione vera e propria. Il cittadino è
uno spettatore e un limite invalicabile lo divide dal palco. Così la cultura diventa sempre di più un affare di
specialisti e sempre meno parte delle nostre responsabilità civiche.

TURISMO: da solo non porta benefici durevoli.

Ignorare le dinamiche reali dei fenomeni turistici e accontentarsi di modelli stereotipati non comporta solo
azioni meno efficaci, può anche provocare veri e propri danni al valore culturale di un territorio. La diversità
non è fatta solo di cose ma anche di processi che hanno creato quelle diversità. Promuovere i luoghi
“clonando” modelli risultati vincenti altrove banalizza le specificità locali.

RETI MUSEALI: una risposta sbagliata a una domanda giusta.

Reti, sistemi e articolazioni varie dei musei seguono quasi sempre una traccia di tipo tematico, più che
territoriale. Cercano di fare squadra mettendo insieme musei fra loro simili. Questo comporta che solo la
giurisdizione di livello più alto possa rivendicarne la direzione. Ciò rende impossibile a un ente inferiore la
creazione di un proprio sistema. Questo approccio non risponde alle esigenze dello sviluppo locale. Al
tempo stesso non consegue risultati apprezzabili sul paino dei risparmi economici.

COME DOVREBBERO ESSERE I MUSEI?

Il mondo ideale suggerito dagli standard museali è un luogo nel quale i musei si avvicinano il più possibile a
una forma e a una dimensione ritenuti ottimali. In questa visione i PICCOLI MUSEI SONO CONSIDERATI
IMPERFETTI perché non in grado di offrire gli stessi servizi e avere lo stesso volume di visite di quelli grandi
e dovrebbero essere aiutati. Il METTERSI IN RETE è spesso proposto come un passaggio obbligatorio per
raggiungere in modo collettivo quel livello di servizi e di volume di visite che per i singoli sarebbe fuori
portata; ma le reti dovrebbero avere altre basi: un PROGETTO CULTURALE COMUNE. I piccoli musei
avrebbero bisogno di un modello diverso dai grandi. Il servizio che i piccoli musei possono offrire è legato
al rapporto più diretto con la comunità. Il concorso di PERSONALE VOLONTARIO e la disponibilità di alcune
persone a fare molto di più di ciò che dovrebbero contrattualmente sono tra gli indici di successo di un
piccolo museo, ben più del numero di visite.

CAPITOLO SETTIMO

MUSEO: versatile macchina culturale che sarà in grado di adattarsi anche in futuro ai GRANDI
CAMBIAMENTI in corso, SOPRAVVIVENDO ed EVOLVENDOSI.
DEMOGRAFIA, ECONOMIA e TECNOLOGIA sono le forze di trasformazione principali, nei paesi
industrializzati, ossia dove di concentra la gran parte dei musei. La DEMOGRAFIA è la componente di
cambiamento più importante. È una MEDAGLIA A 2 FACCE: INVECCHIAMENTO e IMMIGRAZIONE.

L’attitudine degli IMMIGRATI nei confronti dei musei è diversa da quella dei vecchi residenti: negli Stati
Uniti vediamo che un cittadino su 3 è di recente immigrazione. Se osserviamo il pubblico dei musei, solo 1
su 10 è immigrato. Se non si dovessero mettere all’opera POLITICHE ADEGUATE si genererà il collasso nella
dimensione delle visite del 20%. Bisogna creare una CULTURA NUOVA che interessi tutti i cittadini, vecchi e
nuovi (UTOPIA). Più VEROSIMILE è che i musei possano rivolgersi alle tante nuove minoranze con
LINGUAGGI e DISCORSI SPECIFICI, rispettando e promuovendo la diversità di ognuna.

ECONOMIA: le tensioni sulla scena economica mondiale. Il reddito del mondo cresce ma si distribuisce in
modo ineguale. CONNSEGUENZE: nei MUSEI finanziati dal SETTORE PUBBLICO la disparità di reddito
dovrebbe comportare maggiori introiti per l’ERARIO. Nei musei in cui si basano sui FONDI PRIVATI
provenienti dal segmento più ricco, le disuguaglianze dovrebbero aumentare gli introiti per i MUSEI. In tutti
i paesi l’IMPOVERIMENTO DELLE CLASSI MEDIE rischierebbe di far percepire l’azione dei musei come un
lusso delle classi ricche e di far passare la CULTURA come un PRIVILEGIO PER POCHI.

DIGITALI NATIVI: giovani nati nell’epoca di Internet. Questi prediligono percorsi narrativi di tipo
ipertestuale piuttosto che lineare, con LETTURA VISUALE piuttosto che TESTUALE. I più giovani amano gli
AMBIENTI IMMERSIVI, dove l’interazione UOMO-MACCHINA simula un mondo o una situazione fittizia.

STRATEGIA ALTERNATIVA DEL MUSEO: l’alternativa a INVESTIRE sulle COSE è puntare sulle PERSONE: con
una FORMAZIONE DEMOCRATICA, con INIZIATIVE di RECUPERO DEL PATRIMONIO CULTURALE.

Non ipotizzare un percorso evolutivo della FORMAZIONE dei membri di un sistema limita le CHANCE
EVOLUTIVE del sistema stesso.

L’attenzione troppo concentrata sui GRANDI EVENTI rivela una concezione del mondo NON ECOLOGICA,
che non riesce a cogliere l’INTERDIPENDENZA fra le eccellenze di una cultura o di una società. I grandi
eventi si nutrono della sensibilità culturale creata da una lunga catena di azioni, di impegno e di piccoli
eventi.

PRIMA IL TERRITORIO POI IL TURISMO: il TURISMO CULTURALE può produrre effetti negativi come positivi.
Sviluppare opportunità turistiche e contemporaneamente capacità manageriali locali in grado di gestirle
può essere un’alternativa efficace.

Un territorio è INTERESSANTE per il turista se offre un quadro AMBIENTALE E CULTURALE vario, se c’è
TRASPARENZA DEI PREZZI, se è SICURO e se i SERVIZI LOCALI FUNZIONANO BENE. Questa è la stessa
agenda di priorità dei RESIDENTI: la MIGLIOR POLITICA TURISTICA è quella che MIGLIORA LA VISIBILITÀ DI
UN TERRITORIO.

IL FUTORO DEL MUSEO: il museo non è passivo difronte a una società che cambia, si sta
AMMODERNANDO, ma questo non significa solo nuovi spazi e nuove tecnologie. MODERNITÀ È LA
CAPACITÀ DI RISPONDERE ALLE SFIDE EVOLUTIVE ANZICHÉ SUBIRLE. In questo periodo la “SPECIE
MUSEO” è in buona salute, anche se alcuni esemplari possono non esserlo. Il museo può ancora AIUTARCI
A RIMANERE UNITI QUANDO MILLE FORZE SPINGONO PER LA DISGREGAZIONE e custodisce patrimoni
capaci di SUGGERIRE IDEE INASPETTATE quando la BANALITÀ e gli STERIOTIPI IMPAZZANO. Può ancora
ISPIRARCI e RICORDARCI QUANTO SIA STUPEFACENTE LA BELLEZZA DEL MONDO CHE CI CIRCONDA.

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