Sei sulla pagina 1di 9

NEUROLOGIA

DISTURBI DEL MOVIMENTO


condizioni neurologiche caratterizzate da alterazione del movimento volontario e/o dalla presenza
di movimenti involontari. Solitamente secondari ad alterazioni anatomiche o funzionali dei gangli
della base, del cervelletto, delle strutture corticali ad esse connesse e del midollo spinale.
Vengono distinte in ipocinesie(parkinson e parkinsonismi) e ipercinesie.

IPOCINESIE
PARKINSON
parkinson è una patologia cronica degenerativa del SNC caratterizzata da rallentamento motorio,
rigidità muscolare, tremore e instabilità posturale.
La lesione più caratteristica del PD è caratterizzata dalla perdita delle cellule della sostanza nera
situata nel mesencefalo le cui terminazioni nello striato liberano dopamina. La riduzione di
concentrazione della dopamina nel putamen è correlata alla gravità clinica dei sintomi motori della
malattia. È necessario che vi sia una riduzione del 60% della dopamina putaminale affinché la
malattia si manifesti clinicamente. Oltre ai sistemi dopaminergici, vi è una degenerazione dei
sistemi monoaminergici ascendenti noradrenergici, che originano dai neuroni pigmentati del locus
coeruleus, e dei sistemi serotoninergici. l’alterazione di questi istemi sono probabilmente alla base
dell’elevata frequenza dei disturbi vegetativi.
Negli ultimi anni numerosi studi hanno dimostrato come l’accumulo di alfa-sinucleina causa la
formazione di protofibrille tossiche per le cellule dopaminergiche. Questi accumuli possono essere
dovuti a mutazioni genetiche, o da un danno al sistema di degradazione e di eliminazione delle
proteine. l’andamento patologico degenerativo è ascendente, interessando precedentemente il bulbo
olfattivo fino al tronco encefalico e quindi alla sostanza nera per poi proseguire verso le strutture
corticali.
La malattia del parkinson è attribuibile, in primo luogo, alla progressiva degenerazione delle vie
dopaminergiche nigro-striatali e a modificazioni funzionali a carico del “sistema motorio”.
Il sistema motorio è composto da circuiti paralleli. Originano dalle aree corticali motorie primarie e
non primarie e proiettano sui nuclei della base, sui nuclei specifici del talamo ed infine sulle stesse
aree corticali da cui hanno origine. A livello del nucleo striato sono presenti due tipi di recettori
dopaminergici che rappresentano l’origine delle due vie di trasmissione dallo striato al talamo: una
via diretta ed una indiretta. La deplezione dopaminergica della malattia del Parkinson determina una
riduzione dell’inibizione della via indiretta e una ridotta attivazione della via diretta.
Studi hanno dimostrato come la bradicinesia sia evidente durante l’esecuzione di movimenti
semplici, ma ancora di più durante quelli complessi, quali i movimenti sequenziali e simultanei.
Il tremore a riposo sembra essere in relazione a un’interazione patologica fra i gangli della base e il
circuito cerebello-talamo-corticale.
A livello clinica il PD ha un andamento lentamente evolutivo. La bradicinesia, la rigidità e il
tremore rappresentano i principali sintomi motori della malattia. all’esordio i sintomi e i segni
motori si manifestano nella maggior parte unilateralmente per poi diffondersi.
Per bradicinesia si intende la lentezza nell’esecuzione dei movimenti volontari. Ipocinesia ridotta
ampiezza e acinesia difficoltà ad iniziare il movimento. Il termine bradicinesia solitamente viene
utilizzato per indicare tutte e tre le componenti.
Nella vita quotidiana si vede un rallentamento dell’andatura con riduzione dei movimenti pendolari
degli arti superiori. Modificazione della scrittura che diventa sempre più piccola. A livello cranico si
manifesta con una riduzione della mimica facciale, modificazione del tono della voce, che diventa
monotona e ipofonica. È spesso presente il fenomeno di FREEZING ovvero una transitoria
incapacità a muoversi. Per quanto riguarda la rigidità, o ipertonia plastica, si intende un aumento
del tono muscolare degli arti e del capo rilevabile durante la movimentazione passiva. È presente il
fenomeno di troclea dentata. La rigidità può essere associata a deformità posturali. Il tremore di
parkinson a riposo è caratterizzato da movimenti ripetuti di supinazione-pronazione della mano.
Le fasi avanzate sono caratterizzate da instabilità posturale esaminata clinicamente esercitando una
brusca spinta indietro per ricercare la normale ricerca posturale. La malattia è caratterizzata anche
da sintomi non motori come la depressione, i disturbi cognitivi(in particolar modo nelle funzioni
esecutive frontali) che possono progredire sino ad un caso di demenza. Frequenti sono i disturbi
della minzione. Infine si possono osservare disturbi del sonno, disturbi dell’ansia e disturbi gastro-
intestinali. Sono spesso frequenti disturbi dell’olfatto che si manifestano in una elevata percentuale
di pazienti anche prima della comparsa dei sintomi motori.
La diagnosi è basata esclusivamente sulla valutazione clinica.
La terapia è ancora essenzialmente sintomatica, poiché non esiste al momento possibilità di
interferire con i meccanismi del danno neuronale. Il trattamento consiste nell’aumentare la
concentrazione di dopamina nei gangli della base utilizzando alcuni presidi
farmacologici(Levodopa, dopamino-agonisti, mao-b inibitori, comt-inibitori), tuttavia l’esercizio
fisico regolare e una corretta alimentazione hanno sicuramente un ruolo importante nel
mantenimento funzionale del paziente.
PARKINSONISMI ATIPICI E SECONDARI
i parkinsonismi atipici sono patologie neurodegenerative sporadiche, caratterizzate
dall’associazione di segni motori parkinsoniani e di altri segni neurologici. I Parkinsonismi
secondari, invece, sono quelli dovuti a una causa nota. I parkinsonimi atipici si caratterizzano per
un’evoluzione clinica più rapida rispetto al PD e hanno una prognosi più invalidante.
Parkinsonismi Atipici principale: atrofia multisistemica, paralisi sopranucleare progressiva e la
sindrome corticobasale.
IPERCINESIE
le ipercinesie più frequenti sono i tremori, le distonie, le coree e i ballissimi e i tic. La corretta
identificazione del tipo di movimento è essenziale per formulare un’ipotesi diagnostica, per
identificare la possibile eziologia e per avviare il trattamento terapeutico più appropriato

I DISTURBI NEUROCOGNITIVI E LE DEMENZE

con il termine demenza si definisce una sindrome acquisita caratterizzata da un evidente e


significativo declino cognitivo associato o meno a manifestazioni neuropsichiatriche, la cui severità
è tale da interferire con l’abituale funzionamento quotidiano e con l’indipendenza del soggetto
affetto. Le demenze sono il risultato di un lento e progressivo accumulo di danni neuropatologici,
che comincia nel corso della vita adulta per poi rendersi pienamente manifesto con
l’invecchiamento.
ALZHEIMER
l’alzheimer è la forma più comune di demenza e sono stati riscontrati fasi precliniche o
prodromiche e stadi di pre-demenza,
la fase pre demenza si potrebbe configurare come lo stadio ideale per l’attuazione di trattamenti tesi
a prevenire o ritardare l’evoluzione di una demenza conclamata.
Macroscopicamente il cervello del paziente affetto da AD presenta un grado variabile di atrofia in
base alla fase clinica. l’atrofia interessa prevalentemente la corteccia cerebrale ed è più marcata
nelle regioni anteriori e mesiali dei lobi temporali( in particolare l’ippocampo) e parietali.
Microscopicamente l’encefalo presenta depositi extracellulari ed inclusioni intracellulari
caratteristici che prendono il nome rispettivamente di placche senili. Il principale costituente delle
placche senili è una proteina di 4kD con struttura secondaria a foglietto b chiamata b-amiloide.
Le placche si distinguono in : diffuse, neuritiche o compatte.
Le placche neuritiche sono le più numerose e presentano un atteggiamento infamatorio. La
presenza, la distribuzione e il numero delle placche neuritiche costituiscono il principale criterio
diagnostico. Uno dei principali aspetti fisiopatologici dell’alzheimer è la presenza di accumuli di
proteina tau all’interno del pirenoforo del neurone a causa di un’eccessiva fosforilazione che ne
altera la struttura.
La patologia presenta un lungo periodo compreso tra i 15 e i 30 anni in cui la patologia è presente,
ma senza alcuna evidenza di deficit cognitivo. Sono presenti alcuni biomarcatori utili per la
diagnosi a vivo della malattia che hanno permesso di diagnosticare la malattia in tre differenti gradi
di espressione clinica:
1. ad preclinica: fase asintomatica della malattia. Il danno non è tale da determinare lo sviluppo
di sintomi.
2. Ad prodrmomica: fase sintomatica iniziale. Compromissione di alcune funzioni cognitive.
3. Demenza di AD: fase conclamata. Compromissione di molte funzioni cognitive.
Compromissione dei livelli di autonomia.
La MCI(progressione cognitiva lieve) è la fase di transizione tra il fisiologico invecchiamento
cerebrale e la senescenza patologica. MCI può riguardare solo la memoria o un’altra funzione
cognitiva.
La diagnosi clinica dell’AD prevede quindi un deficiti cognitivo che riguarda la memoria e almeno
un’altra funzione. Il deficit deve avere 4 caratteristiche: subdolo, progressione graduale,
compromissione autonomia soggetto, confermato per mezzo di una valutazione neuropsicologica
con test standardizzati.
I sintomi cognitivi più frequenti sono: memoria a breve termine, disorientamento spaziale e
temporale, compromissione del linguaggio con comparsa di anomie, disturbi gnosici che sono più
difficili da inquadrare.
I sintomi comportamentali e psicologici comportano lo sviluppo di depressione, ansia, apatia, deliri,
allucinazioni, aggressività, disturbi del sonno.
Strumenti diagnostici sono TC e RM con valutazione presenza di placche e dei grovigli
neurofibrillari.
La terapia: non sono disponibili terapie farmacologiche efficaci. Si usano farmaci sintomatici che
agiranno sul controllo dei sintomi del declino cognitivo senza intervenire però sui meccanismi
patogenetici. Si lavora sull’incremento dell’acetilcolina per il corretto funzionamento cognitivo.
(donopezil. Rivastigmina, galantamina agiscono inibendo un catalizzatore dell’acetilcolina).
A livello non farmacologico si interviene attraverso la stimolazione dei processi cognitivi,

SCLEROSI MULTIPLA
principale causa di disabilità neurologica progressiva. Malattia infiammatoria cronica
demielinizzante che colpisce il SNC. Patologia a eziologia multifattoriale(fattori ambientali, fattori
genetici, possibili eventi stocastici).
Macroscopicamente la topografia delle lesioni è caratteristica. Le sedi tipiche della malattia sono le
regioni adiacenti ai ventricoli laterali, il corpo calloso, la sostanza bianca sottocorticale, i nervi
ottici, il tronco encefalico e il midollo spinale. A livello microscopico si trovano alterazioni
lesionali. La lesione inizia con la migrazione di linfociti pro infiammatori attraverso la bee. Nelle
fasi progressive, le aree di demielinizzazione coesistono con una diffusa degenerazione assonale e
neuronale associate con l’accumulo di aggregati di proteina tau.
I segni e sintomi della SM variano in base alla sede del danno e per questo è possibile riscontrare
un’ampia varietà di quadri clinici. I sintomi maggiormente associati sono:
• motori: interessamento dei fasci piramidali. Ipostenia e spasticità muscolare, principalmente
arti inferiori. Si manifesta iperreflessia
• sensitivi: interessamento dei cordoni posteriori delle vie spino talamiche o delle zone di
ingresso delle radici posteriori. Spesso presenta compromissione delle sensibilità profonde.
• Visivi: infiammazione nervo ottico. Perdita parziale o totale del visus a un occhio, raramente
bioculare.
• Troncali: i più frequenti sono diplopia e nistagmo.
• Finterici e sessuali: minzione imperioso. Deficit erettile negli uomini e anorgasmia nelle
donne.
• Affettivi e cognitivi: depressione di tipo reattivo. A livello cognitivo principalmente sono
interessate le funzioni esecutive frontali quali l’attenzione, la memoria di lavoro e la velocità
di processazione delle informazioni.
DIAGNOSI
gli elementi cardine della diagnosi sono la dimostrazione di disseminazione nello spazio e nel
tempo dei sintomi e dei segni clinici, l’esclusione di altre patologie che possano giustificare il
quadro clinico osservato.
La diagnosi prevede la valutazione di paramentri clinici e strumentali. Attraverso anamensi e
esecuzione della visita neurologica e uso di immagine RM.

TERAPIA:
la terapia prevede una per le ricadute, una preventiva e una sintomatica.
La terapia delle ricaduta si effettua con cicli di metilprdnisolone endovena che avrà come obiettivo
quello di ridurre la durata clicnica della ricaduta.
La terapia preventiva si avvale di farmaci che permettono una riduzione dell’infiammazione.
Terapia sintomatica in base ai sintomi del paziente(lassativi, farmaci per la fatica, botulino per
problemi vesciali, dantrolene e baclofen per la spasticità).

EPILESSIA
il termine crisi epilettica configura un disturbo transitorio delle funzioni neurologiche caratterizzato
da una anormale ed eccessiva scarica di un gruppo di neuroni. La ripetizione delle crisi nel tempo è
una condizione necessaria per la diagnosi, pertanto una crisi isolata non costituisce epilessia.
l’inquadramento eziologico dell’epilessia si basa sui dati anamnestici e clinici del paziente e sulle
indagini ottenute con tecniche di neuroimmagini. In base ai fattori eziopatogenetici le epilessie sono
state classificate in 3 gruppi:
1. idiopatiche
2. sintomatiche
3. criptogeniche
questa classificazione adesso è superata e si vengono classificate in eziologia strutturale, genetica,
infettiva, metabolica, immune e, infine, le cause ignote.

EZIOLOGIA STRUTTURALE
include le alterazioni del tessuto cerebrale visibili alle neuroimmagini. Lesioni vascolari,
traumatiche ed infettive oppure genetiche, come alcune malformazioni dello sviluppo corticale.

EZIOLOGIA GENETICA
sono incluse in questa categoria quelle forme di epilessia espressione di una mutazione genetica o
presunta. In generale, molte delle forme monogeniche sono legate a mutazioni di geni implicati
nella codifica di proteine strutturali di canali ionici o di recettori di specifici
neurotrasmettitori(GABA) con conseguente alterazione funzionale dei sistemi implicati.

EZIOLOGIA INFETTIVA
include quelle condizioni in cui le crisi e l’epilessia sono direttamente correlate a una infezione del
SNC sia in situazioni acute che croniche. Per esempio tubercolosi, HIV, malaria cerebrale e
citomgalovirus.

EZIOLOGIA METABOLICA
molti disturbi metabolici sono associati all’epilessia.

EZIOLOGIA IMMUNE
include immuno-mediate in cui le crisi rappresentano il nucleo sintomatologico centrale. Grazie
all’identificazione di specifici anticorpi, lo spettro delle encefaliti autoimmuni è in rapida
espansione

EZIOLOGIA IGNOTA
sono incluse le forme di epilessia un tempo indicate come criptogeniche in cui la causa non è ancora
conosciuta.

l’epilessia è cosiderata come l’alterazione del normale equilibrio tra i processi eccitatori e quelli
inibitori che normalmente regolano le funzioni cerebrali. Una crisi epilettica si realizza pe run
abnorme reclutamento neuronale secondario a : modificazioni intrinsiche delle proprietà neuronali,
aumentata trasmissione eccitatoria, deficit dei meccanismi inibitori, aumentata connettività.

Tali fattori favoriscono l’alterazione dell’equilibrio eccitazione\inibizione permettendo ai neuroni di


divenire ipereccitabili e di conseguenza scaricare in modo ipersincrono. Al mantenimento di un
adeguato bilancio tra eccitazione\inibizione contribuisce l’azione di diversi neurotrasmettitori, in
particolare il GABA(inibitorio) e il glutammato(eccitatorio) che normalmente modulano l’attività
cerebrale.
Il tipo di crisi da valutare attentamente rende possibile la classificazione delle sindromi epilettiche.

Le crisi sono distinte in crisi ad esordio focale, crisi ad esordio generalizzato e crisi ad esordio non
determinato.

CRISI AD ESORDIO FOCALE


caratterizzate da una semiologia che indica l’attivazione iniziale di un’area limitata di un solo
emisfero. I primi sintomi possono essere di grande importanza perché riconducono all’area corticale
inizialmente coinvolta. Solitamente i sintomi sono più di uno per interessamento del circuito
anatomi-funzionale dalla crisi al suo esordio e durante la sua diffusione.
Le crisi focali sono distinte in:
• focali con consapevolezza conservata
• focali con consapevolezza compromessa
a seconda della presenza o meno di un disturbo della coscienza. Si valuta attraverso la risposta agli
stimoli ambientali e della capacità del soggetto di ricordare i sintomi iniziali e i sintomi occorsi
durante la crisi. Le crisi della coscienza sono solitamente associate con crisi che si propagano verso
l aree corticali associative. Una volta definito l’interessamento della consapevolezza esse vengono
classificate sulla base dei sintomi predominanti all’esordio, motorio o di tipo non motorio.
• Le crisi ad origine motoria prevedono manifestazioni molto varie che includono clonie
focali, fenomeni distonici, tonico posturali, disartria. I sintomi possono esprimersi come
isolate contrazioni muscolari focali , limitate ad un solo distretto oppure all’inizio confinate
in una sola parte del corpo. Il coinvolgimento delle aree premotorie determina la comparsa
di crisi caratterizzate da contrazioni muscolari prolungate degli arti e del tronco. Le crisi
versive compaiono per un coinvolgimento della corteccia frontale laterale. Viene data
importanza alle attivitò automatiche come aggressività, ammiccamenti palpebrali,
movimento si del capo, automatismi manuali, oro-facciali, e sessuali, movimenti copulatori
del bacino.
• Crisi ad esordio non motorio possono avere manifestazioni estremamente variabili con
interessamento delle capacità automiche, cognitive, emozionali o
affettive(termoregolazione,sistema cardiovascolare, alterazione cognizione del tempo e
distacco dalla realtà, comparsa improvvisa emozioni come ansia, rabbia, paura, gioia).

CRISI AD ESORDIO GENERALIZZATO


caratterizzzate da una sintomatologia che coinvolge ambedue gli emisferi fin dall’esordio. Sono
evidenti segni che possano suggerire il coinvolgimento del sistema anatomico funzionale
localizzato in un solo emisfero: segno motori bilaterali, EEG mostra caratteristiche bilaterali,
sincrone e simmetriche.
CRISI GENERALIZZATE MOTORIE
Crisi tonico-cloniche: presenta tre fasi principali: tonica, clonica e postcritica. l’esordio presenta la
comparsa di un grido con immediata perdita di coscienza e contrazione tonica di tutta la
muscolatura. Si riscontra spesso il morso laterale della lingua e comparsa di apnea. Fase clonica
con comparsa di contrazioni muscolari bilaterali e sincrone che si riducono progressivamente. La
postcritica presenta disturbo di coscienza è ipotonico e con un respiro rumoroso che riprende
lentamente.
Crisi cloniche: presenza di scosse cloniche bilaterali, ritmiche che coinvolgono simmetricamente
gli stessi distretti muscolari e in genere si associa un disturbo della coscienza prolungato.
Crisi toniche: comparsa di contrazione muscolare sostenuta e protratta e associata a una breve
alterazione di coscienza.
CRISI GENERALIZZATE NON MOTORIE
sono caratterizzate dalla presenza di ASSENZA: breve ed isolata alterazione della coscienza.
Esordio e fine improvvisa.

DIAGNOSI
il presenza di un evento parossistico è importante definire se tale evento è ascrivibile a una crisi
epilettica o a un fenomeno di altra natura. Una volta confermata la natura epilettica bisogna
stabilire se fenomeno isolato perciò provocato o non provocato. l’algoritmo diagnostico prevede
una complessa sintesi di dati clinici, neurofisiologici e neuroradiologi finalizzati alla definizione del
tipo di crisi. Il primo elemento clinico essenziale è rappresentato dall’anamnesi molto accurata.
l’utilizzo di EEG rappresenta una tecnica insostituibile per classificare la risi, e localizzare l’area
epilettogena, la RM è fondamentale per identificare eventuali patologie sottese all’epilessia.

La terapia ha come obiettivo quello di controllare le crisi in assenza di effetti collaterali rilevanti.
La scelta del farmaco è basata sul tipo di crisi, l’età, il sesso, il profilo psichico. I farmaci per
l’epilessia agiscono determinando un aumento dell’inibizione, un decremento dell’eccitazione o
prevenendo l’alterazione dell’eccitabilità dei neuroni,
effetto stabilizzante sulla membrana cellulare attraverso il blocco dei canali sodio voltaggio
dipendenti e\o del calcio.
Potenziamento dell’azione inibitoria del GABA.
Inibizione dei meccanismi eccitatori per azione sul glutammato e aspartato attraverso un blocco
recettoriale o una inibizione del rilascio.
Blocco del rilascio di nerutrasmettitori a livello delle vescicole sinaptiche attraverso il legame con
specifiche proteine

MIASTENIA GRAVIS
malattia acquisita i cui sintomi derivano da un’alterata trasmissione neuro-muscolare dovuta a un
danno immunomediato dal versante postsinaptico della giunzione neuromuscolare.
È provocata nella maggior parte dei casi da anticorpi IgG che interagiscono con l’AChR.
Essi svolgono il loro effetto patogeno con tre meccanismi:
1. accelerazione delle degradazione degli AchR attraverso la formazione di complessi
antigene-anticorpo che vengono distrutti nella fibra muscolare.
2. Attivazione cascata del complemento con danno litico della membrana post-sinaptica che
riduce la densità di AchR e canali per il sodio
3. blocco del sito di legame dell’ACh con l’AChR
la sintomatologia comporta la perdita di forza durante l’esercizio muscolare e il miglioramento con
il riposo. Nei casi più gravi il deficit muscolare può essere evidente anche a riposo. Ad essa non si
associa solitamente il trofismo muscolare ne dei riflessi profondi. Tutti i muscoli scheletrici
possono essere coinvolti. La debolezza dei muscoli estrinseci oculari si manifesta con ptosi
palpebre e oftalmo-paresi non riconducibile a deficit di singoli nervi cranici. Il paziente lamenta una
visione offuscata, oppure franca diplopia. I muscoli facciali sono coinvolti altrettanto
frequentemente. Debolezza muscoli flessori ed estensori del capo. Nelle forme generalizzate i
sintomi coinvolgono i muscoli degli arti, soprattutto a livello dei cingoli, causando difficoltà a
tenere le braccia sollevate, sostenere pesi. Interessamento dei muscoli respiratori provoca
insufficienza ventilatoria di tipo restrittivo, la debolezza della tosse va considerato un campanello di
allarme.
In base ai gruppi muscolari intressati si riconoscono forme cliniche differenti, classificate da
Osserman in 5 gruppi:
• I oculare pura
• II oculare e interessamento di altri distretti
• III generalizzata moderata
• IV generalizzata severa
• V necessità di ventilazione meccanica
DIAGNOSI
la diagnosi si basa su valutazione clinica e conferma con applicazione di test diagnostici che
comprendono test farmacologici. I test farmacologici consistono nella valutazione della variazione
dei sintomi clinici dopo la somministrazione di fermaci antiA-ChE. Tali farmaci prolungano
l’emivita dell’acetilcolina e determina un miglioramento clinico. I test neurofisiologici consistono
nella stimolazione ripetitiva e nello studio EMG di singole fibre. Si valuta l’ampiezza del potenziale
muscolare composto durante stimolo sopramssimale a riposo, subito dopo lo sforzo e durante
stimolazione ripetitiva a bassa frequenza. Si potrà osservare una riduzione dell’ampiezza fra il
primo e il quarto stimolo.

La terapia si avvale di trattamenti sintomatici, trattamenti immunosoppressivi e timectomia. Terapia


sintomatica con scopo di trattare affaticamento muscolare anomalo con farmaci inibitori dell’AChE
che prolungano la permanenza di Ach nello spazio sinaptico migliorando la trasmissione.
La terapia immunosppressiva si esegue con prednisone orale allo scopo di ridurre la dose di
steroide.
La timectomia si basa sulle correlazione fra la patologia timica e MG. Procedura con sternotomia e
seguita da chemioterapia e radioterapia.

SLA
patologia caratterizzata da una degenerazione primaria con andamento progressivo del I
motoneurone e/o del II. Nella SLA sono interessati entrambi i motoneuroni.
Considerata a lungo monosistemica, ma gli ultimi studi sembrano riconoscere un’eziologia
multifattoriale e multisistemica. Fattori genetici, ambientali, autoimmunità, traumi, infezioni virali,
stress ossidativo, disfunzioni mitocondriali.
Esistono due tipi di SLA: familiare e sporadica.
La sla rivela la degenerazione dei neuroni di moto a livello della corteccia cerebrale, del tronco
encefalico e del midollo spinale. Amiotrofica sta ad indicare atrofia delle fibre muscolari. Sclerosi
va a indicare la sostituzione glicolitica a cui va incontro il tessuto nervoso. Laterale sta ad indicare il
coinvolgimento del tratto corticospinale che decorre nel cordone midollare laterale. La paralisi è
rpgressiva e conduce a morte per insufficienza respiratorio entro 2-3 anni. Conosciamo una forma
bulbare ed una spinale. Quella spinale prevede un esordio con coinvolgimento asimmetrico degli
arti con deboloezza e ipotrofia. Quelli bulbari presentano segni bulbari come disfagia, disartria,
ipotrofia linguale, disturbi deglutizione, successivamente presentano segni spinali.
I segni più comune sono una compromissione a livello centrale degli arti inferiori e del SNP per gli
arti superiori. I sintomi di malattia del I motoneurone sono caratterizzati da un aumento dei riflessi
osteo-tendinei, spasticità, deficit di forza, comparsa di riflessi patologici e sindrome pseudobulbare.
I sintomi e segni del II motoneurone sono: atrofia muscolare, fascicolazioi, ipoestenia e ipotonia.
Attualmente la sla viene classificata anche in base alla presenza di segni cognitivi-comportamentali,
che prevede 4 diversi quadri clinici: sla- demenza, sla-ci(coinvolgimento fluenza verbale), sla e
demenza fronto temporale, sla e coinvolgimento comportamentale.

DIAGNOSI :
la diagnosi si basa sulla storia clinica, l’obiettività neurologica e l’esame elettromiografico. Per
diagnosticare SLA è necessario che i sintomi del I e II MN siano presenti in regioni corporee non
contigue : bulbare, cervicale, toracica, lombo sacrale con chiara evidenza di progressione nel tempo
e assenza di qualsiasi altra causa che spieghi la sintomatologia.
Supporti elettromiografici di supporto in base ai quali la sola presenza di fascicolazioni in un
muscolo con segni di danno neurogeno cronico è sufficiente per stabilire il coinvolgimento del II
MN.
La biopsia muscolare può essere utile per escludere eventuali patologie muscolare.
La RM ha un’importanza fondamentale per la diagnosi differenziale con patologie che possono
mimare la SLA.

TERAPIA
Non esiste terapia specifica per le malattie del MN. Il riluzolo agisce come inibitore del rilascio pre
sinaptico del glutammato, aumenta la sopravvivenza di circa tre mesi. In presenza di disfagia si
consiglierà una dieta omogenizzata per poi in seguito all’aggravarsi della patologia ricorrere alla
PEG. Ci deve essere un monitoraggio periodico della funzione respiratoria per ritardare la
comparsa di insufficienza respiratoria. Ruolo delle cellule staminali e delle terapie a scopo
neuroprotettivo nella SLA sono ancora in fase di studio.

MALATTIE CEREBROVASCOLARI
dall’arco dell’aorta originano, da destra verso sinistra, il tronco anonimo, arteria carotide comune
sinistra e l’arteria succlavia sinistra. Il tronco anonimo da origine all’arteria carotide comune destra
e all’arteria succlavia destra. Le carotidi comuni si biforcano nell’arteria carotide esterna che irrora
le strutture della testa e del collo e nell’arteria carotide interna. Le carotidi interne passano
attraverso il seno cavernoso a livello del quale originano le arterie oftalmiche. Le carotidi interne si
biforcano nelle arterie cerebrali medie ed inferiori.

ICTUS ISCHEMICO
mortalità del 15-25% e la maggior parte dei decessi entro il primo mese. La prevenzione è lo
strumento migliore per ridurre il carico medico-sociale e umano dell’ictus.
Il cervello ha un peso equivalente al 2% del peso corporeo, consuma il 20% dell’ossigeno e il 25%
del glucosio. Se il flusso si fermasse, il cervello avrebbe l’energia sufficiente per funzionare solo
per pochi minuti. Il primo danno si verifica a carico dei canali ionici che portano ad accumulo
intracellulare di Na+ e conseguente movimento di acqua all’interno della cellula, con rigonfiamento
passivo, danno mitocondriale e alterazione dell’omeostasi della cellula. Le conseguenze sono: lisi
della membrana, rilascio di costituenti intracellulari che evocano infiammazione, infiltrazione
cellulare e danno vascolari. l’edema comprende quindi due fasi: citologica e vasogenica.
Citotossico subito dopo l’ischemia e il vasogenico in seguito all’alterazione della BEE. La zona
centrale di ischemia viene chiamata core ischemico e sarà l’area che andrà per prima verso necrosi
cellulare mentre la zona periferica, “zona di penombra”, rimarrà integra ma perderà la sua
funzionalità.
Eziopatogenesi: tre grandi sottogruppi: ictus aterotrombotico, cadioembolico e launare(fare da
NCH).

ASPETTI CLINICI
a seconda del distretto arterioso interessato possiamo distinguere quadri clinici diversi con presenza
di deficit neurologici focali.

TIA
quadro clinico simile a quello dell’ictus con deficit motorio e\o sensitivo unilaterale con o senza
disartria e \o afasia. Ciò che differenza il TIA dall’ictus è la durata dei sintomi, transitoria nei TIA
persistente nell’ictus. Si definisce TIA quando i sintomi scompaiono totalmente entro le 24h e non
vi deve essere nessuna lesione visibile alle neuroimmagini. La durata dei sintomi è idnice
prognostico importante di rischio di recidiva precoce. È stato codificato un punteggio di rischio che
consente di quantificare un rischio da moderato ad alto di recidiva nelle successive 48h, nei
successivi 7 giorni e nel successivo mese. Punteggio utilizzato per capire se ricoverare o meno il
paziente.
La diagnosi di TIA è certa quando il medico ha la possibilità di assistere alla comparsa dei sintomi e
dei segni neurologici. Spesso è il paziente o chi gli stava vicino che racconta l’accaduto per cui la
diagnosi è basata sulla verosomiglianza dei sintomi riferiti. Un disturbo di forza e del linguaggio è
più evocativo per la diagnosi di TIA mentre un disturbo di sensibilità o un disturbo visivo isolati
potrebbero essere di altra natura.

Potrebbero piacerti anche