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Il termine “razza” sembra derivare dall’antico vocabolo francese “haraz” che significa

“allevamento di cavalli”, diventato poi con l’aggiunta dell’articolo “l’arazz”.


Per questo motivo, questa parola è normalmente utilizzata quando si parla di animali per
distinguerli in base al grado di purezza e di rarità.
Tuttavia, per lungo tempo, il concetto di razza era usato anche per suddividere gli esseri
umani che presentavano differenze fisiche come il colorito della pelle, il tipo dei capelli, la forma
del viso, del naso, degli occhi, ecc., indipendentemente da nazionalità, lingua e costumi.
Dalla metà del Novecento, gli studi scientifici, basati sulla genetica con la scoperta del Dna,
hanno dimostrato che il concetto di "razza" non è adatto per caratterizzare i diversi sottogruppi
geografici della specie umana poiché non esistono gruppi razziali fissi o discontinui.
Riferendosi alla specie umana, si preferisce ormai non parlare più di razze ma di popolazioni
o di etnie, intendendo con il termine “popolazioni” gruppi di individui che occupano un’area
geografica precisa e con il termine più gergale “etnie” gruppi di persone con lingua, tradizioni,
cultura, religione, stili di vita comuni e con antenati che, almeno alle origini, abitavano in uno stesso
territorio.
Le nozioni di “razze superiori” e “razze inferiori” all’interno della specie umana, nate
nell’Ottocento, oltre a essersi rivelate tesi scorrette dal punto di vista dell’evoluzione della specie
umana, hanno creato la base e la giustificazione per storiche tragedie.
Il nazismo tedesco e lo sterminio degli ebrei come conseguenza della battaglia per il
mantenimento della purezza e l’affermazione della razza ariana, il massacro degli armeni, il
razzismo e la discriminazione nei confronti degli uomini di colore in diverse parti del mondo, ne
sono esempi.
Nonostante la scienza oggi abbia ampiamente dimostrato l’assenza di differenze tra gli
esseri umani, i pregiudizi razziali restano difficili da eliminare e costituiscono un aspetto sui cui la
politica, la sanità, la società e la scienza dovrebbero interrogarsi.
Alla comunità scientifica va attribuita una parte di responsabilità, ormai ampiamente
documentata, almeno per quel che riguarda alcune generazioni passate, nel non aver saputo
rispettare l’obiettività della scienza e diffondere in maniera più chiara la mancanza di evidenze a
sostegno delle differenze tra gli uomini.

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