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“Il lessico di base del discorso parlamentare nel continuum dell'italiano

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Isabella Chiari
Sapienza University of Rome
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7.

Il lessico di base del discorso parlamentare nel


continuum dell'italiano
di Isabella Chiari

7.1. Introduzione. 7.2. Il lessico del discorso parlamentare:


Vocabolario di base nel continuum delle varietà dell’italiano. 7.3. Un
cambiamento tra Prima e Seconda Repubblica? 7.4. Qualche
osservazione qualitativa.

7.1. Introduzione

Tra le varietà funzionali dell’italiano identificate non tanto da fattori di


tipo sociolinguistico, come le tradizionali dimensioni di variazione linguistica,
ma dai domini di interesse, spiccano, per la centralità del ruolo socio-culturale
che svolge, il linguaggio e il discorso politico. Il linguaggio politico è tuttavia
pervaso, come peraltro molti altri linguaggi settoriali, anche da una forte
variazione verticale (Rovere 1989; Cortelazzo 1994) e sarebbe un e rrore
grossolano non tener conto di tale dimensione nel collocare entro tale macro-
varietà di dominio il linguaggio parlamentare. La variazione verticale
interessa infatti, entro uno stesso linguaggio settoriale, aree caratterizzate per
tipologia e r egistro da pubblici diversi (dalla cerchia specializzata alla
divulgazione) e da contesti che possono essere anche fortemente normati.
Questo è p roprio il caso del linguaggio parlamentare entro la macro-varietà
del linguaggio politico.
Un secondo aspetto centrale, più volte sottolineato nella letteratura sulle
caratteristiche dei linguaggi settoriali, riguarda la specificità e tecnicizzazione
realizzata o mancata entro una data varietà di dominio e il peculiare rapporto
di interscambio che si istituisce con la lingua comune. I due aspetti sono
infatti correlati: laddove si costituisce un lessico nella forma rigida, forte,
della nomenclatura, fortemente caratterizzata anche ad esempio nei
meccanismi tipici di formazione delle parole e di accoglimento di neologismi,
in genere il rapporto con la lingua comune risulta relativamente ridotto e
comunque tendente alla specializzazione della polisemia caratteristica delle

69
parole comuni verso una singola accezione monoreferenziale e non ambigua.
Dove invece il lessico, condizionato pragmaticamente dai bisogni espressivi
della varietà funzionale, non si costituisce a nomenclatura esso rimane più
fortemente intriso di lingua comune, come nel caso del linguaggio dei
giornali, della giurisprudenza e dell’economia ed evidentemente della politica
(Beccaria et al. 1973; Sobrero 1993; Cortelazzo 1994).
L’obiettivo di questo contributo è quello di indagare le caratteristiche del
lessico dei leader politici italiani in relazione al nucleo più profondo del
vocabolario italiano, ossia la fascia del lessico che è più conosciuta e più usata
dalla grande maggioranza della popolazione italiana contemporanea.
In particolare si tenterà di collocare il lessico del discorso parlamentare
entro il continuum delle varietà diafasiche e dei generi testuali dell’italiano
usando come indicatore quantitativo la distribuzione del lessico di base usato
dai leader entro il corpus analizzato.
Il discorso parlamentare e in generale il discorso politico e quello
istituzionale si nutrono con modalità diverse e diversi obiettivi del linguaggio
comune. Il lessico della politica risulta infatti per molti versi poco
specializzato rispetto a linguaggi settoriali e lingue speciali ove è p iù tipica
una certa tecnicizzazione lessicale (e semantica) e m eccanismi molto
riconoscibili e produttivi di formazione delle parole. L’intenso interscambio
tra linguaggio politico, in tutti i suoi registri e varietà, è dovuto
indiscutibilmente a un do ppio ordine di fattori. Da una parte i temi e le
questioni discusse sono della natura più diversa e dall’altra la presentazione
dei contenuti oggi non è so lamente indirizzata alla camera parlamentare nel
suo interno, ma è sempre più indirizzata a un pubblico più ampio di non
specialisti che accedono e fruiscono ai materiali parlamentari attraverso le
dirette e differite tv, i servizi televisivi, i rapporti e le sintesi giornalistiche sui
diversi mezzi di comunicazione (vecchi e nuovi media).
È certamente molto difficile distinguere l’effetto esercitato dai mutamenti
generalmente intercorsi negli ultimi trent’anni nella lingua italiana dagli
effetti che nel linguaggio parlamentare ha avuto l’apertura ai media e l a
presenza sempre maggiore di ‘frammenti’ di discorso parlamentare trasmessi
e discussi nel dibattito politico pubblico. Dunque l’esame e la registrazione di
un eventuale cambiamento negli usi delle parole più frequenti non può essere
che un riflesso di mutamenti e tendenze propri della lingua italiana in generale
nei suoi registri e varietà.

7.2. Il lessico del discorso parlamentare: Vocabolario di base nel


continuum delle varietà dell’italiano

I dati lessicali disponibili, basati su analisi soprattutto di carattere


qualitativo, sembrano dare una rappresentazione del lessico parlamentare
come formale, settorializzato e influenzato dal linguaggio giuridico (anche per
le tradizionali caratteristiche demografiche e p rofessionali degli oratori) e

70
comunque di registro medio-alto. Se ne sono sottolineati ad esempio in questa
direzione gli aspetti legati alla presentazione di un registro elevato e d alla
presenza di tecnicismi collaterali e latinismi (Piemontese & Villani 2007) .
Bisogna inoltre notare come il discorso parlamentare e il suo lessico si
collochino in un’area intermedia nella quale è spesso difficile determinare se
ci si trovi di fronte a testi di natura ‘primaria’, elaborati con certezza
esclusivamente da chi li pronunzia, oppure a testi di natura ‘secondaria’ nei
quali vi è un doppio livello di rielaborazione (o elaborazione), l’uno a opera
degli autori dei resoconti 14 l’altro a opera di collaboratori ed estensori dei
discorsi dei leader. Le prassi, quasi mai esplicitamente documentate, relative
al grado di rielaborazione e ricomposizione, variano inoltre notevolmente da
parlante a p arlante in relazione a d iversi fattori molto spesso noti solo alla
cerchia dei collaboratori di ciascun leader e agli addetti alla resocontazione.
Questo spinge ad adottare una forte cautela nell’interpretazione dei testi e
delle loro caratteristiche linguistiche, tenendo sempre ben presente la
‘potenziale’ natura ibrida del prodotto testuale finale che compare pubblicato
nei resoconti.
La rappresentazione del lessico parlamentare come spostata verso il polo
delle varietà alte farebbe dunque presumere un pos izionamento rispetto a
diversi tipi e domini testuali verso la specializzazione e dunque la presenza di
un tasso relativamente basso di incidenza del cosiddetto vocabolario di base e
comune (De Mauro 1980; De Mauro 2005). Il linguaggio politico tuttavia, nel
suo complesso inteso dunque come varietà funzionale che presenta una
relativamente vasta gamma di variazioni anche verticali, registra da alcuni
anni una pressione molto forte verso l’adeguamento alla lingua comune.
Aspetto che emerge con particolare evidenza nel dibattito pubblico trasmesso
e riferito nella stampa.
In questo scritto si tenteranno di osservare e discutere alcuni dati che ci
permettono di dare una collocazione del lessico parlamentare entro il
continuum delle varietà dell’italiano, utilizzando come indicatore non
l’incidenza del lessico ‘tecnicizzato’ bensì del lessico di base, cercando di
mettere in luce se vi siano stati cambiamenti nel tempo e se gli stili dei leader
politici rappresentati nel corpus differiscano per uso relativamente alle parole
che costituiscono il nucleo più antico e più diffuso e compreso della nostra
lingua. Si tenterà dunque di osservare se (e/o quanto) le sotto-varietà del
linguaggio politico più spostate verso un pubblico indifferenziato e soprattutto
critico dal punto di vista elettorale incidano nei fatti a spostare la tradizionale
formalità del lessico parlamentare verso un us o più largo uso del lessico di
base.
Inoltre come rilevano Cortelazzo (1985) e successivamente Piemontese e
Villani (2007: 50) il linguaggio parlamentare si colloca per alcuni aspetti in
una posizione intermedia tra scritto e parlato. Se ciò è vero anche tale
posizione può essere riflessa e rilevata attraverso un confronto del vocabolario

14
Al riguardo si veda il contributo di Paola Villani in questo volume.

71
di base nel continuum dei generi individuati in Chiari e De Mauro (in stampa).
Il vocabolario fondamentale (FO) e quello di alto uso (AU) infatti pur essendo,
per definizione, le fasce del lessico più usate in tutti i generi testuali,
esibiscono in questi una diversa distribuzione e relativa incidenza. I dati
disponibili consentono dunque di posizionare il lessico di un particolare
corpus rispetto all’uso dei lessemi FO e AU mostrandone vicinanza e
lontananza.
Il vocabolario di base infatti rappresenta il nucleo più centrale del lessico
italiano e comprende, nelle sue due fasce basate sull’uso produttivo le 5.000
parole più usate nei testi e comprese da parlanti che abbiano completato la
scuola secondaria inferiore (FO – prime 2.000 parole in ordine di frequenza e
AU - ulteriori 3.000). Si tratta di un nucleo lessicale che tende anche a u na
certa stabilità diacronica e che, in testi di dimensioni ampie, registra stabilità
di occorrenza. Tuttavia tale stabilità non è assoluta: si manifesta entro un
range che va da un minimo a un massimo a seconda dei generi e tipi testuali
(e muta in modo relativamente apprezzabile anche con la lunghezza del testo
analizzato).
Per capire come interpretare i dati relativi al “Corpus del linguaggio
parlamentare dei leader della Prima e S econda Repubblica” (corpus LP), è
necessario illustrare rapidamente come è fatto il lessico di riferimento che sarà
usato per i confronti. Il nuovo vocabolario di base (NVdB) conserva le
tradizionali tre fasce (fondamentale, alto uso e alta disponibilità) ed è costruito
a partire da un corpus di riferimento appositamente progettato dell’estensione
di circa 18 milioni di parole. Il corpus e i dati da esso estratti sono suddivisi in
sei sottocorpora bilanciati di circa tre milioni di occorrenze ciascuno (stampa,
saggistica, letteratura, spettacolo, comunicazione mediata dal computer,
parlato) 15.
Dei moltissimi dati che si possono estrarre da un ordinamento statistico dei
lessemi del corpus, un indicatore relativamente semplice da interpretare è
quello del tasso di copertura. La copertura infatti ci dà una indicazione
generale di quante delle parole di un testo appartengano all’una o all’altra
fascia del vocabolario di base. La copertura è dunque un indicatore
macroscopico di quanto un testo nel suo complesso si avvicini all’essere
compreso e, indirettamente, di quanto lessico invece esca dall’uso ordinario
per farsi più tecnico o più accessibile a strati della popolazione cui è richiesta
una formazione scolastica superiore.
La copertura può essere rappresentata come una percentuale di quante ogni
100 parole del testo (escludendo i nomi propri, le sigle, acronimi e i numeri in
cifra) 16 fanno parte del vocabolario fondamentale e di alto uso. Come si è
15
Per maggiori dettagli si vedano per gli aspetti di metodo (Chiari & De Mauro 2012)
e per una anteprima dei risultati (De Mauro 2012) e il volume in uscita (Chiari & De
Mauro, in stampa).
16
Seguendo i c riteri adottati dalla letteratura più recente sulla copertura (Chujo &
Utiyama 2005). I criteri di valutazione della copertura nella letteratura scientifica
relativa ai corpora di riferimento è n otevolmente cambiata. Ad esempio il LIF

72
detto la copertura è una spia che però varia a seconda delle tipologie testuali e
dei generi a parità di lunghezza dei testi. Dunque osservando i macrogeneri
del corpus del NVdB il vocabolario fondamentale copre in media l’86,3%
delle occorrenze, con punte più basse nella saggistica (81%) e più alte nel
parlato (91%), con uno scarto dunque di ben dieci punti percentuali tra i due
estremi. Se si considera invece la fascia successiva, l’alto uso, che comprende
i successivi 3.000 lessemi in ordine di rango, si osserva una media di 6,4% di
copertura che varia da un minimo di 4% del parlato a un massimo 8,7% della
saggistica. Qui il divario è minore (4,5% di scarto), la direzione di crescita è
invertita rispetto alla fascia FO.
Complessivamente, sommando le coperture del FO e dell’AU, i diversi
generi testuali del corpus del NVdB variano, nell’incidenza del vocabolario di
base, da un minimo di 90% di copertura per la saggistica fino a un massimo di
95% nel parlato. Singoli testi, di breve respiro, violano queste regolarità e
possono avere coperture anche molto più alte. 17
Poiché si verifica una notevole regolarità entro i generi e si nota una
progressione che aumenta nel tasso di copertura del FO dallo scritto-scritto al
parlato, e ch e diminuisce per l’AU, è ipotizzabile usare questo metro per
valutare la collocazione del lessico parlamentare rispetto ai generi individuati
per la stima del NVdB.
Un lavoro di Sergio Bolasco (1996: 200-2) aveva presentato alcuni dati
relativi a un corpus costituito da 46 discorsi programmatici di governo (corpus
Tpg, 406.145 occorrenze) e al suo tasso di VdB. I dati di Bolasco divergono
significativamente da quelli che presenteremo qui sotto. 18 Bolasco nota infatti

adottava un criterio ‘interno’ relativo alla copertura. Queste differenze hanno


conseguenze molto significative nella lettura dei dati. Poiché la copertura viene
solitamente data con una misurazione percentuale, dunque piuttosto a grane larghe, le
differenze sulla copertura dichiarata da LIP o LIF rispetto al NVdB e ai dati qui
presentati possono essere anche molto significative e dunque sostanzialmente
incomparabili.
17
Nell’analisi si è tenuto conto esclusivamente delle due fasce basate sull’uso
produttivo (FO, AU) escludendo la fascia dell’alta disponibilità poiché non ha
significativa e stabile attestazione nei corpora.
18
Questo tuttavia dipende da diversi ordini di problemi. Da una parte vi è l’effetto
della diversità del corpus. Il corpus Tpg rappresenta un particolare tipo di testualità di
parlato-scritto che costituisce di fatto un sottoinsieme del corpus LP (il quale contiene
moltissime altre forme di interventi, e soprattutto ha una cronologia più recente ed ha
una estensione di circa 5 milioni di occorrenze). D’altra parte vi è an che una
significativa differenza relativa alle modalità di calcolo della copertura, che Bolasco
determina senza escludere nomi propri, numeri in cifra e acronimi. Questa differenza
rende costitutivamente più bassi i tassi di copertura identificati da Bolasco rispetto
alle nostre stime. Peraltro, l’incidenza di numeri e nomi, come sappiamo, varia molto
da testo a testo, oltre che sistematicamente da tipologia a tipologia, dunque
l’inclusione di tali occorrenze nel conteggio falsa, da un punto di vista linguistico, la
valutazione del VdB sulla base dei lessemi comuni. Una terza nota riguarda il fatto
che i confronti di Bolasco (1996) sono fatti con l’intero VdB (1980), ossia non
differenziando le fasce – o meglio fornendo solo il dato scorporato del FO - e

73
che in termini di occorrenze l’incidenza del FO nel corpus Tpg è del 63,3% e
del VdB intero (tutte e tre le fasce) raggiunge il 75,4%. Lungi dall’essere
‘rilevante’ tale copertura totale è p aragonabile a quella dei manuali
specialistici più tecnici.
Vediamo ora che quadro emerge dal confronto sul corpus LP della
copertura del VdB e del NVdB relativamente alle sole fasce FO e AU e
osserviamo più in dettaglio come si possono interpretare i dati non in termini
assoluti, ma relativamente a coperture misurate con metodi analoghi per altri
generi testuali dell’italiano.
Gli obiettivi della nostra analisi sono dunque duplici: da una parte
osservare come il corpus LP nel suo complesso si collochi dal punto di vista
della distribuzione, uso e frequenza dei lemmi di base, rispetto ai generi
testuali del NVdB, dall’altra osservare l’incidenza del VdB (1980) e del
NVdB (in stampa) nel corpus e nei sottocorpora relativi alla Prima e Seconda
Repubblica e agli interventi di singoli leader.
L’analisi è stata condotta lemmatizzando l’intero corpus LP con un
lemmatizzatore probabilistico (Tree Tagger) 19 e correggendo gli errori
macroscopici secondo principi simili a quelli che hanno guidato il trattamento
del NVdB 20. A partire dai lemmi identificati si è proceduto a osservare quanti
di questi appartenessero alle due fasce FO e AU del NVdB. Ci si concentrerà
qui per ragioni di spazio sulla sola presentazione dei dati relativi cumulativi
delle due fasce.
Il posizionamento del corpus LP complessivo dal punto di vista della
copertura del NVdB per le fasce FO (83,81%) e AU (7,67%) raggiunge un
totale di 91,48%. 21 Sia il comportamento della fascia fondamentale sia quello

soprattutto includendo la terza fascia, ossia l’alta disponibilità, che notoriamente ha


un comportamento instabile e spesso di fatto ‘non attestato’ nei corpora scritti e
parlati per via della sua cogenza pragmatica.
19
Schmidt 1994.
20
Rispetto al trattamento del corpus del NVdB sono da segnalare alcune differenze. Il
NVdB propone la disambiguazione (manuale) degli omografi assoluti, ossia
appartenenti alla stessa classe grammaticale (riso ‘cereale’ e ‘risata’ sono
lemmatizzati separatamente come 1riso e 2riso secondo la codifica riportata nel Gradit
(De Mauro 1999). Lo stesso lavoro non è stato possibile sul corpus LP per cui il dato
di copertura, seppure solamente per una ventina di lemmi, può essere leggermente
sovrastimato. Il valore sovrastimato è inoltre anche imputabile al fatto che non è
sempre stato possibile tenere conto dell’abbinamento tra forma del lemma e classe
grammaticale nel confronto tra fasce. Per ridurre inoltre l’errore e m assimizzare il
riconoscimento delle forme effettivamente appartenenti alle due fasce del NVdB, si è
proceduto alla correzione delle cattive classificazioni sistematiche che TreeTagger
porta con sé per insufficienza del dizionario macchina di riferimento e per contesti
sintattici ambigui.
21
Il calcolo della copertura è s tato condotto con la metodologia che segue: i
sottocorpora, privati dei metadati, sono stati lemmatizzati usando TreeTagger con il
tagset di Marco Baroni. Successivamente sono state applicate tutte le correzioni
apportate agli errori sistematici di lemmatizzazione registrati durante la lavorazione
per il NVdB alle lemmatizzazioni dei sottocorpora, con la sola eccezione della

74
della fascia di alto uso sembrano collocare in modo deciso il linguaggio
parlamentare come intermedio tra saggistica e stampa, più vicino al polo della
stampa.
In Figura 7.1 è possibile visualizzare la collocazione complessiva del tasso
di copertura delle fasce FO e AU del corpus LP.

Fig. 7.1 - La copertura di FO+AU nel corpus LP e nei generi del NVdB

Dunque l’osservazione globale del corpus dalla I alla XVI legislatura


fornisce una rappresentazione del lessico parlamentare come tradizionalmente
collocato verso la dimensione formale dello scritto-scritto. L’uso delle parole
più comuni del lessico italiano infatti è relativamente basso.

disambiguazione degli omografi assoluti (che nel NVdB è condotta manualmente). In


conseguenza di ciò, mentre le omografie grammaticali o testuali (porta come
sostantivo e porta come verbo) sono correttamente attribuite alle classi grammaticali
rispettive a seconda dello specifico contesto di ciascuna occorrenza, le omografie
assolute (riso sostantivo come ‘cereale’ e come ‘risata’) non sono distinte. È dunque
applicata in questo secondo caso l’etichetta più probabile (ossia quella che nel corpus
di riferimento è la più frequente e dispersa). L’ultima fase è stata il c onfronto della
forma di citazione del lemma con le marche del NVdB (marche FO e AU solamente,
poiché l’AD come ben noto non si distingue per proprietà statistiche stabili).

75
7.3. Un cambiamento tra Prima e Seconda Repubblica?

Da più parti si è osservato tuttavia un cambiamento generale nelle


caratteristiche del linguaggio politico e parlamentare nel passaggio dalla
Prima alla Seconda Repubblica. Il mutamento è comunque interpretabile in
relazione a u na generale tendenza di molti tipi e generi verso caratteristiche
solitamente ascritte alla lingua parlata e i noltre viene anche motivato in
relazione ai diversi spazi di discussione politica più aperti al pubblico
generico e a v olte anche drasticamente influenzati dall’avvento dei nuovi
media (Bentivegna 2002; Spina 2012). Il politichese è da più parti segnalato
come in largo declino con la scesa in campo di Berlusconi e ancor più con
l’entrata di Bossi e di quello che Giuseppe Antonelli chiama il ‘paradigma del
rispecchiamento’ (Sobrero 1995; Antonelli 2000).
Il parlato parlamentare è sicuramente solo uno de i luoghi dove si può
osservare in modo più circostanziato il fenomeno e forse non ne costituisce il
caso esemplare, proprio per la natura, già più volte richiamata, più formale
dello scambio e dell’intervento comunicativo. Per questo carattere
tradizionalmente molto vicino allo scritto-scritto, il discorso parlamentare si
configura come un luogo interessante dove osservare eventuali slittamenti
nelle caratteristiche del linguaggio politico, in quanto, tra le tipologie e i sotto-
generi del discorso politico è quello in cui ci si aspettano meno innovazioni e
più attaccamento conservativo alle norme e agli usi tradizionali.
L’eventuale registrazione di uno slittamento del parlato-scritto
parlamentare verso il polo parlato è stato tuttavia raramente oggetto di
indagini specifiche su grandi corpora testuali e difficilmente si è scostato da
impressioni di tipo qualitativo.
Un tentativo su una scala certamente più ampia di quelle disponibili finora
può essere quello della valutazione dell’incidenza del NVdB nei testi del
corpus relativi alla Prima e alla Seconda Repubblica. Come si è visto infatti il
corpus del NVdB consente di avere una rappresentazione piuttosto chiara del
diverso comportamento dei lemmi fondamentali e di alto uso nei tipi e generi
più formali dello scritto rispetto al parlato.
Per misurare la collocazione del vocabolario di base nella Prima e Seconda
Repubblica si sono suddivisi i sottocorpora in due archi temporali: 1948-1993
e 1994-2011. Successivamente si sono suddivisi i testi del corpus LP in
porzioni di uguale lunghezza (6.000kb, circa 970.000 occorrenze) in modo da
minimizzare gli effetti di distorsione che la lunghezza determina sul calcolo
della copertura testuale. A questo punto si sono lemmatizzati i file e
confrontati con i lessemi del vocabolario fondamentale e di alto uso, con la
stessa metodologia riportata nel paragrafo precedente, ottenendo i livelli di
copertura per la fascia fondamentale riportati in Figura 7.2. Innanzitutto una
prima osservazione riguarda il fatto che la collocazione della copertura del
vocabolario fondamentale dei due archi cronologici non è molto dissimile.
Effettivamente la copertura che riguarda la porzione di corpus relativa alla
Seconda Repubblica scavalca, seppur di poco, il genere della STAMPA.

76
Tuttavia già il corpus LP completo si collocava, come abbiamo visto, già
molto vicino a STAMPA, e bisogna tenere conto che la quantità di materiale
relativa alla Prima Repubblica è più di quattro volte più estesa di quella
relativa alla Seconda.

Fig. 7.2 - La copertura di FO della Prima e Seconda Repubblica

Dunque, se i l dato conferma la vicinanza nell’uso del vocabolario


fondamentale nel lessico parlamentare e nella stampa, si può immediatamente
notare che la Prima e l a Seconda Repubblica registrano un minimo
avvicinamento verso il polo più alto (diciamo, come riferimento generale,
quello del PARLATO) negli anni più recenti. Lo scarto per il fondamentale è di
circa 1 punto percentuale. Lo slittamento è ap prezzabile anche se n on
clamoroso, confermando una certa conservatività, almeno a l ivello globale,
nel linguaggio usato in Parlamento.

Tab. 7.1 - Coperture di FO e AU del NVdB tra Prima e Seconda Repubblica

Copertura I Repubblica II Repubblica I Repubblica II Repubblica


fasce copertura copertura copertura copertura
NVdB lessicale lessicale grezza grezza
FO 83,61 84,56 80,21 81,20
AU 7,71 7,68 7,40 7,38
altro 8,68 7,76 12,40 11,42
FO+AU 91,32 92,24 87,60 88,58
Totale 100,00 100,00 100,00 100,00

77
Mentre il vocabolario fondamentale risulta una spia registrabile dello
slittamento verso l’alto, il vocabolario di alto uso rimane sostanzialmente
stabile a coprire intorno al 7,5% dei due sottocorpora (Tabella 7.1 22). Dunque
se qualcosa è a ccaduto nel passaggio dalla prima fascia temporale alla
seconda è a ccaduto in misura generalizzata solamente per la fascia più
frequente in assoluto del lessico (FO), e per contro nelle fasce che si trovano al
di fuori del NVdB (che registrano di conseguenza una riduzione d’uso). Ci
sono quindi alcune parole frequenti che sono diventate ancora più frequenti e
parole relativamente rare o tecniche vengono usate meno che in passato. La
fascia intermedia, l’alto uso, spesso distinta per astrattezza e g eneralità,
rimane relativamente salda complessivamente in termini di capacità di
copertura.
Legittimamente ci si può chiedere se questo non dipenda dal fatto che il
NVdB è tarato su testi più recenti, soprattutto degli ultimi anni. Una ulteriore
cartina di tornasole può essere quella di verificare come stanno le cose non
prendendo a confronto i lessemi del NVdB, ma quelli del VdB (De Mauro
1980).
Il VdB fotografa meglio l’epoca che va dalla fine degli anni Cinquanta ai
primi anni Settanta (poiché i testi del LIF, sua principale fonte erano raccolti in
quell’epoca), con poche correzioni dovute all’inserimento di dati del LIP
relativi ai primissimi anni Novanta del Novecento. Fino a oggi il VdB era
l’unico strumento di riferimento esistente per misurare l’uso dei lessemi
frequenti. Ci si può domandare se fosse capace già di discriminare le
differenze esibite nel corpus LP tra Prima e Seconda Repubblica.
I dati, riportati in Tabella 7.2, sembrano andare tuttavia in una direzione
diversa.

22
Le colonne con l’indicazione copertura lessicale indicano la copertura secondo il
modello NVdB, ossia escludendo numeri in cifra, nomi e acronimi; le colonne con
l’indicazione copertura grezza invece ci danno il dato totale considerando anche le
occorrenze delle classi prima escluse. Il dato è fornito per permettere la comparazione
con altre misure di copertura che non tengano conto del ruolo funzionale diverso
svolto da questi elementi testuali. Si può notare che in media la differenza sta tra il 3-
4%. La copertura lessicale ci permette di valutare, da un punto di vista
esclusivamente linguistico, gli usi lessicali, escludendo porzioni testuali che invece
poggiano primariamente su competenze matematiche e numeriche o su conoscenze
enciclopediche.

78
Tab. 7.2 - Coperture di FO e AU del VdB tra Prima e Seconda Repubblica

Copertura I Repubblica II Repubblica I Repubblica II Repubblica


fasce copertura copertura copertura copertura
VdB lessicale lessicale grezza grezza
FO 78,25 78,34 75,06 75,23
AU 7,10 7,02 6,81 6,74
altro 14,66 14,65 18,13 18,04
FO+AU 85,34 85,35 81,87 81,96
Totale 100,00 100,00 100,00 100,00

Il tasso di copertura del VdB (1980) non solo non registra una differenza
apprezzabile tra le due epoche cronologiche in esame, ma si assesta a un tasso
di copertura significativamente più basso per entrambi i sottocorpora rispetto
al NVdB (circa 78,% per il solo FO – che con il NVdB sta tra 84-85%; e 85%
per FO + AU, che nel NVdB si colloca tra 91-92%). 23
Questo dato in isolamento è di difficile interpretazione. Da una parte
potrebbe sembrare che il VdB per il suo arco cronologico di riferimento sia
lontano dal rappresentare in modo perspicuo perfino il lessico della Prima
Repubblica (da notare che il NVdB ha una copertura di più di 7 punt i
percentuali più alta del VdB per la Prima Repubblica, segno – nell’ipotesi più
cauta - che nei venti anni 1970-93 il vocabolario fondamentale era mutato
significativamente, o che il riferimento dell’epoca per ragioni qualitative e
quantitative – il LIF, rappresentasse in modo parziale il tipo testuale del
discorso parlamentare).
Ma è possibile dare una interpretazione ancora diversa. La spiegazione
della maggiore copertura data anche per la Prima Repubblica dal NVdB
rispetto al VdB potrebbe dipendere dal fatto che una parte dei lessemi non
fondamentali che caratterizzano il lessico parlamentare dell’epoca siano con il
tempo effettivamente aumentati d’uso in maniera generalizzata in tutti i generi
e tipi testuali dell’italiano tanto da emergere e ridefinire la fascia
fondamentale come registrata nel NVdB. Tale ipotesi potrebbe essere

23
A ulteriore conferma della maggiore stabilità nell’uso del NVdB basti segnalare il
valore di deviazione standard delle percentuali di copertura delle fasce nei diversi
campioni esaminati per la Prima Repubblica. Mentre per il N VdB i v alori sono
comunque sotto lo 0,5% (per il fondamentale e l’alto uso), 0,3% per il comportamento
globale delle due fasce unite, nel caso del VdB il fondamentale arriva a una
variazione di 1% e le fasce unite a 0,7%. Solo l’AU rimane più stabile con un valore
simile a quello della nuova lista di riferimento ossia 0,4%. Chujo & Utiyama (2005)
sostengono che sia da ritenersi accettabile una variazione standard del 2% per la
valutazione dei campioni da usare per la copertura testuale relativa ai primi 3.000
lessemi di una lingua, propendendo però per un valore più saldo come l’1%. Dal
nostro punto di vista tuttavia l’1% è da ritenersi già un valore relativamente alto,
soprattutto considerando l’ampiezza dei campioni, che nel nostro caso erano ciascuno
di più di 900.000 occorrenze.

79
suffragata dalla comparsa nel nuovo fondamentale di lessemi più astratti,
metalinguistici, cognitivi, relativi alla dimensione all’organizzazione di
attività e operazioni di natura meno legata al concreto. Si vedrà qualche dato
qualitativo in proposito nel prossimo paragrafo.
La questione è certamente molto complessa e ci sarà modo in futuro per
esaminarne le criticità metodologiche e le possibili interpretazioni integrando
il mero indicatore di copertura con dati qualitativi e quantitativi capaci di
cogliere aspetti diversi in modo meno macroscopico.

7.4. Qualche osservazione qualitativa

L'esame concreto di singoli lessemi caratterizzanti, entrati o usciti dal


lessico parlamentare, può illuminare alcuni degli aspetti indicati dal tasso
globale di copertura e illustrare meglio il passaggio dalla Prima alla Seconda
Repubblica negli usi lessicali molto comuni.
Partiamo dall’osservare alcuni lessemi che determinano il fatto che la
copertura lessicale del vocabolario di base del lessico parlamentare dei leader
come rilevato oggi risulta più alta di quella registrata per il VdB del 1980.
Sono registrati infatti, già nel sottocorpus della Prima Repubblica, alcuni
lessemi che con il tempo sono entrati in una delle due fasce di frequenza
produttiva del nuovo vocabolario di base (FO, AU). Questi lessemi si sono
diffusi in tutti i generi testuali dalla saggistica al parlato con maggior
frequenza rispetto al passato. Si tratta di parole come dibattito, proprietario,
proposta, rispettivo, argomentazione, capitolo, impostazione,
programmazione, alternare, indicazione, opportunità, chiarire, perseguire,
criterio, individuare, ribadire, consapevolezza, evoluzione, formulare,
scadenza. Tutti lessemi classificati nel Gradit come comuni (CO) oppure
comuni e tecnico-specialistici (CO TS). Come si può vedere tra questi figurano
lessemi riguardanti operazioni linguistiche, cognitive e retoriche e in generale
operazioni e stati di natura astratta, spesso di carattere metalinguistico. Questi
lessemi sono tipici del lessico parlamentare dove il discorso stesso è oggetto
di discussione per eccellenza 24 ed è i nteressante notare come oggi siano
penetrati nel tessuto ordinario dello scambio comunicativo, anche in tipologie
parlate o informali come la comunicazione mediata dal computer. Segno di un
allargamento negli usi lessicali che è u n riflesso del percorso di
appropriazione da parte di una più ampia base demografica della lingua e
delle diverse sue varietà funzionali.
Esistono poi alcuni, pochi, casi di lessemi effettivamente entrati in uso solo
di recente e d unque registrati solamente nel sottocorpus della Seconda
Repubblica. Un caso emblematico è quello di euro entrato in uso dal 1995 e
rapidamente salito alla fascia del vocabolario fondamentale (soppiantando

24
Si veda la nota etimologica sull’uso di parlamentare, parlamento nel contributo di
Paola Villani in questo volume.

80
lira, che tuttavia permane nella lingua comune nei modi di dire e locuzioni
cristallizzate attestate anche nel corpus LP – neanche una lira, non può
spendere una lira, le vecchie lire).
Parole tipiche del linguaggio parlamentare della Seconda Repubblica che
nella lingua comune registrano un passaggio di fascia dal FO all’AU,
rimanendo dunque anche nel NVdB, sono ad esempio: patto, consenso,
approvare, Mezzogiorno, occupazione, eleggere, civiltà, esercitare,
rappresentante, divisione, misurare. Mentre alcune parole che escono dal
nuovo vocabolario fondamentale parallelamente subiscono riduzione forte
anche nell’uso nel lessico parlamentare della Seconda Repubblica:
delinquente, rancore, provvidenza, supplicare, benedire, vigliacco.
Altri passaggi di rilievo sono quelli dalle vecchie fasce AD e AU oggi usciti
dal NVdB, ma rappresentanti parole ancora tipiche del linguaggio
parlamentare, ma di uso circoscritto e dunque oggi non di sperso nelle
tipologie diverse da stampa o saggistica. Dall’AD escono sfiducia, dissenso,
autorevole, serietà, progressista, rafforzamento, lealtà, repressione, votazione
ma anche, a braccetto, ancora usati nel linguaggio parlamentare ma meno
nelle altre tipologie, escono dal NVdB le parole israeliano e palestinese.
Dall’AU escono inoltre ancora alcune parole ancora tipiche del linguaggio
parlamentare: schieramento, tregua, compimento, sottosegretario, imposta,
leale, profugo, riformare, fronteggiare, onestà, fermezza, ipocrisia, vigilanza.
Mentre al di fuori del vecchio e nuovo VdB si confermano tipicamente
legate alla vita parlamentare parole come: onorevole, legislatura, coalizione,
federalismo, emendamento, finanziaria, mozione, bipolarismo, bicamerale,
programmatico, maggioritario, riformatore, liberalizzazione,
modernizzazione, legittimazione, comunitario, privatizzazione, legislazione,
legittimità, presidenzialismo, bipolare, governabilità, concertazione, varare,
garante, ammortizzatore, propagandistico, assistenzialismo, centralismo,
proporzionale, assistenziale, previdenziale, governativo, salvaguardare,
trasformismo, pluralismo, abolizione, liberista, ribaltone, monopolio,
contribuente, tributario, presidenziale, valorizzazione.
Occorre certo usare tutte le cautele nell’interpretare un indicatore così
macroscopico come quello della copertura delle fasce del NVdB. Tale
indicatore è infatti complessivo e nasconde al suo interno una moltitudine di
fattori diversi che concorrono a determinarne il valore (tra cui sono da citare
la tendenza alla ripetizione e la ricchezza lessicale, ma anche la qualità delle
fasce che, restando fuori dal vocabolario di base, configurano a volte con
maggiore vividezza il vocabolario di un oratore rispetto ad altri.
Tale indicatore è inoltre solo un riflesso a sua volta della complessità degli
usi lessicali di un parlante e va comunque integrato con analisi qualitative e
quantitative che tengano conto della dimensione sintattica e testuale e d ella
pragmatica comunicativa.

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