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CEM

PENICINA, PAVIA
MAGGIO 2015
Mi rispecchio, mi ricordo, tramo.
Tracce della mia storia nel testo letterario
Atelier di scrittura autobiografica

ANTOLOGIA DEI TESTI

Anna, Carlo, Cristina, Eleonora, Fiammetta, Franca, Gipo, Ilaria,


Marta, Sara, Viviana

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Meriggiare pallido e assorto Rêvé pour l’hiver

Meriggiare pallido e assorto A*** Elle,


presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi L'hiver, nous irons dans un petit wagon rose
schiocchi di merli, frusci di serpi. Avec des coussins bleus.
Nous serons bien. Un nid de baisers fous repose
Nelle crepe del suolo o su la veccia Dans chaque coin moelleux.
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano Tu fermeras l'oeil, pour ne point voir, par la glace,
a sommo di minuscole biche. Grimacer les ombres des soirs,
Ces monstruosités hargneuses, populace
Osservare tra frondi il palpitare De démons noirs et de loups noirs.
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi Puis tu te sentiras la joue égratignée...
di cicale dai calvi picchi. Un petit baiser, comme une folle araignée,
Te courra par le cou...
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia Et tu me diras : "Cherche !" en inclinant la tête,
com’è tutta la vita e il suo travaglio - Et nous prendrons du temps à trouver cette bête
in questo seguitare una muraglia - Qui voyage beaucoup...
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
En wagon, le 7 octobre 1870
Eugenio Montale
Arthur Rimbaud

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Sognato per l'inverno Medea, Euripide

A*** Lei
Un ospite
D'inverno, andremo in un piccolo vagone rosa uniformarsi in tutto alla città
deve; né pure un paesano lodo
Con i cuscini blu. che per troppa baldanza ai cittadini
riesce ingrato, o per serbarsi incognito.
Staremo bene. Un nido di folli baci riposa Su me piombò questo inatteso evento,
e il cuore mi spezzò. Perduta io sono:
In ogni morbido cantuccio. piú non ho gioia della vita, e voglio
morire, amiche, quando l'uom che tutto,
lo vedo or bene, era per me, lo sposo
mio, s'è mostrato il piú tristo degli uomini.
Chiuderai gli occhi, per non veder, dal finestrino, Fra quante creature han senso e spirito,
noi donne siam di tutte le piú misere.
Le ombre della sera ghignare,
Ché, con profluvii di ricchezze prima
Quelle arcigne mostruosità, plebaglia dobbiam lo sposo comperare, e accoglierlo
- male dell'altro anche peggiore - despota
Di neri demoni e neri lupi. del nostro corpo. E il rischio grande è questo:
se sarà tristo o buon: ché separarsene
non reca onore alle consorti, né
repudïar si può lo sposo. E, giunta
Poi ti sentirai la guancia graffiata… quindi a nuovi costumi, a nuove leggi,
indovina dovrebbe esser: ché appreso
Un piccolo bacio, come un ragno impazzito, in casa non ha già come piacere
possa allo sposo. E quando, a gran fatica,
Ti correrà sul collo… vi siamo giunte, se lo sposo vive
di buon grado con noi, se non sopporta
il giogo a forza, invidïata vita
la nostra! Ma se no, meglio è morire.
E mi dirai "Cerca!" chinando la testa,

- E perderemo tempo a cercare quella bestia

- Che viaggia tanto…

Arthur Rimbaud

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"Nulle part dans la maison de mon père", di Assia DJEBAR, parlano.
Babel, 2007, pp. 19-21 La abbracciavano a turno, giocavano con lei? Ricorda a malapena.
Ma come si sentiva bene tra loro quelle domeniche mattina in cui il
LE LACRIME padre poteva oziare mentre la madre finiva con andare a preparare la
colazione!
Mi torna alla memoria il ricordo di una bambina di cinque o sei anni Ricorda (mi ricordo) che suo padre poi leggeva il giornale; la
che legge il suo primo libro : è arrivata di corsa nell'appartamento madre, accendeva la Radio - "Radio Algeri, stazione araba" - da
del paesino, con, in mano, un romanzo preso in prestito ascoltatrice fervida sia di musica sentimentale egiziana, sia di
dalla biblioteca scolastica. Senza abbracciare la madre in cucina, si è lamentazioni espresse in dialetto algerino ...
precipitata nella stanza dei genitori; si è buttata prona su quel letto E le lacrime della bambina - dell'Infanta - provocate da questa
che le pare enorme (di fronte, nel vecchio specchio prima lettura? Tanti anni dopo,
lei può intravedere, in fondo, se stessa, un'altra ragazzina). si chiede se quelle lacrime evocate non traevano la loro dolcezza dal
Sì, a faccia in giù, le ginocchia piegate, con i piedi che hanno letto dei genitori, dove si era buttata, mentre il ragazzino del libro,
respinto i sandali, ha aperto il libro e legge: è come bere o come non conosceva nessun riposo, nessun rifugio dalle sue disgrazie
annegare! Dimentica il tempo, la casa, il villaggio, perfino il suo lungo tutte le pagine sfogliate.
doppio capovolto in fondo allo specchio. Mia madre, a lungo esitante sulla soglia, ha cercato di calmarmi:
Leggendo, ha deciso: «Non mi fermerò fino all'ultima pagina!" - Non piangere! Vieni a prendere la merenda in cucina!
Poco dopo, piange senza accorgersene, dapprima in silenzio, poi con Ma io, immersa nelle peripezie della storia:
singhiozzi che la scuotono lentamente. Sua madre, che ha preparato - Vedi bene, leggo! ho risposto, senza preoccuparmi della sua
la merenda come ogni giorno, sente dalla cucina, il lamento scandito tranquillità ..
da singhiozzi. Allarmata, si precipita [..] Non so se mi sono asciugata gli occhi; mi rimane indelebile l'acre
... La giovane donna di 24 anni - che non sa ancora leggere il piacere di quelle lacrime.
francese, solo l'arabo - immagina quali ostacoli, quali nemici per la Ha insistito, la giovane madre? Sopra pensiero, ha finito per
sua piccola, nella "loro" scuola. allontanarsi: "Così, leggere cose tristi fa piangere, ma senza vero
- Cosa è successo in classe? chiede con ansia. dolore!" doveva dire tra sé, scoprendo questo mistero.
Senza alzare la testa, senza asciugare le guance, con un tono di
ardente curiosità, la ragazzina palpita di un turbamento tutto nuovo.
Le sue dita sfogliano rapidamente le pagine:
- Ma niente! Sto leggendo, Mma! esclama la bambina piangente,
con fierezza e piacere.
Così, per la prima volta, la ragazzina è rapita - ero rapita - dalla vita
così vicina, così palpabile di un altro essere, l'eroe di "Senza
famiglia" inventato da Hector Malot.
Un ragazzino ha perso i genitori: la bambina piange di fronte a
questa disgrazia, rannicchiata nel letto dei suoi genitori - così ampio,
con i montanti in mogano e dove, sempre, appena si sveglia nel
piccolo letto a lato, chiede uno spazio tra il padre e la madre.
Lei si rannicchia in mezzo, mentre loro, al di sopra del suo corpo, si
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LES LARMES Nulle part dans la maison de mon père", dessus son corps à elle.
di Assia DJEBAR, Babel, 2007, pp. 19-21 L'embrassaient-ils tour à tour, jouaient-ils avec elle ? Elle s'en
souvient à peine. Mais comme elle
Remonte en ma mémoire le souvenir d'une fillette de cinq ou six ans, se sentait bien, entre eux, ces dimanches matin où le pére pouvait
lisant son premier livre : elle paresser tandis que la mère finissait par aller préparer le petit
est arrivée en coup de vent dans cet appartement du village, avec, à la déjeuner !
main, un roman emprunté à Elle se rappelle (je me rappelle) que son pére lisait ensuite son
la bibliothèque scolaire. Sans embrasser sa mère dans la cuisine, elle journal ; la mère, elle, allumait la
a foncé dans la chambre pa- radio - "Radio Alger, chaîne arabe" - en fervente auditrice tantót de
rentale ; elle s'est jetée à plat ventre sur ce lit qui lui semble immense musique sentimentale égyptienne, tantót de complaintes déroulées en
(en face, dans le haut miroir dialecte algérien...
ancien, elle peut s'entrevoir, tout au fond, en une autre fillette). Et les larmes de l'enfant - de l'infante - suscitées par cette première
Oui, à plat ventre, les genoux pliés, ses pieds ayant rejeté les lecture ? Tant d'années après,
sandales, elle a ouvert le livre et elle lit : comme on boit ou comme elle se demandera si ces larmes évoquées ne tenaient pas leur
on se noie ! Elle oublie le temps, la maison, le village, et jusqu'à son douceur du lit de ses parents où elle s'était jetée, alors que le
double inversé au fond du miroir. garçonnet du livre, lui, ne connaissait nul repos, nul havre dans ses
Lisant, elle décide : "Je ne m'arrêterai qu'à la dernière page !" malheurs tout au long des pages tournées.
Peu après, elle pleure sans s'en apercevoir, en silence d'abord, puis Ma mère, longtemps hésitante sur le seuil, a tenté de me calmer :
avec des sanglots qui la secouent lentement. Sa mère, qui a préparé le — Ne pleure plus ! Viens prendre ton goùter à la cuisine !
goûter comme chaque jour, entend, de la cuisine, ce lamento ponctué Moi, engloutie dans les péripéties de l'histoire :
de hoquets. Alarmée, elle se précipite [..] — Tu vois bien, je lis ! ai-je rétorqué, sans me soucier de sa
...La jeune femme de vingt-quatre ans - qui ne sait pas encore lire tranquillité d'esprit...
le français, seulement l'arabe - imagine quels obstacles, quels Je ne sais si je me suis essuyé les yeux ; me reste, ineffaçable, l'acre
ennemis pour sa petite, dans "leur" école. plaisir de ces larmes.
— Que t'est-il arrivé en classe ? interroge-t-elle avec inquiétude. A-t-elle insistè, la jeune mère ? Rêveuse, elle a fini par s'éloigner :
Sans lever la téte, sans s'essuyer les joues, sur un ton de curiosité "Ainsi, de lire des choses tristes, cela fait pleurer, mais sans véritable
avide, la fillette palpite d'un trouble tout neuf. Ses doigts tournent tristesse !" devait-elle se dire en découvrant cette énigme.
vivement chaque page :
— Mais rien ! Je lis, Mma ! s'exclame la pleureuse, fièrement et
avec volupté.
Ainsi, pour la première fois, la fillette est saisie -je suis saisie - par
la vie si proche, si palpable d'un autre être, le héros de Sans famille
imaginé par Hector Malot.
Un garçonnet a perdu ses parents : la fillette pleure devant ce
malheur, calfeutrée, elle, dans le lit parental - si large, aux montants
d'acajou et où, auparavant, a peine réveillée dans le petit lit a côté,
elle demandait a être placée entre son père et sa mère.
Elle se pelotonnait au milieu, tout contre eux ; ils se parlaient par-
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Triumphus Mortis I vv. 166-172 EMERGENCY
Erri De Luca, maggio 2011

Pallida no, ma più che neve bianca,


che senza venti in un bel colle fiocchi, Eredità è una parola a doppio taglio. Si può intendere come atto
parea posar come persona stanca. notarile di trasferimento dei beni ai discendenti. In questo caso è un
Quasi un dolce dormir ne’ suo’ belli occhi, affare che spesso si risolve in risse legali di accaparramento. Eredità
sendo lo spirto già da lei diviso, è pure quello che un padre ha provato a fare e ha lasciato incompiuto.
era quel che morir chiaman gli sciocchi. Si può ereditare l'omissione, il rammarico per l'opera imperfetta,
Morte bella parea nel suo bel viso. interrotta. Mio padre, alpino in guerra, amò le montagne che gli
medicarono l'ulcera della guerra con la loro bellezza strafottente. Io
Francesco Petrarca (nato ad Arezzo il 20 luglio 1304), Triumphus sono diventato scalatore. Amava i libri, sono diventato uno che
Mortis I vv. 166-172 scrive. Si rammaricò di non essersi immischiato nella resistenza, io
ho praticato antifascismo. Esiste un'eredità opposta a quella dei beni.
Esiste l'eredità del compito inevaso. Una frase del Talmud, dal Rotolo
dei padri, dice: “Non ti è imposto di completare l'opera, ma non sei
libero di sottrartene.” Questo è accaduto a molti di noi nati in mezzo
al 1900.

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Se questo è un uomo, Capitolo "IL CANTO DI ULISSE" sole è già alto, mezzogiorno è vicino. Ho fretta, una fretta furibonda.
PRIMO LEVI Ecco, attento Pikolo, apri gli orecchi e la mente, ho bisogno che tu
...Il canto di Ulisse. Chissà come e perché mi è venuto in mente: ma capisca :
non abbiamo tempo di scegliere, quest’ora già non è piú un’ora. Se Considerate la vostra semenza : Fatti non foste a viver come bruti,
Jean è intelligente capirà. Capirà: oggi mi sento da tanto. ... Chi è Ma per seguir virtute e conoscenza. Come se anch’io lo sentissi per la
Dante. Che cosa è la Commedia. Quale sensazione curiosa di novità prima volta : come uno squillo di tromba, come la voce di Dio. Per
si prova, se si cerca di spiegare in breve che cosa è la Divina un momento, ho dimenticato chi sono e dove sono.
Commedia. Come è distribuito l’Inferno, cosa è il contrappasso.
Virgilio è la Ragione, Beatrice è la Teologia. Jean è attentissimo, ed
io comincio, lento e accurato :
Lo maggior corno della fiamma antica Cominciò a crollarsi
mormorando, Pur come quella cui vento affatica. Indi, la cima in qua
e in là menando Come fosse la lingua che parlasse Mise fuori la voce,
e disse : Quando...
... Ma misi me per l’alto mare aperto. Di questo sì, di questo sono
sicuro, sono in grado di spiegare a Pikolo, di distinguere perché «
misi me » non è « je me mis », è molto piú forte e piú audace, è un
vincolo infranto, è scagliare se stessi al di là di una barriera, noi
conosciamo bene questo impulso. L’alto mare aperto: Pikolo ha
viaggiato per mare e sa cosa vuol dire, è quando l’orizzonte si chiude
su se stesso, libero diritto e semplice, e non c’è ormai che odore di
mare: dolci cose ferocemente lontane.
Siamo arrivati al Kraftwerk, dove lavora il Kommando dei posacavi.
Ci dev’essere l’ingegner Levi. Eccolo, si vede solo la testa fuori della
trincea. Mi fa un cenno colla mano, è un uomo in gamba, non l’ho
mai visto giú di morale, non parla mai di mangiare. « Mare aperto ».
« Mare aperto ». So che rima con « diserto » : « ... quella compagna
Picciola, dalla qual non fui diserto », ma non rammento piú se viene
prima o dopo. E anche il viaggio, il temerario viaggio al di là delle
colonne d’Ercole, che tristezza, sono costretto a raccontarlo in prosa:
un sacrilegio. Non ho salvato che un verso, ma vale la pena di
fermarcisi : .. Acciò che l’uom piú oltre non si metta. « Si metta » :
dovevo venire in Lager per accorgermi che è la stessa espressione di
prima, « e misi me ».
Ma non ne faccio parte a Jean, non sono sicuro che sia una
osservazione importante. Quante altre cose ci sarebbero da dire, e il
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Uno, nessuno, centomila, IV. Com’io volevo esser solo, Carme V, Carmina, Catullo
Luigi Pirandello Vivamus mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum seueriorum
Era proprio la mia quell'immagine intravista in un lampo? Sono omnes unius aestimemus assis!
proprio così, io, di fuori, quando – vivendo - non mi penso? Dunque soles occidere et redire possunt:
per gli altri sono quell'estraneo sorpreso nello specchio: quello, e non nobis cum semel occidit breuis lux,
già io quale mi conosco: quell'uno lì che io stesso in prima, nox est perpetua una dormienda.
scorgendolo, non ho riconosciuto. Sono quell'estraneo che non posso da mi basia mille, deinde centum,
veder vivere se non così, in un attimo impensato. Un estraneo che dein mille altera, dein secunda centum,
possono vedere e conoscere solamente gli altri, e io no." deinde usque altera mille, deinde centum.
E mi fissai d'allora in poi in questo proposito disperato: d'andare dein, cum milia multa fecerimus,
inseguendo quell'estraneo ch’era in me e che mi sfuggiva; che non conturbabimus illa, ne sciamus,
potevo fermare davanti a uno specchio perché subito diventava me aut ne quis malus inuidere possit,
quale io mi conoscevo; quell'uno che viveva per gli altri e che io non cum tantum sciat esse basiorum.
potevo conoscere; che gli altri vedevano vivere e io no. Lo volevo
vedere e conoscere anch’io così come gli altri lo vedevano e
conoscevano. Viviamo, mia Lesbia, e amiamo
Ripeto, credevo ancora che fosse uno solo questo estraneo: uno solo e ogni mormorio perfido dei vecchi
per tutti, come uno solo credevo d'esser io per me. Ma presto l'atroce valga per noi la più vile moneta.
mio dramma si complicò: con la scoperta dei centomila Moscarda Il giorno può morire e poi risorgere,
ch'io ero non solo per gli altri ma anche per me, tutti con questo solo ma quando muore il nostro breve giorno,
nome di Moscarda, brutto fino alla crudeltà, tutti dentro questo mio una notte infinita dormiremo.
povero corpo ch’era uno anch'esso, uno e nessuno ahimè, se me lo Tu dammi mille baci, e quindi cento,
mettevo davanti allo specchio e me lo guardavo fisso e immobile poi dammene altri mille, e quindi cento,
negli occhi, abolendo in esso ogni sentimento e ogni volontà. quindi mille continui, e quindi cento.
Quando così il mio dramma si complicò, cominciarono le mie E quando poi saranno mille e mille
incredibili pazzie. nasconderemo il loro vero numero,
che non getti il malocchio l'invidioso
per un numero di baci così alto.
(trad. S. Quasimodo)

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Fausto e Anna, XII, Carlo Cassola Aprèslude
Con Anna Fausto era felice, a patto di non parlare; quando apriva bocca, Devi saperti immergere, devi imparare,
diceva ogni sorta di sciocchezze, avvertiva che erano tali, s’irritava, e per un giorno è gioia e un altro giorno obbrobrio,
cancellare quella penosa impressione, ne diceva delle altre: simile al non desistere, andartene non puoi
giocatore, che più perde e più s’intesta a voler giocare. quando è mancata all’ora la sua luce.
Egli si vedeva con Anna tutti i pomeriggi sul viale; stavano insieme
Durare, aspettare, ora giù a fondo,
un’oretta. Il resto del pomeriggio lo riempiva stando con Dino Rossi. La
mattina rimaneva in casa a studiare. Si preparava all’ultimo esame del primo ora sommerso ed ora ammutolito,
anno, “Istituzioni di diritto civile”. Doveva portare il primo libro del Codice, strana legge, non sono faville,
quello riguardante la famiglia. Era una lettura appassionante e snervante non soltanto — guardati attorno:
insieme. Egli riferiva mentalmente tutto a Anna. La sposa di cui parlava il la natura vuol far le sue ciliegie,
Codice era Anna. Lo sposo era lui. E la chiesa nella quale si celebrava il anche con pochi bocci in aprile
matrimonio religioso era il Duomo di Volterra.
le sue merci di frutta le conserva
Egli sentiva il fascino del matrimonio e, insieme, il fascino della tacitamente fino agli anni buoni.
religione; ma continuava a credere che la famiglia e la chiesa fossero i due
cancri dell’umanità. Nessuno sa dove si nutron le gemme,
nessuno sa se mai la corolla fiorisca —
E Anna non riuscì a strappargli nessuna promessa riguardo al
durare, aspettare, concedersi,
futuro. Ella pensava, a volte, che Fausto non era poi così stravagante come
amava apparire; che prima o poi avrebbe rinunciato alle sue idee oscurarsi, invecchiare, aprèslude.
strampalate; tuttavia non poteva fare a meno di essere preoccupata. Gottfried Benn
<<Vedi come tutto va per il meglio,>> le diceva un giorno Fausto,
<<ora che abbiamo superato certi pregiudizi, ci vediamo liberamente e
lasciamo che la gente e le rispettive famiglie pensino quello che vogliono.>>
<<Ma non possiamo continuare all’infinito,>> disse Anna.
<<Perché no?>>
<<Perché…Ora si tratta di pochi giorni e possiamo anche passarci sopra; ma
non è possibile continuare così, per esempio, anche l’estate prossima. I miei
genitori hanno chiuso un occhio, ma a lungo andare non lo
permetteranno.>>
<<E allora?>>
<<E allora, non so…bisognerà lasciarsi.>>
<<Questo mai.>>
<<Ma, Fausto, ti rendi conto in che situazione mi hai messo? Infischiarsi
della gente, come dici tu, è una bellissima cosa, ma bisognerà pure arrivare a
una soluzione.>>

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Chitra Banerjee Divakaruni, SORELLA DEL MIO CUORE,
Einaudi 1999
La gioia avvenire
Potrebbe essere un fiume grandissimo
Una cavalcata di scalpiti un tumulto un furore
Una rabbia strappata uno stelo sbranato
Un urlo altissimo
Ma anche una minuscola erba per i ritorni
Il crollo d’una pigna bruciata nella fiamma
Una mano che sfiora al passaggio
O l’indecisione fissando senza vedere
Qualcosa comunque che non possiamo perdere
Anche se ogni altra cosa è perduta
E che perpetuamente celebreremo
Perché ogni cosa nasce da quella soltanto
Ma prima di giungervi
Prima la miseria profonda come la lebbra
E le maledizioni imbrogliate e la vera morte
Tu che credi dimenticare vanitoso
O mascherato di rivoluzione
La scuola della gioia è piena di pianto e sangue
Ma anche di eternità
E dalle bocche sparite dei santi
Come le siepi del marzo brillano le verità.
(Franco Fortini da Foglio di via, 1946, 1967)

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Addii, fischi nel buio, cenni, tosse.
Addii, fischi nel buio, cenni, tosse
e sportelli abbassati. è l'ora. Forse
gli automi hanno ragione. Come appaiono
dai corridoi, murati!
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- Presti anche tu alla fioca


litania del tuo rapido quest'orrida
e fedele cadenza di carioca? –
Eugenio Montale

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