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Dürer, nel “Il Portabandiera” (pg.34 n.

13), introduce per la prima volta il monogramma, infatti è il


primo artista bulinista che si firma. Prima del 1400 avevamo tutte le matrici anonime. Da Dürer in
poi abbiamo le prime firme.

Addirittura potremmo anche non chiamarlo monogramma, perché lui addirittura non mette la
firma, la inserisce in un contesto, perciò potremmo chiamarlo quasi quasi logotipo o marchio
perché praticamente lui inserisce una specie d targhetta dove al suo interno troviamo la A a metà,
che la D. Lui è stato il primo che ha utilizzato la sua firma. Vediamo in questo particolare i segni
che ha utilizzato, il puntino miscelato alla linea pura, senza l’incrocio. Solo nella parte del nero il
segno viene fatto più scuro, solamente perché i segni sono molto vicini e c’è la presenza delle
barbe, dove non le ha rimosse appunto.

Iniziano verso il 1500 a realizzare, gli artisti, delle scene di genere.

(Pag. 35 n. 15)

Perché c’è questa esigenza? Perché la nobiltà inizia a non richiedere più solo immagini sacre,
immagini pagane, ma vuole vedere, per esempio, dei racconti, delle narrazioni. E visto che si parla
di narrazione, si parla di illustrazione. Appunto quest’ultima nasce con l’artista Luca di Leyda.

Luca utilizza l’incisione a bulino ma fa uso, anche lui, della tecnica di Dürer, cioè l’utilizzo del
puntinato con i segni, e quindi inizia ad incrociare questi due segni.

Anche come vengono rappresentate le figure per dare quel senso di movimento, soprattuto i
piedi, uno messo sopra una specie di tavola e l’altro che sta quasi per scendere. Anche il fatto di
inserire elementi che non fanno parte della nobiltà, inserire le ciabatte in prima fila, far vedere
oggetti scomposti e far vedere la domestica che si intravede nella porta, diciamo che sta
cambiando il tipo di incisone.

Troviamo come autore anche Raimondi (pag.35 n.16). Bruscaglia appunto ci fa vedere come i
diversi autori vanno a reagire e al tipo di personaggi che incidono in quel periodo.

Un altro autore importante è Campagnola (pag.36 n.17). Vediamo molto importante il drappeggio
fatto sempre con le due tecniche di punzone e segno. Incisione a bulino e punzone appunto.

Altra opera di Campagnola “Giovane con il teschio” (pag.36 n.18), perché prima non solo non
conoscevamo gli artisti veri e propri, ma non conoscevamo neanche il titolo delle opere. Quindi
diciamo che il titolo è approssimativo e dato dopo alle opere. Ovviamente venne chiamata così
questa opera perché troviamo un giovane con un teschio vicino, ma non sarà mai il vero titolo
dell’opera. Troviamo sempre l’utilizzo del bulino e del punzone.

Iniziano ad apparire anche, dal 1500 in poi, le scritte. Ricordiamoci che le scritte sono
assolutamente ribaltate e si iniziarono a fare sia nella parte diciamo sottostante alle immagini,
oppure addirittura all’interno. Il concetto veniva espresso all’interno dell’immagine e questa qui
(pag 36 n. 19) possiamo iniziarla a chiamarla, a metà ‘500, “Grafica e Illustrazione”, perché
naturalmente il contenuto viene illustrato con le figure e poi troviamo il testo. Tra gli autori più
importanti (DOMANDA D’ESAME) troviamo la scuola dei Carracci, che sono gli antagonisti di
Caravaggio e ovviamente hanno operato sia a Roma che a Firenze e diciamo che sono i fratelli,
Annibale e Agostino, che si cimentano anche loro con l’incisione. Vediamo per esempio qua (pag.
38 n.21) l’utilizzo della tecnica a Bulino e notiamo subito che raffigura un satiro, metà uomo e
metà animale.

Troviamo anche Mellan (pag.39 n. 23) con u’immagine famosissima, perché c’è il segno del bulino
che è tutto circolare. Qui c’è la distorsione dell’immagine di un solo segno, cioè cosa si può
ottenere con un solo segno.

Continuando abbiamo un’immagine di Annibale Carracci (pag. 40 n. 24) dove troviamo raffigurata
Giuditta che ha tagliato la testa a Oloferne. Qui troviamo un’inizio di incrocio dei segni, finalmente
si inizia a usare molto di più perché appunto ci troviamo quasi nel 1600, e gli artisti di questo
periodo vogliono distinguersi e iniziano ad incrociare tutti i segni del bulino. Vediamo anche nel
Particolare (24a) tutto lo sfondo creato dall’unione dei segni.

(pag.41 n. 25) questa possiamo quasi considerarla una texture per i vestiti.

Troviamo anche opere astratte dove vengono lasciate le barbe per creare segni più scuri. (Pag
42. N.27)

Bellmer, con l’immagine più famosa ( pag44 n. 30) perché fa vedere la tecnica del bulino ma la
bellezza e la purezza del segno

INCISIONE A PUNTA SECCA

L’incisione a punta secca è la tecnica per eccellenza.

È sempre una delle tecniche diretta della Calcografia e le punta per eseguire questa tecnica si
chiama punta conica. Ci sono diverse punte anche per quanto riguarda questo attrezzo, infatti
possiamo utilizzare anche la punta di diamante, possiamo utilizzare anche la punta a lingua di
gatto, ovviamente per noi è importante l’utilizzo della punta conica e poi sempre, importante, il
raschietto brunitoio.

Qua fa vedere la punta che tipo di lavoro va a svolgere, quindi mi va a creare le barbe, sulla
matrice (pag 47 n.31) e tutti i tipi di punta.

La punta non va ad esportare come il bulino, ma mi deforma il metallo, creando queste barbe. Le
barbe possono essere appiattite dal brunitoio o rimosse dal raschietto. Dopo fa vedere che
l’inchiostro si insinua nelle barbe e la caratteristica della punta secca, ovviamente, è lo sfumato.

Tutte le lastre che si possono utilizzare sono uguali a quelle del bulino, ovviamente qua, per la
tecnica della punta secca, c’è l’utilizzo, anche importante, del materiale come il plexiglass. Tutte
le punte possono essere chiamate coniche e le troviamo quasi sempre in acciaio, ma possono
essere anche di diamante o rubino.

Cosa importante per questa tecnica, se vogliamo un segno integro, dobbiamo rimuovere col
raschietto le barbe. Ma di solito questa tecnica viene realizzata perché si vogliono le sfumature.
La differenza sostanziale tra la tecnica del bulino e la tecnica della punta secca è una: quella che
quando realizziamo un’opera con la punta secca non possiamo andare oltre le 15 copie, invece
con il bulino abbiamo detto che ne possiamo ottenere 200, perché le matrici che noi abbiamo con
la punta secca poi si devono sempre incidere nuovamente. Tutte le tecniche possono essere
mischiate insieme.

Le punte da taglio, cioè intagliano il metallo. La punta d’acciaio viene raramente usata per la
tecnica della linoleografia e della xilografia, invece l’unico attrezzo che viene preso in prestito dalla
calcografia è il bulino.

Per far venire fuori il chiaro scuro è importante incrociare il segno. Per inchiostrare la punta secca,
ovviamente si può, per non rovinare con la raclette l’ingresso dell’inchiostro i solchi che lascia il
bulino e meglio inchiostrare la matrice a tampone, perché cosi le barbe non si rovinano, perché
con la raclette può succedere che tiro via le barbe.

Perché possiamo stampare 15 copie? Perché ogni volta che noi stampiamo una copia al torchio
appiattiamo le barbe e appiattendo ovviamente le barbe non ci viene più il segno stupendo delle
prime stampe, sino a non rilasciare più niente nella carta.

Le correzioni della punta secca sono più facili perché basta che noi con il brunitoio riportiamo il
metallo all’interno del segno, quando ciò sia possibile, e praticamente l’errore viene quasi
rimosso. Questo non è possibile con il bulino perché esso esporta il metallo e non lo possiamo
più inserire all’interno della matrice.

Diciamo che è anche una delle tecniche più importanti della calcografia perché è quella più facile,
quella più immediata. Io posso semplicemente prendere una lastra di zinco, la vado a lucidare per
ottenere ovviamente il bianco, perché ricordiamoci che la lucidatura della matrice serve
necessariamente per ottenere il bianco nella fase di stampa, invece il nero e tutte le sfumature le
otteniamo con il segno che è dato appunto dagli utensili che andiamo ad utilizzare.

Non si possono ottenere più di 10/15 copie se la matrice è di rame e vengono chiamate
esemplari, cioè se io stampo 15 copie di una punta secca e prendo una copia, la 5, la 5 di 10 o la
5 di 15, quella copia che tiro fuori dalla tiratura, si chiama esemplare. Io posso avere una tiratura
di 10 copie sul rame della punta secca e posso tirare fuori la 8 di 10 e quello è l’esemplare 8 di 10
o la 3 è l’esemplare 3 di 10 copie. Quali sono le copie più importanti, le prime o le ultime copie?
Le prime ovviamente, perché le barbe sono ancora alte. Le prime sono quelle che rappresentano
il segno grafico più bello. Quindi la 10° copia avrà una visione totalmente diversa dalla prima
copia, la prima sarà più nera e più sfumata e l’ultima sarà più nitida, perché appunto le barbe
saranno quasi appiattite.

Se io voglio preservare queste barbe, voglio fare una tiratura più alta con la tecnica della punta
secca, posso ricorrere alla acciaiatura della matrice. L’acciaiatura cos’è? Metto una soluzione
galvanica al di sopra di questa matrice per preservare le barbe e ovviamente l’acciaiature mi
permette di aumentare la mia tiratura addirittura da 10 a 18 copie. Meno copie ottengo dalla
matrice più alto è il loro valore economico.

Poi ci sono tutti i caratteri grafici, cioè io posso andare a guardare con la lente contafili come mi
sono comportata, se il segno c’è prima di andare in stampa.

il bulino nasce nel 1400 in Germania, nella Fiandre, e anche la tecnica della punta secca viene
correlata ad essa. E si parla dell’opera del Maestro Hausbuckmeister o Maestro del Gabinetto di
Amsterdam, nel 1467.

Anche gli artisti che abbiamo citato prima si sono cimentati nell’uso della punta secca come per
esempio Dürer, nel San Gerolamo sotto il salice.

Bruscaglia ci fa vedere come utilizzare questo strumento, sempre a 45° (pag 57 n. 32-33). Se non
si utilizza perpendicolare le barbe si sdoppiano e praticamente non vengono bene e si rovina il
segno. Addirittura in stampa possiamo ottenere un segno bianco.

Con la tecnica della punta secca è importante l’incrocio dei segni (pag58 n. 34). Perché per
ottenere dei segni e delle sfumature nello stesso foglio è importante incrociare i segni.

Troviamo il Maestro del Libro di Casa che ha utilizzato questa tecnica in “il giovane e la
morte” (pag.59 n.35), infatti troviamo la tecnica del bulino non sbarbato perché voleva simulare la
punta secca e infatti si vedono tutti i contorni neri, stessa cosa la troviamo in “Combattimento a
cavallo fra due selvaggi”, cioè la punta conica d’acciaio e il bulino non sbarbato e si vede ( pag 59
n. 36)

Sempre il maestro del libro di casa in “ Selvaggio a cavallo dell’unicorno (pag60 n.37) utilizza la
tecnica della punta secca e si vede da questi segni chiaroscurali e teoricamente questi segni li
troviamo nelle prime copie.

Uno dei più importanti è “il giovane e la vecchia innamorati” e anche questo è una delle prime
copie realizzati totalmente con la tecnica della punta secca (pag 60 n.38)

Poi troviamo Dürer con “ San Gerolamo sotto il salice” però non si chiama veramente cosi perché
non è il vero titolo, perché appunto prima non si conosceva il vero titolo delle opere. Nella pista
c’è scolpito il monogramma di Dürer. Perciò anche qui mette la sua firma sulla roccia. (Pag 61
n.39)

Il Meldolla, Andrea Meldolla, chiamato lo Schiavone, inizia a incrociare i segni e a creare il chiaro
scuro nelle sue opere. Tutto punta secca (pag 62 n.40)

Dopo di che si arriva con un grande balzo in avanti a Rembrandt dove la parte più chiara viene
fatta con l’acquaforte mentre la parte più scura con la punta secca.

Perciò tutto il disegno è realizzato con la tecnica dell’acquaforte e poi per scurire fa fare l’incroci
con la tecnica della punta secca. Primo che utilizza le due tecniche insieme.

Dal 1600 arrivano quindi gli acidi. Perciò dal 1600 noi troviamo sia tecniche dirette che le tecniche
indirette, che ovviamente facilitano il lavoro dell’autore e aumentano la tiratura della matrice. (Pag
63 n.41)

Nell’800 viene ripresa la tecnica della punta secca dagli autori impressionisti, tipo Munch (pag 66
n. 46-47)

Dopodiché negli impressionisti tedeschi più importanti che utilizza la tecnica della punta secca
quasi come fosse un coltello, quindi tagliando la matrice e utilizzando anche l’acquaforte nel 1900
sono: Beckmann (pag67 n. 48) Kirchner (pag 67 n.49). A loro interessa far uscire l’espressività
dell’opera, anzi la loro espressività

Abbiamo anche Pablo Picasso (pag69 n.51)

Troviamo anche Buffet (pag 69 n.52) dove troviamo queste linee tagliate, incise che appunto
fuoriescono.

Troviamo anche Morandi Giorgio (pag 70 n.53) famosissimo per la punta secca per la natura
morta

Troviamo Chagall ( pag71 n. 55) e questi effetti bellissimi che troviamo sono fatti con la tecnica
della punta secca.

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