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PNNR - PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è un programma presentato dal governo Draghi per
gestire un fondo di 248 miliardi stanziato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica.
Nel dicembre del 2019, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha presentato il
progetto European Green Deal, con lo scopo di adattare il presente modello economico verso una maggiore
sostenibilità ambientale e sociale. La pandemia da COVID-19 ha accentuato l’esigenza di dare una risposta
coordinata al bisogno di sostenibilità ambientale e sociale e alla necessità di un sostegno economico per la
ripresa post-pandemica1. Questa emergenza ha dato luogo al programma Next Generation EU (NGEU),
lanciato a luglio del 2020. Quest’ultimo, del valore di 750 miliardi di euro, di cui oltre la metà è costituita da
sovvenzioni, è incorporato in un bilancio settennale 2021-2027 del valore di circa 1.800 miliardi di euro (750
di NGEU più gli oltre 1000 miliardi a budget). La principale componente del NGEU è il Dispositivo per la
Ripresa e Resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF) che ha la durata di sei anni, dal 2021 al 2027, e
uno stanziamento totale di 672,5 miliardi di euro 2. Come dice il nome, il piano è indirizzato alle nuove
generazioni dell’Unione Europea, con lo scopo di trasformare la crisi in corso in un’opportunità per ripensare
i nostri modelli di sviluppo a vantaggio delle prossime generazioni. Il termine Next Generation, quindi, non
si deve confondere con il Recovery Fund, ereditato dal progetto originale, e dal Recovery and Resiliency
facility, il programma centrale del Next Generation EU per ogni Stato Membro. Prima dell’erogazione dei
fondi, tutti gli Stati Membri hanno dovuto, entro il 30 aprile 2021, inviare il proprio piano nazionale di
ripresa e resilienza per illustrare nel dettaglio dove e come questi soldi saranno investiti nel paese 3. Il piano
nazionale presentato dall’Italia è proprio il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Il PNRR, come tutti gli altri piani europei, ha dovuto concentrare gli investimenti su delle flagship areas,
delle aree di punta. Infatti, la Commissione Europea ha stabilito che gli stati dovranno stanziare il 37% della
spesa alle questioni climatiche e almeno il 20% alla transizione digitale. Il Piano, di conseguenza, è stato
strutturato in sei missioni:
- Il primo chiamato “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” stanzia 49 miliardi (27%
del fondo) al fine di promuovere la trasformazione digitale dell’Italia, investire sull’innovazione del
sistema produttivo e sostenere il settore della cultura e del turismo. L’obiettivo è di garantire la
connessione internet a tutta la popolazione entro il 2026, soprattutto nelle scuole, in 12.000 punti di
erogazione del SSN e nel turismo e nei poli culturali del paese.
- La seconda missione (“Rivoluzione verde e transizione ecologica”) è finanziata con 68,6 miliardi di
euro (40% del fondo) con l’obiettivo di migliorare la resilienza e la sostenibilità del sistema

1
Italia domani, Piano nazionale di ripresa e resilienza, 5 maggio 2021,
https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR.pdf.
2
Mef, Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), 25 maggio 2021, https://www.mef.gov.it/focus/Il-Piano-
Nazionale-di-Ripresa-e-Resilienza-PNRR/.
3
Magnani Alberto, Next Generation EU, cos’è e come funziona, Il Sole 24 Ore, 4 marzo 2021,
https://www.ilsole24ore.com/art/next-generation-eu-cos-e-e-perche-l-europa-deve-correre-fondi-la-ripresa-covid-
ADlKpzMB?refresh_ce=1.
economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva. In particolare, la missione si
occuperà di potenziare il sistema di riciclo dei rifiuti (+55% elettrici, +85% carta, +65% plastiche, +
100% tessile); di ridurre le perdite di acqua potabile sulle reti idriche; di migliorare l’efficienza in
50.000 edifici privati e pubblici; di promuovere lo studio sull’uso dell’idrogeno nell’industria e nei
trasporti.
- La terza missione, denominata “Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile”, dall’importo di 31,5
miliardi, è incentrata sullo sviluppo di un’infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile ed estesa a
tutte le aree del Paese. Più nello specifico, essa porterebbe a modernizzare e potenziare le ferrovie
regionali, ridurre i tempi sulle tratte ferroviarie (per esempio Roma-Pescara di 1h 20, Napoli-Bari di
1h 30, Palermo-Catania di 1h e Salerno-Reggio Calabria di 1h) ed investire sui porti verdi (realizzato
da Legambiente insieme ad Enel X con lo scopo di elettrificare i consumi attraverso l’utilizzo delle
energie rinnovabili e di convertire la flotta navale con mezzi aventi un minor impatto ambientale 4).
- “Istruzione e Ricerca”, la quarta missione, mira a sostenere il sistema educativo, di rafforzare le
competenze digitali e tecnico-scientifiche, la ricerca e il trasferimento tecnologico, con uno
stanziamento di 31,9 miliardi di euro. I punti principali sono riferiti all'incremento dei posti negli
asili nido per bambini fra 0 e 6 anni, alla ristrutturazione delle scuole, alla trasformazione delle classi
in connected learning environments, al cablaggio di 40.000 edifici scolastici e all’inserimento di
6.000 nuovi dottorati a partire dal 2021.
- La penultima missione, “Inclusione e Coesione”, prevede un finanziamento di 22,6 miliardi di euro
(10% dei fondi) per il mercato del lavoro, incrementando la formazione, le politiche attive del lavoro
e favorire l’inclusione sociale. Nel dettaglio, la missione avrà il compito di garantire l’accusabilità
dei lavoratori, con particolare attenzione alle donne, più sostegni a persone diversamente abili e
maggiori investimenti infrastrutturali per le zone economiche speciali.
- L’ultima missione chiamata “Salute”, con lo stanziamento di 18,5 miliardi, ha l’obiettivo di
rafforzare i servizi sanitari e garantire equo accesso alle cure. Essa mirerà a costruire 1.288 nuove
case di comunità e 381 ospedali di comunità per l’assistenza di prossimità, fornire assistenza
domiciliare al 10% degli over 65, costruire 602 nuove centrali operative territoriali per l’assistenza
remota e fornire 3.133 nuove grandi attrezzature per diagnosi e cura 5.

Particolare rilievo lo ha il settore scolastico, a cui è stato indirizzato sia la prima che la quarta missione per
attuare interventi a livello strutturale nelle scuole italiane. Secondo i dati Istat, l’Italia si trova all’ultimo
posto nella classifica europea per quanto riguarda l’istruzione. Nel 2019, solo il 62,2% degli italiani tra i 25 e
il 64 anni risulta in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore, rispetto alla media europea
del 78,7%. Tedeschi e francesi detengono un livello medio di istruzione superiore alla media Ue,

4
Legambiente, Ponti verdi: la rotta per uno sviluppo sostenibile, 10 febbraio 2021,
https://www.legambiente.it/rapporti-in-evidenza/porti-verdi-la-rotta-per-uno-sviluppo-sostenibile/.
5
Mef, op. cit.
rispettivamente l’86,6% e l’80,4%6. Secondo l’Education and Training monitor, ossia il rapporto annuale in
cui si analizzano e comparano le principali sfide per i sistemi educativi europei, l’Italia ha uno dei livelli più
bassi d’investimento in educazione: 3,9% nel 2016, comparato al 4,9% della media europea 7. Per quanto
riguarda i posti disponibili negli asili nido e il numero di bambini di età compresa tra 0 e 2 anni, si colloca al
25,5%, ovvero 7,5 punti percentuali al di sotto dell’obiettivo europeo del 33% e 9,6 punti percentuali al di
sotto della media europea. Un forte squilibrio si ha anche nelle competenze di base, con un alto tasso di
abbandono scolastico che raggiunge il 3,8% nelle scuole medie 8. Il programma che potrebbe cambiare le
carte in tavola per la situazione drastica che sta vivendo l’Italia è proprio il PNRR. Quest’ultimo prevede
stanziamenti importanti per innovare le strutture e formare il personale scolastico al fine di rafforzare la
formazione delle nuove generazioni. Secondo quanto presenta il PNRR, questi sono i finanziamenti
indirizzati ai singoli settori scolastici:
- Asili e scuole per l’infanzia (4,6 miliardi)
- Estensione del tempo pieno e mense scolastiche (0,96 miliardi)
- Sport a scuola (0,30 miliardi)
- Riduzione dei divari territoriali nella scuola del I e II ciclo (1,5 miliardi)
- Sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria (1,50 miliardi)
- Orientamento attivo nella transizione scuola-università (0,25 miliardi)
- Alloggi per gli studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per studenti (0,96 miliardi)
- Borse di studio per l’accesso all’università (0,50 miliardi)
- Scuola di alta formazione e formazione obbligatoria per dirigenti scolastici, docenti e personale
tecnico-amministrativo (0,03 miliardi)
- Sviluppo della didattica digitale (0,80 miliardi)
- Promozione di nuove competenze e nuovi linguaggi (1,10 miliardi)
- Scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori (2,10 miliardi)
- Piano di messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica 3,90 miliardi)
- Didattica e competenze universitarie avanzate (0,50 miliardi)
- Estensione del numero di dottorati di ricerca e dottorati innovativi per la pubblica amministrazione e
il patrimonio culturale (0,43 miliardi)9

Il piano si prospetta rivoluzionario per la scuola italiana ma questo è solo l’inizio di un passo importante che
il nostro paese deve compiere per riqualificare, mettere a norma e in sicurezza l’intero patrimonio scolastico,
fatto di 39 mila edifici per oltre 8 milioni di alunni.

6
Salerno Domenico, Istruzione, Italia in fondo alla classifica europea (impietoso il paragone con Germania e Francia,
Icom Institute for competitiveness, luglio 23 2020, https://www.i-com.it/en/2020/07/23/istruzione-italiani-europa/.
7
Ristori Caterina, Istruzione, l’Italia è tra gli “ultimi della classe” in Europa, eunews, 16 ottobre 2018,
https://www.eunews.it/2018/10/16/istruzione-italia-gli-ultimi-della-classe-europa/110139.
8
QuiFinanza, PNRR, così cambia la scuola italiana: gli interventi in istruzione e ricerca, 27 aprile 2021,
https://quifinanza.it/info-utili/video/pnrr-scuola-istruzione-ricerca/484861/.
9
Italia domani, op. cit., p. 176.
La governance del PNRR si è focalizzata su Mario Draghi, che ha il compito di mettere il Paese nella
condizione di definire e implementare un piano di dimensioni notevoli. Il problema dell’Italia è che Piani
come questo, necessiterebbero di una tecnologia decisionale adeguata che l’Italia non possiede, al contrario
di altri Paesi europei. Sulla base del Decreto-legge del premier, il PNRR costituisce un interesse nazionale, in
cui la Cabina di regia, istituita all’interno della presidenza del consiglio, ha il computo di preparare le
decisioni e seguirne l’implementazione. Il potere di Draghi è quello di intervenire nel caso in cui un’unità
amministrativa non rispetti i tempi previsti o non persegui gli obiettivi stabiliti. Il premier ha anche il potere
di superare il dissenso attraverso una procedura accelerata che consente di sottoporre la disputa al Consiglio
dei ministri, neutralizzando così i poteri di veto. Ogni sei mesi, la Presidenza del consiglio è tenuta a
trasmettere al parlamento una relazione sullo stato di attuazione del PNRR e informare la conferenza delle
regioni di tale stato. Spetta poi al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) e al Dipartimento della
ragioneria generale di gestire finanziariamente il PNRR. All’interno del MEF è istituito un servizio centrale
per il Piano che costituisce un punto di riferimento per l’attuazione di esso. Il vicepremier, nonché il Ministro
dell’economia e delle finanze Daniele Franco, condividerà con la Commissione europea il giudizio
sull’adeguatezza implementativa dei vari Piani nazionali di rilancio e resilienza. Secondo quanto detto sopra,
il Decreto-legge prevede un’organizzazione della governance simile a quella adottata da altri paesi europei,
come la Francia. Tuttavia, Mario Draghi è costretto a ritardare il rafforzamento delle strutture di governo del
paese (rafforzamento, tra l’altro, già avviato dalla legge n. 400 del 1988), per adeguarle alle logiche del
processo di integrazione sovranazionale. Infatti, dal trattato di Maastricht del 1992, l’Unione Europea ha
affidato la governance di politiche strategiche alle istituzioni intergovernative (del Consiglio europeo dei
capi di governo e del Consiglio dei ministri nazionali). La crisi pandemica ha dimostrato come l’efficienza di
un governo costituisca la condizione necessaria per l’efficacia delle sue politiche. Eppure, l’Italia è divisa in
due: c’è chi è nostalgico del governo consociativo dei partiti in cui gli oligarchi decidevano fuori dal
governo, lasciando poi al governo il compito di formalizzare quelle scelte, comportando uno svuotamento
dell’istituzione-governo e irresponsabilità dei decisori, per esempio, nei confronti della spesa pubblica.
Dall’altro lato, c’è chi è affascinato dal governo in cui il leader riceve la sua legittimazione esclusivamente
dal popolo. Si parla dunque di regime autoritario, in cui il leader sostituisce il sistema istituzione-governo.
Questa diatriba tra democrazia liberale e non, ha inciso molto nell’implementazione del PNRR. Si questiona
se quest’ultimo potrà aiutare l’Italia a divenire un paese più moderno ed inclusivo, come la maggior parte
degli stati europei10.
Il problema dell’efficienza di una governance ricade nel sistema ibrido dell’Unione Europea, in cui non si ha
ancora chiara l’idea di un sistema preciso. La questione sul denominare l’Unione Europea uno stato
federalista oppure no, va avanti da molti anni. In un sistema federale, i poteri degli Stati Membri sono divisi
per permettere ad ogni paese di conservare la propria sovranità (autonomia). Inoltre, essi hanno la garanzia
costituzionale di partecipare ai processi di revisione costituzionale, nonché della partecipazione alla

10
Fabbrini Sergio, La governance del pnrr e il governo dell’Italia, 7 giugno 2021, https://www.ilsole24ore.com/art/la-
governance-pnrr-e-governo-dell-italia-AEXJOMO.
formazione della volontà politica dello stato centrale, al riconoscimento della capacità di darsi una
costituzione, senza che essa sia sottoposta a verifica e approvazione preventiva da parte degli organi centrali.
Da un punto di vista meramente oggettivo, l’Unione Europea è un’organizzazione internazionale alla quale
gli stati rispettano le identità nazionali degli stati membri, escludendo in tal modo anche una forma di tipo
federale. Tuttavia, l’UE attuale si considera più federale del passato, in quanto gli Stati non voglio perdere la
loro individualità federale. Di conseguenza, per trovare una soluzione, si è cercato un tertium genus tra ente
internazionalistico ed ente costituzionale o federale, ossia ente sovranazionale. Tuttavia, l’Unione europea è
sempre più lontana dal modello confederale di accordo tra stati per un obiettivo comune, e sempre più vicina
ad un sistema permanente di rapporti diretti verso i cittadini. Possedendo un’autonoma produzione legislativa
che permette un diretto o indiretto intervento nella vita degli individui stessi e non più tra governi
indipendenti, diversi accademici sostengono che presenti caratteristiche federali importanti. Per esempio,
Andrew Moracvsik, interpreta il super-stato europeo come un’illusione. Egli sostiene che se l’Unione
europea continuerà ad espandere la sua autorità in varie aree, anche le azioni più nascoste daranno prova
della struttura federalista, che preserva un ruolo centrale per i governi degli stati membri sia nel processo
decisionale delle politiche sia nelle loro attuazioni. In altre parole, l’Unione Europea non potrà mai diventare
uno stato unitario11.

I possibili impatti a livello macroeconomico sono stati studiati dai dati MACGEM-IT, un modello che si basa
su una Matrice di Contabilità Sociale (SAM) e permette di quantificare l’impatto diretto ed indiretto,
disaggregato per prodotto, per attività produttiva e per settore istituzionale, degli scenari di intervento
pubblico ipotizzati. La stima dell’impatto complessivo della spesa per il PNRR nell’arco temporale 2021-
2026 è alquanto positivo. Il PIL risulterebbe, in totale, di circa 3 punti percentuali più alto nell’ultimo
triennio rispetto allo scenario base dei primi anni. Considerando gli impatti della missione uno, essa
determina un aumento del PIL di 0,8 punti percentuali rispetto allo scenario base nel triennio finale, per
effetto degli investimenti sul programma Transizione 4.0, dell’infrastrutturazione delle reti e delle politiche
industriali e di filiera. Nella missione due, l’impatto sul PIL è del 3,6 per centro complessivo nel periodo
2021-2026. La terza missione ha un impatto dell’1,2% in tutto l’orizzonte temporale, con l’80% determinato
dall’investimento in costruzioni e mezzi di trasporto. L’impatto complessivo sul PIL della quarta missione è
del 2,4% per il complesso del periodo, determinata soprattutto dalla grande percentuale di investimenti in
ricerca e sviluppo. Per quanto riguarda la quinta missione, gli impatti sul PIL sono pari al 2,15% con grande
contributo dagli investimenti in costruzioni. L’ultima missione, l’impatto è dell’1,3% in tutto l’orizzonte
temporale, con un effetto significativo dato dagli investimenti in ICT. In tutto l’arco temporale si registra
anche un forte impatto occupazionale, attribuibile in massima parte alle prime due missioni 12.

11
Kelemen Daniel, Built to Last? The Durability of EU Federalism, 03-Meunier-c03, Delhi, 23 gennaio 2007
http://aei.pitt.edu/7932/1/kelemen-r-07a.pdf, p. 54.
12
Ivi, p. 248-256.

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