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COOPERATIVE LEARNING
Tra i metodi di insegnamento e apprendimento che possono favorire questo tipo di processo di
inclusione rientrano quelli che si contrappongono ad una conduzione della classe definita come
tradizionale o rivolta a tutta la classe. Il metodo su cui ci si sofferma è quello definito al gruppo
cooperativo o definito anche come metodo a mediazione sociale, che si contrappone ad altri a
mediazione dell’insegnante. In un gruppo di tipo cooperativo, il principio di interdipendenza e altre
variabili particolarmente significative nell’apprendimento, sono stati diversamente interpretate,
infatti si sono sviluppate diverse correnti e modalità di cooperative learning. Esse vanno sotto il
nome di Learning Together, Student team learning, Group Iinvestigation, Structural Approach,
Complex Instruction e Collaborative Approach. Ciò che però le caratterizza e il diverso modo in cui
strutturano l’interdipendenza, l’interazione, la motivazione all’apprendimento, il compito e il ruolo
dell’insegnante. È necessario, inoltre, evidenziare che queste differenti applicazioni possono essere
utilizzate in ambiti disciplinari distinti. Alcune di esse si prestano maggiormente l’utilizzo in aree
disciplinari a carattere umanistico, altre ad indirizzo scientifico, altri ancora per attività di rinforzo e
di avvio dei lavori. L’insegnante deve dedicare molta attenzione alle competenze sociali e al loro
insegnamento, soprattutto per quanto riguarda il chiedere di fornire aiuto ai compagni. La relativa
valutazione riguarda sia i risultati ottenuti dal gruppo, sia l’impegno e le modalità di interazione
attivate all’interno dello stesso.
COOPERATIVE LEARNING
Il Cooperative Learning può essere definito come un insieme di tecniche di conduzione della classe,
grazie alle quali gli alunni lavorano in piccoli gruppi, composti da 2 a 5 elementi eterogenei per
attività di apprendimento e ricevono valutazioni in base ai risultati acquisiti. Questa metodologia in
Italia si è sviluppata grazie allo studio di Marco Comoglio. La caratteristica più significativa è
l’INTERDIPENDENZA POSITIVA tra i componenti del gruppo, cioè quella condizione per cui
ogni membro agisce e si comporta in modo collaborativo perché convinto che solo dalla
collaborazione può scaturire il proprio successo e quello degli altri membri del gruppo. Questo
permette lo sviluppo delle capacità relazionali, il miglioramento del clima della classe. Il
DISACCORDO e il CONFLITTO COGNITIVO possono essere fonte di apprendimento
concettuale. L’esposizione a differenti punti di vista, attraverso il confronto, aiuta gli alunni ad
esaminare in modo più oggettivo quel che li circonda e ad usare prospettive diverse.
Circle time
Il Circle Time rappresenta un momento in cui, come suggerisce il nome stesso, gli alunni si siedono
in cerchio con un coordinatore (l’insegnante), che fa anch’esso parte del cerchio, proprio perché il
Circle Time rappresenta un momento di parità, dove tutti riescono a vedersi in faccia e ad esprimere
le proprie opinioni ed emozioni liberamente. L’insegnante ricopre nel cerchio un ruolo di
mediatore, proponendo l’argomento e dando una direzione sia alla conversazione che ai contributi
degli alunni, ma in questo caso non fa parte del suo compito rispondere alle domande e ai dubbi
degli studenti in modo diretto. L’obiettivo principale del Circle Time è infatti quello di facilitare la
comunicazione tra pari e approfondire la conoscenza reciproca tra gli alunni, in modo da creare
integrazione all’interno della classe, creando un clima sereno imparando ad ascoltare gli altri e di
valorizzare le competenze dei singoli e del gruppo. Ovviamente, il Circle Time rappresenta uno
strumento di prevenzione e risoluzione delle eventuali conflittualità all’interno della classe e
permette anche all’insegnante di conoscere meglio i propri alunni e le dinamiche presenti all’interno
del gruppo. Affinché sia svolto correttamente, la programmazione da parte del gruppo docenti è
fondamentale. Senza seguire una struttura precisa di argomenti da trattare o di fasi da affrontare,
rischia di diventare un percorso meno utile.
MASTERY LEARNING
È un metodo di insegnamento individualizzato che permette agli alunni di assumersi responsabilità
del proprio apprendimento e che punta allo sviluppo di abilità metacognitive attraverso
l’organizzazione dei processi di apprendimento sulla base delle differenze interindividuali dei
soggetti in formazione. I percorsi didattici vengono suddivisi in segmenti essenziali, detti frame, che
contengono informazioni e contenuti minimi, la cui acquisizione da parte dello studente viene
immediatamente verificata. In base al risultato della verifica è possibile stabilire se per quel singolo
studente sia necessario ricorrere ad attività di recupero o sia possibile saltare alcuni frame successivi
o proporre attività di approfondimento del frame. Il fattore determinante è quello temporale: a tutti
deve essere garantita la possibilità di dedicare tempo per giungere alla padronanza
nell’apprendimento. Un importante contributo a tale metodo è quello di S.Bloom psicologo
dell’educazione statunitense.
Creatività e apprendimento
La creatività è una capacità più che una dote innata, e può essere “educabile” (Dewey) e sviluppata,
per cui contesti formativi in cui la divergenza viene promossa e sollecitata aiutano a potenziare e
rinforzare atteggiamenti e comportamenti creativi. Per Bruner, l’azione creativa innesca “una
sorpresa produttiva” e, in essa, un ruolo importante viene svolta dalla metacognizione. Guilford
associa il concetto di pensiero divergente alla creatività: coltivare la creatività, il pensiero
divergente vuol dire affinare lo spirito critico che permette di analizzare e valutare tante soluzioni
possibili per un dato problema. L’insegnante creativo deve sostenere un approccio verso la
risoluzione di problemi (problem solving) promuovendo la diversità di opinioni. Una scuola che
mira a sviluppare la creatività è una scuola centrata sullo studente che sollecita la curiosità e la
voglia di imparare ad imparare sviluppando abilità metacognitive. Abilità e competenze, al
contrario della mera trasmissione di nozioni, sono parte di un processo in fieri che se adeguatamente
sollecitato non conosce fine (Lifelong learning). Le strategie e tecniche più efficaci nella didattica
per sviluppare la creatività sono: il già citato problem solving, il brainstorming, il role-play, il cicle-
time.
Bandura
Bandura formulò la teoria dell’apprendimento sociale. Secondo Bandura l’apprendimento avviene
tramite modellamento, che consiste nell’osservare un modello e nell’imitare il suo comportamento.
Pertanto l’apprendimento non avviene tramite contatto diretto, ma tramite esperienze indirette, che
coinvolgono l’osservazione, per tale motivo questo tipo di apprendimento sarà anche detto
apprendimento osservativo o vicario. Bandura afferma che l’apprendimento, seppur avviene
osservando, è un processo cognitivo, e per spiegarlo introduce il concetto di determinismo reciproco
o reciprocità triadica, secondo cui chi osserva non riceve gli eventi in modo passivo, ma c’è
un’influenza reciproca tra la persona, l’ambiente e il comportamento. Le fasi che permettono
l’apprendimento sono: l’attenzione, che permette di percepire e comprendere gli eventi, la
conservazione, che permette di memorizzare il comportamento sotto forma di immagine o parole, la
riproduzione, che permette di eseguire il comportamento osservato e infine la motivazione,
essenziale affinché il comportamento appreso venga riprodotto. Il comportamento, infatti affinché
sia riprodotto dipende dal rinforzo, detto vicario o indiretto, che ottiene la persona osservata , se tale
rinforzo è ritenuto importante dalla persona che osserva , allora egli riprodurrà il comportamento,
altrimenti il comportamento non sarà riprodotto.
MODELLO ICF
La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) fornisce
un linguaggio unificato e standard e un modello concettuale di riferimento per la descrizione della
salute e degli stati ad essa correlati (ICF, WHO 2001). L’OMS raccomanda l’uso congiunto di ICD-
10 per codificare le condizioni di salute e di ICF per descrivere il funzionamento della persona.
Questo modello di tipo bio-psico-sociale rovescia la prospettiva di analisi, non viene considerata la
menomazione, ma la salute, e le potenzialità di un individuo e le sue eventuali disabilità in relazione
all’attività e alla partecipazione. L’ICF è organizzato in 2 parti. La prima è formata da funzioni
corporee (b) e strutture corporee (s), attività e partecipazione (d), mentre la seconda prevede i fattori
ambientali (e). Queste componenti sono indicate con dei prefissi, ogni componente è poi divisa in
una serie di capitoli. L’ICF non riguarda solo le persone con disabilità, ma è applicabile a ogni
persona che si trovi in qualsiasi condizione di salute (corporea/personale/sociale). Per questo
motivo i codici ICF richiedono dei “qualificatori” i quali denotano l’entità del livello di salute o la
gravità dei problemi in questione.
OSSERVAZIONE
L’osservazione rappresenta uno strumento di ricerca qualitativo, è una strategia di ricerca che si
propone non solo finalità di analisi ma anche di cambiamento. L’osservazione educativa possiede
una sua specificità in quanto si applica a situazioni in evoluzione e in divenire. L’alunno nel suo
agire manifesta le sue necessità, l’educatore osservando individua i bisogni, le difficoltà e i
problemi. Distinguiamo una osservazione indiretta, che prevede strumenti di registrazione, da quella
diretta, dove non si utilizzano strumenti specifici, che può essere partecipata ( l’osservatore entra
nella situazione) o non partecipata ( presenza di più osservatori che non entrano nella situazione). In
ambito educativo e formativo il metodo di osservazione per eccellenza è quello partecipante poiché
pone direttamente in contatto con la realtà che si osserva e non prevede mediazione. Lo strumento
principale è la personalità dell’osservatore e l’utilizzo di specifici strumenti quali il diario, i
questionari, i test, le interviste, le schede e le griglie di osservazione e le registrazioni audio e video.
IL PAI
Il PAI è un documento che “fotografa” lo stato dei bisogni educativi /formativi della scuola e le
azioni che si intende attivare per fornire delle risposte adeguate. Conclude il lavoro svolto
collegialmente da una scuola ogni anno scolastico e costituisce il fondamento per l’avvio del
lavoro dell’a.s. successivo. Introdotto dalla Direttiva sui BES del 27/12/12 e dalla CM del 6/03/13,
il PAI è stato poi oggetto di tutta una serie di note e circolari, sia nazionali sia regionali. La
redazione del PAI, come pure la sua realizzazione e valutazione, è l’assunzione collegiale di
responsabilità da parte dell’intera comunità scolastica sulle modalità educative e i metodi di
insegnamento adottati nella scuola per garantire l’apprendimento di tutti i suoi alunni. Il PAI è
redatto entro il mese di giugno. Spetta al Gruppo di Lavoro Inclusione (GLI) e al Collegio dei
docenti approvarlo e deliberarlo entro il 30 giugno dell’a.s. in corso. Scopo del Piano è anche quello
di far emergere criticità e punti di forza, rilevando le tipologie dei diversi bisogni educativi speciali
e le risorse impiegabili, l’insieme delle difficoltà e dei disturbi riscontrati, l’importanza degli
interventi educativi e delle strategie didattiche in direzione inclusiva. I destinatari degli interventi
sono tutti gli alunni, le famiglie, il personale della comunità educante. Il PAI non deve essere visto
solo come un ulteriore adempimento burocratico, ma quale integrazione del Piano dell’offerta
formativa, di cui è parte sostanziale, inteso come un momento di riflessione di tutta la comunità
educante per realizzare la cultura dell’inclusione, lo sfondo ed il fondamento sul quale sviluppare
una didattica attenta ai bisogni di ciascuno nel realizzare gli obiettivi comuni.
BULLISMO E CYBERBULLISMO
Nelle Linee guida del Consiglio Europeo del 18 novembre 2009 il bullismo viene definito come un
comportamento aggressivo ripetuto nel tempo, che tende a ferite fisicamente o moralmente un altro
individuo. Si può distinguere una forma diretta di bullismo da una forma indiretta. Quest’ultima
mira ad isolare la vittima attraverso la manipolazione del suo gruppo di supporto. Una forma
particolarmente pericolosa di bullismo è il così detto cyber bullismo, che sfrutta l’uso delle nuove
tecnologie e soprattutto dei social per aggredire la vittima. La velocità con cui si diffondono le
informazioni su internet e l’anonimato del bullo rendono questa forma di bullismo ancora più
temibile. La soglia delle fasce di età dove si verifica questo fenomeno comportamentale si è via via
abbassata, oggi si contano numerosi casi di cyber bullismo anche in tenera età. Il governo italiano si
è impegnato ad ostacolare la diffusione con la legge 71/2017 promuovendo all’interno delle scuole
una corretta educazione all’uso di internet.
ORGANI COLLEGIALI
Per la gestione dell’autonomia, la scuola si avvale di Organi collegiali, ovvero organismi di governo
e di gestione delle attività scolastiche a livello territoriale e di istituto, che furono istituiti con il
decreto no 416 del 1974 e regolamentati dal decreto legislativo no 297 del 1994. Gli organi
collegiali a livello di circolo e di istituto sono: il Consiglio di intersezione nella scuola dell’infanzia,
il Consiglio di interclasse nella scuola primaria, il Consiglio di classe negli istituti di istruzione
secondaria, il Collegio dei docenti, il Consiglio di circolo o d’Istituto e la Giunta esecutiva, il
Comitato per la valutazione del servizio dei docenti e le assemblee studentesche e dei genitori. La
disciplina degli organi collegiali della scuola è contenuta nel Testo Unico in materia di istruzione
(D.lgs. 297/94). Gli Organi collegiali della scuola prevedono sempre (ad esclusione del Collegio dei
Docenti) la rappresentanza dei genitori e sono presieduti dal dirigente scolastico. Tutti gli Organi
collegiali della scuola si riuniscono in orari non coincidenti con quello delle lezioni. La funzione
degli organi collegiali è diversa a seconda dei livelli di collocazione: è consultiva e propositiva a
livello di base (consigli di classe e interclasse), è deliberativa ai livelli superiori (consigli di
circolo/istituto).
Didattica individualizzata
Nelle linee guida per il diritto allo studio degli alunni e studenti con DSA del 2011 la didattica
individualizzata viene descritta come attività di recupero individuale, che lo studente svolge per
potenziare alcune abilità, durante il lavoro in classe o in momenti dedicati. A differenza della
personalizzazione, i cui obiettivi possono essere diversi per ciascuno studente, l’individualizzazione
pone obiettivi comuni per tutti i componenti del gruppo classe sono le metodologie che si
differenziano in base alle caratteristiche individuali degli studenti.
Effetto pigmalione.
L’effetto pigmalione è una forma di suggestione, in cui le persone adeguano i comportamenti
all’immagine che hanno di loro altri individui. Tale immagine può essere positiva o negativa.
Questo effetto è anche detto “profezia che si autoavvera” o effetto “Rosenthal”, dal nome dello
psicologo tedesco che per prima scrisse tale effetto. L’effetto pigmalione è possibile osservarlo
anche in ambito scolastico, quando l’insegnante ha nei confronti degli alunni determinate
aspettative, che possono essere positive o negative, e tali aspettative finiranno poi per condizionare,
in modo inconscio, l’atteggiamento dell’insegnante nei confronti degli alunni. Tale atteggiamento
sarà percepito dagli alunni, che interiorizzando il giudizio che ha di loro l’insegnante, finiranno di
assumere quel determinato comportamento. Pertanto ogni singolo alunno tenterà a divenire come
l’insegnante lo aveva immaginato ed “etichettato”. Ovviamente questo fenomeno si rivela
pericoloso quando l’immagine, che l’insegnante attribuisce all’alunno, risulta negativa, in quanto
andrà ad incidere profondamente sia sui rendimenti scolastici che sull’autostima.
WEBQUEST
Il webquest è una strategia didattica elaborata intorno al 1995, consiste nel partire da un problema
quanto più autentico possibile e chiedere agli studenti di individuare delle soluzioni attraverso la
ricerca sul web. Si tratta di una ricerca basata su materiale didattico fornito dal docente e su fonti o
siti consigliati per evitare che gli studenti si imbattano in fonti poco attendibili. Questa strategia si
divide in sei passaggi: l’introduzione in cui il docente presenta il tema dell’indagine; il compito
momento in cui il docente spiega il lavoro da realizzare, le risorse ovvero la consegna del materiale;
il processo in cui si suggeriscono le fasi di lavoro da seguire; i suggerimenti che possono essere dati
in itinere ed infine il momento conclusivo che prevede l’illustrazione dei lavori svolti.