Analisi Matematica
elementi principali della teoria
1
g
x
0
a.a. 2011-2012
Per i corsi di “Analisi Matematica I & II ” della Facoltà di Ingegneria, Università del
Salento
In copertina: Grafico delle funzioni f (x) := exp(x) e g(x) := sin x
Prefazione
Il presente testo contiene gli elementi principali della teoria dei corsi di Ana-
lisi Matematica I e II ed è indirizzato principalmente agli studenti dei Corsi
di Laurea in Scienze ed Ingegneria. In diversi capitoli è stato privilegiato l’o-
biettivo della sintesi degli argomenti trattati, e diverse parti della teoria sono
state introdotte in modo da basare l’esposizione su un numero abbastanza
contenuto di definizioni di base. Sono stati spesso anche utilizzati strumenti
intuitivi, soprattutto per ciò che riguarda gli argomenti introduttivi quali la
teoria degli insiemi, gli insiemi numerici e la topologia degli spazi euclidei.
Tuttavia il presente testo non è concepito come un mero testo di calcolo;
gli elementi della teoria sono stati esposti in modo da favorire la formazione
scientifica degli studenti e da incentivare l’interesse verso un’analisi critica
dei problemi posti. L’acquisizione di nuove nozioni è basata sull’utilizzo di
quelle già apprese in modo da favorire il progressivo approfondimento dei
risultati esposti.
Sono ovviamente graditi suggerimenti e segnalazioni di errori da far per-
venire preferibilmente per e-mail all’indirizzo: michele.campiti@unisalento.it.
Michele Campiti
Indice
1 Preliminari 5
1.1 Cenni di calcolo proposizionale . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.1.1 Connettivi logici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.1.2 Quantificatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.1.3 Notazioni insiemistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.1.4 Prodotto cartesiano e relazioni tra elementi di due
insiemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
1.2 Relazioni funzionali e funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
1.2.1 Immagini dirette e immagini reciproche . . . . . . . . 19
1.2.2 Funzioni iniettive, suriettive e biiettive . . . . . . . . . 21
1.2.3 Funzioni composte e funzioni inverse . . . . . . . . . . 23
4 Funzioni reali 77
4.1 Operazioni con le funzioni reali . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
4.2 Estremi di funzioni reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
4.3 Proprietà di monotonia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
4.4 Proprietà di simmetria e periodicità . . . . . . . . . . . . . . 87
4.5 Successioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
4.5.1 Numero di Nepero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
4.6 Funzioni elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
4.6.1 Funzioni potenza ad esponente intero positivo . . . . . 91
4.6.2 Funzioni radice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
4.6.3 Funzione potenza ad esponente intero negativo . . . . 94
4.6.4 Funzioni potenza ad esponente razionale e reale . . . . 96
4.6.5 Funzioni esponenziali e logaritmiche . . . . . . . . . . 97
4.6.6 Funzioni trigonometriche . . . . . . . . . . . . . . . . 101
4.6.7 Funzioni trigonometriche inverse . . . . . . . . . . . . 103
9.4 Applicazioni allo studio del grafico delle funzioni reali . . . . 246
9.4.1 Monotonia e massimi e minimi relativi ed assoluti . . 246
9.4.2 Convessità, concavità e flessi . . . . . . . . . . . . . . 254
9.4.3 Asintoti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262
9.4.4 Studio del grafico di una funzione reale . . . . . . . . 265
Bibliografia 441
Elenco delle figure
Preliminari
1. ⌉(⌉A) ⇔ A.
2. A ∨ B ⇔ B ∨ A , A∧B ⇔B∧A.
3. A ⇔ A ∨ A , A⇔A∧A.
4. A ⇒ A ∨ B , A∧B ⇒A.
5. (A ∨ B) ∨ C ⇔ A ∨ (B ∨ C) , (A ∧ B) ∧ C ⇔ A ∧ (B ∧ C) .
6. (A ∨ B) ∧ C ⇔ (A ∧ C) ∨ (B ∧ C) , (A ∧ B) ∨ C ⇔ (A ∨ C) ∧ (B ∨ C) .
A B A∨B A B A∧B
1 1 1 1 1 1
1 0 1 1 0 0
0 1 1 0 1 0
0 0 0 0 0 0
A B A⇒B A B A⇔B
A ⌉A 1 1 1 1 1 1
1 0 1 0 0 1 0 0 .
0 1 0 1 1 0 1 0
0 0 1 0 0 1
Esempi ed esercizi
1.1.2 Quantificatori
Nel seguito si denoteranno con lettere maiuscole gli insiemi e con lettere
minuscole gli elementi di un insieme (la distinzione tra oggetti ed insiemi
si riferisce al contesto considerato e non è una distinzione assoluta). Per
indicare che un oggetto x è un elemento (rispettivamente, non è un elemento)
di un insieme E, si scrive x ∈ E (“x appartiene ad E” oppure “x è elemento
di E”) (rispettivamente, x ∈ / E (“x non appartiene ad E” oppure “x non è
elemento di E”)).
Tra i simboli logici di uso frequente vi sono i quantificatori, definiti come
segue:
∀ x ∈ E : P(x)
∃ x ∈ E t.c. P(x)
Si osservi che nelle ultime due proprietà non vale l’equivalenza; infatti
se, ad esempio, E denota l’insieme {0, 1, 2} e se, per ogni x ∈ E, si pone
P(x) = “x ≤ 1” e Q(x) =“x = 2”, si vede facilmente che gli enunciati
(∃ x ∈ E : P(x)) e (∃ x ∈ E : Q(x)) sono entrambi veri (e quindi è vera
la loro congiunzione logica) mentre l’enunciato (∃ x ∈ E : P(x) ∧ Q(x)) è
evidentemente falso.
Analogamente, se si considerano le proprietà, definite per ogni x ∈ E,
P(x) = “x ≤ 1” e Q(x) =“x ≥ 1”; allora l’enunciato “∀ x ∈ E : P(x) ∨
Q(x)” è vero, mentre ciascuno degli enunciati “∀ x ∈ E : P(x)′′ e“∀ x ∈
E : Q(x)” è falso (e quindi è falsa la loro disgiunzione logica).
La prima proprietà, apparentemente banale, consente di eseguire cor-
rettamente la negazione anche di enunciati complessi, in cui l’intuizione
1.1 Cenni di calcolo proposizionale 11
Esempi ed esercizi
y P
• (x, y)
x
E
Figura 1.1: Rappresentazione grafica del prodotto cartesiano di due insiemi.
f (∅) = ∅ , f (E) ⊂ F ;
20 Capitolo 1: Preliminari
o equivalentemente
x, y ∈ E, f (x) = f (y) ⇒ x = y .
Si osservi che nel caso delle funzioni iniettive non è detto che, assegnato
un elemento y ∈ F , esista sempre un elemento x ∈ E tale che y = f (x);
infatti la condizione prevista nella definizione di funzione iniettiva prevede
solamente l’unicità di tale elemento nel caso in cui esista.
La seguente definizione invece prende in esame l’esistenza di un “corri-
spondente” elemento x ∈ E per ogni elemento y ∈ F .
Sia f : E → F una funzione da E in F . Si dice f è suriettiva (o anche
surgettiva) se essa verifica la seguente condizione
f (E) = F .
(h ◦ g) ◦ f = h ◦ (g ◦ f )
Ciò sarà utile per le funzioni reali che per convenzione avranno sempre
l’insieme R dei numeri reali come insieme di arrivo. In tal caso sarà possibile
comporre tali funzioni con un’ulteriore funzione reale anche se quest’ultima
non è definita in tutto R purché lo sia sull’insieme dei valori della prima
funzione.
A questo proposito, si richiamano alcune convenzioni valide per le funzioni reali.
Spesso tali funzioni vengono assegnate precisando solamente il valore y = f (x) assunto
in un generico elemento x senza precisare né l’insieme di partenza né quello di arrivo. In
questi casi l’insieme di arrivo è sempre da intendere come tutto R, mentre l’insieme di
partenza è il sottoinsieme più grande di R per il quale l’espressione f (x) ha significato.
Ciò, nel caso di funzioni composte, consente di imporre in maniera diretta la condizione
che la seconda funzione sia definita sui valori della prima funzione. Ad esempio, assegnata
√
la funzione y = log x si impone la condizione x ≥ 1 che consente di affermare che
log x ∈ [0, +∞[, insieme in sui è definita la funzione radice.
f −1 ◦ f = iE , f ◦ g = iF .
a) La funzione f è invertibile.
b) La funzione f è biiettiva.
Dimostrazione. Si supponga che f sia invertibile e sia f −1 : F → E la sua inversa.
Per verificare che f è iniettiva siano x, y ∈ E tali che f (x) = f (y). Allora si ha anche
f −1 (f (x)) = f −1 (f (y)) e dalle poprietà delle funzioni inverse x = y. Quindi f è iniettiva.
Si dimostra ora che f è suriettiva. Sia y ∈ F e si consideri l’elemento x = f −1 (y) ∈ E.
Allora, ancora dalle proprietà delle funzioni inverse, f (x) = f (f −1 (y)) = y e ciò dimostra
la proprietà di suriettività.
Viceversa si supponga ora che f sia biiettiva. Dalla proprietà (1.2.7), si può definire
la funzione g : F → E ponendo, per ogni y ∈ F ,
{
x∈E,
g(y) = x , dove x è l’unico elemento di E tale che
f (x) = y .
Si verifica ora che la funzione g è l’inversa della funzione f . Sia x ∈ E; allora, per come
è definita la funzione g, si ha g(f (x)) = x1 dove x1 è l’unico elemento di E tale che
f (x1 ) = f (x); dall’unicità di x1 segue x1 = x e quindi g(f (x)) = x. Infine, sia y ∈ F ;
allora g(y) è l’unico elemento di x ∈ E tale che f (x) = y e quindi f (g(y)) = f (x) = y.
Quindi è stata verificata la proprietà (1.2.9) da cui g = f −1 .
Quindi i valori della restrizione sono gli stessi della funzione; la restrizione
f|A tuttavia risulta definita nel sottoinsieme A anziché nell’intero insieme
E.
Il concetto di restrizione risulta utile soprattutto nei casi in cui si voglia
ottenere una funzione iniettiva partendo da una funzione arbitraria; in tali
casi infatti si considera un particolare sottoinsieme in cui la proprietà di
iniettività è soddisfatta.
D’altra parte, è sempre possibile ottenere una funzione suriettiva par-
tendo da una qualsiasi funzione; infatti, se f : E → F è una funzione da E
in F , si può considerare la ridotta di f , che si denota con f# , ed è definita
in E, ha f (E) come insieme di arrivo e inoltre, per ogni x ∈ E,
n · (m + p) = n · m + n · p .
∀ n, m ∈ N : n ≤ m ⇔ ∃ h ∈ N t.c. m = n + h .
∀ n, m, p ∈ N : n≤m ⇒ n+p≤m+p
e con la moltiplicazione
∀ n, m, p ∈ N, p ̸= 0 : n≤m ⇒ n·p≤m·p.
0! := 1 , ∀ n ∈ N : (n + 1)! := (n + 1) · n! . (2.1.1)
( ) ( )
n n
1. Per ogni n ∈ N, si ha = 1, = 1.
0 n
2. Per ogni n ≥ 2 e k = 1, . . . , n − 1, si ha
( )
n n · (n − 1) · · · (n − k + 1)
= .
k k!
3. Per ogni n ∈ N e k = 0, . . . , n
( ) ( )
n n
= .
n−k k
4. Per ogni n ≥ 1 e k = 1, . . . , n, si ha
( ) ( ) ( )
n+1 n n
= + .
k k k−1
Infatti, dalla definizione,
(n) ( n ) n! n! (n − k + 1) · n! + k · n!
+ = + =
k k−1 k!(n − k)! (k − 1)!(n − k + 1)! k!(n − k + 1)!
(n + 1) · n! (n + 1)! (n + 1)
= = = .
k!(n − k + 1)! k!(n − k + 1)! k
∑(
n−1
n) k+1 n−k ∑n ( )
n k n+1−k
= an+1 + a b + bn+1 + a b
k=0
k k=1
k
n (
∑ n ) h n−h+1 ∑ (n) k n+1−k
n
= an+1 + bn+1 + a b + a b
h=1
h−1 k=1
k
n (( )
∑ n ) (n)
= an+1 + bn+1 + + ak bn+1−k
k=1
k−1 k
n (
∑ n + 1)
= an+1 + bn+1 + ak bn+1−k
k=1
k
∑(
n+1
n + 1) k n+1−k
= a b ,
k=0
k
34 Capitolo 2: Cenni sugli insiemi numerici
e quindi la tesi è vera per il numero naturale n + 1. Dal principio di induzione (Proposi-
zione 2.1.1), si ottiene la tesi.
Dn,k = n(n − 1) · · · (n − k + 1) .
Pn = n! .
Pnr = nn .
q = a0 , a1 . . . ar ar+1 . . . ar+s
A = {q ∈ Q | q ≥ 0 , q 2 < 2} , B = {q ∈ Q | q ≥ 0 , q 2 > 2}
La dimostrazione del teorema precedente è basata sul fatto che gli insiemi
A = {x ∈ R | x ≥ 0 , xn ≤ a} , B = {x ∈ R | x ≥ 0 , xn ≥ a}
2.3.1 Intervalli di R
Innanzitutto si introducono alcuni sottoinsiemi di R di particolare rilevanza.
Essi vengono denominati intervalli di R:
1. |x| ≥ 0 ;
2. |x| = 0 ⇔ x = 0 ;
3. | − x| = |x| ;
4. x ≤ |x| ;
5. |x · y| = |x| · |y| ;
6. |x + y| ≤ |x| + |y| ;
(infatti, se x + y ≥ 0, dalla proprietà 4., |x + y| = x + y ≤ |x| + |y|, mentre, se
x + y < 0, sempre dalle 4. e 3., |x + y| = −x − y ≤ | − x| + | − y| = |x| + |y|).
2.3 Proprietà dei sottoinsiemi di R 43
7. | |x| − |y| | ≤ |x − y| ;
(infatti, se |x| − |y| ≥ 0, dalla proprietà 6. si ha |x| = |(x − y) + y| ≤ |x − y| + |y| e
quindi | |x| − |y| | = |x| − |y| ≤ |x − y|; se |x| − |y| < 0, si procede allo stesso modo
invertendo i ruoli di x e y.)
d(x, y) := |x − y| .
1. ∀ (x, y) ∈ R2 : d(x, y) ≥ 0 ;
2. ∀ (x, y) ∈ R2 : d(x, y) = 0 ⇔ x = y ;
:
r
•
•
0
1
y •P
0 x
-
Anche ora con il procedimento inverso, ad ogni punto del piano π si può
far corrispondere una ed una sola coppia di numeri reali. Quindi il piano π
può essere identificato con il prodotto cartesiano R2 .
Il punto O viene denominato origine del riferimento cartesiano e corri-
sponde ovviamente alla coppia (0,0) (mentre i punti U1 e U2 corrispondono
alle coppie (1,0) e rispettivamente (0,1)).
La retta r1 viene denominata asse delle ascisse e la retta r2 asse delle
ordinate. Inoltre le coordinate della coppia (x, y) al quale corrisponde il
punto P di π vengono anche denominate ascissa e ordinata di P ed il punto
P di coordinate (x, y) viene indicato anche con P (x, y).
Nel caso particolare in cui le due rette r1 e r2 siano perpendicolari, il
riferimento cartesiano si dice ortogonale. Se, in più, i punti U1 ed U2 su r1 e
rispettivamente r2 vengono fissati alla stessa distanza dall’origine O, allora
il riferimento ortogonale viene denominato ortonormale (vedasi la Figura
2.3).
Conviene osservare che la rappresentazione geometrica di R2 su un pia-
no cartesiano consente di definire anche in R2 una distanza con le stesse
proprietà di quella già precedentemente introdotta in R. Infatti, per ogni
coppia x = (x1 , x2 ) e y = (y1 , y2 ) di elementi di R2 la distanza di x da y
viene indicata con d(x, y) ed è definita ponendo
√
d(x, y) := (y1 − x1 )2 + (y2 − x2 )2 .
46 Capitolo 2: Cenni sugli insiemi numerici
y P
•
0 x -
z6
•
P
-
y
0
x
+
∃ m, M ∈ R t.c. ∀ x ∈ X : m ≤ x ≤ M . (2.3.4)
X ∩ I r {x0 } ̸= ∅ (2.3.9)
Numeri complessi e
polinomi
(a, b) ∈ C,
i0 = 1 , i1 = i , i2 = −1 , i3 = i2 · i = −i , i4 = i2 · i2 = 1 , ... ;
56 Capitolo 3: Numeri complessi e polinomi
1. z + w = z + w , z·w =z·w .
2. z = z .
3. z + z = 2 Re z , z − z = 2 Im z .
4. z · z = |z|2 .
5. | − z| = |z| .
6. |z| = |z| .
7. Re z ≤ |z| , Im z ≤ |z| .
8. |z · w| = |z| · |w| .
9. Se z ̸= 0, allora |z −1 | = |z|−1 .
6
.......................................Q
................... ..k
..........Q
............. .........
.
............. ...Q
.......
. .... .....
..... ....
.. .....
..
....
. .........P
.
. .....
.... .....
.... .......
..
. sin(x) ...... x
... .......
.... ......
...
..... 0 ...... A -
... ..
... cos(x) 1 .....
... .
... ..
... . ...
... .. .
... ..
...
... .. ...
.... ..
.... ....
..... ..
......
...... .....
........ .......
.........
............ ..................
.......................... ..............................
....
−1 ≤ sin x ≤ 1 , −1 ≤ cos x ≤ 1 .
sin2 x + cos2 x = 1
(il simbolo sin2 x è da intendersi come (sin x)2 ; la stessa convenzione vale
per il coseno e, più in generale, per tutte le quantità trigonometriche).
Si descrivono ora alcune proprietà del seno e del coseno di un qualsiasi
numero reale x la cui dimostrazione è una immediata conseguenza delle
definizioni adottate.
3.2 Richiami di trigonometria e coordinate polari 59
x 1 + cos x
11. Per ogni x ∈ R: cos2 = .
2 2
x 1 − cos x
12. Per ogni x ∈ R: sin2 = .
2 2
Infine, addizionando e sottraendo a due a due le 5.–6. e le 7.–8., si
ottengono le cosiddette formule di prostaferesi, che consentono di esprimere
il prodotto seni e/o coseni nella somma di seni e/o coseni.
sin 0 = 0 , cos 0 = 1 .
√
π 1 π 3
sin = , cos = .
6 2 6 2
√ √
π 2 π 2
sin = , cos = .
4 2 4 2
√
π 3 π 1
sin = , cos = .
3 2 3 2
π π
sin = 1 , cos = 0 .
2 2
Utilizzando le proprietà 1.–4, dagli archi noti precedenti possono esserne
ricavati altri come, ad esempio,
3 5 7 5 4 3 5 7 11
π, π, π, π, π, π, π, π, π, π.
4 6 6 4 3 2 3 4 6
Usando poi la proprietà di periodicità del seno e del coseno si ricavano archi
noti non appartenenti a [0, 2π[.
A questo punto si possono definire ulteriori nozioni trigonometriche.
Sia x ∈ R, x ̸= π/2 + kπ per ogni k ∈ Z e si consideri il corrispondente
punto P sulla circonferenza trigonometrica. Poiché P non si trova sull’asse
delle ordinate, la semiretta passante per l’origine e il punto P interseca la
retta parallela all’asse delle ordinate passante per il punto A di coordinate
(1, 0) in uno ed un solo punto Q. Allora la tangente di x si definisce come
l’ordinata di tale punto Q.
Utilizzando la similitudine dei triangoli di vertici OBP e OAQ rappre-
sentati in Figura 3.2, si deduce facilmente la relazione sin x : tan x =
cos x : 1, dalla quale si ricava
sin x
tan x = .
cos x
3.2 Richiami di trigonometria e coordinate polari 61
6
.......................................
................... ...........
.
................. .........
..........
.
........
...... Q
..
. .. .....P
.
. .. .
... . .......
...
... ........
.... .......
... ....... tan(x)
..
... ..
x ......
....
. .......
.... ......
..... O B ...... A -
... ..
... 1 .....
... .
... ..
... ...
.
... .. .
... ..
...
... .....
.... ..
.... ....
..... ........
...... .....
........ .......
.........
............ .......
. ..........
...........................................................
6
..............C
........................ cot(x) Q
................... ............
.................. .........
.......
. ........
.. ......
.......
. .....P
... .....
.
. . B .....
..... ........
...
.
... .......
. ......
... x .......
.... .......
.
....
.. ......
.... O ....... A -
... ..
...
... 1 .....
.
... ..
... ..
... ....
... .
... ..
... .. ...
.... ...
.... ....
.....
...... ......
.
........ .....
......... .......
............ ........
. ........
.................... ....
.....................................
y − − − − − − − − − − − − −• P
|
ρ |
|
......
....
......... |
...
... θ
.
..
|
0
..
..
..
..
..
. x -
z·w = ρ · σ((cos θ cos φ − sin θ sin φ) + i(cos θ sin φ + sin θ cos φ))
= ρ · σ(cos(θ + φ) + i sin(θ + φ)) .
ρ = σn , nφ = θ + 2kπ con k ∈ Z;
√ θ + 2kπ
quindi σ = n ρ e φ = , con k ∈ Z; si osserva a questo punto che, al
n
θ + 2kπ
variare di k ∈ Z, gli argomenti φ = non danno tutti luogo a numeri
n
complessi distinti, in quanto, per ogni k ∈ Z,
6 6
r z z
..........
................
............................................
........... • ..........
................ •
............................................
...........
.
.........
.........
.........
........
......
r .
.........
.........
.........
........
......
.. ..
........ ......
.... ........ ......
....
... .... ... ....
.
. .
.
...
. .... ...
. ....
r
. .
... ... ... ...
.
..
.
.. ...
... .
..
.
.. ...
...
....
.
...
... ....
.
r
...
...
...
... r ..
..
..
...
...
..
..
..
...
..
0 ..
..
- ...
..
0 -
..
..
.. .. .. ..
.. .. .. ..
.. ... .. ...
.. . .. .
... ... ... ...
... .. ... ..
... ... ... ...
... .. ... ..
... .
... ... .
...
.... ... .... ...
.... ... .... ...
....
r
.....
...... ..........
...
.... ....
.....
...... ..........
...
....
....... .......
r
........ .
...... ........ .
......
........ ........
.........
.............
.........................................................
.........
.........
r
.............
.........................................................
.........
1. ez+w = ez · ew ;
2. ez ̸= 0 ;
3. |ei θ | = 1 ;
4. ez+2kπi = ez ;
5. |ez | = eRe z ;
Il grado di un polinomio è, quindi, il più grande dei numeri naturali k per
cui il coefficiente della potenza z k è diverso da 0. Il grado di un polinomio
P viene indicato spesso con il simbolo deg(P ).
Il coefficiente a0 del termine di grado 0 di un polinomio viene spesso
denominato termine noto del polinomio.
3.5 Polinomi ed equazioni algebriche 69
−b + w1 −b + w2
z1 = , z2 =
2a 2a
e il polinomio si può scrivere come P (z) = a(z − z1 )(z − z2 ). I numeri
complessi w1 e w2 , in quanto radici del numero complesso ∆, devono essere
l’uno opposto dell’altro. Quindi, le radici z1 e z2 possono essere espresse
scrivendo √ √
−b − ∆ −b + ∆
z1 = , z2 = ,
2a 2a
dove ∆ denota una qualsiasi delle due radici complesse di ∆. Da ciò segue
che i numeri complessi z1 e z2 sono caratterizzati dalle condizioni seguenti
b c
z1 + z2 = − , z1 · z2 = .
a a
Le radici z1 e z2 coincidono solo nel caso in ∆ = 0; se ciò accade, l’unica
radice è data da z0 = −b/2a e si può scrivere P (z) = a(z − z0 )2 (si dice in
questo caso che z0 è una radice di molteplicità 2.
Se il polinomio di secondo grado è a coefficienti reali, cioè se a, b, c√∈ R,
anche ∆√ è un numero reale. Nel caso in cui ∆ > 0, si ha w1 = ∆ e
w2 = − ∆ e quindi il polinomio P ammette le due radici reali distinte
√ √
−b − ∆ −b + ∆
x1 = , x2 = ,
2a 2a
e si può scrivere come P (z) = a(z − x1 )(z − x2 ).
Se ∆ = 0, P ammette un’unica radice reale data da x0 = −b/(2a) e si
ha P (z) = a(z − x0 )2 .
3.5 Polinomi ed equazioni algebriche 71
√
√ se ∆ < 0, le radici complesse di ∆ sono w1 = −i −Delta e
Infine,
w2 = i −∆; quindi il polinomio P ammette due radici complesse coniugate
date da √ √
−b − i −∆ −b + i −∆
z1 = , z2 = .
2a 2a
con h1 + . . . hs = n.
Dalla formula precedente segue in particolare che un polinomio di grado
n ≥ 1 ha al più n radici distinte. Conseguentemente, due polinomi P e
Q, entrambi di grado minore o uguale di n, che coincidono in n + 1 punti
distinti sono necessariamente uguali (infatti il polinomio P − Q si annulla
in n + 1 punti distinti).
Uno dei metodi più comunemente utilizzati per determinare le radici di
un polinomio P consiste nell’applicazione della regola di Ruffini, che per il
suo carattere elementare non viene qui approfondita.
P (z) = a0 + · · · + an z n .
Funzioni reali
(λ · f )(x) := λ · f (x) .
X0 = {x ∈ X | f (x) ̸= 0}
1
e conseguentemente si può considerare la funzione : X0 → R definita
f
ponendo, per ogni x ∈ X0 ,
1 1
(x) = .
f f (x)
1
Anche in questo caso la funzione continua ad essere denominata
f
funzione reciproca della funzione f .
In questo modo, se f : X → R e g : Y → R sono funzioni reali definite
in X ⊂ R e rispettivamente Y ⊂ R, si può considerare la funzione
f
quoziente di f e g che si denota con ed è definita nel modo seguente
g
f 1
=f·
g g
(prodotto di f con la reciproca di g). Ovviamente, la funzione quo-
ziente è definita in {x ∈ X ∩ Y | g(x) ̸= 0}.
Si ricordano infine la convenzioni utilizzate nella sezione 1.2.3 che con-
sentono di definire una funzione inversa di una funzione reale iniettiva
e di considerare la funzione composta in circostanze più generali.
x
m 0 p q
sup f = +∞ , inf f = −∞ .
0 J
x
I
(rispettivamente,
{
∀ x ∈ X∩ ]x0 − δ, x0 [: f (x) < f (x0 ) ,
∀ x ∈ X∩ ]x0 , x0 + δ[: f (x0 ) < f (x) ;
{
∀ x ∈ X∩ ]x0 − δ, x0 [: f (x) ≥ f (x0 ) ,
∀ x ∈ X∩ ]x0 , x0 + δ[: f (x0 ) ≥ f (x) ;
{
∀ x ∈ X∩ ]x0 − δ, x0 [: f (x) > f (x0 ) ,
∀ x ∈ X∩ ]x0 , x0 + δ[: f (x0 ) > f (x) ).
x
a 0 b
ogni x ∈ R,
x+1, x<0,
f (x) := 0, x=0,
x−1, x>0,
è strettamente decrescente in 0, mentre è strettamente crescente in ogni
x0 ∈ R∗ .
4.5 Successioni
Una funzione a : N → E viene denominata successione di elementi di E.
Nel caso in cui E = R si userà la denominazione di successione reale.
L’insieme dei valori di una successione viene denominato insieme degli
elementi della successione.
Pertanto, tutte le definizioni e le proprietà delle funzioni reali possono
essere applicate al caso delle successioni di numeri reali, riguardando queste
come particolari funzioni aventi N come insieme di definizione.
Per le successioni, tuttavia, si adoperano una terminologia e delle nota-
zioni particolari. Cosı̀, anzichè utilizzare le notazioni tipiche delle funzioni,
per le successioni si preferisce utilizzare la notazione (an )n∈N evidenziando
in tal modo il ‘valore’ an = a(n) che la successione assume in un generico
elemento n ∈ N.
A titolo di esempio, si passano ora in rassegna alcune delle definizioni
viste in generale per le funzioni traducendole nel caso delle successioni.
Se (an )n∈N e (bn )n∈N sono successioni reali, la somma e il prodotto delle
due successioni sono definite al modo seguente:
(an )n∈N + (bn )n∈N := (an + bn )n∈N , (an )n∈N · (bn )n∈N := (an · bn )n∈N .
∀ n ∈ N : an ≤ M (rispettivamente, ∀ n ∈ N : M ≤ an ).
∀ n ∈ N : an ≤ an+1 . (4.5.1)
∃ ν ∈ N t.c. ∀ n ∈ N, n ≥ ν : an ≤ an+1 .
Analogamente, si dice che gli elementi di una successione (an )n∈N sono
definitivamente minori o uguali di quelli di una successione (bn )n∈N (o, più
brevemente, che (an )n∈N è definitivamente minore o uguale di (bn )n∈N ) se
esiste ν ∈ N tale che, per ogni n ∈ N, n ≥ ν, si abbia an ≤ bn .
In base a quanto sopra, in generale potrebbe non interessare il compor-
tamento di una successione in un numero finito di elementi e addirittura
la successione (si continua a denominare tale) potrebbe essere definita solo
da un certo numero naturale p in poi, nel qual caso si adopera la notazione
(an )n≥p .
Si conclude la presente sezione con un esempio molto importante di
successione che consente di definire il numero di Nepero.
inoltre, poichè 2k−1 ≤ k! per ogni k ≥ 2 (tale diseguaglianza si stabilisce facilmente per
induzione completa (vedasi la Proposizione 2.1.1), si ottiene
∑
n
1 ∑
n−1
1 ∑ 1
n−1
en ≤ 2 + =2+ = 1 + .
k=2
2k−1 h=1
2h h=0
2h
∑
n−1
∀ a, b ∈ R : an − bn = (a − b) ak bn−1−k
k=0
∑
n+1 ( ) ( )
1 1 k−1
< 2+ 1− ··· 1 − = en+1 .
k=2
k! n+1 n+1
fn (x) = xn .
1. fn (0) = 0 , fn (1) = 1 .
2. Se x, y ∈ R e 0 ≤ x < y, allora fn (x) < fn (y).
Tale proprietà può essere dimostrata facilmente utilizzando il principio di induzione
completa. Se n = 1, la proprietà è ovviamente vera. Si supponga che sia vera per n
e siano x, y ∈ R tali che 0 ≤ x < y. Dall’ipotesi di induzione si ha fn (x) < fn (y),
cioè xn < y n e da qui si ricava xn+1 = xn · x < y n · x < y n · y = y n+1 , cioè
fn+1 (x) < fn+1 (y). Quindi la proprietà è vera per n + 1. Lo schema della
presente dimostrazione, fornita a titolo di esempio, si applica anche a diverse
proprietà successive.
x
-1 0 1
-1
x
0 1
-1
2. Se x ∈ R+ , f1/n (x) ≥ 0 .
0
x
1
-1 0
x
1
-1
Dalla definizione adottata e dalle proprietà già viste delle funzioni po-
tenza ad esponente intero positivo, si possono ricavare altrettante proprietà
della funzione f−n , che per brevità vengono omesse.
Si conclude pertanto con le Figure 4.8–4.9, nelle quali viene tracciato
approssimativamente il grafico delle funzioni potenza ad esponente intero
negativo nei casi n pari ed n dispari; viene usato il tratto continuo per la
funzione f−n , e tratteggiato per la funzione f−n−2 .
0
x
-1 1
Figura 4.8: Funzione potenza ad esponente intero negativo pari.
96 Capitolo 4: Funzioni reali
x
-1 1
-1
′ ′
m′ · n = m · n′ e conseguentemente xm ·n = xm·n . Pertanto il numero xq
non dipende dalla particolare rappresentazione del numero razionale q.
Si fissi un numero reale arbitrario r e sia x un numero reale strettamente
positivo. Per ogni numero razionale q < r ha senso considerare, per quanto
visto sopra, la potenza xq ; allora la potenza ad esponente reale xr viene
definita ponendo
inf xq , se 0 < x < 1 ;
r q∈Q, q≤r
x := (4.6.4)
sup x , se x ≥ 1 .
q
q∈Q, q≤r
fr (x) := xr .
0
x
1
1
a
x
0 1
Figura 4.11: Funzione esponenziale.
loga (x)
8. Per ogni x ∈ R∗+ : logb (x) = .
loga (b)
x
0 a 1 a
y
1
π 0 π x
-π 2
-- 2
- π
-1
Figura 4.13: Funzioni seno e coseno.
{π }
A questo punto si osserva che la tangente è definita per ogni x ∈ + kπ | k ∈ Z
2
e quindi si può considerare la funzione tangente
{π definita in
} tale insieme e
denotata ancora con tan; dunque tan : Rr + kπ | k ∈ Z → R è definita
{π 2}
ponendo, per ogni x ∈ R r + kπ | k ∈ Z ,
2
sin x
tan x := . (4.6.6)
cos x
Dalle proprietà della tangente richiamate nella Sezione 3.2, si deduce che
sin(−x)
la funzione tangente è periodica di periodo π. Inoltre, tan(−x) = =
cos(−x)
− sin x
= − tan x e quindi la funzione tangente è dispari (si osservi che il
cos x
suo insieme di definizione è simmetrico).
Dai valori degli archi noti per il seno e per il coseno si deducono altret-
tanti archi noti per la tangente.
Il grafico della funzione tangente è approssimativamente quello tracciato
nella Figura 4.14.
In modo analogo a quanto visto per la funzione tangente, si può proce-
dere considerando il rapporto tra la funzione coseno e quella seno. Poichè
la funzione seno si annulla nell’insieme {kπ | k ∈ Z}, tale rapporto
è definito in R r {kπ | k ∈ Z}. Si ottiene pertanto la funzione co-
tangente cot : R r {kπ | k ∈ Z} → R definita ponendo, per ogni
x ∈ R r {kπ | k ∈ Z},
cos x
cot x := . (4.6.7)
sin x
4.6 Funzioni elementari 103
π 0 π x
-π 2
- - 2
- π
x
-π π 0 π π
2
-- 2
-
dalla (1.2.11), arcsin : [−1, 1] → R è definita ponendo, per ogni x ∈ [−1, 1],
arcsin x = y dove y è l’unico elemento dell’intervallo [−π/2, π/2] tale che
sin y = x.
Dal calcolo del seno di alcuni archi noti, si può dedurre il valore della
funzione arcoseno in altrettanti punti particolari; infatti, ad esempio,
sin 0 = 0 ⇒ arcsin 0 = 0 ,
π 1 1 π
sin = ⇒ arcsin = ,
6 √2 2√ 6
π 2 2 π
sin = ⇒ arcsin = ,
4 √2 √2 4
π 3 3 π
sin = ⇒ arcsin = ,
3 2 2 3
π π
sin = 1 ⇒ arcsin 1 = .
2 2
Inoltre, poiché la funzione seno ristretta all’intervallo [−π/2, π/2] con-
tinua ad essere una funzione dispari, anche la funzione arcoseno è dispari
4.6 Funzioni elementari 105
y
π
2
-
x
-1 1
π
2
--
y
π
π
2
-
x
-1 0 1
y
π
2
-
0
x
π
2
--
π
2
-
x
0
Figura 4.19: Funzione arcocotangente.
Capitolo 5
Alcuni metodi di
risoluzione di equazioni e
disequazioni
f (x) = g(x) .
S := {x ∈ X ∩ Y | f (x) = g(x)} .
f (x) ≤ g(x) , f (x) ≥ g(x) , f (x) < g(x) , f (x) > g(x)
P (x) = 0
110 Capitolo 5: Equazioni e disequazioni
oppure, rispettivamente,
con P polinomio.
In precedenza ci si è soffermati sulle soluzioni delle equazioni polinomiali
e pertanto ora si prenderanno in considerazione soprattutto le disequazio-
ni; ovviamente, queste hanno senso solo per polinomi a coefficienti reali in
quanto in C non si possono considerare disequazioni. Passando, se necessa-
rio, alla disequazione opposta, nel seguito si potrà supporre, qualora lo si
ritenga conveniente, che il coefficiente della potenza di grado massimo del
polinomio sia strettamente positivo.
Si studiano dapprima i casi più semplici in cui il grado del polinomio P
è 0, 1 oppure 2 e poi si passa al caso generale.
Si supponga dapprima che P sia un polinomio di grado 0, cioè P (x) = a0
per ogni x ∈ R con a0 ̸= 0. In questo caso, se a0 > 0, le disequazioni
P (x) ≤ 0 e P (x) < 0 non sono mai soddisfatte per cui S = ∅, mentre le
disequazioni P (x) ≥ 0 e P (x) > 0 sono sempre soddisfatte per cui S = R;
il caso a0 < 0 si discute in maniera analoga.
Si considera ora il caso in cui P sia un polinomio di grado 1, cioè P (x) =
mx + n per ogni x ∈ R con m, n ∈ R ed m > 0; in questo caso, è facile
vedere che le disequazioni in esame hanno rispettivamente come soluzioni i
seguenti intervalli: S =] − ∞, −n/m], S = [−n/m, +∞[, S =] − ∞, −n/m[,
S =] − n/m, +∞[. Ad esempio, la disequazione 2x+3¿0, ha come soluzioni
l’insieme S =] − 3/2, +∞[, mentre la disequazione 3 − 4(5 − x) ≤ 2x + 5 ha
come soluzioni l’insieme S =] − ∞, 11].
Sia ora P (x) = ax2 +bx+c un polinomio di secondo grado con a, b, c ∈ R
ed a > 0. In questo caso bisogna tener presente che:
P (x) = a0 + a1 x + · · · + an xn , x∈R.
−2 −1 2
x−2≥0 −−−−−−−−−−−−−−−−−
•−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
x+1≥0 −−−−−−−−−−−
•−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
x+2≥0 −−−−−−−
•−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
P (x) ≥ 0 −−−−−−−
•−−−−−−−−−−−−−−−−
• −−−−−−
•−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
−2 −1 2
S ◦−−−−−−−−−−−−−◦ ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
−2 −1 2
S ]−−−−−−−−−−−−−−[ ]−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
P (x)
R(x) := .
Q(x)
(x − 1)(x − 2)
=0
x2 − x
x−2
≤2;
x−1
essa è equivalente a
x−2
−2≤0,
x−1
e quindi, considerando il minimo comune multiplo,
−x
≤0.
x−1
0 1
−x ≥ 0 −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
• −−−−−−−−−−−−−−−
x−1≥0 −−−−−−−−−−−−−−−−
•−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
R(x) ≥ 0 −−−−−−−−−
•−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
• −−−−−−−−
0 1
S −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−• ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
(rispettivamente,
f1 (x) ≤ g1 (x) ,
f2 (x) ≤ g2 (x) ,
..
.
fn (x) ≤ gn (x) ),
con f1 : X1 → R, . . . , fn : Xn → R e g1 : Y1 → R, . . . , gn : Yn → R funzioni
reali assegnate.
5.3 Sistemi di equazioni e disequazioni 115
(rispettivamente,
0 2 5/2 3
S1 ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S2 • •
S3 −−−−−−−−−−−−−−−−−−−◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S •
−2 −1 1/2 1 2
S1 −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−• •−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S2 ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−◦
S3 ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S •−−−−−−−−−−◦
−1 2
S1 −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−• •−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S2 •−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S3 ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S •−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
118 Capitolo 5: Equazioni e disequazioni
−1 1 2
S1′ ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S2′ −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−• •−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S′ ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
−1 1 5/4 2
S1′′ −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−•
S ′′ ◦−−−−−−−−−−−−−•
5/4 2
S′ ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S ′′ ◦−−−−−−−−−−−−−•
S ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
0 2 7 9
S1 −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S2 −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−• •−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S3 •−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
•
S •−−−−−−−−−−
• •−−−−−−−−−−
•
122 Capitolo 5: Equazioni e disequazioni
x + 1 < |x2 − 3x − 8| ,
S ′′ •−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−◦
S ′′′ ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
S −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−◦ ◦−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−
Si consideri la disequazione
log x < 1 .
Confrontando il grafico della funzione log con la retta orizzontale passante
per il punto (0, 1), si deduce in maniera immediata che la disequazione é
soddisfatta nell’insieme S =]0, e[ (vedasi la Figura 5.1).
x
0 1 S e
x
-π 0 S0 π
y
π
2
-
π
6
-
x
-1 1 1
2
-
π
2
--
Più generale, il metodo descritto negli esempi precedenti può essere ap-
plicato anche nei casi in cui il confronto non sia necessariamente con una
5.6 Metodo grafico 125
retta; in tali casi l’utilizzo del calcolo differenziale può essere utile per la
dimostrazione di qualche diseguaglianza. Inoltre, il teorema degli zeri può
anche essere utilizzato per una determinazione approssimata delle soluzioni,
nei casi in cui non sia possibile descrivere le soluzioni in maniera precisa.
Ad esempio, si consideri la seguente disequazione:
x4 + ex ≤ 1 .
0
x
S
lim f (x) = ℓ
x→x0
La lettera x che compare nella notazione del limite è “muta” nel senso
che essa può essere sostituita con una qualsiasi altra lettera che non sia già
stata utilizzata nello stesso contesto.
128 Capitolo 6: Limiti delle funzioni reali
Nei casi in cui siano noti sia ℓ che x0 si possono applicare entrambe
le considerazioni precedenti. Cosı̀, ad esempio, se ℓ ∈ R, x0 ∈ R, si ha
limx→x0 f (x) = ℓ se e solo se
allora necessariamente ℓ1 = ℓ2 .
Dimostrazione. Si supponga, per assurdo, che ℓ1 ̸= ℓ2 . Allora si possono trovare un
intorno I1 ∈ I(ℓ1 ) ed un intorno I2 ∈ I(ℓ2 ) tali che I1 ∩ I2 = ∅.
Dalle ipotesi segue da un lato l’esistenza di un intorno J1 ∈ I(x0 ) tale che, per ogni
x ∈ X ∩ J1 r {x0 }, f (x) ∈ I1 , e dall’altro l’esistenza di un ulteriore intorno J2 ∈ I(x0 )
tale che, per ogni x ∈ X ∩ J2 r {x0 }, f (x) ∈ I2 . Si consideri ora J = J1 ∩ J2 ; tale
insieme è anch’esso un intorno di x0 e poiché x0 è un punto di accumulazione per X,
deve essere X ∩ J r {x0 } ̸= ∅. Si considera un qualsiasi elemento x ∈ X ∩ J r {x0 }, si ha
sia x ∈ X ∩ J1 r {x0 }, da cui f (x) ∈ I1 ed anche x ∈ X ∩ J2 r {x0 }, da cui f (x) ∈ I2 ;
dunque f (x) ∈ I1 ∩ I2 e ciò è escluso dal fatto che gli intorni I1 ed I2 sono disgiunti.
Per quanto riguarda la ii), si supponga che esista un intorno J0 di x0 tale che, per
ogni x ∈ X ∩ J0 r {x0 }, f (x) ≥ 0. Se fosse per assurdo ℓ < 0 oppure ℓ = −∞, dalla
proprietà i) esisterebbero r > 0 ed un intorno J1 di x0 tali che, per ogni x ∈ X ∩J1 r{x0 },
f (x) ≤ −r. Considerato x ∈ X ∩(J0 ∩J1 )r{x0 } si avrebbe contemporaneamente f (x) ≥ 0
e f (x) ≤ −r e ciò è assurdo. Quindi deve essere ℓ ≥ 0 oppure ℓ = +∞.
Infine, le proprietà iii) e iv) seguono anch’esse dalla i) procedendo per assurdo.
Per quanto riguarda la 3., si supponga dapprima ℓ < ℓ′ . Allora si possono considerare
due intervalli disgiunti I ∈ I(ℓ) e I ′ ∈ I(ℓ′ ); quindi, per ogni y ∈ I e per ogni y ′ ∈ I ′ , si
ha y < y ′ . Applicando la definizione di limite, si ottiene l’esistenza di un intorno Jdix0
tale che, per ogni x ∈ X ∩ J r {x0 }, f (x) ∈ I ed un intorno J ′ di x0 tale che, per ogni
x ∈ X ∩ J ′ r {x0 }, g(x) ∈ I ′ . Si consideri ora l’insieme J0 = J ∩ J ′ ; esso è un intorno di
x0 e, per ogni x ∈ X ∩ J0 r {x0 }, risulta f (x) < g(x) in quanto f (x) ∈ I e g(x) ∈ I ′ .
Viceversa, si supponga che esista un intorno J0 di x0 tale che, per ogni x ∈ X ∩
J0 r {x0 }, f (x) ≤ g(x). Se, per assurdo, fosse ℓ′ < ℓ, dalla prima parte dimostrata si
dedurrebbe l’esistenza di un intorno J1 di x0 tale che, per ogni x ∈ X ∩ J1 r {x0 }, si
abbia g(x) < f (x). Considerato x ∈ X ∩ (J0 ∩ J1 ) r {x0 } si avrebbe contemporaneamente
f (x) ≤ g(x) e f (x) > g(x) e ciò è assurdo. Quindi deve essere ℓ ≤ ℓ′ .
(si legge “il limite di f (x) per x tendente verso x0 da destra è uguale ad
ℓ” (rispettivamente, il limite di f (x) per x tendente verso x0 da sinistra è
uguale ad ℓ”)) se è verificata la seguente condizione
sono equivalenti (cioè uno dei due limiti esiste se e solo se esiste anche l’altro
e in tal caso sono uguali).
Trattandosi di un particolare limite, quindi, valgono tutte le proprietà
esposte nella sezione precedente; in particolare, anche il limite destro e quello
sinistro, quando esistono, sono unici.
Inoltre, sempre dalle uguaglianze precedenti, segue che il punto x0 è di
accumulazione solo a destra (rispettivamente, solo a sinistra) l’esistenza del
limite della funzione in x0 equivale a quella del limite destro (rispettiva-
mente, sinistro) in x0 . In questo caso, quindi, il limite destro o sinistro non
aggiunge nulla di nuovo rispetto al limite.
Nel caso, invece, in cui il punto x0 sia di accumulazione sia a sinistra
che a destra per X, si ha la seguente caratterizzazione.
a) Esiste il limite di f in x0 .
2. Esistono i limiti di g ed h in x0 e si ha
lim f (x) = ℓ .
x→x0
Dimostrazione. Sia ε > 0; poiché limx→x0 g(x) = ℓ, esiste un intorno J1 di x0 tale che,
per ogni x ∈ X ∩ J1 r {x0 },
ℓ − ε < g(x) < ℓ + ε ,
e analogamente, poiché limx→x0 h(x) = ℓ, esiste un intorno J2 di x0 tale che, per ogni
x ∈ X ∩ J2 r {x0 }
ℓ − ε < h(x) < ℓ + ε .
Allora, l’insieme J = J0 ∩ J1 ∩ J2 risulta un intorno di x0 e per ogni x ∈ X ∩ J r {x0 },
si ha
g(x) ≤ f (x) ≤ h(x) , ℓ − ε < g(x) < ℓ + ε , ℓ − ε < h(x) < ℓ + ε .
Da ciò segue
ℓ − ε < g(x) ≤ f (x) ≤ h(x) < ℓ + ε ,
e quindi, dall’arbitrarietà di ε > 0, è verificata la definizione di limite.
Conviene osservare che l’ipotesi 2. del Teorema 6.5.2 non prevede l’esi-
stenza del limite di g in x0 . Ovviamente, se esiste il limite di g in x0 ed
è un numero reale oppure +∞ (rispettivamente, è un numero reale oppure
−∞), dalla Proposizione 6.2.2, 1. segue che la funzione g è limitata infe-
riormente (rispettivamente, superiormente) in un intorno di x0 . Quindi, in
questo caso, si ha ancora
(o viceversa), non si può concludere nulla sul limite della somma. In tale
circostanza, si dice che il limite limx→x0 (f (x)+g(x)) si presenta nella forma
indeterminata +∞ − ∞ (oppure −∞ + ∞).
Nel seguito si introdurranno gli strumenti opportuni che consentiranno
di studiare anche tali tipi di limiti.
Si considera ora il caso del limite del prodotto di due funzioni. Anche
ora conviene distinguere il caso in cui le due funzioni siano dotate di limiti
reali da quello in cui una delle due ammetta un limite infinito.
Quindi, anche nel caso del limite del prodotto di due funzioni, si può
dire che esistono entrambi i limiti delle funzioni f e g e sono numeri reali,
il limite del prodotto di due funzioni è uguale al prodotto dei loro limiti.
Tale regola non si può estendere in generale al caso in cui i limiti delle due
funzioni non siano entrambi reali.
Si ha tuttavia il seguente risultato.
f (x1 ) < 0 < f (x2 )), allora il limite della funzione reciproca in x0 non
esiste.
2. Se f è decrescente:
Dimostrazione. Si considera per brevità solamente il caso 1. in cui f è crescente (il caso
2. può essere dedotto dal caso 1. applicato alla funzione −f ). Si ponga, per brevità,
ℓ = supx∈X, x<x0 f (x) (rispettivamente, ℓ = inf x∈X, x>x0 f (x). Si supponga dapprima
che ℓ = +∞ (rispettivamente, ℓ = −∞). Dunque, in questo caso la funzione non è
limitata superiormente in X∩] − ∞, x0 [. Per dimostrare che limx→x− f (x) = +∞, si fissi
0
M ∈ R; da quanto osservato, M non può essere un maggiorante di f (X∩] − ∞, x0 [) e
quindi deve esistere x1 ∈ X, x1 < x0 tale che M < f (x1 ). Per ogni x ∈ X∩]x1 , x0 [, dalla
crescenza di f , si ha M < f (x1 ) ≤ f (x). Ciò, per l’arbitrarietà di M ∈ R, dimostra che
limx→x− f (x) = +∞.
0
Nel caso rispettivo la funzione f non è limitata inferiormente a destra di x0 . Per-
tanto, fissato M ∈ R, esso non può essere un minorante di f (X∩]x0 , +∞[) e quindi deve
esistere x1 ∈ X, x0 < x1 tale che f (x1 ) < M . Allora, per ogni x ∈ X∩]x0 , x1 [, si
ha, dalla crescenza di f , f (x) ≤ f (x1 ) < M . Per l’arbitrarietà di M ∈ R, deve essere
limx→x+ f (x) = −∞.
0
1 Per convenzione, se Y ⊂ X si scrive sup f (x) = +∞ per indicare che f|Y non è
x∈Y
limitata superiormente in Y e analogamente inf f (x) = −∞ per indicare che f|Y non
x∈Y
è limitata inferiormente in Y . Nel teorema in esame si considera Y = X∩] − ∞, x0 [
(rispettivamente, Y = X∩]x0 , +∞[).
142 Capitolo 6: Limiti delle funzioni reali
nel punto x0 = 0.
Nel caso in cui x0 = ±∞, si ha il seguente risultato analogo al Teorema
6.6.1; la dimostrazione è del tutto analoga a quella del Teorema 6.6.1 e viene
omessa per brevità.
2. Se f è decrescente:
l
x
1/n
• Se x0 ∈ R+ , si ha lim x1/n = x0 . Se n è dispari, la stessa
x→x0
uguaglianza vale per ogni x ∈ R.
• Se x0 ∈ R, si ha lim ax = ax0 .
x→x0
2. Se x0 = ±∞, si ha
{
+∞ , se an > 0 ;
lim P (x) = lim an xn =
x→+∞ x→+∞ −∞ , se an < 0 ;
{
n
+∞ , se (−1)n an > 0 ;
lim P (x) = lim an x =
x→−∞ x→−∞ −∞ , se an < 0 ;
(si osservi che (−1)n an > 0 se n e pari e an > 0 oppure se n è
dispari e an < 0). L’ultima uguaglianza si ottiene facilmente mettendo
in evidenza il termine an xn (si ottiene il limite del prodotto di due
funzioni di cui una è un infinito e l’altra tende ad 1).
148 Capitolo 6: Limiti delle funzioni reali
P (x) = a0 + · · · + an xn , Q(x) = b0 + · · · + bm xm ,
con an ̸= 0 e bm ̸= 0.
Posto X = {x ∈ R | Q(x) ̸= 0}, si considera la funzione razionale
R : X → R definita ponendo, per ogni x ∈ X,
P (x)
R(x) =
Q(x)
Poiché X differisce da R al più per un numero finito di punti, tutti gli
elementi di R sono di accumulazione per X.
Ha senso quindi considerare il limite
P (x)
lim
x→x0 Q(x)
per ogni x0 ∈ R ed anche per x0 = ±∞.
Di seguito, si considerano i diversi casi che si possono presentare, che
si ottengono tutti applicando i teoremi sul limite della funzione reciproca
(Teorema 6.5.5) e sul prodotto (Teoremi 6.5.3–6.5.4) di due funzioni.
P (x) P (x)
lim− = +∞ , lim+ = −∞
xt ox0 Q(x) xt ox0 Q(x)
oppure
P (x) P (x)
lim = −∞ , lim = +∞ .
xt ox−
0
Q(x) + Q(x)
xt ox0
P (x) an xn
lim = lim
xt o±∞ Q(x) xt o±∞ bm xm
0 ±∞
• Forme indeterminate del quoziente di due funzioni: , ;
0 ±∞
sin x
1. lim = 1.
x→0 x
Infatti, sia 0 < x < π/2. Da semplici considerazioni geometriche, si ha: sin x ≤
x ≤ tan x (infatti, il triangolo OAP di area sin x/2 è contenuto nel settore circolare
OAP di area πx/(2π) = x/2 il quale a sua volta è contenuto nel triangolo OAQ
di area tan x/2 e confrontare le rispettive aree; vedasi la Figura 6.2).
tan x
2. lim = 1.
x→0 x
Infatti, tenendo presente il limite 1. precedente,
tan x sin x 1
lim = lim · =1
x→0 x x→0 x cos x
.
2 Tali forme indeterminate derivano dai limiti del tipo lim g(x) (con f stret-
x→x0 f (x)
tamente positiva) che si possono scrivere al modo seguente: limx→x0 exp(g(x) log f (x)).
Pertanto, tali limiti vengono ricondotti al limite del prodotto limx→x0 g(x) log f (x) per
il quale si possono presentare le forme indeterminate del prodotto viste sopra; tenendo
presente che log f (x) tende a +∞ in +∞, a −∞ in 0 ed a 0 in 1, le forme indeterminate
del prodotto si presentano nei seguenti casi: 1) f tende a 0 e g tende a 0; 2) f tende a
+∞ e g tende a 0; 3) f tende a 1 e g tende a ±∞.
6.9 Limiti notevoli 151
6
.......................................
................... ...........
.
...
.............
. ......... Q
..
..........
.
........
......
...
. ......P
.
.... ......
.... ........
..... .......x
.... .......
...
... ...... tan x
..
.
.... sin x .......
....
......
O ....... 1
.. -
B A
1 − cos x 1
3. lim = .
x→0 x2 2
Infatti, tenendo presente il limite 1. precedente,
arcsin x
4. lim = 1.
x→0 x
Infatti, posto y = arcsin x (da cui x = sin y) e osservato che y → 0 per x → 0 e
inoltre che arcsin x ̸= 0 per ogni x ∈ [−1, 1] r {0}, si può applicare il teorema sul
arcsin x
limite delle funzioni composte (Teorema 6.5.6) dal quale si ricava lim =
x→0 x
y
lim = 1.
y→0 sin y
arctan x
5. lim = 1.
x→0 x
Si procede come nel caso precedente ponendo y = arctan x;dal teorema sul limite
arctan x y
delle funzioni composte (Teorema 6.5.6) si ottiene lim = lim = 1.
x→0 x y→0 tan y
( )x
1
8. lim 1+ =e.
x→−∞ x
Si osserva innanzitutto che ha senso considerare tale limite in quanto per x < −1,
la base 1 + 1/x è strettamente positiva. Si ha poi, per ogni x < −1,
( ) ( ) ( )|x| ( )
1 x 1 −|x| |x| |x| − 1 + 1 |x|
1+ = 1− = =
x |x| |x| − 1 |x| − 1
( )|x| ( )|x|−1 ( )
1 1 1
= 1+ = 1+ 1+ .
|x| − 1 |x| − 1 |x| − 1
( a )x ( a )x
9. Per ogni a ̸= 0: lim 1+ = ea , lim 1+ = ea .
x→+∞ x x→−∞ x
Infatti, se a > 0,
(( )x/a )a (( )y )a
( a )x 1 1
lim 1+ = lim 1+ lim 1+ = ea ,
x→±∞ x x→±∞ x/a y→±∞ y
loga (1 + cx) c
11. Per ogni c ̸= 0 e per ogni a > 0, a ̸= 1: lim = . In
x→0 x log a
log(1 + cx)
particolare: lim = c.
x→0 x
Infatti, dal limite notevole precedente,
loga (1 + cx) c
lim = lim loga (1 + cx)1/x = loga ec = c · loga e = .
x→0 x x→0 log a
154 Capitolo 6: Limiti delle funzioni reali
ax − 1 ex − 1
12. Per ogni a > 0, a ̸= 1: lim = log a. In particolare: lim =
x→0 x x→0 x
1.
Ponendo y = ax − 1, si ha x = loga (1 + y) e quindi dal limite notevole precedente
e dal teorema sul limite della funzione reciproca (Teorema 6.5.5), si ha
ax − 1 y
lim = lim = log a .
x→0 x y→0 loga 1 + y
(1 + x)a − 1
13. Per ogni a ̸= 0: lim = a.
x→0 x
Si ha, infatti,
(1 + x)a − 1 (1 + x)a − 1 log(1 + x) (1 + x)a − 1
lim = lim = lim .
x→0 x x→0 log(1 + x) x x→0 log(1 + x)
A questo punto, posto y = (1+x)a −1, si ricava 1+y = (1+x)a da cui log(1+y) =
a·log(1+x); allora, dal teorema sul limite della funzione reciproca (Teorema 6.5.5),
segue
(1 + x)a − 1 ay
lim = lim =a
x→0 log(1 + x) y→0 log(1 + y)
e da ciò la tesi.
f1 (x) f2 (x)
Allora, il limite lim esiste se e solo se esiste il limite lim e,
x→x0 g1 (x) x→x0 g2 (x)
in tal caso, i due limiti coincidono.
Dimostrazione. Ovvia, in quanto dalle ipotesi assunte, segue
f1 (x) f1 (x) f2 (x) g2 (x) f2 (x)
lim = lim = lim .
x→x0 g1 (x) x→x0 f2 (x) g2 (x) g1 (x) x→x0 g2 (x)
158 Capitolo 6: Limiti delle funzioni reali
f (x)
2. Se ord f (x) = ord g(x), e se lim = ℓ con ℓ ∈ R r {0} e
x→x0 x→x0 g(x)
x→x0
ℓ ̸= −1, allora la somma f + g è un infinitesimo (rispettivamente, un
infinito) in x0 e si ha
f (x)
3. Se limx→x0 = −1, allora la somma f + g è un infinitesimo in x0
g(x)
di ordine maggiore di quello degli infinitesimi f e g (rispettivamente,
non è detto che f +g sia un infinito in x0 ; nel caso ciò accada, l’ordine
di f + g è minore di quello degli infiniti f e g).
Dimostrazione. 1. Supposto ord x→x0 f (x) < ord x→x0 g(x), si ha
( )
f (x) + g(x) g(x)
lim = lim 1 + =1
x→x0 f (x) x→x0 f (x)
(rispettivamente,
( )
f (x) + g(x) f (x)
lim = lim + 1 = 1 ),
x→x0 g(x) x→x0 g(x)
e da ciò segue la tesi.
2. Nelle ipotesi previste, si ha
f (x) + g(x) ℓ 1
lim = + =1.
x→x0 (ℓ + 1) g(x) ℓ+1 ℓ+1
f (x)
3. Infatti, se limx→x0 = −1, si ha
g(x)
f (x) + g(x)
lim = −1 + 1 = 0
x→x0 g(x)
f (x)+g(x)
e analogamente limx→x0 g(x)
= −1 + 1 = 0.
6.10 Infinitesimi ed infiniti 159
in particolare,
1
2. Se ord x→x0 f (x) > ord x→x0 , allora f · g è un infinitesimo in x0
g(x)
e si ha
ord f (x) · g(x) < ord f (x) ;
x→x0 x→x0
in particolare,
Lo studio del quoziente tra due infinitesimi e/o infiniti in x0 deriva di-
rettamente dai teoremi precedenti, tenendo presente che dividere per un
infinitesimo (rispettivamente, un infinito) in x= equivale a moltiplicare per
l’infinito (rispettivamente, infinitesimo) reciproco in x0 (ciò vale anche per
gli infinitesimi ed infiniti campione).
Osservazione 6.10.9 Nel caso in cui siano noti gli ordini di infinitesimo o
di infinito in x0 delle funzioni che figurano in un rapporto, si può utilizzare
un metodo pratico abbastanza semplice per determinare l’ordine del rap-
porto. Innanzitutto si sceglie valutare l’ordine in termini di infinitesimi o
infiniti in x0 . Nel primo caso si addizionano tutti gli ordini degli infinitesimi
in x0 che compaiono al numeratore e degli infiniti in x0 che compaiono al
denominatore e a tale numero si sottrae la somma degli ordini degli infiniti
in x0 che compaiono al numeratore e degli infinitesimi in x0 che compaio-
no al denominatore. Se il numero cosı̀ ottenuto è strettamente positivo, il
rapporto sarà un infinitesimo in x0 avente come ordine tale numero, se in-
vece è strettamente negativo, il rapporto sarà un infinito in x0 avente come
ordine l’opposto di tale numero (l’ordine in un punto è sempre un numero
strettamente positivo).
Nel secondo caso, si sceglie di valutare gli infiniti in x0 , si addizionano
tutti gli ordini degli infiniti in x0 che compaiono al numeratore e degli infini-
tesimi in x0 che compaiono al denominatore e poi si sottrae la somma degli
ordini degli infinitesimi in x0 che compaiono al numeratore e degli infiniti in
x0 che compaiono al denominatore. Se si ottiene un numero strettamente
positivo, il rapporto sarà un infinito in x0 avente come ordine tale numero,
se invece si ottiene un numero strettamente negativo, il rapporto sarà un
infinitesimo in x0 avente come ordine l’opposto di tale numero.
6.10 Infinitesimi ed infiniti 161
1. Se y0 ∈ R:
> > >
ord (f (x) − y0 ) < α , ord g(x) < β ⇒ ord g(f (x)) < α · β .
x→x0 = x→x0 = x→x0 =
2. Se y0 = ±∞:
> > >
ord f (x) < α , ord g(x) < β ⇒ ord g(f (x)) < α · β .
x→x0 = x→x0 = x→x0 =
Successioni e serie
numeriche
lim an , lim an
n→+∞ n
e viene denominato il limite della successione (an )n∈N (si può sottintendere
“nel punto +∞” in quanto ciò non dà luogo ad equivoci).
Più esplicitamente, una successione (an )n∈N che ammette un limite ℓ ∈
R, viene denominata regolare. Nel caso invece in cui non esista il limite,
la successione si dice invece non regolare oppure oscillante. Una succes-
sione regolare che ha come limite un numero reale, si dice convergente; se,
invece, ha come limite +∞ oppure −∞, essa viene denominata divergente
positivamente oppure divergente negativamente.
La proprietà di una successione di essere convergente, divergente po-
sitivamente o negativamente oppure oscillante viene spesso definita come
carattere della successione.
Esplicitamente, una successione (an )n∈N risulta
164 Capitolo 7: Successioni e serie numeriche
Dimostrazione. La prima parte della tesi segue dal Teorema 6.6.3. L’ultima parte deriva
dalla (7.1.1) e dal fatto che se una successione è limitata, allora supn∈N an ∈ R (nel caso
rispettivo, inf n∈N an ∈ R).
a) lim f (x) = ℓ.
x→x0
Dimostrazione. a) ⇒ b) Sia (an )n∈N una successione di elementi di X r {x0 } tale che
limn→+∞ an = x0 . Per dimostrare la b), si fissi un intorno arbitrario I di ℓ; dalla a), si
può considerare un intorno J di x0 tale che, per ogni x ∈ X ∩ J r {x0 }, si abbia f (x) ∈ I.
Poiché limn→+∞ an = x0 , in corrispondenza dell’intorno J di x0 , deve esistere ν ∈ N
166 Capitolo 7: Successioni e serie numeriche
Esempi 7.1.5
lim sin x
x→+∞
non esiste.
Infatti, si considerino le successioni (π/2 + 2nπ)n∈N e (3π/2 + 2nπ)n∈N , entrambe
divergenti positivamente. Si ha
(π ) ( )
3
lim sin + 2nπ = 1 , lim sin π + 2nπ = −1
n→+∞ 2 n→+∞ 2
e quindi, per l’Osservazione 7.1.4, 1., il limite in esame non esiste.
3. Si studi il limite
tan2 x + 1
lim .
x→−∞ x2
168 Capitolo 7: Successioni e serie numeriche
1 ∑
n
a0 + · · · + an
A[an ] := (= ak ).
n+1 n+1
k=0
Inoltre, se an > 0 per ogni n ∈ N,1 si può definire la successione (G[an ])n∈N
delle medie geometriche di (an )n∈N ponendo
v
u n
√ u∏
G[an ] : n+1
a0 · · · an (= t
n+1
ak ).
k=0
Dimostrazione. Si supponga dapprima che (an )n∈N sia convergente, cioè che ℓ ∈ R e sia
ε > 0; allora esiste ν1 ∈ N tale che
ε
∀ n ≥ ν1 : |an − ℓ| < .
2
( ∑ν1 ) ∑ν1
Poiché la successione 1
n+1 k=0 |ak − ℓ| tende a 0 in quanto il termine k=0 |ak −
n∈N
ℓ| è costante, esiste ν2 ∈ N tale che
1 ∑
ν1
ε
∀ n ≥ ν2 : |ak − ℓ| < .
n + 1 k=0 2
1 Ciò assicura che la successione delle medie geometriche non sia definitivamente nulla.
7.1 Limiti di successioni 169
1 ∑ ∑
ν1 n
1
= |ak − ℓ| + |ak − ℓ|
n + 1 k=0 n+1 k=ν1 +1
ε 1 ε ε ε
< + (n − ν1 ) < + = ε .
2 n+1 2 2 2
Dall’arbitrarietà di ε > 0, segue la tesi.
Si supponga ora che (an )n∈N sia divergente positivamente e sia M > 0. Allora esiste
ν1 ∈ N tale che
∀ n ≥ ν1 : an > 4M .
Procedendo come prima, si può considerare ν2 ∈ N tale che
ν
1 ∑ 1
∀ n ≥ ν2 : ak < M .
n+1
k=0
1 ∑ 1 ∑ ∑
n ν1 n
1
ak = ak + ak
n + 1 k=0 n + 1 k=0 n + 1 k=ν +1
1
ν
1 ∑ ∑
1 n
1
≥ − ak + ak
n+1 k=0
n+1
k=ν1 +1
1
> −M + (n − ν1 ) 4M
n+1
1 n+1
≥ −M + 4M = −M + 2M = M .
n+1 2
Dall’arbitrarietà di M > 0, segue la tesi anche in questo caso.
Se la successione è divergente negativamente, si procede in maniera analoga e quindi
la tesi è completamente dimostrata.
Il risultato precedente non può essere invertito, nel senso che la successione
delle medie aritmetiche può risultare regolare pur non essendolo la successione di
partenza, come ad esempio per la successione ((−1)n )n∈N .
In alcuni casi l’utilizzo del risultato precedente consente di studiare più age-
volmente la regolarità di una successione assegnata.
Ad esempio, si consideri la successione (log n!/n)n≥1 ; poiché log n! = log n +
log(n−1)+· · ·+log 2+log 1, essa è la media aritmetica della successione (log n)n≥1 ,
la quale diverge positivamente; dal teorema precedente, segue pertanto che anche
(log n!/n)n≥1 è divergente positivamente.
Dimostrazione. Si supponga dapprima che ℓ ∈]0, +∞[. Sia 0 < ε < 3; poiché la
successione (an /ℓ)n∈N converge verso 1, esiste ν1 ∈ N tale che
ε an ε
∀ n > ν1 : 1 − < <1+ ;
3 ℓ 3
da ciò segue, per ogni n ≥ ν1 + 1,
( ε )n+1 ( ε )n−ν1 aν +1 an ( ε )n−ν1 ( ε )n+1
1− < 1− < 1 ··· < 1+ < 1+
3 3 ℓ ℓ 3 3
e quindi √
ε aν1 +1 an ε
1− < n+1
··· <1+ .
3 ℓ ℓ 3
( √ )
Anche la successione n+1 a0 /ℓ · · · aν1 /ℓ converge verso 1 e quindi esiste ν2 ∈ N
n∈N
tale che √
ε a0 aν ε
∀ n ≥ ν2 : 1 − < n+1 ··· 1 < 1 + .
3 ℓ ℓ 3
Allora, per ogni n ≥= max{ν1 + 1, ν2 }, si ha
( √ √ √
ε )2 ( ε) ( ε) a0 aν aν1 +1 an a0 an
1− = 1− 1− < n+1 · · · 1 n+1 ··· = n+1
···
3 3 3 ℓ ℓ ℓ ℓ ℓ ℓ
e analogamente √
a0 an ( ε )2
n+1
··· < 1+ .
ℓ ℓ 3
Da ciò segue, essendo ε < 3,
√
n+1 a0 an
· · · − 1 < 2 ε + 1 ε2 < 2 ε + 1 3ε = ε .
ℓ ℓ 3 9 3 9
Dall’arbitrarietà di ε > 0, si ottiene
√
n+1 a · · · a
√
0 n a0 an
lim = lim n+1
··· =1
n→+∞ ℓ n→+∞ ℓ ℓ
e quindi la tesi nel caso in esame.
Si supponga ora ℓ = +∞ e sia (M > 0. Allora esiste ν1 ∈ N) tale che an > 2M per
√
ogni n ≥ ν1 . Poiché la successione n+1 a0 /(2M ) · · · aν1 /(2M ) tende ad 1, si può
n∈N
trovare ν2 ∈ N tale che, per ogni n ≥ ν2 ,
√
1 1 a0 aν 1 3
= 1 − < n+1 ··· 1 − 1 < 1 + = .
2 2 2M 2M 2 2
Allora, posto ν = max{ν1 , ν2 }, per ogni n ≥ ν, si ha
√
1 a0 aν √
M = 2M · < 2M · n+1 · · · 1 = n+1 a0 · · · aν1 2M (2M )−(ν1 +1)/(n+1)
2 2M 2M
√
n+1 a · · · a
√
= 0 ν1 (2M )
(n−ν1 )/(n+1)
< n+1 a0 · · · aν1 (an )(n−ν1 )/(n+1)
e dall’arbitrarietà di M > 0, segue la tesi anche in questo caso.
Tenendo presente che gli elementi della successione (an )n∈N sono strettamente positi-
vi, resta da considerare solamente il caso in cui ℓ = 0. Se ciò accade, si ha limn→+∞ 1/an =
+∞ e quindi, per il caso precedente,
√
1 1
lim n+1
··· = +∞ ,
n→+∞ a0 aν1
7.1 Limiti di successioni 171
√
cioè limn→+∞ 1/ n+1 a0 · · · aν1 = +∞; considerando il limite della successione reciproca
√
si ottiene quindi limn→+∞ n+1 a0 · · · aν1 = 0 e la tesi è completamente dimostrata.
Anche per le medie geometriche, il risultato precedente non può essere inver-
tito, in quanto esistono successioni di numeri reali strettamente positivi che non
sono regolari, ma per le quali le successioni delle medie geometriche lo sono.
√ √
◃ Ad esempio, si consideri il limite limn→+∞ n n!; il termine generale n n! è la
media geometrica della successione (n) √n≥1 che è divergente positivamente. Dal
Teorema 7.1.7, anche la successione ( n n!)n≥1 risulta divergente positivamente.
Definizione 7.1.8 Sia (an )n∈N una successione di numeri reali e si consi-
deri una successione strettamente crescente (k(n))n∈N di numeri naturali.
Allora la successione (ak(n) )n∈N viene denominata successione estratta di
(an )n∈N .
Proposizione 7.1.9 Sia (an )n∈N una successione regolare di numeri reali.
Allora, ogni successione estratta (ak(n) )n∈N di (an )n∈N è anch’essa regolare
e si ha
lim ak(n) = lim an .
n→+∞ n→+∞
viene denominato massimo limite della successione (an )n∈N e viene denotato
con uno dei seguenti simboli
viene denominato minimo limite della successione (an )n∈N e viene denotato
con uno dei seguenti simboli
Proposizione 7.1.10 Sia (an )n∈N una successione di numeri reali e sia ℓ ∈ R.
Allora, le seguenti proposizioni sono equivalenti:
a) ℓ = lim sup an (rispettivamente, ℓ = lim inf an );
n→+∞ n→+∞
Dimostrazione. Si considera solamente il primo caso, essendo quello rispettivo del tutto
analogo.
a)⇒ b) Poiché ℓ ∈ R, la successione (an )n∈N è necessariamente limitata superiormente.
Fissato ε > 0, dalla seconda proprietà dell’estremo inferiore esiste ν ∈ N tale che e′′
ν <
ℓ + ε; conseguentemente, dalla prima proprietà dell’estremo superiore si ha, per ogni
n ≥ ν, an < ℓ + ε. Ciò dimostra la proprietà 1). Siano ora ε > 0 e ν ∈ N fissati. Dalla
174 Capitolo 7: Successioni e serie numeriche
di e′ν segue allora an > M per ogni n ≥ ν e ciò dimostra che la successione (an )n∈N è
divergente positivamente. Se ℓ = −∞, si procede in maniera analoga considerando ℓ′′ .
Si supponga ora ℓ ∈ R; dalle proprietà caratteristiche del massimo e del minimo limite
(Proposizione 7.1.10), segue, per ogni ε > 0, da un lato l’esistenza di ν1 ∈ N tale che
an < ℓ + ε per ogni n ≥ ν1 , e dall’altro l’esistenza di ν2 ∈ N tale che ℓ − ε < an per
ogni n ≥ ν2 ; posto ν = max{ν1 , ν2 }, per ogni n ≥ ν, si ha allora ℓ − ε < an < ℓ + ε.
Dall’arbitrarietà di ε > 0, segue ℓ = limn→+∞ an .
Infatti, se ℓ è il massimo limite della successione (an )n∈N , fissati ε > 0 e ν ∈ N, dalla
proprietà 1) della b) nella Proposizione 7.1.10, si ha l’esistenza di ν1 ∈ N tale che an < ℓ+ε
per ogni n ≥ ν1 . Applicando la proprietà 2) della b) nella stessa Proposizione 7.1.10 con
max{ν, ν1 } al posto di ν si ottiene l’esistenza di n ≥ max{ν, ν1 } tale che ℓ − ε < an ;
dunque n ≥ ν e poiché n ≥ ν1 , per tale n si ha anche an < ℓ + ε, da cui la tesi. Se ℓ è il
minimo limite della successione (an )n∈N , si procede ovviamente in maniera analoga.
Proposizione 7.1.12 Sia (an )n∈N una successione di numeri reali e siano ℓ′′ ed
ℓ′ il suo massimo limite e rispettivamente il suo minimo limite. Allora esistono
almeno due successioni estratte (ak1 (n) )n∈N e (ak2 (n) )n∈N regolari e tali che
Corollario 7.1.13 Sia (an )n∈N una successione di numeri reali. Allora:
176 Capitolo 7: Successioni e serie numeriche
Dimostrazione. Nel primo caso il massimo limite della successione è +∞ e quindi la tesi
segue dalla Proposizione 7.1.12 precedente. Il secondo caso è analogo in quanto il minimo
limite è −∞. Infine, se la successione è limitata superiormente oppure inferiormente
almeno uno tra il massimo limite ed il minimo limite della successione è un numero reale
e quindi la tesi segue ancora dalla Proposizione 7.1.12.
Dimostrazione. a)⇒ b) Sia ℓ il limite della successione (an )n∈N e si fissi ε > 0. Allora
esiste ν ∈ N tale che |an −ℓ| < ε/2 per ogni n ≥ ν. Conseguentemente, per ogni n, m ≥ ν,
si ha |an − am | = |(an − ℓ) + (ℓ − am )| ≤ |an − ℓ| + |am − ℓ| < ε/2 + ε/2 = ε e quindi
(an )n∈N verifica la condizione la b).
b)⇒ a) Si dimostra innanzitutto che la successione (an )n∈N è limitata. Applicando la
proprietà b) con ε = 1, si ottiene l’esistenza di ν ∈ N tale che |an − am | < 1 per ogni
n, m ≥ ν; in particolare, per ogni n ≥ ν, si ha aν − 1 < an < aν + 1. Allora, posto
m = min{a0 , . . . , aν−1 , aν − 1} ed M = max{a0 , . . . , aν−1 , aν + 1}, si ha m ≤ an ≤ M
per ogni n ∈ N e ciò dimostra che la successione (an )n∈N è limitata. Si denotino ora con
ℓ′′ ed ℓ′ il massimo limite e rispettivamente il minimo limite della successione (an )n∈N ,
che per quanto osservato devono essere reali e ℓ′ ≤ ℓ′′ . Si fissi ora ε > 0; dalla b), esiste
ν ∈ N tale che |an − am | < ε/3 per ogni n, m ≥ ν. Dalla seconda proprietà caratteristica
del massimo limite applicata ad ε/3 e ν (vedasi la b) della Proposizione 7.1.10, esiste
n ≥ ν tale che ℓ′′ − ε/3 < an e analogamente, dalla seconda proprietà caratteristica del
minimo limite, esiste m ≥ ν tale che am < ℓ′ + ε/3. Allora, poiché n, m ≥ ν, si ha
ε ε 2 ε 2
ℓ′′ − ℓ′ < an + − am + ≤ |an − am | + ε < + ε = ε,
3 3 3 3 3
e conseguentemente ℓ′′ < ℓ′ + ε; poiché ε > 0 è arbitrario, segue ℓ′′ ≤ ℓ′ e quindi ℓ′′ = ℓ′ .
Dalla Proposizione 7.1.11, si conclude che (an )n∈N è convergente.
◃ Una successione (an )n∈N che verifica la condizione b) del Teorema 7.1.15
precedente viene denominata successione di Cauchy (oppure successione
fondamentale).
lim e′′ (δ) (= inf e′′ (δ)) , lim e′ (δ) (= sup e′ (δ)) ,
δ→0+ δ>0 δ→0+ δ>0
e rispettivamente
e
lim e′ (c) , (rispettivamente, lim e′ (c) ).
c→+∞ c→−∞
7.2 Serie numeriche 179
∑
+∞
an
n=0
∑
+∞ ∑
+∞
Analogamente, si ha an = +∞ (rispettivamente an = −∞) se e solo
n=0 n=0
se
∑
n
∀ M ∈ R ∃ ν ∈ N t.c.∀ n ≥ ν : ak > M (rispettivamente < M ).
k=0
Proposizione 7.2.1 Sia (an )n∈N una successione di numeri reali e si sup-
∑+∞
ponga che la serie n=0 an sia convergente. Allora limn→+∞ an = 0.
7.2 Serie numeriche 181
Dimostrazione. Si consideri la successione (sn )n∈N delle somme parziali della serie
∑ +∞
n=0 an e sia s ∈ R la somma della stessa serie. Allora
∑
+∞
an ,
n=0
an+1 − 1
sn = .
a−1
Da ciò consegue direttamente che, se |a| < 1, la serie è convergente e si ha
∑
+∞
1
an = lim sn = .
n=0
n→+∞ 1−a
◃ Una prima condizione necessaria e sufficiente per la convergenza di una serie può
essere ricavata dal criterio di convergenza di Cauchy per le successioni.∑Sia (an )n∈N una
+∞
successione di numeri reali e sia n ∈ N. Il resto n-esimo della serie n=0 an (oppure
serie resto di ordine n) è per definizione la nuova serie
∑
+∞
ak .
k=n+1
182 Capitolo 7: Successioni e serie numeriche
Si riconosce facilmente che una serie e le sue serie resto hanno lo stesso carattere e inoltre,
se una delle due è convergente risulta
∑
+∞ ∑
+∞
an = sn + ak .
n=0 k=n+1
∑
Dall’uguaglianza precedente segue che se la serie +∞ n=0 an è convergente, allora necessa-
riamente la successione∑+∞(rn )n∈N dei resti n-esimi è infinitesima. Infatti, denotata con s
la somma della serie n=0 an , deve essere limn→+∞ rn = limn→+∞ s − sn = 0.
La somma parziale p-esima del resto n-esimo rn viene denominata resto parziale della
serie di indici n e p e viene denotato con rn,p ; quindi
∑
n+p
rn,p = ak = sn+p − sn .
k=n+1
◃ Alcune semplici operazioni algebriche sulle serie possono essere dedotte dai teoremi
sui limiti ∑
di successioni.
∑+∞ Si considerino due successioni (an )n∈N e (bn )n∈N di numeri reali
e le serie +∞ n=0 an e n=0 bn si ha quanto segue
7.2 Serie numeriche 183
∑+∞
1) Se le due serie sono entrambe convergenti, anche la loro somma n=0 (an + bn ) è
convergente e si ha
∑
+∞ ∑
+∞ ∑
+∞
(an + bn ) = an + bn ;
n=0 n=0 n=0
2) Se una delle due serie è divergente positivamente (rispettivamente, negativamen-
te), e se le somme parziali dell’altra sono limitate inferiormente (rispettivamen-
te,
∑+∞ superiormente) (in particolare, se l’altra serie è convergente), allora la serie
n=0 (an +bn ) risulta divergente positivamente (rispettivamente, negativamente).
∑+∞ ∑+∞
3) Se la serie n=0 an è convergente e se λ ∈ R, allora anche la serie n=0 λan è
convergente e si ha
∑
+∞ ∑
+∞
λan = λ an .
n=0 n=0
∑
4) Se la serie +∞
n=0 an è divergente positivamente (rispettivamente, negativamente)
∑+∞
e se λ > 0, allora anche la serie n=0 λan è divergente positivamente (rispet-
∑+∞
tivamente, negativamente). Se invece λ < 0, la serie n=0 λan è divergente
negativamente (rispettivamente, positivamente).
Da quanto osservato segue anche che una serie indeterminata deve ave-
re necessariamente infiniti termini strettamente positivi ed infiniti termini
strettamente negativi.
184 Capitolo 7: Successioni e serie numeriche
Corollario 7.2.6 (Secondo ∑+∞criterio ∑di confronto per le serie a termini positivi)
+∞
Si considerino due serie n=0 an e n=0 bn a termini strettamente positivi e si sup-
ponga che esista il limite limn→+∞ an /bn = ℓ. Allora
1) Se 0 < ℓ < +∞, le due serie hanno lo stesso carattere.
∑+∞ ∑+∞
2) Se ℓ = 0 e se la serie bn è convergente, anche la serie n=0 an è con-
n=0∑+∞
vergente. Se invece la serie an è divergente positivamente, anche la serie
∑+∞ n=0
n=0 bn è divergente positivamente.
∑ ∑
3) Se ℓ = +∞ e se la serie +∞ a è convergente, anche la serie +∞
n=0 bn converge,
∑+∞ n=0 n ∑
mentre se la serie n=0 bn è divergente positivamente anche la serie +∞ n=0 an è
divergente positivamente.
Dimostrazione. 1) Dalla definizione di limite, esiste ν ∈ N tale che ℓ/2 < an /bn < 3ℓ/2
per ogni n ≥ ν, da cui
ℓ 3ℓ
b n < an < bn .
2 2
Applicando il primo criterio di confronto (Proposizione 7.2.5) tenendo conto di entrambe
le diseguaglianze, si deduce che le due serie hanno lo stesso carattere.
2) Dalla definizione di limite, esiste ν ∈ N tale che −1 < an /bn < 1 per ogni n ≥ ν, da
cui, in particolare, an < bn . Allora, dalla Proposizione 7.2.5, segue interamente la tesi.
3) Basta applicare il caso 2) invertendo i ruoli delle due serie e tenendo presente che, nel
caso in esame, limn→+∞ bn /an = 0.
an+1 ∑ +∞
1) Se lim sup < 1, allora la serie an è convergente.
n→+∞ an
n=0
( )
an+1
2) Se la successione è definitivamente maggiore o uguale di
an n∈N
∑
+∞
1, allora la serie an è divergente positivamente.
n=0
an+1
Dimostrazione. 1) Si ponga ℓ′′ := lim sup ; poiché ℓ′′ < 1, si può considerare ℓ′′ <
n→+∞ an
q < 1 e dalla prima proprietà caratteristica del massimo limite (applicata con ε := q − ℓ′′ )
esiste ν ∈ N tali che, per ogni n ≥ ν, an+1 /an < q, da cui an+1 < qan . Si riconosce ora
che, per ogni n ≥ ν, risulta an ≤ q n−ν aν ; infatti, tale proprietà è ovviamente vera per
n = ν e, supposta vera per un ∑ certo n ≥ ν, si ha an+1 < q · q n−ν aν = q n+1−ν aν . Poiché
0 < q < 1, la serie geometrica +∞ n
n=0 q è convergente e quindi, per la Proposizione 7.2.5,
∑
lo è anche la serie +∞
n=0 na .
2) Dalle ipotesi fatte, segue che la successione (an )n∈N è definitivamente crescente e
quindi, essendo a termini positivi, essa non può essere infinitesima. Dalla Proposizione
∑
7.2.1, segue che la serie +∞
n=0 an non è convergente e quindi essa deve essere divergente
positivamente.
an+1
◃ Si supponga che esista il lim e lo si denoti con ℓ. Allora, la
n→+∞ an
∑+∞
serie n=0 an è convergente se ℓ < 1 (in tal caso infatti ℓ′′ = ℓ < 1) ed è
divergente positivamente se ℓ > 1 (in tal caso, infatti, si ha an+1 /an > 1
definitivamente); se ℓ = 1, non si può invece dire nulla.
◃ Ad esempio, si consideri la serie
∑
+∞ n
a
, a∈R.
n=0
n!
an+1 an+1 n! a
= n
=
an (n + 1)! a n+1
e quindi limn→+∞ an+1 /an = 0. Dal Teorema 7.2.7 segue allora che la serie
è convergente per ogni a ∈ R.
√ ∑+∞
2) Se lim sup n
an > 1, la serie n=0 an è divergente positivamente.
n→+∞
√
Dimostrazione. 1) Si ponga ℓ′′ := lim supn→+∞ n an e si consideri q ∈ R tale che
ℓ′′ < q < 1; dalla prima proprietà caratteristica del massimo limite, esiste ν ∈ N tale che,
√
per ogni n ≥ ν, si abbia n an < q, e quindi an < q n . Poiché q < 1, la serie geometrica
∑+∞ n
n=0 q è convergente
∑
e quindi, per il primo criterio di confronto (Proposizione 7.2.5),
anche la serie +∞ n=0 a n è convergente.
2) Dalla seconda proprietà caratteristica del massimo limite applicata con ε = ℓ′′ − 1,
segue che l’insieme {n ∈ N | an > 1} è infinito e quindi la successione (an )n∈N non può
∑+∞
essere infinitesima. Dalla Proposizione 7.2.1 segue che la serie n=0 an non può essere
convergente e pertanto essa è necessariamente divergente positivamente.
√
◃ Ovviamente, anche in questo caso se esiste il limite limn→+∞ n an = ℓ,
la serie è convergente se ℓ < 1 ed è divergente positivamente se ℓ > 1, mentre
non si può dire nulla nel caso ℓ = 1.
∑+∞
◃ Ad esempio, si consideri la serie n=0 an , dove
{ −n
2 , n pari;
an =
3−n , n dispari.
√
Si ha lim supn→+∞ n an = max{1/2, 1/3} = 1/2 e quindi dal Teorema 7.2.8,
la serie è convergente. Si osservi che il criterio del rapporto in questo caso
non è applicabile.
Si enuncia ora un ulteriore criterio generale di convergenza.
Per ogni k ∈ N, si ha
2k+1
∑−1
aj ≤ 2k a2k ,
j=2k
in quanto il primo membro è somma di 2k addendi ognuno dei quali è minore o uguale
al primo addendo a2k (a causa della decrescenza della successione (an )n∈N ). Sommando
per k = 0, . . . , n si ha
2n+1
∑−1
k+1
n 2 ∑−1
∑ ∑
n
s2n+1 −1 = ak = aj ≤ 2k a2k = σn ,
k=1 k=0 j=2k k=0
(il numero degli addendi a secondo è infatti 2k − 2k−1 − 1 + 1 = 2 · 2k−1 − 2k−1 = 2k−1
ed ognuno di essi è maggiore o uguale di quello con l’indice maggiore, cioè a2k ) e quindi,
sommando per k = 1, . . . , n,
( n ) 2n
1 ∑ k 1∑ k ∑
n
1
(σn − a1 ) = 2 a2 k + a1 − a1 = 2 a2k ≤ ak = s2n − a0 − a1 ;
2 2 k=1 2 k=1 k=2
da ciò segue che la convergenza della prima serie implica quella della seconda.
7.2 Serie numeriche 189
∑
+∞
1
, p ∈]0, +∞[ .
n=2
n | log n|p
di termine generale n-esimo |an |; tale serie è a termini positivi e quindi deve
essere o convergente o∑ divergente positivamente.
+∞
Si dice che la serie n=0 an è assolutamente convergente (rispettivamen-
∑+∞
te, assolutamente divergente) se la serie n=0 |an | è convergente (rispetti-
vamente, divergente positivamente).
La condizione di assoluta convergenza è più restrittiva della convergenza
di una serie, come si riconosce nella proposizione successiva.
Proposizione
∑+∞ 7.2.12 Sia (an )n∈N una successione di numeri reali. Se la
serie n=0 an è assolutamente convergente, allora essa è anche convergen-
te.
Dimostrazione.
∑+∞ Sia ε > 0; dal criterio di convergenza di Cauchy applicato alla serie
n=0 |an |, esiste ν ∈ N tale che, per ogni n ≥ ν e per ogni p ∈ N, risulti
∑
n+p
|ak | < ε .
k=n+1
Allora si ha anche
n+p
∑ ∑
n+p
a ≤ |ak | < ε ,
k
k=n+1 k=n+1
∑+∞
e quindi, sempre dal criterio di convergenza di Cauchy segue che la serie n=0 an è
convergente.
190 Capitolo 7: Successioni e serie numeriche
Teorema
∑+∞ 7.2.13 (Criterio dell’ordine di infinitesimo per le serie)
Sia n=0 an una serie arbitraria di numeri reali. Allora
1) Se la successione (an )n∈N è un infinitesimo di ordine maggiore o
∑+∞
uguale di α, con α > 1, la serie n=0 an è assolutamente convergente.
2) Se la successione
∑+∞ (an )n∈N è un infinitesimo di ordine minore o uguale
di 1, la serie n=0 an è assolutamente divergente.
Dimostrazione. 1) Poiché la successione (an )n∈N è un infinitesimo di ordine maggiore
o uguale di α, con α > 1, si ha limn→+∞ nα |an | = ℓ con ℓ ∈ R (eventualmente, può
anche accadere ℓ = 0). Dalla definizione di limite si ottiene l’esistenza di ν ∈ N tale
ogni n ≥ ν, risulti nα |an | ≤ ℓ + 1, da cui |an | ≤ (ℓ + 1)/nα . Poiché la serie
che, per ∑
+∞ α è convergente (si veda l’Esempio 7.2.10), dalla Proposizione 7.2.5
(ℓ + 1) n=0 1/n ∑
segue che anche la serie +∞ n=0 |an | è convergente.
2) Poiché la successione (an )n∈N è un infinitesimo di ordine minore o uguale di 1, si ha
limn→+∞ n|an | = ℓ con ℓ > 0 oppure ℓ = +∞ (se l’ordine di infinitesimo è minore di
1). Dalla definizione di limite, considerato β > 0 tale che β < ℓ, esiste ν ∈ N tale che,
∑
per ogni n ≥ ν, si abbia n|an | ≥ β, da cui |an | ≥ β/n. La serie +∞ n=1 β/n è divergente
∑
positivamente (Esempio 7.2.4) e quindi, dalla Proposizione 7.2.5, anche la serie +∞
n=0 |an |
è divergente positivamente.
quindi sia nel caso in cui n sia pari o dispari si ha |s − sn | ≤ an+1 ; da ciò segue che la
successione (sn )n∈N delle somme parziali converge verso s e vale la (7.2.1).
con p ∈]0, +∞[, la quale viene denominata serie armonica a segni alterni
di ordine p; se p = 1, essa viene denominata semplicemente serie armonica
a segni alterni.
Si è già visto che tale serie è assolutamente convergente (e quindi conver-
gente per la Proposizione 7.2.12) se p > 1. Se p ≤ 1, si può tener presente
che la successione (n−p )n≥1 è decrescente ed infinitesima e quindi per il cri-
terio di Leibnitz la serie risulta ancora convergente (ma non assolutamente).
Infine, denotata con s la somma della serie, per ogni n ≥ 1, dalla (7.2.1)
segue
∑ n
1 1
s − (−1)k ≤ .
(k + 1)p (n + 2)p
k=0
192 Capitolo 7: Successioni e serie numeriche
a b
• b7 • 0 7
@
@
• b6 @• a1 b6
@
@ ab
• b5 • 2 5
@
@
@ a3 b4
• b4 •
@
@
@ a4 b3
• b3 •
@
@
@ a 5 b2
• b2 •@
@
• b1 @• a6 b1
@
@
• b0 @• a7 b0
a0 a1 a2 a3 a4 a5 a6 a7
• • • • • • • •
Per l’ultima diseguaglianza conviene tener presente che gli elementi al di sotto della
diagonale n-esima appartengono a quelli interni al quadrato avente come vertici gli ele-
menti a0 b0 , an b0 , an bn e a0 bn e che questi ultimi si trovano al di sotto della diagonale
2n-esima.
Dalla diseguaglianza un ∑≤ +∞
sn tn , tenendo presente che la successione (un )n∈N è cre-
scente, segue che la serie n=0 cn è convergente. Inoltre, dalla diseguaglianza un ≤
sn tn ≤ u2n , segue u ≤ s · t ≤ u, da cui segue interamente ∑+∞ la tesi. ∑
+∞
Si considera ora il caso generale. Poiché le serie n=0 an e n=0 bn sono asso-
lutamente
∑+∞ convergenti,
∑+∞ dalla prima parte dimostrata segue che la serie prodotto delle
serie
∑ n=0 |an | e n=0 |bn | è convergente. Il termine n-esimo di tale serie è dato da
n
k=0 |ak bn−k |; poiché, per ogni n ∈ N,
∑ n ∑ n
ak bn−k ≤ |ak bn−k | ,
k=0 k=0
∑+∞ ∑+∞
— la serie prodotto secondo Cauchy di n=0 an e n=0 bn è assolutamente convergente.
Infine, si riconosce facilmente che
∑
2n ∑
n
|sn tn − un | ≤ |ak bn−k | − |ak bn−k | ,
k=0 k=0
194 Capitolo 7: Successioni e serie numeriche
e quindi, passando al limite per n → +∞, si ha limn→+∞ |sn tn −un | = 0, da cui u = s·t.
t
∑k(n+1)−1 ∑+∞
di termine n-esimo j=k(n) aj si dice ottenuta dalla serie n=0 an rag-
gruppandone i termini.
La proprietà
∑+∞ di completa additività delle serie convergenti asserisce che
se la serie n=0 an è convergente (rispettivamente, divergente positivamen-
te, divergente negativamente, assolutamente convergente, assolutamente di-
vergente), allora anche le serie ottenute da essa raggruppandone i termini
sono convergenti (rispettivamente, divergenti positivamente, divergenti ne-
gativamente, assolutamente convergenti, assolutamente divergenti) e le loro
somme coincidono.
Conviene osservare che una serie ottenuta raggruppando i termini può
essere convergente senza che lo sia la serie di partenza. In particolare,
se una serie è indeterminata, non è detto che una serie ottenuta da essa
raggruppandone
∑+∞ i termini sia anch’essa indeterminata. Ad esempio, la serie
n
n=0 (−1) è indeterminata in quanto il termine n-esimo non è infinitesimo,
ma se si considera la successione (2n)n∈N strettamente crescente di interi si
ottiene una serie con tutti i termini nulli che quindi converge a 0.
◃ Si considera infine una estensione
∑+∞ della proprietà commutativa della
somma di numeri reali. Se n=0 an è una serie di numeri reali e se σ :
7.2 Serie numeriche 195
∑
+∞ ∑
+∞
aσ(n) = an .
n=0 n=0
Funzioni continue
Una delle proprietà più importanti delle funzioni elementari riguarda il fat-
to che il limite in un punto x0 in cui la funzione è definita si può deter-
minare semplicemente calcolando la funzione in x0 . Tale proprietà viene
approfondita nel presente capitolo.
(rispettivamente,
∀ ε > 0 ∃ δ > 0 t.c. ∀ x ∈ X∩]x0 − δ, x0 ] : |f (x) − f (x0 )| < ε ).
Si riconosce facilmente che se x0 è un punto di accumulazione a destra
(rispettivamente, a sinistra) per X, allora f è continua a destra (rispettiva-
mente, a sinistra) in x0 se e solo se esiste il limite destro (rispettivamente,
sinistro) di f in x0 e si ha
lim f (x) = f (x0 ) (rispettivamente, lim f (x) = f (x0 ) ).
x→x+
0 x→x−
0
C(X) := {f : X → R | f è continua} .
8.2 Funzioni continue su intervalli chiusi e limitati 201
Dimostrazione. Si dimostra in una prima fase che ogni funzione continua f : [a, b] → R
è limitata. Infatti, se per assurdo f non fosse limitata superiormente, essa non ammet-
terebbe maggioranti e quindi, in particolare, per ogni n ∈ N esisterebbe xn ∈ [a, b] ta-
le che f (xn ) > n. La successione (xn )n∈N è limitata e quindi, dal Corollario 7.1.13,
ammette un’estratta (xk(n) )n∈N convergente verso un elemento x0 ∈ [a, b]. Poiché
limn→+∞ f (xk(n) ) = +∞ (in quanto f (k(n)) > k(n) ≥ n), dalla caratterizzazione se-
quenziale del limite (Teorema 7.1.3) viene contraddetta la continuità di f in x0 . Quindi
f deve essere limitata superiormente. Nello stesso modo si dimostra che f deve essere
limitata inferiormente.
Si dimostra ora che f è dotata di massimo; dalla prima parte già dimostrata, si può
considerare l’estremo superiore ℓ := sup f di f e quindi è sufficiente dimostrare che esso
è un valore della funzione. Infatti, dalla definizione di estremo superiore, per ogni n ∈ N
segue l’esistenza di yn ∈ [a, b] tale che ℓ − 1/(n + 1) < f (yn ) ≤ ℓ; anche in questo caso
la successione (yn )n∈N è limitata e quindi, dal Corollario 7.1.13, ammette un’estratta
(yk(n) )n∈N convergente verso un elemento d ∈ [a, b]. Poiché limn→+∞ f (yk(n) ) = ℓ dalla
continuità di f in y0 e dalla caratterizzazione sequenziale del limite (Teorema 7.1.3) segue
ℓ = f (d) e ciò completa la dimostrazione dell’esistenza del massimo. Nello stesso modo
si dimostra infine quella del minimo di f .
202 Capitolo 8: Funzioni continue
infine, poiché f (an ) ≤ 0 deve essere anche f (x0 ) ≤ 0 e analogamente, poiché f (bn ) ≥ 0
deve essere anche f (x0 ) ≥ 0; si conclude che deve essere f (x0 ) = 0 e ciò completa la
dimostrazione.
a x0 0 b
x
m < λ < M e si denoti con I l’intervallo chiuso avente come estremi i punti c e d; si
consideri la funzione g : I → R definita ponendo, per ogni x ∈ I, g(x) = f (x) − λ. Allora
g è continua e inoltre g(c) g(d) < 0. Dal Teorema degli zeri 8.2.2 segue l’esistenza di
x0 ∈ I tale che g(x0 ) = 0; dunque x0 ∈ [a, b] e f (x0 ) = λ.
f (x) = 0 .
Il primo passo consiste nel cercare due elementi a, b ∈ I tali che f (a) f (b) <
0. A questo punto, applicando il metodo descritto nella dimostrazione del
Teorema degli zeri 8.2.2, alla restrizione di f all’intervallo [a, b], si riesce ad
approssimare una soluzione dell’equazione con la precisione desiderata.
Ad esempio, si supponga di voler determinare una soluzione dell’equa-
zione
ex = −x
con una precisione pari a 3 · 10−1 .
0
x
x0
se fosse f (x0 ) < f (a), dal teorema di Bolzano (Corollario 8.2.3) esisterebbe un elemento
y ∈]x0 , b[ tale che f (y) = f (a) ed f non sarebbe iniettiva; nello stesso modo, se fosse
f (b) < f (x0 ), sempre dal teorema di Bolzano esisterebbe y ∈]a, x0 [ tale che f (y) = f (b)
contro l’iniettività di f ; le uguaglianze f (x0 ) = f (a) e f (x0 ) = f (b) sono da escludere
sempre a causa dell’iniettività di f . Si è cosı̀ dimostrato che f è strettamente crescente in
[a, b] e ciò era stato escluso. Nello stesso modo si dimostra che la condizione f (b) < f (a)
comporta la stretta decrescenza di f in [a, b], anche questa esclusa. Dunque la tesi deve
essere vera.
Pertanto, il numero reale strettamente positivo δ dipende oltre che dal nu-
mero ε > 0 anche dall’elemento x ∈ X fissato. Ci si occuperà ora delle
208 Capitolo 8: Funzioni continue
e quindi limn→+∞ |ak(n) −bk(n) | = 0, da cui limn→+∞ bk(n) = limn→+∞ ak(n) +(bk(n) −
ak(n) ) = x0 . Poiché la funzione f è continua in x0 , dalla caratterizzazione sequenziale del
limite (Teorema 7.1.3) si deve avere limn→+∞ f (ak(n) ) = f (x0 ), limn→+∞ f (bk(n) ) =
f (x0 ) e conseguentemente limn→+∞ |f (ak(n) ) − f (bk(n) )| = 0. A questo punto, poiché
ε0 > 0, dalla definizione di limite, deve esistere ν ∈ N tale che, per ogni n ≥ ν, |f (ak(n) )−
f (bk(n) )| < ε0 , e ciò contraddice la (1).
Calcolo differenziale
′ f (x) − f (x0 )
f+ (x0 ) := lim , (9.1.3)
x→x+
0
x − x0
′ f (x) − f (x0 )
(rispettivamente, f− (x0 ) := lim ).
x→x−
0
x − x0
9.1 Funzioni derivabili 213
X′ := {x0 ∈ X | f è derivabile in x0 } ,
′
X+ := {x0 ∈ X | f è derivabile a destra in x0 } ,
′
X− := {x0 ∈ X | f è derivabile a sinistra in x0 } ,
da cui la tesi.
P
P0
0 x0 t
x
dn f
e la funzione derivata n-esima con il simbolo f (n) (oppure Dn f , ).
dxn
Per uniformità di notazioni conviene anche porre f (0) = f .
◃ Se X è un sottoinsieme di R, si ricorda che il simbolo C(X) denota
l’insieme di tutte le funzioni reali continue definite in X.
Più in generale, sarà utile considerare, per ogni numero naturale n ∈ N,
l’insieme
C n (X) := {f ∈ C(X) | f è derivabile n volte in X e f (n) è continua} .
L’insieme C 0 (X) coincide con C(X) e l’insieme C 1 (X) è costituito dalle
funzioni derivabili tali che f ′ ∈ C(X).
Le funzioni f : X → R che sono derivabili n volte per ogni n ∈ N
vengono denominate infinite volte derivabili ; si pone
C ∞ (X) := {f ∈ C(X) | f è infinite volte derivabile in X} ;
ovviamente, la derivata n-esima f (n) di una funzione f ∈ C ∞ (X) è sicura-
mente continua in quanto è a sua volta derivabile (anzi, f (n) ∈ C ∞ (X)).
Dimostrazione. Dal primo teorema sul limite del prodotto e tenendo presente che g è
continua in x0 (Proposizione 9.1.2), si ha
(f · g)(x) − (f · g)(x0 )
lim
x→x0 x − x0
f (x)g(x) − f (x0 )g(x) f (x0 )g(x) − f (x0 )g(x0 )
= lim + lim
x→x0 x − x0 x→x0 x − x0
f (x) − f (x0 ) g(x) − g(x0 )
= lim g(x) + lim f (x0 )
x→x0 x − x0 x→x0 x − x0
′ ′
= g(x0 )f (x0 ) + f (x0 )g (x0 ) ,
e quindi la tesi.
−1
Nel punto y0 = f (1) = 0, f −1 non è continua e risulta f+ (0) = 1 e
−1 −1
f− (0) = −1, per cui f non è derivabile in 0.
∑
n−1
xn − xn0 = (x − x0 ) xk x0n−k
k=0
e quindi
xn − xn0 ∑ n−1
lim = lim xk x0n−k = nxn−1
x→x0 x − x0 x→x0 0
k=0
Dxn = nxn−1 .
222 Capitolo 9: Calcolo differenziale
Funzioni radice
Si consideri la funzione radice f1/n , n ≥ 1. Se x0 ̸= 0, si ha
√ √ √ √
n
x0 + h − n x √ 1 n
x0 + h − n x
lim = n
x0 lim √
h→0 h h→0 n x0 h
√
√ n
h/x0 − 1
= n x0 lim
h→0 h
( )1/n
h
√n x
1+ −1
0 x0
= lim
x0 h→0 h/x0
1 (1 + y)1/n − 1 1 1
= √ lim = √ .
n n−1 y→0
x0 y n n
xn−1
0
Segue che f1/n è derivabile in ogni x ∈]0, +∞[ per n pari ed in ogni
x ∈ R r {0} se n è dispari e la sua derivata è data da
1 1
√ .
n n xn−1
Per quanto riguarda il punto x0 = 0, per ogni n ≥ 2 risulta
√
n
x
lim = +∞
x→0 x
Funzioni esponenziali
Sia a > 0, a ̸= 1 e si consideri la funzione esponenziale expa : R → R.
Allora, per ogni x0 ∈ R, si ha
ax0 +h − ax0 ah − 1
lim = ax0 lim = ax0 log a .
h→0 h h→0 h
Quindi expa è derivabile e, per ogni x ∈ R,
D(ax ) = ax log a .
In particolare, per ogni x ∈ R, si ha D(ex ) = ex .
Funzioni logaritmo
Sia a > 0, a ̸= 1 e si consideri la funzione logaritmo loga :]0, +∞[→ R.
Dal Teorema 9.1.9 segue che essa è derivabile e, per ogni x ∈]0, +∞[, posto
y = loga x, si ha
1 1 1
D(loga x) = y
= y = .
D(a ) a log a x log a
In particolare, per ogni x ∈ R, D(log x) = 1/x.
Funzioni trigonometriche
Si considerano ora le funzioni seno, coseno, tangente e cotangente. Per ogni
x0 ∈ R, risulta
sin(x0 + h) − sin x0 sin x0 cos h + cos x0 sin h − sin x0
lim = lim
h→0 h h→0 h
sin h cos h − 1
= cos x0 lim + sin x0 lim
h→0 h h→0 h
= cos x0
224 Capitolo 9: Calcolo differenziale
e analogamente
cos(x0 + h) − cos x0 cos x0 cos h − sin x0 sin h − cos x0
lim = lim
h→0 h h→0 h
sin h cos h − 1
= − sin x0 lim + cos x0 lim
h→0 h h→0 h
= − sin x0 .
Essendo quoziente di funzioni derivabili, dal Teorema 9.1.7 segue che anche
le funzioni tangente e cotangente sono derivabili e si ha, per ogni x ∈ R r
{π/2 + kπ | k ∈ Z},
1
D(tan x) = = 1 + tan2 x .
cos2 x
e analogamente, per ogni x ∈ R r {kπ | k ∈ Z},
1
D(cot x) = − = −(1 + cot2 x) .
sin2 x
√
cos y = x e sin y = 1 − x2 in quanto il coseno è positivo nell’intervallo
]0, π[; pertanto
1 1 1
D(arccos x) = =− =−√ .
D(cos y) sin y 1 − x2
1 1 1
D(arctan x) = = 2 = .
D(tan y) 1 + tan y 1 + x2
|x| − |x0 | x − x0
lim = lim =1,
x→x0 x − x0 x→x0 x − x0
|x| − |x0 | x − x0
lim = lim − = −1 ,
x→x0 x − x0 x→x0 x − x0
226 Capitolo 9: Calcolo differenziale
0 x0
x
Figura 9.2: Teorema di Rolle.
da h′ (x0 ) = 0 segue
f (b) − f (a) ′
f ′ (x0 ) = g (x0 ) ,
g(b) − g(a)
e dividendo entrambi i membri per g ′ (x0 ) ̸= 0, si ottiene la tesi.
f (b) − f (a)
f ′ (x0 ) = . (9.2.2)
b−a
Dimostrazione. Si consideri l’ulteriore funzione g : [a, b] → R definita ponendo, per ogni
x ∈ [a, b], g(x) = x. Tale funzione è derivabile e, per ogni x ∈ [a, b], g ′ (x) = 1 ̸= 0. Sono
quindi soddisfatte le ipotesi del teorema di Cauchy precedente e pertanto esiste un punto
x0 ∈]a, b[ tale che
f ′ (x0 ) f (b) − f (a)
= ;
g ′ (x0 ) g(b) − g(a)
poiché g ′ (x0 ) = 1 e g(b) − g(a) = b − a, la tesi è completamente dimostrata.
y
B
0 x0
x
f (x)
lim ,
x→x0 g(x)
0
che si presenta nella forma indeterminata , si ha
0
f (x) f ′ (x0 )
lim = ′ .
x→x0 g(x) g (x0 )
9.3 Applicazioni al calcolo dei limiti 231
f (x) f ′ (x)
lim = lim ′ . (9.3.1)
x→x0 g(x) x→x0 g (x)
Dimostrazione. Per brevità si considera solo il caso in cui I =]a, x0 [. Si ponga ℓ :=
limx→x0 f ′ (x)/g ′ (x). Per ogni x ∈ I, risulta g(x) ̸= 0, altrimenti g tenderebbe allo stesso
valore 0 in due punti distinti e la sua derivata, come conseguenza del Teorema 9.2.1, si
dovrebbe annullare in almeno un punto interno all’intervallo che ha come estremi tali
due punti e ciò è escluso dalle ipotesi. In una prima fase si considera il caso in cui ℓ ∈ R.
Allora, fissato ε > 0, deve esistere x1 ∈ I tale che, per ogni x ∈]x1 , x0 [,
ε f ′ (x) ε
ℓ− < ′ <ℓ+ .
2 g (x) 2
Per ogni x, t ∈]x1 , x0 [, x ̸= t, dal Teorema 9.2.2 di Cauchy, esiste c ∈]x1 , x0 [ tale che
f ′ (c) f (x) − f (t)
=
g ′ (c) g(x) − g(t)
e quindi
f (x) − f (t)
− ℓ < ε (1)
g(x) − g(t) 2
Sia ora x ∈]x1 , x0 [; dal fatto che limt→x0 f (t) = 0 e limt→x0 g(t) = 0, segue anche
limt→x0 (f (x) − f (t))/(g(x) − g(t)) = f (x)/g(x); se fosse
f (x)
− ℓ > ε ,
g(x) 2
232 Capitolo 9: Calcolo differenziale
dal fatto che ]−∞, ℓ−ε/2[∪]ℓ+ε/2, +∞[ è un intorno di f (x)/g(x), seguirebbe l’esistenza
di δ > 0 tale che, per ogni t ∈ I∩]x − δ, x + δ[r{x},
f (x) − f (t) ε
g(x) − g(t) − ℓ > 2
f (x)
Allora esiste anche il limite lim e si ha
x→x0 g(x)
f (x) f ′ (x)
lim = lim ′ . (9.3.2)
x→x0 g(x) x→x0 g (x)
Dimostrazione. In questo caso l’ipotesi che g sia diversa da 0 in un intorno di x0 è
assicurata dal fatto che il limite del suo valore assoluto è infinito. Anche ora si considera
per brevità il caso in cui I =]a, x0 [ e si pone ℓ := limx→x0 f ′ (x)/g ′ (x).
Si suppone in una prima fase che ℓ ∈ R e si fissa ε > 0. Essendo limx→x0 f ′ (x)/g ′ (x) =
ℓ, si può trovare x1 ∈ I tale che, per ogni x ∈]x1 , x0 [,
′
f (x)
− ℓ < ε .
g ′ (x) 2
Si fissi t ∈]x1 , x0 [; per ogni x ∈]x1 , x0 [, x ̸= t, dal Teorema 9.2.2 di Cauchy, esiste
c ∈]x1 , x0 [ tale che
f ′ (c) f (t) − f (x)
=
g ′ (c) g(t) − g(x)
e quindi
ε f (t) − f (x) ε
ℓ− < <ℓ+ . (1)
2 g(t) − g(x) 2
Poiché limx→x0 |f (x)| = +∞, limx→x0 |g(x)| = +∞, si può trovare x2 ∈]x1 , x0 [ tale che,
per ogni x ∈]x2 , x0 [, |f (t)| < |f (x)| e |g(t)| < |g(x)|. Pertanto, posto
f (t)
1−
f (x)
χ(x) :=
g(t)
1−
g(x)
per ogni x ∈]x2 , x0 [, si ha χ(x) > 0 e
f (t) − f (x) f (x)
= χ(x) ;
g(t) − g(x) g(x)
conseguentemente, la (1) può essere scritta al modo seguente, per ogni x ∈]x2 , x0 [,
ℓ − ε/2 f (x) ℓ + ε/2
< < . (2)
χ(x) g(x) χ(x)
Poiché limx→x0 χ(x) = 1, si può considerare x3 ∈]x2 , x0 [ tale che, per ogni x ∈]x3 , x0 [,
ℓ − ε/2 ℓ + ε/2
ℓ−ε≤ , ≤ℓ+ε
χ(x) χ(x)
e quindi, dalla (2),
f (x)
ℓ−ε< <ℓ+ε.
g(x)
Dall’arbitrarietà di ε > 0 segue limx→x0 f (x)/g(x) = ℓ e quindi la tesi.
Si considera ora il caso in cui ℓ = +∞ (se ℓ = −∞ il procedimento è analogo).
Fissato M ∈ R, da limx→x0 f ′ (x)/g ′ (x) = ℓ, segue l’esistenza di x1 ∈ I tale che, per ogni
x ∈]x1 , x0 [,
f ′ (x)
>M +1.
g ′ (x)
234 Capitolo 9: Calcolo differenziale
Si fissi ora t ∈]x1 , x0 [; per ogni x ∈]x1 , x0 [, x ̸= t, dal Teorema 9.2.2 di Cauchy, esiste
c ∈]x1 , x0 [ tale che
f ′ (c) f (t) − f (x)
=
g ′ (c) g(t) − g(x)
e quindi
f (t) − f (x)
>M +1. (3)
g(t) − g(x)
Come nel caso precedente, poiché limx→x0 |f (x)| = +∞, limx→x0 |g(x)| = +∞, esiste
x2 ∈]x1 , x0 [ tale che, per ogni x ∈]x2 , x0 [, |f (t)| < |f (x)| e |g(t)| < |g(x)| e quindi, posto
f (t)
1−
f (x)
χ(x) := ;
g(t)
1−
g(x)
dunque, la (3) diviene, per ogni x ∈]x2 , x0 [,
f (x) M +1
> . (4)
g(x) χ(x)
Essendo limx→x0 χ(x) = 1, risulta limx→x0 (M + 1)/χ(x) = M + 1 e pertanto si può
considerare x3 ∈]x2 , x0 [ tale che, per ogni x ∈]x3 , x0 [,
M +1
>M .
χ(x)
Dalla (4) segue, per ogni x ∈]x3 , x0 [,
f (x)
>M .
g(x)
Dall’arbitrarietà di M ∈ R si ottiene la tesi.
si riconosce subito che tale limite è uguale ad 1; invece, il limite lim 1/(1+
x→+∞
cos x) del rapporto delle derivate non esiste.
log(cos x) + x tan x
lim
x→+∞ x+1
non esiste, mentre il limite limx→+∞ x (1+tan2 x) del rapporto delle derivate
è uguale a +∞.
◃ In generale, può anche capitare che il limite del rapporto delle derivate
si presenti anch’esso in una forma indeterminata. In tal caso, si può cercare
di continuare ad applicare ancora la stessa regola di L’Höpital e studiare
cosı̀ il limite del rapporto delle derivate seconde o ancora successive delle
due funzioni. Più precisamente, se f : I → R e g : I → R sono funzioni
reali derivabili n volte (n ≥ 1) e si supponga che, per ogni k = 1, . . . , n e
per ogni x ∈ I, g (k) (x) ̸= 0. Se, per ogni k = 0, . . . , n − 1,
oppure
lim |f (k) (x)| = +∞ , lim |g (k) (x)| = +∞ ,
x→x0 x→x0
f (x) g(x)
f (x) g(x) = = .
1/g(x) 1/f (x)
236 Capitolo 9: Calcolo differenziale
f (x) + g(x) 1 1
+
f (x)g(x) f (x) g(x)
f (x) + g(x) = = .
1 1
f (x)g(x) f (x)g(x)
(x − x0 )2
Tn (x) := f (x0 ) + f ′ (x0 )(x − x0 ) + f ′′ (x0 ) + (9.3.4)
2
(x − x0 )n
+ · · · + f (n) (x0 )
n!
∑
n
(x − x0 )k
= f (k) (x0 ) (9.3.5)
k!
k=0
(x − x0 )n
f (x) = Tn (x) + σn (x) , (9.3.9)
n!
ed inoltre
lim σn (x) = 0 . (9.3.10)
x→x0
9.3 Applicazioni al calcolo dei limiti 239
T2 T6 T10
x
0
T4
T8
Figura 9.4: Polinomi di Taylor.
per ogni j = 1, . . . , n − 1 e quindi, ancora dalla (9.3.8) e dal Teorema 9.3.1, si ottiene
Dalle ipotesi assunte sulla funzione f , segue che F è continua in I e derivabile in I(x0 , x);
inoltre
F (x) = Tn−1 (f, x)(x) = f (x) ,
F (x0 ) = Tn−1 (f, x0 )(x) + (f (x) − Tn−1 (f, x0 )(x)) = f (x) ,
e quindi, dal Teorema 9.2.1 di Rolle, esiste ξ ∈ I(x0 , x) tale che F ′ (ξ) = 0. Tenendo
presente che, per ogni t ∈ I(x0 , x),
∑(
n−1
(x − t)k (x − t)k−1
)
F ′ (t) = f ′ (t) + f (k+1) (t) − f (k) (t)
k=1
k! (k − 1)!
( )
n(x − t)n−1 ∑
n−1
(x − x0 )k
− f (x) − f (k)
(x 0 )
(x − x0 )n k=0
k!
∑
n−1
(x − t)k ∑
n−2
(x − t)k
= f ′ (t) + f (k+1) (t) − f (k+1) (t)
k=1
k! k=0
k!
9.3 Applicazioni al calcolo dei limiti 241
( )
n(x − t)n−1 ∑
n−1
(x − x0 )k
− f (x) − f (k) (x0 )
(x − x0 )n k=0
k!
′ (x − t)n−1
= (n)
f (t) + f (t) − f ′ (t)
(n − 1)!
( )
n(x − t)n−1 ∑
n−1
(x − x0 )k
− f (x) − f (k)
(x 0 )
(x − x0 )n k=0
k!
( )
(x − t)n−1 n(x − t)n−1 ∑
n−1
(x − x0 )k
= f (n) (t) − f (x) − f (k)
(x 0 )
(n − 1)! (x − x0 )n k=0
k!
( ( ))
n(x − t)n−1 (x − x0 )n ∑
n−1
(x − x0 )k
= (n)
f (t) − f (x) − (k)
f (x0 ) ,
(x − x0 )n n! k=0
k!
(x − x0 )n ∑
n−1
(x − x0 )k
f (n) (ξ) = f (x) − f (k) (x0 )
n! k=0
k!
∑
n−1
xk xn
f (x) = f (k) (0) + f (n) (ξ) , (9.3.13)
k! n!
k=0
|x − x0 |n
|f (x) − Tn−1 (x)| ≤ M . (9.3.14)
n!
Nel caso della funzione esponenziale avente come base il numero di Nepero,
le formule precedenti diventano, per ogni x ∈ R,
∑
n−1
xk xn
ex = + eξ ,
k! n!
k=0
con ξ ∈ I(0, x) e
x ∑ xk
n−1
|x|n
e − ≤ max{ex , 1} .
k! n!
k=0
9.3 Applicazioni al calcolo dei limiti 243
∑
n−1
(−1)k−1 (−1)n−1
loga x = (x − 1)k + n (x − 1)n ,
k log a nξ log a
k=1
con ξ ∈ I(1, x). In varie applicazioni può essere utile scrivere quest’ultima
formula nella forma seguente, per ogni x ∈] − 1, 1],
∑
n−1
(−1)k−1 k (−1)n−1 n
loga (1 + x) = x + n x ;
k log a nξ log a
k=1
poiché x ∈] − 1, 1], si ha anche |ξ| < |x| e quindi il resto di Lagrange verifica
la condizione
(−1)n−1 n 1
nξ n log a ≤ n| log a| .
x
∑
n−1
(−1)k 2k+1 x2n+1
sin x = x + θ(x) ,
(2k + 1)! (2n + 1)!
k=0
∑
n−1
(−1)k 2k x2n
cos x = x + η(x) ,
(2k)! (2n)!
k=0
244 Capitolo 9: Calcolo differenziale
Gli esempi precedenti possono essere estesi con gli stessi metodi per
scrivere la formula di Taylor di ogni funzione elementare relativa ad un
fissato punto x0 .
f (x) = o(g(x)) , x → x0 ,
f (x)
se lim = 0 (se f e g sono infinitesime in x0 , ciò equivale al fatto che
x→x0 g(x)
f è un infinitesimo in x0 di ordine maggiore di g).
Inoltre, si dice che “f (x) è o grande di g(x) per x tendente verso x0 ” e
si scrive
f (x) = O(g(x)) , x → x0 ,
f (x)
se il rapporto è limitato in un intorno di x0 (se f e g sono infinitesime
g(x)
in x0 , ciò equivale al fatto che f è un infinitesimo in x0 di ordine maggiore
o uguale di g).
Tali notazioni consentono di scrivere in modo più semplice diverse for-
mule evitando l’introduzione di funzioni che denotano infinitesimi di ordine
superiore.
Ad esempio, la formula di Taylor (9.3.9) si può scrivere
Pertanto, bisogna trovare n ≥ 1 tale che 3/n! < 1/100 e quindi basta
considerare, ad esempio, n = 6. Il valore approssimato richiesto è quindi
dato da
∑
5
1 1 1 1 1 163
e∼ =1+1++ + + + = ∼ 2, 71667 .
k! 2 6 24 120 60
k=0
f (x0 ) e f (x) ≤ f (x0 ) e quindi una contraddizione; nel caso rispettivo, poiché x0 è di
accumulazione anche a sinistra, si considera x ∈ X∩]x0 − δ, x0 [ e si ricava ancora una
contraddizione. Dunque non può essere f ′ (x0 ) > 0. In modo analogo si riconosce che la
condizione f ′ (x0 ) < 0 conduce ad una contraddizione e quindi deve essere f ′ (x0 ) = 0.
f (a) = f (b). Dalla monotonia di f , per ogni x ∈ [a, b], si deve avere f (x) = f (a) = f (b);
essendo f costante in [a, b], la sua derivata si annulla nell’intervallo [a, b] e ciò contrad-
dice la condizione (9.4.2). Quindi f è iniettiva e ciò completa la dimostrazione. Il caso
rispettivo si dimostra in maniera analoga.
(oppure rispettivamente,
Dimostrazione. Dalle ipotesi fatte, tenendo conto della Proposizione 9.4.3, 1), segue che
f è crescente in ]x0 − δ, x0 [ e decrescente in ]x0 , x0 + δ[ (rispettivamente, f è decrescente
in ]x0 − δ, x0 [ e crescente in ]x0 , x0 + δ[); dal Teorema 6.6.1 sul limite delle funzioni
monotone e tenendo presente che f è continua in x0 , si ha
(rispettivamente,
Dimostrazione. Infatti, se fosse f ′′ (x0 ) > 0 (rispettivamente, f ′′ (x0 ) < 0), dalla Propo-
sizione 9.4.5 precedente e dal Corollario 9.4.2, x0 sarebbe un punto di minimo (rispetti-
vamente, di massimo) relativo proprio per f .
Esse non sono tuttavia sufficienti ad assicurare che un punto x0 sia di mas-
simo (rispettivamente, di minimo) relativo per f . Ad esempio, la funzio-
ne f (x) = x3 , x ∈ R, nel punto 0 verifica la condizione precedente ma è
strettamente crescente in 0.
Si osserva inoltre che i criteri esposti non valgono in generale se il punto
x0 non è interno ad X; ad esempio, la funzione f : [0, 1] → R definita
ponendo, per ogni x ∈ [0, 1], f (x) := x2 ha derivata seconda strettamente
positiva nel punto di minimo 0, ma anche nel punto di massimo 1.
Infine, nei casi in cui sia la derivata prima che seconda di una funzione
si annullino, può essere utile il seguente ulteriore criterio che si deduce dalla
formula di Taylor.
Allora
Poiché limx→x0 σn (x) = 0 e |f (n) (x)| > 0, si può trovare δ > 0 tale che I∩]x0 −δ, x0 +δ[⊂
I ∩ J e inoltre, per ogni x ∈ I∩]x0 − δ, x0 + δ[,
|f (n) (x)|
|σn (x)| < . (2)
2
Se f (n) (x) > 0, dalla (2) si ottiene, per ogni x ∈ I∩]x0 − δ, x0 + δ[,
positivo in [x0 , +∞[ e negativo in ] − ∞, x0 ] per n dispari, dalla (1) si ottiene interamente
la tesi.
f ′ (x) = 0 , x ∈ X′ .
f (x) := x2 + |x − 3| .
(rispettivamente,
(rispettivamente,
f (x0 )+f ′ (x0 )(x−x0 ) ≤ f (x) (rispettivamente, f (x) ≤ f (x0 )+f ′ (x0 )(x−x0 )).
f (x0 )+f ′ (x0 )(x−x0 ) < f (x) (rispettivamente, f (x) < f (x0 )+f ′ (x0 )(x−x0 )).
(rispettivamente,
x
x0 x1 0 x2
Figura 9.5: Funzione convessa o concava in un punto e punti di flesso.
◃ Si osservi che può accadere che una funzione sia derivabile in un punto x0
e che non verifichi alcuna delle condizioni previste nella Definizione 9.4.10;
ad esempio, la funzione
{ 3
x sin x1 , x ̸= 0 ,
f (x) :=
0, x=0,
è derivabile in 0 e risulta f ′ (0) = 0; conseguentemente, la retta tangente al
grafico di f in 0 ha equazione y = 0, mentre la funzione non è né positiva
né negativa in alcun intorno di 0.
◃ I criteri maggiormente utilizzati per lo studio della convessità e del-
la concavità di una funzione sono collegati allo studio del segno della sua
derivata seconda.
Tali criteri sono essenzialmente basati sull’osservazione seguente.
Osservazione 9.4.11 Sia X un sottoinsieme di R e siano x0 ∈ X un punto
di accumulazione per X ed f : X → R una funzione reale; si supponga che
la derivata prima di f sia definita in X ∩ I con I intorno di x0 e si consideri
la funzione ϕ : X ∩ I → R definita ponendo, per ogni x ∈ X ∩ I,
ϕ(x) := f (x) − f (x0 ) − f ′ (x0 )(x − x0 )
258 Capitolo 9: Calcolo differenziale
(Basta tenere presente le definizioni adottate e che ϕ(x0 ) = 0, da cui segue che ϕ è
positiva (rispettivamente, negativa) in un intorno di x0 se e solo se x0 è di minimo
(rispettivamente, di massimo) relativo per ϕ. )
(oppure rispettivamente,
Dimostrazione. Dalla Proposizione 9.4.4, applicata alla derivata prima di f , segue che x0
è un punto di minimo (rispettivamente, di massimo) relativo per f ′ e quindi, per quanto
osservato preliminarmente, anche per ϕ′ , da cui la prima parte della tesi. L’ultima parte
della tesi si ottiene nello stesso modo osservando che in questo caso il punto x0 risulta
un minimo (rispettivamente, un massimo) relativo proprio per f ′ per quanto osservato
nell’ultima parte della Proposizione 9.4.4.
Dimostrazione. Deve essere innanzitutto f ′′ (x0 ) = 0 per il Corollario 9.4.13. Se, poi, fos-
se f (3) (x0 ) < 0 (rispettivamente, f (3) (x0 ) > 0), dalla Proposizione 9.4.16 x0 sarebbe un
punto di flesso discendente (rispettivamente, ascendente) proprio per f , in contraddizione
con le ipotesi.
Allora
1. Se n è dispari e f (n) (x0 ) > 0, allora x0 è un punto di flesso ascendente
proprio per f , mentre se f (n) (x0 ) < 0, allora x0 è un punto di flesso
discendente proprio per f .
2. Se n è pari e f (n) (x0 ) > 0, allora f è strettamente convessa in x0 ,
mentre se f (n) (x0 ) < 0, allora f è strettamente concava in x0 .
9.4.3 Asintoti
Le nozioni seguenti possono risultare utili per una descrizione più dettaglia-
ta del comportamento di una funzione reale sia in punti di accumulazione
reali nei quali la funzione non è definita oppure non è continua (mediante
gli asintoti verticali), sia nei punti +∞ e −∞ nel caso in cui la funzione
sia definita in un insieme non limitato superiormente oppure inferiormente
(mediante gli asintoti orizzontali oppure obliqui).
Definizione 9.4.19 Siano X un sottoinsieme di R, x0 ∈ R un punto di
accumulazione a destra (rispettivamente, a sinistra) per X ed f : X → R
una funzione reale.
Si dice che la retta di equazione x = x0 è un asintoto verticale a destra
(rispettivamente, a sinistra) per f se limx→x+ f (x) = ±∞, (rispettivamente,
0
limx→x− = ±∞).
0
Più precisamente, l’asintoto viene denominato in alto se il limite è
uguale a +∞ ed in basso se è uguale a −∞.
Evidentemente, i punti x0 ∈ R in cui vi possono essere asintoti verticali
per una funzione devono essere innanzitutto di accumulazione per il suo
insieme di definizione ed in essi o la funzione non deve essere definita oppure
non deve essere continua in quanto solo in tali casi infatti il limite della
funzione potrebbe risultare infinito. La verifica poi del fatto che la retta
x = x0 rappresenti o meno l’equazione di un asintoto verticale per f viene
effettuata mediante il calcolo diretto del limite destro oppure sinistro della
funzione.
Può accadere che se il punto x0 è di accumulazione sia a destra che a
sinistra per X, la retta di equazione x = x0 rappresenti un asintoto verticale
per f solamente a sinistra oppure solamente a destra; ad esempio, per la
funzione f (x) := e1/x , x ̸= 0, la retta di equazione x = 0 è un asintoto
verticale in alto solamente a destra. Può anche accadere che la retta di
equazione x = x0 sia un asintoto da un lato in alto e dall’altro in basso,
come ad esempio, per la funzione f (x) := 1/x, x ∈ R r {0}, nel punto
x0 = 0.
9.4 Applicazioni allo studio del grafico delle funzioni reali 263
x
0 x0
f (x)
lim =a∈R, lim f (x) − ax = b ∈ R ,
x→+∞ x x→+∞
(rispettivamente,
f (x)
lim =a∈R, lim f (x) − ax = b ∈ R ).
x→−∞ x x→−∞
f (x) π
lim =1, lim f (x) − x = ± ,
x→±∞ x x→±∞ 2
e quindi la retta di equazione y = x + π/2 è un asintoto obliquo a destra per
f mentre la retta di equazione y = x − π/2 è un asintoto obliquo a sinistra
per f .
3) Studio del segno della funzione ed eventuali intersezioni con gli assi.
4) Continuità.
D
-1 0 1 A B x
CE
Inoltre essa non è né pari, né dispari, né periodica; è sempre positiva e
si annulla per log(x − 2)/(x + 3) = 1, cioè per (x − 2)/(x + 3) = e; tale
equazione ammette un’unica soluzione x0 = −(3e + 2)/(e − 1). Quindi
vi è un’unica intersezione con l’asse delle ascisse nel punto di coordinate
9.4 Applicazioni allo studio del grafico delle funzioni reali 269
A(−(3e + 2)(e − 1), 0). Non vi sono intersezioni con l’asse delle ordinate in
quanto 0 ∈/ Xf .
Inoltre f è continua in tutto Xf e, per quanto riguarda gli estremi, si ha
′ 5 (e − 1)2
f− (x0 ) = lim− f ′ (x) = lim− − =− ,
x→x0 x→x0 (x − 2)(x + 3) 5e
′ 5 (e − 1)2
f+ (x0 ) = lim+ f ′ (x) = lim+ = .
x→x0 x→x0 (x − 2)(x + 3) 5e
Dallo studio del segno della derivata seconda, si deduce che f è strettamente
convessa in ognuno degli intervalli ]2, +∞[ e [x0 , −3[ mentre è strettamente
concava nell’intervallo ] − ∞, x0 ]. Il grafico della funzione viene tracciato
approssimativamente nella Figura 9.8 seguente.
y
x
A 0
Figura 9.8: Grafico della funzione.
Capitolo 10
Calcolo integrale
∀ i = 0, . . . , n : ∃ j = 0, . . . , m t.c. xi = yj .
y y
0 x 0 x
e analogamente
∑
j(i+1)−1
mi (xi+1 − xi ) = mi (yj(i+1) − yj(i) ) ≤ mj (yj+1 − yj ) .
j=j(i)
∫b
(Talvolta viene anche utilizzata la notazione a
f .)
S(f, P ) − s(f, P ) < ε; allora, dalla prima proprietà dell’estremo inferiore e superiore,
∫b
risulta a f∫ ≤ S(f, P ) e analogamente, dalla prima proprietà dell’estremo superiore, segue
s(f, P ) ≤ ab f . Pertanto
∫ b ∫ b
f− f ≤ S(f, P ) − s(f, P ) < ε .
a a
∑
n−1
S(f, P ) − s(f, P ) = (f (xi+1 ) − f (xi ))(xi+1 − xi )
i=0
∑
n−1
≤ δ (f (xi+1 ) − f (xi ))
i=0
ε
= δ(−f (x0 ) + f (xn )) = (f (b) − f (a)) < ε .
f (b) − f (a) + 1
Dalla Proposizione 10.1.3, segue che f è integrabile.
Dimostrazione. Anche ora conviene osservare subito che f è sicuramente limitata come
conseguenza del teorema di Weierstrass (Teorema 8.2.1.
Dal teorema sull’uniforme continuità di Cantor (Teorema 8.4.2), f è uniformemente
continua e quindi, fissato ε > 0, si può trovare δ > 0 tale che, per ogni x, y ∈ [a, b]
verificanti la condizione |x − y| ≤ δ, si abbia |f (x) − f (y)| ≤ ε/(b − a). Si fissi ora
una suddivisione P = (xi )i=0,...,n di [a, b] tale che |P | ≤ δ. Per ogni i = 0, . . . , n −
1, dal teorema di Weierstrass applicato alla restrizione di f all’intervallo [xi , xi+1 ], si
possono trovare ci , di ∈ [xi , xi+1 ] tali che f (ci ) = maxx∈[xi ,xi+1 ] f (x) =: Mi e f (di ) =
278 Capitolo 10: Calcolo integrale
Dimostrazione. Le proprietà enunciate sono tutte basate sulle definizioni e sul cri-
terio di integrabilità mediante suddivisioni. Per brevità, si omettono i dettagli della
dimostrazione.
∪ ∑
+∞
H⊂ [an , bn ] , (bn − an ) < ε . .
n∈N n=0
e pertanto ∫
1
f (c) ≤ f (x) dx ≤ f (d) .
b−a [a,b]
∫
Allora il numero reale [a,b] f (x) dx/(b − a) è compreso tra il minimo ed il massimo di f
e quindi ∫dal teorema di Bolzano (Corollario 8.2.3), segue l’esistenza di x0 ∈ [a, b] per cui
f (x0 ) = [a,b] f (x) dx/(b − a).
Infine, il punto x0 può essere considerato in ]a, b[. Infatti, se il teorema fosse valido
solamente per x0 = a o per x0 = b, la funzione essendo continua dovrebbe assumere valori
sempre strettamente maggiori oppure sempre strettamente minori di f (x0 ) in ]a, b[. Nel
primo caso, f (x0 ) sarebbe il minimo di f ; si consideri x1 ∈]a, b[ tale che f (x1 ) > f (x0 )
e si fissi r ∈ R tale che f (x0 ) < r < f (x1 ); dalla continuità di f ed essendo [r, +∞[ un
intorno di f (x1 ), si può trovare un intervallo ]x1 − δ, x1 + δ[⊂]a, b[ tale che f (x) ≥ r per
ogni x ∈]x1 − δ, x1 + δ[; allora
∫ ∫ ∫ ∫
f = f+ f+ f
[a,b] [a,x1 −δ] [x1 −δ,x1 +δ] [x1 +δ,b]
≥ f (x0 )(x1 − δ − a) + r(x1 + δ − (x1 − δ)) + f (x0 )(b − x1 − δ)
= f (x0 )(x1 − δ − a) + 2rδ + f (x0 )(b − x1 − δ)
= f (x0 )(b − a) + 2(r − f (x0 ))δ > f (x0 )(b − a) ,
e quindi non potrebbe valere l’uguaglianza prevista nella tesi. Allo stesso risultato si
perviene in maniera analoga se f assume sempre valori strettamente minori di f (x0 ) in
]a, b[. Pertanto la tesi è completamente dimostrata.
x
0 x0
F ′ (x) = f (x) .
2. Si ha ∫
1
dx = log |x| + c , c∈R,
x
in ognuno degli intervalli [0, +∞[ oppure ] − ∞, 0].
4. Si ha
∫ ∫
sin x dx = − cos x + c , cos x dx = sin x + c , c∈R, x∈R.
5. Si ha ∫
1
dx = tan x + c , c∈R,
cos2 x
in ognuno degli intervalli ] − π/2 + kπ, π/2 + kπ[, k ∈ Z e
∫
1
dx = − cot x + c , c∈R,
sin2 x
in ognuno degli intervalli ]kπ, π + kπ[, k ∈ Z.
10.1 L’integrale secondo Riemann 287
6. Si ha
∫
1
√ dx = arcsin x+c = − arccos x+c , c ∈ R , x ∈]−1, 1[ .
1 − x2
7. Si ha
∫
1
dx = arctan x + c = −arccot x + c , c∈R, x∈R.
1 + x2
1. Si ha ∫
f ′ (x)
dx = log |f (x)| + c , c∈R,
f (x)
purché f (x) > 0 per ogni x ∈ I oppure f (x) < 0 per ogni x ∈ I.
3. Si ha
∫
sin f (x) f ′ (x) dx = − cos f (x) + c , c∈R, x∈I.
4. Si ha ∫
1
f ′ (x) dx = tan f (x) + c , c∈R,
cos2 f (x)
purché esista k ∈ Z tale che −π/2 + kπ < f (x) < π/2 + kπ per ogni
x ∈ I.
Dal teorema fondamentale del calcolo integrale (Teorema 10.1.10), la funzione F è una
primitiva di f e la funzione G è una primitiva di (f ◦ φ) · φ′ . Poiché, per ogni t ∈ [a, b],
risulta anche (F ◦ φ)′ (t) = F ′ (φ(t)) φ′ (t) = f (φ(t))φ′ (t), le funzioni G ed F ◦ φ devono
differire per una costante; essendo, poi, G(a) = 0 e F (φ(a)) = 0, tale costante deve essere
nulla e si ottiene G = F ◦ φ; in particolare G(b) = F (φ(b)) da cui la tesi.
2) Basta osservare che F ◦ φ è una primitiva di (f ◦ φ) · φ′ .
Dimostrazione. Dalla regola di derivazione del prodotto di due funzioni risulta (F · g)′ =
F ′ · g + F · g ′ = f · g + F · g ′ e quindi f · g = (F · g)′ − F · g ′ ; poiché le funzioni f · g
e (F · g)′ − F · g ′ sono definite nell’intervallo I, le primitive di f · g coincidono con le
primitive di (F · g)′ − F · g ′ ; ma F · g è una primitiva di (F · g)′ e pertanto le primitive di
(F · g)′ − F · g ′ sono date dalla differenza di F · g e le primitive di F · g ′ e da ciò deriva
la tesi. L’ultima parte segue direttamente da quanto dimostrato.
funzioni razionali, cioè delle funzioni rapporto di due polinomi. Nella pre-
sente sezione si espone sinteticamente il metodo generale per il calcolo di
un integrale della forma ∫
P (x)
dx ,
Q(x)
dove, per ogni x ∈ R,
P (x) = a0 + a1 x + · · · + an xn , a0 , . . . , an ∈ R , an ̸= 0 ,
Q(x) = b0 + b1 x + · · · + bm xm , b 0 , . . . , b m ∈ R , bm =
̸ 0,
10.2.1 Caso m = 1
In questo caso Q(x) = ax + b con a ̸= 0 e si ottiene l’integrale
∫
1
dx = log |ax + b| + C , C∈R,
ax + b
in ognuno degli intervalli ] − ∞, −b/a[ e ] − b/a, +∞[.
10.2.2 Caso m = 2
In questo caso Q(x) = ax2 + bx + c con a ̸= 0 e P può essere di grado 0
oppure 1.
Si considera innanzitutto il seguente tipo di integrale
∫
1
dx .
ax2 + bx + c
Posto ∆ = b2 − 4ac, si procede come segue:
• Caso ∆ > 0. Denotate con x1 e x2 le due soluzioni reali distinte e tali
che x1 < x2 dell’equazione ax2 +bx+c = 0 e imponendo l’uguaglianza
1 A B
dx = +
ax2 + bx + c x − x1 x − x2
si determinano le costanti A e B e quindi l’integrale diventa
∫
1
dx = A log |x − x1 | + B log |x − x2 | + C ,
ax2 + bx + c
dove la costante arbitraria C dipende da ognuno degli intervalli ] −
∞, x1 [, ]x1 , x2 [ e ]x2 , +∞[.
292 Capitolo 10: Calcolo integrale
e quindi
∫
1 2 2ax + b
dx = √ arctan √ +C ,
ax2 + bx + c −∆ −∆
con C costante arbitraria in tutto R.
R(x) = (x−x1 )h1 −1 · · · (x−xp )hp −1 (x2 +b1 x+c1 )k1 −1 · · · (x2 +bq x+cq )kq −1
Γ(x) = γ0 + γ1 x + · · · + γt xt
P (x) A1 Ap B1 x + C1 Bq x + Cq
= +· · ·+ + 2 +· · ·+ 2 + M (x)
Q(x) x − x1 x − xp x + b1 x + c1 x + bq x + cq
dove tutti gli integrali da calcolare rientrano nei casi già discussi.
294 Capitolo 10: Calcolo integrale
∫1 1
e quindi (v.p.) −1 x
dx = 0.
◃ Se f : [a, b] → R è una funzione generalmente continua discontinua in n
punti x1 , . . . xn ∈ [a, b], l’integrabilità in senso improprio di f viene defini-
ta applicando quanto sopra separatamente a ciascuno dei punti x1 , . . . xn ;
precisamente, si consideri una suddivisione y0 , . . . , yn di [a, b] in n intervalli
tali che ogni xi appartenga solamente all’intervallo [yi−1 , yi ], i = 1, . . . , n,
allora si dice che f è integrabile in senso improprio in [a, b] oppure che l’in-
tegrale improprio di f è convergente se, per ogni i = 1, . . . , n, la restrizione
di f all’intervallo [yi−1 , yi ] (che presenta un solo punto di discontinuità) è
integrabile in senso improprio in [yi−1 , yi ], cioè esistono e sono finiti i limiti
∫ xi −ε ∫ yi
lim f (x) dx , lim f (x) dx
ε→0+ yi−1 ε→0+ xi +ε
mentre, se α ̸= 1,
∫ b
1 1 [ ]b
dx = |x − x0 |−α+1 x +ε
x0 +ε |x − x0 |α −α + 1 0
1 ( )
= (b − x0 )−α+1 − ε−α+1 .
−α + 1
10.3 Integrali impropri 299
Si deduce che
∫ 1
1/2
1 , n≥2,
dx = (n − 1) logn−1 2
n
x log x
0 −∞ , n=1.
Anche ora conviene osservare che l’esistenza del limite (10.3.6) non com-
porta in generale che f sia integrabile in senso improprio in tutto R.
Se uno dei limiti (10.3.5) tende a ±∞ e l’altro ad un numero reale,
oppure se tendono entrambi a +∞ o a −∞, si dice che l’integrale improprio
di f è divergente (positivamente o negativamente).
Una situazione più generale è quella in cui la funzione è generalmente
continua in un intervallo illimitato. In questo caso l’integrabilità in senso
improprio viene considerata separatamente in un intorno di ogni punto di
discontinuità ed eventualmente nei punti +∞ e −∞; è sufficiente che l’in-
tegrabilità fallisca in un intorno di tali punti per concludere che la funzione
non è integrabile in senso improprio.
Per quanto osservato, si può ora trattare separatamente solamente il
caso di funzioni continue su intervalli illimitati.
Nel seguito si considera l’intervallo [a, +∞[; considerazioni analoghe
valgono in ] − ∞, b] ed R.
◃ Si possono stabilire proprietà analoghe a quelle enunciate per gli integrali
impropri di funzioni limitate.
mentre, se n ≥ 2,
∫ [ −n+1 ]b
b
1 log x 1 ( −n+1 )
dx = =− log b − log−n+1 2 .
2
n
x log x −n + 1 2 n−1
Si deduce che
∫ 1
1/2
1 , n≥2,
dx = (n − 1) logn−1 2
0 x logn x
+∞ , n=1
f (x) := an .
Da ciò segue subito b)⇒ a); per il viceversa, basta osservare che, per ogni n ∈ N e
∫
b ∈ [n, n + 1[, l’integrale 0b f (x) dx è compreso tra min{sn , sn+1 } e max{sn , sn+1 }. Se ℓ
denota la somma della serie, fissato ε > 0, si può∫ trovare ν ∈ N tale che, per ogni n ≥ ν,
risulti |sn − ℓ| < ε e conseguentemente anche 0b f (x) dx − ℓ < ε. Da ciò segue la b) ed
anche l’uguaglianza prevista nell’ultima parte della tesi.
I casi rispettivi si dimostrano in maniera analoga.
∑
n ∑
n−1 ∫ +∞ ∫ +∞
ak = a0 + ak+1 ≤ a0 + f (x) dx = f (0) + f (x) dx
k=0 k=0 0 0
e quindi la serie è convergente in quanto è a termini positivi e le sue somme parziali sono
limitate superiormente. Si ha inoltre
∑
+∞ ∫ +∞
an ≤ f (0) + f (x) dx .
n=0 0
Viceversa, per ogni b ∈ [0, +∞[, considerato n ∈ N tale che b ∈ [n, n + 1[, dalla
positività di f segue
∫ b ∫ b ∫ n+1 ∫ n+1 ∑
n
f (x) dx ≤ f (x) dx + f (x) dx = f (x) dx ≤ ak ;
0 0 b 0 k=0
Equazioni differenziali e
funzioni di più variabili
reali
Nella seconda parte del corso, viene completato lo studio delle funzioni
di una variabile reale con ulteriori capitoli riguardanti lo studio delle succes-
sioni e delle serie di funzioni e quello delle equazioni differenziali ordinarie;
inoltre, vengono illustrati alcuni aspetti riguardanti le funzioni di più varia-
bili reali, quali il calcolo differenziale, lo studio dei massimi e minimi relativi
e vincolati e lo studio degli integrali multipli corredato da alcuni strumenti
elementari di teoria della misura.
Capitolo 11
Successioni e serie di
funzioni
Essa viene denominata limite puntuale (oppure limite semplice) della suc-
cessione (fn )n∈N e viene denotata con
f = lim fn puntualmente.
n→+∞
oppure, equivalentemente,
f = lim fn uniformemente.
n→+∞
Dimostrazione. Basta applicare il Teorema 11.2.1 precedente tenendo presente che, per
ogni n ∈ N, si ha limx→x0 fn (x) = fn (x0 ).
Dimostrazione. Poichè, per ogni n ∈ N, fn è una funzione continua, dal Teorema 11.2.2
precedente segue che anche f è continua e quindi integrabile in [a, b]. Inoltre, fissato
ε > 0, dalla uniforme convergenza di (fn )n∈N verso f , segue l’esistenza di ν ∈ N tale che,
per ogni n ≥ ν e per ogni x ∈ [a, b], si abbia |fn (x) − f (x)| ≤ ε/(b − a); pertanto, per
ogni n ≥ ν, si ha
∫ b ∫ b ∫ b ∫ b
ε
fn (x) dx − f (x) dx ≤ |fn (x) − f (x)| dx ≤ dx = ε ,
b−a a
a a a
una successione (fn )n∈N di funzioni continue in un intervallo [a, b], risulta
integrabile in [a, b] e si ha
∫ b ∫ b( )
lim fn (x) dx = lim fn (x) dx .
n→+∞ a a n→+∞
∑
+∞
fn .
n=0
∑
+∞
f= fn uniformemente,
n=0
∑n
Fissato x ∈ [0, 1[, risulta limn→+∞ |f (x) − k=0 fk (x)| = 0 e pertanto
la serie di termine generale fn converge verso f puntualmente nell’intervallo
[0, 1[.
Poichè, per ogni n ∈ N,
∑ n 1 1 − xn+1 xn+1
sup f (x) − fk (x) = sup − = sup = +∞ ,
x∈[0,1[ k=0
x∈[0,1[ 1 − x 1−x x∈[0,1[ 1 − x
∑
+∞ ∑
+∞
Allora la serie numerica ℓn è convergente e posto ℓ := ℓn , risulta
n=0 n=0
lim f (x) = ℓ.
x→x0
convergente
∑+∞ (puntualmente oppure rispettivamente uniformemente) se la
serie n=0 |fn | di termine generale |fn | è convergente (puntualmente oppure
rispettivamente uniformemente) (in X).
◃ Ovviamente ogni serie di funzioni assolutamente convergente (puntual-
mente oppure rispettivamente uniformemente) risulta convergente (pun-
tualmente oppure rispettivamente uniformemente), mentre il viceversa non
vale.
◃ Sia (fn )n∈N una successione di funzioni reali limitate definite in un in-
sieme X e si ponga che, per ogni n ∈ N, ∥fn ∥ := supx∈X |fn (x)|. Si dice che
∑+∞
la serie di funzioni n=0 fn di termine generale fn è totalmente convergente
∑+∞
se la serie numerica n=0 ∥fn ∥ è convergente.
◃ (Criterio di Weierstrass per∑la totale convergenza) Si riconosce facil-
+∞
mente che una serie di funzioni n=0 fn è totalmente convergente se e solo
se esiste una
∑+∞successione (an )n∈N di numeri reali (positivi) tale che la serie
numerica n=0 an sia convergente ed inoltre, per ogni n ∈ N e per ogni
x ∈ X, risulti |fn (x)| ≤ an .
◃ Ogni serie di funzioni totalmente convergente risulta anche uniforme-
mente convergente. ∑
Si ricorda innanzitutto che una serie +∞
n=0 an è convergente se e solo se la successione
(sn )n∈N delle sue somme parziali è convergente e quindi se e solo se (sn )n∈N verifica la
condizione di Cauchy, che può essere scritta al modo seguente
∀ ε > 0 ∃ ν ∈ N t.c. ∀ n ≥ ν , ∀ p ∈ N : |sn+p − sn | ≤ ε ,
∑ ∑n+p ∑n
e da ciò, tenendo presente che n+pk=n+1 ak = k=0 ak − k=0 ak = sn+p − sn , si ottiene
la condizione
n+p
∑
∀ ε > 0 ∃ ν ∈ N t.c. ∀ n ≥ ν , ∀ p ∈ N : ak ≤ ε .
k=n+1
∑+∞
Conseguentemente, una serie di funzioni X → R converge pun-
n=0 fn , con fn : ∑
+∞
tualmente (in X) se e solo se per ogni x ∈ X la serie numerica n=0 fn (x) verifica la
condizione di Cauchy precedente, e cioè se e solo se
n+p
∑
∀ x ∈ X ∀ ε > 0 ∃ ν ∈ N t.c. ∀ n ≥ ν , ∀ p ∈ N : fk (x) ≤ ε .
k=n+1
sione (an (x1 − x0 ) )n∈N deve essere infinitesima, e conseguentemente limitata.1 Quindi,
n
deve esistere M ∈ R tale che, per ogni n ∈ N, si abbia |an (x1 − x0 )n | ≤ M . Inoltre, per
ogni n ∈ N, risulta
|x2 − x0 |n x2 − x0 n
|an (x2 − x0 )n | = |an (x1 − x0 )n | ≤ M .
|x1 − x0 |n x1 − x0
∑
A questo punto, si osserva che la serie +∞ n=0 |x2 −x0 | /|x1 −x0 | è convergente in quanto
n n
convergente ed osservare, come appena dimostrato, che la convergenza della serie implica
la limitatezza della successione (an (x1 − x0 )n )n∈N .
11.4 Serie di potenze 325
concludere
∑ che, per il criterio di confronto delle serie∑
numeriche a termini positivi, anche
la serie +∞
n=0 |an (x2 − x0 ) | è convergente e quindi
n +∞
n=0 an (x2 − x0 ) è assolutamente
n
convergente.
Per quanto riguarda l’ultima parte della tesi, sia 0 < r < |x1 − x0 |; allora, per quanto
∑+∞
n=0 |an | r
dimostrato la serie n è convergente e, per ogni x ∈ [x − r, x + r], si ha
0 0
|an (x − x0 )n | ≤ |an | rn ; pertanto, la serie è totalmente convergente in [x0 − r, x0 + r].
◃ Dalla proprietà precedente segue che l’insieme dei numeri reali per i quali
una serie di potenze risulta convergente costituisce un intervallo di R con
centro x0 ; tale intervallo potrebbe in generale anche ridursi al solo punto x0
oppure coincidere con tutto R e, negli altri casi, potrebbe contenere o meno
uno o entrambi gli estremi.
Per studiare in modo ∑+∞più approfondito l’intervallo di convergenza di
una serie di potenze a
n=0 n (x − x 0 )n
, conviene introdurre il raggio di
convergenza R di una serie di potenze, definito nel modo seguente
{ }
∑
+∞
R := sup ρ ∈ [0, +∞[ | an ρn è convergente . (11.4.1)
n=0
∑+∞
◃ Si consideri una serie di potenze n=0 an (x − x0 )n e si denoti con R il
suo raggio di convergenza.
Si ha ovviamente R ≥ 0 e può risultare eventualmente R = +∞. Inoltre,
dalla definizione di R e dal Teorema 11.4.1, si ottengono subito le seguenti
proprietà di R:
1. Se R = 0, la serie converge nel punto x0 e non converge in alcun altro
numero reale.
2. Se R = +∞, la serie converge puntualmente in ogni punto di R ed
inoltre la convergenza è uniforme in ogni intervallo limitato di R.
3. Se 0 < R < +∞, la serie converge in ogni punto dell’intervallo aperto
]x0 − R, x0 + R[, e non converge nei punti esterni all’intervallo chiuso
[x0 − R, x0 + R]; nei punti x0 − R e x0 + R, non si può dire nulla in
generale e quindi le serie
∑
+∞ ∑
+∞
an (x0 − R − x0 )n = (−1)n an Rn ,
n=0 n=0
∑
+∞ ∑
+∞
an (x0 + R − x0 ) =n
an R n
n=0 n=0
devono essere esaminate caso per caso. Inoltre, la convergenza della
serie è uniforme in ogni intervallo chiuso [x0 − r, x0 + r], con r < R.
326 Capitolo 11: Successioni e serie di funzioni
|an+1 |
lim =ℓ;
n→+∞ |an |
Allora, si ha
+∞ , ℓ=0;
R= 0, ℓ = +∞ ; (11.4.2)
1, ℓ ∈]0, +∞[ .
ℓ
∑+∞
2. (Criterio della radice), Assegnata la serie di potenze n=0 an (x −
x0 )n si supponga che esista il seguente limite
√
lim n |an | = ℓ ;
n→+∞
e quindi, dal criterio del rapporto per le serie numeriche, segue che la serie è (assolutamen-
te) convergente per ℓ |x − x0 | < 1 (cioè |x − x0 | < 1/ℓ se ℓ ∈]0, +∞[) ed è assolutamente
divergente positivamente per ℓ |x − x0 | > 1. Dalle proprietà del raggio di convergenza
segue allora la tesi in ognuno dei casi previsti.
La dimostrazione della seconda parte è simile tenendo presente che
√ √
lim n |an (x − x0 )n | = lim n |an | |x − x0 | = ℓ |x − x0 | ,
n→+∞ n→+∞
11.4 Serie di potenze 327
e applicando il criterio della radice per le serie numeriche anzichè quello del rapporto.
◃ Nel caso in cui nessuno dei due limiti previsti nel criterio del rapporto
e della radice esista, si può riconoscere che R viene comunque dato dalla
(11.4.2) con √
ℓ := lim sup n |an | .
n→+∞
∑
+∞
xn .
n=0
∑
+∞ ∑
+∞
1, (−1)n
n=0 n=0
∑
+∞ n
3
3
(x − 1)n .
n=1
n
3n+1 n3
lim =3
n→+∞ (n + 1)3 3n
328 Capitolo 11: Successioni e serie di funzioni
+∞ n (
∑ )n ∑+∞
3 2 1
3
−1 = (−1)n 3
n=1
n 3 n=1
n
+∞ n (
∑ )n ∑+∞
3 4 1
3
− 1 =
n=1
n 3 n=1
n3
3. Si consideri la serie
∑
+∞
nn (x + 2)n .
n=1
4. Si consideri la serie
∑
+∞
(x − 1)2n .
n=1
pertanto il criterio del rapporto e quella radice non possono essere ap-
plicati; poiché i coefficienti valgono alternativamente 0 e 1 si riconosce
√
tuttavia facilmente che lim supn→+∞ n an = 1 e quindi il raggio di
convergenza della serie assegnata è 1.
11.5 Serie ottenute per derivazione ed integrazione 329
Allora la serie
∑
+∞ ∑
+∞
n an (x − x0 ) n−1
= (n + 1) an+1 (x − x0 )n
n=1 n=0
∑+∞
n=0 an (x − x0 )
n
viene denominata serie ottenuta da per derivazione,
mentre la serie
∑
+∞
an
(x − x0 )n+1
n=0
n + 1
∑+∞
viene denominata serie ottenuta da n=0 an (x − x0 )n per integrazione.
Si riconosce facilmente che
√
√ √ an
lim sup |an | = lim sup |(n + 1) an+1 | = lim sup n
n n .
n→+∞ n→+∞ n→+∞ n + 1
che converge in ] − 1, 1[, mentre quella ottenuta per integrazione dalla serie
geometrica è data da
∑+∞
1
xn+1
n=0
n + 1
330 Capitolo 11: Successioni e serie di funzioni
e quindi, dal criterio del rapporto, essa è convergente; da ciò segue che il termine generale
n-esimo deve essere infinitesimo, cioè
M (n+1)
lim |x − x0 |n+1 = 0 ,
n→+∞ (n + 1)!
e quindi anche
lim |f (x) − sn (x)| = 0 ,
n→+∞
da cui la tesi.
x2 x3 ∑
+∞
xn
expa x = 1 + log a x + log2 a + log3 a + ··· = logn a .
2 6 n=0
n!
1 ∑
+∞
= 1 − x + x − x + ··· =
2 3
(−1)n xn . (11.6.3)
1+x n=0
x2 x3 x4 ∑
+∞
xn+1
log(1 + x) = x − + − + ··· = (−1)n .
2 3 4 n=0
n+1
∑
+∞
1
log 2 = (−1)n .
n=0
n+1
x3 x5 ∑
+∞
x2n+1
sin x = x − + − ··· = (−1)n ,
3! 5! n=0
(2n + 1)!
x2 x4 ∑
+∞
x2n
cos x = 1− + − ··· = (−1)n .
2! 4! n=0
(2n)!
334 Capitolo 11: Successioni e serie di funzioni
1 ∑
+∞
= 1 − x 2
+ x 4
− x 6
+ · · · = (−1)n x2n .
1 + x2 n=0
x3 x5 x7 ∑
+∞
x2n+1
arctan x = x − + − + ··· = (−1)n .
3 5 7 n=0
2n + 1