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ORGANIZZAZIONE D’IMPRESA E GESTIONE

DELLE RISORSE UMANE


LEZIONE 1: INTRODUZIONE E METAFORE ORGANIZZATIVE – TEORIE
ORGANIZZATIVE
22 Settembre 2020
Prof. Luca QUARATINO

Psw: risorsequarantino21

Gli obiettivi del corso sono:


Fornire le conoscenze di base per capire l’evoluzione e il funzionamento delle
organizzazioni (aziendali e non) e per operare in esse in modo efficace.
Acquisire strumenti di analisi e progettazione dell’organizzazione per imprese di diversa
dimensione e complessità.

Struttura del corso:


1 parte = linee generali della storia del pensiero organizzativo:
a) che cos’è una organizzazione?
b) costruzione di un lessico organizzativo
c) approfondimento delle principali teorie
2 parte = analisi e progettazione organizzativa approfondendo i criteri per costruire una
“buona” organizzazione attraverso una disamina delle configurazioni organizzative e
delle principali variabili di progettazione di carattere tecnico e sociale.
3 parte = strategie e tecniche di gestione delle risorse umane.

Le esercitazioni saranno dei momenti di analisi e problem-solving di casi aziendali reali,


indispensabili per comprendere le implicazioni pratiche della teoria.

Organizzazione è una disciplina prevalentemente pratica ma le teorie servono per alcuni


motivi: forniscono occhiali per vedere meglio un fenomeno complesso e permettono di
costruire un lessico per osservare le organizzazioni e come possiamo intervenire su di
esse per fare lavorare meglio.
Cosa c’entra una brand musicale con un mondo che a prima vista appare ordinato
tranquillo e calmo come l’organizzazione? La band si è trasformata da gruppo che faceva
musica per il proprio piacere, in un’organizzazione complessa che ha dei ruoli
organizzativi precisi e raggiunge obiettivi impensabili tra cui essere una organizzazione
duratura nel tempo che fa utili nonostante i fenomeni musicali siano spesso effimeri.
Abbiamo già una prima risposta di perché servono le organizzazioni perché:
- mettono insieme risorse per raggiungere obiettivi risultati desiderati
- producono beni e servizi in maniera efficiente
- creano valore, oltre che per sé stesse, per clienti azionisti dipendenti
- facilitano l'innovazione
- si adattano all'ambiente e lo trasformano
L'ambiente è una prima parola chiave del nostro corso di organizzazione, ci sono molte
parole che noi usiamo nel linguaggio comune e che hanno un significato generale e
generico. Nell'organizzazione le stesse parole hanno un significato preciso, noi parleremo
spesso di ambiente per indicare tutto quello che sta fuori l'organizzazione che stiamo
studiando e quindi il cliente, fornitori, le leggi dell’economia ecc. Questo è l'ambiente tutto
ciò che sta fuori l'organizzazione che noi studiamo. Parleremo spesso in modo molto
preciso di parole che noi usiamo alternativamente dando un senso comune, spesso
generale. Parleremo spesso di efficacia ed efficienza, per indicare due fenomeni molto
precisi e molto differente. Cos'è l'efficacia di un'organizzazione? È la capacità di
raggiungere obiettivi, diversa è l'efficienza, che è l'utilizzo di risorse per raggiungere questi
obiettivi. Il minor utilizzo possibile di risorse, per raggiungere questi obiettivi.
Cosa sono le organizzazioni in poche parole? se togliamo le definizioni più o meno colte
derivate dai libri, sono i mezzi per raggiungere obiettivi che vanno al di là delle possibilità
di un singolo individuo; non sarebbe possibile andare sulla luna senza un'organizzazione,
non sarebbe stato possibile costruire le piramidi senza un'organizzazione. Quindi le
organizzazioni ci sono sempre state, la teoria organizzativa invece è molto giovane ha
poco più di 100 anni, ovvero la capacità di razionalizzare scrivere di organizzazione
costruendo teorie costruendo principi costruendo modalità relazionali e deriva dal
Crocicchio di numerose discipline teorie già presenti, per esempio prende qualcosa dalla
sociologia, prende molto dall’economia, prende molto dal antropologia sociale, dalla
psicologia ecc. ma costruisce una costruzione che pur prendendo concetti da queste
discipline ha un compito ben preciso e unico, che è quello di studiare analizzare ed
intervenire sulle organizzazioni.
Secondo Daft le organizzazioni sono entità sociali guidate da obiettivi deliberatamente
strutturate e coordinate interagenti con l'ambiente esterno. Vediamo quindi qualcosa di un
pochino più complesso rispetto a quanto abbiamo detto prima. Sono entità sociali,
sarebbe impossibile ad oggi immaginare organizzazioni senza persone che le fanno
muovere. Quindi una componente fondamentale dell’organizzazione sono le persone,
anche se andiamo verso le fabbriche automatiche, le organizzazioni senza persone, ci
sono sempre persone che le fanno muovere da qualche parte, quindi sono entità sociali.
Per capire le organizzazioni dobbiamo capire le persone che ci stanno, dentro guidate da
obiettivi, perché senza un obiettivo sia pure semplice sia pure generale no non ci sono
organizzazioni. Le organizzazioni sono fatte per raggiungere obiettivi semplici o
complesse. Ci sono obiettivi dichiarati e obiettivi reali, per esempio tutte le organizzazioni
produttive scrivono che, da qualche parte nei loro statuti, l'obiettivo è quello di fare il
profitto, però se andiamo a vedere il comportamento delle organizzazioni vediamo che il
profitto non è il solo obiettivo. Ci sono obiettivi più importanti del profitto per esempio la
sopravvivenza delle organizzazioni fare profitto a breve può pregiudicare la sopravvivenza
dell'organizzazione e quindi si rinuncia spesso ad un po’ di profitto per poter sopravvivere.
Gli obiettivi sono un aspetto molto complesso, dobbiamo capire bene quali sono gli
obiettivi reali di un'organizzazione per capire i suoi comportamenti. Deliberatamente
strutturate e coordinate, deliberatamente è la parola chiave nell'organizzazione, in
quanto uno degli aspetti fondamentali è quello di far sì che le persone abbiano un ruolo,
abbiamo un compito, abbiano qualcosa di specifico da fare per raggiungere gli obiettivi e
che lavorino assieme per raggiungere gli stessi obiettivi. Non lavorando assieme sarebbe
impossibile realizzare certe cose, obiettivi complessi come andare sulla luna perché
richiedono competenze diverse, moltissime persone con competenze diverse che si
uniscono, fanno gruppi di lavoro per cercare di risolvere problemi dell'organizzazione che
una sola persona non riuscirebbe a risolvere. L'ultimo aspetto fondamentale è interagente
con l'ambiente esterno, tutte le organizzazioni vivono e sopravvivono in quanto
interagiscono, hanno rapporti con l'ambiente esterno, che sono rapporti definibili nel
ricevere input dall'ambiente esterno, farsi dare materie prime per poterle trasformare.
Con l'ambiente esterno interagiscono, perché le materie prime, che hanno trasformato in
prodotti, sono venduti presso il mercato a clienti esterni e quindi le organizzazioni
funzionano secondo un processo che prende dall' ambiente esterno gli input che servono
per lavorare, trasformandoli con l’organizzazione e si restituiscono al mercato fornendo
valore aggiunto, quello che devo dare al mercato e qualcosa che va al di là della somma
del valore degli input, è un qualcosa che mi consente un surplus, un qualche cosa che
costituisce il mio guadagno e che consente alle persone che lavorano nell’organizzazione
di guadagnare, di ricavare un guadagno dal lavoro che svolgono. Una persona che ha
cercato di costruire un disegno molto semplice, che si che ci consente di guardare dentro
le organizzazioni è uno studioso americano che si chiama Gareth Morgan. Ha un'idea
abbastanza brillante, che è quella di usare la metafora come strumento di analisi
organizzativa, metafora è una parola che deriva dal greco e vuol dire trasporto, è una
figura retorica per cui un vocabolo si trasporta dal proprio significato ad un altro che ha
con il primo qualche analogia. Allo stesso modo noi possiamo usare questa metafora per
definire le organizzazioni Morgan cosa fa? è cosciente che le organizzazioni sono
fenomeni sociali complessi e ambigui. Partendo da questo concetto Gareth Morgan dice
che il pensiero metaforico rappresenta una utile chiave di accesso per decifrare le
molteplici dinamiche che li caratterizzano, strutturali, culturali, politiche, interpersonali.
Cosa fa in pratica? va in giro per il mondo e fa una domanda una domanda sola a
centinaia di manager, cosa chiede a questi manager? Chiede esattamente questo: sulla
base delle vostre esperienze dirette o indirette di contatto con organizzazioni e di quanto
avete fino a questo momento ha preso provate all’identificare 1 o 2 metafore o
associazioni mentali che a vostro giudizio meglio esprimono il concetto di organizzazione
che avete in mente e cercate di indicare il perché? Morgan facendo questa domanda
ottiene migliaia di risposte diverse, di metafore diverse che cerca poi di raggruppare in
macro-categorie. Dice anche che chi pensa per metafore comprende la realtà
organizzativa in modo più profondo e completo. Sviluppa un approccio gestionale flessibile
capace di adattarsi ai diversi contesti e in definitiva diventa un operatore, un manager
organizzativo più efficace. Lui sostanzialmente dice che la metafora non è solo un
marchingegno per abbellire un discorso, ma spesso è l'indicatore di un modo con cui noi
operiamo, e quindi ci dice molto dice molto e attorno alla caratteristica dell’organizzazione
a cui pensiamo. Per esempio, non solo dice molto attorno a questa organizzazione ma poi
influenza i comportamenti degli attori organizzativi. Se penso che la metafora di
un’organizzazione sia la macchina, io mi aspetto che questa organizzazione sia una
macchina che funziona in modo ordinario ed efficiente e quindi mi arrabbio tutte le volte
che questa macchina si ferma o si rompe. Quali sono alcune delle metafore di
organizzazione che Morgan individua come le risposte principali alla sua indagine: al
primo posto troviamo la macchina (è un ingranaggio perfetto basato su una chiara
gerarchia piramidale- c'è chi pensa c’è chi esegue- le persone al pari delle componenti
meccaniche sono esecutori sostituibili. L'analisi organizzative basate su strutture e ruoli
formali mansionari e procedure codificabili) questa metafora ci porta a considerare le
organizzazioni funzionino come macchine quindi non si fermino mai no non abbiano
incidenti non abbiano problemi no perché sono costruite per funzionare costantemente,
sono costruite per funzionare nel tempo senza errori il problema c'è quando l'ambiente
cambia e io continuo proporre no la stessa macchina organizzativa, poi troviamo il
organismo (un organismo vivente che nasce si sviluppa tramite adattamenti continui
all’ambiente esterno. Le persone dotate di autonomia e discrezionalità supportano i
processi di adattamento dell'organizzazione. L'analisi organizzativa è basata sul rapporto
fra organizzazione ambiente strategie di sopravvivenza processi di cambiamento) secondo
questa concessione ci troviamo non a valorizzare l’ingranaggio di una macchina, ma a
valorizzare i bisogni le relazioni con l'ambiente (l’organismo più efficace ed efficiente è
quello che meglio si adatta all'ambiente), il clan, la tribù (è una tribù di persone legate tra
loro dal senso di appartenenza a un insieme di valori condivisi - cultura organizzativa. Le
persone cercano costantemente sicurezza e conferme della propria identità
conformandosi al modo di essere e di fare condiviso. L'analisi organizzativa in questo caso
è basata su: tradizioni, linguaggi, miti, rituali, cerimonie, storie ed eroi), l'arena politica (è
caratterizzata da giochi politici e lotte di potere tra singoli attori e opposti fazioni -cordate.
Le persone mirano a massimizzare i propri interessi obiettivi personali, muovendo si
spesso una dimensione formale- dietro le quinte della rappresentazione. Analisi
organizzativa è basata su: sistemi di interessi, fonti formali e informali per potere la
strategia politiche, alleanze), iceberg è il prodotto dell'interazione fra persone che come
gli iceberg hanno comportamenti e atteggiamenti largamente imperscrutabili. Le persone
agiscono non solo sulla base delle prescrizioni di ruolo ma anche sulle proprie emozioni
aspettative paure ansie. L’analisi organizzativa quindi si basa sulle personalità individuali,
sulle dinamiche emotive e motivazionali, rapporti interpersonali). Una metafora che sta
uscendo sempre di più negli ultimi tempi è la metafora del cervello, con l'automazione
spinta andiamo verso organizzazioni che creano altre organizzazioni, sono i computer
dell’ultima generazione che funzionano come un cervello umano e danno luogo a
organizzazioni. Le metafore descritte non rappresentano diversi modelli di organizzazione,
a diversi aspetti (sempre compresenti) di una stessa organizzazione. Provate a
immaginarli come differenti paia di occhiali ognuno dei quali ci aiuta a capire una facciata
diversa dell’organizzazione. Solamente usando le tutti possiamo realizzare analisi
organizzativa profonda e completa. Quindi le teorie organizzative sono un po' come degli
occhiali che noi ci mettiamo e ci togliamo per focalizzare la nostra attenzione su certi
aspetti, se mettiamo degli occhiali da presbite focalizziamo la nostra attenzione su aspetti
più vicini, più visibili, se focalizziamo i nostri occhiali e mettiamo degli occhiali da miopi, noi
concentriamo l'attenzione su aspetti più lontani, meno visibili a prima vista e abbiamo
bisogno di mettere più occhiali per capire le organizzazioni, perché le organizzazioni sono
un fenomeno molto complesso da questo punto di vista.

Per parlare di teoria organizzative ci possiamo servire di uno schema molto esaustivo:

Si nota come si possono distinguere tre diverse prospettive di studio ovvero:


- sistema = un insieme di elementi interagenti e interdipendenti volti ad un obiettivo. La
concezione del sistema di divide in due: meccanico (coincide con la metafora
della macchiane e in questo caso le organizzazioni sono viste come fornite di
una razionalità oggettiva per cui una one best way organaizing che ottimizza
sia efficienza che efficacia. Contenuti comuni alle tre teorie sono le
organizzazioni sono strumenti intenzionalmente predisposti per raggiungere
un obiettivo, operano in modo razionale ed efficiente, gli aspetti formali sono
prioritari sugli aspetti informali ed è possibile ricercare ed applicare leggi e
soluzioni universalmente valide) e organico (fa riferimento alla metafora del
corpo umano, secondo questo approccio l’organizzazione non è
solamente un insieme di variabili tra loro collegate da un rapporto di
interdipendenza ma sono costantemente collegate con l’ambiente e si
adattano all’ambiente. L’efficacia e l’efficienza dipendono dalla capacità di
sapersi adattare all’ambiente. Il coordinamento non è solo coordinato da
norme e regola ma dalla capacità delle persone di parlarsi ed interagire anche
in gruppi. L’incentivo non è dato solo dai soldi ma anche dall’appartenenza.
- attore = concentra l’attenzione sull’insieme delle persone e di come si comportano e
influenzano l’organizzazione stessa. L’organizzazione non è altro che un
sistema sociale in cui anno senso alle azioni che esercitano. L’organizzazione
quindi non ha senso senza persone, perché sono le azioni a dare senso.
- azione = si concentra sul movimento, cosa si muove, come reagiscono i fattori che
caratterizzano l’organizzazione in una situazione di movimento.

LEZIONE 2: TEORIE CLASSICHE


25 Settembre 2020

Sono state le teorie sviluppate meno recentemente ma sono le più conosciute e hanno
una vitalità abbastanza alta.
SISTEMA MECCANICO:
- Organizzazione scientifica del lavoro (Taylor) = secondo Taylor bisogna va innovare
all’intero delle organizzazioni che erano inefficaci ed inefficienti. Secondo lui
bisogna passare da una logica artigianale (un pezzo alla volta) a una disciplina
scientifica vera e propria. Vuole quindi sostituire lo studio scientifico del lavoro
alle opinioni, conoscenze individuali, prassi, tradizione. Ciò quindi segna il
passaggio dalla logica “artigianale” a quella “industriale”. La nuova filosofia di
Taylor è si basa sulla teoria del missionario che si faceva carico di un messaggio
da condividere per il progresso dell’umanità.
I concetti su cui si basa la teoria taylorista erano:
- cessare di occuparsi della divisione del surplus (del valore aggiunto della
produzione industriale), occuparsene voleva dire perpetuare la difesa dei
padroni perla quota del loro profitto e le istanze dei lavoratori per avere più soldi
per la propria attività (= evitare la lotta di classe). Voleva costruire un sistema
organizzativo che distribuisse soldi a tutti e fosse vantaggioso anche per gli
operai.
- sostituire i tempi e i metodi di lavoro fino a quel momento utilizzati con
tecniche nuove e mutuate dallo studio scientifico del lavoro.
Da questi due concetti si sviluppano poi i principi fondamentali:
- studio scientifico del lavoro (= applicare al lavoro una modalità ottimale
attraverso delle modalità scientifiche: campionare un numero adeguato di
modalità empiriche, scomporre il lavoro in operazioni semplici ed elementari,
rilevare il tempo richiesto per fare queste operazioni cercando di diminuirlo il più
possibile, scegliere il procedimento più rapido, effettuare lo stesso studio per le
attrezzature)
- selezione e addestramento scientifico della manodopera
- collaborazione tra direzione e lavoratori (= direzione e lavoratori mantenendo
salde le loro diverse competenze e autorità, doveva cercare di cooperare e
lavorare assieme)
- ristrutturazione delle responsabilità tra direzione e lavoratori (= la direzione
deve programmare mentre i lavoratori eseguire, non ci può essere commistione
tra i due livelli. TU NON SEI QUI PER PENSARE MA PER FARE CIÒ CHE STA
SCRITTO NELLE REGOLE CHE CI SIAMO DATI).
Taylor dava molta importanza a tempi e metodi, in quanto era convinto che fosse
utile abbreviarli entrambi. Secondo lui bisognava:
- fare un campionamento delle attività
- scomporre il lavoro nelle sue componenti principali e misurazione dei tempi
- scelta delle modalità e degli strumenti più adatti per eseguirlo in modo
efficiente
I principi di Taylor nascono dal pensiero positivista che aveva una serie di principi
base:
- determinismo (= coinvolgimento che ogni fenomeno della realtà è una funzione
esprimibile in termini matematici)
- scomponibilità (= dividere ogni problema in parti fondamentali per arrivare ad un
processo che mi porta di volta in volta attraverso piccoli passa alla conclusione)
- sperimentazione = basata sul metodo empirico (=osservare e capire quali sono le
modalità più efficienti per svolgere un lavoro)
Oltre ad avere molti seguaci l’OSL ebbe anche diverse critiche tra cui:
- formula contingente = la teoria prese corpo in un contesto in cui si poneva il
problema di inserire velocemente nella fabbrica
manodopera immigrata dalle campagne.
- utopia tecnocratica = far sì che le persone interagiscano in modo ottimale con le
macchine.
- strumento di sfruttamento (critica marxista) = il lavoro concepito secondo
questi principi comporta alienazione.
- Direzione Amministrativa (Fayol) = è complementare al taylorismo, in quanto si occupa
di organizzare il lavoro direttivo e non operaio.
La funzione manageriale consiste nel:
- prevedere
- organizzare
- comandare
- coordinare
- controllare
I principi di direzione sono:
- divisione del lavoro = basata sulla specializzazione
- unità di comando = ogni persona deve uno e un
solo capo e deve esserci una determinata gerarchia.
- span of control = quanti dipendenti deve avere un
capo, ovvero la forma ottimale.
Enfasi sul metodo scientifico e sulla funzione del reparto manageriale.
- Burocrazia (Weber) = siamo abituati a dare un significato negativo a questa parola
perché noi è un luogo statale. È la modalità più efficiente per
organizzarsi in una società moderna sia in contesti economici sia
in contesti di pubblica utilità, basata su:
- regole e procedure standard (mansioni routinarie)
- compiti specializzati e ben definiti
- gerarchia dell’autorità (con poteri di supervisione e controllo)
- competenza tecnica (come criterio di assunzioni invece di
favoritismi)
- separazione tra posizione di lavoro e persona
- archivi per custodire la memoria
Applicare questi principi significa creare una azienda precisa,
rapida che costruisce cose standard, coesa con una autorità
precisa e una riduzione di contrasti ma soprattutto un potere dato
dalle regole e non dai soggetti.
Ci sono alcune ambiguità, in quanto c’è il rischio di un acquisto di
potere eccessivo spesso porta alla sottrazione dal controllo,
oppure è un sistema considerato disumano perché esclude i
sentimenti, perché le persone sono esecutori di un mansionario.
SISTEMA ORGANICO:
Le due teorie prendono in considerazione l’uomo, considerato un fattore di produzione,
una rotella di un ingranaggio. Teorizzano il primato degli aspetti informali su quelli formali.
Si devono creare organizzazioni più umani e dove si crea un ambiente di lavoro più
vivibile.
Ci sono due tesi:
- le human relations non sono altro che il superamento dell’organizzazione scientifica del
lavoro che non considerava nel modo giusto gli uomini.
- lubrificante dell’OSL, la considerazione degli uomini diventa importante quando la
tecnologa diventa molto rigida. Quando gli uomini ricschiano di sopportare con fatica la
durezza della fatica dei ritmi imposti e quindi il compito dell’organizzazione è dare ascolto
agli uomini, che se ascoltati agiscono in modo più produttivo (esperimento di Hawthorne).
- Neo Human Relations = possiamo distinguere due filoni all’interno di questa teoria:
- motivazionalisti = bisogna tener conto dei bisogni dell’uomo
che possono essere ordinati secondo una scala gerarchica
(piramide di Maslow). Secondo Herzberg invece esistono due
tipi di bisogni: di igiene (che se soddisfatti non danno origine a
una soddisfazione ma tolgono insoddisfazione) motivanti (che
se soddisfatti danno anche soddisfazione).
- sviluppo individuale e organizzativo = si occupa dei capi,
dell’autorità. Likert afferma che per cambiare l’organizzazione
bisogna cambiare i capi e ne fa una classifica: autoritari
sfruttatori, autoritari benevoli, consultivi e partecipativi, ed è
compito dell’organizzazione trasformare i primi negli ultimi.
Bisogna insegnare ai capi autoritari ad utilizzare la
partecipatività e il coinvolgimento. Per McGregor si parte da
due teorie: Teoria X (la maggior parte degli individui non ama il
lavoro, preferisce essere diretto, non vuole avere
responsabilità e di esercitare discrezionalità) e Y (individui
sanno assumersi le responsabilità, sono capaci di
autocontrollo del proprio operato se valorizzati e disponibilità
motivarsi e organizzarsi rispetto al lavoro o all’organizzazione
di pertinenza. McGregor individua azione e operazioni per
avere nell’organizzazione teorie Y.
Queste teorie però dicono nulla sulla tecnologia, operano come se non esistesse e come
se le persone non fossero condizionate da essere e soprattutto si concentrano sui ruoli
manageriale e non i semplici lavoratori.

Le teorie classiche seppur formulate circa cent’anni fa, si trovano ancora oggi nelle
aziende, nel modo di operare di molte organizzazioni. Le versioni ovviamente sono
aggiornate.
LEZIONE 3: TEORIE ORGANIZZATIVE CONTINGENCY
28 Settembre 2020

Sono teorie che riguardano il sistema aperto. Sono le teorie maggiormente utilizzate per
organizzare e analizzare molte organizzazioni. Le caratteristiche fondamentali si basano
su due presupposti:
- rottura con il presupposto delle teorie classiche per cui esiste un modo migliore per fare
organizzazione= l’organizzazione può efficace ed efficiente è quella che si integra meglio
con l’ambiente. La modalità classica con ci operare è l’adattamento.
- non esiste un modello universale di organizzazione
- l’organizzazione è un sistema aperto in continuo interscambio con l’ambiente esterno

Le ricerche del Tavistock Institute sulle condizioni di lavoro. Trist fa una ricerca su una
miniera di carbone e sulla nuova adozione di una tecnologia.
L’adozione di una nuova tecnologia in una miniera di carbone, che consentiva il taglio
meccanico su larghi fronti di gallerie sotterranee, aveva suggerito di passare da una
organizzazione basata su squadre autonome e professionalizzate ad una organizzazione
tayloristica. Con tale cambiamento ci si aspettava un forte aumento di produttività che però
non avvenne. Si verificarono forti tensioni, scioperi e un calo di produzione dovuti alla
perdita della professionalità degli operai. Questa nuova organizzazione prescindeva dalle
competenze tecniche acquisite fino a quel momento e quindi questi nuovi meccanismi
annullavano le competenze, tanto che i capi operai avevano le stesse competenze degli
operai semplici. I ricercatori quindi suggerirono di usare macchine più compatibili con e
professionalità possedute, una tecnologia che garantisse una pace sociale e riconoscesse
le aspettative e le esigenze dei lavoratori. Il risultato teorico ha dimostrato che esistono
due differenti ordini di variabili (tecniche -hard e sociali- soft) che concorrono in egual
misura a definire un sistema organizzativo. Tali variabili vanno conciliate tra loro (joint
optimization). Il sistema è aperto verso l’ambiente circostante e la leadership
dell’organizzazione funge da interfaccia con l’ambiente esterno. Non è vero che la
tecnologia impone un solo modello organizzativo.
L’organizzazione che disegnano non c’era più il modo migliore di operare ma il modello di
organizzazione che tende più degli altri all’equilibrio dell’ambiente interno e la coerenza
dell’ambiente esterno. No modello ottimale ma possibile e coerente.
Gli approcci sono diversi:
- rapporti tra organizzazione e tecnologia = sulla base di uno studio su 100 imprese nel
South Essex la Woodward desume che ci sono forme di organizzazione
più “adatte” in rapporto a:
- tecnologie di piccola serie (strumenti musicali, abbigliamento di lusso,
cantieri navali ecc.)
- tecnologie di grande serie (automobili, elettrodomestici ecc.)
- tecnologie di processo/produzione continua (
Guardare al tipo di tecnologia utilizzata, che può dar luogo ad
organizzazioni più o meno efficaci ed efficienti.
- rapporti tra organizzazione e dimensioni = Il modello di organizzazione è collegato alle
dimensioni di un’impresa. Quanto più grande è un’impresa, tanto
maggiori sono:
- la specializzazione dei compiti
- la standardizzazione delle procedure
- la formalizzazione delle comunicazioni interne
Le organizzazioni più grandi tendono ad essere più tayloriste e
quindi organiche rispetto a quelle più piccole.
- rapporti tra ambiente e struttura = l’efficacia dell’impresa è funzione delle combinazioni
fra configurazione dell’ambiente e configurazione
dell’organizzazione. Diverse parti dell’organizzazione
possono avere ambienti di riferimento (task-
environment) differenti. Esiste una correlazione diretta
fra grado di incertezza dell’ambiente e grado di
flessibilità delle strutture organizzative. Al crescere
dell’incertezza ambientale aumenta il bisogno di
differenziazione e l’integrazione (o coordinamento).
Studiano tre tipi di situazioni organizzative ovvero:
ricerca e sviluppo, commerciale e produzione (le loro
caratteristiche e l’ambiente che sta attorno).
- rapporti tra sistemi e ambiente = Burns e Stalker parlano di sistemi meccanici
(suddivisone rigida dei compiti, alta definizione dei
compiti, rigida gerarchia, molte regole, controllo da
parte del vertice, comunicazione verticale) e sistemi
organici (compiti adattati tramite il lavoro di gruppo,
scarsa definizione dei compiti, poca gerarchia, poche
regole, controllo diffuso “tra pari”, comunicazione
orizzontale – a due vie. Esiste però una relazione
diretta tra sistemi meccanici e ambiente rigido e sistemi
organici e ambiente flessibile.
- rapporti tra organizzazione e strategia = studia il processo di adeguamento organizzativo
collegato a strategie di crescita dell’impresa.
- strategie di espansione = corrispondo a
strutture funzionali centrate sull’efficienza
- strategie di differenziazione = corrispondono a
strutture divisionali centrate sull’efficacia
Le teorie contingency sono state molto criticate in quanto l’adattamento
dell’organizzazione all’ambiente non è rappresentata da una legge di corrispondenza
biunivoca tra tipo di ambiente e tipo di struttura. L’impresa può cambiare ambiente o
modificarlo (non solamente “subirlo”). Viene sottostimato il peso dei fattori culturali e
politici interni nel determinare la configurazione dell’organizzazione.

LEZIONE 4: ANALISI CASO MC DONALD’S

1.Quali sono gli elementi costitutivi del successo di McDonald? Modello organizzativo e
strategia di business.
Business idea (dipendenti, fornitori e franchising) scelta dei franchising e nell’investimento
sui dipendenti e sulla sua formazione. Il rapporto tra business idea e sistema
organizzativo = coerenza. Fattori caratterizzanti della business idea? Qualità del prodotto
(= controlli sulla materia prima e con i fornitori migliori), rapidità del servizio (= garantito il
servizio h24 e in un determinato tempo avrai il pasto. Anche perché inizialmente era
destinato alle persone che avevano poco tempo e vogliono mangiare velocemente),
rapporto qualità-prezzo, luogo pulito. C’è un’idea standardizzata del cliente, che diventa
una garanzia. È un ambiente competitivo, ma è leader stabile, in quanto all’inizio
mancavano i competitor. Una macchina organizzativa in grado di mantenere quella
business idea.

2.Perché la definiamo una organizzazione tayloristica? Quali fattori la caratterizzano come


tale? E quali no?
Sono stati utilizzate delle linee guida per garantire la minor attesa possibile. Hanno
utilizzato il modello tempo-metodo. I tempi standard, attraverso metodi scientifici, hanno
reso omologata la lavorazione dei diversi prodotti. Si fa un media, in modo che si crei un
tempo che possa avere anche un margine per poter lavorare meglio. La selezione del
metodo scientifico della mano d’opera, perché si guarda a chi ha le caratteristiche che mi
servono per fare bene quella mansione. Formazione scientifica. Collaborazione in modo
che se tutto funziona in modo armonico è più semplice seguire il metodo scientifico. Cosa
distingue il management dagli esecutivi. Scomposizione del lavoro in compiti minori, in
modo che se tutti fanno il proprio, si ha un’efficienza maggiore (curve di apprendimento= a
mano a mano che si impara a fare una cosa ci servono sempre meno energie nel
realizzarla e quindi si diventa più veloci ed efficienti).
Il vero elemento che rende McDonald una azienda non del tutto taylorismo è il fatto che ha
una frontline che interagisce con il pubblico e quindi contribuisce a realizzare l’esperienza
del cliente.

3.Qual’e il rapporto tra organizzazione e lavoratori (contratto psicologico)? Qual è il


dipendente ideale? Quali gli antidoti alla monotonia di un’organizzazione taylorista?

LEZIONE 5: IL SISTEMA ORGANIZZATIVO


6 Ottobre 2020

Il sistema organizzativo è un concetto importantissimo nelle teorie contingency.


Non esiste un modo migliore per gare organizzazione, l’organizzazione più efficace ed
efficiente è quella che meglio di adatta e risponde alle richieste dell’ambiente esterno
(=mercato, variabili sociali, politiche, economiche) ed interno (= tecnologie, meccanismi
operativi persone). L’organizzazione è concepita come un sistema aperto, soggetto a
incertezze di scelte e comportamento e allo stesso tempo a criteri di razionalità, come
campo dinamico ma allo stesso tempo unico. Ogni sistema organizzativo è un unicum,
perche ogni organizzazione ha un suo ambiente specifico e particolare.
Sistema= un raggruppamento, ordinato di componenti interdipendenti, socio-tecnico
costituito allo scopo di raggiungere qualche obiettivo prefissato.

Attorno di questo sistema organizzativo troviamo l’ambiente generale, e fra un circolo e


l’altro abbiamo l’ambiente rilevante o di riferimento. Che differenza c’è tra i due ambienti
per il sistema organizzativo? L’ambiente generale è tutto ciò che sta attorno alla nostra
organizzazione, mentre l’ambiente rilevante, rispetto a quello che sta attorno, è quello che
ha rilevo per il raggiungimento degli obiettivi.
Non devo sapere tutto sull’ambiente generale, ma il più possibile sul mio ambiente
rilevante, perché è esso che ha effetti sull’organizzazione e provoca cambiamenti.
L’organizzazione è separata dall’ambiente generale da due cerchi, c’è un cerchio che la
separa dall’esterno e due cerchi che distinguono l’ambiente rilevanti in due parti. Ci sono
delle barrette, che definiscono come l’organizzazione sia aperta all’ambiente e viceversa,
prevedono quindi un’interconnessione.
La variabile obiettivi strategici è collegata all’ambiente rilevante da una freccia che entra
ed esce, ovvero l’ambiente rilevante è determinato dagli obiettivi strategici
dell’organizzazione. Se si cambiano obiettivi strategici, cambia anche l’ambiente rilevante.
La parte blu fa riferimento ad alcune variabili hard, la parte rossa invece fa riferimento ad
alcune variabili soft. Il nostro prisma che disegna le relazioni tra ognuna di queste variabili
può diventare sempre più grande, e il nostro sistema sempre più pieno di variabili hard e
soft.
Le variabili hard: - strutture = la parte quasi stabile dei ruoli che stanno dentro
all’organizzazione, in pratica se dovessimo usare l’analogia
del corpo umano, le strutture rappresentano lo scheletro, è
ciò che fa stare in piedi, in questo caso, l’organizzazione, ed
è ciò che se si rompe deve essere aggiustato con grande
attenzione.
- tecnologie e meccanismi operativi = tutto ciò che per certi aspetti è utile
per trasformare gli input in output, può essere un computer o
una mano, anzi la mano è la tecnologia per elezione in
un’organizzazione artigianale classica. I meccanismi
operativi invece sono i sistemi, che dicono come si deve
funzionare (= sistema venoso e arterioso).
Quando cambia una variabile cambiano un po’ tutte.
Le variabili soft: - persone = che all’interno dell’organizzazione funzionano sia come singoli
che come gruppi di persone che hanno relazioni con le altre,
le persone raggruppate in gruppo danno più della somma dei
singoli contributi, la relazione insomma aggiunge valore a ciò
che le persone fanno (= oltre alle competenze, passioni,
conflitti, ansie ecc). È quindi una delle variabili meno
dominabili.
- potere = è la capacità che ha una persona di far fare le cose agli altri, il
potere può essere autoritario, quando questa capacità è data
da una autorità che è attribuita dall’organizzazione, o dalla
capacità influenza, dal fato che questa persona riesce a
comunicare e a farsi seguire ed ascoltare (=leadership), che è
un aspetto soft del potere, che a volte ha una caratteristica più
hard.
- cultura = anche questa è una variabile ambigua, in quanto è insieme di
norme e valori che tengono assieme l’organizzazione. È la
colla che tiene assieme un po’ il tutto. È rilevante perché è
qualcosa di impalpabile, perché nessuno te le dirà
nell’organizzazione ma le dovrai imparare e comprendere da
solo (fare e non fare, dire e non dire).
Così facendo abbiamo descritto l’organizzazione in modo statico, ma abbiamo visto che in
realtà l’organizzazione è in continuo cambiamento. Perché dall’ambiente rilevante entrano
degli spifferi che buttano per aria la costruzione e ci costringono a riadattare il sistema,
perché l’organizzazione tende all’equilibrio e della coerenza a fronte di tutti i cambiamenti.
Ipotizziamo cambino le tecnologie, per esempio da analogiche a quelle digitali, i
concorrenti più svegli hanno capito per primi questo cambiamento oppure noi, questo
cambiamento ci costringe a riguardare all’interno il nostro sistema. La prima idea che
viene è di cambiare solo la tecnologia e di lasciare il resto invariato in modo da avere un
guadagno secco, ma non è detto che comprando la macchina e mettendola al posto della
vecchia questo avvenga, a volte rischieremo di perderci perché ci si è dimenticati di
cambiare le strutture, in quanto la nuova macchina impone un capo diverso o dei ruoli
diversi o una diversa specializzazione, e quindi se utilizziamo la nuova macchina senza
cambiare la struttura rischieremo di avere nessun beneficio. Allo stesso modo dobbiamo
cambiare i sistemi operativi, ovvero tutto ciò che collega la nostra macchina al resto della
produzione. perché ci si limita a are più pezzi senza che le vendite o il magazzino siano
disponibili a prendere questi pezzi e buttarli sul mercato senza cambiare i meccanismi
operativi, non faremo altro che accumulare sempre più pezzi. Per quanto riguarda le
variabili soft, anche qui ci sono dei cambiamenti, perché all’interno delle persone che
erano attorno alla vecchia macchina cambiano delle cose, chi era considerato bravo prima
magari non lo è più perché qualcuno è stato più bravo di lui ad imparare ad utilizzare la
nuova macchina. Chi esercitava influenza prima, non esercita più nessuna influenza e
quindi si creano malcontenti, crisi e a volte scioperi sindacali. Anche il potere da questo
punto di vista cambia, chi ha più informazioni sulla nuova macchina ha più potere e
capacità di influenzare tutti gli altri.
Cambiando qualsiasi di queste variabili devo immaginare gli adattamenti di tutto il sistema,
perché è efficace ed efficiente quando ha ritrovato il suo equilibrio. Questa ormai è una
prassi continua, e poche sono le aziende che possono immaginarsi come un sistema
chiuso, solo quelle che operano in condizione di monopolio.
Le implicazioni della prospettiva sistematica sono:
- l’organizzazione è il risultato dell’interazione di variabili tra loro interdipendenti.
- queste variabili sono funzionali rispetto a obiettivi e strategie dell’organizzazione.
- il sistema è aperto e in continua evoluzione.
- gli obiettivi e le strategie regolano gli scambi con l’ambiente.
- i processi di cambiamento implicano il riadattamento di tute le variabili.
- il sistema tende all’equilibrio e alla coerenza.

LEZIONE 6: ANALISI CASO ALOISI


9 Ottobre 2020
1. AMBIENTE = ambiente che continua a offrire una domanda stabile nel tempo.
STRATEGIA = Bernardi, assume giovani periti e li addestrava nell’analisi dei tempi e dei
metodi. Sistemi operativi moderni e efficienti, furono delineate le
mansioni e definite le interazioni organizzative, fissati gli standard e
stabiliti programmi sistematici per valutarli e migliorare. Rava, ha
cercato di dare una struttura alle vendite, in quanto creò una forza
vendita per la Linea industriale su base geografiche, un direttore del
servizio clienti e un venditore per la Linea Corrispondenza. Nel 62
stipula un contratto con una azienda di Francoforte con cui stipula
contratti annuali, che determinano una stabilità della domanda e nel 72
con le pubbliche amministrazioni. La strategia era quella di avere una
gamma ridotta di prodotti ma di massima qualità. Ricerca e sviluppo se
ne occupava Aloisi e si concentra molto sull’efficienza. Percorso di
crescita legato alla propria funzione, si premiano le capacità tecnico-
professionali.
ORGANIZZAZIONE = è strutturata in modo strutturale, in base a competenze
specialistiche, con ruolo definiti e formalizzati. Tutto avviene
attraverso una programmazione, perché il mercato stabile lo
permette.
CULTURA e POTERE = viene premiata la cultura dell’efficienza e della qualità, le
decisioni sono accentrate basate su una leadership
conservatrice

2. AMBIENTE = nel ‘78Aloisi vende le azioni a un gruppo di capitalisti lombardi, e Rava


viene eletto direttore generale. L’azienda è in crescita, ma ci sono alcuni
tasselli che iniziano a scricchiolare, ci sono pochi clienti grande, e solo
tre linee di produzione. Le relazioni con l’azienda tedesca cambiano,
perché richiedono una flessibilità della produzione che l’azienda non è in
grado di fronteggiare, si richiedono prodotti nuovi. L’ambiente inizia a
chiedere cose diverse e più complesse. Il marketing cerca di rispondere
a queste richieste ma la produzione non è d’accordo. Nascono dei
conflitti, soprattutto quando si valutava l’opzione di creare una linea da
bagno completa. Diventa quindi instabile e dinamico.
STRATEGIA = dopo il ’78 la strategia rimane invariata, ciò quindi non permette di
rispondere alle esigenze del cliente. È molto conservativa come
strategie e le priorità sono diversa e non si riesce a sceglierne una.
ORGANIZZAZIONE = non ci sono variazioni significative, non ci sono nuove linee
produttive (ultima del ’61).
CULTURA e POTERE = le persone rimangono vincolate ai valori tradizionali
dell’azienda, Rava non riesce a far emergere direzioni di
marcia nuove, perche il problema principale è che non si
affacciano al mondo e alle richieste dei consumatori.

3. garantire un’altra qualità dei prodotti nonostante le nuove richieste degli acquirenti
tedeschi, mancanza di coordinazione tra i diversi settori.

4.
5.

LEZIONE 7: TEORIA DELL’ATTORE E DELL’AZIONE


13 Ottobre 2020

Prendono come principale punto di riferimento le persone che vivono nell’organizzazione.


Secondo queste teorie, sono le persone che danno senso alle organizzazioni con le loro
azioni.

ATTORE COME PORTATORE DI INTERESSI (M. CROZIER)


La persona non è soltanto un braccio, come diceva Taylor, né un cuore: è una mente, una
libertà. È una affermazione importante che nasce da molte ricerche che il sociologo fa in
diverse imprese di burocrazia francesi. Non guarda ad aziende che guardano al profitto
ma il monopolio dei tabacchi (tipicamente weberiana). Un’azienda taylorista, dove da anni
si fanno semplicemente gli stessi prodotti senza chiedere ai consumatori se piacciono o
no. Un’azienda rigida con un ambiente stabile, con persone che sottostanno al potere forte
dell’autorità. Cosa ha però scoperto Crozier? Scopre che non è così come la si è
inizialmente descritta. È un’azienda dove le persone hanno ampi margini di libertà, dove
attivano comportamenti difformi diversi da quelli prescritti dalle regole, dove le persone
cercano di giocare in termini di libertà i propri comportamenti.
Un elemento tipico è il fatto che i manutentori hanno distrutto tutti i manuali di
manutenzione per crearsi una rendita di posizione, per crearsi un potere sugli altri, perché
quando qualcosa non funziona loro possono intervenire tramandandosi le regole evitando
che altri possano entrare nel loro regno. Qual è quindi la variabile utile per capire il
comportamento delle persone nelle organizzazioni? Il potere, perché in esso individua la
capacità di difendere i propri margini di libertà e di sottrarsi al controllo altri, in altre parole
all’interno delle organizzazioni non si gioca per fare il profitto ma per avere margini di
libertà tali da poter controllare gli altri e sottrarsi dal potere di altri. All’interno di queste
organizzazioni nasce un gioco, che è quello dell’arena politica, dove gli individui attuano
strategie volte a perseguire i propri interessi personali o di coalizione a scapito
dell’organizzazione. L’acquisizione di interessi vince sugli interessi dell’organizzazione,
che valgono solo quando le persone riescono a portare avanti i propri interessi personali
che sono di acquisire potere, o di coalizione, perché molte volte non si ha il potere
sufficiente per attivare le strategie e unendosi ad altri si creano cordate per fare massa
critica, dove tutti assieme possono influenzare il comportamento di un’organizzazione.
Quindi per capire un’organizzazione bisogna studiare le strategie che gli attori, individuali
e collettivi, adottano nei quotidiani rapporti reciproci dentro il quadro delle regole formali
dell’organizzazione.

ATTORE COME PORTATORE DI VALORI (E. SCHEIN)


Fondamentalmente afferma che le organizzazioni non sono macchine non organismi, ma
culture ovvero posti dove sono fondamentali valori, linguaggi, i miti, i rituali, ecc.
La cultura è l’espressione dei valori che caratterizzano un certo gruppo sociale e lo fanno
agire creando coesione attorno a questa entità economica.
Schein propone un’analisi dell’organizzazione che consiste però nello studiare la sua
cultura, e lo si può fare attraverso i metodi dell’etnografia, dell’antropologia culturale.
Studiare la cultura significa fare un’analisi a due livelli diversi:
- campo simbolico = si può capire un’organizzazione da come è fatta, da come sono gli
uffici, come sono disposte le scrivanie (open space ordinato di IBM,
open space disordinato di Mondadori, dove ognuno si isola dagli altri)
- assunti profondi
La cultura incide su dimensioni organizzative cruciali: motivazione, appartenenza,
coesione ecc..
Cultura organizzativa = insieme coerente di principi di fondo che un gruppo sociale ha
scoperto, inventano, sviluppato imparando ad affrontare i problemi di integrazione interna
e di adattamento esterno.

ATTORE COME PRODUTTORE DI SENSO (C. WEICK)


L’organizzazione è un cervello, inteso come insieme di mappe cognitive individuali o
collettive con cui le persone acquisiscono, selezionano, organizzano e recuperano
informazioni e conoscenze dando un senso alla realtà con cui fanno esperienza. Il focus
viene posto sui processi cognitivi attraverso cui i soggetti danno senso ai flussi di
esperienza (soggettivismo). Questo perché il mondo esterno non possiede un senso
intrinseco: ha sempre e soltanto il senso che noi gli attribuiamo con le nostre mappe
causali (sense-making). Per Weick quindi creare senso e organizzare è la stessa cosa.
Il processo con cui siamo senso alle organizzazioni consiste in 3 frasi:
- attivazione di un ambiente = guardare cosa ci sta attorno e quali sono le strutture e le
connessioni che danno importanza al fenomeno studiato
- selezionare le cose più importante
- dare valore a queste cose
Si passa quindi da organization a organizing, si crea quindi una realtà dando significato
alle cose.

LE FUNZIONI DEL DIRIGENTE (C.BERNARD)


L’organizzazione, sui cui si basa la sua teoria, è un insieme di elementi volti alla
cooperazione. Presuppone quindi 3 elementi fondamentali:
- fine comune
- volontà di cooperare
- comunicazione, a cui da una grande importanza.
Per spiegare come nasce l’organizzazione usa la “parabola del masso”, ci sono 3 individui
su un’automobile che devono raggiungere una meta ma sulla strada trovano un masso
che gli impedisce di proseguire. Il guidatore allora esce dalla macchina e cerca di spostare
il masso, ma è troppo grande, e non ce la fa e chiede aiuto agli altri passeggeri. Essendo
anche gli altri passeggeri interessati a raggiungere la meta cercano di dargli una mano ma
non ce la fanno. Allora vanno a cercare qualcuno che li possa aiutare, le persone stanno
facendo altre cose e vogliono qualche ricompensa per andare ad aiutarli e quindi essi
promettono delle ricompense monetarie e tutti assieme riescono a spostare il masso.
Secondo Bernard quindi le organizzazioni nascono quando una persona si rende conto
che per limiti fisici, biologici, conoscitivi, sociali non riesce da solo a raggiungere un certo
fine. Un altro aspetto importante è una convergenza tra fini dell’organizzazione e motivi
individuali, e devo convergere per raggiungere i fini. C’è però una distinzione da fare, in
quanto Bernard chiama l’efficacia, come la capacità di un’organizzazione di raggiungere i
propri obiettivi, mentre l’efficienza, la chiama non come i mezzi per raggiungere tali
obiettivi, ma la misura in cui i moventi individuali sono indirizzati verso i fini organizzativi. Il
compito di avvicinare fini individuali a quelli organizzativi è un compito del management,
che on deve occuparsi di aspetti formali ma informali, deve occuparsi degli incentivi che
devono essere soprattutto non materiali. Un terzo aspetto importante è la ridefinizione
delle funzioni del dirigente che devono essere essenzialmente 3:
- assicurare un efficiente sistema di comunicazione, non comandare o cercare di
influenzare il comportamento dei collaboratori.
- garantire la acquisizione regolare e costante delle risorse necessarie al funzionamento
dell’organizzazione. Se si ha bisogno di incentivi non si può costruire l’organizzazione
con amici, ma di persone da incentivare, ci si deve procurare le risorse per poter
spostare il masso e raggiungerei fini dell’organizzazione.
- determinare con chiarezza i fini dell’organizzazione, no basta scrivere su una carta il fine
di un’organizzazione, ma i fini reali non sono solo e soprattutto quelli dichiarati.

LA RAZIONALITÀ LIMITATA (H. SIMON)


Segna il passaggio dal funzionalismo (focus su fini e funzioni dell’organizzazione) al
comportamentismo (focus sui comportamenti concreti agiti), togliendo tutto l’hard tipico del
taylorismo. L’organizzazione si tratta soprattutto di un luogo dove si studiano le decisioni e
come si decide in un’organizzazione. È convinto che l’uomo non è un soggetto
perfettamente razionale che massimizza (=Taylor), ma un uomo è dotato di razionalità
limitata, perché non possiede tutte le informazioni utili per farlo decidere razionalmente.
Alla fin fine molte poche sono le decisioni che vengono prese dall’organizzazione
attraverso la razionalità olimpica di Taylor, i manager di solito devono decidere con una
razionalità limitata, ovvero non devono cercare l’ago più aguzzo, ma quello che gli
permetta meglio di cucire. Bisogna studiare soprattutto le premesse alle decisioni, che
possono essere distinte in premesse di fatto (sulla base di fatti concreti, incontrovertibili) e
di valore (sulla base di preferenze personali). L’azione organizzativa deve rispondere al
principio della decisione soddisfacente e non di quella ottimale.

LA PROTEZIONE DEL NUCLEO TECNICO (J. THOMPSON)


Più direttamente parla di processi e afferma che l’azione organizzativa mira alla protezione
del suo nucleo tecnico, ovvero della sua tecnologia chiave, di quello che sa fare bene e
cerca di proteggerlo dalle incursioni. La sua idea di organizzazione può essere paragonata
a una mela che distinguiamo in 3 parti:
- torsolo = la parte più dura che rappresenta il nucleo tecnico, che mira a fornire
prestazione regolari e ragiona secondo criteri di efficienza in quanto essendo u
sistema chiuso senza turbolenza lavora a pieno regime.
- buccia = preserva il frutto dall’ambiente, che assorbe le turbolenze che arrivano
dall’ambiente o le lascia passare.
- polpa = è il management, che ha l’obiettivo di saldare parte tecnica a buccia, ovvero di
attutire le influenze esterne e preservare il nucleo tecnico il più possibile
facendogli realizzare efficienza. Ha una funzione di compensazione e di adattarsi
alle sfide dell’ambiente.
Alla razionalità tecnica (perfetto rapporto di causa effetto tra input e o0utput) tipica dei
sistemi chiusi, si aggiunge quella organizzativa, basata su 4 logiche:
- buffer = assorbire fluttuazioni esterne (stock)
- smooth = riduzione variazioni esterne (promozioni)
- anticipate and adapt = prevedere le fluttuazioni (assunzioni stagionali)
- rationing = razionamento risorse (clienti VIP)
Usa due variabili:
- preferenze sugli obiettivi = possono essere chiari oppure più ambigui
- conoscenza dei mezzi = possono essere conosciuti in modo completo o incompleto

LEZIONE 8: ANALISI CASO APPLE


16 Ottobre 2020

Il punto di partenza è l’individuo che diventa più importante del sistema. Non è più un
individuo addomesticato che si adatta ma porta delle caratteristiche (driver) che vanno a
influenzare i risultati.

1. Analizzate la storia di Apple evidenziando i principali passaggi dal punto di vista


strategico e organizzativo? Che significato rivestono?
1976 = business plan che aveva come obiettivo di vendita di 500 milioni dollari in 10
anni ma l’hanno raggiunto in 5 anni, quindi nonostante la gestione non ottimale.
1981 = Loan to Own entrare nell’ottica dell’utilizzo del prodotto e dopo che i dipendenti
si fossero appassionati avrebbero poi saputo venderlo meglio. Ottimo sia dal
punto di vista della ricerca e sviluppo, ma anche in ambito commerciale perché
nell’assistenza alla vendita si può essere più puntuali se si hanno informazioni. L
personale diventa quindi brand ambassador. Nel mercato entra IBM come
competitor, stanno costruendo una realtà co9mpetitiva diverso attraverso delle
comunicazioni inclusive ma soprattutto un environment competitivo diverso ma
ci si stimola a migliorare e dove tutto sommato se si producono oggetti utili
porterà benefici a tutti (coopetion)
1984 = presentato il progetto Macintosh, l’obiettivo strategico, pur essendo ambizioso,
riesce a raggiungere il suo obiettivo.
1985 = ci sono molte rimanenze in magazzino, prima perdita di trimestre Apple, a cui
segue poi un cambiamento veloce ed efficace. Il modo tradizionale è
ristrutturare, taglio dei dipendenti. Ma si passa da una strutta da business a unit
a struttura funzionale, diventano più efficienti e riducendo le spese. Il
ragionamento fatto è stato di controtendenza (Etiopia, placement center, borse
di studio), guardando alla reputation dell’azienda, nonostante la perdita di
fatturato, ha saputo trattare bene le persone che lavorano e hanno lavorato per
lei. Ha portato avanti anche la logica di CSR che in quel momento non era
ancora ben definita. Steve Jobs se ne va e porta con sé 5 dipendenti, non
voleva quindi depauperare l’azienda, e entra in Pixar, che scalza Walt Disney e
lo scalzerà a tal punto che dopo un po’ di anni Disney la comprerà.
1986= profitti record, il numero di dipendenti torna come prima e il rapporto
fatturato/dipendenti è tre volte superiore quello del settore. L’operazione del libro
So Far, attore come portatore di valore, perché ciò che p l’azienda viene
esposta sia ai dipendenti che poi a tutti gli appassionati.

2. Quali sono i fattori critici di successo del progetto MAC?


Estrema semplicità d’uso
Passione e motivazione da parte del team creativo e di sviluppo
Ambiente di lavoro capace di creare sinergia = il business plan del lancio del Mac, non
esiste, e ciò avrebbe fatto rabbrividire, perché le strategie vanno studiate e pianificate. È
un’organizzazione talmente libera che è possibile che qualcuno pensi a qualcosa fuori dai
piani. Se Apple avesse seguito i canoni classici non avrebbe creato il Mac. Si inizia a
parlare del Mac attorno a una macchinetta del caffè. Il punto di partenza dell’idea era
quello di creare qualcosa partendo da “come sarebbe bello se”, iniziano quindi ad
immaginare il prodotto che non esiste, il prodotto per certi versi perfetto. Pensare a
qualcosa che possa essere in qualche modo inizialmente fuori dalla realtà e dal punto di
vista organizzativo, c’è un team separato da quello di Apple in sé, privo di leggi rigide, ciò
è stato un vantaggio perché successivamente allineandosi alla sede principale ha portato
ad una maggiore rigidità, ma solo dopo che l’idea si è strutturata. Avere delle fasi inziali
molto libere è utile all’inizio, perché all’inizio la routine scaccia l’innovazione.
Il parametro di progettazione è creare qualcosa che vorrebbero per sé, ciò che
consentirebbe di fare le cose con la massima facilità. Idea e creatività costanti, perché se
si è creativi va bene.

3. Quali sono i punti di forza e di debolezza nel modello organizzativo di Apple?


È un modello che è in grado di accendere la passione, un modello che favorisce la
passione, l’impegno e il commitment.
Valorizzare il talento perché si riconoscono le persone rendendole motivate ma che usa al
meglio le proprie risorse (flusso bottom-up di idee).
La figura di Steve Jobs è utile ma anche un forte vincolo, perché quando va in Pixar, Apple
subisce perdite, perché c’era troppa dipendenza dalla figura carismatica, e torna ad
andare bene quando viene richiamato, pochi mesi dopo uscirà l’iPod, che sono stati
prodotti di un certo successo. La presentazione del nuovo prodotto aveva un valore
simbolico e religioso che aveva dell’incredibile.
Finché l’organizzazione è piccola non è un problema, mantenere lo stesso spirito di libertà
diventa difficile se aumenta e ciò crea una possibile situazione di caos.

LEZIONE 9: POST CONTIGENCY


20 Ottobre 2020

Teorie che si pongo in termini critici rispetto alle teorie contingency, che si pongo avanti e
criticano una serie di aspetti che secondo loro non sono validi. Uno degli attacchi principali
è posta alla definizione di ambiente e l’idea che le organizzazioni si devono adattare
all’ambiente che è la manovra fondamentale per costruire le organizzazioni.
Questi aspetti sono l’affermazione che l’adattamento dell’organizzazione all’ambiente non
è rappresentato da una legge di corrispondenza biunivoca, cioè secondo certi ambienti è
possibile un solo tipo di organizzazione, ma secondo loro in situazioni di permissività
ambientale forme organizzative più efficienti possono convivere con forme organizzative
meno efficienti.
Un'altra critica fatta alle teorie contingency fa riferimento al fatto che non esiste una sola
manovra, che è quella di adattarsi all’ambiente, ma esistono diverse altre possibilità, tra
cui la possibilità di cambiare o di modificare l’ambiente da questo punto di vista.
Un'altra teoria afferma che le organizzazioni seguono nella loro costruzione, nella loro vita
un percorso di selezione naturale, per cui tendono a adattarsi alle organizzazioni he più
vivono e hanno successo piuttosto che analizzare il proprio ambiente.
Un ulteriore teoria critica l’idea di Weick, ovvero l’ambiente non esiste, è qualcosa che
ognuno vede, è soggettivo. E quindi l’ambiente aziendale è quello visto attraverso le lenti
delle persone che osservano l’organizzazione.

PROSPETTIVA TEORICA DELLA DIPENDENZA DA RISORSE (PFEFFER E SALANCIK)


Non c’è una sola possibilità di rapporto tra organizzazione e tipo di ambiente ma esiste
una varietà di possibili strategie e assetti organizzativi in grado di rispondere a diversi tipi
di ambiente. In particolare, ci sono strategie e possibilità, accanto a strategie e possibilità
di adattamento all’ambiente, di modifica dell’ambiente e di elusione dell’ambiente.
Strategie di modificazione dell’ambiente, ovvero quando non si riesce a vivere in un
ambiente perché è molto competitivo, si cerca di adattarsi, di cambiare e di fare
qualcos’altro, o di elusione, quando si può far finta che l’ambiente non sia cambiato (molte
banche). Le organizzazioni decidono di cambiare guardando a fattore ovvero chi detiene
risorse critiche per il loro operare, chi può con le risorse che devono comprare mirare la
loro sopravvivenza. Le aziende cambiano organizzazione sulla base della necessità di
controllare le loro risorse critiche da cui dipende la loro sopravvivenza. La dipendenza
cresce se le risorse sono scarse. Se un’azienda per produrre i suoi prodotti ha bisogno di
rame e lo compra da un’azienda che decide di alzare di molte il prezzo del rame, l’azienda
o accetta questa condizione e aumenta i prezzi dei prodotti o esce dal mercato. La forma
dell’organizzazione non dipende dall’ambiente ma da questa lotta alla sopravvivenza e
quindi da questi fattori più che da quelli economici. In altre parole, l’adattamento non è la
regola ma è piuttosto l’eccezione, perché potendolo fare le organizzazioni decidono di
modificare l’ambiente a loro favore controllando le risorse critiche. Ma come lo fanno?
Attraverso manovre di due tipi: manovre che provocano la modifica dei confini
organizzativi (fusioni o acquisizioni, l’azienda citata prima per esempio potendolo fare
compra l’azienda che produce rame piuttosto che sottostare al suo ricatto) o attraverso
manovre che non cambiano i confini organizzativi (la lobby oppure quando si costruisce un
cartello con altre aziende, per far si che i prezzi non vadano al di sotto di un certo limite,
per porre delle condizioni a tutti i clienti). La leva fondamentale per la propria azione è il
potere, acquisire un potere tale da poter controllare l’ambiente. L’azione politica (volta a
garantire le risorse indispensabili) conta di più di quella economica.

PROSPETTIVA TEORICA DELL’ADATTAMENTO E SELEZIONE NATURALE (HANNAN


E FREEMAN)
L’assetto organizzativo è il prodotto di un processo di selezione naturale dipendente sia
dalle condizioni di competitività sia dai comportamenti collettivi dei soggetti. Quindi
l’assetto organizzativo è il prodotto di un processo di adattamento all’ambiente, di cercare
di apprendere le abilità chiave per poter sopravvivere. Questa teoria è mutata dal
darwinismo, dalle teorie di Darwin, che applica questo concetto di apprendimento e di
adattamento continuo all’ambiente fisico e naturale e l’uomo stesso. Secondo questo
processo questo apprendimento all’ambiente per sopravvivere, che anche in questo caso
diventa l’obiettivo principale dell’organizzazione e attraverso questo processo
sopravvivono solo le forme organizzative non “best fit” più competitive ma le “better fitting”,
ovvero apprendere prima e meglio dall’ambiente e soddisfare le richieste dell’ambiente.
Noi uomini siamo un esempio di un organismo better fit, perché siamo quelli che più si
sono adattati all’ambiente. Gli studiosi affermano che esistono diversi tipi di
organizzazioni:
- generaliste = capaci di sopravvivere in ambienti variabili e
- specialiste = adatte ad ambienti stabili, esse possono federarsi per aumentare la
flessibilità
- polimorfiche = capacità di unire le prime e le seconde, e di saper quindi sopravvivere in
ambienti particolarmente complicati che hanno delle nicchie specialistiche
e generalistiche.

PROSPETTIVA TEORICA DEI COSTI DI TRANSIZIONE (WILLIAMSON)


Williamson era un economista, è questa una dottrina economica. Egli non parla di azienda
in termini diretti ma è convinto che qualsiasi problema può essere affronto direttamente o
indirettamente come un problema contrattuale e analizzato in termini di costi di
transazione, ovvero valorizzazione degli scambi atomistici regolati da criteri dell’efficienza.
I manager, all’interno delle organizzazioni, hanno dei problemi, e come risolvono questi
problemi? Si pongono in una possibilità di fare delle scelte alternative, poste su una scala:
- mercato = non si ha una cosa, serve, e la si compra (BUY)
- organizzazione interna = si decide di produrre questo elemento in casa (MAKE)
Ogni organizzazione quindi per sopravvivere deve fare continuamente delle scelte di make
o buy o delle scelte IBRIDE, che si situano tra queste due possibilità. Scegliendo qual è la
più efficiente. Si tratta di valutare queste due alternative e di porci tra queste due
alternative o mixarle avendo sempre ben chiaro ed essendo certi dei limiti.
- organizzazione interna (transazione basata sulla gerarchia): limita l’opportunismo e
favorisce il controllo
- mercato (transazione basata sul prezzo): determina minori costi e maggiore flessibilità.
Si tratta di giocare sempre in termini di make or buy. Quali sono le variabili che fanno
decidere in un senso o nell’altro sono 3:
- specificità = più la cosa che devo fare o comprare è specifica e costituisce un aspetto
importante del mio business più mi conviene tenerla dentro e quindi
ragionare in una logica di make; più è qualcosa di non specifico e generico
più può prevalere il buy.
- incertezza = quando si deve fare una determinata cosa e si ha bisogno di prodotti e
persone, ma non si sa la durata, bisogna ragionare in una logica di buy, se
invece sarà qualcosa di stabile sarà importante il make.
- frequenza delle transazioni = quante più volte si dovrà fare quella operazione, quanto più
si sceglierà il make, quanto più è una scelta da fare una
tantum si ricorrerà al buy.
Al cresce della specificità, incertezza e frequenza, l’organizzazione interna è più efficiente
di quella esterna. Perché è diventata importante quando sono saltati i confini organizzativi,
perché i manager non avevano confini certi e bisognava fare delle considerazioni sul fatto
di mantenere determinate persone stabilmente e solo nei momenti di necessità.
PROSPETTIVA TEORICA DEL NEO ISTITUZIONALISMO (MEYER E ROWAN, DI
MAGGIO E POWELL)
Le organizzazioni devono seguire concezioni di appropriatezza socialmente definire al fine
di mantenere la propria legittimità. Quindi non è importane l’utile, ma l’importante è
legittimarsi nell’ambiente istituzionale, presso i sindacati, lo stato, l’unione europea, perché
sono loro poi che condizionano l’attività e quindi condizionano la forma organizzativa
aziendale. La forma organizzativa rappresenta quindi una risposta cerimoniale a tali
pressioni istituzionali, per esempio le aziende si sono poste l’obiettivo di creare un bilancio
sociale, perché c’era una pressione dell’ambiente a fare un abbinamento bilancio sociale-
serietà. Quindi se un’azienda non faceva il bilancio sociale, l’ambiente guarda a questa
azienda in un certo modo, oppure se non lo si fa in un certo modo, non si può accadere a
certi fondi da cui magari può dipendere la propria sopravvivenza. Queste prescrizioni
normative impongono soluzioni organizzative che non hanno nulla a che fare con
considerazioni razionali o di efficienza. Le aziende modificano le loro strutture anche come
risosta a certe necessità istituzionali, così facendo tendono a ad assomigliarsi sempre più
in virtù di processi di isomorfismo istituzionale. Isomorfismo istituzionale che può essere:
- coercitivo = quando è affrontato da una legge.
- mimetico = in situazioni di incertezza le aziende sono portate a fare azioni di
benchmarketing per vedere cosa fanno gli altri, cercando di omologarsi.
- normativo = entro i soggetti che promuovono la professionalizzazione, come per esempio
università e ordini professionali portano ad una omogeneizzazione degli
standard operativi delle diverse professioni.

PROSPETTIVA TEORICA DEL CESTINO DEI RIFIUTI/GARBAGE CAN MODEL


(COHEN, MARCH, OLSEN)
Questa teoria ha un approccio radicale rispetto alle teorie tratte fino a questo momento,
non considera l’organizzazione come qualcosa di preciso e definito, ma come un posto in
cui le persone buttano una serie di cose e da cui traggono poi le cose nel momento in cui
decidono di riutilizzarlo. L’organizzazione è quindi un cestino di rifiuti, è una congerie di
cose, soluzioni, idee che le persone di volta in volta, vivendo nelle organizzazioni, hanno
fatto. Gli autori affermano che anche se spesso le organizzazioni possono essere
considerate per comodità come macchine per risolvere problemi ben definiti o strutture al
cui interno il conflitto si risolve ricorrendo ad accordi, le organizzazioni forniscono anche
un insieme di procedure che permettono ai partecipanti di interpretare la loro attività
passata, presente e futura. Da questo punto di vista, l’organizzazione è un insieme di
scelte che attendono problemi, di questioni e sentimenti che cercano soluzioni decisionali
per esplicitarsi, di soluzioni alla ricerca di problemi a cui dare risposta. Le decisioni di
scelta possono facilmente diventare dei complessi cestini di rifiuti in cui viene gettata una
sorprendente varietà di problemi, soluzioni e partecipanti. Dietro questa definizione però
c’è un aspetto importante che caratterizza e distingue questa teoria. Questa teoria afferma
che l’ambiente non è oggettivo, non è una variabile indipendente, quindi è sbagliato
considerare non solo l’organizzazione che deve adattarsi all’ambiente, ma anche
un’organizzazione che può modificare l’ambiente, perché l’ambiente per gli studiosi è ciò
che è nella testa di una persona, è qualcosa quindi si soggettivo. L’ambiente è concepito
come una serie di informazioni ridondanti che l’impresa deve selezionare sulla base della
mediazione della percezione e delle allocazioni dell’attenzione. Le informazioni devono
essere selezionate dall’impresa sulla base della percezione dei valori, delle idee e
dell’allocazione dell’attenzione verso certi fenomeni. L’ambiente di un’organizzazione è
tutt’altro che reale è cangiante, mutevole, è costruito, perché selettivamente percepito
sulla base di modelli, teorie di riferimento. Steve Jobs, per esempio, con Apple ha cercato
di costruire un’ambiente sulla base della sua idea. Questo è un perfetto esempio di
ambiente costruito. Se si guarda ad altre aziende che hanno avuto successo dopo il 2000,
in molti casi dietro c’è un’idea dello stesso tipo, ovvero c’è stata o c’è una persona che ha
nella testa un tipo di ambiente, e sulla base di prove, errori, soluzioni già scartate in
precedenza della ricombinazione creativa di cose che erano considerate ormai rifiuti,
riesce a costruire un’impresa innovativa. Se l’ambiente è questo che cos’è
l’organizzazione? È un qualcosa che non può procedere che per tentativi ed errori,
provando e valutando a posteriori le cose. L’organizzazione è “una collezione di scelte che
cercano problemi, di questione e sensazioni che cercano situazioni di decisione in cui
possono essere rese note, di soluzione che cercano domande alle quali possono essere
date risposte e di decisioni in cerca di lavoro”. È per alcuni studiosi un’anarchia
organizzata, che sono due parole che difficilmente possono stare insieme, l’anarchia fa
riferimento a qualcosa privo di norme, il mondo dell’organizzazione invece da idea ad un
mondo soggetto a norme, regole, a un’autorità. La loro proposta è di mettere assieme le
due cose per dare origine ad anarchie organizzate. Alcuni non parlano di anarchia ma di
sistemi debolmente connessi, non rinunciando alla parola sistema, insieme di più parti tra
loro interagenti, a aggiunge il debolmente connessi, con cui intende forme organizzative in
cui tutti possono fare tutto e dove le connessioni fra le parti non devono sempre
determinare situazioni di interdipendenza, ma sono intercambiabili e superabili. Spesso,
secondo loro, si sbaglia nel considerare e nel ragionare sull’organizzazione in termini di
fenomeni di causa ed effetto, perché bisogna imparare a ragionare in modo circolare e
non lineare.
"Gran parte dei dirigenti si trova nei guai perche' dimentica di pensare in circolo. Intendo
questo letteralmente. Molti problemi manageriali persistono perche' i managers continuano
a credere che vi siano cose come la causazione unilaterale, le variabili dipendenti e
indipendenti, i punti di inizio e di fine. Vi sono esempi ovunque: lo stile di direzione
influenza la produttività, i genitori socializzano i bambini, gli stimoli influenzano le risposte,
i fini condizionano i mezzi, i desideri determinano le azioni. Queste affermazioni sono
sbagliate perche' è dimostrabile che ognuna opera anche nella direzione opposta: la
produttività influenza lo stile di direzione (Lowin e Craig, 1968), i bambini socializzano i
genitori (osofsky, 1971), le risposte influenzano gli stimoli (Gombrich, 1960), i mezzi
condizionano i fini (Hirschman e Lindblom, 1962), le azioni determinano i desideri (Bem,
1967). In ognuno di questi esempi la causazione è circolare, non lineari, e questo è vero
per la maggior parte dei processi organizzativi".
È un pensare per certi punti di vista anche alla rovescia.
Weick scrive: “Immaginate di essere arbitro, allenatore, giocatore o spettatore di una
singolare partita di calcio: il campo è a forma circolare, le porte sono più di due e sono
sparse disordinatamente ai bordi del campo; i partecipanti possono entrare e uscire dal
campo a piacere, possono dire «ho fatto goal!» quando vogliono; tutta la partita si svolge
su un terreno inclinato e viene giocata come se avesse senso...
…ora sostituiamo l’arbitro con il preside, gli allenatori con gli insegnanti, i giocatori con gli
studenti, gli spettatori con i genitori e il calcio con l’attività scolastica: si ottiene una
descrizione altrettanto singolare delle organizzazioni scolastiche.
Il fascino di questa descrizione sta nel fatto che essa coglie un nucleo di realtà diverse da
quelle che possono essere evidenziate nelle stesse organizzazioni dalle prospettive
teoriche classiche.”
Questi studiosi parlano in modo un po’ rovesciato, in termini di organizzazione.
LEZIONE 10: STRUTTURE ORGANIZZATIVE E PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA 
23 Ottobre 2020

Dobbiamo prendere come sistema di riferimento il modello organizzativo, un modello visto


nelle teorie contingency. All’interno di quel modello si dice che l’organizzazione che vive
all’interno di un ambiente di riferimento è composta al suo interno da 2 ordini di variabili:
- Le variabili hard = strutture maccanismi operativi e tecnologie
- Le variabili soft = persone, relazioni, cultura e potere

STRUTTURE
Organigramma = è la rappresentazione grafica della struttura e ha finalità di
formalizzazione (chi fa che cosa) e comunicazione delle responsabilità.
Avere un unico punto dove tutti sanno co e è formalmente strutturata
l’azienda. Sono fatti da caselle collegati in linee orizzontali e verticali,
ogni casella è chiamata Posizione: è la singola “casella”
dell’organigramma e individua una responsabilità organizzativa formale
Il contenuto specifico di cosa fa una determinata posizione organizzativa
è dato dalle Mansioni: insieme di compiti/attività affidate a una
posizione organizzativa. È una sorta di elenco, il documento che
contiene le mansioni si chiama “job descrition” ed è un documento
importante.
All’interno di un organigramma abbiamo due diversi generi di caselle/posizioni:
- Le posizioni di Staff: unità organizzative investite di una responsabilità consultiva, di
servizio rispetto alla linea (“supportano lo sviluppo del business”),
ad esempio, legale, comunicazione, ecc. [COLLEGAMENTO
ORIZZONTALE IN ORGANIGRAMMA] sono degli esperti,
specializzati in specifiche aree, aree che di per se non fanno
business ma aiutano le posizioni di linea a fare business.  
- Le posizioni di Linea: unità organizzative investite della responsabilità diretta di fare il
business, presidiando le “attività primarie”, ad esempio,
produzione, vendite, ecc. [COLLEGAMENTO VERTICALE IN
ORGANIGRAMMA], attività primarie che caratterizzano la
realizzazione concreta del business.
Sempre negli organigrammi noteremo che alcune volte troveremo delle linee continue e
altre volte delle linee tratteggiate. Quando siamo di fronte a una linea continua significa
che siano di fronte a un:
- Rapporto gerarchico: indica la dipendenza da una posizione gerarchica sovraordinata
(con facoltà formale di “premiare/punire”), rappresentata
graficamente da una linea continua. Indica il mio capo gerarchico
ovvero che ha una prerogativa formale di potermi premiare e
punire, mi può dire cosa fare
Altre volte invece la casella si trova collegata ad altre caselle dell’organigramma con una
linea tratteggiata e quindi parliamo di un:
- Rapporto funzionale: indica la dipendenza da una posizione di indirizzo metodologico
(con facoltà formale di “suggerire il modus operandi”),
rappresentata graficamente da una linea tratteggiata. Si tratta di
una relazione me no forte in cui la casella superiore ha una
responsabilità di indirizzo metodologico, il come fare le cose. 
Una casella può avere nello stesso momento sia un capo gerarchico sia un capo
funzionale. Ad esempio, essere un servizio di risorse umane che opera all’interno di un
business unità attiva in Italia queste risorse umane avranno un capo gerarchico (capo
dell’area Italia che dirà cosa fare) quado questa casellina dovrà fare questo dovrà tenere
conto cha ha anche un collegamento funzionale tratteggiato con una funziona a livello
corporate che opera in tutto il mondo e questa funzione risorse umane centrale con la
quale vi è un collegamento funzionale indicherà come farlo.
Span of control: numero di posizioni dipendenti da una posizione gerarchicamente
superiore. Quando lo span of control è ridotto l’organizzazione tende a
verticalizzarsi perché ogni capo ha sotto poche persone quindi si
sviluppa un’organizzazione molto verticalizzata, dove è molto gerarchica
e il potere è tutto in alto e in basso si esegue quello che è richiesto,
quando invece lo span of contro è ampio e ogni capo ha tante posizioni
sotto di se l’organizzazione tende ad essere “flat”/piatta quindi una
piramide larga, con pochi livelli e schiacciata, l’organizzazione tenderà a
decentrare il potere decisionale, l’autonomia di agire verso il basso. 
Differenza tra due organi che a volte vengono confusi: 
Consiglio di Amministrazione: esprime la composizione proprietaria e affida la gestione
a un Amministratore Delegato (AD/CEO). Si siedono
coloro che detengono le quote di proprietà, definisce i
macro-indirizzi, e poi affidano a un amministratore
delegato la gestione dell’azienda. Un CEO siede in
consiglio di amministrazione e poi gestisce l’azienda
Comitato di Direzione: organo di gestione dell’organizzazione, composto dall’AD e dai
Direttori delle principali unità (funzioni/divisioni). È un organo
diverso, che si colloca dentro il nostro organigramma tipicamente
composto dal vertice organizzativo che è il CEO più i direttori
delle più importanti funzioni (il direttore della produzione, il
direttore della finanza, il direttore commerciale) queste figure
creano un comitato che si riunisce periodicamente per allineare la
gestione delle diverse parti dell’azienda tra di loro
La struttura organizzativa la possiamo definire come un processo di divisone e
ricomposizione orizzontale e verticale del lavoro. L’organizzazione quando nasce quando
il compito è troppo difficile per il singolo, c’è un momento in cui però anche il più
straordinario degli imprenditori si rende conto che la sua start up non può più gestirla da
solo e deve iniziare a dividere il lavoro, quindi affidare dei pezzi di responsabilità a qualcun
altro ed è in questo moment che nasce la struttura organizzativa il cui compito troppo
complesso per il singolo viene articolato in sotto compito che vengono affidati a nuove
posizioni che nascono nella struttura e ognuna gestisce un pezzo di questo compito
complesso. Quale è la migliore struttura organizzativa? Dipende, nel senso che noi
abbiamo varie strutture possibili, nessuna di queste è perfetta, ogni struttura ha dei punti di
forza e dei punti di debolezza. Quale è allora il compito di un progettista organizzativo?
Capire nella specifica situazione ambientale, di mercato, di business, tecnologica quel
delle opzioni strutturali è più adatta, ovvero quale struttura riesce nello specifico contesto a
esprimere più i suoi punto di forza e soffrire meno dei suoi punti di debolezza. Ci sono vari
tipi di strutture organizzative. Partiremo dai due modelli fondamentali che sono la struttura
funzionale e la struttura divisionale (o anche chiamata struttura per business unit). Sono
una il contrario dell’altra. Poi ci concentreremo sulla struttura matrice (incrocio delle due
sopra). Poi ci saranno le strutture per progetti che hanno una caratteristica peculiare
ovvero sono strutture temporanee ovvero strutture che nascono per rispondere a un
problema specifico (es il lancio di un prodotto) quando il risultato è raggiunto la struttura
scompare. Poi vedremo i modelli più nuovi come le strutture di tipo ibrido, di tipo
orizzontale e di tipo modulare.
STRUTTURA FUNZIONALE 
È il modo più semplice di dividere il lavoro. Prevede una divisione del lavoro sulla base
delle specializzazioni funzionali (produzione commerciale, amministrazione, personale,
acquisti, ricerca e sviluppo). Per riconoscere che struttura è dobbiamo partire dalla
direzione generale e vedere cosa c’è subito sotto, in questo caso abbiamo delle funzioni
quindi la risposta è facile ovvero stiamo parlando di una struttura funzionale. Se avessi
invece delle divisioni avrei una divisionale, se le avessi entrambe avrei una struttura a
matrice. 
Vantaggi/punti di forza: 
- FAVORISCE IL RAGGIUNGIMENTO DI OBIETTIVI DI EFFICIENZA
- FAVORISCE LO SVILUPPO DELLA FORMAZIONE SPECIALISTICA = perché le
persone lavorando, facendo tutti sempre lo stesso mestiere si
specializzano e la specializzazione produce efficienza. Curva di
apprendimento ovvero continuando a ripetere un’attività diventiamo
sempre più bravi ed efficienti nel portarla a termine
- PERMETTE DI SFRUTTARE LE ECONOMIE DI SCALA
- FAVORISCE IL CONTROLLO CENTRALIZZATO
- ACCENTRA LE RESPONSABILITA’ DI PROFITTO = rapidità di decisone tutte
concentrate nella direzione generale perché se ci pensiamo
questo è l’unico luogo dove si ha una visione a 360° del business.
Quando le persone non sanno bene cosa fare rimandano il
problema ai livelli sopra di loro fino a che il problema arriva alla
direzione generale che accentrando il potere decisionale decide e
da ordini punitale a ciascuno rispetto al da farsi 
- CONSENTE UNA GESTIONE RAPIDA DELLE ECCEZIONI OPERATIVE
Svantaggi/limiti:
- PROBLEMI DI COORDINAMENTO (conflittualità tra funzioni) = ci saranno problemi di
frammentazione, ogni funzione si concentra solo su suoi obiettivi,
vede il business solo nella sua prospettiva e fatica ad avere una
visione complessiva e quindi si genera frammentazione e difficoltà
di comunicazione e coordinamento trasversale tra le funzioni. 
- RIGIDITÀ E LENTEZZA DI RISPOSTA AI CAMBIAMENTI ESTERNIà
- NON SI SVILUPPANO COMPETENZE MANAGERIALI
- RESISTENZA ALLA DIVERSIFICAZIONE PRODOTTI/MERCATI
- NON SI FAVORISCE L’INNOVAZIONE
- BUROCRATIZZAZIONE = nessuno non si assuma mai la responsabilità complessiva
che
è ciò che interessa ai clienti 
In quali contesti questa struttura è adatta? 
- RIDOTTA VARIETA’ DI PRODOTTI
- CICLO DI VITA DEL PRODOTTO LUNGO
- ELEVATA STABILITA’ AMBIENTALE = perché essendo una struttura che fa fatica ad
adattarsi ai cambiamenti provenienti dall’esterno sta bene in
contesto stabili e quindi non in mercati competitivi.
Quali possono essere alcune caratteristiche che danno stabilità al contesto? Quando
abbiamo una gamma di prodotti limitata, prodotti dal ciclo di vita lungo così io li definisco,
continuo a operare sempre sulle stesse routine s non sono costretto a cambiare:
- TASSO DI INNOVAZIONE BASSO
- ORIENTAMENTO ALL’EFFICIENZA = far gestire l’azienda in modo efficiente 
- MERCATO MATURO = perché in un mercato maturo è chiaro che i margini di guadagno
sui nostri prodotti si abbassano, se i margini sono bassi mi serve
una struttura efficiente, senza sprechi, senza ridondanze 

STRUTTURA DIVISIONALE 
Divide il lavoro non sulla base delle funzioni ma sulla base di altri criteri così detti di output
cioè guarda fuori al mercato che possono essere le linee di prodotto, mercati serviti o le
aree geografiche, questi sono 3 modi diversi di strutturare le divisioni. Quindi posso avere
delle divisioni che posso chiamare anche business unit di prodotto, di mercato e di aree
geografiche. 
Struttura divisionale per linea di prodotto: In questo caso siamo in una produzione
tessile, in cui una divisione si occupa di abbigliamento (vestiti finiti), un’altra divisione si
occupa dei tessuti, e un’altra divisione fa tessuti per il mondo dell’arredamento. Abbiamo
uno staff di finanza, di pianificazione e controllo, servizio legale, relazioni sindacali che
sono al servizio dell’organo superiore in questo caso della direzione generale. Il business
lo fanno la direzione generale e le tre divisioni. Quei 4 staff invece sono al servizio della
direzione generale come consulenti interni, aiutano a fare il business. 
La struttura divisionale al suo interno poi è di fatto una classica piramide funzionale,
dobbiamo immaginare che per ciascuna divisione ha al suo interno tutte le funzioni
necessarie per operare in quel suo spicchio di mercato. Di fatto è una grande azienda fatta
di altre aziende più piccole. È come se avessimo una grande azienda ma al suo interno ha
altre 3 aziende (una che si occupa di abbigliamento, una che si occupa di tessuti, e una
che si occupa di arredamento) dove ogni divisione avendo al suo interno tutte le leve
funzionale che servono per competere è caratterizzata da forte autonomia e indipendenza,
le divisioni lavorano ciascuna per conto proprio, non hanno necessità di gestire particolari
interdipendenze. Questo ha anche un riscontro di tipi formale in quanto i direttori di
divisione di fatto sono dei piccoli general manager che firmano un conto economico e
rispondono dei risultati di business complessivi, cosa che i nostri direttori di funzioni di
funzioni non sono responsabili di business. Fare la professione di top manager in una
struttura divisionale è diverso che farla in una funzionale, in una divisionale infatti il ruolo
non è tanto di gestire operativamente il business ma di fare più un lavoro di visone futura.
Dall’altra parte il direttore generale di una struttura divisionale è un grande allenatore di
persone perché deve ogni giorno gestire questi cavalli di razza che corrono per portare a
casa i risultati e a volte si fanno anche le scarpe l’uno con l’altro, deve essere un bravo
coordinatore in modo che questi 3 che hanno di fatto delle loro aziende autonome alla fine
però remino tutti nella direzione complessiva della quale il direttore generale è
responsabile. 
Struttura divisionale per area geografica: In questo caso abbiamo diviso per nord
America, Europa e Asia. 
Struttura divisionale per i mercati: In questo caso ho 3 mercati diversi: o fornisco
determinati materiali a dei grossisti che poi li rivendono a dei dettaglianti o fornisco
direttamente a dei dettaglianti o posso avere ei trasformatori che prendono i materiali e ne
fano qualcosa d’altro. In base a cosa io decido di fare una struttura per prodotto, per
mercati o per area geografica? Devo capire quale di queste tre variabili è quella che mi
crea maggiore differenziazione, cioè io ho una diversità che è soprattutto nei prodotti, nelle
aree geografiche o nei mercati? E questo dipende dal business. Per fiat è ovvio che faccio
delle divisioni per prodotto. altre aziende hanno un prodotto omogeneo come Italcementi
di Bergamo e qui la divisione è nel territorio, perché non può sostenere i costi di produrre il
cemento a Bergamo e portarlo in Kazakistan, in Egitto è troppo costoso, deve radicarsi nei
territori con degli stabilimento che forniscono delle dite edili del posto, quindi ci sarà la
divisione per aree geografiche e Italcementi avrà la sua divisione in Egitto, in Kazakistan e
in Vietnam perché è il luogo l’elemento più differenziante invece il prodotto è lo stesso.
Invece per esempio il mercato della telefonia mobile, uno degli elementi con cui oggi
segmentano il mercato è in base al profilo del cliente (clienti consumer, business, giovani).
Vantaggi/punti di forza:
- EFFICACE COORDINAMENTO INTERFUNZIONALE
- FAVORISCE LA CRESCITA TRAMITE LA DIVERSIFICAZIONE
- LA RESPONSABILITA’ DI PROFITTO È DISTRIBUITA 
- FAVORISCE LA FORMAZIONE DI QUADRI DIRETTIVI CON CAPACITÀ
MANAGERIALI
- CONSENTE ELASTICITA’ OPERATIVA E TEMPESTIVITA’ DI RISPOSTA AGLI
STIMOLI AMBIENTALI (efficacia)
Svantaggi/limiti:
- CON LO SVILUPPO DIMENSIONALE OGNI DIVISIONE TENDE A PRESENTARE I
PROBLEMI TIPICI DELLA STRUTTURA FUNZIONALE
- ELEVATO COSTO A CAUSA DI DUPLICAZIONI FUNZIONALI
- AUMENTANO I PROBLEMI DI COORDINAMENTO (tra divisioni)
- POSSIBILE INSORGENZA DI CONFLITTI TRA DIVISIONI (allocazione delle risorse,
utilizzo staff centrali)
- E’ NECESSARIO COORDINARE GLI OBIETTIVI DIVISIONALI CON QUELLI GLOBALI
In quali contesto questa struttura è adatta?
 - ALTA ETEROGENEITA’ (prodotti, mercati, geografie, ecc.)
- CICLO DI VITA DEL PRODOTTO BREVE
- ELEVATA INSTABILITA’ AMBIENTALE (necessità di reattività e decentramento)
- ORIENTAMENTO ALL’EFFICACIA
- MERCATO IN SVILUPPO = perché ha troppi costi e non può andare bene in un mercato
maturo
STRUTTURA A MATRICE 
Combina due criteri, prende i due criteri base funzionale e divisionale e li mette insieme.
Perché? La General-Elettric grande impresa si chiese perché dovevano per forza
scegliere tra l’essere efficienti con una struttura funzionale o efficaci con una struttura
divisionale. Se mettono insieme e i due criteri potrebbero essere al contempo efficaci ed
efficienti. Sulla carta è una cosa bellissima. Al vertice c’è sempre la direzione generale, ma
sotto alla direzione generale in verticale trovo subito le funzioni (amministrazione,
produzione e vendite), ma se seguo questa linea trovo anche delle divisioni di prodotto.
sotto al vertice ho entrambe le logiche. Se questa struttura funziona ho i vantaggi di
entrambe, ma il problema è che far funzionare questa struttura è estremamente
complicato. Se prendiamo una persona che si occupa di vendite per la linea di prodotto A
quello che subito c mostra una differenza rispetto alle due strutture viste prima è che
questa persona ha due linee di riporto vuol dire che questa persona ha 2 capi e questo è
una rivoluzione. È una rivoluzione perché si ha sempre avuto un solo capo perché se non
si sa cosa fare si chiede al capo che darà una risposta, la gerarchia univoca semplifica i
processi. Nella struttura a matrice il fatto di voler essere al contempo efficienti ed efficaci si
sacrifica questo principio, tutte queste persone hanno due capi (un capo funzionale e uno
di business). E quindi cosa accade? Accade che avendo 2 capi, questi 2 capi sono
orientati a criteri diversi e finiranno per darmi input contrastanti. 
Vantaggi/punti di forza:
- RIUNISCE GLI EFFETTI DEL MODELLO FUNZIONALE E DI QUELLO DIVISIONALE
- EFFICACE COORDINAMENTO INTERFUNZIONALE
- ELEVATA TEMPESTIVITA’ DI RISPOSTA AGLI STIMOLI AMBIENTALI
- SVILUPPO DI CAPACITA’ MANAGERIALI
Svantaggi/limiti:
- DUPLICITA’ DELL’AUTORITA’
- DIFFICOLTA’ A GESTIRE LE PRIORITA’
- DIFFICOLTA’ PSICOLOGICHE PER L’AMBIGUITA’ DELLA STRUTTURA
- COSTI DI ADATTAMENTO CULTURALE DELLE PERSONE
- ELEVATO LIVELLO DI CONFLITTUALITA’
- DIFFICOLTA’ A STABILIRE LE RESPONSABILITA’
- NECESSITA’ DI INVESTIMENTO IN ABILITA’ NEGOZIALI

In quale contesto questa struttura è adatta?


- ELEVATA INSTABILITA’ AMBIENTALE
- ALTA ETEROGENEITA’ INTERNA MA CON ELEVATA INTERDIPENDENZA
- COMBINAZIONE DEL BISOGNO DI REATTIVITA’ INTERNA E DEL BISOGNO DI
ASSICURARE PRESTAZIONI SPECIALISTICHE SOFISTICATE

LEZIONE 11: STRUTTURE ORGANIZZATIVE E PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA 


27 Ottobre 2020

Non esiste una struttura migliore dell’altra ma ognuna ha degli svantaggi e vantaggi, e
ogni struttura è adatta a un contesto piuttosto che ad un altro.
Nela struttura funzionale si potrebbe fare una riunione settimanale in cui riunisco tutti i capi
delle varie funzioni contrastando così la verticalizzazione che è tipica di questa struttura.
Nella struttura divisionale potrebbe accadere che le divisioni entrino in conflitto per
usufruite del servizio offerto dallo staff centrale. Quindi si potrebbe stabilire delle regole
precise, un programma formalizzato con cui si richiede un servizio per esempio legale o di
finanza e in che modo si definiscono le priorità di accesso. 
Se vado nella struttura a matrice so che uno dei più grandi problemi è che ciascuna delle
persone all’interno d questa struttura ha il problema della doppia autorità, del doppio capo,
quindi situazioni ambigue, non c’è chiarezza, si generano spesso conflitti e incertezze. Si
potrebbe contrastare questa ambiguità lavorando sui meccanismi di selezione e quindi
scegliendo delle persone per ricoprire queste posizioni che abbiamo certe caratteristiche
personali come capacità di sopportare situazioni incerte, oppure posso fare investimenti
importanti sulle abilità negoziali, sulla gestione di conflitti. 

STRUTTURA PER PROGETTI


Hanno una caratteristica fondamentale ovvero sono strutture temporanee. Si divide il
lavoro sulla base di progetti di attività aventi una durata limitata nel tempo. Questa
struttura dobbiamo immaginarla come qualcosa che temporaneamente si innesta su
n’altra struttura, ovvero di base ho una struttura funzionale/divisionale/a matrice poi al
sorgere di determinate necessità costruisco limitatamente nel tempo una struttura per
progetto, porto a casa il risultato che sto cercando e al termine del progetto questa
struttura si elimina. Quale è il senso? Il senso è quello di rispondere ad esigenze
temporanee. Es: la revisione di una politica interna, il lancio di un nuovo prodotto, la
gestione di un’emergenza. L’esplosione dell’emergenza sanitaria ha portato tutte le grandi
organizzazioni a costruite delle grandi unità di crisi che sono di fatto delle strutture di
progetto temporanee che hanno il compito specifico di gestire l’emergenza, quando
l’emergenza sarà superata queste strutture andranno a scomparire.
Esiste una distinzione ovvero distinzione tra struttura a progetto debole e la struttura per
progetto forte. Struttura per progetto “debole”: le risorse coinvolte nel progetto vengono
coinvolte part time (una settimana al mese, un giorno alla settimana, due ore al giorno)
cioè una quantità limitata di lavoro dedicata al progetto e il resto del tempo continuano a
fare il loro mestiere. Il progetto è multidisciplinare, ovvero prendo da ciascuna direzione
delle persone, perché per lanciare per esempio un nuovo prodotto devo progettarlo,
studiarlo, studiarne i costi, produrlo, venderlo, devo metterci delle risorse, devo
amministrarlo, quindi rendo alcune persone da ciascuno e le metto part time sul progetto,
in questo modo realizzo una più veloce integrazione trasversale anzi che andare su e giù
per la gerarchia ho un team d persone che lavora in maniera integrata verso la punta della
freccia, in fondo alla punta della freccia c’è il nostro cliente di mercato che si aspetta che in
tempi rapidi a un costo accessibile, e con un livello di qualità di un certo tipo arrivi il
prodotto/servizio nuovo. A capo di questo team c’è il progetto manager che è il
responsabile di coordinare trasversalmente tutte le funzioni per portare a casa il risultato. 
Il lavoro del project manager è davvero complesso perché di fatto deve coordinare tutte
quelle “X” sulla linea verde che sono le persone che gli vengono affidate, per raggiungere
uno scopo tipicamente importante, deve coordinarle senza avere però l’autorità formale
cioè senza essere il loro capo formale. Perché l’autorità formale, l’autorità gerarchica
continuano ad averla i direttori delle varie funzioni. Ma allora un project manager che non
ha autorità formale quali leve può usare per far si che le varie “X” lavorino per lui? 
Ci sono almeno 3 cose che dobbiamo tenere a mente: 
- Un project manager deve avere un’ottima leadership, le persone devono riconoscerlo
come una guida, devono avere voglia di lavorare con lui 
- Deve avere ottime competenze negoziali, perché ogni giorno dovrà andare a negoziare
con le direzioni quando ci son problemi con le risorse. Aver una buona capacità di
mediazione per non entrare in conflitto e cercare di portare a casa quello che serve 
- Avere capacità di sponsorship, lo sponsor che in questo caso è la direzione generare usa
la sua leva gerarchica per allineare i direttori che non stanno seguendo il project
manager. Nella struttura per progetto debole un po’ assomiglia alla struttura a matrice,
cioè che durante lo svolgimento dell’attività il grande problema è che le “X” hanno due
capi a cui fare riferimento. 
Nella struttura a progetto “forte”: le risorse sono tolte dalle loro funzioni, portate all’interno
del progetto forte (task force) e lavorano di fatto full time sul progetto, ovviamente per un
periodo limitato. La task force è un progetto più forte quindi è una soluzione che io attivo
nel momento in cui il progetto su cui lavoriamo particolarmente importante. Io faccio questi
progetti quando da questo dipende la sopravvivenza dell’azienda o il mantenimento del
suo vantaggio competitivo. Es: se Fiat non esce con la 500 elettrica entro il 2021 sul
mercato rimarrà fuori da questo mercato che nei prossimi anni sarà decisivo. In questo
caso io faccio una task force cioè imbottisco una struttura di progetto delle mie migliori
risorse per portare con certezza a casa il risultato nei tempi, con i costi e con il livello di
qualità desiderato. (il triangolo del progetto management è tempi, costi e qualità).
È più facile fare il project manager in una struttura di progetto debole o in una struttura id
progetto forte? È più facile nel progetto forte perché il project manager di un progetto forte
ha l’autorità formale, perché per quei 6 mesi le risorse rispondono solo a lui, non hanno
più nessun legame con le direzioni di origine, quindi mentre nel progetto debole tutto lo
svolgimento del progetto è complesso perché ha quella logica tipo matrice che rende
difficili le cose, qui è tutto più semplice ovvero le risorse rispondono solo al project
manager perché hanno in ballo un obiettivo finale talmente importante e delicato che non
possono permettersi di sbagliare. La task force è facile in termini di logica organizzativa da
gestire, è però molto più complessa perché c’è un progetto decisivo per l’azienda. Quando
si lavora in task force i problemi li ho non nel durante ma all’inizio e alla fine. All’inizio
perché ci sarà una durissima organizzazione tra il project manager e i direttori per
decidere quale risorsa va in task force. È ovvio che il project manager vorrà i più bravi mai
diretti non vorranno liberarsi delle proprie risorse migliori e quindi partirà un po’ un
“mercato”, c’è un processo negoziale molto complesso in cui ognuno gioca le sue carte e
dove ha un ruolo anche la direzione generale. Una volta che le persone sono state
allocate comincia qualche problema per le direzioni perché hanno perso delle risorse che
sono andate in task force, quindi tipicamente accade che i direttori chiamano le risorse
umane per cercare di sostituirle. L’altro problema grosso lo abbiamo alla fine, quando il
progetto finisce e immaginiamo che i progetto è andato bene, accade che bisogna
ricollocare le persone che hanno finito il progetto, le persone che erano in task force
hanno perso il contato con la routine quotidiana dell’organizzazione e quindi potrebbero
trovarsi spaesati, disallineati rispetto all’evoluzioni che sono intanto accadute ma ancor di
più se il progetto è stato di successo accetteranno ma queste persone d tornare a fare le
stesse cose di prima? Quindi sia i membri della task force e sia il proget manager avranno
delle legittime aspettative di fare un salto da un punto di vista della retribuzione, della
propria carriera, delle responsabilità e questo non è facile da gestire perché bisognerà
trovare gli spazi per dare soddisfazione a queste nuove aspettative. 
Vantaggi/punti di forza della struttura per progetti:
- CONSENTE UNA GESTIONE “AUTONOMA”
- EFFICACE COORDINAMENTO INTERFUNZIONALE
- FAVORISCE LA FORMAZIONE MANAGERIALE
Svantaggi/limiti:
- TURBATIVA ALL’ASSETTO GERARCHICO ORDINARIO
- PROBLEMI RELATIVI ALL’ESISTENZA DI LEADER “TEMPORANEI”
- CONFLITTI TRA ‘PROJECT MANAGER’ È RESPONSABILI DI FUNZIONE?
- DIFFICOLTA’ DI REINSERIMENTO DEGLI APPARTENENTI AL GRUPPO DI
PROGETTO NELLA STRUTTURA STABILE
In quale contesto questa struttura è adatta? Può essere applicata in organizzazioni che si
trovano a gestire iniziative:
- DEFINIBILI IN TERMINI DI UN OBIETTIVO SPECIFICO
- CON CARATTERE DI RARITA’ O UNICITA’
- CON CARATTERE DI TEMPORANEITA’
- COMPLESSE IN TERMINI DI INTERDISCIPLINARIETA’
- DI IMPORTANZA TALE PER L’ORGANIZZAZIONE DA GISTIFICARNE
L’INVESTIMENTO
Dopo aver visto le strutture tradizionali ci soffermiamo sulle strutture più moderne e
nuove. 

STRUTTURA ORIZZONTALE
L’idea della struttura orizzontale è quella di mettere al centro della propria logica il cliente,
potremmo dire che tutte le strutture viste finora ragionano sostanzialmente in chiave
verticale cioè pensano solo ad essere gerarchie verticali che in maniera ordinata svolgono
le loro attività. La struttura orizzontale cerca di rivoluzionare questo concetto e da dove
trae origine? Trae origine dall’azienda automobilista Toyota che si fonda su questa
struttura, e il punto di partenza quindi è il cliente, il sistema p un sistema così detto pull
(sistema che parte dal cliente, vede cosa vuole, vede quanta ne vuole e si organizza a
ritroso in modo da garantire il miglior flusso orizzontale possibile verso il cliente) e non
push (sistema che produce prodotti e li spinge con il marketing verso il mercato cercando
di convincere i clienti). Quindi l’idea di base delle strutture orizzontali è che mettono il
cliente al centro. Il cliente può essere un cliente esterno ma può essere anche un cliente
interno. Nella fotto sopra si vede il processo di sviluppo di nuovi prodotti e in questo caso il
cliente è il cliente è finale cioè noi abbiamo cercato di capire cosa vogliono i clienti e
abbiamo formato un processo dedicato (analisi di mercato, ricerca, pianificazione di
prodotto e testing) quindi questo è un cliente esterno. In altri casi però, come il secondo
processo di acquisto e logistici nella foto il cliente è interno ovvero il cliente può essere la
produzione (in questo caso quando dico analisi di mercato sto cercando di capire cosa
vuole il mio cliente interno, che cosa gli serve, quindi lo vado a comprare, organizzo il
flusso di materiali e poi lo distribuisco). Sotto la responsabilità del process owner (cioè il
titolare, il proprietario di un processo) finiscono attività che tipicamente sarebbero
distribuite suddivise tra varie funzioni aziendali invece in questo caso le integro sotto una
stessa responsabilità. Un altro aspetto è che spesso in queste strutture le responsabilità
sono affidate a dei team e non a dei singoli, in questo caso sia a livello di top
management, ma la logica di team la troviamo anche sulle singole fasi del processo (come
ad esempi il processo di testing è in mano ad un team). Quindi la struttura orizzontale
lavora con logiche d team, decentra molto verso il basso le responsabilità decisionali e ha
questa logica di integrazione orizzontale forte nelle mani del process owner.
Vantaggi/punti di forza:
- PROMUOVE LA FLESSIBILITA’ E LA VELOCITA’ DI REAZIONE AI CAMBIAMENTI NEI
BISOGNI DEI CLIENTI
- FOCALIZZA L’ATTENZIONE VERSO LA CREAZIONE DI VALORE PER IL CLIENTE
- OGNI DIPENDENTE HA UNA VISIONE PIU’ AMPIA DEGLI OBIETTIVI
ORGANIZZATIVI
- PROMUOVE IL LAVORO DI GRUPPO E LA COLLABORAZIONE
- MIGLIORA LA QUALITA’ DELLA VITA DEI DIPENDENTI OFFRENDO LORO
OPPORTUNITA’ PER UNA CONDIVISIONE   DELLE RESPONSABILITA’, LA PRESA DI
DECISIONI, E PER FARSI CARICO DEI RISULTATI
Svantaggi/limiti:
- LA DETERMINAZIONE DEI PROCESSI CHIAVE È DIFFICILE E LUNGA
- RICHIEDE CAMBIAMENTI NELLA CULTURA, NELLA PROGETTAZIONE DELLE
MANSIONI, NELLA FILOSOFIA DI MANAGEMENT E NEI SISTEMI INFORMATIVI E DI
RICOMPENSA
- I MANAGER TRADIZIONALI POSSONO ESSERE RESTII AD ABBANDONARE
POTERE E AUTORITA’
- RICHIEDE UNA FORMAZIONE SIGNIFICATIVA DEI DIPENDENTI PER PERMETTERE
LORO DI LAVORARE IN MANIEREA EFFICACE IN AMBIENTI DI GRUPPO
ORIZZONTALI
- PUO’ LIMITARE LO SVILUPPO DI COMPETENZE APPROFONDITE
STRUTTURA A RETE (O MODULARE)

È una struttura molto diffusa nel nostro paese perché è tipica delle piccole imprese. Le
piccole imprese fanno fatica a competere con i grandi giganti verticalmente integrati
perché sono piccole, hanno poca massa critica, fanno fatica a ottenere economie di scala.
Allora rimediano costruendo delle reti, in questo esempio abbiamo la nostra azienda che di
fatto è questo hub centrale dove ci sono alcune attività, poi invece all’esterno in una logica
di outsourcing ho messo la produzione, la distribuzione, l’amministrazione e finanza e il
marketing che faccio fare a qualcun altro. Quindi la struttura a rete è una struttura che mi
consente di essere molto flessibile, di adattare la mia dimensione alle necessità del
mercato. Quindi imi tiene leggero su costi, mi dà flessibilità ma naturalmente mi fa perdere
il controllo perché i servizi che vediamo nei rettangoli azzurri li sto andando a comprare da
qualcuno che i può fare bene ma me li può anche fare male, è il rischio del buy e
dell’outsourcing. 
Vantaggi/punti di forza:
- CONSENTE ANCHE ALLE ORGANIZZAZIONI DI PICCOLE DIMENSIONI DI OPERARE
SU SCALA GLOBALE E ATTINGERE A RISORSE INTERNAZIONALI
- CONFERISCE ALL’AZIENDA UN AMPIO RAGGIO D’AZIONE SENZA GRANDI
INVESTIMENTI IN IMPIANTI, MACCHINARI O STRUTTURE DI DISTRIBUZIONE
- CONSENTE ALL’ORGANIZZAZIONE DI ESSERE ALTAMENTE FLESSIBILE E DI
FORNIRE UNA RISPOSTA RAPIDA AI BISOGNI MUTEVOLI
- RIDUCE I COSTI AMMINISTRATIVI
Svantaggi/limiti:
- I MANAGER NON HANNO IL CONTROLLO SU MOLTE ATTIVITA’ E MOLTI
DIPENDENTI
- RICHIEDE UNA GRANDE QUANTITA’ DI TEMPO PER GESTIRE LE RELAZIONI E I
POTENZIALI CONFLITTI CON I PARTNER
- COMPORTA IL RISCHIO DI FALLIMENTO ORGANIZZATIVO SE UN PARTNER NON
EFFETTUA LE CONSEGNE O CESSA L’ATTIVITA’
- LA FEDELTA’ DEI DIPENDENTI E LA CULTURA AZIENDALE POSSONO ESSERE
DEBOLI PERCHE’ I DIPENDENTI HANNO LA SENSAZIONE DI POTER ESSERE
SOSTITUITI DA SERVIZI A CONTRATTO

STRUTTURA IBRIDA
È il modello che più spesso troveremo nelle organizzazioni di grandi dimensioni. L’idea
dell’ibrido è d’avere al contempo funzioni e prodotti, può sembrare come la struttura a
matrice ma in realtà non c’è nessun incrocio come si vede nella foto sopra. Nella matrice
le funzioni e i prodotti si incrociano qui invece ci sono delle strutture di prodotto (come
carburanti, lubrificanti prodotti finanziari), quindi io ho 3 divisioni all’interno delle quali ci
saranno determinate attività funzionali, ma alcune (finanza, tecnologia e risorse umane)
non sono presenti perché le ho tenute in alcune funzioni centrali, quindi non ho l’incrocio
ma ho alcune attività che rimangono dentro le divisioni ed altre sono centralizzate a livello
funzionale. Quale è l’idea sottostante alla struttura ibrida? L’idea è che io devo cercare di
contemperare l’essere efficace e l’essere efficiente, cioè attraverso le strutture di prodotto
che sono delle divisioni cerco di essere efficace, flessibile tenendo però alcune attività
accentrate cerco di guadagnare efficienza. La struttura ibrida in qualche modo idealmente
si mette a metà strada tra un modello funzionale e un modello divisionale. Se io ho scelto
di avere una struttura ibrida mi trovo al centro e se il mercato dovesse diventare più aspro,
più centrato sull’efficienza posso funzionalizzarmi, essendo a metà strada mi sposta
sempre di più verso la funzione, se al contrario io vedo che il mercato deve essere rapido,
che bisogna conquistare quota allora posso decidere di spostarmi verso una struttura
divisionale. In sintesi, la struttura ibrida è una struttura che sta a metà di un ideale pendolo
tra funzionale e divisionale e che proprio perché è già in mezzo può più rapidamente
adattarsi a una maggiore funzionalizzazione o una maggiore divisionalizzazione. Oggi è
molto diffusa perché le aziende devono velocemente adattarsi a quello che succede sul
mercato.

LEZIONE 12: ANALISI CASO SUPERCONFORT S.p.A.


30 Ottobre 2020

Con il caso di oggi ci si vuole concentrare sull’passaggio da una struttura divisionale a una
struttura funzionale. Si evidenzierà come la decisione di questo passaggio parta da
cambiamenti che avvengono nell’ambiente dell’organizzazione, e che, in forza di questi
cambiamenti, l’organizzazione debba dare una risposta diversa, che può passare solo da
una struttura di tipo funzionale. Sul come si passa da una struttura divisionale a una
funzionale si possono fare più di una ipotesi. In questo caso si analizzeranno due ipotesi:
- l’ipotesi avanzata dal direttore generale
- l’ipotesi avanzata dal direttore del personale
e si valuteranno vantaggi e svantaggi di ciascuna delle due ipotesi, e non solo riguardo la
capacità di rispondere alla necessità dell’ambiente, ma anche l’equilibrio interno e di
relazioni di potere.
1. Ricostruire le ragioni che in passato hanno portato Superconfort ad adottare una
struttura divisionale. Quali i vantaggi e gli svantaggi di una struttura di questo tipo?

Struttura organizzativa = è il risultato di un processo di divisione e ricomposizione


orizzontale e verticale del lavoro.
Si ha un lavoro da fare, lo si divide per funzioni e lo poi lo si ricompone orizzontalmente e
verticalmente. È la chiave di letture per poter comprendere e interpretare qualsiasi
struttura.
Il settore: è quello di piccoli elettrodomestici.
Le dimensioni: 1300 dipendenti con un fatturato di 200 milardi di lire.
La produzione: in serie o su commessa, e propria o per conto terzi.
I canali: ha sia un canale al dettaglio che all’ingrosso.
Il periodo ’75-’83, è un periodo in cui il mercato è in crescita, e quindi instabile.
Superconfort si afferma sul mercato in base a tre caratteristiche importanti:
- la qualità dei prodotti
- il design
- la flessibilità di servizio = tratto distintivo in termini di volumi, tempi di consegna e
assistenza tecnica, ovvero che se si compra un
elettrodomestico Superconfort, se si ha un problema, l’azienda
lo manda subito in assistenza tecnica e lo restituisce
prontamente.
Questo è possibile grazie ad una rete capillare di depositi sul territorio e di assistenza
tecnica. In questo periodo l’organizzazione che viene adottata è di tipo DIVISIONALE.
Struttura divisionale = struttura dove i compiti vengono divisi su base di tipo di prodotto, di
mercato e di cliente o area geografica

Questa organizzazione quali caratteristiche ha?


- viene adottata in situazioni di elevata stabilità ambientale.
- elasticità operativa e tempestiva di risposta agli stimoli.
- spinta imprenditoriale
- permette la crescita tramite la diversificazione
- duplicazione delle funzioni = costi elevati
Se cambia qualcosa nel mercato dei prodotti della pulizia, a che livello dell’organizzazione
posso prendere una rapida risposta al cambiamento di questo elemento ambientale? A
livello della divisione, perché il capo della divisione gestisce l’operare come se fosse una
piccola azienda e ha una piena responsabilità nel cogliere gli elementi di mercato che
possono richiedere prodotti diversi. Questo tipo di organizzazione è fortemente decentrata,
e il fatto che il direttore divisionale ha un ampio margine decisionale, significa che c’è una
forte spinta imprenditoriale. Essedo decentrata è capace di rispondere in modo tempestivo
a ciò che sta succedendo nell’ambiente.

2. Quali sono le ragioni che portano Superconfort a ritornare a una struttura funzionale?
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di una struttura di questo tipo?

Nel 1983 Superconfort per la prima volta non raggiunge un utile. Il mercato diventa più
flessibile, saturo e stabile e quindi il cliente diventa più sensibile al prezzo. Superconfort
deve ridurre i costi e diventare più efficiente. L’ organizzazione si trova davanti alla
necessità di passare da una struttura divisionale (una struttura per output, che guarda
all’esterno) ad una struttura funzionale (struttura per input, che guarda all’interno).
Struttura funzionale = tipo di struttura che prevede una divisione del lavoro sulla base delle
specializzazioni funzionali.
Le principali caratteristiche della struttura funzionale:
- favorisce il raggiungimento di obiettivi di efficienza
- favorisce un controllo centralizzato
- non favorisce l’innovazione e la diversificazione (ambiente stabili in cui il mercato è meno
dinamico, è adatta quando si producono pochi prodotti)
- particolarmente adatta per ambienti stabili
- personale ampiamente esperto

3. Si provi ad identificare le ragioni alla base delle diverse posizioni del Dr. Bui e del Dr.
Cori circa la posizione della logistica e confrontate le “buone” ragioni dell’uno e
dell’altro?

Rispetto alla necessità di passare da una struttura divisionale, una struttura più centrata
sull’efficacia e quindi il raggiungere i propri obiettivi, a una struttura più centrata
sull’efficienza, ovvero l’ammontare delle risorse per la produzione degli output. Deve
passare dal sapere dare prontamente una risposta agli stimoli del mercato a
un’organizzazione che costa di meno al suo interno.
Sotto un’unica direzione troviamo tutti gli stabilimenti per ogni tipo di prodotto che produce.
Cosa significa avere sotto un’unica direzione i 3 stabilimenti?
Avere meno costi, perché prima ogni divisione aveva il suo stabilimento in cui faceva i
prodotti e non comunicava con gli altri. Ora si può lavorare affinché un processo produttivi
se in comune con l processo produttivi di un altro prodotto possa essere maggiormente
sfruttato.
Cosa significa avere un unico ufficio di progettazione? Anche qui un contenimento dei
costi, perché se si produce una componente in comune con più produzioni non si deve
progettare due volte.
Al centro dell’organizzazione c’è la direzione logistica, cosa troviamo otto la direzione
logistica? Gli acquisti, che prima erano diversi per ogni divisione, vengono ridotti per
evitare una triplicazione. Ovviamente il personale è ridotto e quindi c’è una contrazione dei
costi. Lo stesso vale anche per la programmazione. Ma lo stesso vale soprattutto per la
programmazione, il magazzino e i depositi, prima li si trovava nelle direzioni commerciali
ora sono sotto la direzione logistica.
Cosa cambia quindi?
Un’unica direzione tecnica: tutta la produzione e la progettazione sotto un’unica funzione
PRIMA: ogni divisione produttiva aveva il suo stabilimento e una funzione di progettazione
Direzione logistica: gestione centralizzata degli aspetti di magazzino di tutti i prodotti:
acquisti, programmazione, assistenza tecnica e deposito.
PRIMA: acquisiti ed alla programmazione erano presenti in ogni divisione; assistenza
tecnica e deposito erano collocati nelle divisioni commerciali.

Cosa indica tutto questo? Meno reattività e meno flessibilità.


Se si è Fabbrini, il direttore della direzione tecnica, e deve produrre un determinato
quantitativo di prodotti a chi si dovrà rivolgere per avere il materiale necessario? Chi
porterà le materie prime? L’ufficio acquisiti, perché se servono dei materiali per produrre
prodotti, l’ufficio acquisti sarà l’elemento centrale da cui dovrà passare, che sta sotto la
direzione.
Se si è Bianchi, il direttore commerciale Italia, questo direttore dove ha i depositi di filiale o
i depositi o le direzioni tecniche? sotto la direzione logistica. Questo in termine di sistema
significa che l logistica diventa la direzione centrale e tutti devono passare sotto a questa,
che porta a una riduzione del potere delle altre direzioni. Ma se un perde potere al
vantaggio di qualcun’altro ciò può portare a degli scontri. Dallo schema inoltre si evince
che non c’è ancora un nome e che quindi una figura ancora non presente che si dovrà
andare a ricercare all’esterno con tutte le possibili conseguenze del caso, ovvero che
qualcuno potrebbe rimanerci male, che bisogna trovare una grande competenza che ora
non si ha.
Conseguenze della proposta di Bui?
- perdita di potere delle divisioni tecniche e commerciali
- possibili conflitti
- difficoltà a trovare una persona con competenze attualmente non presenti in
Superconfort
- accentramento del potere per Bui.
MASSIMA EFFICIENZA…MA PERDITA DELLA FLESSIBILITÀ.

Gli stabilimenti sono sotto un’unica direzione, la progettazione è sotto un’unica direzione
così come gli acquisti. Cosa significa in termini di costi? Una minimizzazione di costi
cercando di mantenere un equilibrio maggiore in azienda. Nel mercato? Mantiene i
depositi periferici, ovvero quello che è il tratto distintivo di Superconfort. I costi sono
contenuti ma non tanto quanto la proposta di Bui. Quest’organizzazione costa un po’ di più
ma mantiene un tratto fondamentale per questa azienda ovvero la flessibilità.
La proposta che lui fa è quindi:
- acquisti, produzione e progettazione sono la direzione tecnica = recupero EFFICIENZA
- magazzino centrale e gli acquisti sotto la direzione tecnica FLESSIBILITÀ
- maGazzini periferici e assistenza tecnica sotto le direzioni commerciali
Conseguenze della proposta di Cori:
- mantiene il tratto distintivo della flessibilità
- mantiene una certa autonomia e flessibilità della direzione commerciale
- attenzione al sistema sociale (efficienza senza rompere gli equilibri)
- non sarà necessaria una figura esterna = ristrutturazione con persone già presenti
ATTENZIONE AL SISTEMA…PIÙ LENTO RECUPERO DI EFFICIENZA.

LEZIONE 13: COORDINAMENTO ORGANIZZATIVO


9 Novembre 2020

È il più importante meccanismo organizzativo. L’organizzazione nasce quando c’è un


compito troppo complesso per un singolo e deve essere diviso tra più persone con diverse
capacità. Una volta diviso il compito, c’è bisogno di un momento simbolico, e questo è il
coordinamento, tutte le divisioni devono collaborare verso un’unica direzione e
raggiungere gli scopi prefissati. Dove nasce il problema del coordinamento? Nasce dalla
necessità di rispondere con efficacia ed efficienza ai processi di differenziazione e di
gestione dell’interdipendenza (Lorence e Lorsch). Si deve rispondere a questa necessità
nel modo migliore perché altrimenti ci sono dei costi elevati ma senza alcun risultato.
Perché devo coordinare mkt e commerciale perché sono interdipendente e dipendono
l’uno dall’altro, perché il marketing se non da le linee guida, il commerciale non saprà
come muoversi sul campo e viceversa.
Differenziazione = è il grado di diversità esistente tra due o più unità organizzative e può
riguardare aspetti diversi. I diversi criteri di differenziazione possono
essere: obiettivi (più efficaci altri efficienti), compiti operativi (task), stili
manageriali, valori professionali, interessi (e strategie politiche per
proteggere i propri interessi), caratteristiche personali.
È funzionale alla capacità di operare dell’organizzazione.
Interdipendenza = è il tipo di relazione che lega i compiti di due o più unità organizzative
tra loro e può avere livelli diversi di intensità. L’interdipendenza non è
sempre uguale ma ha dei livelli di intensità diversi che influiscono sul
coordinamento organizzativo.
Tipologie di interdipendenza:
- generica = bassa interdipendenza, quando le unità organizzative
agiscono con un livello piuttosto elevato di autonomia (=
filiali di una rete bancaria o distributiva, solitamente
operano in autonomia ma sono un po’ interdipendenti, in
senso generico, perché non sono come due unità che
stanno in due organizzazioni diversi, perché se in una
delle due avviene un problema con un cliente, le altre filiali
anche se autonome devono tenere conto di ciò.

- sequenziale = media interdipendenza, l’unità a monte influenza quella


a valle e così via, è un percorso univoco (= linea di
produzione industriale classica, quello che viene dopo
è fortemente vincolato dal fatto che a monte si sia
lavorato bene)

- reciproca = alta interdipendenza, come in un’equipe chirurgica, ogni


azione richiede un feedback e un aggiustamento
(=biunivoca)
Nel caso di interdipendenza generica, l’investimento di coordinamento è ridotto, ed
avviene attraverso uno strumento specifico che sono le norme e le regole, che sono un
metodo efficiente per fare coordinamento, perché se si vuole che le filiali operino in
maniera omogenea è sufficiente dare regole uguali per fare qualsiasi tipo di attività.
Nel caso di interdipendenza sequenziale, l’intensità della interdipendenza aumenta, infatti
ogni unità è influenzata da quella che viene prima, qui diventa fondamentale la quantità
dello scambio tra unità a monte e a valla (= a una via), l’influenza è univoca. Come si può
coordinare bene una situazione di interdipendenza sequenziale? Attraverso la
programmazione, infatti definisce in maniera chiara tempi e standard di qualità.
All’aumento della complessità corrisponde una programmazione più dettagliata, precisa e
attenta ai singoli particolari. Nel caso di interdipendenza reciproca, ogni unità dipende
dalla altre, e il risultato è la conseguenza dello scambio a due vie, è biunivoca. Lo
strumento di accordamento è il mutuo aggiustamento, che si può tradurre in processo di
comunicazione continua in cui ci si coordina di istante in istante.
Quanto e quale forma di coordinamento organizzativo sono necessari?
Ammontare e tipologia di investimento in coordinamento organizzativo variano
all’aumentare del livello di differenziazione e del grado di interdipendenza. Compito del
management è cercarne una ottimizzazione (si tratta di un costo), senza sprecare però
troppe risorse.
Le modalità di coordinamento sulla base della tipologia di risorse impiegate:
Modalità impersonali = molto efficienti perché slegate dall’intervento diretto umano e sono
anche più rigidi perché non si adattano ad eventuali situazioni che
cambiano. I sistemi di pianificazione e controllo sono un po’ più
dinamici perché consentono di avere delle strutture ad albero, e
infine, i sistemi informatici sono molto diffusi e sempre di più
diventa difficile considerarli impersonali.
Modalità personali = si ha in primis la gerarchia, ovvero il rapporto capo collaboratore, è
uno strumento oggi in difficoltà, perché in contesti sempre più
variabili, una gerarchia rallenta la capacità di dare velocemente una
risposta alle esigenze.
Modalità di gruppo = comitati hanno ruolo strategico piuttosto che di indirizzo, gruppo di
lavoro è un gruppo trasversale di persone, che però fanno in questo
caso delle attività operative insieme e non danno degli indirizzi
strategici. Task forces, gruppi di poca durata che servono per
risolvere una determinata situazione.
Modalità di coordinamento sulla base del livello di intensità:

Coordinamento di primo livello = è quello basato sul tema delle regole, di come dire alle
persone come e cosa devono fare. Non è
particolarmente profondo, le persone si coordinano
semplicemente perché devono rispettare le
organizzazioni su cosa e come farlo. Non appena la
regola e la procedura non sono presenti, queste persone
faticheranno a rimanere coordinate perché non sapranno
come muoversi o come affrontare una situazione non
normata. Management molto direttivo.
Coordinamento di secondo livello = basato sugli obiettivi, non si dice come fare le cose,
ma l’obiettivo in modo che le persone siano libere sul
come arrivarci. Management più partecipativo.
Coordinamento di terzo livello = tipico delle aziende a cultura forte, si controlla
condizionando le premesse cognitive e valoriali, ovvero si
introietta nella testa delle persone dei modi di vedere e
pensare il mondo che le porteranno ad agire in un certo
modo.
La scala dei meccanismi di collegamento e coordinamento orizzontale

DISCUSSIONE CASO TEXANA PETROLEUM CORPORATION

- Identifica le scelte strategiche di Texana nei tre periodi: - fino al 1950


- tra il 1950 e il 1955
- tra il 1955 e il 1966

- quali sono le caratteristiche dell’organizzazione prima e dipoi il 1955?


- quale tipologia di interdipendenza hanno le divisioni?

- quale situazione trova Prentice al momento della sua nomina nel 1966? Quale strategia
ha in mente?

LEZIONE 14: TECNOLOGIA E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO


16 Novembre 2020

Di cosa si occupa l’ODL?


Macro-struttura: divisione generale del lavoro alla luce delle strategie aziendali
(organigrammi)
Micro-struttura: definizione del contenuto delle posizioni (mansioni) e dei processi
operativi, riguarda le unità organizzative di base che hanno il compito di “fare le cose”
L’ODL si focalizza sulla progettazione e sul funzionamento delle micro-strutture delle unità
organizzative di base che hanno il compito di fare le cose.
ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO
L’azienda è una struttura meccanica, autonoma rispetto all’ambiente. L’uomo è visto come
una risorsa passiva, come un ingranaggio. La motivazione al lavoro è legata alla
retribuzione ed esiste una best way ovvero per ogni problema ed esiste sempre una sola
soluzione raggiunta (“one best way of organizing”) con metodi scientifici che sono neutrali
e superiori agli interessi di parte cioè tutti devono sottostare al metodo scientifico. 
Le mansioni sono caratterizzate da specializzazione e formalizzazione (la procedura va
scritta), bisogna creare i metodi e i empi migliori e poi suddivido in mansioni molto ridotte e
specializzate, questo vuol dire che l’operaio può apprendere la mansione molto
velocemente. Questo comporta una forte separazione delle funzioni decisionale da quelle
esecutive. Creazione di staff. Studio degli strumenti di lavoro (ergonomia), e la retribuzione
è a cottimo (l’operaio guadagna per quanto produce)
HUMAN RELATIONS
Questo approccio scopre i fattori psicologici legati alla motivazione, l’ambiente di lavoro è
fondamentale per la produttività. È andato ad approfondire le analisi della organizzazione
informale (esperimento della luce nella fabbrica). 
Questo approccio ci lascia di l’idea di avere una psicologia individuale di gruppo, ci lascia
problemi di leadership e di gruppo.
SISTEMI SOCIO-TECNICI
L’organizzazione è composta da variabili tecniche e sociali (comportamenti individuali e di
gruppo, i bisogni, desideri). L’efficienza del sistema globale si ottiene con l’ottimizzazione
congiunta e l’azienda è concepita come un sistema aperto: sopravvivenza legata ai
rapporti con l’ambiente. L’organizzazione di una fabbrica non è rigidamente determinata
da una tecnologia.
Le mansioni vengono definite in termini di obiettivi con ampia discrezionalità operativa. La
tecnologia è modificabile in relazione anche alle variabili sociali, attenzione al rapporto tra
introduzione delle nuove tecnologie e impatti sociali e psicologici sui lavoratori.
JOB DESIGN
Sfruttare la loro potenzialità complessive dei lavoratori. Contenuto della mansione come
leva per la motivazione. Nuove forme di ODL
LE FORME DI ODL DEL JOB DESIGN
- JOB ENLARGEMENT = aumento quantitativo del numero di compiti elementari affidati al
singolo lavoratore.
- JOB ENRICHMENT (WORD LOADING) = variazione qualitativa dei compiti
(preparazione, manutenzione, controllo di
qualità, coordinamento)
- JOB ROTATION = più persone si alternano sulla stessa mansione
- GRUPPO DI LAVORO = - mansioni affidate al gruppo nel suo complesso
- autonomia nella rotazione/assegnazione dei compiti
Job engagement aumento delle mansioni affidate al singolo, questo aumento è orizzontale
cioè si tratta di compiti che hanno lo stesso livello di complessità e è un modo per uscire
da uno stato di insoddisfazione di monotonia e frustrazione
Job engagement si assegnano compiti qualitativamente migliorie ed è un modo per uscire
da uno stato di insoddisfazione di monotonia e frustrazione 
TOYOTISMO
Dopo la Seconda guerra mondiale in Giappone. C’era un ingegnere Taiichi Ohno e
capisce che con i macchinari che aveva non poteva porsi obiettivi simili al fordismo ma
doveva usare quei macchinari in modo flessibile. Focalizzazione sul processo e sul suo
miglioramento continuo eliminando gli sprechi.
Orientamento al mercato (just in time): sistema produttivo che garantisce la continua e
perfetta simmetria tra l’offerta dei beni e la domanda che proviene dal mercato: è il cliente
che guida la produzione. Rivedere sempre quello che si sta facendo eliminando gli
sprechi. Rivedere a fondo ogni problema e questo porta a un miglioramento continuo con
pochissimi sprechi.
Logica opposta alla produzione di massa (produzione dove a monte c’è un quantitativo e
poi spinto sul mercato- produzione push) invece nel toyotismo è la domanda che tiene la
produzione e non il contrario (produzione pull)
Slogan del toyotismo fare di più con meno. In Giappone nacque negli anni 40, da noi
arrivo solo negli anni 80.
Tutto questo cosa implica nella microstruttura 
Importanza dell’autonomia del gruppo di lavoro che assorbe anche compiti di
supervisione, manutenzione, innovazione dei processi di lavoro:
- polivalenza delle capacità professionali
- flessibilità delle squadre di lavoro
- discussioni di gruppi (circoli della qualità)
Non esiste una divisione netta tra le mansioni, ma si persegue un obiettivo si
sincronizzazione. Questo approccio funziona quando c’è una forte dedizione al lavoro e
dove c’è un ambiente collaborativo.
BUSINESS PROCESS REENGINEERING (BPR)
Nasce negli anni 90 in America da M. Hammer. Il punto chiave di questo approccio è quali
sono i bisogni dei clienti? Questo vuol die andare oltre una logica delle funzioni in cui
ognuno fa il suo ma bisogna andare verso una logica dei processià gruppo organizzato di
compiti tra loto organizzate e trasformano gli input in output creando valore per il cliente 
Appianamento organizzativo (flat organization) e interfunzionalismo (logica del cliente
interno):
- condivisione delle responsabilità con i colleghi del team
- spostamento dei confini tra le diverse mansioni
- attività più ricche di contenuti
- spettro più ampio di capacità e quadro complessivo del lavoro

Attualmente c’è un atto una rivoluzione dell’ambiente del lavoro dovute alle tecnologie
digitali (digital trasformation), si modificano tutte le attività dell’azienda (come produciamo,
come comunichiamo, come vendiamo…) ma cambia anche l’organizzazione del lavoro. 
Parliamo da una parte di industria 4.0 e dall’altro di smartworking.

Con il termine 4.0: si intende = “Un insieme di nuove tecnologie, nuovi fattori produttivi e
nuova organizzazione del lavoro che stanno modificando
profondamente il modo di produrre e le relazioni tra gli ù
attori economici compresi i consumatori”
La vera sfida della “quarta” rivoluzione industriale è investire a monte e a valle in attività
“brain-intensive”
Come IOT, big data, adative manufacturing, realtà aumentata, robot di nuova generazione,
artificial intelligence. ci sono diverse tecnologie abilitanti:
- INTERNET OF THINGS (IOT) = dispositivi tecnologici incorporabili in oggetti fisici che
assicurano l'interfaccia tra mondo fisico e digitale e
consentono di comunicare via internet con altri oggetti.
- BIG DATA = insieme di tecnologie che consente di raccogliere ed elaborare la gran
massa di informazioni che transitano su internet in modo veloce, efficiente,
integrato.
- ADDITIVE MANUGACTURING = produzione per aggiunta di materiale attraverso le
stampanti 3D non per sottrazione.
- REALTÀ AUMENTATA = dispositivi indossabili che incrementano quantità. Qualità e
tempestività dell’informazione a disposizione in ambienti reali.
- ROBOT DI NUOVA GENERAZIONE = lavorano al fianco degli uomini senza barriere,
svolgendo compiti complessi (pick, pack and
ship)
- ARTIFICIAL INTELLIGENCE = Hardware e software capaci di “agire” autonomamente,
risolvendo problemi sulla base di algoritmi e in grado di
apprendere
Con il termine smartworking invece si intende = Una modalità di lavoro innovativa basata
su un forte elemento di flessibilità virgola in particolare di
orari e di sede, la cui finalità è incentivare accompagnare un
profondo cambiamento culturale nella concezione del lavoro:
il passaggio dal lavoro a “timbratura del cartellino” al lavoro
“per obiettivi entro scadenze precise”, dove al lavoratore è
lasciata libertà ampia di auto-organizzarsi.
Introdurre flessibilità negli orari e sede di lavoro.
Svincolato da una postazione fissa di lavoro, lo smart worker sceglie da dove lavorare,
quando farlo e con quali strumenti (BYOD – bring your on device). In questo senso, la
tecnologia è uno strumento necessario, al quale si devono affiancare ulteriori requisiti: 
- Le regole su cui si basa l’organizzazione aziendale (per esempio quelle relative all’uso
del badge, alla presenza fisica durante le riunioni, all’assegnazione di postazioni
predefinite)
- Gli stili di leadership dei vertici aziendali
- La cultura organizzativa basata su fiducia, collaborazione, condivisione, obiettivi comuni
e socializzazione. 

CARATTERSITICHE DEL FENOMENO:


- 6.5 milioni di lavoratori coinvolti (5,35 non tornerà più in presenza)
- quasi la totalità nelle GI, 58% PMI e 94 PA
- riduzione e ripensamento degli uffici, investimenti in device mobili

VANTAGGI:
- meno inquinamento
- work & life balance
- maggiore efficienza

SFIDE:
- sicurezza informatica
- rischio isolamento e burnout (diritto alla disconnessione)
- perdite di capacità innovativa
Nei prossimi anni, tutte le organizzazioni dovranno fare i conti con alcune sfide legate alla
sostenibilità sociale ed ambientale delle loro attività:
- cambiamento climatico
- transazione energetica equa
- ridistribuzione della ricchezza
- economia circolare
- nuova mobilità

TESTIMONIANZA DIRETTA MEG PAGANI


16 Novembre 2020

ECONOMIA PLANET FIRST


È in diretto contrasto che l’economia che conosciamo oggi no (extractive= accumulare e
massimizzare le risorse).
A cosa si da valore? Si da valore preciso ad alcune cose come una balena morta in un
peschereccio, ma non si sa dare un valore a una balena viva.
Ci si sta rendendo conto quali sono gli effetti di una economia centrata sull’umanità, e si
sta passando a un’economia dove l’uomo è parte dell’universo.
L’economia che conosciamo è basata su: - scarcity
- competizione
- “winners take all”
+ “give back” (two steps economy vs one step
economy)
L’economia Planet-first deve essere basata su altri punti cardine.

LEZIONE 15: CULTURA, POTERE, LEADERSHIP


23 Novembre 2020

CULTURA ORGANIZZATIVA:
I principi di fondo che un gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato, mentre imparava ad
affrontare i problemi di adattamento alle condizioni ambientali esterne e di integrazione
interna, che hanno funzionato abbastanza bene da essere considerati validi e che perciò
vengono insegnati ai nuovi membri come il giusto modo di percepire, pensare e sentire in
relazioni a tali problemi.
Apple nasce nella metà degli anni 70 con due ragazzi e un garage, che però riescono a
costruire una delle imprese più importanti al mondo.
Hanno fatto ciò che l’intuito li ha portati a fare, e questi principi si sono tramandanti ha chi
ha iniziato a lavorare con loro, sono stati trasmessi e sono serviti come mezzi di
integrazione interna.
Esperienza collettiva = quella che hanno fatto i fondatori dell’azienda
Esercitazione della competenza distintiva
Coesione ed efficienza organizzativa
Stabilizzazione dei valori e del campo simbolico
Idealizzazione
Come si può vedere la cultura? Ci si può muovere su tre livelli:

- espressioni visibili = campo simbolico visivo  il linguaggio, i comportamenti (storie,


miti, riti), artefatti (oggetti, spazi,
architetture)
- valori (credenze, preferenze) = dichiaratamente accettati  argomentazioni, spiegazioni
(carta dei valori)
- principi di fondo, assunti (identità) = accettazione senza discussione, dati per scontato,
invisibili, impliciti, inconsapevoli  elementi di una
identità collettiva, esprimono una appartenenza. Le
persone dell’organizzazione sono “assuefatte”,
vengono notati da chi viene da fuori
Linguaggi e comportamenti:
Il modo in cui si comunica informale o formale, scarna o accurata sono tutti elementi che
esprimono una cultura.
Racconti = sono il modo in cui l’azienda esprime sé stessa trasmettendo valori e
suggeriscono modelli d’azione e sono una modalità di socializzazione
Miti = sono storie speciali che servono ad additare un comportamento indicando in modo
preciso il valore di riferimento sono il resoconto di un problema affrontato
vittoriosamente, ci sono sempre un eroe e un comportamento emblematico di un
valore.
Riti = sequenza di comportamenti collettivi che hanno importanza per lo svolgimento
concreto dell’attività e testimoniano la fedeltà rispetto ad un valore c’è sempre un
elemento di sacrifico (pagamento di un prezzo simbolico)

Artefatti= insieme degli oggetti, le strutture fisiche, i colori che vediamo e gli ambienti, essi
condizionano il modo di vedere il mondo ed esprimono la cultura.
Ingredienti per la formazione di una cultura:
- le esperienze di successo
- la presenza di leader carismatici che producono “sense-making” e lo
tramandano attraverso lo story-telling (funzione sciamanica)
- l’emergere di una metafora di base (root metaphor) che dà ordine al mondo e
riduce le dissonanze cognitive
I rischi:
- scarsa flessibilità/rigidità (resistenza al cambiamento)
- senso di tradimento in caso di modifiche al sistema o a suoi elementi.
(demotivazione, perdita di identità)
- blocco ai processi di pensiero (innovazione)

CONFLITTO, POTERE POLITICA:


Conflitto = è il risultato naturale della stretta interazione di persone che possono avere
opinioni e valori diversi, che mirano a diversi obiettivi. È un dato di fatto
generato dall’eterogeneità interna all’organizzazione. Può essere anche una
forza positiva, mette in discussione lo status quo e promuove nuove idee.

Potere = è una delle possibilità di gestire, ridurre o risolvere il conflitto, quando l’accordo
razionale non è utilizzato. È la capacità di una persona o di un’unità
organizzativa di influenzare altre persone o unità organizzative per conseguire i
propri obiettivi inducendole a fare qualcosa che altrimenti non avrebbero fatto.
POTERE = capacità di una persona di influenzare altre persone per conseguire i
risultati desiderati autorità non fa riferimento alla posizione
organizzativa
AUTORITÀ= fluisce lungo la gerarchia verticale, è accettata dai subordinati ed è
conferita a posizioni organizzative
Le diverse fonti di potere organizzativo sono:
- posizione formale
- risorse assegnate (persone, finanziarie, ecc…)
- controllo delle informazioni
- know-how, competenze
- autorevolezza, leadership
- stima di relazioni/connessioni (network)

Politica = è l’attivo utilizzo del potere per ottenere i risultati desiderati, è l’attività attraverso
cui viene esercitato il potere per influenzare gli altri e ottenere il risultato in
condizioni di conflitto o incertezza.
Tattiche per aumentare la base di potere: - occuparsi di aree ad alta incertezza
- creare dipendenza
- fornire risorse
- soddisfare contingenze strategiche
tattiche politiche per l’utilizzo del potere: - creare coalizioni
- espandere il network e costruire alleanze
- assegnare persone fedeli a posizioni chiave
- aumentare le competenze e la credibilità
tattiche per aumentare la collaborazione: - creare dei meccanismi di integrazione
- usare il confronto e la negoziazione
- attuare la rotazione dei membri
- porre obiettivi comuni
Gli individui e i gruppi utilizzeranno il proprio POTERE e l’attività POLITICA per gestire le
differenze e gli inevitabili conflitti.

LEADERSHIP:
Perché ci si occupa di leadership? Perché è un fenomeno che ha da sempre
accompagnato la vita delle organizzazioni. La leadership «emerge» nella vita dei gruppi.
Dietro un risultato di successo di una organizzazione c’è il contributo di un esercizio di
leadership.
Ci sono 4 funzioni della leadership:
- cognitiva = riguarda la rappresentazione di quello che accade. Il leader definisce le
relazioni tra i fatti, costruisce ordine e priorità, collega in modo logico la
catena mezzi fini, fornisce griglie di interpretazione della realtà, semplifica,
modifica e sviluppa gli schemi esistenti. Spiegare i rapporti causa-effetto,
chiarire gli obiettivi, le strategie e le modalità organizzative. Interpretare lo
schema competitivo e indicare lo sviluppo futuro dell’organizzazione.
- affettiva = sostiene, rincuora, riconosce il valore delle persone, consente uno spazio di
elaborazione della identità personale e collettiva nel lavoro, legittima la
dimensione emotive. Dare sostegno emotivo. Rassicurare, contenere le ansie
e le paure. Spingere all’azione, motivare. Creare un clima accogliente.
- politica= il leader assicura il controllo e la stabilità della organizzazione, gestisce i
conflitti, assicura il consenso rispetto alle strategie, incide sulle premesse
decisionali dei membri dell’organizzazione. Suscitare consenso e convergenza
verso gli obiettivi. Superare i conflitti e le resistenze interne. Eliminare
incertezze e ambiguità. Orientare i comportamenti delle persone.
- culturale-simbolica = la capacità di attribuire significati alle situazioni e ai fatti, di
comunicare questi significati in modo efficace, di definire la realtà e
legittimare tale definizione, di favorire interpretazioni comuni e
condivise. Esprimere ciò che gli altri sentono ma non sono in grado
di formulare. Inquadrare le esperienze in schemi comprensibili.
Costruire appartenenza attraverso simboli e riti. Dare un senso alle
cose e tradurlo in un linguaggio significativo per la gran parte delle
persone.

Come può essere esercitata la leadership?

DISCUSSIONE CASO PETER STRASSMAN


23 Novembre 2020

1. Identificare i valori della cultura organizzativa della Prima e le forme espressive


attraverso le quali i valori si manifestano = il clima che si respira è quello di famiglia,
comunità, che rimanda al valore dell’unicità e dell’uguaglianza. Non essendoci molto
materiale scritto il valore che sta dietro è l’informalità. Non ci si sente in pericolo in una
situazione del genere e quindi un altro valore è sicuramente la sicurezza. Si da anche
grande attenzione ai motori, che producono un prodotto top nel mercato, quindi un altro
valore è un forte orientamento al prodotto, ovvero pezzi unici, e quindi innovazione,
tecnologia e unicità del prodotto. Il piacere nel lavoro e l’entusiasmo. I simboli sono
il logo, al quale Howell non vuole rinunciare, perché hanno una natura fortemente
affettiva, perché rappresenta in tutto e per tutto il marchio, lo slogan come
per esempio, il fatto che non avevano licenziato nessuno e che i californiani lavorano in
modo diverso, il rituale del pellegrinaggio al ranch almeno una volta all’anno.
2. identificare i valori della cultura organizzativa della Electechs = le diverse aziende del
gruppo devono interagire, un altro valore è la collaborazione tra le aziende, oltre a ciò
anche la collettività, l’individualità e essendo le persone premiate in base ai risultati,
la misurazione delle prestazioni. Per poter dire che qualcuno merita qualcosa deve
esserci un’analisi oggettive e imparziale. Valore agli strumenti manageriali, e che
essi sono gli attrezzi che fanno funzionare l’organizzazione in quanto sono buoni. Oltre
a ciò anche competizione e criteri di ricompensa del successo.
3. confrontare i valori delle due culture: VALORI DELLA ELECTECHS/STRASSMAN
- Collaborazione tra aziende
- Efficienza/produttività/reddittività
- Managerialità
- Competizione
- Competizione
- Individualità
- Oggettività
- Criteri di ricompensa del successo
4. analizzare la natura del conflitto tra Strassman e Howell: identificate le strategie messe
in campo da Strassman nel tentativo di costruire un’unica identità divisionale
valutandone l’efficacia = se adotteranno tutti il sistema di progettazione e controllo
vedranno che funzionerà e tutti lo useranno ma dall’altra parte Howell afferma che
queste cose non si possono fare perché sono in California. Se da una parte si ha la
razionalità dall’altra si trova l’emotività, logica contro l’ideologia, e quindi una sfera di
tipo affettivo. Strassman quindi cosa fa? Impone e ordina nuove modalità di gestione. Il
linguaggio utilizzato è quello manageriale, sono decisioni tecnico-razionali e quindi
afferma che se l’efficienza è un valore si devono ridurre i costi. Lo stile di leadership di
Strassman è manageriale e dice che un capo deve essere sempre davanti ai suoi
dipendenti e deve dare l’esempio.
Strassman= vuole dimostrare che i mutamenti richiesi si sarebbero tradotti in benefici
per le singole aziende della divisione.  valore della razionalità/logica vs
ideologia/affettività
richiede, impone, ordina nuove modalità di gestione  management
tecnico-razionale
stile di leadership forte fondato sui suoi valori e i suoi schemi di riferimento
 strategie personali, non simboliche
Howell= - dichiara la propria autonomia e quella della Prime
- non adotta le “risoluzioni” di Strassman di modifica dei piani di produzione e
riduzione dell’organico
- mostra accordi di facciata
- contesta la decisione di integrare il marchio
- coopta Mathers
- concede un amento a pioggia (sfida)
- disinteresse di fronte al top management della LEM
5. identificare possibili alternative nelle strategie di Strassman =
- lasciare il logo - invitare anziché convocare
- non avere come unico referente Howell
- modificare il sistema di ricompensa di Howell e di altri riferenti
- far visitare a Howell le altre aziende del gruppo
- eventi - incontrare i dipendenti

LEZIONE 16: Funzione e gestione strategia delle RU


30 Novembre 2020

Gestire le persone all’interno dell’organizzazione. 


Come nasce la direzione delle risorse umane? Breve percorso storico.
Il nostro percorso strico inizia quando il mondo delle imprese si sviluppa completamente
quindi nel dopoguerra. 
- RICOSTRUZIONE DEL SISTEMA INDUSTRIALE (anni 50) = fino alla seconda guerra
mondiale non esisteva una direzione del personale,
comparvero per la prima volta negli anni 50. Il
problema all’epoca era di governare queste masse di
operai che venivano inseriti in imprese che iniziavano
a rilanciarsi e servivano persone esperte nel gestire
grandi numeri di persone e dove le posso trovare
queste persone? Le potevano trovare nell’esercito in
quanto persone che riuscivano a gestire molte
persone. Quindi le prime persone della direzione delle
risorse umane erano generali, colonnelli ecc.
- SVILUPPO DEL SISTEMA ECONOMICO (anni 60) = nacquero i primi supermercati, e
quindi aumenta esponenzialmente la richiesta di
qualunque prodotto e servizio in quanto le persone si
stavano riprendendo dalla guerra e c’era una crescita
economica importante. Le fabbriche del nord devono
dotarsi di strutture e persone che le riempiano.
Queste persone le iniziano a cercare in tutta Italia
(triangolo industriale), dopo aver chiamato tutti i
potenziali operai nel nord-ovest, mi sposto nel nord
est e poi si va verso il sud e infatti ci fu una grande
migrazione dei braccianti che dal sud si trasferiscano
al nord per lavorare nelle imprese. Queste imprese
assumendo moltissime persone dovevano fare 2
azioni: ovvero reclutare persone e insegnare/formare
alle persone come lavorare e come svolgere le
attività. Ma dove trovo delle persone che riescano
formare gli operai? le si trovano oltreoceano, si
iniziano ad insediare nei paesi europei le grandi
marche americane; gli americani avevano già persone
adatte a questo ruolo quindi insegnarono ai laureati
italiani come formare le persone. 
- CONFLITTUALITA’ SINDACALE (anni 70) = nel 1968 scendono in pazza a protestare
studenti e operai per protestare contri il sistema
sociale presente in Italia ovvero nelle fabbriche
comandano i padroni, nelle famiglie comandano gli
uomini, con il 68’ questo viene messo in discussione.
Nel 1970 nasce “lo statuto dei lavoratori” prima legge
che tutela i diritti dei lavoratori. Nel 1973 ci fu una
grande crisi economica legata all’OPEC e con
l’aumento dei prezzi del petrolio dove i prezzi
dell’energia salgono e causando uno shock
economico sia per le famiglie che per le imprese.
quindi tutti gli operai continuano a protestare quindi i
gestori delle risorse umane sono impegnati nella
gestione della relazione della controparte (sono gli
operai rappresentati dai sindacati), le risorse umane
erano impegnate a gestire i sindacati e gli operai. 
- INIZIATIVA MANAGERIALE E SVILPPO (anni 80) = Le cose vanno meglio, ci sono
ancora persone che scendono in piazza ma non sono
più gli operai ma sono i quadri e dirigenti del gruppo
fiat, in questa marcia silenziosa dicono che vogliono
tornare a lavorare perché negli anni 70 c’erano stati
continui scioperi. La direzione risorse umane raffina le
proprie competenze.
- RISTRUTTURAZIONE E GLOBALIZZAZIONE (anni 90) = c’è un evento importante nei
primi anni 90 ovvero le grandi aziende dovevano
iniziare a licenziare del personale perché quando
iniziano i processi di globalizzazione le imprese
dovevano essere più efficienti e scattanti quindi le
imprese iniziando la così detta “ristrutturazione”
ovvero dovevano sfoltire i livelli della piramide (cioè
intendendo eliminare l’eccesso di persone, c’erano
troppi costi per stare in un mercato globale). 
(vignetta che rappresenta il licenziamento del
personale). Le risorse umane in questi anni dovevano
licenziare persone e preparare le imprese per le sfide
globali internazionalizzando la forza lavoro.
11/12/2001  la Cina si integra nel mercato globale,
entra nel mercato e la Cina gioca a suo vantaggio
questo ingresso portando i loro prodotti nel nostro
mercato.
- SOSTENIBILITA’, NUOVE TECNOLOGIE E CRISI (anni 2000 e oltre) = oltre alle grandi
tecnologie, nasce anche la sostenibilità e poi ci sono
le crisi economiche e la nostra crisi ultima. Perché
oggi le risorse umane devono gestire tutti i protocolli
di sicurezza ovvero per esempio tutti gli operai che
non possono lavorare in smartworking devono dare
tutti gli strumenti necessari per far sì che possano
lavorare in sicurezza. Per chi invece svolge
smartworking si deve riorganizzare tutto il lavoro. 
 
LA FUNZIONE DI GESTIONE DELLE RU
Le risorse umane sono una funzione integrativa cioè il suo scopo base è fare in modo che
ci sia convergenza tra gli obiettivi organizzatici e il sistema dei comportamenti individuali
attraverso:
- Il consenso sui valori culturali = ovvero far sì che le aziende abbiano una cultura e dei
valori forti  
- L’imposizione tramite norme e gerarchia
- La qualità dei rapporti interpersonali e della comunicazione
- Il contenuto dell’attività lavorativa
- Il miglioramento dello status aziendale e delle competenze 

CHI SI OCCUPA DI GESTIONE RU NELLE IMPRESE?


Nelle aziende medio grandi esistono delle direzioni specializzate, a loro volta articolate
in unità dedicate a processi specifici (ad esempio la selezione) (ci sarà il direttore al
vertice e poi sotto varie unità con molte specializzazioni) 
Nelle piccole aziende spesso se ne occupa direttamente il vertice (imprenditore, famiglia)
con l’assistenza di un semplice supporto amministrativo 
DUE SCELTE FONDAMENTALI NELL’ALLOCAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ DI
GESTIONE DELLE RU
- Internalizzare vs. esternalizzare = devo decidere se tenere all’interno la gestione delle
risorse umane e/o comprare il servizio all’esterno. Se
sono una grande impresa mi conviene avere un ufficio
interno se invece sono un’impresa piccola è inutile
creare un ufficio interno quindi è meglio esternalizzare.
Quindi i volumi di attività e le dimensioni delle imprese
sono un primo criterio. Svantaggi di esternalizzare
minore controllo e costi fissi che aumentano
- Centralizzare vs. decentralizzare (alla linea) = è un ragionamento tutto interno. quanto
coinvolgo i capi delle funzioni nel fare attività di risorse
umane. Se centralizzo semplifico perché ho una voce
unica però mi allontano da quella funzione specifica
perché se centralizzo non posso conoscere
perfettamente tutti i dipartimenti. Nel momento in cui io
decentralizzo ai capi dei dipartimenti è chiaro che
rendo più complesso il processo ma loro sono quelli
che conoscono bene la loro realtà specifica 

Il ciclo di gestione delle RU è dominato da una parola fondamentale ovvero COERENZA a


un doppio livello:
- In primo luogo = le mie attività di gestione di persone (rettangoli blu) devono essere
coerenti con le variabili do contesto e quindi con l’ambiente, con la
strategia, con la cultura e con la struttura (in alto a sinistra). 
- In secondo luogo = deve esserci la coerenza tra le diverse fasi del ciclo di gestione delle
risorse umane (reclutamento, valutazione, formazione, retribuzione,
carriera) quindi tutti i rettangolini blu devono essere coerenti tra loro. 
RECLUTAMENTO, SELEZIONE E INSERIMENTO = assunzioni, scegliere personale
VALUTAZIONE, PRESTAZIONE E POTENZIALE = il capo a cui noi siamo stati assegnati
ci dice come abbiamo lavorato a fine anno. Se ho
lavorato bene ci daranno un premio e quindi
motivata dal premio che ho preso sarò più
motivato per lavorare ancora meglio l’anno dopo,
se invece ho lavorato male l’anno dopo vorrò
migliorare per prendere il premio. 
Passando alla parte sud del grafico = se non ho lavorato bene cercherò dei corsi di
formazione per migliorare l’anno dopo, la
formazione la do anche a chi lavora bene per avere
maggiori competenze. 
Nella casella a destra = valutazione delle prestazioni ovvero guardo indietro, il capo
guarda come sono andata nell’ultimo anno invece la valutazione
del potenziale guarda avanti, che potenzialità ha una persona nel
futuro.

LEZIONE 17: Tecniche delle RU – Reclutamento, Selezione Inserimento e Formazione


14 Dicembre 2020

Reclutamento e selezione = porta d’ingresso del ciclo di gestione delle risorse umane.
È il momento inziale del ciclo RU, l’attività che permette alle
persone di attraversare il perimetro tra ambiente e
organizzazione.
Finalità = garantire l’acquisizione di nuove risorse per
incrementare, sostituire o rinnovare l’organico
aziendale mediante fase e attività specifiche.
Quanto è adeguato il sistema di reclutamento in relazione a ciò che ci serve oggi ma
soprattutto domani, ovvero se si sta facendo una selezione di persone adatte a quello che
sta succedendo oggi e quanto sia in grado di allungare lo sguardo e immaginare cosa
potrà succedere tra qualche tempo e quindi scegliere una persona capace di cambiare e
adattarsi.
Processo di reclutamento e selezione:

- Definire qual è la posizione da coprire = senza questa fase ci sarebbe la ricerca di un


profilo che non è chiara. Capire come le
caratteristiche di una posizione e quelle
individuali di chi si candida siano il più possibile
corrispondente  ricerca di corrispondenza tra
persona e lavoro
Job Description = - definizione della posizione (titolo)
- scopo della posizione (perché esiste)
- collocazione organizzativa (sistema di riporti)
- principali responsabilità/attività
- risorse gestite (umane, tecniche, finanziarie)
- relazioni (quantità e qualità)
Person Specification (= caratteristiche personali e professionali):
- requisiti di base (titolo di studio, qualifiche
professionali, ecc.)
- conoscenza, capacità, attitudini (“sapere,
saper fare, saper essere”)
- esperienza pregresse (nel settore, nella
posizione, ecc.)
- previsioni sviluppo (necessità di valutare il
potenziale)
- ricerca = comunicazione verso mercato interno e esterno del lavoro
Scelta delle fonti/ canali: - interni = - tavola di rimpiazzi
- job posting (=modalità di ricerca trasversale di
candidature)
- segnalazione dei dipendenti
- stage
- archivio (database e CV)
- esterni = - e-recruiting e social network
- scuole, università
- società di ricerca/head hunter
- associazioni professionali
- inserzioni su giornali (nazionali, locali, di settore)
- domande dirette
- selezione e scelta del candidato = inizialmente di fa un’analisi del curriculum vitae e uno
screening preliminare. Ciò che può essere chiesto a
quei candidati che vengono selezionati è:
- dinamica di gruppo
- somministrazione di test
- prove pratiche
- assessment center (=evento composito fatto di
dinamiche di gruppo)
Tutto si conclude con un colloquio individuale
Colloquio di selezioni = formato da: - apertura
- fase del selezionatore
- fase del candidato
- chiusura
Tempo: 45-60 minuti
Luogo: riservato e confortevole
Ci sono alcune possibili distorsioni durante la selezione: - effetto “alone”
- effetto “caso umano”
- effetto “pregiudizio”
Iter = definire quali tecniche utilizzare alla luce del profilo da selezionare e del
budget disponibile
- inserimento = accoglimento = il complesso di iniziative e azioni programmate per fornire
al nuovo assunto le informazioni utili per conoscere meglio
l’ambiente in cui è entrato, l’unità e le mansioni a cui è
destinato, le persone con cui dovrà collaborare, i
regolamenti e le procedure, i suoi “diritti” e “doveri”
inserimento = il complesso di iniziative e azioni di affiancamento e
formazione programmate per seguire l nuovo assunto nel
primo periodo di attività aziendale
Employer Branding = l’idea di fondo è che ogni organizzazione deve impegnarsi ad
acquisire e trattenere i propri collaboratori potenziali e attuali così
come fa con i propri clienti stabilendo un posizionamento sul
mercato del lavoro, definendo una value proposition e cercando di
stabilite un’immagine distintiva rispetto ai concorrenti.
Le ragioni = - competere con successo sul mercato del lavoro per l’acquisizione di
talenti
- costruire la fidelizzazione dei propri collaboratori nel medio termine
- risultare attrattivi verso la generazione y

Formazione
Cos’è la formazione nelle organizzazioni?
Insieme di attività pianificate per facilitare l’apprendimento della conoscenza (sapere = è la
conoscenza teorica, il quadro di riferimento generale), delle capacità professionali ( saper
fare = sono le competenze tecniche e professionali specifiche del ruolo o funzione). E de
comportamenti (saper essere = sono le competenze trasversali, relazionali ed emotive),
utili alle persone per svolgere il proprio ruolo professionale.

Analisi dei bisogni = livelli di analisi: - organizzativi


- professionali (funzioni, livelli gerarchici, ruoli)
- individuali
strumenti di rilevazione: - fonti dirette = - questionari
- interviste
- focus group
- fonti indirette = - assessment center
- valutazione prestazioni
- indagini di clima
- statistiche sul personale
Progettazione = la costruzione del dispositivo andragogico, in tutte le sue componenti e
dell’impianto di valutazione relativo.
I fase = tradurre i bisogni in obiettivi  MACROPROGETTAZIONE
II fase = tradurre gli obiettivi in programmi  MICROPROGETTAZIONE
Macroprogettazione = - definire priorità di intervento
- individuare gli obiettivi formativi, ovvero i traguardi
educativi: che cosa alla fine del percorso i
partecipanti devono: - sapere
- saper fare
- saper essere
Microprogettazione = - definire gli obiettivi didattici delle singole unità
- segmentare i contenuti per le unità previste
- scegliere i metodi
- elaborare i materiali per le lezioni ed esercitazioni
- definire la logistica del seminario
- definire e segmentare i tempi
- definire le caratteristiche professionali della
docenza
- definire e controllare i costi
Metodi di erogazione = quali possibilità oltra alla lezione tradizionale?
- esercitazione
- ricerca d’aula
- filmato
- studio di caso
- business game
- role playing
- autocasi
- action learning
- outdoor
- coaching/counselling
Valutazione della formazione = distinzione fondamentale: - valutare la qualità del processo
formativo (“bontà” della
struttura e del funzionamento)
- valutare i risultati del processo
formativo (impatto e
cambiamento: che cosa è
accaduto?)

Modello di Kirkpatrick = 4 livello di valutazione dove salendo aumento progressivamente


la complessità della rilevazione e parallelamente della
rilevazione dei dati raccolti.
Gradimento = viene misurata la soddisfazione che il programma formativo ha generato
nei partecipanti. Si tratta di determinare se il corso è stato soddisfacente in
termini didattici, organizzativi e sociali
Apprendimento = viene misurato l'apprendimento, cosa è stato imparato in termini di
sapere, saper fare e saper essere
Comportamento lavorativo = viene studiato l'effettivo utilizzo nel contesto lavorativo
della conoscenza, delle capacità e degli atteggiamenti che
sono stati acquisiti
Risultati organizzativi = vengono misurati i vantaggi per l’impresa: fatturato, numero
clienti, clima interno.

Digital learning: vantaggi e svantaggi

Alcuni trend della formazione: - digital


- empowerment
- experience
- learning system
- self-directed learning

LEZIONE 18: Tecniche delle RU (Prestazione, potenziale e carriera)


21 Dicembre 2020
VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI
Valutazione delle prestazioni = la fase centrale del ciclo delle RU.
La valutazione delle prestazioni è considerata la principale fonte di informazioni per tutte le
altre fasi del ciclo: - retribuzione = determina l’attribuzione di “premi di risultato” e
costituisce il presupposto per la dinamica del fisso
- formazione = consente di condividere con il valutato eventuali
fabbisogni formativi relativi alla posizione ricoperta
- sviluppo di carriera = consente di rilevare la motivazione e le
competenze del valutato rispetto a ipotesi di
mobilità immediata o futura (da integrare con la
valutazione del potenziale)

I principali attori di questo processo sono: - il valutato


- il suo capo diretto
Quasi sempre è coinvolto il capo del capo al fine di garantire l’equità della valutazione
(“one over one”).
Una modalità sempre più diffusa è la valutazione a 360° che richiede:
- cultura organizzativa “non gerarchica”
- stile di management “partecipativo”
- competenze diffuse di “feedback”
- clima aziendale “orientato alla crescita personale”

La direzione delle risorse umane svolge un triplice ruolo:


- progettazione e implementazione “politica” e “tecnica” del sistema
- garanzia della sua applicazione corretta in termini metodologici (uniformità e
trasparenza)
- raccolta e utilizzo delle informazioni generate dall’attività di valutazione (ad esempio,
necessità formative)
La valutazione della prestazione nelle aziende di servizi tende a essere diffusa lungo
tutta la piramide gerarchica.
Mano a mano che si scende, il focus si sposta dagli obiettivi (risultati da raggiungere) ai
comportamenti (modalità di esecuzione della prestazione).
Per il Vertice (comitato di direzione) è previsto un meccanismo secco di MBO sui risultati
economici, finanziari e commerciali.
In cosa consiste la “prestazione”?

La scheda di valutazione = Il formato della scheda di valutazione è diverso in ogni


azienda, tuttavia esiste una struttura “tipo” articolata in tre
sezioni principali:
- la sezione introduttiva
- la valutazione vera e propria
- le note integrative alla valutazione
La scheda viene redatta dal valutatore (nella valutazione a
360°è invece previsto un momento iniziale di autovalutazione)
e quindi sottoscritta dal valutato per “accettazione” o per
“presa visione”.
Il ciclo temporale della valutazione = La valutazione delle prestazioni guarda al passato: il
periodo al quale si riferisce è tipicamente l’anno
d’esercizio.
Qualche volta alla valutazione annuale si aggiunge
una valutazione intermedia semestrale.
È buona prassi che il feedback ai propri collaboratori
sulle prestazioni non si limiti al momento formale di
fine anno, ma diventi invece un’azione continua
nell’ambito dell’azione gestionale di un capo (logica
di coaching).
Colloquio capo-collaboratore = Rappresenta il cuore della valutazione delle prestazioni e
dalla sua qualità dipende l’efficacia dell’intero processo.
Quindi, è essenziale prevedere una formazione ad hoc
per i capi (valutatori), che ne supporti la capacità di gestire
non solo la dimensione informativa e di contenuto, ma a
anche la dinamica emotiva interpersonale.
Il colloquio ha anche una valenza più ampia in quanto
costituisce un “canale di comunicazione” formale tra
ciascun dipendente e il Vertice, attraverso i capi diretti.
Un buon colloquio presuppone: - predisposizione all’ascolto
- capacità di fare domande
- attenzione al sostegno emotivo
- chiarezza nel dare il feedback positivo e negativo
- capacità di proporre azioni migliorative

VALUTAZIONE DEL POTENZIALE


Potenziale: - dal punto di vista psicologico = insieme delle energie, caratteristiche,
capacità, attitudini presenti di un individuo
che non sono utilizzate per mancanza di
esperienza o di know-how o che non sono
richieste dalla posizione al momento
ricoperta
- dal punto di vista organizzativo = possibilità di un individuo di ricoprire una
determinata posizione di livello
superiore, grazie al possesso di
caratteristiche/attitudini attualmente non
espresse
Perché valutarlo? - avere un quadro chiaro e analitico delle risorse potenziali disponibili
(alimentare le “tavole di rimpiazzo”)
- pianificare il fabbisogno di risorse umane in modo coerente con i
cambiamenti strategici e organizzativi della azienda
- individuare i possibili candidati interni rispetto ad una posizione
organizzativa
- per programmare le esigenze di formazione; per pianificare le
carriere e i piani di sviluppo
Valutazione del potenziale = è una valutazione qualitativa orientata al futuro ed è un
metodo di confronto tra: - sistema di caratteristiche presenti in
uno specifico individuo
- sistema di caratteristiche richieste
da una specifica posizione in uno
specifico contesto
attività diagnostica = indirizzata ad individuare le attitudini dei
componenti di un’organizzazione per
poter orientare lo sviluppo verso le
posizioni più congruenti in termini di
caratteristiche psico-attitudinali
Le fasi del processo sono:
1. SCELTA STRATEGICA DA PARTE DEL VERTICE AZIENDALE
- definizione della popolazione coinvolta (neoassunti, middle manager, «evergreen»)
- comunicazione diretta ai destinatari dell'intervento
- scelta della metodologia (metodo diretto o indiretto)
2. ANALISI E MESSA A PUNTO DELLA GRIGLIA DI RIFERIMENTO (quale tipo di
potenziale vogliamo valutare? Manageriale, imprenditoriale, apertura al cambiamento,
ecc.)
3. RILEVAZIONE DEL POTENZIALE (stesura del profilo) E IMPLEMENTAZIONE DELLA
AZIONI DI SVILUPPO CONSEGUENTI
Periodicità = ogni 3/5 anni oppure in occasione di processi di cambiamento organizzativo
significativi
Due possibili metodologie:

SVILUPPO DELLA CARRIERA


Carriera = - “Un percorso di avanzamento professionale” (Hall, 1976)
- “Processo di sviluppo lungo tutto il corso della vita di una persona,
indipendentemente dagli avanzamenti formali lungo la gerarchia” (Peel, 1992)
- “Assegnazione di posizioni gerarchiche più elevate e formalmente
riconosciute, come manager o professional” (Arthur e Rousseau, 1996)
- “Insieme di mansioni ricoperte nel tempo, qualificate da livello retributivo,
posizione, status gerarchico, contenuto dei compiti” (Salvemini, 1992)
Due elementi fondamentali sono: - sviluppo professionale = acquisizione di nuove
competenze
- avanzamento gerarchico = assunzione di
responsabilità più elevate
nell’organizzazione
Lo scenario di riferimento attuale

Il concetto tradizionale di carriera risponde a questo modello:

Il vecchio schema = modelli e strumenti di gestione prevalenti sono:


- modelli = - lineare = serie di passaggi verticali verso posizioni gerarchiche di sempre
maggiore autorità e responsabilità
- professionale = specializzazione progressiva rispetto ad un mestiere specifico
- strumenti di gestione = - piano di successione per cooptazione verticale = ogni risorsa
collocata in posizione chiave individua un potenziale
sostituito fra i suoi collaboratori
- piano di rimpiazzo multiplo = piano di successione, indicando
coloro che a breve o a lungo termine possono
“rimpiazzare” una risorsa
Tavola di rimpiazzo
Il nuovo concetto di carriera invece prevede un sistema differente

Il nuovo paradigma = modelli e schemi di gestione prevalenti


- modelli = - a spirale = periodici movimenti laterali verso aree aziendali contigue, ma
caratterizzate da diverse competenze
- transitoria = passaggi laterali della risorsa, attraverso campi totalmente
differenti, con autonomia e «imprenditorialità»
- strumenti di gestione = - management portfolio = costituzione di un bacino di talenti,
provenienti dalle diverse funzioni, con
diversi livelli di competenza
- sviluppo work-based = basato sull’accumulazione di esperienze
professionali diverse e apprendimento
continuo in attività, progetti
- relazioni di sostegno individuale = coaching, mentoring
Identikit delle risorse “ad alto potenziale” = - esigenze di innovazione e creatività
- competenze trasversali
La guerra dei talenti (McKinsey) - mobilità dei knowledge worker

Quali caratteristiche hanno gli altri potenziali? Capacità cognitive, competenze sociali,
efficacia gestionale, motivazione, energia
ma la definizione non è univoca
Chi sono gli altri potenziali: Tre categorie = NEOLAUREATI IN INGRESSO
GIOVANI CON 3-5 ANNI DI ESPERIENZA
MANAGER MIDDLE (QUADRI) o SENIOR
CON POSSIBLITA’ DI CRESCITA IN
POSIZIONI DI DIREZIONE
…stimolati dal cambiamento continuo
…attratti da esperienze in settori/funzioni diverse
…alla ricerca di apprendimenti
La carriera per le risorse “ad alto potenziale” può essere:
- percorsi di crescita accelerati
- forte utilizzo della leva formativa
- esposizione internazionale
- frequenza e varietà degli stimoli professionali

DIVERSITY & GENERATION


Valentina Uboldi
Responsabile comunicazione interna ENI

La comunicazione interna in Eni si posiziona all’interno dell’identity management, perché


nelle logiche organizzative interne si è ritenuto che lo stakeholder principale dell’azienda è
il dipendente, porti con sé un insieme e di valori e di senso tale per cui l’azione sia
coordinata con altre funzioni.
Eni da diversi anni porta avanti progetti e partnership sull’inclusione, che è un elemento
chiave e sentito da molte delle grandi aziende perché le persone dell’azienda sono un
patrimonio e non va lasciato indietro nessuno.
È stato creato un format multimediale che attraverso una serie di filmati è stato spiegato
da un formato interno l’inconsciuos bias.
È stato anche aperto un canale per avere feedback sul progetto quando e come volevano i
dipendenti. È molti sono stati contenuti di affrontare questi stereotipi.

La centralità della questione generazionale: - allungamento delle aspettative di vita e


revisione dell’età di pensionamento
- accelerazione dei cambiamenti socio-
culturali e relativo accorciamento dei cicli
generazionali
Concentrazione nei luoghi di lavoro di un numero crescente di generazioni caratterizzate
da mancate differenze di valori, atteggiamenti e comportamenti
I rischi del conflitto: - turnover elevato
- peggioramento della qualità del clima interno
- perdita di efficienza operativa
- calo della motivazione individuale
- mancata valorizzazione delle differenti generazioni rispetto alle
esigenze di business
I diversi gruppi generazionali: - baby boomers (1946-1964)
- generazione x (1965-1979)
- generazione y (1980-1995)
- generazione z (dal 1995 in poi)
Focus generazione Z: - una “casa di vetro”
- feedback costante e riconoscimento
- varietà, divertimento e informalità
- essere trattati com “pro-sumer”
- visuali e con bassa soglia di attenzione
- tecnologie digitali all’avanguardia
- sostenibilità (going green) e “Diversity & Inclusion)
Costruire un modello per il generation mix: principi
- non sono possibile politiche e sistemi universalistici di gestione delle risorse umane
- occorre valorizzare in chiave di business le competenze e le attitudini di ciascun gruppo
generazionale
- bisogna mettere al centro delle politiche di “emplower branding” la valorizzazione delle
diversità

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