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GIOVANNI VERGA

Sommario
VITA e OPERE ....................................................................................................................... 2
POETICA ................................................................................................................................ 3
CONTESTO STORICO: .......................................................................................................... 3
CICLO DEI VINTI .................................................................................................................... 4
VITA DEI CAMPI .................................................................................................................... 5
TEMATICHE ....................................................................................................................... 5
FANTASTICHERIA ................................................................................................................. 6
I MALAVOGLIA (Prefazione) .................................................................................................. 7
VITA e OPERE

Giovanni Verga, nato a Catania nel 1840 in un'agiata


famiglia di proprietari terrieri, mostra presto un particolare
interesse per la letteratura. Educato in un ambiente di idee
liberali, a soli quindici anni scrive il suo primo romanzo,"
Amore e patria"; ben presto si dedica interamente all'attività
di scrittore e giornalista abbandonando gli studi universitari
di Legge. All'arrivo dei Mille(1860)Verga si arruola nella
Guardia Nazionale Garibaldina, partecipando anche ad
azioni militari.
Dal 1869 soggiorna a Firenze, frequentando gli ambienti
letterari, e conosce gli scrittori Luigi Capuana e Federico De
Roberto che, con Verga, saranno i principali esponenti di un
nuovo movimento letterario: il Verismo. Nel 1871 pubblica
"Storia di una capinera" ,il suo primo romanzo di successo. L'anno successivo si trasferisce a
Milano, dove partecipa all'intensa vita intellettuale della città. Legge e apprezza opere di
autori di quel periodo, come Balzac, Flaubert e Zola, rappresentanti delle correnti letterarie
del Realismo e del Naturalismo francese, che assegna alla letteratura il compito di studiare
con metodo scientifico la società e la psicologia dell'uomo. Con la raccolta di novelle "Vita dei
campi(1880),e poi i "Malavoglia"(1881),le "Novelle rusticane"(1883),il "Mastro-don
Gesualdo"(1889),Verga rivolge l'attenzione al mondo degli uomini, dei senza speranza, degli
uomini destinati a soccombere nella dura lotta per l'esistenza. La novità della sua produzione
"verista" lascia perplesso il pubblico che non comprende la sua grandezza. Nel 1893 lo
scrittore si ritira a Catania dove trascorre gli ultimi trent'anni della sua vita, in solitudine,
lontano da ogni impegno, scrivendo pochissimo. Muore nel 1922.

Discreto, solitario e riservato pur mantenendo sempre un tratto cortese, contrario a qualsiasi
forma di pubblicità, chiuso in una sorta di costante malinconia: erano questi gli aspetti del
Verga. Ne emerge l'immagine di un uomo sensibile, ma dal carattere difficile, per il quale
l'approdo al Verismo, rappresentò forse il mezzo ideale per nascondere se stesso dietro la
propria opera
POETICA

La poetica di Verga esprime un grande pessimismo,che unisce l'impossibilità


dell'elevazione del proprio essere,con quella di tipo economico o sociale: lo troviamo nei
Malavoglia,dove la famiglia che vuole elevarsi economicamente finisce letteralmente per
disintegrarsi, e in tutte le sue altre opere.Alla fine Verga ci vuol fare capire, che non dobbiamo
mai lasciare quello che abbiamo, perché andremo incontro alla sconfitta.Alla base del
pessimismo di Verga sta la profonda convinzione che la società moderna sia dominata dal
meccanismo della lotta per la vita. "mai lasciar la strada vecchia per quella nuova".
Infatti nella Prefazione al Ciclo dei vinti, dalla quale si apprende l’ideologia verghiana, egli
afferma, fra l’altro, che l’autore non deve intervenire perché non ha il diritto di giudicare e di
criticare gli eventi: chi scrive deve quindi usare la tecnica dell’impersonalità, che si configura
come il modo più adatto per esprimere una realtà di fatto, ovvero la presenza incontrastata
del Male nel mondo. La vita è infatti una dura lotta per la sopravvivenza e quindi per la
sopraffazione, un meccanismo crudele che schiaccia i deboli e permette ai forti di vincere: è
questa la legge della natura – la legge del diritto del più forte – che nessuno può modificare
perché non ci sono alternative.
Infine Verga compone, con le sue opere letterarie, un grandioso affresco dell'esistenza
passando dai toni malinconici, drammatici, tragici a quelli ironici, comici, umoristici. Un filo
conduttore dell'opera di Verga può essere rinvenuto nell'amore, quello di "lusso", esasperato,
verboso, travolgente e quello essenziale e silenzioso delle persone semplici. Egli, inoltre,
procede a uno scavo approfondito della natura umana, analizza e rappresenta l'inesausta
lotta per la vita, inscena le solitudini che si sviluppano in un mondo inospitale.

CONTESTO STORICO:

Egli visse in un'epoca di transizione, caratterizzata dal passaggio dall'idealismo dell'Italia


risorgimentale allo scetticismo positivistico dell'Italia post-unitaria, tanto vero che questa
rinuncia all'idealismo romantico in nome di un atteggiamento di fiducia nella scienza si
tradusse nel Verga in una forma di rassegnazione e accentuò la sua visione pessimistica
della vita, vista come una drammatica lotta in cui solo il più forte è destinato a vincere e il più
debole, fatalmente a soccombere.
CICLO DEI VINTI
Con il termine Ciclo dei Vinti viene indicato l'insieme dei romanzi di cui avrebbe dovuto
comporsi un impegnativo progetto letterario dello scrittore Giovanni Verga, rimasto
incompiuto.
Cinque erano i romanzi previsti per tale ciclo:
● I Malavoglia
● Mastro-don Gesualdo
● La duchessa di Leyra
● L'onorevole Scipioni
● L'uomo di lusso
Si tratta di un "ciclo", e non di cinque romanzi separati, perché essi
avrebbero dovuto avere come comune denominatore il tema della
lotta dell'uomo per l'esistenza e per il progresso.
L'opera completa rimase però, come s'è detto, incompiuta, in quanto
La Duchessa de Leyra fu solo abbozzato, mentre gli ultimi due
romanzi, L'Onorevole Scipioni e L'uomo di lusso, non furono neppure
iniziati.
I due romanzi portati a termine, I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo,
sono tuttavia dei capolavori assoluti, e sono in sé più che sufficienti
per illustrare la tesi di fondo dell'autore: la quale coinvolge il concetto
di ciclo in un modo che va oltre la semplice struttura del corpus: essa
implica infatti, la concezione ciclica del tempo propria delle civiltà più
legate alla terra e la visione del tutto personale che Verga ha del
progresso.
VITA DEI CAMPI

Vita dei campi è una raccolta di otto novelle (nell’ordine:


Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, Cavalleria
rusticana, La lupa, L’amante di Gramigna, Guerra di santi,
Pentolaccia) pubblicata nel 1890. Oltre ad contenere una
delle novelle più note dell’autore siciliano, è considerata un
anello di congiunzione fondamentale tra le prime opere
verghiane (come Storia di una capinera, Eva o Nedda) e il
ciclo romanzesco dei “vinti”, aperto da I Malavoglia nel
1881.

TEMATICHE
Preceduta da una raccolta di carattere intermedio come
Primavera e altri racconti (Brigola, 1876), in cui comunque
l’autore manifestava il suo favore per le posizioni del
realismo letterario, Vita dei campi riunisce testi già usciti su
rivista nel biennio 1878-1880. Nel corso degli anni l’autore rivede più volte Vita dei campi,
aggiungendo o togliendo testi e intervenendo spesso sulla forma delle novelle stesse;
tuttavia, è la prima edizione del 1880 a riassumere al meglio i criteri e le linee portanti del
“metodo” verista.
Le trame delle novelle ricostruiscono allora il microcosmo di un mondo arcaico ed ancestrale,
che spesso risulta del tutto alieno rispetto alle abitudini urbane e borghesi dei lettori (come
spiega Fantasticheria, il testo di apertura che ha un’importante funzione di introduzione e
prefazione complessiva). I temi portanti della raccolta sono così la radicale distanza tra il
mondo moderno e l’incontaminato mondo di natura siciliano (come in Jeli il pastore), l’analisi
impietosa delle leggi di sopraffazione del più debole (come in Rosso Malpelo), i drammi
dell’amore e della gelosia (come in Cavalleria rusticana, La lupa o Guerra di santi), senza
dimenticare l’importanza di chiarire i risvolti teorici della propria scrittura (la Prefazione
all’Amante di Gramigna).
Verga arriva a Vita dei campi dopo anni determinanti per la sua formazione: il contatto con il
gruppo milanese degli Scapigliati, la lettura dei grandi maestri del naturalismo francese (dal
Balzac della Commedia umana fino allo Zola del ciclo dei Rougon-Macquart) e il crescente
interesse di quegli anni per la cosiddetta “questione meridionale” (sostenuta dall’inchiesta La
Sicilia nel 1876 dei parlamentari Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino e dalle Lettere
meridionali dello storico Pasquale Villari) indirizzano evidentemente i gusti verghiani,
stimolati pure dall’amicizia con Luigi Capuana (uno dei primi teorici del verismo) e dalla
costante riflessione teorica su mezzi e finalità dell’atto narrativo.
FANTASTICHERIA
La novella può essere divisa tematicamente in 4 parti, la prima, formata dal breve capoverso
iniziale, ha la funzione di introdurre il lettore nella vicenda. La seconda parte presenta le
reazioni della dama di fronte alla vita degli abitanti di Aci-Trezza, cioè la sua incapacità a
capire come essi possano vivere un’esistenza così umile. La terza parte, ripresa nel finale,
sancisce l’inconciliabilità del mondo nobiliare della dama con quello genuino e povero dei
pescatori. La quarta, infine, accenna alle vicende di alcune persone che saranno poi i futuri
personaggi dei malavoglia.
Fantasticheria è un racconto che serve a Verga come introduzione ai Malavoglia. Ma più che
un racconto, lo si direbbe una lettera d’amore ironicamente nostalgica, indirizzata dallo
scrittore a una dama elegante e superba, di cui era forse l’amante. Nella lunga lettera che
inizia con l’avverbio fiabesco e nostalgico “una volta” lo scrittore ricorda le 48 ore di vacanza
e d’amore trascorse ad Aci Trezza in compagnia della dama. Dama che non viene identificata
per nome, soltanto con un “voi” le si rivolge lo scrittore, assecondandone dunque solo in parte
il capriccio che la vuole nominata in un libro e che tuttavia riesce a rimanere impressa nella
mente del lettore. Merito del suo vestitino grigio e del manicotto di volpe azzurra, della sua
andatura superba anche se a volte sbadata, e dei suoi occhi arditi. Tutti elementi che lo
scrittore distribuisce nel testo a poco a poco e che compongono una descrizione della dama
che si intreccia ai ricordi di quel breve soggiorno comune ad Aci Trezza.

Il racconto contrappone in modo netto la condizione economica e sociale della dama a quella
dei pescatori catanesi. Il contrasto viene sviluppato insistendo su vari aspetti. Colpisce, per
prima cosa, lo stacco tra l’abbigliamento sofisticato ed elegante della dama e quello lacero
dei popolani. A questi segni ben visibili si aggiunge poi un contrasto invisibile, ma forse
anche più profondo. E’ il contrasto delle mentalità. Per la dama, infatti, sarebbe impensabile
vivere tutta una vita in quello sperduto paesino siciliano. E non riesce a capire, dunque, come
gli abitanti di quel paesino si ostinino con tanta tenacia a restarvi attaccati, nonostante tutte le
avversità del clima, il ritmo sempre uguale delle occupazioni, la chiusura nel cerchio della
famiglia. Eppure, commenta lo scrittore, si tratta di un modo di vivere. E non ci si può
permettere di giudicarlo così come pretende la dama, osservandolo dalla distanza di un
cannocchiale. Bisogna piuttosto cambiare strumento di osservazione, prendere un
microscopio e cercare di studiare le cause profonde di un tale ostinato attaccamento alla terra
e alla famiglia. I Malavoglia saranno proprio lo studio al microscopio delle vicende e dei
protagonisti già presenti in Fantasticheria.
I MALAVOGLIA (Prefazione)

La prefazione al romanzo dei Malavoglia, si sofferma su alcuni punti fondamentali per


comprendere al meglio l’operazione verista, in cui si uniscono due dei principali interessi di
ricerca di Verga, attivi sin dagli anni di composizione delle novelle: l'interesse per la questione
meridionale e la presenza di un concreto mercato di pubblico cui rivolgersi. Quello che
presenta l’autore è lo studio sincero e spassionato del come probabilmente devono nascere e
svilupparsi nelle più umili condizioni le prime irrequietudini pel benessere.

Soddisfatti i bisogni materiali dei pescatori siciliani, la ricerca diviene avidità di ricchezze, e si
incarnerà in un tipo borghese, Mastro don Gesualdo. Poi diventerà vanità aristocratica nella
Duchessa di Leyra, e ambizione dell’Onorevole Scipioni, per arrivare all’Uomo di lusso.

Quello di Verga è uno sguardo progettuale con un’ampia prospettiva, che illustra come
l'avidità di ricchezze sia un forte propellente per ogni ordine e ceto sociale; l’idea di questo
ciclo romanzesco, ispirato dai Rougon-Macquart di Émile Zola e simbolicamente dedicato ai
"vinti" dalla macchina sociale, mette in luce tutta la finezza letteraria e sociologica di Verga.
Verga non nega l'effetto delle grandi rivoluzioni economiche e sociali che stanno cambiando il
mondo di fine Ottocento, egli sottolinea come il risultato complessivo di questa "fiumana"
(termine che evoca di per sé l'impetuosità e l'inarrestabilità del mutamento storico) possa
nascondere le vicende individuali di chi è stato sopravanzato e sconfitto. Verga vuole
denunciare le contraddizioni sottese alla società a lui contemporanea:

Il risultato umanitario copre quanto c'è di meschino negli interessi particolari che lo
producono; li giustifica quasi come mezzi necessari a stimolare l'attività dell'individuo
cooperante inconscio a beneficio di tutti. Ogni movente è legittimato dal solo fatto della sua
opportunità a raggiungere lo scopo del movimento incessante.

La posizione dell’osservatore non coinvolto nella fiumana ha dei precisi risvolti conoscitivi, in
quanto se il progresso e la ricerca del bene materiale ha i suoi risvolti negativi, “l’osservatore
ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare
dall’onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate”. A questo proposito si
affianca la ricerca stilistica dello scrittore verista, che deve trovare per ogni romanzo le scelte
letterarie migliori per la sua indagine. Al salire della scala sociale infatti, “i tipi si disegnano
certamente meno originali, ma più curiosi, per la sottile influenza che esercita sui caratteri
l’educazione, ed anche tutto quello che ci può essere di artificiale nella civiltà”.

La questione della forma, è allora inscindibile dal tema trattato, e dell’atteggiamento


impersonale assunto dal narratore, che rifiuta l’onniscienza delle narrazioni più tradizionali. Il
“ciclo dei vinti” ha allora qui la sua formulazione teorica e letteraria: la “lotta per l’esistenza”,
ad ogni livello socio-economico, sarà il vero obiettivo della creazione romanzesca. Eppure, a
chi contempla e racconta tale “spettacolo” non è concesso il giudizio ma solo il compito di
descrivere uomini e cose nella maniera più “vera” ed autentica possibile.
Chi osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi un
istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione, e rendere la scena
nettamente, coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della realtà come è stata, o
come avrebbe dovuto essere.

FONTI:

http://www.oilproject.org/lezione/vita-dei-campi-giovanni-verga-riassunto-tematiche-
poetica-5074.html
http://www.liberliber.it

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