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Alessandro Lolli
La guerra
dei meme
fenomenologia di uno scherzo infinito
La guerra dei meme
© 2017 effequ, Orbetello
www.effequ.it
Facebook: Effequ | Twitter: @effequ | Instagram: effequ_ed
il meme egoista 17
Natura, storia e miti: il meme superfluo 29
Musica e lettura culturale: verso il meme del presente 35
il meme online 39
Meme e contenuto virale 54
Cornici per battute 62
I meme muti 74
i memers 81
Autistici e normali 98
Estensione e limiti della normificazione 113
Bibliositofilmodiscografia 175
Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la
Biblioteca non è infinita (se realmente fosse tale, perché
questa duplicazione illusoria?), io preferisco sognare che
queste superfici argentate figurino e promettano l’infinito
Jorge Luis Borges, 1941
prefazione
di Mark Zuckerberg, abbiamo pure partecipato a mettere su qualcosa
d’importante, a modo suo, a modo nostro: diciamo pure una scena. Una
galassia eterogenea di firme venti-trentenni un po’ nerd che hanno
portato una ventata di aria fresca nel giornalismo culturale dei tardi
anni Duemiladieci: una combriccola di scappati di casa overskilled e
sottopagati rifugiata su magazine come Prismo, Pixarthinking, L’In-
discreto; capaci di mescolare la teologia scolastica e i fumetti Marvel
(vabbe’, questo sono io) oppure Furio Jesi e i meme: e qui sto parlando
di Alessandro Lolli e del suo primo libro, che in effetti è la ragione per
cui (non) mi pagano.
prefazione
gue si sono rimescolate come a Babele. Ma in fondo che importa? Que-
sti non sono altro, come si dice, che First World Problems. E un meme
ci seppellirà.
1
il meme egoista
il meme egoista
dei casi certi filosofi rinsaviscono in corso d’opera, si affidano
frettolosi al secondo Wittgenstein e decidono che è l’uso del-
la parola a determinarne il significato (così il tutto si risolve
19
in una perdita di tempo dotta). Nel peggiore dei casi invece,
certi altri provano davvero a convincere il lettore che il senso
1 Abbiamo scelto di trattare il termine ‘meme’ come nome invariabile, cioè uguale sia al singolare
che al plurale. Una scelta che si fonda principalmente sull’uso invalso nella comunità di parlanti
italiani che adoperano la parola. ‘Meme’ è un neologismo molto particolare, essendo stato inventato
in tempi recenti, e non esistono ancora regole grammaticali formalizzate.
immagini buffe che avrebbero spopolato nell’Internet del
secolo successivo. Aveva invece un obiettivo quantomeno
ugualmente ambizioso: cambiare il soggetto dell’evoluzio-
ne Darwiniana. In quello che è diventato a suo modo un
classico della divulgazione scientifica, il gene va a sostituire
la specie come protagonista dell’evoluzione. L’inversione di
prospettiva operata da Dawkins suona all’incirca così: i geni
sono dei replicatori il cui scopo (la tendenza? la natura? mol-
te critiche ha ricevuto il saggio per un’eccessiva antropo-
morfizzazione) non è altro che replicare se stessi. Per farlo,
la guerra dei meme
il meme egoista
nice interpretativa che tutto spiega, dalla nona sinfonia di
Beethoven alla strana abitudine di immaginare un essere
superiore che giudica le tue azioni, il meme, in complessi
più o meno articolati, è il modo in cui la cultura si dà e si 21
4 Ibid., p. 205.
spericolata, laddove Richard Dawkins non ha mai nascosto
la sua posizione nei confronti delle scienze umane – che va
dall’indifferenza scettica all’insulto frontale. Proprio nella
prima pagina de Il gene egoista l’autore dichiara serenamente
che “La filosofia e le materie cosiddette ‘umanistiche’ ven-
gono ancora insegnate quasi come se Darwin non fosse mai
esistito5”.
Per Dawkins, come per tanti altri addetti alle scienze dure,
la sfida della cultura è nelle mani sbagliate e la memetica è
il cavallo di Troia perfetto per provare a sottrarla agli im-
postori. Evitando la trappola del riduzionismo ingenuo, cioè
il meme egoista
ricondurre brutalmente i fatti culturali a una qualche mate-
rialità indagabile scientificamente, la memetica mantiene uno
stretto legame con i saperi scientifici e, contemporaneamen-
23
te, pretende di fare tabula rasa di quanto è stato detto da chi
scienziato non è. La neonata scienza abbozzata da Dawkins
5 Ibid., p. 3.
La filosofia e i subjects known as ‘humanities’, con tanto di virgolette, subiscono un famoso assalto alla
fine degli anni Novanta con l’esperimento sociale noto come Sokal affair. Alan Sokal, un professore
di fisica statunitense, invia un paper senza senso, infarcito di gergo filosofico decostruzionista, a una
rivista accademica di studi culturali e riesce a farselo pubblicare. La burla, nelle intenzioni del suo
artefice, dimostra che la filosofia, specialmente nelle sue declinazioni postmoderne e continentali
dell’ultimo quarto di secolo, è una truffa, “un’impostura intellettuale”. E proprio questo è il titolo
del libro che Sokal pubblica l’anno seguente, Intellectual Impostures, scritto a quattro mani con Jean
Bricmont, che riceve una recensione entusiastica di Richard Dawkins in cui si sostiene la validità te-
orica del Sokal Affair e, sulla scorta degli autori del saggio, si rivendica l’insensatezza di autori come
Baudrillard, Deleuze, Derrida e così via.
Nel 2009, durante una lezione a Harward, Steven Pinker
la riassume così:
6 riportata a http://on-memetics.blogspot.it/2011/08/tim-tyler-why-is-there-no-science-of.html
[trad. dell’autore]
che, nel 1991, pubblica il saggio Viruses of Mind nel quale li
usa, ancora una volta, per spiegare il funzionamento delle
religioni. Nello stesso periodo prende vita alt.memetics, un
newsgroup che poi confluirà nella rivista «Journal of meme-
tics», attiva dal 1997 al 2005. In un breve periodo escono tre
libri che hanno i meme come argomento principale: Virus
of the Mind: The New Science of the Meme di Richard Brodie
(1995), Thought Contagion di Aaron Lynch (1996) e La mac-
china dei memi di Susan Blackmore (1999). L’ultimo dei libri
citati porta la benedizione di Richard Dawkins sotto for-
ma di prefazione: lo scienziato saluta il lavoro di Blackmore
il meme egoista
come uno dei più completi sviluppi della sua vecchia idea e
si incarica di illustrare la varietà degli enigmi risolvibili dal-
la memetica. Ma gli esempi di fenomeni interpretabili attra-
25
verso i meme che riporta sono quantomai ad hoc: racconta
della moda degli origami che lanciò ai tempi delle superiori,
7 R. Dawkins in S. Blackmore, La macchina dei memi, Instar Libri, Torino 2002, p. XXI
ta dal dover spiegare la cultura. Senza nascondersi dietro un
dito, è chiaro che l’ambizione generale di interpretare tutta
la cultura attraverso i meme è una confutazione delle letture
metafisiche dell’umano e di ciò che lo riguarda. Finalmente
un’interpretazione materialista della cultura, esclama il me-
metista, una spiegazione scientifica che pone l’imitazione
e l’evoluzione al centro dei processi culturali, non qualche
ineffabile sostanza ‘specificatamente umana’, o addirittura
divina, che solo i filosofi possono trattare.
Immaginiamo la scena: il memetista è lì, armato fino ai
denti di nuovi saperi scientifici, pronto a sferrare l’assalto
il meme egoista
al castello umanista. E i suoi nemici come gli rispondono?
Scrollano le spalle, e dicono che il suo piano diabolico per
rivoluzionare materialisticamente il modo di intendere la
27
cultura è roba già vista, da secoli8: perché gli obiettivi posti
dalla memetica sono già stati affrontati e sviluppati dalle
8 I suoi nemici, ma probabilmente non Heidegger. Se per esempio il memetista armato si trovasse
davanti il professor Heidegger, troverebbe certamente il rivale che cerca, perché Che cos’è metafisica è
proprio questo, la più limpida e violenta difesa del terreno unico e inviolabile della filosofia, discipli-
na che non solo è diversa da tutte le altre, ma superiore, in quanto le fonda.
dimensione umana, soprattutto nelle sue ricorrenze e re-
golarità, nei suoi aspetti storici e sovraindividuali, a costo
di sfociare nel determinismo. Il marxismo riconduce tutti
i fenomeni alle condizioni storico-materiali che li hanno
prodotti, a partire quelli più intellettuali che vorrebbero
autogiustificarsi. Freud, come si dice, ha portato la rivolu-
zione copernicana nel cuore dell’individuo, decentrandolo
rispetto ai suoi stessi pensieri che sono invece in larga par-
te prodotti da strutture inconsce comuni a tutti gli esseri
umani. Sociologia e antropologia (escludendo le correnti
la guerra dei meme
il meme egoista
Dopo una tale obiezione viene innazitutto da pensare
al vantaggio che da sempre ha la natura sulla storia: alme-
no agli occhi degli scienziati, è un più alto valore di verità,
cioè di verificabilità (o misurabilità, o falsificabilità, a se- 29
il meme egoista
chissà perché, come oggetto gli extraterrestri. In altri tempi
e altri luoghi, erano invece molto diverse e questo è quel che
la memetica e Blackmore hanno da dire in proposito:
31
il meme egoista
nostro campo percettivo partecipa del Male: gli angoli, i piani
irregolari, il rumore, la discontinuità delle superfici13.
il meme egoista
ambito in cui la memetica è sembrata funzionare egregia-
mente e, non a caso, è stato citato nel capitolo del Gene egoi-
sta e trattato più volte dal «Journal of memetics»: la musica.
La musica bene si accorda al meme, e sostanzialmente 35
il meme egoista
Sappiamo bene che non si tratta di una pura ipotesi, ma
è esattamente quello che è successo agli inizi del nuovo
millennio.
37
il meme online
il meme online
ve. Rileva felice che il termine è appena entrato nell’Oxford
English Dictionary e poi cerca su Google la parola ‘meme’.
Scopre che è menzionata: “circa mezzo milione di volte, una
41
cifra assurda, evidentemente falsata dalla presenza di vari
acronimi e dal francese même1”
il meme online
il meme come un pezzo di cultura, di solito una battuta,
la cui influenza cresce diffondendosi online. E poche righe
dopo si specifica che non tutti i meme sono battute (già
43
esistevano i creepypasta3, per esempio, l’equivalente meme
delle urban legend), suggerendo il carattere generale e non
2 P. Davison in M. Mandiberg, The Social Media Reader, New York University Press, 2009 New
York, p. 122.
3 Creepypasta è un neologismo formato dalla contrazione di ‘creepy’, ‘inquietante’, e ‘copy-paste’, cioè
‘copia e incolla’ – il comando informatico. I creepypasta erano brevi storie dell’orrore che venivano
diffuse, inizialmente, su 4chan. Come le leggende urbane orali, mischiavano verità e menzogna:
storie false che si spacciavano per vere, storie vere che si spacciavano per false, ma anche storie false
che potevano diventare vere, come alcuni sostengono sia successo con la recente Bluewhale, nata
proprio come semplice storiella dell’orrore condivisa negli anfratti di Internet e poi tragicamente
messa in pratica.
fenomeno a sé stante e, contemporaneamente, andando a
sottolineare tutto ciò che hanno in comune con potenziali
antenati e presunti fratelli. È il percorso scelto da Linda K.
Börzsei, dottoranda olandese, che nel 2013 ha scritto un pa-
per intitolato Makes a Meme Instead - A Concise History of In-
ternet Memes, testo imprescindibile per un’analisi di questo
tipo. Infatti, come sottolinea l’autrice in apertura, se c’era
già stato qualche tentativo di lettura sincronica dei meme,
il meme online
so tra gli utenti del primo Internet che ne fecero un uso
creativo, disegnando faccine sempre più complesse per gli
scopi più vari. Considerare le emoticon il primo meme di
45
Internet è un’idea coraggiosa che Börzsei difende insisten-
do sul carattere iconico delle faccine, a un tempo stabile e
il meme online
lo come un sistema aperto. Era, tuttavia, un processo non
ricercato dall’autore e da costui regolamentato, infatti pre-
sero a diffondersi remix di Bert is Evil al di fuori del sito ‘pa-
47
drone’, mostrando l’incontrollabilità dei contenuti online.
In questo senso Bert is evil segna un momento di passaggio:
il meme online
dal divertimento, ma è allo stesso tempo ridicolizzata, au-
toironica. Per esempio, tra le tante cose che il meme All your
base are belong to us riesce a dire, possiamo trovare un’idea
49
del tipo “guarda che prodotti scadenti hanno colonizzato la
nostra infanzia, questo ci meritiamo, lol”. Abbiamo a che
5 We are legion, declamava la prima progenie politica di 4chan, gli hacker di anonymous; di questo
parleremo in seguito.
pesantemente la forma dei meme da lì in poi: gli Advice Ani-
mals e i Lolcats, entrambi del 2006. I primi sono foto di ani-
mali incollate su uno sfondo colorato a raggiera, presentano
un consiglio spezzato in una frase superiore e una inferiore:
ciascun animale anticipa il tipo di consiglio che fornirà, c’è
il generico Advice Dog animato da un incrollabile ottimi-
smo, il più oscuro Angry Wolf che reagisce in maniera vio-
lenta e sproporzionata alla situazione e il Socially Awkward
Penguin che si limita a raccontare situazioni di quotidiano
imbarazzo ingigantite da una sensibilità eccessiva. Le foto
la guerra dei meme
il meme online
timamente anche le Macro in Helvetica con testo esterno
stanno lasciando il passo a un ritorno del testo interno, ma
questa volta piazzato sull’immagine in modo confuso e vo-
51
lutamente fastidioso, all’interno delle estetiche vapor wave
e weird Facebook6 che influenzano i meme più underground
6 La vapor wave e il weird Facebook sono due correnti estetiche ipercontemporanee che in parte si so-
vrappongono e influenzano lo stile dei meme più underground. Hanno in comune una fascinazione
per le estetiche scarne, naif e brutaliste che caratterizzavano le grafiche del primo Internet, riprese in
chiave ironica e lisergica insieme.
fumettistico, cioè di quella peculiare forma narrativa che
combina testo e disegno. La profonda affinità tra i due pro-
dotti culturali viene discussa e rivelata da Masha Zharova
del collettivo The Philosopher Meme (da qui in poi TPM),
che illustra come una delle più famose vignette del «New
Yorker», “On the Internet, nobody knows you’re a dog”, si sia
trasformata prima in una Macro vecchia maniera e poi in
una Macro moderna, dimostrando la permeabilità stilistica
tra vignette e meme7.
In effetti, uno dei meme più famosi della storia, e ultimo
la guerra dei meme
7 https://www.youtube.com/watch?v=PaFVLUhruag&t=452s
delle funzione narrative. Le faccine dei Rage Comics, come
i personaggi dei fumetti, hanno dei nomi: ci sono Forever
Alone, Rage Guy, Cereal Guy e la celebre Trollface. Ma a dif-
ferenza di Topolino o del Joker, che hanno caratteri definiti
dai quali non devono uscire ma al contempo una libertà di
azione ampissima, le faccine dei Rage Comics presentano
sempre la stessa espressione e assolvono sempre lo stesso
ruolo. Parliamo, perciò, di funzioni e non di personaggi. In
questo senso l’era dei Rage Comics può essere interpretata
come un esperimento globale di narrativa combinatoria, i
tarocchi del Castello dei destini incrociati di Calvino distri-
il meme online
buiti a tutti gli adolescenti del mondo. Nondimeno, ogni
singola faccina aveva uno specifico valore semantico, che ne
sonsentiva l’utilizzo individuale all’interno di altri contesti
53
(anche come semplici ‘reaction’).
Era questo a rendere i Rage Comics più meme che fu-
e cosa non lo è.
Ora, come spesso accade, sono gli errori e le imprecisioni
a indicare – per esclusione – la via di una più corretta com-
prensione.
54
Ecco che, riprendendo la sintetica definizione di Davi-
son poco sopra citata, scopriamo che è fuorviante, e lo è
alessandro lolli
il meme online
comparsi a fare da analogia anche nella memetica vera e
propria. Qual è allora la differenza tra un meme e un virus,
o meglio, tra un gene e un virus?
Sappiamo che il gene è diventato protagonista della te- 55
il meme online
gia, ora restringiamo il campo al viral umoristico, prenden-
do in esame un caso tipico: un breve video divertente. Tema
ricorrente sono le situazioni da slapstick comedy con animali,
57
bambini o adulti che inciampano, cadono o falliscono nel
più elementare dei compiti. La diffusione di questi video è
9 Quando più avanti si parlerà di normificazione, casi del genere deporranno a favore di una lettura
molto relativistica e percettiva circa la dinamica di logoramento dell’umorismo, secondo la quale ba-
sta cambiare la confezione di un prodotto culturale per venderlo come nuovo a chi se ne era stancato
pochi anni prima.
ironic memes) fanno ridere esclusivamente a partire dal loro
essere meme, dal modo in cui rielaborano non solo elementi,
ma modi d’uso già affermati. La decodifica di una tale strati-
ficazione dei segni diventa il motivo stesso della risata.
A un livello più concreto, la differenza macroscopica sta
nel semplice fatto che il video virale non è soggetto a mo-
difiche e si riproduce ogni volta identico, mentre il meme,
inteso qui come cornice memetica che comprende una fa-
miglia di singoli contenuti, è sempre diverso ed esorta alla
produzione di nuove versioni. Tenendo a mente questa di-
stinzione, possiamo assumere una permeabilità delle due
il meme online
categorie, cioè la possibilità che un contenuto virale diventi
un meme attraverso i ‘remix’ degli utenti. E non sbaglie-
remmo, laddove molti meme sono nati come ‘semplici’ viral
59
poi rielaborati dalla creatività degli utenti.
In questo senso possiamo fornire un esempio italiano.
certi stilemi grafici che del tutto nuovi non sono mai). Ma
quando la collettività degli utenti coglie la palla al balzo e
inizia a reinventarlo, è allora che nasce un meme.
Tornando al nostro esempio, preso come caso fortunato
60
di un viral che si è evoluto in meme, si notino, però, alme-
no due cose: il contenuto semantico veicolato dalla faccia di
alessandro lolli
il meme online
61
il meme online
condiscendenza sbruffona: tutte le situazioni, le notizie, le
persone, che si meritano come risposta una faccia da schiaffi
paternalistica hanno trovato in Willy Wonka la loro casa, la
63
cornice per farci battute.
Le cornici per battute non sono certo un fenomeno ine-
il meme online
done il vocabolario e proponendo dei veri e propri quadrati
semiotici. TPM mette a punto categorie di meme (i prima
citati pre-ironic memes, ironic memes, i meta-ironic memes e
65
i post-ironic memes), articolandole in schemi che distinguo-
no minuziosamente tra quelli di narrazione sovversiva ma
il meme online
Il brigadiere Gargiulo, vedendo il tenente piangere, gli si avvi-
cina e gli chiede:
«Ehi... che cosa le è successo?».
67
«Non hai saputo?» dice il tenente «È morto il brigadiere Tusi!»
«Ma se era qui dieci minuti fa!» replica Gargiulo.
Oppure:
E infine:
il meme online
A volte è difficile capire perché si ride di un meme ri-
flessivo. È come se il processo di decodifica medesimo, il
sovraccarico informativo che incontriamo nel ricostruire
69
tutti i pezzi che hanno prodotto l’immagine presente, sia
il cuore stesso del meccanismo umoristico. Specialmente
il meme online
nei quali l’organo da misurare non è esattamente il cervello.
3. Il contesto e il tema scelto da paragone: i temi che pos-
sono essere inquadrati da una cornice memetica del genere
71
sono pressoché infiniti. Dalla politica alle esperienze quo-
tidiane, tutti gli àmbiti hanno le loro potenziali classifiche.
10 Si intende, con ‘punchline’, la parte finale di una barzelletta o di uno sketch comico, quella che
scatena la risata completando le premesse. Nel nostro caso, chiamiamo punchline la singola battuta
del singolo meme che si appoggia alla cornice memetica, che sarebbe la premessa di una barzelletta
tradizionale
tazioni di individui illuminati variano da meme a meme e
parte dell’umorismo sta nel vedere il livello di pacchianeria
raggiungibile. Ma possono darsi variazioni più significative,
che scombinano le carte in tavola. Per esempio, la canna
da pesca per principianti può venir associata non a un illu-
minato generico ma alla foto di un noto campione che l’ha
difesa pubblicamente o è riuscito a vincerci una gara per
scommessa.
il meme online
ciò che abbiamo chiamato ‘cornice’. Si parla di dank memes
quando il processo di remissaggio si è spinto tanto oltre da
rendere illeggibile il meme stesso. È il grado nonsense dei
73
meme, spesso utilizzato deliberatamente per ‘distruggere’
meme considerati ormai desueti e non più divertenti in nes-
il meme online
erano, letteralmente, dei fumetti, oppure cadere nel lato
opposto dello spettro: le singole faccine, che abbiamo de-
scritto come i tarocchi calviniani dei giovani, sono state
75
usate spesso come reaction, senza stringhe di testo né al-
tre immagini a completare la narrazione. La più famosa di
il meme online
sono un pezzo di discorso, un dispositivo linguistico. Ogni
meme è una forma da riempire, una frase da declinare.
Come le ombre che sono più nere dove la luce è più forte,
77
la natura fondamentalmente linguistica dei meme emerge
con maggior forza dove sembra non ci sia testo alcuno, dove
il meme online
to reazionario che ha preso a chiamarsi Alt-right, finito per-
sino sulle pagine dei quotidiani e dei magazine generalisti
come gruppo ideologico dietro l’elezione di Donald Trump
79
a presidente degli Stati Uniti.
i memers
i memers
munity a essi riferita, è essenziale per comprendere davve-
ro un’espressione artistica che non sarebbe neppure nata in
83
assenza di determinate condizioni.
La precondizione generale è sempre stata davanti ai no-
i memers
La più grande differenza che avevano i forum rispetto
ai Social network era l’anonimato degli utenti. O, per dire
85
meglio, la norma del nome-e-cognome per gli utenti è sta-
ta probabilmente la più grande innovazione introdotta da
i memers
peva solo il legame tra persona virtuale e persona reale,
ma lasciava intatto il concetto di identità, anzi, per certi
87
versi lo rafforzava. I nickname erano versioni migliori (o
peggiori) degli esseri umani dietro lo schermo e si solidi-
i memers
ci interessa di più in questa sede è filosofica e ha a che ve-
dere con il concetto di anonimato quando si trasforma in
89
un nome collettivo usato a scopi politici. Come non manca-
no di sottolineare tutti gli studiosi di Anonymous, Ventura
2 R. A. Ventura in https://www.nazioneindiana.com/2012/10/15/anonymous-la-grande-truffa-iii/
tinature emo, nessun sigillo di ceralacca che ufficializza i jeans
strappati correttamente, nessun concilio ecumenico che legifera
in materia denimologica3.
3 Ivi.
4 Ivi.
Di conseguenza il nome collettivo, in quanto centro e
origine di una serie di atti, specie se politici, è una reintro-
duzione debole del concetto di identità. Proviamo a propor-
re una scala dell’anonimato:
i memers
aristotelica dell’identità per cui A = A, in A = a + b + c ecc).
Nondimeno il nome collettivo può passare facilmente dal
91
descrittivo al normativo, dal momento in cui si comincia a
parlare o agire a nome di. L’identità viene restaurata come
i memers
nuto appena condiviso, anch’essi solitamente tramite pseu-
donimo). Si può speculare sui motivi di questa inversione di
93
rotta, probabilmente dovuta semplicemente alla forza delle
magnifiche sorti e progressive che hanno imposto di occu-
i memers
solo nel momento in cui è riempita e reinventata.
Fuori da tutti gli imperativi ideologici che esortano i me-
95
mers a rimanere anonimi, e che possono però essere traditi,
è la prassi memetica a vivere solo a costo dell’anonimato,
i memers
li, impossibili, e ovviamente anonimi.
97
7 D. Hebdige, Sottocultura. Il fascino di uno stile innaturale, Costa & Nolan, Genova 1983, p. 81
ture storiche, lo stile è un punto di partenza imprescindibile
per decifrare un fenomeno che si manifesta in primo luogo
tramite l’intensificazione del significato di un’apparenza. Lo
sguardo si posa sulla materialità dei rapporti e delle condi-
zioni di vita: corpi, vestiti, aree urbane, classi sociali, etnie,
tutte cose polverizzate o almeno occultate dalle presunte
sottoculture digitali che presentano voci senza corpo. Non
a caso Ken Goffman e Dan Joy nel loro Controculture, testo
più divulgativo ma con l’ambizione di rintracciare le forme
della sottocultura da Abramo ai giorni nostri (al 2003, per
essere precisi), si chiedono se i ‘digitali’ non siano nati sotto
una cattiva stella. Anche questa lettura non prescinde dalle
i memers
sottoculture degli anni Sessanta e Settanta, prendendole a
modello interpretativo di tutte le altre e, pertanto, arrivan-
99
do a covare sospetti sulle socializzazioni virtuali del nuovo
millennio. Nel trattare degli hacker Goffman e Joy giun-
i memers
cui alludeva la parola ‘freak’, ma anche ‘punk’ e, perché no,
‘scapigliato’: l’autistico vive una condizione patologica do-
101
vuta all’eccesso di certe abilità cognitive, si fissa sulle cose,
ricorda tutto, non si interessa di altro. Questo è proprio ciò
9 http://www.prismomag.com/total-memification/
Ma, più precisamente, il normie si manifesta in quanto tale
quando depreda i prodotti degli autistici, usurandoli, volga-
rizzandoli e infine distruggendoli. Il normie non ha coltiva-
to la sensibilità di un autistico, ha di meglio da fare, dicono
gli autistici: lui ha una vita. È un membro produttivo del-
la società, ha amici, partner, interessi, eppure nei ritagli di
tempo prende i sofisticati congegni umoristici che abbiamo
analizzato nelle pagine scorse e li brutalizza, esaurendone
tutto il potenziale comico.
Ma è proprio grazie a questa spinta banalizzante, la ‘nor-
la guerra dei meme
i memers
la maschere siano, in un certo senso, la sottocultura stessa.
La analogie tra poser e normie sono molte. Come il nor-
103
mie, il poser si appropria di un’estetica che non comprende
a fondo; il poser è insieme causa e effetto del mainstream,
i memers
Rage Comics).
Un caso speciale di meme morto e rinato è quello del già
105
noto Pepe The Frog. Pepe nasce nel 2005, tra i protagonisti
di Boy’s Club, fumetto underground scritto e disegnato da
10 Il ‘cringe’ inglese è una sfumatura dell’imbarazzo per la quale non si dà una traduzione italiana fede-
le. È l’imbarazzo dovuto all’immedesimazione con qualcuno che sta facendo qualcosa di imbarazzante,
che egli ne sia o meno consapevole. Una specie di imbarazzo per procura: l’imbarazzo empatico.
tion dalle molte facce: Angry Pepe, Sad Frog, Well Meme’d
e così via. La sua influenza cresce lentamente ma costante-
mente, finendo per diventare la moneta più commerciata
su 4chan e in un certo senso il simbolo della community
stessa. E la progressiva egemonia di Pepe è andata di pari
passo con la radicalizzazione politica di 4chan. Ma di questo
vedremo meglio in seguito.
Intorno al 2014 la rana simbolo di 4chan ha iniziato a
essere cooptata da persone sgradite agli autistici, nella veste
di semplice cartoon buffo adatto a descrivere i soliti piccoli
la guerra dei meme
[Pepe] non dice più “feels good, man” o “feels bad, man”; è diven-
tato un meme che parla di se stesso, proprio come gli ironic
memes parlano dei meme. Più che essere un meme, sembra rap-
presentare un’intera famiglia di meme – il set completo delle
espressioni di Pepe. La funzione linguistica di Pepe si discosta
fondamentalmente da quella di ogni altro meme: si comporta
più come un font che come un linguaggio11.
i memers
nome di Alt-right, aveva scelto di continuare a usare Pepe
all’interno della loro guerra culturale: venivano prodotti dei
Pepe politicamente scorretti, impossibili da cooptare: Pepe 107
11 http://thephilosophersmeme.com/2015/09/14/a-short-note-on-the-death-of-pepe/
solo i più indigeribili compagni di sottocultura al fine di
colpire (‘triggerare’, più appropriatamente) le femministe.
Ma la storia ha preso un’altra piega: il 13 Ottobre del 2015,
Donald Trump ha twittato una sua caricatura a Presidente
degli Stati Uniti proprio con la faccia di Pepe the Frog. In
un solo colpo, i destini di Pepe, dell’Alt-right e di Trump
si sono intrecciati per sempre. I media generalisti hanno
inziato a interessarsi febbrilmente al fenomeno, scatenando
un’euforia inaspettata in quel movimento virtuale che da
anni combatteva le sue battaglie online. Nei mesi succes-
la guerra dei meme
i memers
la vittima sacrificale della nascita dei meme. Il risultato è
un maremoto.
109
Pepe ha vissuto una seconda giovinezza numericamente
più consistente della prima. La cosa strana, più unica che
una cresta colorata o una rana che ti fissa con gli occhi soc-
chiusi, allora il mondo gira in accordo ai loro desideri: tutta
la narrazione che sostiene la controcultura, quella storia che
parla di un’alterità inconciliabile e irriducibile (punk o auti-
stica poco importa) viene confermata in rapporto dialettico
col nemico che finisce per riconoscere il freak come tale.
Qualche tempo dopo l’articolo sulla morte di Pepe, Se-
ong ne scrisse un altro intitolato The Post-Pepe Manifesto,
animato da toni declamatori e pieni di auspici come appunto
12 Sono lontani i tempi di “bene o male purché se ne parli”. Oggi nel Social media marketing si
parla di sentiment per circoscrivere che genere di reazione suscita la campagna promozionale di un
brand, appunto il tipo di ‘sentimento’ espresso dagli utenti, potenziali clienti.
si addice a un manifesto, con dentro idee molto interessanti
su come uscire dall’empasse della normificazione. Seong si
pronuncia contro ogni settarismo e ogni ritirata nell’under-
ground, di conseguenza a favore di un’attitudine che sia in
grado di cavalcare, orientare e deturnare i processi di nor-
mificazione, partecipandovi. Pepe è morto, viva Pepe:
i memers
Per poi chiudere con:
111
Tutta la cultura è derivativa. La rivoluzione sarà ripostata (The
revolution will be reposted)14.
13 http://thephilosophersmeme.com/2016/01/29/the-post-pepe-manifesto/
14 Ivi.
Non potevo sapere mentre scrivevo The Post-Pepe Manifesto che
gli unici a seguire il mio consiglio sarebbero stati quelli dell’Alt-
right, eppure eccoci qui.
i memers
prevedibili. Si trattava però di una normificazione dotata
di poca ‘autoconsapevolezza’: i normie erano questa grande
massa di utenti virtuali che, in larga parte, neanche sapeva- 113
i memers
comunicazione pubblicitaria. La comunicazione visiva del
marketing è proprio una combinazione efficace di immagini
115
e parole, in un solo quadro. Questa prima coincidenza for-
male rende i meme un veicolo estremamente adatto all’uso
i memers
cazione pubblicitaria ci fa percepire la forza della loro dif-
fusione meglio di qualsiasi approfondimento in proposito
di giornalisti e professori. I meme possono, a oggi, essere 117
19 D. F. Wallace, “At Unibus Pluram”, in Tennis, tv, trigonometria, tornado, Minimum Fax, Roma
1999, p. 80.
you not to worry about”, un meme che raffigura un paragone
esteticamente impietoso da tra due uomini (in questo caso,
uno che sala la carne normalmente e Salt Bae che lascia pio-
vere il sale sensualmente). Salt bae funzionava in vari modi:
lo si poteva vedere sia inalterato, con la foto originale usa-
ta come reaction (‘being salty’ è un’espressione inglese che
potremmo tradurre con “covare frustrazione per l’esito di
qualcosa”), sia con dei fotomontaggi o completamente ridi-
segnato (versioni in cui al posto del sale il cuoco turco spar-
ge qualcos’altro, oppure nuove illustrazioni di personaggi
la guerra dei meme
i memers
stabilire il meme dominante di un dato mese. Dimostrava
quindi che l’aspettativa di vita di un meme di successo, oggi,
119
è di circa un mese: ma un mese intensissimo, in cui viene
lavorato a tutti i livelli di normificazione. Un tempo, meme
il meme politico
e ne capisci il pericolo
L
’insieme di istanze, piattaforme, riviste, siti e singole
personalità che ha preso a chiamarsi Alt-right è lonta-
no dall’assomigliare a un movimento politico coerente.
Non esiste un programma dell’Alt-right, un organo centrale,
il meme politico
un partito e forse neppure esistono degli obiettivi condivisi:
la galassia Alt-right è tenuta insieme non tanto da ciò che
ama, quanto da ciò che odia. Il bersaglio polemico contro
123
cui si è venuta a formare questa forza reazionaria (letteral-
mente), è una cosa che in Italia chiameremmo ‘il buonismo
E ancora:
1 A. Nagle, Kill All Normies, Zero Books, Winchester, UK 2017, p. 19 (trad. dell’autore).
come la risposta a una risposta a una risposta. Ognuno rispon-
dendo rabbiosamente all’esistenza dell’altro2.
il meme politico
reazioni scomposte nell’interlocutore, sostenendo tesi da
bastian contrario – poco importa se realmente credute da
chi le propugna – è stata la prima autentica anima di 4chan.
Ora, 4chan non ha ovviamente inventato il trolling, ma, per 125
giro chi soffre. Roviniamo la vita degli altri soltanto perché pos-
siamo permettercelo. Qualcuno scarica la propria aggressività
contro un gatto, e noi ci facciamo due risate. Centinaia di per-
sone muoiono in un disastro aereo, e noi ci ridiamo su. Siamo
126
l’incarnazione di un’umanità che non ha rimorso, compassione
o amore, priva di ogni senso di moralità3.
alessandro lolli
3 https://www.youtube.com/watch?v=RFjU8bZR19A
Tradotto e riportato in G. COLEMAN, I mille volti di Anonymous, Op. cit., p. 11.
è un attacco DDOS a un IP standard, ordinare trenta pizze e
chiamarla vittoria. Mi mancano quei tempi4.
il meme politico
le e non, verso sprovveduti che esponevano troppa ‘stupidi-
tà’ su Internet e pertanto, nell’ottica del chan, si meritava-
no una punizione. La stupidità invisa agli anonimi di 4chan
era, ed è, un misto di ingenuità, fragilità e arroganza che 127
(con le loro morali per certi versi molto simili, per altri assai
divergenti). Nel comunicato citato poco prima la voce di
Anonymous, rivolgendosi allo spettatore, recita:
128
Non siamo un club segreto che si riunisce per sfogliare vecchi
alessandro lolli
Mentre invece
Siamo ciò che, nel tuo profondo, vorresti fare a tua moglie
quando torni a casa e non ti prepara la cena, quando trovi tua
figlia quattordicenne a letto con un ventisettenne, quando tua
moglie ti tradisce, tuo figlio ti odia, il tuo capo ti ridicolizza6.
5 Op. cit.
6 Ivi.
Il comunicato va avanti così, usando una cascata di im-
magini che dipingono le stereotipiche disgrazie dell’uomo
medio, visceralmente conservatore. Anonymous si appella
alla frustrazione maschile che necessita un riscatto violento
e, come in Fight Club, vuole liberare la rabbia primordiale
dei poveri uomini castrati dalla società. Di più: usando la
stessa figura retorica che attraversa il libro di Palahniuk e la
pellicola di Fincher, sostiene di essere quella rabbia.
In quei primi anni di vita Anonymous anche un’altra di-
chiarata influenza cinematografica ha rappresentato gli ado-
lescenti incazzati di 4chan: V per Vendetta, con le sue scene
il meme politico
di piazze piene di rivoluzionari mascherati, gente comune
che indossando un’identità collettiva riusciva a rovesciare
le istituzioni, era la rappresentazione più dinamica e trasci-
129
nante del potere di quell’anonimato radicale che stavano co-
struendo: “we are legion, we don’t forgive, we don’t forget”. Nel
il meme politico
Nel corso degli anni, le attività di Anonymous si sono sbilancia-
te incoerentemente tra estrema sinistra e estrema destra, e tutto
quello che c’è in mezzo, imbarcando chiunque, dai fan di Justin
131
Bieber alle femministe, dai fascisti agli esperti di cybersecurity
e coinvolgendoli in morbose operazioni di ‘sputtanamento’ del
il meme politico
formando un’estetica propria, con profili quasi esclusivamen-
te figurativi che proponevano una selezione di contenuti va-
gamente caratterizzati da una tendenza artistica e alternativa
133
segnata da una certa incoerente pretenziosità10. Non è chiaro
se tale tendenza diffusa agli inizi del Social possa bastare a
10 Un violentissimo quadro di Goya, un’immagine Gif della Nouvelle vague in cui una donna
sussurra una frase disperata, un gatto simpatico nello spazio, una band post-punk male illuminata
sul palco, un’aurora borale con due triangoli rovesciati e una frase motivazionale, una ragazza legata
bondage e poi di nuovo Ladri di biciclette: nel primo periodo, questi erano i profili ‘tipicamente
Tumblr’ ed erano per lo più muti.
nalità che possono affliggere un’esistenza, fino alla disabilità
mentale o fisica. Da quel momento, il ‘tipico profilo Tumblr’
si fece molto più verboso, e il dibattito politico incentrato
sulle marginalità divenne gradualmente una caratteristica del
sito. L’influenza di Tumblr si estese poi su Twitter e Facebo-
ok (sebbene non raggiungendo mai l’egemonia del suo luogo
d’origine), arrivando a orientare visibilmente i contenuti della
stampa progressista anglofona, online e non. Non è scorretto
dire che è grazie a questo tipo di fermento, grazie a quelle
identity politics statunitensi cresciute su Tumblr se la discus-
la guerra dei meme
il meme politico
appartenenze, trasformando intere linee editoriali, fino a
essere uno dei vari attori in campo delle elezioni presiden-
ziali americane.
Lo scontro tra la Tumblr left e l’Alt-right, che Nagle de- 135
12 Quinn nell’agosto del 2014 fu pubblicamente attaccata da un suo ex che sosteneva lei lo avesse
tradito con un giornalista della stampa videoludica e che questo fosse il motivo delle recensioni po-
sitive che il suo ultimo gioco aveva ricevuto. Nello stesso mese, la blogger e critica dei media Anita
Sarkeesian ricevette una serie di insulti e minacce, pubbliche e private, per l’ultimo episodio della sua
serie di video Tropes vs women in videogames. I video di Anita Sarkeesian erano normalissimi esempi
gantesco dibattito contrassegnato dall’hashtag #gamergate.
Se ai livelli bassi il dibattito si consumava tra insulti e vili
attacchi misogini da parte degli anonimi organizzati, a li-
velli più alti, quelli che coinvolsero riviste di settore e media
online, svilupparono delle tesi contrapposte di ordine gene-
rale: da un lato, si poneva in risalto quanto fosse misogino e
tossico l’ambiente videoludico e come Internet consentisse
a un gruppo di adolescenti incazzati di rovinare vite intere,
o almeno cercare di farlo. Dall’altro, si sosteneva che il po-
liticamente corretto fosse ormai una piaga culturale, nociva
per la libertà di parola e di espressione, nonché una vera e
il meme politico
propria lobby capace di tenere in ostaggio riviste di settore
e media vari.
Sebbene la controversia riguardasse principalmente il
137
mondo dei videogiochi, le tesi delle opposte fazioni erano
generalizzabili (e furono generalizzate) alla cultura contem-
di Cultural studies che rilevavano le diverse forme di sessismo presenti nei videogiochi. Un’opera-
zione che, come sottolinea anche Nagle, è da decenni la normalità in tutte le altre forme d’arte che
ascoltano da tempo la voce critica e le controletture dei gender studies. Ma il mondo dei videogiochi
non era neanche lontanamente pronto e, appena il canale Feminist Frequency di Sarkesiaan attirò
l’attenzione dei gamers, si scatenò l’inferno. La punta dell’iceberg, visibile ancora oggi, sono le
centinaia di video di risposta e di presunto ‘debunking’ delle tesi di Sarkesiaan: per la maggior parte
incredibilmente ingenue e aggressive, tipiche di chi non ha riflettuto neanche un secondo della sua
vita sulle questioni di genere. Ma poi messaggi di odio, pubblici e privati, fotomontaggi porno della
giornalista diffusi in ogni dove, campagne di boicottaggio e infine vere e proprie minacce di morte.
scala, da quelle due community online così mutualmente
aggressive. I videogiochi sono stati solo uno dei tanti temi
sui quali si sono scatenate le forze in campo.
Eppure, non è affatto casuale che la più grande e sim-
bolicamente importante guerra dell’Alt-right riguardasse i
videogame e neppure che il genere abbia un ruolo centrale
in quasi tutte le sue battaglie.
la guerra dei meme
138
alessandro lolli
Ideologia Nerd
il meme politico
avuto tutto l’interesse nel presentarsi come un indefinibi-
le ordigno di nichilismo, tanto puro quanto generico, che
non guarda in faccia nessuno e detesta tutti, sono in realtà
un segmento sociale identificabile, con paure e fragilità ben 139
il meme politico
tro un mondo superficiale e cattivo che non lo capisce e per
questo lo detesta. Sostanzialmente una narrazione di sini-
stra: il nerd si presenta come una delle tante incarnazione
141
dell’emarginato, dell’outsider, del freak impegnato in una
lotta contro la cultura dominante, normativa, oppressiva e
il meme politico
ogiochi, dei manga, dei computer c’è il sesso. Si può affer-
mare che l’Alt-right ha fatto proprio l’adagio femminista del
‘partire da sé’ in quanto tutta la sua ideologia è una diretta
143
conseguenza dell’elaborazione, politicizzata, della frustra-
zione sessuale nerd. Nel corso del libro si è fatto riferimento
il meme politico
turare i nerd, quella della pillola rossa e della pillola blu17. La
pillola rossa, attraverso l’elaborazione congiunta delle varie
anime della cosiddetta man-o-sphere, nomignolo dato all’In-
145
ternet a dominanza maschile che ormai coincide coi vari
regni dell’Alt-right (4chan e Reddit in testa), è diventata il
il meme politico
a un certo stato di cose, la mossa della controcultura sareb-
be lottare affinché le cose si dispongano in un certo modo,
quello più giusto. Il nerd, invece, non trovando riscontro
147
nella sua vita all’esistenza di un mondo egualitario, finisce
per abbracciare proprio quei valori, quelli maschilisti, che in
18 Per capire ancora meglio di chi stiamo parlando, ci sono almeno due noti esempi che introduco-
no un personaggio PUA: quello interpretato Tom Cruise in Magnolia (1999) e quello di Jon Hamm
nella puntata White Christmas (2014) della serie Black Mirror.
basso si trovavano gli sfigati oltre ogni possibilità di recu-
pero, che rifiutavano la pillola rossa e qualsiasi tentativo di
miglioramento personale, e proseguivano nella loro patetica
abitudine di ‘mettere sul piedistallo le donne’ non riuscendo
mai ad andarci al letto; salendo si arrivava piano piano al
grado medio, il Player, uno che ha accettato la pillola rossa
e sta mettendo in pratica il metodo con alterni risultati; il
più interessante era il grado massimo, una sorta gran mae-
stro intergalattico degli artisti del rimorchio, che per farci
capire il livello di illuminazione raggiunto raccontava come
una sua giornata tipo potesse sì includere la possibilità di
il meme politico
andare al letto con una Hot babe 1019, ma si poteva al con-
tempo permettere perfino di cancellare l’appuntamento per
andare a giocare a biliardo con gli amici – poteva permetter-
149
selo, aveva cioè il potere di non giocare al ‘game’ per fare ciò
che, attenzione, davvero desiderasse fare. In quello scenario
19 Nel gergo PUA, bella ragazza da voto 10. I testi PUA sono una cascata di abbreviazioni e neolo-
gismi che fanno apparire i ‘report’ delle loro serate come dei messaggi in codice tra spie.
Ci sono molte testimonianze di questa rabbia che si fa
teoria. Elliot Roger era un ragazzo americano di 22 anni
che, nel maggio del 2014, salì su una macchina con un’arma
da fuoco, si diresse fuori da una confraternita femminile del
college che frequentava, sparò a diverse sue coetanee e poi
si suicidò. Dietro di sé lascio molto: oltre a un video girato
in macchina poco prima della strage in cui riassumeva le
sue ragioni, c’è una vera e propria autobiografia intitolata
My Twisted World20 , in cui ricostruisce nel dettaglio quell’e-
sistenza da emarginato che lo ha condotto prima alla di-
la guerra dei meme
20 https://www.documentcloud.org/documents/1173808-elliot-rodger-manifesto.html
Elliot si considerano oltre ogni salvezza, la società ha già
emesso il suo insidacabile verdetto. Elliot era tra coloro che
vengono definiti ‘incel’ (per ‘involuntary celibate’): mai stati
con una ragazza, alcuni di loro dichiarano di non aver mai
sperimentato un bacio o addirittura un abbraccio, hanno
un loro canale su Reddit e una vasta mitologia che inquadra
il mondo della pillola rossa dalla prospettiva dei peggiori
sconfitti. Una prospettiva comune a molti dei nerd che im-
bracciano le armi e fanno strage di coetanei ben riusciti,
Elliot compreso. La parabola di Elliot lo ha incluso fra i
miti postironici dell’Alt-right, che lo vezzeggia chiamandolo
il meme politico
The Supreme Gentleman, come lui stesso si definì nel video
gitato poco prima di lanciarsi ad ammazzare delle ragazze.
Ma nell’autobiografia My Twisted World il dato filosofi-
151
camente più rilevante è che il piano del genere si salda a
quello dell’etnia, in una narrazione coerente che produce
21 Questa linea di pensiero – se si vuole dai tratti apertamente paranoidi – non l’ha inventata
Internet e attraversa tutti i fantasmi colonialisti dell’uomo bianco. Una versione colta la sia può rin-
Di questa narrazione, capace di fondere coerentemente
la lotta contro femministe e minoranze sessuali con quella
razzista, l’Alt-right ha fatto il perno per una lotta politica. Il
successo del congegno (che non nasconde i suoi tratti pa-
ranoici e allucinatori, anzi li esibisce) può essere spiegato
considerando l’estrema inesperienza sessuale e sentimentale
dei nerd, che viene colmata da fonti indirette: fantasie, te-
stimonianze, leggende metropolitane e, in ultima analisi,
l’immaginario pornografico – che, ricordiamolo, rimane la
merce più diffusa di Internet.
il meme politico
Resta da chiedersi se questa deriva reazionaria dei nerd,
soggetti che hanno subito un’oppressione simbolica e pra-
tica proprio dalla cultura maschilista che finiscono poi per
153
sottoscrivere e in un certo senso potenziare, poteva essere
evitata.
tracciare in Houellebecq che dell’indebolimento del maschio occidentale, causato dalla liberazione
sessuale novecentesca e ‘sfruttato’ dai popoli migranti più virili, ne ha fatto una cifra poetica: scene di
cuck razziale si trovano al centro di molti romanzi, come Estensione del dominio della lotta, Le particelle
elementari nonché il più recente Sottomissione, del quale costituiscono la vera e propria tesi.
22 Sorprendente scorgere nerd che compaiono fisicamente a raduni storici della Sinistra italiana
come il ‘concertone’ del Primo Maggio a Roma, affratellati a fricchettoni e altra gioventù libertaria.
altre minoranze, mettendo in luce che l’oppressione dei jock
o dei truzzi è della stessa natura di quella subita da soggetti
più riconoscibili politicamente:
Io vorrei che in giro ci fossero meno bulli del cazzo e più gay,
più dreadlock e meno Moncler23.
il meme politico
In Chi cazzo me lo fa fare c’è una scena di pura transfobia
in cui il buon nerd viene trascinato controvoglia in disco-
teca e la sua aspettativa erotica viene delusa da un incontro
155
nei bagni:
156
Non fumo, non mi canno, non mi drogo, non bevo, a volte pen-
alessandro lolli
il meme politico
progressisti, ma di uno che usa argomenti progressisti in
quanto nerd. In altre parole, la politicizzazione del nerd,
proprio come nella sua versione Alt-right, parte dal suo vis-
157
suto, dalle sue esperienze che però, questa volta, sono ri-
conosciute come conseguenza di un sistema di oppressione
28 Esempi di gruppi Leftbook sono: Sounds Like You Genuinely Hate Women But Ok, Sounds Vanilla
but ok, Sounds Like A Literal Fedora With Arms Wrote This But Okay, This Fills Me With A Rage I
Immediately Anticipated, This Fills Me With A Rage I Didn’t Anticipate, Sounds Like Conservatives Are
The Snowflakes But Ok, Sounds Like Another Fuckin Group I Gotta Join e così via.
di vista propriamente politico, registriamo che Leftbook,
come i giovani comunisti chiusi in questura nel film Indagi-
ne su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, si è già frantuma-
ta in miriadi di correnti che si detestano a vicenda, spesso
sconfinando in odi personalistici. Solo il tempo ci dirà se
questi gruppi potranno essere considerati una possibilità
feconda o l’ennesimo terreno di contrapposizione simile ai
molti che periodicamente smembrano le sinistre di tutte le
zone e di tutti i tempi.
La Left, quindi, per riprendere il motivetto dell’Alt-
right, ci prova a fare meme, e dà vita anche a esperimenti
il meme politico
interessanti.
Tuttavia, da un lato va riconosciuto che l’impatto avuto
dall’Alt-right, che è riuscita a ‘rubare’ e mettere al lavoro
159
il meme più famoso di sempre (residuo di un’epoca ormai
conclusa in cui i meme potevano diventare ‘famosi’ davvero,
A me piace essere ambiguo, stare sul filo, che non si capisca fino
in fondo se ci sono o ci faccio, solo così ho la possibilità di pro-
vocare un minimo di fastidio31.
il meme politico
Ecco: l’ambiguità eterna cui fa riferimento Alessandro
Gori, in arte Sgargabonzi, è il nucleo filosofico dell’ironia. In
questa polemica si scontrano due attitudini verso l’umorismo
161
incompatibili: l’una, quella di Luttazzi, che vuole definire, in
ogni espressione, chi viene deriso e perché; l’altra, quella di
30 Dopo che Claudio Giunta, saggista e professore di lettere, ha dedicato un articolo allo Sgarga-
bonzi sul sulla versione online di «Internazionale», Daniele Luttazzi si è lamentato su twitter che il
giornale sdoganasse lo “sfottò fascistoide” di cui Gori si sarebbe macchiato.
31 http://www.pixarthinking.it/lo-sgargabonzi-a-luttazzi-diorama-perfetto-resti-in-piedi-solo-tu/
meme citato nel secondo capitolo, “How many layers of irony
are you on?”: lì ogni livello che si aggiunge è una nota di
merito, una sofisticazione che ha valore per se stessa. Ciò
che è a rischio nel regime ironico non è tanto la libertà di
parola, cioè la libertà di dire cose scomode o scherzare pe-
sante, quanto la stessa possibilità di dire qualcosa, qualcosa
che possa essere inteso intersoggettivamente e quindi di-
scusso. Di questo si parla quando si sottolinea il pericolo
dell’ironia, sia che questa preoccupazione venga da vecchi
critici letterari marxisti che guardano con sospetto il post-
la guerra dei meme
32 https://www.theguardian.com/technology/2017/may/23/alt-right-online-humor-as-a-weapon-
facism
A meno che non ci sia un indicatore chiaro delle intenzioni di
un’altra persona, queste intenzioni non possono essere davvero
misurate. Potrebbe stare solamente provocando, potrebbe esse-
re mortalmente seria. Potrebbe essere un mix delle due33.
il meme politico
ni, e in particolare con l’analisi del meme Expanding Brain, il
funzionamento dei meme in quanto tali è stratificato, ricor-
sivo, fondamentalmente intertestuale. La forma stessa del
163
meme apre da sola la molteplicità dei significati, la plurali-
tà delle risposte che si possono dare alla domanda “perché
il meme politico
nita ricorsività, è un sistema semiologico secondo (se non
terzo, o quarto) ma con un’importante differenza: se la for-
za del mito si fonda sull’azione indiretta di questa struttura
165
sul soggetto, il quale non elabora coscientemente la catena
dei significati, nel meme si presuppone una comprensione
38 Ibid., p. 196.
Harambe è il messaggio che è diventato medium, capace di vei-
colare qualsiasi segno, senza però identificarsi con nessuno di
questi39.
memetica.
Meme che raggiungono un tale grado d’astrazione pos-
sono sia viaggiare da soli, rimanendo nell’ermetico nonsen-
se che li contraddistingue, sia fungere da metasignificanti
e acquistare questo o quel valore, situato nell’applicazione
39 https://www.theatlantic.com/technology/archive/2016/09/harambe-the-perfect-meme/498743/
40 Per chi all’epoca fosse riuscito a scampare alla notizia virale, e alle sue memetiche ramificazioni,
riassumiamo la vicenda di Harambe. Il 28 maggio del 2016 un bambino scivola nel recinto dei gorilla
dello zoo di Cincinnati. Un anziano gorilla di 17 anni, chiamato Harambe, afferra il bambino e lo
trascina in un fossato pieno d’acqua. La scena va avanti per alcuni minuti prima che uno dei guar-
diani dello zoo abbatta il gorilla con un colpo di arma da fuoco. Una storia di poco conto, generico
riempitivo estivo, che ha scatenato prevedibili polemiche di persone annoiate e pronte a indignarsi:
animalisti che si auguravano una soluzione non cruenta, genitori che rimproveravano la disattenzio-
ne della madre, etologi, o presunti tali, che spiegavano perché un proiettile sonnifero non avrebbe
salvato il bambino e così via.
specifica41. Il problema sorge quando questo tipo di meme,
sempre pronti a ritornare nel nonsense, vengono messi a va-
lore politicamente: è il già discusso caso di Mr. Pepe, che da
re dei meme è diventato nuova svastica. Ma la forza mitica
di Pepe (barthesianamente mitica, diremo adesso) risiede
nel fatto che possa essere contemporaneamente il re dei meme
e la nuova svastica: ogni volta che si prova a inchiodarlo a
una faccia può, alternativamente, mostrare l’altra, oppure
rivendicarla con soddisfazione. In ogni caso, non è possibile
esaurire la sua gamma di significazioni. Quando i media
progressisti hanno iniziato a identificare Pepe come sim-
il meme politico
bolo d’odio e mascotte razzista, la più diffusa reazione degli
anon di 4chan, che pure stavano collaborando a trasformar-
lo in quel modo, è stata derisoria. Pepe ovviamente non è
167
una mascotte razzista, dicevano, nonostante lo fosse e que-
sto rientrasse nei loro piani. Ogni tentativo di spiegazione
41 Per fare un esempio, Harambe venne posto accanto ai ‘tanti morti famosi del 2016’ diventando,
per l’occasione, uno sfottò dei lutti pubblici virtuali per le celebrità.
prassi discorsiva, eppure – il caso vuole – l’esoterismo pro-
priamente inteso è diventato uno dei tanti temi che orbita-
no intorno alla figura di Pepe42, laddove le giovani destre
nichiliste avevano già messo in circolo un discorso esote-
rico intorno all’indefinibile natura dei meme e di Pepe in
particolare.
Per tornare al mito, una sua analisi di matrice linguistica
che ha molti punti di contatto con le intuizioni barthesiane
è stata coniata da Furio Jesi. Scrive Jesi:
la guerra dei meme
dei popoli”.
Non solo “del singolo individuo”: anche del singolo gruppo. […]
Questa continuità non è di parole, ma di scelta di un linguag-
gio delle idee senza parole, che presume di poter dire veramen-
te, dunque dire e al tempo stesso celare nella sfera segreta del
simbolo, facendo a meno delle parole, o meglio trascurando di
preoccuparsi troppo di simboli modesti come le parole che non
siano parole d’ordine. Di qui la disinvoltura nell’uso di stere-
otipi, frasi fatte, locuzioni ricorrenti; non si tratta soltanto di
42 Nel corso della campagna elettorale americana, il momento di politicizzazione massimo di Pepe,
venne fuori che ‘Kek’, un sinonimo molto usato dagli anon del diffusissimo ‘Lol’, fosse anche il nome
di un antico dio egizio spesso raffigurato col volto di una rana: si mise in moto il solito carosello del
Web annegato nell’ironia, che portò alla fondazione del ‘Cult of Kek’ e della ‘Pepe magik’ che avrebbe
permesso a Trump di vincere le elezioni.
povertà culturale, di vocabolario oggettivamente limitato per
ragioni di ignoranza: il linguaggio usato è, innanzitutto, di idee
senza parole e può accontentarsi di pochi vocaboli o sintagmi:
ciò che conta è la circolazione chiusa del ‘segreto’ – miti e riti
– che il parlante ha in comune con gli ascoltatori, che tutti i par-
tecipanti all’assemblea o al collettivo hanno in comune43.
il meme politico
Così Pepe aveva una doppia vita: quella autentica, presso
chi ne conosceva la storia e lo viveva genuinamente, e quella
falsa, tecnicizzata, presso gli outsider che lo scambiavano
per Hitler. Ma è qui che avviene il ‘doppio gioco’ esoterico: 169
il meme politico
con cui gli anon lanciano queste armi retoriche ermetiche
contro i propri avversari ricorda il motto fascista “Me ne
frego, non so se ben mi spiego”, un atto illocutorio che non
171
porta nessun messaggio se non la dichiarazione di un’alteri-
tà ostile e noncurante, in cui tu non capisci, io non ti spiego
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