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Le donne nell’immaginario collettivo sono “l’angelo del focolare”; non si tratta di figure approfondite

all’interno della società e nonostante le lotte di parificazione coesiste il pregiudizio rappresentato da alcune
mancanze da parte della società civile. Le donne sono considerate solo in relazione agli uomini; ciò si vede
lavorativamente: Studi hanno dimostrato che lo stipendio delle donne è nettamente inferiore di quello
degli uomini. Vi siete mai chiesti perché anche nella maggior parte delle scuole si studiano autori
appartenente al genere maschile e non a quello femminile? La questione femminile in Italia si accese a
partire da una delle più grandi femministe della storia, Anna Mazzoni che nel 1864 pubblicò “la donna e i
suoi rapporti sociali”. Dietro le richieste di parità sociale avanzate dal genere considerato debole c’è
inanzitutto un’impronta politica, la stessa che guida e veicola il pensiero del popolo. Molti passi sono stati
fatti a favore dell’emancipazione ma tante altre battaglie restano alle femministe ( lotta tassa su assorbenti,
più politiche donne,lavoro). Le donne si battono affinchè venga totalmente demolita l’immagine di donna-
casalinga e tutrice di figli. Ultimamente l’Italia è soggetta al calo delle nascite; le donne in carriera non
possono permettersi di fare figli per preservare il proprio posto di lavoro. La rinuncia alla maternità offre un
rovesciamento della medaglia. Il progresso ha favorito l’avanzamento della libertà di poter aver accesso a
mansioni e cariche onerose ma allo stesso tempo ha messo all’angolo l’istinto materno. Si tratta ancora di
una battaglia vinta a metà. Cosa suggeriscono le femministe? Rita Levi Montalcini, convita femminista del
900’ nonché Premio Nobel per la medicina 1986 è stato un personaggio memorabile nella scena della
battaglia mirata all’uguaglianza. Ha sempre affermato che la donna è stata bloccata per secoli, essere
femministe vuol dire riscattare la dignità. Lavorare ieri e oggi in ambito scientifico presenta dei rischi.
Esistono purtoppo degli ambiti ancora soggetti al totale maschilismo. Molti filosofi, autori ne hanno sempre
parlato. Esiste differenza tra uomo e animale per la presenza di intelligenza. IL cevello umano è comune
non vi sono differenze. Le limitazioni non devono essere moto per la rassegnazione alla medicrità diceva la
grande scenziata, divenuta senatrice a vita.

SPIEGAZIONE CON DEI DATI DELLA DIVERSA DISTRIBUZIONE DELLA RICHEZZA TRA UOMINI E DONNE CAUSA
PERCIO’ DI UNA NEGAZIONE ALLE DONNE INDIPENDENTI DI POTER AVERE FIGLI

l gender pay gap, nella sua definizione più semplice, è la differenza tra il salario
medio di tutti gli uomini e quello di tutte le donne che svolgono un lavoro
retribuito. Di solito si riferisce solo ai lavoratori e alle lavoratrici dipendenti e si
distingue dal concetto equal pay for equal work, che sostiene la parità
retributiva tra i due sessi per mansioni lavorative uguali o equiparabili.
Nonostante questa apparente semplicità, calcolare il gender pay gap è molto
complesso perché spesso i paesi usano indicatori diversi (per esempio, alcuni
stati misurano gli stipendi su base oraria, altri su base settimanale o mensile).
Inoltre parte del suo ammontare non può essere quantificato con i tradizionali
criteri usati nel mercato del lavoro per determinare la retribuzione salariale.
Quando per misurare il divario si considera solo il salario medio dei lavoratori e
delle lavoratrici dipendenti, il gender pay gap viene definito unadjusted. Se
invece si tengono in conto altri fattori che contribuiscono al divario – come per
esempio l’accesso all’istruzione, il tipo di occupazione svolta, il numero di ore
lavorative – viene detto adjusted.
Secondo una ricerca del 2018, il divario retributivo di genere (unadjusted) medio
nei paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico
(Ocse) è pari al 13,4 per cento. Come anticipato, anche se è chiara l’esigenza di
calcolare le differenze di opportunità e condizioni tra i generi, questi fattori si
inseriscono con difficoltà nella misurazione statistica.
Il divario retributivo di genere nell’Unione europea
Nell’Unione europea il gender pay gap è calcolato sulla base della differenza del
salario lordo orario tra gli uomini lavoratori e le donne lavoratrici. Non vengono
presi in considerazione tutti gli altri fattori che contribuiscono al divario, quindi
anche in questo caso si parla dell’unadjusted.
In Europa le donne guadagnano 85 centesimi per ogni euro percepito dagli
uomini. Per ogni ora di lavoro vengono retribuite in media il 14,8 per cento in
meno rispetto all’altro sesso. In altre parole, è come se in un anno le donne
lavorassero per due mesi senza ricevere lo stipendio. La situazione nell’Unione
sta migliorando, ma i progressi sono molto lenti: il gap è diminuito solo dell’1
per cento in sette anni.
Per sottolineare questa disuguaglianza è stata istituita l’equal pay day, una
giornata mobile che segna il momento in cui, ogni anno, le donne cominciano
simbolicamente a smettere di guadagnare se confrontate con i loro colleghi. Nel
2019 le lavoratrici dipendenti europee hanno simbolicamente smesso di
guadagnare il 4 novembre.

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