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ELEMENTI BASE DI FOTOGRAFIA

REFLEX DIGITALE

gilberto maltinti
www.gilbertomaltinti.it
gilberto@gilbertomaltinti.it ringrazio il fotografo Lorenzo Monacelli
339.7781836 per la preziosa collaborazione
La parola fotografia prende
origine da due termini
greci: φως (phos) luce e
γραφίς (graphis) scrivere.
Fotografare significa
disegnare con la luce.
FOTOGRAFARE VUOL DIRE
GUARDARSI INTORNO
CONCRETAMENTE.
Macchina fotografica/fotocamera, luce, colore,
inquadratura, bilanciamento del bianco,
composizione, obiettivi, diaframma, tempo,
sensibilità, flash, esposizione, luminosità,
profondità di campo.

Fotografare significa fissare su un supporto


analogico/chimico (film/pellicola/lastra) o elettronico
(memory-card) un immagine luminosa attraverso un
obiettivo montato su una macchina
fotografica/fotocamera.
L'immagine fotografica
Beaumont Newhall, Storia della Fotografia: “La fotografia è
sostanzialmente un mezzo per fissare l'immagine della camera
oscura grazie all'azione della luce su sostanze fotosensibili”.

Ansel Adams, La Fotocamera: “La fotografia coinvolge una


serie di processi meccanici, ottici e chimici correlati fra di loro,
che si trovano tra il soggetto e la sua riproduzione fotografica.
Ciascuna fase del progetto ci porta un passo più distante dal
soggetto e uno più vicino alla stampa fotografica. Perfino la
più realistica delle fotografie non è il soggetto, è separata da
questo da una serie di interferenze dovute al sistema
fotografico. Il fotografo può scegliere di accentuare o
minimizzare questi «allontanamenti dalla realtà», ma non può
eliminarli”.
Fotografare in analogico
Fotografare in digitale
LA LUCE
Non è necessario conoscere perfettamente la
fisica per fare delle buone fotografie. È necessario
però sapere che cosa è la luce e soprattutto come
questa sia fondamentale, determinante per
ottenere l'immagine fotografica. La luce è un
flusso di energia elettromagnetica emessa dal
sole o da altri fonti (sorgenti radianti: esempio, la
lampadina) che si propaga in linea retta. La sua
velocità nel vuoto è di 300.000 km al secondo,
velocità che diminuisce nell'aria soprattutto
quando incontra sostanze come il vetro e l'acqua.
A diversa lunghezza d'onda corrisponde un
diverso colore.
Jack Delano: "Chicago, Ill. Jan Le particelle di polvere sospese
1943. In the waiting room of the nell'aria riflettono la luce e ne mettono
Union Station". in evidenza la traiettoria.
Isaac Newton (1642-
1727)

La luce bianca è formata dalla fusione dei colori/lunghezze d'onda che ne formano lo
spettro. I colori si ottengono quando la luce bianca attraversa un prisma. Isaac Newton
nel 1666 dimostrò così che i colori derivano dalla scomposizione della luce bianca del
sole e che senza luce essi non esistono.
Come? Fece passare i raggi della luce solare da una fessura e poi attraverso un prisma
trasparente. Il raggio di luce bianca derivato dalla diversa inclinazione delle facce del
prisma si scompose in fasci di luce colorati: rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco e
viola.Isaac Newton definì spettro solare questa sequenza di colori.
La luce bianca è la combinazione di tutti i colori dello spettro solare.
Le onde elettromagnetiche

Le radiazioni elettromagnetiche sono classificate in base alla loro frequenza e ciò


costituisce lo spettro elettromagnetico. La porzione dello spettro visibile
dall'occhio umano è compreso tra 390 e 780 nanometri di lunghezza d'onda
(nanometro - nm - corrisponde a 1 miliardesimo di metro), cioè tra i 750 e i 428
Hertz di frequenza. La lunghezza d'onda è lo spazio percorso da un'onda che si
propaga durante il tempo di un periodo completo di oscillazione.
Le onde elettromagnetiche comprese tra 390 e 780 nm, isolate, danno luogo luogo a una tavolozza dei
colori. Al variare della lunghezza d'onda noi vediamo il colore variare dal violetto al rosso, formando i
sette colori descritti da Newton: violetto, blu, indaco, verde, giallo, arancione, rosso. Il rosso
corrisponde alle lunghezze d'onda maggiori, il violetto a quelle minori. Il nostro occhio è particolarmente
sensibile alle radiazioni centrali dello spettro, queste ci appaiono più luminose mentre quelle più lunghe
(verso il rosso) o meno lunghe (verso il violetto) ci sembrano meno brillanti.
I raggi di luce entrano nell'occhio attraverso la cornea. Questa piega i raggi in maniera che
possano passare attraverso la pupilla. L'iride è quella struttura che determina il colore degli occhi
e funziona come l'otturatore in una macchina fotografica. Ha la capacità di aprirsi e chiudersi in
funzione dell'intensità della luce ambientale, proprio come avviene nelle macchine fotografiche.
Dopo essere passati attraverso l'iride, i raggi luminosi penetrano nel cristallino, struttura
trasparente e flessibile che funziona come una lente dell'obiettivo fotografico: modificando la
propria curvatura e posizione mette a fuoco perfettamente sulla retina le immagini. La retina
svolge lo stesso ruolo della pellicola: cattura le immagini e le trasmette attraverso il nervo ottico
alla porzione occipitale del cervello. Le immagini captate dagli occhi e quindi proiettate sulla retina
sono a disposizione del cervello. Noi vediamo grazie a i coni e ai bastoncelli. I coni si concentrano
nella macula, al centro della retina, e ci permettono di vedere i colori e distintamente. Ce ne sono
tre tipi: rosso, verde e blu. I bastoncelli sono più sensibili al movimento e servono per vedere al
buio.
Temperatura di colore – Gradi Kelvin

Variando la temperatura dei gradi Kelvin della luce si


possono avere delle immagini più calde o più fredde
In una giornata Immagine ripresa a Abbiamo
nuvolosa, usando 7500° K, bilanciamento aumentato i gradi
l'esposizione del bianco nuvoloso. toccando gli 8000°
automatica, la luce di Notiamo che il colore
questa foto appare più giallo aggiunto rende Kelvin. Notiamo la
grigio/blu. Noi l'immagine più calda. E' differenza sulla
vogliamo renderla più ancora un po' fredda. pelle e sugli abiti
calda, vogliamo che Aggiungiamo qualche dei soggetti.
appaia meno fredda. centinaio di gradi Kelvin
per rendere l'immagine
più calda.
Il colore
primari secondari/complementari terziari

rosso blu giallo

Il nostro occhio percepisce una parte delle onde luminose. A questa parte
corrisponde uno spettro di sette colori: rosso, arancio, giallo, verde, l’azzurro,
indaco e violetto. L’oggetto che riflette tutte le onde luminose appare bianco che
è la somma di tutti i colori. L’oggetto che assorbe tutte le onde senza restituirle
ai nostri occhi viene percepito nero. Quello che assorbe tutte le onde tranne
una, ha il colore corrispondente a quell’unica onda (esempio: un oggetto che
non assorbe il rosso, e che quindi lo riflette, viene percepito rosso).
il colore / il bianco / il nero
Il bianco è la somma di tutti i colori. Il nero è l'assenza di tutti i
colori. L’oggetto che riflette tutte le onde luminose appare
bianco, mentre l’oggetto che assorbe tutte le onde viene
percepito dai nostri occhi nero. L’oggetto che assorbe tutte le
onde tranne uno, ha il colore corrispondente a quell’unica
onda (esempio: l'oggetto che non assorbe il rosso, viene visto
dai nostri occhi rosso).
ANCORA LUCE
propagazione, riflessione, diffusione
dispersione, rifrazione, diffrazione sono i
fenomeni fisici che contraddistinguono LA LUCE.
Una sorgente di luce (esempio: una lampadina)
emette luce propria, mentre gli oggetti illuminati
diffondo in tutte le direzione la luce da cui
vengono investiti.
propagazione

La luce si propaga in linea retta


quando non incontra ostacoli e
viaggia attraverso un mezzo
uniforme/omogeneo (es. l'aria, il
vetro)
riflessione
QUANDO LA LUCE COLPISCE UN OGGETTO
COSA AVVIENE?
Viene riflessa quando la superficie è levigata.
L'angolo di incidenza è uguale a quello di
riflessione.
diffusione

Quando la luce incontra una superficie ruvida


i raggi diffusi hanno tutti angoli diversi (luminosità
diffusa).
rifrazione
Quando la luce passa
da un mezzo meno
denso, l’aria, ad uno più
denso, l’acqua, il suo
percorso devia e si
porta più vicino alla
perpendicolare della
superficie di
separazione dei due
mezzi. Se il percorso è
al contrario avviene il
fenomeno opposto.
dispersione
Quando la luce solare bianca
è catturata da una goccia di
acqua nell'atmosfera, una
parte della luce rifrange nella
goccia, si riflette dalla
superficie interna della
goccia e quindi rifrange di
nuovo fuori dalla goccia.
Come con il prisma, la prima
rifrazione separa la luce
solare nei suoi colori
componenti e la seconda
rifrazione aumenta la
separazione. Il risultato è
l'arcobaleno.
Diffrazione

La diffrazione è un fenomeno
ondulatorio. Quando la luce
incontra un ostacolo con un
foro si propaga al di là di
questo in tutte le direzioni.
Ancora luce
La luce è l'elemento fondante della
fotografia sia analogica che digitale.
Questa colpisce il soggetto.
Attraverso le lenti dell'obiettivo, la
macchina cattura la luce diffusa dal
soggetto e la memorizza dopo un
processo chimico/elettronico su
pellicola/sensore.
fotografia
TECNICA + STRUMENTI + CULURA =
BUONA FOTOGRAFIA.
Dietro ad ogni fotografia si rintraccia la personalità, lo
stile, il bagaglio tecnico e culturale di ciascuno.
tipi:
. SPORTIVA
. GIORNALISMO/REPORTAGE
. NATURA/PAESAGGIO
. MEDICO/SCIENTIFICA
. PUBBLICITA'/STILL-LIFE
Scattare con sensore digitale
CCD: acronimo per Charge Coupled Device, ovvero dispositivo ad
accoppiamento di carica. Il nome deriva dal metodo usato per
leggere l'informazione dal sensore una volta registrata l'immagine:
le cariche di ogni "riga" del sensore sono "accoppiate" a quelle
della riga precedente, in modo che quando la prime si spostano, le
seconde si muovono per prenderne il posto.

CMOS: acronimo per Complementary Metal-Oxide Semiconductor.

Pixel: termine ottenuto dalla contrazione delle parole inglesi


Picture Element. Si tratta della più piccola porzione di cui è
composta una immagine digitale, come una tessera lo è di un
mosaico.

Megapixel: neologismo informatico per indicare un milione di Pixel


(elementi grafici). Se si considerano le misure digitali in uso per i
computer, un megapixel equivale invece a 1.048.576 Pixel.
Un sensore di immagine digitale è essenzialmente un chip di silicio in grado di catturare e
misurare la luce che lo colpisce.
I sensori delle fotocamere digitali attuali si basano sulla tecnologia CMOS e CCD,
funzionano convertendo la luce che li colpisce (fotoni) in carica elettrica (elettroni). Il
sensore ha generalmente forma rettangolare e dimensioni variabili da costruttore a
costruttore e da modello a modello

La superficie del sensore è formata da milioni di minuscoli fotositi disposti secondo una
griglia regolare. Questi "fotositi" sono in effetti i micro-sensori che effettuano la
conversione da fotoni in elettroni.
Il sensore può soffrire del cosiddetto "rumore": la carica elettrica di ogni singolo fotosito
viene trasportata via durante la lettura da circuiti di trasporto e amplificazione.
Ogni fotosito ha il suo circuito; lievi alterazioni del segnale dovute a microscopiche
imperfezioni nei circuiti formano una sorta di "disturbo" sull'immagine, sempre uguale (il
rumore).
Nei sensori CMOS più moderni, speciali circuiti filtro addizionali cancellano il "rumore"
basandosi su una sua misurazione effettuata in fabbrica. Ogni chip CMOS ha infatti il
proprio "schema" di rumore. Queste operazioni di filtraggio influiscono sulla rapidità
generale delle operazioni.
Come si presenta il rumore:
Il rumore nelle immagini digitali si evidenzia prevalentemente come una certa granulosità o
puntinatura monocromatica e/o come puntini o macchioline colorate evidenti soprattutto nelle aree
uniformi come il cielo, o in quelle sottoesposte con poco dettaglio.

Il rumore di un sensore aumenta in funzione della temperatura del sensore stesso, e della
sensibilità ISO impiegata per la ripresa. Con riferimento alle fotocamere compatte, con valori ISO
fino a 100 il rumore rimane appena visibile, fino a 200 accettabile, da 400 e oltre diventa un
problema serio.

Le camere reflex professionali sono quasi esenti da questo problema, disponendo di sensori più
complessi, con dimensioni fino a 24x36 mm (full frame), oltre che di software di elaborazione e
controllo assai sofisticati.

Le cause del rumore:


Ogni pixel del sensore contiene un diodo fotosensibile che converte la luce incidente in un segnale
elettrico, che a sua volta viene elaborato e convertito nel valore cromatico dello stesso pixel
nell'immagine finale.

Se i segnali elettrici in uscita dal sensore non sono abbastanza ampi per poter essere utilizzati,
devono essere amplificati, e più i segnali sono deboli maggiore dovrà essere il grado di
amplificazione. Ogni amplificazione comporta un aumento del segnale utile ma anche un aumento
del rumore originale, più una certa quantità di rumore introdotto dal processo stesso.
Il livello di rumore può essere determinato dai seguenti fattori:
Dimensioni del sensore. Un sensore grande è generalmente meno rumoroso di uno piccolo
Dimensioni/densità dei pixel. A parità di dimensioni del sensore, più megapixel significa più dettaglio
ma anche più rumore
 Sensibilità ISO impiegata. Poca luce = alto valore ISO = maggiore amplificazione del
segnale = più rumore
Forte compressione jpeg
Tempi di posa. Tempi lunghi (1-2 sec.) producono rumore cromatico
emperatura del sensore
Processi produttivi e materiali impiegati

Prima di scattare ecco alcuni accorgimenti che possono ridurre il fenomeno


del rumore.
1. Selezionare il valore ISO più basso possibile. Usando il cavalletto si possono
impostare tempi lunghi e relative aperture di diaframma

2. Usare una reflex digitale dotata di sensore di grandi dimensioni. Una fotocamera
con sensore "full frame" a ISO 1600 produce un rumore paragonabile a quello di
una compatta a ISO 100.

3. La compressione tipica del formato JPEG può aumentare il rumore


nell'immagine. Meglio sempre scattare in formato RAW
RUMORE

ISO 100 il gatto risulta mosso per via del tempo di scatto lento: 1/8 F:6.3
In compenso la foto è priva di rumore
RUMORE

ISO 1600 il gatto abbastanza fermo per via del tempo di scatto veloce: 1/125 F:6.3
Però la foto presenta più rumore
SCATTARE CON ALTI ISO

PRO CONTRO
- Tempo di esposizione più veloce - Rumore di fondo su zone d’ombra
- Maggiore luce di sfondo con il flash o sottoesposte
- Riduzione del dettaglio

DETTAGLI

ISO ISO
100 1600
Come si forma una foto a colori
SENSORE DIGITALE. Normalmente in un sensore il
25% dei fotositi registra il rosso, il 25% il blu e il 50%
registra il verde. Il motivo della preferenza sul verde è
che anche l'occhio umano risulta essere più sensibile a
questo colore rispetto agli altri due. Per rendere
sensibili ad una particolare lunghezza d'onda i fotositi,
davanti ad essi viene posto un filtro che lascia passare
solo le lunghezze d'onda volute. In pratica davanti al
fotosito viene posto uno strato trasparente e colorato
in rosso o verde o blu. Questi filtri vengono disposti
secondo uno speciale schema a scacchiera (es: schema
di Bayer). Con l'applicazione del filtro Bayer ogni
fotosito registra solo un terzo delle informazioni
necessarie alla definizione esatta del colore, ovvero
solo uno dei tre colori primari. Ma le fotografie a
colori... mostrano tutti i colori! Come otteniamo quelli
mancanti? Vengono calcolati per interpolazione, dedotti
da un algoritmo di calcolo che prende in considerazione
i valori registrati dai fotositi adiacenti ed effettua una
stima.
JPEG è l'acronimo di Joint Photographic Experts Group

TIFF è l'acronimo Tagged Image File Format

RAW formato in cui sono memorizzate le immagini


senza perdita di informazioni sui dettagli dell'immagine
proveniente dal sensore, come invece avviene in altri
formati (per esempio, JPG). Ciò permette di non avere
perdite di qualità della registrazione su un qualsiasi
supporto rispetto ai segnali catturati dal sensore e
successivamente composti per interpolazione dal
processore d’immagine della fotocamera nelle sue tre
componenti fondamentali RGB (RED, GREEN, BLUE).
Prima di scattare?
- conoscere la luce
- stabilire gli ISO
- bilanciare il bianco
- esposizione (diaframma,
tempo)
- fuoco e profondità di campo
La reflex
Obiettivo fotografico

È un sistema ottico costituito da diverse lenti fissate tra loro, grazie al quale i fasci
di luce che provengono parallelamente da un soggetto inquadrato convergono sul
sensore . La caratteristica principale è la lunghezza focale, la distanza tra il suo
centro ottico e il sensore alla quale viene messa a fuoco l'immagine di un punto
posto all'infinito (distanza focale, o più comunemente focale). La regolazione della
distanza focale consente la messa a fuoco, grazie alla quale il soggetto inquadrato
risulta nitido e definito.
i raggi provenienti da un soggetto molto
lontano (infinito) convergono in un
punto. La distanza tra il centro della
lente e il piano focale (piano su cui si
forma l'immagine nitida del soggetto) è
la lunghezza focale di quella lente.

A parità di distanza di ripresa, un obiettivo di focale più


lunga produce un'immagine più grande. La lunghezza
focale determina la grandezza dell'immagine sul
sensore (rapporto di riproduzione). Questo fattore
determina che a parità di distanza soggetto/obiettivo, un
obiettivo di focale lunga produce un'immagine più
grande rispetto a un obiettivo di focale corta. Per
mantenere fissa la grandezza dell'immagine sul sensore
al variare della lunghezza focale dell'obiettivo impiegato,
dovremo variare la distanza da cui si riprende il
soggetto, allontanandoci da esso con l'aumentare della
lunghezza focale impiegata.
La distanza tra il centro della lente e il piano
focale (piano su cui si forma l'immagine nitida
del soggetto) è la lunghezza focale o, più
semplicemente, la focale di quella lente. La
lunghezza focale è espressa in mm., può
essere fissa o variabile e in questo caso gli
obiettivi si dicono zoom. Ecco alcuni esempi
dell'angolo di ripresa ottenuto usando
obbiettivi con focali diverse.
GRANDEZZE SENSORI
Differenza degli angoli di visuale di inquadrature ottenute con obiettivi di lunghezze focali
uguali, montati su macchine fotografiche con sensori aps-c e full frame.

Sensore aps-c (450d) 18 mm Sensore aps-c (450d) 55 mm

Fotografie scattate con obiettivo Canon EF-S 18-55 mm is


Canon 450D–sensore aps-c Canon 1DS Mark III – sensore FULL FRAME
fattore di conversione 1.6 (per Nikon 1.5)

24 mm 24 mm

Fotografie scattate con obiettivo Canon 24-70 mm EF serie L

70 mm
70 mm
Canon 450D–sensore aps-c Canon 1DS Mark III – FULL FRAME
fattore di conversione 1.6 (per Nikon 1.5)

200 mm 200 mm

Fotografie scattate con obiettivo Canon 70-200 mm EF serie L


Luminosità dell'obbiettivo
La luminosità di un obbiettivo è data dalla quantità di luce che questo riesce a convogliare sul
sensore. La luminosità è espressa dal rapporto tra la lunghezza focale (distanza che separa il centro
ottico dell’obiettivo dal suo fuoco) e il diametro della lente frontale dell'obiettivo. La luminosità indica la
quantità di luce che l'obiettivo lascia passare e corrisponde, normalmente, all'apertura massima di
diaframma dell’obbiettivo. Il numero che esprime la luminosità diminuisce al crescere della quantità di
luce trasmessa; un obiettivo f/2.8 è più luminoso di un obiettivo f/4. La luminosità di un obbiettivo a
focale fissa, es: 50 mm, dipende esclusivamente dal diametro/apertura del diaframma. Quella di un
obbiettivo a zoom, es: 18-55 mm, dipende dal diametro/apertura del diaframma e dalla lunghezza
focale.
Esempio: obbiettivo 18/55 mm focale f/3.5-5.6. La luminosità massima di questo obbiettivo è f/3.5
alla lunghezza focale di 18 mm, f/5.6 alla lunghezza focale di 55 mm.
Esempio:
f/3: il diaframma ha un diametro pari a 1/3
della lunghezza focale
dell'obiettivo.
f/8: Il diaframma ha un diametro pari
a 1/8 della lunghezza focale dell'obbiettivo.
L'esposizione: intensità di luce/tempo
Indica il periodo di tempo durante il quale l'otturatore della macchina fotografica resta
aperto durante lo scatto. Stabilendo il tempo di esposizione, decidiamo quanta luce viene
catturata dalla pellicola/sensore in quel periodo di tempo. L'esposizione si misura in EV
grazie all'esposimetro interno alla macchina (cellula esposimetrica) o esterno.
Un'esposizione ottimale si ottiene stabilendo il giusto tempo di esposizione, l'apertura del
diaframma e gli ISO.

tempo breve tempo lungo

luce = acqua / diaframma = rubinetto / tempo di esposizione = tempo di apertura del rubinetto.
ISO = dimensioni della bacinella. 200 ISO sono doppi come sensibilità di 100 ISO, richiedono
quindi un'esposizione dimezzata.
APERTURA DELL'OBBIETTIVO E TEMPO D'ESPOSIZIONE.
ll diaframma e l’otturatore influiscono contemporaneamente sullo scatto fotografico. Come?
Modificando la quantità di luce che impressiona il sensore: il diaframma in rapporto
all'intensità/quantità, l'otturatore in rapporto al tempo. Il diaframma modifica la profondità di
campo permettendo di mettere +/- a fuoco elementi situati nell'inquadratura a distanza differente
l'uno dall'altro rispetto alla macchina fotografica. Il tempo d'esposizione influisce sull'immagine
quando il soggetto si muove.

COMBINAZIONI TEMPO-DIAFRAMMA
Per catturare in modo ottimale l'immagine il sensore deve essere impressionato dalla giusta
quantità di luce. In condizioni di luce normale, non c'è differenza sostanziale tra: tempo
d'esposizione breve con diaframma aperto (1/500 - f/2,8) o tempo d'esposizione lungo con
diaframma chiuso (1/15 – f16). Il sensore cattura la stessa quantità di luce

Rapporto raddoppio/dimezzamento della coppia tempo/diaframma. La luce catturata è la stessa,


ma impostando coppie tempo/diaframma diverse il risultato cambia mutando la profondità di
campo (zona precedente e successiva al soggetto messo a fuoco che noi vogliamo avere +/- a
fuoco. La profondità di campo varia in base all'apertura del diaframma e alla focale
dell'obbiettivo).

Tempo – Diaframma 1/500 – f2.8 -


1/250 – f4 - 1/125 – f5.6 - 1/60 – f8
- 1/30 – f11 - 1/15 - f16
ESEMPIO COPPIA DIAFRAMMA: stabilito il valore EV 9 la coppia tempo/diaframma si muove in modo
equivalente (entra nell'obbiettivo la stessa quantità di luce). Esempio: possiamo scattare una fotografia
impostando il tempo di scatto 1/125 (minimo a mano libera) e il diaframma f/4. La stessa quantità di luce che
entra nella macchina fotografica con la coppia 1/125 – f/4, entra se impostiamo 1/60 (la metà del tempo
precedente) con diaframma f/5,6 che lascia passare metà della luce rispetto a f/4.

QUANTITÀ DI LUCE DIMEZZATA + DOPPIO DEL TEMPO DI ESPOSIZIONE = STESSA QUANTITÀ DI LUCE.
Diaframma e profondità di campo
è un anello fisso metallico circolare, sul quale agiscono delle lamelle all'interno
dell'obiettivo che stabilisce la quantità di luce che raggiunge li sensore nel tempo stabilito.
la regolazione del diaframma si chiama apertura. I numeri f/, scala dei diaframmi o stop
sono determinati dalla lunghezza focale dell'obiettivo divisa per il diametro di apertura
effettiva (dipende quindi dal diametro della lente frontale). f/1 - f/1,4 – f/2 – f/2,8 – f/4 –
f/5,6 – f/8 – f/11 – f/16 – f/22 – f/32
Fotografia f/2.8, T 1/6, ISO 100, 18 mm.
Fuoco sul pinguino.

Fotografia f/22, T 8 sec. ISO 100,


18 mm. Fuoco sul pinguino.
Fotografia f/2.8, T 1/6, ISO 100,
18 mm. Fuoco sulla racchetta.

Fotografia f/22, T 8 sec. ISO 100,


18 mm. Fuoco sulla racchetta.
Fotografia f/2.8, T 1/6 ISO 100,
18 mm. Fuoco sul casco.

Fotografia f/22, T 8 sec. ISO 100,


18 mm. Fuoco sul casco.
METODI DI MESSA A FUOCO (AF) CANON/NIKON
Quando si preme metà corsa del pulsante di scatto si attiva il sistema di messa a
fuoco. Ogni macchina fotografica reflex ha almeno tre possibilità di messa a fuoco sul
soggetto scelto nell’inquadratura: due automatiche e una manuale. Fra le due
automatiche distinguiamo una adatta ai soggetti immobili, l’altra per quelli in
movimento.

ONE SHOT PER CANON – AF SINGOLO PER NIKON: la macchina blocca il


fuoco nel punto scelto, dando conferma tramite uno o più punti luminosi visibili
nell’oculare. La messa a fuoco è così bloccata e si può eventualmente ricomporre
l’inquadratura (blocco della messa a fuoco).

AI SERVO PER CANON – AF CONTINUO PER NIKON: con il pulsante di scatto


tenuto premuto, e seguendo nell’inquadratura il movimento del soggetto scelto, la
macchina mette a fuoco in continuazione.

AI FOCUS PER CANON – AF AUTOMATICO PER NIKON: permette il passaggio


da ONE SHOT- AF SINGOLO a AI SERVO- AF CONTINUO e viceversa, se il
soggetto diventa immobile o riprende a muoversi.
PANNING
otturatore
determina la durata del tempo di scatto e quindi per quanto tempo la luce impressionerà il
sensore. Può essere a scorrimento verticale o orizzontale (la sua funzione di determinare il
tempo di scatto non cambia). Se deve determinare dei tempi di scatto più lunghi di un 125°
di secondo la tendina resterà aperta per tutto il tempo necessario (per esempio 1 secondo,
10 secondi, 1 minuto ecc.). Se invece deve utilizzare tempi più corti cioè frazioni di
secondo allora la tendina si chiuderà lasciando solo una fessura tanto più stretta quanto
più il tempo sarà corto, per esempio 1/500, 1/1000, 1/2000 ecc. Poi scorrerà sul sensore
lasciando passare la luce esattamente per la durata stabilita.
esposimetro
Interno o esterno alla macchina
fotografica, l'esposimetro è uno
strumento di precisione che misura la
luce e offre la giusta coppia
tempo/diaframma.

Può essere usato per


misurare sia la luce riflessa che quella
incidente.

Misurazione della luce riflessa: si


punta l'esposimetro verso il soggetto.
Questo tipo di misurazione non
considera le caratteristiche di
“riflettenza” del soggetto.

Misurazione della luce incidente: si


punta l'esposimetro dal soggetto verso
la fotocamera. In questo modo si
misura con la massima precisione la
“riflettenza” del soggetto.
L'esposimetro interno alla macchina fotografica è a luce riflessa e calcola il grigio medio al
18 per cento che è il livello di “riflettenza” medio della superficie terrestre.

valutativa media pesata semi-spot e spot


al centro

valutativa: il sensore della macchina fotografica divide l'inquadratura in zone,


dando più importanza alle informazioni/luce provenienti da quelle centrali, e
imposta automaticamente l'esposizione migliore. Standard.

Media pesata al centro: il sensore della macchina fotografica recepisce tutte le


informazioni/luce facendo una media di tutta la scena inquadrata ma dando
soprattutto importanza alle zone centrali.

SemiSpot/parziale: il sensore della macchina fotografica recepisce tutte le


informazioni/luce da una zona particolare dell'inquadratura (pochi gradi 2°/4°
rispetto all'inquadratura generale visibile dal mirino).
misurazione esposizione CANON/NIKON
NIKON
Matrix
Matrix è un metodo di lettura multizonale della luce. L'esposimetro divide l'inquadratura in più zone e fa una
media della luce bilanciando quelle troppo chiare con quelle troppo scure. Misurazione ideale per luce
omogenea sia di giorno che di notte soprattutto a priorità di diaframma.

Ponderata centrale
Misurazione media a prevalenza centrale. L'esposimetro sin concentra sulla zona centrale leggendo il
cerchio centrale del diametro di 8/12 mm. Qui sarà calcolata l'80% dell'esposizione, il restante 20% è
calcolato sull'area rimanente.
Spot
Misurazione di una zona molto piccola compresa in un cerchio del diametro di 2/4 mm, circa il 2/3%
dell'inquadratura.

CANON
Valutativa
Calcola l'esposizione su tutta la scena inquadrata. Misurazione standard ottimale adatta alla gran parte dei
soggetti

Parziale
calcola l'esposizione in una porzione centrale (9% circa) della scena al centro del mirino. Una sorta di
"spot allargato". Utile per i controluce
Spot
Misura una porzione piccola del soggetto/scena. Corrisponde circa al 2/4 % dell'inquadratura. Può
essere vincolata al punto di messa a fuoco AF scelto

Media pesata al centro


Esposizione calcolata al centro della scena inquadrata. La media ottenuta viene applicata a tutta la
scena
Esempi di esposizioni diverse
esposizione calcolata misurando la luce
dell'interno. Si punta l'esposimetro spot su
una zona media (ad es. il giaccone
appoggiato vicino alla ragazza), si memorizza
l'esposizione e si scatta. Il soggetto è ben
visibile mentre l'esterno risulta più chiaro,
leggermente sovraesposto.

Esposizione calcolata misurando la


luce esterna. Tutta la scena interna è
più scura.
Nelle inquadrature di notte bisogna stare
attenti a mantenere il giusto balance tra
l'oscurità dell'ambiente (del cielo,
soprattutto) e le luci artificiali, senza che
queste risultino troppo bruciate. I singoli
punti luce saranno sempre un po' bruciati
ma quello che c'è intorno deve risultare il più
possibile non sovraesposto. Questo si
ottiene esponendo in spot sulle parti misurazione spot l'angolo sul
illuminate. gradino della scala in basso a
sinistra.

Misurazione spot sui capelli rossi


Misurazione spot sul verde scuro e
del quadro in vetrina.
sottoesponendo di un stop si è riusciti a
mantenere un ragionevole
compromesso tra dentro e fuori.
Fotografia ottenuta esponendo a spot sui cuscini grigi
esposizione sbagliata
giusta esposizione (+1 stop)
esposizione sbagliata
giusta esposizione (-1 stop)
Fotografia ottenuta sottoesponendo di 2 stop
Blocco dell'esposizione
È la procedura che consente di memorizzare
l'esposizione misurata e di usarla per scattare la
fotografia desiderata. Se si scatta a modalità M
(manuale) basta settare direttamente tempi e diaframmi.
Nelle altre modalità (A, Av, Tv, S, P) invece è necessario
bloccare la misurazione effettuata. Come? Il blocco si fa
premendo a metà il pulsante di scatto mantenendolo
premuto. Alcuni modelli hanno un pulsante dedicato.
Alcuni modelli, dopo il blocco dell'esposizione, non
riescono a mettere a fuoco. Bisogna settare il comando
di messa a fuoco manuale M dell'obbiettivo e mettere a
fuoco manualmente.
cerchio/circolo di confusione

Nello schema 1 il vertice A1 opposto al punto A cade a fuoco sul sensore. Cosa succede se un altro punto è
più vicino o più lontano rispetto al punto a fuoco? Poiché un obiettivo non può mai mettere a fuoco su due
piani diversi, mantenendo la stessa messa a fuoco dello schema 1 si avrà la situazione dello schema 2, in
cui il punto B1 proiettato dall’obiettivo casca dietro al sensore. Dato che la proiezione della luce è conica, la
superficie proiettata dal punto B, sul piano del sensore sarà un cerchio/circolo detto di confusione. Nel caso
dello schema 1 il cerchio è puntiforme, come il punto A che appare a fuoco, mentre nello schema 2 è un
cerchio e il punto B è fuori fuoco. Per risolvere il problema bisogna intervenire lavorando sul diaframma.
Unendo gli schemi 1 e 2, con il diaframma completamente aperto, abbiamo la situazione dello schema 3, il
punto A è a fuoco ed il punto B no. Basta chiudere il diaframma, e la circonferenza dei coni proiettati dai due
punti diminuisce (vedi schema 4). Come si può vedere, il cerchio di confusione del punto B è notevolmente
più piccolo, risultando così quasi a fuoco sul sensore. Il cerchio di confusione di un maggior numero di punti
nello spazio, davanti e dietro al punto a fuoco scelto, risulta più piccolo, il nostro occhio lo percepisce come
punto e non più come cerchio, mettendolo ugualmente a fuoco. Chiudendo il diaframma, aumenta la
profondità di campo e diminuisce l’effetto sfocato dato dal circolo/cerchio di confusione.
Il flash
è un dispositivo elettronico usato per fotografare in
situazioni ambiente di scarsa illuminazione. Il flash
emette un lampo di luce velocissimo – da 1/1000 a
1/50000 di secondo - a circa 5600 gradi Kelvin. Può
essere usato in automatico: al momento dello scatto
il flash eroga un lampo e questo viene riflesso dal
soggetto. La cellula fotoelettrica misura il lampo
riflesso, in base agli ISO e alla distanza del
soggetto, e provvede ad interrompere l’emissione
lampo non appena sia raggiunta la quantità di luce
Dato il NG, possiamo avere il diaframma
necessaria. In questo modo l’immagine viene da usare e la distanza a cui posizionare il
esposta correttamente. La sua potenza è un valore soggetto:
fisso, il Numero Guida NG scritto nel libretto delle
istruzioni della macchina fotografica se il flash è ● DISTANZA: NG 60 : diaframma F/8=7,5 m
interno o in quello del flash se questo è esterno. Il ●DIAFRAMMA : NG 60/7,5 m = F/8
●NG : diaframma f/8 x 7,5 m= 60
NG (riferito sempre a una sensibilità ISO 100)
permette di sapere fino a quale distanza il nostro
flash può giungere: basta dividere il numero guida
(NG) per l’apertura massima del diaframma della La luce è inversamente
fotocamera. Esempio: NG 20 diviso 4 (l’apertura di proporzionale al quadrato della
diaframma) ed il risultato è 5 (metri), cioè la distanza distanza tra la fonte luminosa e il
massima a cui il soggetto può trovarsi per una soggetto. Così raddoppiando la
corretta esposizione. Se impostiamo ISO diversi da distanza tra il flash e il soggetto,
100 la potenza del flash diminuisce/aumenta in l'area illuminata non raddoppia ma si
proporzione. quadruplica.
FLASH SU PRIMA/SECONDA TENDINA
prima tendina: sincronizzazione del lampo prodotto dal flash con l’apertura della prima tendina dell'otturatore.
Come? Si scatta, la prima tendina si apre e quando arriva a fine corsa scatta il flash, poi la seconda tendina
parte, si chiude e l’esposizione termina. FLASH SU PRIMA TENDINA: f/2.8, T 1,6 secondi, ob. 24-70 mm
seconda tendina:sincronizzazione del lampo prodotto dal flash prima della chiusura
della seconda tendina. Si scatta, parte un primo flash, sincronizzato sulla prima tendina,
il sensore è esposto alla luce per il tempo stabilito, poco prima della chiusura della
seconda tendina parte il secondo flash. La modalità flash su seconda tendina è detta
slow-synch/slow-flash/fill-flash/sincronizzazione lenta. Per Nikon: REAR.
POSSIBILITA’ DI SCATTO CON FLASH SU PRIMA
TENDINA E TEMPO DI ESPOSIZIONE LUNGO

In questi due esempi il flash è sincronizzato sulla


prima tendina e impressiona il soggetto. Questo
deve stare obbligatoriamente più fermo possibile
e il tempo di esposizione deve essere
abbastanza lungo per permettere al sensore di
catturare sia la luce ambiente sia ciò che si trova
sullo sfondo e intorno al soggetto. N.B.: SLOW
su Nikon.

Flash interno su prima tendina: f/4.5, T 2.5 sec, Flash interno su prima tendina: f/5, T 2
12 mm, ob. 10-20 mm sec., 14 mm, ob. 10-20 mm
regola dei terzi

Henri Cartier-Bresson:
dietro la Stazione di
Saint-Lazare, Parigi,
1932

Tecnica che divide l'inquadratura in tre colonne orizzontali/verticali. Nei punti di


intersezione tra queste di solito si posiziona il soggetto/soggetti su cui si vuole
attirare l'attenzione. Per quanto riguarda il paesaggio, inquadrando non porre mai la
linea dell’orizzonte a mezza altezza perché divide la foto esattamente in due parti
separate tra di loro (sopra/sotto e non prima/dopo) senza capire quale sia quella più
importante. Meglio alzare o abbassare la linea dell’orizzonte in modo tale da mettere
in risalto la parte dell’immagine in cui sono presenti elementi più interessanti (es: 1/3
di cielo e 2/3 di paesaggio o viceversa).
SEZIONE AUREA
C

A B C
Quando nell'inquadratura c'è un solo soggetto/punto di interesse, è meglio applicare la
regola della sezione aurea. Come? inserendo il soggetto leggermente più al centro rispetto
alla regola dei terzi, ai 5/8, meglio se a destra.
Concretamente cosa differenzia un'inquadratura applicando con la regola dei terzi da una
composta applicando la sezione aurea? Quest'ultima pone il soggetto più verso il centro,
ottenendo un solo punto di equilibrio, mentre quella con la regola dei terzi porta i soggetti
verso i bordi della fotografia, offrendo al lettore più punti di equilibrio.
UN RICHIAMO DI MATEMATICA
RICORDATE LE PROPORZIONI?
II formaggio sta ai maccheroni come il ketchup sta
all’hamburger
Con i numeri:
100:60 = 60:36
In parole povere: se divido 100 diviso 60 ottengo lo stesso
numero che ho se divido 60 diviso 36.
Cioè 1,6 periodico
Che si dice:
60 è medio proporzionale tra 100 e 36.
UN RICHIAMO DI MATEMATICA
Questo concetto si può applicare alla geometria.
Un segmento si può dividere come in questa figura

A B C

Si può dire che il segmento AB è medio


proporzionale tra AC e BC
Cioè AC:AB=AB:BC
Cioè AB è LA SEZIONE AUREA del segmento
UN CONCETTO DI ESTETICA
Se ricerchiamo la sezione aurea mentre
inquadriamo, posizioniamo il soggetto principale
nel punto corrispondente alle sezioni auree della
base e dell’altezza della fotografia. Questa
acquisterà un equilibrio estetico che l’occhio
percepisce automaticamente come
manifestazione di ARMONIA.
La macchina fotografica e il cavalletto: Sì e NO
bibliografia essenziale

● Roland Barthes, La Camera Chiara, nota sulla fotografia.

● Piccola Biblioteca Einaudi

● Susan Sontag, Sulla Fotografia, realtà e immagine nella nostra società.

● Piccola Biblioteca Einaudi

● Gisèle Freund, Fotografia e società. Piccola Biblioteca Einaudi

● Beaumont Newhall, Storia della Fotografia. Einaudi

● Angela Madesani, Storia della Fotografia. Bruno Mondadori

● Dizionario della Fotografia. Due Volumi. A cura di Robin Lenman.

● Giulio Einaudi Editore

● Ansel Adams, La Fotocamera. Zanichelli

● Ernst H. Gombrich, Ombre. Einaudi

● Jean Baudrillard. Fotografia l'ombra del reale (articolo tratto da Ombre et Photo, a cura di Francois L'Yvonnet,
Paris, L'Herne, 2004, pag. 231-232. Articolo tradotto in italiano su La repubblica del 30/04/2009. Ne ho molte copie,
fatemi sapere se ne avete bisogno)

● Andreas Feininger. La fotografia: princìpi di composizione. Garzanti 1976 / Vallardi 1979

● Graham Clarke, La fotografia una storia culturale e visuale. Piccola biblioteca Einaudi Mappe
Geoff Dyer, L'infinito istante saggio sulla fotografia. Edizioni Einaudi

Olivier Lugon, Lo stile documentario in fotografia da August Sander a Walker Evans 1920/1945, Edizioni Electa

Giorgio Morandi's, Studio Fotografie di Gianni Berengo Gardin, Edizioni Charta


Clément Chéroux, Henri Cartier-Bresson Lo sguardo del secolo, Edizioni Contrasto


● Gabriele Basilico, Architetture, città, visioni. Riflessioni sulla fotografia. Bruno Mondadori

TRA I TANTI DI LIBRI SUI PIU’ GRANDI FOTOGRAFI VE NE SUGGERISCO ALCUNI DA ME PARTICOLARMENTE
AMATI

Thomas Struth, Pergamon Museum, Edizioni Schirmer/Mosel Monaco


● Don McCullin, Edizioni Contrasto

Ugo Mulas, La Fotografia, Edizioni Einaudi

AA. VV. Italia, ritratto di un paese in sessant'anni di fotografia, Edizioni Contrasto

Cesare Zavattini Gianni Berengo Gardin, Un paese vent'anni dopo, Edizioni Einaudi Letteratura

Vietnam. Fotografie di guerra di Ennio Iacobucci 1968-1975, Edizioni De Luca

Caio Mario Garrubba, Fotografie. Edizioni Cinecittà Due Arte Contemporanea

Gabriele Basilico / Massimo Vitali: Disco to disco, Edizioni Charta

Gabriele Basilico, Roma 2007, Baldini Castoldi Dalai Editore

Gianni Berengo Gardin, Storyboard. Edizioni Peliti Associati

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