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I romani e le Battaglie

Tattiche della fanteria romana

La tattica mutò notevolmente nei dodici secoli di storia romana, nel primo periodo regio le tecniche erano
molto simili a quelle di altri popoli italici. Si trattava di un combattimento semplice ma violento, non
particolarmente ordinato, l’esercito era composto da poche centinaia di uomini dei villaggi vicini. Gli scontri
duravano pochi minuti, raramente si raggiungevano le ore. Prima dello scontro era usanza lanciare un grido
di guerra per intimorire l’avversario. Il primo esercito romano; quello di epoca romulea, era costituito da
fanti che avevano preso il modo di combattere dalla civiltà villanoviana. I guerrieri combattevano a piedi e
con giavellotti, spade, lance, asce e pugnali, mentre solo i più ricchi potevano permettersi un’armatura
composta da corazza ed elmo, gli altri una piccola protezione rettangolare sul petto, davanti al cuore.

Falange oplitica

Nel 580 a.C. i romani iniziano ad utilizzare la falange oplitica: La Falange era una formazione militare molto
compatta in combattevano gli Opliti. Le falangi erano contraddistinte da una forte capacità di attacco e di
difesa, nonostante fossero dotate di poca mobilità. L’opita era un soldato della fanteria pesante dell’antica
Grecia. L’armatura completa di un oplita, definita con il termine panoplia, era costituita da un elmo, in
greco kranos, da una corazza in lana o lino e cuoio lavorati, che proteggeva efficacemente dalle frecce,
da schinieri in bronzo, a una corta spada in ferro, da una lancia ed infine da uno scudo bronzeo
rotondo (hoplon) fornito di un passante centrale e di un’impugnatura lungo il bordo. In verità era lo scudo
che definiva l’oplita, non tutti gli opliti disponevano di una panoplia completa, ma se utilizzavano lo scudo
rotondo erano opliti. Il termine però può essere talvolta anche associata a delle fanterie pesanti armate di
scudi simili per molti versi a degli hoplon alleggeriti e ridotti di dimensione, e che, in beozia rimasero
popolari nei combattimenti a ranghi più aperti. Questo tipo di scudo, che consentiva una tenuta molto salda
in posizione di difesa contro gli assalitori, costituì un’innovazione decisiva e sembra da mettere in relazione
con il sorgere della falange, formazione compatta di combattenti che con gli scudi si coprivano a vicenda.
L’innovazione consisteva nelle dimensioni dello scudo, che variavano dai 60 cm ai 90 cm, sufficienti a
proteggere le parti del corpo più vulnerabili. Inoltre lo scudo era munito di una correggia di cuoio, per
permettere anche alle spalle di sostenerne una parte del peso, di un’altra correggia in lino da fasciare
sull’avambraccio e da una manopola sul bordo in cui si saldava la mano. Lo scudo non era solo un’arma
difensiva, ma permetteva di generare delle spinte utili nel corpo a corpo e negli scontri tra falangi, oltre a
menar fendenti in caso di rottura o perdita del dory e dello xiphos.

La formazione a testuggine
Un primo esempio di formazione "a testuggine" utilizzato dalla fanteria romana, fu menzionato da Tito
Livio nel corso dell'assedio di Veio e di quello di Roma degli inizi del IV secolo. In questa situazione i
soldati romani serravano le file e si avvicinavano tra loro, sovrapponendo gli scudi, tenendoli di fronte a
loro ed alzati sulle loro teste.

La legione
La legione era l'unità militare di base dell'esercito romano. Nacque dalla trasformazione dell'esercito
alto-repubblicano dal modello falangitico a quello manipolare nel IV secolo a.C. L'esercito romano
passò così dall'impiego del clipeus (vocabolo che in latino indicava il grande scudo cavo dell’Oplita) e
della lancia all’utilizzo dello scudo, del giavellotto e del gladio, che divennero le armi fondamentali
dei legionari romani, conformi del tutto al tipo di utilizzo imposto dalla tattica bellica romana. Grazie al
grande successo militare della Repubblica e, in seguito, dell'Impero, la legione viene considerata come
il massimo modello antico di efficienza militare, sia sotto il profilo dell'addestramento, sia dal punto di
vista tattico e organizzativo. Altra chiave del successo della legione era il morale dei soldati,
consolidato dalla consapevolezza che ciascun uomo doveva contare sull'appoggio del compagno,
prevedendo la legione l'integrazione dei soldati in un meccanismo complessivo di lavoro di squadra. A
differenza delle successive formazioni legionarie, composte esclusivamente di fanteria pesante, le
legioni della prima e media età repubblicana consistevano di fanteria sia leggera che pesante.

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