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Capitolo 1 - La popolazione europea sul lungo periodo

STORIA SOCIALE E BIOLOGIA DELLE EPIDEMIE


Osservando le forme epidemiche che hanno colpito l’europa fino al Novecento, ne possiamo analizzare alcune caratteristiche definitorie
significative:
- natura dell’agente patogeno: batterio (microrganismo unicellulare di pochi micron) o virus (entità subcellulare parassitaria)
- canali di trasmissione: via aerea; oro-fecale; sessualmente trasmittibili; trasmesse per via indiretta (sangue, vettori - pulci/pidocchi
che vivono nell’ ambiente naturale in biocenosi, cioè con rapporti di interrelazione …).
- mortalità = morti per 1000 abitanti; letalità = morti per mille casi infetti; incidenza o contagiosità = mortalità / letalità -> k=μ/λ.
- incubazione = fase asintomatica di esposizione all’agente, tra l’insorgere dell’infezione nell’organismo ed il suo manifestarsi, la cui
prima fase non contagiosa prende il nome di periodo di latenza; durata =arco di tempo che intercorre tra l’insorgenza dei sintomi e la
crisi finale.
- incidenza differenziale: selettività di letalità e contagiosità rispetto a specifici segmenti di popolazione (eg per età, per pratiche
sociali..)
Un aspetto rilevante dei fenomeni epidemici è l’elaborazione collettiva dell’avvenimento, ossia la fenomenologia sociale del contagio.
Tra le dinamiche psico-sociologiche che la compongono ci sono: la ragione di stato, ossia le convenienze ed esigenze politiche che si
intrecciano con il fenomeno; la ricerca delle cause (sostanzialmente ricerca di un capro espiatorio, mai efficace prima degli avanzamenti
bio-medici); i ribaltamenti sociali e le dinamiche di folla.
1.2 ANCIEN RÉGIME: TREND, FLUTTUAZIONI, FEEDBACK
Seconda parte dell’epoca delle pandemie: tra metà Cinquecento e metà Settecento, periodo coeso per dinamiche demografiche e del
quale permangono fonti documentarie sistematiche; nel 1563 il Concilio di Trento regolamenta le registrazioni parrocchiali, cui fanno
poiseguito progressivamente gli stati delle anime, che sistematizzano le documentazioni parrocchiali ed alle quali si aggiungono I bills of
mortality.
Mortalità
Le crisi di mortalità durante l’Ancien Régime ebbero come tre cause principali epidemie, carestie e guerre, e I loro effetti sulla popolazione
sono dati dall’interazione dii:
 entità delle perdite subite dalla popolazione;
 affievolita capacità di recupero demografico della popolazione (assottigliamento delle classi di età che possono riprodursi)
 diversa intensità delle forme epidemiche nel produrre differenti curve di incidenza per età.
Considerando l’interazione tra questi tre fattori, Del Panta (1980) mostra che se una crisi non aveva un’azione selettiva rispetto alle età,
un aumento del numero complessiovo di morti annui del 50% impediva che la generazione che aveva un anno d’età durante l’anno di crisi
si potesse riprodurre integralmente in futuro (piccole crisi di mortalità); se il numero di morti annui era del 300% superiore le
generazioni che avevano tra gli 0 e I 15 anni durante l’anno di crisi non riuscivano a reitegrarsi in futuro (grandi crisi di mortalità).Fra
il Sei ed il Settecento, si passa gradualmente da grandi crisi di mortalità a piccole.
Fecondità
E’ valutata utilizando due parametri: la curva per età di fecondità e la durata degli intervalli intergenesici, per comprendere le
quali bisogna considerare anche la regolazione volontaria delle nascite, già operata attraverso
-) matrimonio, avente un ruolo centrale nella concentrazione della riproduzione (percentuale molto bassa di nascite illegittime e
prematrimoniali), avveniva in media una decina di anni dopo l’inizio dell’età fertile.
-) estensione dell’intervallo intrergenesico, che tendenzialmente aumentava al crescere dell’ordine delle nascita. Ciò a causa di vari
fattori, tra cui le condizioni peggiorative della donna, la tendenza ad allungare l’allattamento dell’ultimo nato, il rispetto dei vincoli religiosi
dell’astinenza durante alcuni periodi liturgici, ma anche grazie all’adozione di pratiche deliberatamente mirate a limitare le nascite.
Le oscillazioni di mortalità durante l’Ancien Regime si concatenavano a fluttuazioni delle nascite, contribuendo a mantenere l’omeostasi
del sistema demografico. L’oscillazione demografica durante l’Ancien Régime seguì tre fasi:
1. Stato stazionario: nascite poco superiori alle morti, entrambe costanti (crescita lenta)
2. Crisi: le morti aumentano moltissimo e poi scendono sotto lo stato stazionario, le nascite declinano
3. Ripristino del contingente demografico: la mortalità torna ai valori standard ma le nascite salgono sopra lo standard, riportando
la popolazione alla stazionarietà. La crescita delle nascite dopo una crisi è un fenomeno biologico, legato alla sopravvivenza della
popolazione costituzionalmente più forte, ma è anche un fenomeno sociale, legato all’aumento dei matrimoni dopo una crisi.

Il mantenimento omeostatico dei livelli demografici è un esempio di circuito a feedback negativo, esemplificato dal principio di
popolazione di Malthus: a. la popolazione è limitata dai mezzi di sussistenza, b. la popolazione cresce con il crescere dei mezzi di
sussistenza c. a meno che sia impedita da freni, quali costrizione morale o miseria. I freni sono definiti “positive checks”, di cui
l’”ultimate check” è la scarsità di cibo, e ciò significa che lo sviluppo economico si
stronca proprio nel momento in cui diventa progressivo, meccanismo che prese a
cambiare solo dopo la Rivoluzione Industriale, a partire dalla quale la popolazione cessa
di essere un limite alla crescita economia.
Circuiti a feedback negativo sono invece “circoli virtuosi” (analisi di Wringley e
Boserup), che instaurano nuovi regimi demografici spezzando il sistema omeostatico
precedente: si considera la fine dell’Ancien Régime il momento in cui il sistema
popolazione-risorse passa da un circuito a feedback negativo ad uno con feedback
positivo. Una delle cause scatenanti di questa inversione è l’effetto Sundt: se
un’ondata di nascite non è immediatamente seguita da un aumento della mortalità, ci
saranno effetti positivi sui matrimoni e sulle nascite dei decenni successivi.
1.3 TRANSIZIONE DEMOGRAFICA
Dopo l’Ancien Régime, tre grandi discontinuità caratterizzano le dinamiche
demografiche: la Transizione Demografica, il cambiamento dei modelli di mortalità e morbosità, la modificazione delle pratiche sociali
relative a fecondità e family formation.
Il cambiamento di regime demografico
Transizione Demografica (Notenstein 1945): passaggio, entro un dato periodo, da uno stato di equilibrio tra livelli elevati di nascite e
morti, a un nuovo stato di equilibrio tra livelli inferiori di mortalità e natalità, che si attua non con un cambiamento simultaneo dei due
fenomeni ma con una sfasatura di circa mezzo secolo tra la contrazione delle morti e quella delle nascite.
Il processo si divide dunque in tre stadi:
1. Fase pre-transizionale, quale l’Ancien Régime demografico, che registrava 40-45 morti e 30-35 nati annui per 1000 abitanti;
2. Frase transizionale, durante la quale la mortalità precipita rapidamente per poi rallentare via via, assestandosi intorno a 15 morti
annui per 1000 abitanti (andamento sigmoidale ‘s rovesciata’), e le nascite aumentano leggermente
3. Fase post-transizionale, dopo un certo periodo anche la curva delle nascite prende a scendere, assestandosi sui 10 per 1000
abitanti.
Si passa quindi da una fase stazionaria pre-transizionale ad una fase stazionaria post-transizionale.
La Transizione Demografica coinvolse inoltre (Golini 1989):
 Sopravvivenza all’età adulta, in fase pretransizionale superano I 15 il 60% dei nati, in fase transizionale 80% ed in età moderna
90%.
 Ricambio generazionale, che aumenta in fase transizionale ma poi si riassesta in epoca moderna.
 Invecchiamento della società, in fase pretransizionale e transizionale la popolazione over 65 è 3%, post-transizione invece la
contrazione delle nascite porta al 10% gli anziani.
Fissando come punto di riferimento per segnare la fine della transizione da Ancien Régime ed età moderna, il momento in cui il tasso di
natalità è sceso sotto la soglia del 30 per 1000 (Bacci), si nota una grande variabilità tra I paesi europei, e si possono individuare quattro
poli di irradiazione transizionale:
a) Anni ‘30 del’Ottocento: Francia, Belgio, Svizzera
Anomalia anni ‘40: Irlanda
b) Anni ‘80 e ‘90: paesi scandinavi, paesi anglofoni
c) Fino agli anni ‘20: europa centrale ed orientale
d) A partire dagli anni ‘20: paesi mediterranei

Il declino della mortalità


La crescita demografica è soprattutto da ascrivere alla riduzione delle grandi crisi di mortalità, anche se rimasero comunque malattie
causate da
 squilibramento umano dell’ecosistema, come la malaria, esempi: - fine Settecento, aumento demografico ed aumento sulla
domanda di cereali= disboscamento di pendici collinari e montuose=espansione superfici paludose.
- inizio Ottocento, estensione rete ferroviaria=formazioni paludose
 Miseria, come la tubercolosi, che colpisce I lavoratori nelle metropoli; e la pellagra, che in Nord Italia fu causata dal passaggio a
monoculture causato dal nuovo capitalismo agrario; ed il colera, che si sviluppa principalmente nelle zone urbane con sistemi fognari
precari, ed è portata dall’Oriente attraverso l’intensificarsi degli scambi commerciali.
Gli sviluppi medici non sono in gran parte la ragione del declino della mortalità, ad eccezione di alcune innovazioni come il vaccino del
vaiolo (inniettato per la prima volta nel 1798 da Edward Jenner), poichè le conoscenze scientifiche non erano sufficienti e diverse teorie
sulla causa delle epidemie erano controbattute nel mondo medico, rallentando quindi la concentrazione sulle azioni necessarie ad
arginarle. Ad esempio, la teoria contagionista, secondo cui organismi imprecisati emessi dalle esalazioni dei malati sani erano la causa
della trasmissione dell’infezione, era contrapposta ad una teoria dei miasmi, secondo cui l’epidemia parte da materie organiche in
decomposizione, produttrici di nuvole miasmatiche che si sprigionano nell’atmosfera e vengono inalate.
Altre cause sono invece da attribuire al declino della mortalità ed all’inizio della Transizione, prime tra tutte il miglioramento della
base alimentare: teoria di Mc Keown (1976):
1. Fino a fine Settecento, nutrizione insufficiente e limitata produzione di cibo
2. A partire da fine Settecento, l’accellerazione demografica è dovuta al calo di mortalità e non all’aumento della natalità
3. Calo di mortalità dovuto all’incremento delle riserve alimentari
4. Aumento della produzione agricola grazie ai progressi del ciclo di produzione e distribuzione.
Questa teoria è PERÒ confutata da Bacci, secondo cui non esiste una relazione meccanica tra alimentazione e mortalità per epidemie,
poichè:
 L’accelerazione demografica colpisce anche parti dell’Europa dove non ci sono miglioramenti alimentari

 I miglioramenti tecnici non comportano sempre un maggior consumo pro-capite

 Non c’è una soglia minima di nutrizione univoca sopra la quale aumenta il rischio di contrarre malattie

 Non tutte le malattie infettive sono sensibili alla malnutrizione (peste, malaria, vaiolo, tifo, febbre spagnola..)

Secondo Bacci, la transizione della mortalità è l’esito di una vasta serie di cause equivalenti, ed in particolare della somma di piccoli
miglioramenti a livello igienico-sanitario.
Il declino della fecondità
Landry (1934) definì il regime demografico come il livello di vita che una popolazione si pone come obiettivo e i mezzi di regolazione
demografica che ha per raggiungerlo, e ne individua tre, che si succedono nel corso dei secoli:
 Regime primitivo o naturale: assenza di atteggiamenti previdenziali che connettano I comportamenti della popolazione con I
loro effetti, dunque privo di alcun controllo e programmazione delle scelte nuziali e procreative
 Regime intermedio: primo sviluppo di una filosofia previdenziale che verta a mantenere o aumentare il tenore di vita tramite
celibato o ritardo del matrimonio
 Contemporaneità: pratica generalizzata di riduzione delle nascite.
Alla prudenzialità ed agli atteggiamenti sociali è necessario aggiungere tre principali contingenze strutturali favorevoli (Coale 1973),
che devono esistere in compresenza
 Willingness: nuovi comportamenti devono essere socialmente legittimati in quanto culturalmente accettabili, per entrare nelle

scelte consapevoli e socialmente legittime


 Readiness: devono produrre benefici superiori ai costi

 Ability: devono esistere I mezzi per perseguirli.

A queste si aggiungono le condizioni economiche e tecnologiche (è conveniente o meno, a livello economico, avere figli?).
Due esempi dell’interazione tra elementi sociali, economici ed ambientali sono:
 Caso inglese: allentamento della pressione alimentare = miglioramento della tecnologia produttiva e non frammentazione della
proprietà; +innalzamento età nuziale e procreativa = abbassamento fecondità = assestamento rispetto alle crisi di mortalità, che
non piccano
 Caso irlandese: allentamento della pressione alimentare grazie all’introduzione della patata; + popolazione con età nuziale
tradizionalmente bassa + consuetudine del Gavelkind (frammentazione dei terreni) = crescita popolazione, soprattutto proprietari
micropoderi = aumento esposizione alle crisi di mortalità; +1846 malattia della patata = riduzione massiccia popolazione (ristabilirsi
sui livelli precedenti).

1.4 RIVOLUZIONE MICROBIOLOGICA E RICADUTE


Seconda metà dell’Ottocento e prima metà del Novecento.
Sviluppi scientifici
 Introduzione dell’asepsi clinica (Semmelweiss, lavaggio delle mani in ospedale, teoria contagionista)
 1830 nascita del microscopio acromatico, che progressivamente rese possibile l’isolamento di un microrganismo, la sua
identificazione quale agente di una malattia, la dimostrazione del nesso causale tra agente e malattia, ed identificazione della catena di
trasmissione.
Prima del 1830 si potevano conoscere solo alcuni microrganismi più grandi, individuati ad occhio nudo; con il microscopio si poterono
scoprire microrganismi fino a 80 micron, anche se non ancora I batteri (da pochi micron a 10 nanometri).
 1870 introduzione di tecniche (colorazione delle culture con anilina ed aggiunta alle culture del gelificante agar-agar) che
consentirono di vedere il micron: seguì una vera e propria rivoluzione microbiologica, che portò ad isolare gli agenti patogeni delle
malattie infettive e consentì di attribuire basi scientifiche agli interventi di igiene pubblica.
Azioni di difesa contro I batteri
1. Prevenzione: controllo dei contesti a rischio, disinfezione di acqua e cibo, clorificazione delle acque per renderle potabili,
razionalizzazione dell’igiene pubblica;
2. Immunizzazione: sviluppo dei vaccini
3. Terapia: linea ancora debole, considerando che la medicina si limitava a rimedi alchemici messi a punto nel Cinquecento. Nel corso
dell’Ottocento vengono introdotti una serie di prodotti, ma di scarsa efficacia o dai massicci effetti collaterali.
Nascita della medicina moderna
Anni ‘10 del Novecento, il patologo Ehrlich decide di fondare una scienza capace di agire, mediante composti chimici, specificamente sui
microbi delle malattie infetive, e riesce a creare un farmaco che cura la sifilide (Salvarsan)
 1910, sintesi del primo arsenobenzolo. Alcuni altri progressi furono conseguiti in campo farmacologico, oltre che in chirurgia,

radiologia, anstesiologia; ma si raggiunse una fase di stallo, dovuta al fatto che molte malattie infettive sono dovute non a batteri ma
a virus. Questa fu superata da due svolte:
 Primi anni ‘30 invenzione del microscopio elettronico, che grazie all’uso degli elettroni consentì di vedere oltre il micron e di

isolare I virus.
 1922 Fleming scopre l’effetto antibatterico di alcune muffe, in particolare sintetizza la penicillina, prodotta poi dopo il

‘45 in scala massiccia attraverso la sintetizzazione in laboratorio, grazie all’appoggio della già potente industria farmaceutica
Americana (che la sperimentò sui marines sbarcati in Sicilia). Altri antibiotici vengono sviluppati in rapida successione.
Sviluppo dei virus durante la fine del Novecento
Il corso del Novecento ha visto l’eclissarsi degli agenti epidemici storici e lo sviluppo di malattie virali, in particolare
- poliomelite colpisce bambini in età prescolare attaccando il midollo spinale, non ha alta letalità ma lascia invalidità motorie
permanenti. Lo sviluppo di un vaccino (anni ‘50 e ‘60) ha sradicato quasi totalmente il virus
- influenza è prodotta da una mutazione, deriva antigenica, che crea varianti di ceppo che si diffondono, seguita da un riassortimento
che consiste nell’acquisizione di antigeni nuovi nello scambio tra ceppi animali ed umani.
- aids (sindrome da immunodeficienza acquisita), di cui si identificò il virus responsabile, hiv.

Capitolo 2 - dinamiche di popolazioni: strutture e processi


2.1 CONTABILITA’ DELLE POPOLAZIONI
Popolazione, stato, variabile di stato, ricambi
Innanzitutto, una popolazione è un collettivo di unità omogenee rispetto ad una certa definizione di stato (eg italiani, uomini..), ed è
anche l’ammontare numerico di tali unità, dunque una delle possibili variabili dello stato.
Tali variabili di stato sono individuate tramite unità di scala e le loro eventuali ripartizioni. Per studiare la dinamica di una popolazione
rispetto ad uno stato, bisogna poi seguirne nel tempo I flussi in uscita, “ricambio esogeno”, ed in entrata, “ricambio endogeno”.
L’ammontare della popolazione ad un dato istante t+1 è dato dall’equazione di bilancio della popolazione, Pt+1=Pt + SNt,t+1 - SMt,t+1
[SN: saldo naturale, nati - morti in t,t+1; SM: saldo migratorio, immigrati - emigrati].
Intensità e flusso
I rapporti statistici sono quozienti tra due misure, spesso espressi in percentuali, che determinano quante unità e frazioni di unità del dato
al numeratore corrispondono ad unità del dato al denominatore
 Rapporti statistici di intensità: intensità di un fenomeno / dimensione del collettivo di riferimento di quel fenomeno, rapportando
dunque un dato di flusso, che evolve con continuità nel tempo e che misuriamo tra due punti temporali t e t+1, ad un dato di stock,
che misura la dimensione del collettivo in un dato punto t. Il punto t può essere scelto con due criteri:
a) momento centrale dell’intervallo temporale considerato per il flusso; che origina tassi (rapporto tra il numero di eventi di un
fenomeno occorsi in un intervallo e la dimensione media della popolazione in cui sono occorsi)
b) Valore iniziale di stock della popolazione; originando probabilità (dell’individuo di manifestare quell’evento)
La differenza fra tassi e probabilità sarà tanto maggiore quanto più ampio è lo scarto della popolazione a rischio tra inizio e fine intervallo.
Due ulteriori casi di rapporti di intensità:
 Densità: rapporto fra due dati di stock (eg demografica, popolazione/superficie)

 Rapporti di coesistenza: rapporto fra le intensità di due fenomeni diversi, coesistenti nello stesso ambito (eg mascolinità alla nascita,

nati maschi/nate femmine)


 Rapporti di variazione: dato di flusso(flussi entrate-uscite-saldi) / dato di stock;
Dai quali si ricavano tassi di variazione, ossia saldi tra due quozienti di flusso di direzione opposta riferiti allo stesso fenomeno ed
entro la stessa unità di tempo o spazio.
 Rapporti di composizione: confronto tra il conteggio di un fenomeno in una parte della popolazione con quello sull’intera
popolazione; disarticolando la popolazione secondo caratteri influenti sull’intensità delle dinamiche demografiche e moltiplicando,
dunque, dati e parametri. Per rappresentare I dati si utilizzano PIRAMIDI PER ETÀ, costruite innanzitutto disegnando un istogramma
che scandisca la distribuzione di frequenza dell’età per ciascuna classe considerata, per poi accostare I due istogrammi unendone le
basi. La piramide per età avrà, ad esempio, una forma cuspidale durante l’Ancien Régime (alta natalità= molti giovani, mortalità=
pochi anziani); un allargamento della parte centrale e restringimento della base in fase transizionale, ed una forma rettangolare con
base ristretta in età post-transizionale (bassa natalità).
Misure sintetiche di struttura
= Indici single figure che riassumono il fenomeno in un’unica cifra, quali:
- età media, calcolata ponderando le età con l’ammontare della popolazione registrata nell’intervallo tra quell’età e la successiva (l’età
presa da ponderare è il valore centrale dell’intervallo)
- Indice di vecchiaia Iv, dividendo l’ammontare della popolazione anziana per quella giovane; e Indice di vecchiaia critica Ivcrit,
rapporto tra I grandi anziani e I meno anziani.
- Indice di dipendenza o carico sociale Id, rapporto tra la popolazione al di fuori dell’età attiva e la popolazione in età attiva.
- Indice di ricambio della popolazione in età lavorativa Lr, rapporto tra la popolazione fra I 60 e I 64 anni e quella fa I 15 e I 19
(più basso è l’indice più difficile l’ingresso).

2.2 DA STRUTTURE A PROCESSI


Risulta essenziale, per analizzare I fenomeni demografici, rappresentare e studiare I tassi età-specifici di intensità del carattere in analisi,
ossia rapporti di intensità specifici per età. E’ inoltre utile costruire funzioni cumulate o retro-cumulate delle curve x-specifiche.
Dunque, un insieme di tassi età-specifici di intensità di un fenomeno rende conto della sua evoluzione nel corso della vita, mentre
ricombinando le intensità con il peso delle diverse classi di età sul totale della popolazione è possibile risalire all’intensità totale effettiva.
I tassi generici e quelli specifici sono infatti legati da una relazione precisa, essendo I primi media aritmetica ponderata dei secondi.
Esempio di tasso generico e tassi specifici
Prendiamo ad esempio il tasso di fecondità totale TFT, che esprime il numero totale di figli messi al mondo durante la vita di 1000
donne esenti da mortalità, ed è un utile indicatore congiunturale dell’intensità annua della fecondità, utile a confrontare I livelli di
fecondità in popolazioni differenti.
- Spesso si sceglie di utilizzare il tasso specifico TLR, tasso lordo di riproduttività che considera solo le nascite femminili e si
ottiene moltiplicando TFT per la proporzione di nati femmine sul totale dei nati, consentendo una lettura dinamica della riproduzione
demografica, che osserva la soglia di rimpiazzo fra generazioni in cui 1000 figlie prendono il posto delle 1000 madri.
- Una misura sintetica dell’età riproduttiva è l’intervallo medio tra due generazioni o età media alla maternità.
Due problemi nelle formule del TFT e del TLR: a) si considera l’assenza di mortalità o di qualunque altro evento perturbatorio, problema
che può essere superato calcolando il tasso netto di riproduttività TNR, che misura l’intensità del ricambio generazionale in relazione
al rischio di morte che il campione può incontrare; b) la generazione su cui queste misure sono calcolate non è reale ma è simulata,
poichè costituita da tanti contingenti di anni-donna appartenenti a coorti diverse una dall’altra; paradosso dell’analisi per contemporanei.
Distinguere strutture e processi
Per confrontare sinteticamente I livelli di un fenomeno demografico In due o più popolazioni o entro una popolazione in istanti diversi:
1. punto di partenza, confronto tra rispettivi tassi grezzi di intensità.
2. se si è a conoscenza anche dei tassi di intensità specifici, bisogna tener conto che a parità di tassi specifici, quello grezzo può essere
maggiore se la popolazione di addensa in classi con maggiore intensità specifica; e ad un tasso grezzo maggiore possono corrispondere
una serie di tassi specifici inferiori o uguali ad esso: l’effetto struttura (per età) e l’effetto processo (intensità fenomeno) possono andare
in direzione opposta; per evitare dunque che I confronti fra tassi risultino fuorvianti, essi devono essere depurati dall’effetto-struttura,
sostituendo nel calcolo dei tassi generici la struttura di una popolazione standard a quella delle rispettive popolazioni (come nel TFT),
ottenendo tassi standardizzati e*a,b,…, aventi una struttura di popolazione che prende il nome di popolazione tipo, e che generalmente
dovrebbe avere caratteristiche intermedie rispetto alla struttura delle popolazioni a confronto.
Il processo di standardizzazione
 non è necessario quando passare da tassi generici a standardizzati comporta lo stesso risultato, quando cioè il fenomeno non
dipende dall’età, essendo costante ad ogni età (tassi specifici per età=tasso grezzo), oppure quando le popolazioni hanno la
medesima struttura per età (risentono solo delle condizioni di processo).
 È invece essenziale quando l’intensità del fenomeno varia al variare dell’età (o di altro carattere) e quando le popolazioni hanno una
struttura per età diversa.
La standardizzazione comporta due problematiche: arbitrarietà della sua scelta; fatto che talvolta le differenze tra le due strutture di
intensità sono troppo complesse per essere sintetizzate in un unico parametro, quando cioè non c’è dominanza statistica tra loro.
2.3 CRESCITA
Proiezioni
Le proiezioni sono semplici operazioni computazionali, mirate a rappresentare un assetto futuro di popolazione indipendentemente dalla
verosimiglianza dei presupposti (Abrami) e necessitano solo della scrittura di equazioni, aggregate o disaggregate per età, genere, …,
che spostino le variabili di popolazione dal tempo t al tempo t+k, e si categorizzano in
 Proiezioni aggregate o disaggregate; nel caso di popolazioni molto piccole, delle quali non si rilevano le componenti di flusso o
di età, ci si avvale di metodi sintetici di proiezione (proiezioni aggregate); mentre nel caso di popolazioni più ampie e dell’uso di dati
disaggregati per componenti, si utilizzano metodi analitici di proiezione (proiezioni disaggregate).
 Proiezioni base e derivate; alle proiezioni base (per sesso, età, unità territoriali…) può aggiungersi il livello delle proiezioni
derivate, applicando parametri di secondo livello (scolarità, attività…) costanti nel tempo.
 Simulazioni multiple ragionate; alla semplice proiezione si possono aggiungere piccole varianti, simulando “what-if projections”,
proiezioni condizionate I cui diversi risultati sono definiti scenari, consentono di stimare diversi assetti futuri, e fra essi si scelgono
quelli ritenuti più probabili eseguendo tra essi una media aritmetica. Si potranno dunque eseguire population forecasts eseguendo
scelte di scenario, dunque mantenendo elementi non puramente meccanici nella valutazione.
Crescita aggregata
Qualora l’interesse sia quello di studiare la velocità di variazione di una popolazione lungo un intervallo tra l’anno 0 e T, si seguiranno tre
modelli di crescita:
 Aritmetica ra: si ipotizza che l’incremento assoluto (delta) sia costante ad ogni intervallo di tempo, prendendo come riferimento la
popolazione in t=0 e calcolando il tasso di incremento ra come differenza tra valore finale e valore iniziale della popolazione, divisa
per il numero di unità di tempo.
 Geometrica rg: si considera il contributo che la popolazione offre alla varianzione demografica, quindi per popolazione di riferimento
si prende quella esistente all’inizio di ciascun anno che compone l’intervallo; e la sua formulazione ipotizza un modello di sviluppo in
funzione del tempo che è identico a quello di un capitale investito ad un tasso di interesse rg.
 Esponenziale: si considera anche qui il contributo della popolazione al suo stesso incremento, ma la popolazione è aggiornata di
istante in istante.
(Interpolanti a pagina 67) Le funzioni di proiezione si costruiscono dunque per tentativi e aggiustamenti:
- si effettuano più interpolazioni con diversi modelli, calcolando le corrispondenti proiezioni al tempo t+1
- si valuta la goodness of fit dei modelli ai dati della serie storica
- si valutano ulteriori informazioni sui cambiamenti in corso sul quadro più generale che possono influenzare le dinamiche
demografiche nel futuro prossimo
- si procede alla scelta del modello e alla relativa proiezione soppesando I vari elementi.
Tempi di raddoppio
Il tempo impiegato da una popolazione, avente un tale tasso di crescita p, a raddoppiare la sua dimensione, è calcolabile semplicemente
con il modello di crescita esponenziale, invertendo il ruolo del tasso di crescita e del tempo di durata, utilizzando il primo come dato ed il
secondo come incognita.
Proiezione per componenti
La dinamica della popolazione nel suo complesso è marcata dalla consistenza dei flussi in entrata ed in uscita e dal calendario di vita delle
unità di popolazione, dunque dipende dai tempi di permanenza entro la popolazione da un lato per intensità (durata di vita della singola
unità), e dall’altro per la cadenza (momento della riproduzione demografica).
Considerando per ipotesi una popolazione chiusa, si possono individuare diverse tipologie di stati:
 Stati assorbenti= stati da cui non è possibile uscire una volta entrati (morte)

 Stati riflettenti= stati in cui, una volta entrati, si esce certamente nell’unità di tempo successiva (età)

 Stati transitori= snodi di passaggio tra stati diversi, e l’uscita dai quali non è certa nè impossibile

Un caso particolare è quello degli stati transitori da cui si esce solo verso stati assorbenti, e che dunque non riportano in circolo una
parte di popolazione risultando stadi non essenziali alla riproduzione del sistema nel suo complesso.
I processi di riproduzione per rinnovo ed estinzione declinati per classi di età sono tra loro connessi da tre tipi di parametri di processo:
 I tassi di sopravvivenza, che misurano la quota di individui di età x al tempo t che avranno età x+1 al tempo t+1
 I tassi di mortalità, che misurano la quota di individui che escono da uno stato I età per entrare nello stato dei deceduti
 I tassi di fecondità, che misurano la quota di nuovi nati provenienti da individui di una data classe d’età.
E’ possibile costruire un sistema lineare di equazioni contabili che consenta una proiezione per componenti della popolazione P dal tempo
t a t+1, proiezione scomposta nelle sue componenti di età, e portata in avanti per ciascuna di esse. Il sistema di equazioni contabili può
essere sintetizzato in termini di vettori di popolazione e matrici di proiezione: matrice G di riproducibilità/di Leslie.
2.4 RAGIONAMENTO PER MODELLI
Le previsioni esprimono dunque tendenze probabili e plausibili, considerando il passato e le ragionevoli aspettative per il futuro (basate su
ipotesi fattuali), mentre le proiezioni esprimono tendenze che si verificherebbero sulla base di ipotesi alle quali non si attribuisce un grado
elevato di probabilità, allo scopo semplicemente di comprendere quali conseguenze di verificherebbero in presenza di una qualunque
ipotesi (basate su ipotesi afattuali).
Alla base dei modelli c’è il ragionamento abduttivo, procedimento logico basato su sillogismi basati sulla struttura “se vale X(antecedente),
allora si verifica Y(conseguente)”, e che consentono di cercare spiegazioni in domini del reale che non hanno un paradigma forte ma una
certa distanza semantica. L’estrapolazione dunque di una regola (Y) da un altro dominio (di X) non è presa come vera, ma semplicemente
come controfattuale, e tuttavia capace di adempiere un processo mentale di comprensione.
Il modello deve essere uno strumento con forte coerenza interna, già esplorato in un qualche dominio di realtà, che applicato ad un
diverso dominio comporta nuovi elementi di comprensione: I modelli demografici tenderanno a capire I modi e motivi dei movimenti della
popolazione partendo da ipotesi controfattuali sulle forze che entrano in gioco, tratte da altri domini di realtà studiati da paradigmi
scientifici più robusti.
I modelli esponenziali
 Modello base malthusiano, “la popolazione si moltiplica con progressione geometrica”, modello adeguato a rappresentare la
crescita di una popolazione che si sviluppa senza limiti.
 Modello di crescita frenata, che coglie la prima fase di aumento della popolazione ma ne considera poi il blocco di crescita. Fu
teorizzato dal matematico Verhlust a partire dalle leggi della meccanica dei gravi, che lo portarono ad affiancare all’impulso costante
di crescita malthusiano (vis motrix) una forza frenante (vis resistiva) funzione lineare della dimensione già raggiunta dalla
popolazione. La teoria fu poi sviluppata in seguito con la costruzione della curva logistica. Il concetto principale alla base del modello
di crescita frenata è che una popolazione può crescere indefinitivamente senza però mai superare la sua capacità ricettiva, a
condizione comunque che la dinamica riproduttiva interagisca con il vincolo ambientale.
Lo strumento della curva logistica fu utilizzato soprattutto nell’analisi delle epidemie. (da pagina 83 a 88).

Capitolo 3 - transizioni e durate: l’analisi demografica


3.1 PROCESSI DI SOPRAVVIVENZA E MORTE
Durante gli ultimi decenni dell’Ottocento, I demografi avvertirono la necessità di ideare un diagramma che rappresentasse su un piano le
tre coordinate utilizzate per la classificazione degli eventi di vita di una persona: data, età al momento dell’evento e anno di nascita.
Diagramma di Wilhelm Lexis (modificato nella versione odierna da Pressat 1961)
Sistema di assi cartesiani ortogonali, sul cui asse delle ascisse sono riportati I tempi, e sulle ordinate le età, così che emerga la storia di
un soggetto in coincidenza con la linea della vita, segmento che ha origine con la nascita e termina con la morte, avente un’inclinazione di
45°. La linea della vita riporta una serie di punti che corrispondono ad uno specifico avvenimento sperimentato dal soggetto in analisi; Il
diagramma non riporta tutte le linee della vita con I rispettivi punti, ma la classificazione degli eventi rispetto al tempo in cui si sono
verificati e rispetto all’età o all’istante di nascita.
Ripartendo poi il tempo in anni solari e l’età in anni compiuti, il diagramma di Lexis è rappresentato come una griglia le cui linee verticali
rappresentano gli anni (linee dei contemporanei, individui vivi nello stesso momento), quelle orizzontali le età (linee dei coetanei) e
quelle oblique le generazioni (linee delle generazioni, individui che hanno vissuto in un determinato periodo).
Queste tre coordinate definiscono tre aree in cui classificare gli eventi:
 Area A, individuata da tutte e tre le coordinate: contiene tutti I punti-evento sperimentati in un dato anno t+1 da individui della

stessa generazione nati nell’anno t, e che hanno la stessa età di 1 anno


 Area B, include I punti-evento vissuti da soggetti della stessa generazione nati nell’anno t+3 (obliqua) e avvenuti nello stesso anno

t+4 (verticale)
 Area C, include I punti-evento vissuti da individui della stessa generazione nati nell’anno t+1 (obliqua) e aventi la stessa età di 3

anni compiuti (orizzontale)


 Area D, include I punti-evento vissuti nello stesso anno t (verticale) da soggetti aventi la stessa età di 3 anni compiuti (orizzontale).

Le linee verticali su diagramma di Lexis rappresentano dati significativi: un segmento orizzontale che si trovi sulle ascisse individua la
popolazione iniziale, di soggetti che hanno sperimentato in un dato momento un evento origine; mentre segmenti orizzontali o verticali
che si trovino entro il piano rappresentano gli individui che possono ancora subire l’evento in questione, rispetto ad una certa età x o alla
fine di un anno.
Tassi e probabilità
Il diagramma di Lexis può essere utile per la costruzione di alcune misure di sintesi
 Tassi, cioè rapporto tra numero di eventi verificatisi e popolazione media del periodo considerato. Il diagramma di Lexis consente di
riconoscere tre tassi specifici (riferiti a sottogruppi):
 Tasso specifico calcolato con riferimento all’età x e all’anno t: numero di punti-evento all’interno di un quadrato D (ED) diviso
per la semisomma della popolazione all’inizio e alla fine dell’anno t
 Tasso specifico calcolato con riferimento alla generazione g e all’età x: numero di punti-evento nel parallelogramma C (EC)
diviso per la semisomma tra coloro che hanno raggiunto il compleanno x e quelli che hanno compiuto il compleanno x+1 entro la
generazione g
 Tasso specifico calcolato per la generazione g e l’anno t: numero di punti-evento nel parallelogramma B (EB) diviso per la
semisomma della popolazione di quella generazione ad inizio e fine anno.
 Probabilità, cioè il rischio di sperimentare un dato evento, calcolato come rapporto tra il numero di casi favorevoli (eventi verificatisi)
ed il numero di casi possibili (popolazione a rischio di sperimentare l’evento). Il diagramma di Lexis consente di inividuare queste
quantità:
 Considerando le probabilità tra I compleanni x e x+1 per una generazione, il numero di eventi è dato da Ec, e la popolazione a
rischio è data da coloro che appartengono alla generazione g e hanno compiuto l’xesimo compleanno (Pgx)
 Considerando l’anno di calendario t e la generazione g, la probabilità si ottiene rapportando il numero di eventi EB al numero di
individui con età compresa tra x e x+1 anni all’inizio dell’anno t; si tratta in questo caso di probabilità prospettiva, che può essere
interpretata come probabilità che un individuo che ha età x al primo gennaio dell’anno t, sperimenti entro la fine di quell’anno
l’evento.
 Considerando che I sistemi demografici non sono chiusi, si possono esplicitare opportune ipotesi relative alla popolazione a
rischio considerando le informazioni relative alle migrazioni: ipotizzando l’uniforme distribuzione dei movimenti migratori durante
l’anno considerato, è sufficiente aggiungere al denominatore un addendo pari alla metà della differenza tra il numero di immigrati e
quello di emigrati.
Analisi per generazioni e per contemporanei
Il concetto di generazione (gruppo di individui nati nello stesso anno) può essere esteso a quello di coorte, insieme di soggetti
accomunati dall’aver sperimentato uno stesso evento-origine in un dato anno di calendario (eg l’ingresso nel mondo del lavoro): l’analisi
per generazioni/per coorti/longitudinale consiste nel seguire una generazione nel tempo, a partire dall’evento-origine che l’ha generata,
registando gli eventi che vengono via via sperimentati dai soggetti che la compongono.
Il concetto di contemporanei invece si riferisce ad un insieme di soggetti compresenti in un certo lasso temporale (eg un tale anno):
l’analisi per generazioni/trasversale consiste nell’osservare gli individui appartenenti a generazioni diverse ma che convivono nel dato
periodo.
La scelta dell’uno o dell’altro approccio dipende da dati e obbiettivi: considerando che per l’analisi longitudinale è necessario un periodo di
osservazione e raccolta dati molto lungo, questa tecnica è utile a cogliere gli effetti dei cambiamenti, verificatisi su un lungo periodo, su
una o più generazioni; mentre se lo scopo è comprendere I fattori che agiscono in modo congiunturale su una data popolazione in un dato
periodo, si sceglierà il metodo dell’ananlisi trasversale.
3.2 TAVOLE DI MORTALITA’ E FUNZIONI BIOMETRICHE
Tavole di mortalità/eliminazione
Strumento che descrive l’esaurirsi per morte di una generazione (reale o fittizia) di nati, fino alla sua completa estinzione, e si compone di
due elementi principali: - la radice della tavola l0,ossia il contingente iniziale della generazione in analisi;
- la serie delle probabilità di morte qx per tutte le età da 0 a ω-1 punto in cui raggiunge il valore 1, allorchè tutti I
2m x
sopravviventi muoiono prima di raggiungere l’anno successivo; qx 
2  mx
Le funzioni descritte nelle diverse colonne di una tavola sono legate tra loro da una serie di relazioni che le rendono determinabili a partire
da l0 e qx;
 Il numero atteso di decessi è pari al prodotto d0=l0q0, considerando che l0 rappresenta le persone a rischio e q0 il rischio di morire

nel primo anno


 I sopravviventi in età 1 sono calcolati come l1=l0-d0, ossia la differenza tra il contingente iniziale e I decessi in età 0
 I decessi in età 1 sono calcolati come d1=l1q1, ossia il prodotto tra I soggetti a rischio di morire e la relativa probabilità di morte
 I sopravviventi in età 2 sono calcolati come l2=l1-d1, ossia la differenza tra coloro che erano in vita al primo compleanno e I deceduti
prima del secondo compleanno
 …

Prendono il nome di funzioni biometriche:


1 colonna= sopravviventi lx=lx-1 - dx-1
x lx qx dx px Lx Tx ex
2 colonna= probabilità di morte qx 0 100 000 0,00520 521 0,99479 99 510 1 648 76,488
3 colonna= decessi dx=lxqx; dx=lx+lx+1 800
4 colonna= probabilità di sopravvivenza px=1-qx 1 99 479 0,00029 29 0,99971 99 465 7 549 75,888
oppure px=lx+1/lx(casi favorevoli, sopravviventi in 290
età x+1/casi possibili, sopravviventi in età x); ossia … … … … … … … …
ω- 14 1,00000 14 0,00000 7 7 0,5
probabilità che un individuo in età x ha di compiere
1
il compleanno x+1
5 colonna= Lx anni vissuti nell’anno x, cioè tra il compleanno x e x+1, dunque il tempo, espresso in anni, vissuto dai sopravviventi in età
x tra il compleanno x e quello successivo: ciò significa che I soggetti lx+1 che giungono a compiere x+1 anni contribuiscono un intero anno,
mentre coloro che subiscono l’evento in questione (morte) tra il compleanno x e x+1 contribuiscono con valori inferiori ad un anno intero.
Per fare questo calcolo è necessario assumere che ciascun soggetto deceduto abbia vissuto in media una certa porzione di anno ax
(compresa tra 0 e 1), e per convenzione si pone ax=0,5 ipotizzando uniforme distribuzione dei decessi lungo l’anno di calendario, dunque:
Lx=lx+1+axdx può essere considerato come =lx+1+1/2dx=lx+1+1/2(lx - lx+1)= lx+lx+1/2.
 1
6 colonna= serie retrocumulata degli anni vissuti Tx=Lx+Lx+1+…+Lω-1= L x
x ; ossia numero totale di anni che restano da vivere nel

complesso agli lx individui che hanno raggiunto il compleanno x fino alla completa estinzione della generazione.
7 colonna= speranza di vita ex=Tx/lx, ossia il numero medio di anni che un individuo in età x (sopravvivente in età x) si aspetta ancora di
vivere.
Le funzioni biometriche possono essere rappresentate graficamente con assi cartesiani che riportano sulle ascisse le età e sulle ordinati I
valori delle statistiche. Inoltre, le tavole di mortalità sono spesso abbreviate, ossia costruite con classi di età non annuali ma più ampie, ad
esempio quinquennali.
Misure di sintesi
Le tavole di mortalità sono confrontabili tra loro perchè il contingente iniziale è sempre 100 000, e quello finale sempre 0, e dunque il tasso
di incidenza generico della mortalità è sempre pari a uno, mentre la cadenza varia col variare della probabilità di morte. E’ dunque
possibile costruire misure di sintesi, a partire dalle tavole di mortalità, che semplificano il confronto.
 Speranza di vita alla nascita e0: numero medio di anni che un individuo della generazione in analisi si aspetta di vivere; riflette
dunque lo stato di salute e la longevità delle popolazioni analizzate e consente il confronto fra I loro livelli di sopravvivenza.
E’ utilizzata per costruire alcuni indicatori composti, quali l’indice di sviluppo umano e gli indici di povertà.
 Tasso di mortalità specifico per x mx: rapporto fra il numero di decessi e la popolazione media in età x, che equivalgono a
mx=dx/Lx; che può anche essere calcolato a partire dalla formula di qx come mx=2qx/2-qx.
 1

m L x x
 Tasso di mortalità generico, a partire dai tassi specifici, m x
 1

L x
x

3.3 PROCESSI DI RIPRODUZIONE DEMOGRAFICA


Tassi di riproduzione - analisi longitudinale
Intendiamo innanzitutto per fertilità l’attitudine a generare, e per fecondità la concreta manifestazione della procreazione; e teniamo in
considerazione che la nascita è rinnovabile, dunque è necessario considerare l’ordine di nascita come fattore discriminante fondamentale.
 Tassi specifici di fecondità per generazione g:
g Nx
- g fx  1000 con x=15, 16, 17, … 49; tasso specifico di fecondità per età x e generazione g
( g Px f1 ) / 2
g Nx
- g f (t )  1000 con t=g+15,g+16,…, g+50; tasso specifico per generazione g e anno t
( g P f (1.1.t ) g P f (31.12.t ) / 2
Rappresentare graficamente I tassi specifici di fencondità attraverso curve di fecondità consente non solo di confrontare generazioni
diverse, ma anche evidenziare I fattori congiunturali che agiscono sulla procreazione.
 La somma dei tassi specifici di fecondità, ossia il tasso di fecondità totale, rappresenta il numero totale di figli messi al mondo da
una generazione di mille donne nel corso della loro vita riproduttiva, offrendo una misura globale della fecondità di una generazione.
Il TFT può inoltre essere inteso come indicatore di ricambio generazionale.
49

gTFT  
x 15
g fx con x=15, 16, 17, … 49

gTFT '  t g f (t ) con t=g+15,g+16,…, g+50


 L’intensità del ricambio generazionale è ben indicata da:
- tasso lordo di riproduttività, prodotto del TFT per la proporzione di femmine alla nascita, che indica le sole nascite femminili e
fissa come minima soglia di ricambio quella di mille figlie per mille donne
- tasso netto di riproduttività, che corregge le funzioni di fecondità per età con il rapporto tra gli anni vissuti Lx e l’ammontare
iniziale l0 della generazione: la funzione di fecondità per età così corretta prende il nome di funzione netta di maternità: gfx(Lx/l0).
49

 [( x  1 / 2)] f
g x
 Età media alla maternità, x x 15
49


x 15
g fx

Popolazione stazionaria e stabile


Popolazione stazionaria= popolazione virtuale associata ad una tavola, che risulta ogni anno soggetta al medesimo numero di nascite
l0 e sottoposta costantemente alla serie di probabilità di morte qx della tavola di mortalità; Px=N(lx/l0)=l0(lx/l0)=lx, da cui la popolazione
vivente in età x, x+1 risulta essere Px,x+1=(lx+lx+1)/2=Lx, da che emerge che la serie degli anni vissuti Lx di una tavola di mortalità coincide
con la struttura della popolazione stazionaria.
La popolazione stazionaria è caratterizzata da probabilità di morte costanti che producono un numero di decessi pari a quello dei nati, ed
è dotata di due proprietà: 1) la struttura per età si mantiene fissa nel tempo perchè il numero dei nati e le probabilità di morte sono
costanti;
2) la popolazione finale è P=l0e0 e I tassi di natalità e mortalità coincidono con il reciproco della speranza di vita
N=m=N/P=l0/loe0=1/e0
Popolazione stabile= la serie delle probabilità di morte qx è mantenuta costante, ma la funzione di fecondità per età produce un
numero di nati che varia nel tempo con un modello di crescita esponenziale e con un tasso pari ad r: I nati nell’anno x sono dunque legati
dai nati nell’anno 0 dalla relazione xN=0Ne-rx. L’ammontare della popolazione nell’anno di osservazione 0 può essere espresso come:
 1  1

1 P   Px  0 N  e  x , dove γx=Lx/l0 rappresenta I coefficienti di sopravvivenza e misura la probabilità di sopravvivere fino al


 rx

x 1 x 1
compleanno x, noto l’ammontare delle nascite.
In una popolazione attualmente stabile, variando le nascite con tasso di crescita costante, anche la popolazione varia secondo il medesimo
modello e tasso.
La struttura per età della popolazione è dunque determinata in modo univoco dal tasso di accrescimento e dalla serie dei coefficienti di
sopravvivenza, per qualunque anno considerato: dunque sebbene la numerosità della popolazione vari nel tempo secondo un tasso
continuo r, la composizione relativa della popolazione rispetto all’età rimane costante.
Del concetto di popolazione stabile non è possibile fare un uso fattuale, poichè è molto improbabile che una popolazione mantenga
invariati I propri modelli di mortalità e fecondità, tuttavia è estremamente utile ad uno scopo esplicativo.
3.4 ANALISI DEGLI EVENTI DI VITA
Analisi esplicativa egli eventi di vita, ossia delle tappe attraverso cui I singoli costruiscono la propria vita, attraverso la prospettiva del
corso di vita, secondo la quale lo studio del cambiamento sociale richiede un’analisi dinamica delle scelte e comportamenti individuali.
Nascita dei population studies
La composizione della popolazione varia continuamente nel corso del tempo perchè gli individui hanno una limitata durata di permanenza
nella popolazione e la facoltà, prima dell’uscita, di introdurre nuove unità in propria sostituzione, producendo in modo endogeno le unità
costitutive della popolazione. La popolazione muta dunqe in senso quantitativo, ma anche qualitativo: lungo il corso di vita gli individui
acquisiscono diverse caratteristiche che mutano la composizione della popolazione.
A partire dagli anni ‘70, la demografia inizia ad occuparsi anche dei cambiamenti qualitativi, oltre che delle tradizionali dinamiche
quantitative osservate tramite dati aggregati: population studies
 A livello di raccolta dati: primo World Fertility Survey, compiuto con indagini campionarie trasversali tra il ‘74 e l’ ‘82.
 A livello metodologico:
 sviluppo dei primi modelli (survival analysis e event history analysis) che mettono in relazione statisticamente esplicativa I life

events confattori osservati di eterogeneità - Cox, Regression models and life-tables 1972
 Emersione del livello individuale sottostante l’analisi dei processi biologici e sociali, e della necessità di tenerlo in considerazione

dello studio dei life events - Vaupel, Manton, Stallard, The impact of heterogeneity in individual frailty on the dynamics of mortality
1979
→si mette in luce come la curva del rischio di accadimento di un evento osservata a livello di popolazione non coincide in generale
con il profilo sottostante del rischio a livello individuale. Nella tavola di mortalità si assume infatti che la popolazione sia omogenea
(rischio marginale (calcolato a livello di popolazione)=rischio individuale), e che la curva dei rischi per età sia valida per tutta la
generazione e per ciascun individuo, mentre nella realtà gli individui più fragili lasciano l’osservazione prima: ciò comporta una
distorsione verso il basso del rischio marginale rispetto alla vera evoluzione del rischio, serimentata a livello individuale.
 A livello teorico: applicazione dell’approccio microeconomico ed esplicativo ai comportamenti demografici.

Prospettiva micro-longitudinale
La dinamicità della popolazione ha porto la demografia dal focus macro dei dati aggregati alla prospettiva micro-longitudinale, che
riconosce l’eteogeneità degli individui e le relazioni tra gli eventi e la loro collocazione entro le storie di vita individuali.
L’analisi demografica micro-longitudinale si inserisce nella prospettiva della ricerca del corso di vita, basata sull’idea che le dinamiche
sociali e di popolazione siano in effetti esito delle scelte e dei comportamenti individuali dei soggetti. Gli eventi biologici non sono
indipendenti gli uni dagli altri ma sono da intendersi come tappe di un percorso di vita avente coerenza interna.
Modellizzazione statistica della demografia micro-longitudinale:
 Survival analysis; analisi del percorso che porta a sperimentare un singolo evento di interesse, effettuata modellando la hazard

function (funzione di rischio), che generalizza il concetto di force of mortality;


 Event history analysis; analsi delle biografie individuali oltre il singolo evento, il che significa considerare la ripetibilità di un evento,

la molteplicità dei suoi esiti, l’interdipendenza dei processi e la reciproca influenza degli individui.
L’event history analysis tiene in considerazione il cambiamento qualitativo del passaggio di stato che subisce il soggetto che
sperimenta l’evento, analizzando il processo che pporta alla produzione di specifici eventi.
Rilevazione dei dati
La prospettiva micro richiede l’adozione di un event oriented collection design. La raccolta dei dati sugli eventi biografici può
verificarsi in due modi:
 Osservazione retrospettiva: compiere una sola indagine in un dato momento, raccogliendo info sulle caratteristiche correnti

dell’individuo ma anche sulla sua storia passata, così da cogliere vari aspetti sociali e demografici di interesse.
+ costi ridotti
- conta solo sulla memoria delle persone
- può essere eseguita sui soli sopravviventi
- non coglie l’evoluzione temporale di valori, intenzioni, atteggiamenti
 Osservazione prospettica: seguire gli individui nel tempo registando gli eventi al loro accadere

- costi economici e di tempo


+ buona rappresentazione, utile per qualunque evento
Primo esempio: ricostruzione nominativa delle famiglie (Henry, ‘50s) attraverso linkage di dati da varie fonti, ricostruzione del corso di
vita in relazione ai principali eventi demografici.
Oggi è diffuso il metodo delle indagini panel, varie interviste alle stesse persone a distanze temporali prefissate: utile per studiare
l’interdipendenza tra intenzioni e comportamenti, problematica di rilevazione dell’attrito (perdita del campione).
Dati necessari e censure
Le informazioni di base necessarie per l’analisi longitudinale sono, per ogni individuo:
 Data dell’evento-origine

 Data dell’evento di interesse (evento di interesse - evento origine = durata di attesa dell’evento di interesse)

 Covariate, caratteristiche ed eventi da mettere in relazione esplicativa con il processo oggetto di studio

Se si dispone della data dell’evento origine ma non di quella dell’evento interesse si ha una censura a destra, viceversa una censura a
sinistra.

Il concetto di rischio è centrale dal punto di vista teorico-concettuale nell’event history analysis, poichè esprime la propensione individuale
a sperimentare un dato evento, dunque a compiere un passaggio di stato. Considerando gli eventi come prodotto dinamico del processo
che li genera, il rischio è una funzione che evolve nel tempo
→ considerando il tempo come una variabile discreta, la funzione di rischio può essere scritta come λt=Pr(T=t|T≥t): probabilità che
l’evento accada nell’unità temporale t (T=t), dato che fino ad allora non si era ancora realizzato.
Pr(t  T  t  t | T  t
→ considerandolo come continuo, il rischio è invece espresso come h(t )  lim , ossia l’intensità del
 0 t
processo nell’istante temporale t.
Xt’ (evento esplicativo) → (effetto sul rischio che l’evento in analisi si produca) λt con t>t’.
Per spiegare un evento bisogna considerare che:
 I processi che producono diversi eventi sono generalmente interdipendenti
 Contano anche I fattori di contesto, poichè si agisce in un sistema di vincoli (livello macro)
 Contano le reti di legami sociali tessuta dalle persone nel proprio spazio di vita (livello meso).
L’event history analysis consente di studiare l’azione di fattori esplicativi sui tre livelli micro meso e macro, e l’azione dei meccanismi di
diffusione, per I quali la scelta di adottare un comportamento può essere influenzata da quanto tale comportamento si è già diffuso nella
popolazione in considerazione
It’ (I caratteristica o evento collocato nella biografia dell’individuo studiato Ego prima del verificarsi dell’evento) → (meccanismo) → Ot
(output della biografia dell’individuo studiato Ego).

Capitolo 4 - demografia europea del novecento


4.1 TRANSIZIONE SANITARIA
Transizione sanitaria (Omran 1971): processo, avente inizio alla fine dell’Ottocento, attraverso il quale le grandi cause di morte
esogene (pestilenze e carestie) vengono sostituite da cause endogene, riconducibili ai modi e stili con cui la società si organizza.
 Prima metà del Novecento, i progressi nelle conoscenze, strumenti di indagine e strutture di intervento medico, portano alla
scomparsa della morte per scarlattina, pellagra e malaria, riduzione di quella per morbillo, tifo, meningite, pertosse; ed in generale al
massiccio contenimento della mortalità infantile (UK sotto la soglia dei 200 per mille nel ‘10, la Francia nel ‘20, Italia ‘35…)
Se negli anni ‘30 le malattie infettive causavano il 30-50% delle morti, negli anni ‘60 le malattie cardiovascolari e circolatorie diventano la
prima causa di morte.
 Seconda metà del Novecento, ha inizio l’evoluzione delle strategie sanitarie preventive mirate alla prevenzione individuale dei
vaccini ma anche ad una riprogettazione delle condizioni sociali di vita e al contrasto dei grandi fattori di rischio.
Si passa dunque ad un sistema demografico dominato da malattie degenerative connesse al progressivo innalzarsi dell’età media, e dalla
singola causa forte di morte si passa a criteri di causalità multipla e probabilstica, parlando dunque di fattori di rischio.
Modifica dei parametri di sopravvivenza
 Evoluzione della vita media/speranza di vita alla nascita, che segue quattro principali direttrici:
(base: confronto tra dieci paesi europei dal 1910 al 2000)
1. Crescita globale della sopravvivenza: cresciuta di 22-24 anni nei Paesi Scandinavi fino a crescere di 34-40 anni nei Paesi
Mediterranei
2. Compattamento del plotone: il campo di variazione tra I Paesi ad alta mortalità e quelli a bassa mortalità è passato da 14-15
anni a 3-4
3. Ribaltamento delle gerarchie entro il plotone, con l’asceda dei paesi mediterranei verso parametri più elevati di
sopravvivenza
4. Crescita della divaricazione tra uomini e donne
 Osservando la funzione biometrica dei decessi per età, e considerando il punto di Lexis, ossia il momento in cui la curva dei decessi per
età raggiunge, nella seconda metà, il valore massimo, e confrontando le curve nel corso di un secolo, emerge un abbassamento della
curva e quasi un raddoppio della speranza di vita, ma allo stesso tempo, una stabilità del punto di Lexis.
Invecchiamento
 Invecchiamento dal basso: la popolazione invecchia perchè il peso relativo dei più giovani declina rispetto al peso degli anziani, e
l’età media della popolazione si sposta dunque verso l’alto; il processo di invecchiamento si produce alla base della piramide per età.
Tutte le popolazioni occidentali sperimentano invecchiamento dal basso nella fase di chiusura della forbice della Transizione Demografica.
 Invecchiamnto dall’alto: la popolazione invecchia perchè la longevità aumenta e dunque il peso degli anziani cresce. Ciò
comporta anche l’impennarsi degli indici di dipendenza, ossia I rapporti tra anziani e popolazione in età potenzialmente produttiva, e
degli indici di struttura interni della fascia anziani.
Le popolazioni occidentali sperimentano invecchiamento dall’alto nel corso dell’ultimo quarto del Novecento.
Divaricazioni e convergenze territoriali
La Transizione Sanitaria del Novecento ha comportato il livellamento tra Nord e Sud del continente, tuttavia sono rimaste o si sono
accentuate altre differenze territoriali, ad esempio:
 Tra Nord e Sud Italia la divaricazione non risulta stabile e strutturale ma si manifesta soprattutto nelle fasi di trasformazione

epocali delle dinamiche demografiche ed economiche,


→ maggiore velocità di crescita del Meridione nel corso del Settecento, dovuta al declino della mortalità anticipato rispetto al nord
(Il sud entra prima nella Transizione Demografica)
→ cambio del quadro di mortalità legato alla Transizione Sanitaria sperimentato prima in Settentrione
(il Nord entra prima nella Transizione Sanitaria)
La divaricazione tra le due regioni si chiude con la chiusura della forbice della Transizione Sanitaria, tuttavia persiste una divaricazione
nei modelli economici e sociali di sviluppo: nella seconda metò del secolo al nord la mortalità è legata a patologie degenerative legate
a rischi ambientali, mentre I modelli economici del Sud comportano maggiore sopravvivenza
 Tra Est ed Ovest Europa se nel 1965 la differenza di vita media tra I paesi dell’ex blocco sovietico e quelli occidentali era di 3 anni

per gli uomini e nulla per le donne, nel ‘95 era cresciuta di 15 per gli uomini e 9 per le donne, e le cause erano soprattutto malattie
cardiovascolari e morti violente.

4.2 DALLA PRIMA ALLA SECONDA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA


Fecondità post-transizionale
Confrontando la curva di fecondità age-specific pre-1750 con quelle degli anni ‘30 del Novecento e del 2000, si nota che il cambiamento
è triplice: - la fecondità si abbassa per tutte le età
- le nascite si diradano nell’ultima parte della vita feconda
- la prima maternità si rinvia
Da ciò risulta evidente il controllo volontario e razionale delle nascite, che già in epoche nelle quali la contraccezione era minima si attuava
agendo su due leve, la posticipazione malthusiana dell’età del al matrimonio e l’allungamento fraduale degli intervalli intergenesici.
Considerando un massimo biologico ipotetico di 16 figli per donna, con l’applicazione di entrambe queste leve il bilancio scende a 5-6 figli
per donna.
La discesa ulteriore della curva delle nascite è dovuta al fatto che il controllo delle nascite divenga socialmente accettato, conveniente ed
accessibile (Coale); situazione che si verifica a cavallo tra Otto e Novecento, quando la struttura famigliare diventa ‘bambinocentrica’ e la
procreazione non è più al servizio della sopravvivenza economica, rendendo sempre più conveniente la limitazione del numero di nascite.
Ciò porta allo sviluppo delle tecnologie di contraccezione, tra cui la pillola anticoncezionale. Tra il 1930 ed il 1990, il tasso di fecondità
totale mostra, entro lo schema della Transizione Demografica, una continua discesa fino a chiusura della forbice. Interpolando con una
funzione esponenziale negativa le variazioni annuali della serie storica, ed osservando gli scarti da interpolante, emergono due fluttuazioni
di rilievo:
 La prima fluttuazione registra un ciclo di 20-25 anni con minimi nei primi anni ‘30 e nella metà degli anni ‘50
 Baby-boom, crescita delle nascite tra il ‘55 e con picco nel ‘64 in tutto l’Occidente, dovuto soprattutto alla ‘contrazione del
calendario familiare di alcune coorti’ spinta di due processi: - discesa dell’età di matrimonio
- variazione positiva della fecondità di primo ordine, ossia tendenza ad avere subito il primo figlio.
Ciònonostante non ci furono modifiche della dimensione finale familiare, non comportando aumento della discendenza finale.
Tra le spiegazioni del baby-boom rientrano le analisi di Easterlin (inizio anni’60), che studia il collegamento tra I cicli macroeconomici
di crescita e quelli demografici osservando una regolarità statistica: la relazione inversa tra il tasso di fecondità totale rilevato in un certo
anno e l’indice di turn-over in quell’anno tra il numero dei giovani prossimi all’ingresso sul mercato del lavoro e quello degli anziani
prossimi ad uscirne. La novità della teoria sta nella concentrazione sulle dinamiche di coorti e sul mutamento delle preferenze e scelte
demografiche visto come endogeno ai modelli aggregati di crescita (uno choc iniziale ai livelli di fecondità metterebbe in moto un
circuito a feedback).
La teoria aveva tuttavia alcune problematiche interne, innanzitutto dovute al fatto che tale relazione statistica non poteva valere per
tutti I paesi, ed in secondo luogo legate all’interpretazione con cui sostanziare la relazione. Easterlin formulò tre diverse ipotesi, via a
via sfatate: interpretò inizialmente il tasso di fecondità totale come proxy di una scelta razionale della coppia in funzione del grado di
difficoltà dell’ingresso nel mercato del lavoro (problematica della mancanza di dati relativi al turn-over femminile); alla fine degli anni
‘60 ipotizzo che la fecondità dei genitori influenzasse quella dei figli; e a fine anni ‘70 teorizza che le coorti di figli di famiglie numerose
tendano ad avere famiglie non numerose (contrasto con numerose teorie provenienti da altri campi).
Il baby-boom si mantiene su livelli alti ma costanti durante gli anni ‘60, per poi scendere visibilmente con il baby-burst dei primi anni ‘70
(crisi petrolifera) e stabilizzarsi infine, dopo un breve boomlet, su livelli non critici.
Seconda Transizione Demografica
Nuova transizione demografica che non riguardi solo le dinamiche di nascite e morti ma si estende ad una definizione più ampia di famiglia:
Van de Kaa e Lesthaeghe intendono per Seconda Transizione Demografica (STD) un processo di cambiamento relativo ai
comportamenti demografici in senso stretto ma anche ai modelli di family formation, che ha inizio in Nord Europa nella seconda metà degli
anni Settanta, sviluppandosi in due periodi e combinando tre dinamiche: fecondità, dissoluzione familiare e formazione di nuovi modelli
familiari;
1. Da metà anni ‘60 alla crisi dei primi ‘70 →declino della fecondità a tutte le età (rivoluzione contraccetiva
→ risalita dell’età al matrimonio
→ esplosione dei divorzi
2. Dalla seconda metà degli anni ‘70 →boomblet delle nascite, recupero della fecondità oltre I trent’anni
→ stabilizzazione ad alti livelli dei divorzi con minore proobabilità di risposarsi
→ diffusione di nuovi modelli familiare (convivenza, unioni di fatto…)
STD e modernizzazione
La STD è strettamente connessa ai nuovi modelli famigliari e, in particolare, alla nascita ed estensione della pratica del divorzio; sarebbe
dunque strettamente connessa alla “modernizzazione” culturale occidentale.
Secondo Lesthaeghe essa è inoltre il naturale sviluppo della prima Transizione Demografica, letta come processo di graduale
emancipazione dell’individuo dal controllo istituzionale instauratosi nelle società occidentali dal diffondersi del modo di vita borghese a
partire dal Cinquecento: la prima Transizione si realizza, in quest’ottica, entro la dimensione privata degli individui, e nella SDT
l’autonomia individuale acquisisce forme pubbliche anti istituzionali.
Se a giustificare il nesso tra modernizzazione e STD c’è il fatto che la spinta alla modernizzazione sia effettivamente passata attraverso la
razionalizzazione della fecondità, a contrastare questo nesso c’è il fatto che modernizzazione e STD non hanno avuto seguito in tutta
Europa, determinando invece una doppia tendenza e la divisione in due blocchi, confrontando il TFT medio degli anni Novanta e la quota
percentuale di nascite extramatrimoniali (considerando le nascite extramatrimoniali come segnale di modernizzazione e tenendo conto
che la STD ha implicato una ripresa significativa delle nascite):
 Paesi scandinavi ed Europa centro-nord (UK e Fr); modello di fecondità medio-alta con maricentro fuori dal matrimonio
 Paesi mediterranei e europa sud-continentale; poche nascite ma entro il matrimonio.
I Paesi europei sembrano dunque seguire diversi percorsi di sviluppo demografico e di modernizzazione.
Lowest low fertility e deparentalizzazione
A partire dagli anni ‘70, I paesi dell’europa meridionale scivolano su livelli di fecondità molto bassi, con tempistiche differenti a livello
locale ma risultati analoghi; verificatisi poi nel corso degli anni Novanta anche nei paesi dell’Europa orientale dell’ex blocco sovietico.
Questo declino ha portato da una media di 2,5 a 1,25 figli per donna (Italia, ‘68 e 2000) e si è assestato su due piani, contraendo la curva
di fecondità dapprima, negli anni ‘70, per le classi di età medio-alta (razionalizzazione della dimensione famigliare), ma poi a partire dagli
anni ‘90 anche in corrispondenza delle nascite sotto I 25 anni.
La congiunzione di declino della fecondità con l’aumento di longevità contribuisce ad una vera e propria deparentalizzazione (Solinas
1995), ossia il tramonto della parentela come rete connettiva capace di confermare ai singoli la legittimità della loro esistenza. A crollare
sono state soprattutto la parentela orizzontale e diagonale (parenti coevi), mentre la permanenza in vita dei parenti più anziani ha
contribuito a mantenere stabile la parentela verticale.
4.3 NUOVI SCENARI DEMOGRAFICI
L’invecchiamento dall’alto assume in Occidente, negli ultimi decenni del Novecento, due nuove modalità:
 Quando un’élite di popolazione supera le soglie limite di età, e le curve di mortalità per età tendono a crescere sempre meno alle età

più estreme
 Invecchiamento per rettangolarizazione, quando a parità di entrate più individui vivono più a lungo, raggiungendo soglie di età

critiche ed alzando l’età media. Si registra dunque uno spostamnto in avanti collettivo della curva di sopravvivenza e dell’età media,
che supera negli ultimi decenni del Novecento tutte le previsioni precedenti relative all’esistenza di una soglia invalicabile di vita
media. Considerando la vecchiaia come l’unico limite imprescindibile, si ipotizza che questa sia frutto di un doppio processo che
unisce l’accumularsi di insulti ambientali ad una sorta di orologio genetico intrinseco ed auto-programmato.
Ipotizzando un’età limite dell’orologio intrinseco di 115 anni, Manton et al (1998) esplorano tre diversi scenari:
- se la medicina riuscisse a ridurre i principali fattori di rischio individuali attuali
- se la medicina riuscisse a ridurre l’incidenza dei principali fattori di rischio e a controllare la loro variabilità
- se la medicina riuscisse a ridurre la velocità dei processi di invecchiamento incidendo per il 10% sui meccanismi genetici di
fissazione dell’orologio intrinseco.
In questi scenari, la vita media supererebbe I 100 anni fino a raggiungere I 150. Considerando la lowest low fertility dei paesi
mediterranei e la plausibile transizione planetaria al figlio unico, si presenterebbe una rilevante problematica: la popolazione
raggiungerebbe gli 8 miliardi nel 2050 per poi scendere drasticamente a 2.5 miliardi. Possibili soluzioni a questa ipotesi contemplano ad
esempio lo scenario del calendario familiare bimodale, partendo dal presupposto di una prolungazione dell’età fertile della donna e
dalle tendenze reali della fecondità tardiva e del doppio matrimonio: si verificherebbe una suddivisione in due periodi della vita della
donna, uno con età media di 25 anni e contributo di 1,4 figli e l’altro con media a 55 anni ed un contributo alla fertilità di 0,7 figli.
Divaricazioni
 Di genere; se nel corso dell’Ottocento lo scarto tra la durata della vita femminile e quella maschile era di 2 anni, nel corso del
Novecento questa è cresciuta fino a raggiungere I 7 nel 2000. La prima famiglia di spiegazioni attribuite all’inferiore vita media
maschile, che giustifica questa tendenza con comportamenti e quadri psicologici tendenzialmente maschili, si è presto rivelata
confutabile, considerando il sempre inferiore scarto fra gli stili di vita maschili e quelli femminili, ed è stata gradualmente sostituita
da spiegazioni biologico-genetiche che associano la decrescente mortalità femminile al numero inferiore di parti e alle migliori
condizioni in cui questi si verificano: l’effettiva differenza biologica alla base della maggiore longevità femminile risulta tuttora priva
di spiegazioni scintifiche.
 Di status; le differenziali di mortalità si manifestano tra diverse regioni del mondo e tra individui con diverso status sociale ed
economico, e sono generate da circoli viziosi (ad esempio: 1. individui di ceti alti hanno tendenzialmente statura maggiore 2.la
mortalità per malattie coronariche è superiore tra individui di bassa statura 3.l’ipertensione è ereditaria).
4.4 FRAGILITA’, DISABILITA’, CRONICITA’
Bourgeois-Pichat introduce, con la teorizzazione della prima tavola di mortalità biologica limite (1952), una nuova accezione del
termine cause endogene (metafora delle rocce: friabili= cause esogene, accidentali ed eliminabili dal progresso; non scalfibili = cause
endogene, non eliminabili), differente da quella di ‘causa a genesi socialmente indotta’ adottata per definire la terza fase della Transizione
Sanitaria. Le due accezioni non sono necessariamente sovrapponibili: non tutte le malattie cronico-degenerative sono, infatti,
anchesocialmente indotte. Per malattie cronico-degenerative si intendono stati critici che, una volta insorti, non possono regredire ma solo
peggiorare.
Mortalità e disabilità
Considerando l’insorgenza delle malattie cronico-degenerative come comparsa della disabilità, si ipotizza che i Paesi Occidentali abbiano
sperimentato, negli ultimi decenni, una “compression of morbidity”(compressione della disabilità), secondo cui l’età d’inizio della
cronicità slitta in avanti e si riduce. Questa ipotesi è stata seguita dall’ipotesi dell’equilibrio dinamico, secondo la quale la
compressione della disabilità sia accompagnata in contemporanea dalla compressione della mortalità, garantendo dunque una maggiore
quantità e qualità di anni vissuti. La teoria dell’equilibrio dinamico si basa sui riscontri empirici di storiche dell’indicatore di Disability Free
Life Expectancy (DFLE) o Healthy Life Years (HLY), che conteggia il numero di anni che ci si può aspettare di vivere in buona salute,
combinando le informazioni delle tavole di probabilità di morte ed una misura di age-specific disability prevalence calcolata dal grado di
disabilità autopercepito da panel di riferimento. Questa seconda ipotesi è dunque considerata poco affidabile, a causa della fragilità
empirica dei dati rilevati.
La valutazione della disabilità può essere eseguita considerando tre sfere rilevanti:
- fisica, ossia gli aspetti funzionali che presiedono le attività corporee quotidiane
- mentale, gli aspetti psichici che orientano al comportamento
- sociale, l’apertura verso l’interazione sociale
La misura dell’autosufficienza personale può essere effettuata con diverse modalità, una di queste è l’Instrumental Activities of Daily
Living Scale (IADL-index), che valuta l’autosufficienza funzionale dell’individuo sul piano delle attività base della vita quotidiana in
relazione al suo stato di salute, osservando individui non istituzionalizzati e costruendo una scala in quindici livelli da 0 (totale autonomia)
a 14 (totale pedita di autonomia) valutando sette items riferiti a normali funzioni della vita quotidiana. Si individuano, tramite l’IADL-index,
le aree ‘della non autonomia’ e ‘della capacità di riserva di rispondere alle richieste dell’ambiente’, che indicano chiaramente l’area di
fragilità di un individuo. La disabilità è dunque un carattere age-dependent ed è inoltre a spiccata sovraesposizione maschile.
A livello italiano, la compression of morbidity mostra due opposte tendenze: un calo della disabilità parziale ed un rialzo di quella severa.
Fragilità
Per fragilità si intende una condizione di rischio e vunerabilità, di fronte a problematiche di varia natura che sfidano l’equilibrio omeostatico
di un organismo. Il concetto può considerarsi come opposto a quello di plasticità e possibilità di adattarsi ai cambiamenti circostanziali.
Entro il concetto di fragilità si definiscono inoltre:
 criticità: condizione esperita da un individuo lungo una scala di livelli di severità e una di probabilità di accadimento;
 vulnerabilità: grado di propensione di un individuo, che sperimenti una criticità di livello inferiore, a scivolare ad una criticità più
elevata.
Disabilità e fragilità non coincidono, anche se la seconda può predirre la prima e si usano, per misurarla, gli stessi indici utilizzati per
valutare la disabilità.

Capitolo 5 - popoli in movimento


5.1 DEMOGRAFIA DEGLI ALTRI
Il pensiero Malthusiano presenta la problematica intrinseca di essere una ‘demografia degli altri’: egli si presenta come portatore degli
interessi delle masse lavoratrici, affermando che queste possano ‘fare per sè stesse più di quanto altri possano fare per loro’, ma al
contempo incorre in tre presunzioni logiche:
1. Disegna allarmanti scenari nei quali la fonte del problema sono gli ‘altri’ (I working poor)
2. Si dichiara unilateralmente legittimo difensore degli interessi degli ‘altri’
3. Dà una lettura solo parziale della realtà allo scopo di difendere tali interessi.
Queste problematiche intrinseche alla teoria malthusiana sono da declinare nel contesto storico-sociale di fine Settecento, segnato da uno
scontro tra l’èlite borghese e la crescente pressione della massa popolare dei working poors. Nel corso dei secoli successivi, la tendenza a
leggere la realtà attraverso la dicotomia tra sè ed ‘altro’ assunse forme sempre diverse, fino agli ultimi decenni del Novecento.
Conferenze intergovernative e family planning
Coale ed Hoover (1958) pubblicarono un primo studio, che presto assunse grande autorevolezza, indicante I vantaggi economici che
sarebbero generati da un rapido declino demografico e suggerendo dunque la necessaria introduzione di programmi di family planning.
Alla conferenza intergovernativa ONU di Bucarest del 1974 fu dunque presentata dagli USA una bozza di piano d’azione che
spiegava la logica, I mezzi e gli obbiettivi dei programmi di family planning, ponendo al centro l’eliminazione delle discriminazioni e
l’integrazione femminile nella vita sociale ed economica dei paesi.
Tale bozza presentava due problematiche principali: - porre l’attenzione sul mettere a disposizione di tutti I mezzi di educazione che
permattessero di praticare un family planning efficace
- ricondurre ai Paesi la responsabilità dell’obbligo a far rispettare gli obbiettivi
demografici e la pianificazione famigliare
E mostrò, dunque, le stesse tre presunzioni logiche del pensiero Malthusiano, individuando come ‘altro’ I Paesi del Terzo Mondo.
La bozza del Piano non fu approvata, poichè tali paesi iniziavano a mostrare l’avversione all’intervento esterno e alle scelta di policy
provenienti dalle ‘potenze dominanti’, ed il nuovo pensiero terzomondista percepiva come principale ostacolo allo sviluppo e motivo del
calo della fecondità la disuguale ripartizione della ricchezza.
Fu dunque approvato un Piano d’azione che consentisse ai paesi di porsi obiettivi propri attraverso piani che non violassero I diritti umani.
Con la Conferenza di Città del Messico del 1984, la linea americana tornò su livelli liberisti mettendo in dubbio (Bauer) la relazione
negativa fra crescita demografica ed economica, ed affermando che programmi di controllo demografico dovevano essere sostituiti
piuttosto da riforme economiche, seppur mantenendo una linea egocentrica e ponendosi ‘dall’alto’ come guida ed esempio.
Geodemografia planetaria
Si possono considerare sei punti per sintetizzare lo stato demografico del Pianeta:
a) Cambiamento degli equilibri geo-demografici: se nel 1950 solo quattro Paesi superavano I 100 milioni di abitanti (Cina, India,
US e URSS), nel 2000 se ne aggiungono sette ed entro il 2025 è previsto se ne aggiungano ulteriori sette.
b) Crescente pressione sulle risorse naturali: Dal 1900 al 2000, la superficie planetaria coltivata è raddoppiata e la popolazione
quadruplicata, I livelli di inquinamento dell’aria e le disuguaglianze nella distribuzione delle fonti idriche sono cresciuti
esponenzialmente.
c) Cambiamenti geopolitici: I differenziali di crescita fra paesi limitrofi causano importanti cambiamenti geopolitici; basti
considerare ad esempio che l’attuale quasi parità fra peso demografico dell’Europa e del Medio Oriente si muterà, nel corso del
ventunesimo secolo, ad un rapporto di uno a sei (da 350 milioni contro 330 a 450 milioni contro un miliardo e 800 milioni).
d) Crescita della divaricazione sanitaria: Le grosse differenze nelle condizioni sanitarie, economiche e politiche fra paesi del ‘primo
mondo’ e quelli del Quarto Mondo (Africa sub-sahariana), sono alla base delle enormi differenze nella durata della vita media dei due
gruppi di popolazioni.
e) Geodemografia Africana: L’interpretazione malthusiana della demografia africana non risulta sufficiente alla sua comprensione,
considerando infatti che in Europa ed in Asia la Transizione Demografica ha portato un aumento della qualità di vita, è possibile pensare
che la bassa qualità di vita e la crescita demografica tuttavia ancora rapida siano una cosneguenza del sottosviluppo, mentre la causa di
questo è da attribuirsi alla mancata trasformazione economica.
f) Emigrazione e sradicazione: L’emigrazione è fonte di enorme disagio, è sradicazione e perdita del conosciuto, qualora sia per
assoluta necessità e non sia seguita dall’integrazione nel luogo d’arrivo, porta ad una condizione di ‘provvisorio duraturo’, di esclusione
dal luogo nuovo e frattura con quello d’origine,
5.2 DIRETTRICI DI MOBILITA’
Gli individui si spostano da sempre allo scopo di ristabilire nuovi equilibri fra popolazione e risorse in seguito a crisi o trasformazioni
strutturali. Se nel primo Ottocento la mobilità era soprattutto stagionale, a medio raggio e non definitiva, nel corso del secolo successivo
essa diviene un fenomeno di massa, definitivo e a lungo raggio, dal carattere duplice:
 Flussi interoceanici= in Europa, soprattutto verso Nord-America, Sud-America (specie dalla penisola iberica) Australia, Sud
Africa (specie dal Regno Unito), questi seguirono due principali cicli:
- tra 1800 e 1930 40 milioni di emigrazioni, di cui 24 milioni di Britannici (12 milioni di Irlandesi) in seguito alle carestie e 6
milioni di tedeschi nel corso della Grande Guerra
- tra 1850 e 1875, emigrazioni massicce dalle regioni mediterranee, in seguito alla crisi agraria e pressione demografica. La
componente numerica più rilevante di questo secondo ciclo è quella italiana.
 Esodo rurale-urbano= infoltimento della trama urbana europea a partire dal Settecento, con lo spostarsi del baricentro
dell’urbanizzazione dal Sud verso il Nord, dove passa dal 6,6% del Cinquecento al 14,9% nell’Ottocento. Di contro, il Sud Europeo,
anticamente molto più urbanizzato, tende nel Settecento e primo Ottocento a ruralizzarsi diffusamente, per poi invertire la tendenza
nella metà dell’Ottocento: l’Italia, ad esempio, registra ad inizio novecento solo il 10% di popolazione urbana.
Movimenti europei più antichi
Il grandiente climatico Europeo ha comportato migrazioni e reinsediamenti da Nord verso Sud e da Est verso Ovest nel corso del primo
millennio, seguite da un’inversione della seconda direttrice e da flussi migratori verso le pianure dell’Est del continente nel corso del
millennio successivo. Dopo il Mille si seguirono dunque le due principali direttrici:
 Da Nord verso Sud a seguito della Reconquista della penisola Iberica, grazie alla quale il ripopolamento cristiano delle aree a
dominio arabo si completa nel 1248 con la resa di Siviglia.
 Da Oriente verso Occidente con il Drang nach Osten, ovvero la ripenetrazione graduale negli attuali territori tedesci tra il
1100 ed il 1300.
Dopo la grande crisi demografica e pandemica del Trecento e Quattrocento, nel corso del Cinquecento la popolazione torna a crescere a
a creare importanti squilibri sociali, che rimettono in moto la circolazione di popolazione, ancora una volta verso l’Europa Orientale, con il
coadiuvo dei sovrani dell’Impero Russo (flussi guidati di colonizzazione).
Nel Settecento, la struttura europea è conclusa e definita, salvo ridisegni territoriali dei mercati e sconvolgimenti politici-militari.
Iniziano a tracciarsi sentieri di migrazione stagionale (flussi di mobilità da lavoro), secondo sette direttrici: 1) sistema del Mare del Nord,
da entro a costa di Germania ed Olanda; 2) sistema dell’Inghilterra orientale, dalle isole britanniche verso Londra e le Midlands; 3) bacino
di Parigi; 4) bacino castigliano e di Madrid; 5) sistema catalano e provenzale; 6) bacino della Pianura Padana;7)sistema dell’Italia centrale.
Movimenti coatti del Novecento
I grandi e tragici flussi forzati del Novecento discendono dalla ridislocazione per lavoro avvenuta nel corso dell’Ottocento: allo scoppio
della IWW I cinque milioni di persone immigrate in stati europei diversi da quello d’origine si trovarono in condizioni di forte fragilità che
non cessarono subito dopo la fine del conflitto.
0. 1912-1913 guerre balcaniche: espulsione delle prime enclaves musulmane da Macedonia e Tracia.
1. Dopo la Grande Guerra: l’assetto europeo si modifica enormemente, crollano gli imperi centrali e nascono quattordici nuovi stati.
a) si incoraggia l’espulsione delle minoranze etnico-religiose in virtù di quella che Montadon definisce nel 1915 come la
necessaria ‘transplantation massive’, avente lo scopo di ripulire gli stati nazionali entro I ‘confini naturali’ e risultante nel
riallocamento di quattro milioni di persone
b) In seguito al diktat imposto sulla Germania, → deportazione in Austria di austriaci nati in Boemia e Moravia
→ in Ungheria di cecoslovacchi, rumeni e jugoslavi
→ nel reich I tedeschi nati in Polonia
→ greci e turchi nei rispettivi confini
→ deportazione in Polonia dei polacchi dei territori dell’Unione Sovietica
2. Anni ‘30 e durante la IIWW: migrazioni di espulsi e rifugiati per motivi politici e/o etnico-religiosi:
- in Russia, pogrom contro le minoranze, spingono all’emigrazione un milione e mezzo di ebrei russi, ucraini e bielorussi
- In Germania, Leggi di Norimberga (‘35) e Notte dei Cristalli (‘38), diaspora di un milione e mezzo di ebrei tedeschi e austriaci
- In Spagna, la guerra civile spinge mezzo milione di repubblicani ad emigrare (limpieza, ‘39)
3. Dopo la IIWW: nuovi movimenti di massa forzati, distinguibili in tre principali flussi (Munz 1995):
a) Primo flusso; nuove ‘trasplantations massive’, pulizie etniche: → tedeschi etnici cacciati dai territori orientali, 12 milioni,
Suddivisi tra Germania occidentale ed orientale
→ displaced persons tedesche, 11 milioni
→ polacchi collocati in città purgate dagli abitanti tedeschi
→ ucraini, bielorussi e lituani insediati in URSS
→ cechi e slovacchi ricollocati in Moravia
→ italiani esiliati da Istria e Dalmazia
→ tedeschi da Germania Est ad Ovest prima dell’innalzamento
del muro
b) Secondo flusso; processo di decolonizzazione, ritorno in patria di persone di origine europea emigrate nelle colonie, ed
emigrazione nei paesi ex-colonizzatori di persone provenienti dalle ex-colonie
c) Terzo flusso; rifugiati e richiedenti asilo entro l’Europa stessa, in seguito a ribaltamenti politici e sociali:
→ ‘56 instaurazione del regime di Kadar in Ungheria, emigrazione di massa
→ ‘68 arrivo delle truppe del Patto di Varsavia, emigrazione dei dissidenti
cecoslovacchi
→ ‘80 repressione politica in Polonia, fuga dei dissidenti
→ ‘89 bulgarizzazione forzata, bulgari di origine turca tornano in Turchia
(finchè questa chiude I confini)
→ ‘89 dalla Germania dell’Est ad Ovest.
→ ‘91 conflitto jugoslavo e pulizie etniche, fuga di 5 milioni di persone.
Flussi migratori extra-europei
I flussi migratori odierni non sono, come spesso si pensa, dal Sud verso il Nord del mondo ma si svolgono soprattutto entro il Sud stesso.
Negli anni ‘90, si stimava (Collison, ‘94) che dei 100 milioni di individui al di fuori del proprio paese, 35 si muovessero entro l’Africa
sub-sahariana, 15 in Medio Oriente e nel Sud/Sud-Est asiatico, 15 nel Nord America, 20 su altri teatri e solo 13 (30%) in Europa.
I flussi planetari esterni all’Europa si regolano in base a:
 Regionalizzazione dei teatri d’azione dei grandi flussi; ad esempio negli anni ‘90, concentrazione nei paesi del Golfo Persico.
 Disparità economiche e demografiche crescenti tra paesi del Sud stesso; ad esempio in seguito all’aumento del prezzo del
petrolio nel 1973
 Distanza, fisica e culturale, tra paese d’origine e di destinazione; è tra I fattori che portano a scegliere la meta della
migrazione
 La migrazione irregolare ed illegale è la più reattiva davanti alle nuove disparità di opportunità lavorative tra due
paesi, il che genera più risposte negative da parte dei paesi d’accoglienza instaurando un feedback negativo del tipo
“più attrattività → più immigrazioni irregolari →più allarme → politiche di espulsione”
5.3 GRANDE EMIGRAZIONE DALL’ITALIA
La migrazione dall’Italia verso altri paesi europei si unisce, a cavallo tra Otto e Novecento, con l’emigrazione in massa verso Nord e Sud
America, che tra 1876 e 1913 interessa 13 milioni di Italiani, con saldi migratori in entrata ed uscita che procedono in sintonia ma
lasciando sempre un saldo migratorio negativo.
Riferendosi al solo tasso di emigrazione, si possono individuare due fasi:
-) tra 1876 e 1895, bassa intensità migratoria ma in costante crescita
-) tra 1895 e 1913, alta intensità di flussi in uscita
Cause della emigrazione
 Fattori di attrazione, creatisi nei paesi di destinazione: → Nord America: intenso sviluppo di tutti I settori economici, infrastrutture
e centri urbani
→ Sud America, specie Brasile ed Argentina: necessità di manodopera
agricola e garanzia di ottime condizioni per I migranti
 Fattori di spinta, creatisi in patria: pur avendo realizzato l’unificazione politica, l’Italia si trova in una situazione di riassesto della
fisionomia produttiva e la costruzione di un unico mercato nazionale, attuando misure interne ed esterne, quali l’abolizione delle
barriere doganali, la costruzione di infrastrutture stradali e ferroviarie, e l’adozione di un approccio liberista di integrazione nei circuiti
commerciali internazionali. Queste innovazioni tuttavia non apportarono sostanziali cambiamenti all’assetto del paese, poichè la
vocazione e la base economica si mantennero agricole e risentirono delle nuove tassazioni agricole e comunali, oltre ad incontrare
periodi di carestia causati dallo sviluppo di epidemie delle piante.
Con l’inizio del Novecento poi, la distanza tra Centro-Sud ed I territori della Pianura Padana si accentua grandemente su due ordini:
- agricolo, poichè il miglioramento delle condizioni produttive porta ad ampliare aree coltivate a riso e
frumento, e a dinamicizzare il commercio nazionale ed internazionale
- industriale ed urbano, con una sostituzione dell’economia domestica con quella industriale che al Sud non
riesce a verificarsi a causa di legislazioni e scelte economiche che portano I prodotti industriali del Nord ad
avere il primato attraverso operazioni protezioniste che estromettono l’industria meridionale.
A livello legislativo, la prima legge italiana di controllo dell’emigrazione compare solo nel 1888 sotto governo Crispi e sancisce libertà di
migrazione ma offrendo un controllo contro le speculazioni delle agenzie di navigazione. Dal lato opposto, la legislazione molto favorevole
nei confronti degli immigrati di Brasile e Argentina consentì per lungo tempo di attrarre un elevato numero di italiani, mentre l’Immigration
Act varato nell’ ‘82 pose un rigido controllo ai flussi in ingresso negli Stati Uniti.
Direzione dei flussi
L’uso delle catene migratorie generò la suddivisione dei flussi secondo specifiche direttive di luogo d’origine→meta, che combinate con le
fasi del tasso di emigrazione consentono di osservare diverse fasi dei movimenti:
1. 1877-1880= 60% provenienti da regioni del Nord-Ovest, soprattutto verso l’america del sud (oltre alle destinazioni europee)
2. 1881-1895= uniformità di provenienza tra Sud continentale, Nord-Est e Nord-Ovest
3. 1885-1900= massiccia provenienza da Nord-Est e Sud (Campania, Calabria e Sicilia), sobrattutto verso Nord America.
5.4 GRANDE IMMIGRAZIONE IN ITALIA
Nel secondo dopoguerra si verifica un contro-flusso di massa di popolazioni delle ex-colonie Asiatiche, Africane e Caraibiche verso I paesi
europei ex-colonizzatori, sulla attrazione della richiesta di forza lavoro a buon mercato e sulla spinta delle condizioni di vita in
deterioramento o dei conflitti etnici e politici dei paesi di provenienza.
Modello mediterraneo d’immigrazione
Negli anni ‘70, l’Italia e gli altri Paesi affacciati sul mediterraneo diventano a loro volta polo di destinazione dei flussi migratori, soprattutto
provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria (PFPM), dunque paesi in via di sviluppo ed ex-appartenenti al blocco sovietico.
Va così delineandosi un preciso modello mediterraneo d’immigrazione, definibile da alcuni punti:
 Aspetto economico; con il primo shock economico del 1973 ed il passaggio da un sistema economico di sviluppo industriale
fordista, basato su grandi industrie e produzione di massa, ad un sistema post-fordista nel quale I sistemi occupazionali vertono
all’informalizzazione e terziarizzazione, I paesi dell’Europa meridionale hanno visto l’intrecciarsi di questo mutamento con la presenza
di piccole e piccolissime imprese a conduzione spesso familiare ed economie sommerse nelle quali c’era la necessità di manodopera
a basso costo.
 Welfare; la carenza dei sistemi di welfare dell’Europa Meridionale rispetto ai Paesi settentrionali del continente, in combinazione con
il crescente ingresso delle donne nel mercato del lavoro, ha aperto la fascia di mercato del bisogno di cura, che ha trovato risposta
nei lavoratori immigrati, e soprattutto nelle lavoratrici, generando un’inversione dell’usuale tendenza maschile all’emigrare.
 Contingenti di passaggio; la crisi petrolifera degli anni ‘70 ha spinto I paesi dell’Europa settentrionale ad attuare politiche
restrittive sui flussi in entrata, azione che tuttavia non ha bloccato le necessità di emigrare e dunque ha spinto I migranti verso I
paesi meridionali, nei quali le legislazioni non erano altrettanto rigide.
 Carenza legislativa; in italia, la prima legge sull’immigrazione comparve solo nel 1986, ma il primo Testo Unico in materia, legge
40 Turco-Napolitano, giunse solo nel 1998. L’assenza legislativa comporta l’attuazione di sanatorie per controllare la componente
irregolare dei flussi, comportando tuttavia in questo modo precarietà e mancanza di vera e propria programmazione.
Interpretazione e semantica del fenomeno migratorio italiano
Irregolare = individuo entrato in italia con permesso o visto appropriati ma che una volta scaduto il documento non ha I requisiti per
rinnovarlo.
Clandestino = individuo che ha fatto ingresso nel paese in modo irregolare, dunque non ha mai avuto I documenti necessari.
L’andamento del numero di stranieri irregolari è ciclico, e registra una quota fisiologica di irregolarità che oscilla tra 10 e 15%. Il trend è
tuttavia oscillatorio a causa del meccanismo delle sanatorie, le quali comportano il concatenarsi di due opposti effetti:
→ effetto di richiamo, che si realizza nella fase preliminare ad un nuovo provvedimento, quando questo viene annunciato;
→ effetto sanatoria, che si verifica subito dopo l’adozione del provvedimento provocando una sensibile diminuzione degli irregolari.
Direzione della migrazione
Gradiente Nord-sud: maggiore concentrazione totale al Nord, maggior concentrazione di individui irregolari al Sud (spostamenti interni)
Gradiente Centro-periferia: maggiore concentrazione nelle grandi città.
Per quanto riguarda la provenienza invece, l’Italia è in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei, nei quali si regista una certa
specializzazione etnica delle provenienze legata alla storia coloniale, ed essendo il principale criterio di approdo quello della prossimità
geografica, le provenienze sono registrate da molteplici PFPM. I soli paesi con ampia presenza in territorio italiano sono Marocco, Albania
e Romania, mentre la restante porzione di popolazione migrante è costituita da individui provenienti dall’Est Europa, dall’Asia, dal Sud
America e dall’Africa (subsahariana in misura minore).
E’ inoltre importante considerare la tendente etnicizzazione di alcuni particolari mestieri.
Da contingente di migranti a popolazione
Tre aspetti possono realizzare il processo di trasformazione di un contingente di migranti in popolazione:
1. Rapporto tra I generi; la presenza straniera in italia è stata fin dall’inizio prevalentemente femminile, mentre oggi converge verso
l’equilibrio. Considerando anche le regioni di provenienza, si possono stimare tre macro-modelli di massima del rapporto di mascolinità:
a) Modello di equilibrio; convergenza tra presenza di uomini e donne, che può avvenire a partire da situazioni di squilibrio al
maschile o al femminile
b) Modello statico; forte predominanza di un genere sull’altro senza sostanziali modifiche
c) Modello di femminilizzazione; accentuazione, nel corso del tempo, della componente femminile in contingenti già caratterizzati
da un’elevata presenza femminile.
2. Ricongiungimenti; se tra I migranti di prima generazione prevalgono le famiglie transnazionali, il successo della migrazione può
spingere a ricongiungere il nucleo famigliare nel paese di immigrazione, se le politiche migratorie lo consentono ed agevolano. Inq
uesto senso, il progetto migratorio può rendersi definitivo, passando da essere finalizzato alla sola conquista di un reddito ad orientarsi
verso logiche di insediamento definitivo
3. Seconde generazioni.
Tuttavia, I percorsi d’integrazione sono condizionati da almeno tre fattori:
 Età di arrivo: differenza soprattutto importante tra l0essere giunto in età prescolare o meno, a causa dell’influenza sul processo
identitario e di socializzazione
 Paese d’origine: può influire sulla disposizione a creare reti di legami di genere ed intergenerazionali etnicamente trasversali, oppure
chiusi in rete etniche di controllo
 Genere: può influire sulle differenze nell’uso e nell’accesso alle risorse ed opportunità sociali, specie qualora si combini con particolari
caratteristiche ed appartenenze culturali.

Capitolo 6 - le demografie degli altri


6.1 LE POLITICHE DEMOGRAFICHE
La rapida accelerazione della popolazione mondiale è frutto della minore velocità di declino della fecondità rispetto alla mortalità:
nonostante la decrescita delle nascite, queste si mantengono infatti sopra il livello di rimpiazzo e dunque si prevede che l’aumento della
popolazione sarà continuo, seppur avendo un ritmo più moderato rispetto al passato.
Seppur essendo questa la tendenza globale, ci sono importanti differenze tra paesi, che emergono chiaramente confrontando la variabilità
messa in luce dai parametri demografici fondamentali di fecondità e speranza di vita alla nascita. Con l’incrocio tra questi due parametri si
individuano, tra I Paesi a basso reddito, due gruppi distinti:
-) uno composto soprattutto da paesi africani, con fecondità che supera I quattro figli per donna ma bassa speranza di vita alla
nascita e scarse condizioni economiche
-) l’altro composto da paesi asiatici e dell’America latina, nei quali la fecondità si mantiene in media sotto I tre figli per donna e la
speranza di vita mostra ampia variabilità
E’ importante considerare che la povertà agisce sui livelli di fecondità soprattutto attraverso la mortalità infantile: a parità di condizioni,
infatti, la domanda di figli è da correlarsi alla sopravvivenza che questi hanno, dunque maggiore è la mortalità infantile maggiore tenderà
ad essere anche la propensione delle donne a procreare.
Dibattiti sul family planning e conferenza
Durante la seconda metà del Novecento I dibattiti sul sovrapopolamento del pianeta e sulla carenza delle risorse naturali hanno visto
confronti sull’opportunità di continuare o meno a finanziare interventi di controllo delle nascite e di family planning, in relazione a tre
argomenti di disputa in particolare;
 Il numero di paesi al livello di rimpiazzo è aumentato, dimostrando che la crescita della popolazione sta registrando un rallentamento
in tutto il pianeta. Chi è a favore delle politiche di family-planning sostiene che nel mondo povero le decisioni in ambito riproduttivo
non hanno la possibilità di svolgersi In maniera razionale e controllata a causa dell’assenza dei metodi contraccettivi, mentre se
questi ultimi fossero appropriatamente diffusi, sarebbe possibile soddisfare il diritto delle donne di avere il numero di figli desiderato
nei tempi desiderati, soddisfacendo di conseguenza anche le necessità globali di abbassamento della fecondità
 Gli oppositori alle politiche di family-planning sostengono che il generalizzato declino della fecondità renda superflui gli interventi
statali, tuttavia la riduzione di incentivi e disponibilità di servizi potrebbe rallentare la virtuosa dinamica in atto.
 Il dibattito sulla necessità delle politiche di family-planning si concentra in particolare sui loro costi e sulla valutazione di quali siano
I benefici economici che queste generano, I quali si sono rivelati importanti: una crescita demografica moderata ha benefici effetti su
tutto il sistema, a partire dai nuclei stessi, che consentono alle donne di conciliare maternità e lavoro, migliorando la condizione
economica del nucleo e producendo reddito. La riduzione della pressione demografica contribuisce a ridurre le disuguaglianze e
genera, nel medio periodo, un effetto strutturale positivo legato alla maggiore consistenza delle generazioni in età lavorativa la quale,
se conciliata con un favorevole ambiente istituzionale, garantisce la creazione di lavoro e capitale umano innestando un circolo
virtuoso di sviluppo.
L’attuale consapevolezza che il rallentamento della crescita demografica abbia un effetto positivo sulle potenzialità di sviluppo si inserisce
in un percorso di dibattito sui temi del controllo demografico iniziato negli anni ‘50.
 1954 Conferenza di Roma (fra accademici): si conclude sollecitando la formazione di specialisti demografi, e la diffusione di

infrormazioni ricerche e studi.


 1964 Conferenza di Belgrado (fra accadamici): inizio della messa in relazione tra crescita e strategie di sviluppo economico

 1974 Conferenza di Bucarest (intergovernativa): effettiva politicizzazione dei temi demografici, con la contapposizione tra

paesi economicamente avanzati, a favore del family planning, e paesi in via di sviluppo che percepivano queste intenzioni di controllo
come reiterazione di dinamiche coloniali. L’esito finale è un documento nel quale il family planning rientra come possibilità, la cui
adozione può essere solo effettuata dai singoli stati
 1984 Conferenza di Città del Messico (intergovernativa): anche diversi paesi in via di sviluppo iniziano a sentire la necessità di

un controllo demografico, seppur il timore di un uso politico del controllo delle nascite da parte delle economie forti rimanga.
 1994 Conferenza del Cairo (intergovernativa): cambio di registro politico con la sostituzione della centralità della dicotomia

popolazione-sviluppo con quella individuo-diritti, e con la produzione di un programma d’azione concentrato sui diritti umani e sull’dea
che questi siano necessariamente alla base dello sviluppo, sull’abolizione delle disuguaglianze e sull’empowerment femminile. Le
politiche demografiche sono evocate con l’orientamento ad un miglioramento della qualità della vita e gli obbiettivi demografici sono
strumenti per la realizzazione di equità, uguaglianza e giustizia.
Aborto
Un fenomeno in forte contrasto con quanto dichiarato e auspicato dalla conferenza del Cairo è l’aborto insicuro, prima causa di morte
materna nei Paesi poveri, che consiste nella procedura di interruzione di gravidanza praticata da individui senza le necessarie competenze
e in ambienti privi dello standard minimo di igiene. Tra il ‘95 ed il 2003 il numero di aborti è decresciuto in modo netto nei paesi in cui la
pratica è legale, ed in molti dei quali è illegale, il tasso è persino superiore e ciò significa che gli aborti avvengono in condizioni di altissimo
rischio: si tratta in questo caso di una mancanza di efficace risposta governativa di molti paesi alle prescrizioni del Piano di Azione del Cairo,
e di una grave mancanza dal punto di vista dei diritti umani e del rispetto della possibilità della donna di autodeterminarsi.
Gli otto obiettivi del millennio, aventi lo scopo di realizzare pienamente il Piano d’azione del Cairo, fissati nel 1999 da un Summit delle
Nazioni Unite e da raggiungere entro il 2015, non sono stati conseguiti. Gli indicatori di monitoraggio hanno mostrato la difficoltà nel
conseguire questi obiettivi, connessa soprattutto al grosso divario tra paesi del primo mondo, tra i cui indicatori principali rientrano le
morti infantili e materne.
6.2 ASIA, MUTAMENTO
Continente più esteso del mondo, con massime densità di popolazione nelle regioni meridionali ed orientali, ha nel complesso un tasso di
crescita molto altro nonostante le differenze tra Paesi e l’acutizzarsi delle disparità interne. Guardando all’indice di sviluppo umano,
indicatore composito teorizzato da Haq e Sen (‘90) che rileva I risultati medi conseguiti da un paese su tre dimensioni:
- di aspettativa di vita alla nascita,
- alfabetizzazione e scolarizzazione,
- PIL pro-capite,
riassumendoli in un indice con valore compreso fra 0 ed 1, media non ponderata dei tre indici normalizzati; si osserva che l’ISU sfiora
l’unità nell’Asia Orientale, in particolare in Giappone, Sinfapore e Corea del Sud, riducendosi gradualmente col procedere verso occidente
fino al minimo dell’Afghanistan. I primi due indicatori che compongono l’indice mostrano meno variabilità rispetto al PIL, e la zona con
preggiore ISU è l’Asia centro-meridionale, che registra anche il più alto tasso di fecondità e di maternità precoce.
Fecondità
In seguito alla conferenza di Bucarest, alle
azioni di miglioramento delle condizioni di INCREMENTO SPERANZA DI VITA % (soglia=85 anni)
vita ed allungamento dell’aspettativa I 0-50 51-75 76-100
paesi asiatici hanno aggiunto grosse
Rimpiazzo fecondità (soglia=2,1 figli)

0-50 Afghanistan Yemen, Timor Est Palestina


politiche di pianificazione e riduzione delle
A
nascite, spinti anche dalla decisione della 51-75 Tagikistan, Pakistan, Laos Israele, Iraq
World Bank di subordinare la concessione B
di prestiti all’attivazione di programmi di 76- Uzbekistan, Turkmenistan, Turchia, Siria, Sri Lanka, Arabia
controllo delle nascite. Le politiche di 100 Nepal, Myanmar, Kirghizistan, Saudita, Qatar, Filippine, Oman,
family planning hanno inoltre intercettato, Kazakistan, Indonesia, India, Malesia, Libia Kuwait, Giordania,
a livello culturale, il bisogno delle coppie, Cambogia, Bhutan, Bahrain C
indotto da modernizzazione e sviluppo Bangladesh, Azerbaijan D
economico, di ridurre la fecondità,
generando un circolo virtuoso. < Thailandia, Mongolia, Armenia, Brunei, Cina, Georgia,
I risultati conseguiti vedono una grossa rimpiazzo Maldive, Nord Corea, Iran E Giappone, Sud Corea, Libano,
diifferenziazione tra paesi, che si può Singapore, Emirati Arabi Uniti,
analizzare mettendo in relazione Vietnam F
l’evoluzione della speranza di vita alla
nascita e della fecondità, osservando la tavola di contingenza tra l’incremento dell’indice di speranza di vita e l’incremento del livello di
rimpiazzo (ciascuno moltiplicato per 100).
Osservando diagonalmente la tavola di contingenza si leggono le contingenze transizionali:
 Cella A Afghanistan, alta fecondità e bassa speranza di vita, l’arretratezza causata dalla guerra non ha consentito il realizzarsi della
Transizione Demografica
 Cella B, Paesi relativamente arretrati, seppur in modo proporzionale
 Cella C, Paesi del Medio Oriente che hanno concluso o quasi la fase di Transizione
Altri paesi hanno seguito percorsi diversi:
 Cella D, livelli medio-bassi di fecondità ma limitato incremento nella speranza di vita; molti di questi Paesi sono ex territori dell’URSS
ed hanno sperimentato un rialzo della mortalità dopo la costituzione in repubbliche, mentre gli altri, come India e Bangladesh,
mantengono una mortalità piuttosto alta. Il declino della fecondità è sostenuto da grossi programmi di riduzione delle nascite.
 Celle E ed F, che hanno raggiunto il livello di rimpiazzo grazie a grosse campagne di riduzione della fecondità.
Tuttavia, la popolazione asiatica non si sta ancora riducendo (“fardello demografico dell’Asia”), a causa dell’alto numero di donne in età
riproduttiva generato dall’alta fecondità dei decenni passati.
Invecchiamento
L’invecchiamento della popolazione è in notevole crescita in tuttto il continente, in particolare nell’Asia orientale con picco in Giappone, e
soprattutto il peso degli oldest-olds è in procinto di crescere e femminilizzarsi. Ciononostante, in questo periodo storico molti Paesi stanno
godendo di un bonus o finestra demografica, ossia una congiuntura fra l’assottigliarsi delle nuove generazioni e la vita media non
particolarmente elevata di quelle anziane, che garantisce favorevoli rapporti di dipendenza (popolazione inattiva/attiva).
Il bonus demografico non toglie tuttavia che quella dell’invecchiamento sia una problematica di crescente rilevanza, soprattutto a causa
del mutamento sociale del sistema di cura e della struttura famigliare, incorso nei paesi asiatici a partire dagli anni Ottanta.
L’organizzazione famigliare tradizionale che vedeva la convivenza di famiglie estese con la presenza di diverse generazioni, e che dunque
assicurava il mantenimento degli anziani da parte delle generazioni più giovani, sta gradualmente venendo meno, a causa del ridotto
numero dei figli adulti e della crescente decisione di questi di costruire famiglie nucleari oppure di non costruirne affatto.
Mascolinizzazione
A differenza di tutti gli altri Paesi del mondo, quelli asiatici stanno sperimentando una diminuzione della popolazione femminile, connessa
alla maggiore mortalità delle bambine rispetto ai bambini. Questo fenomeno è connesso alla pratica dell’aborto selettivo, che ha generato
una vera e propria scomparsa delle bambine e che aumenta con l’aumentare dell’ordine di nascita, a mostrare che la popolazione
preferisce pochi figli e maschi. Oltre all’aborto selettivo, l’alta mortalità infantile femminile contribuisce a questa grossa problematica, ed
è connessa a fattori non biologici ma sociali, legati alla struttura famigliare tradizionale che tende a graduare l’importanza dei membri in
base al genere, che portano le madri ad allattare le bambine meno e con minor frequenza, e a manifestare meno cura per I loro bisogni.
Perchè il fenomeno dell’aborto selettivo e della negligenza si manifestino in una società transizionale e ne comportino la
mascolinizzazione sono necessari alcuni requisiti, tra cui:
 Deve esserci accesso all’aborto selettivo

 La selezione per sesso deve essere socialmene accettabile e desiderabile, ad esempio, la società deve essere più discriminatoria nei

confronti delle donne


 La selezione deve essere vantaggiosa, qualora siano I figli ad assicurare il mantenimento delle generazioni anziane, non le figlie, e

qualora siano in vigore sistemi patrilocali per I quali I figli proseguono patrilinearmente il lignaggio famigliare.
6.3 AFRICA, DEPRIVAZIONE
L’analisi della condizione demografica africana è problematica innanzitutto per la mancanza di dati e rilevazioni statistiche, nonostante le
iniziative di censimento ed indagine promosse dai Paesi occidentali, (Census Survey e Demographic and Health Survey).
Osservando le informazioni disponibili in relazione a fecondità e vita media, si osservano condizioni pre-transizionali in buona parte del
continente, con alta natalità ed alta mortalità, con la maggior parte dei paesi che registrano una media di cinque figli per donna e vita
media cinquant’anni. I livelli di mortalità infantile sono estremamente alti, così come quelli di mortalità materna e legata alla salute
sessuale, la carriera riproduttiva delle donne risulta estremamente precoce e poco controllata. La condizione economica è estremamente
precaria, con una proporzione di poveri che negli ultimi decenni del Novecento è aumentata del 22% anzichè diminuire, e si intreccia con
emergenze sanitarie, economiche e sociali.
A partire dagli anni ‘50, la fecondità ha registrato una diminuzione molto ridotta, e ciò è legato a fattori culturali ed economici, individuali
e collettivi, ed al significato sociale del figliare: la religione ed il lignaggio promuovono discendenze numerose, ed I figli sono percepiti
come forse economiche, sicurezza per le generazioni anziane e fonte di potere e prestigio sociale. A questi fattori si intrecciano le
condizioni contestuali di sottosviluppo, debito, shock economici o naturali e conflitti, che nel complesso agiscono per un rallentamento
della Transizione Demografica.
Un’altra tendenza è quella dei paesi con alta mortalità e relativamente bassa fecondità, paesi nei quali la transizione demografica ha avuto
inizio, con l’attuarsi di politiche efficaci di family planning, ma è ora sospesa a causa della diffusione del virus dell’HIV e dello slittamento
degli investimenti nelle politiche di pianificazione a favore delle azioni di preventive dell’AIDS.
Tutte queste tendenze sono estremizzate nell’Africa Subsahariana, mentre la zona settentrionale del continente mostra tendenze
contrapposte ed uno scenario migliore, manifestazione della transizione, con il profilarsi dell’invecchiamento e l’apertura di una finestra
demografica, che tuttavia non si sta realizzando pienamente a causa dell’arretratezza delle economie.
Salute - HIV-AIDS
Il 67% dei casi mondiali di persone affette da HIV si trova in africa, con una percentuale di morti che raggiunge il 70%, ed una
stabilizzazione del fenomeno che si assesta su livelli anche molto alti, rallentando solo in Malawi, Zambia e Sudafrica.
I soggetti a rischio sono, anche nel continente africano, omosessuali prostitute e tossicodipendenti, ma la maggior parte dei contagi
avvengono in coppie eterosessuali, ed il fenomeno è in crescente femminilizzazione (73% delle donne affette dal virus è in Africa) a causa
di motivazioni fisiologiche, culturali e sociali e del maggiore rischio cui le mutilazioni genitali ed I matrimoni precoci le espongono. Per
questo, la prevenzione è attuata con una prospettiva di genere.
- salute riproduttiva femminile
Una problematica estesa nel continente è il bisogno non soddisfatto di contraccezione, con il 25% di donne in età riproduttiva che pur non
desiderando figli non attua strategie contraccettive, andando incontro a gravidanze non desiderate che accorciano l’intervallo
intergenesico e non consentono di ridurre la fecondità. Le motivazioni di questo bisogno non soddisfatto sono numerose, a partire dalla
convinzione di alcune donne di non essere più fertili, al timore degli effetti collaterali dei contraccettivi, fino all’opposizione del partner e
della famiglia o dall’osteggiamento della religione.
E’ comunque importante sottolineare che l’adozione dei metodi contraccettivi non sarebbe condizione sufficiente per la riduzione della
fecondità, poichè I fattori sociali e valoriali che danno importanza all’avere una prole numerosa sono molto influenti.
Il rischio di disabilità e mortalità materna è, inoltre, estremamente critico (‘epidemia silenziosa’), tanto che sono africani ben 19 dei 20
paesi al mondo con la più alta mortalità correlata alla gravidanza, e che la mortalità materna è la seconda causa di morte delle donne in
età riproduttiva. Altra pratica estremamente dannosa per la salute femminile è quella delle mutilazioni genitali, che interessa ben il 90%
delle donne in età riproduttiva in Egitto, Guinea, Sudan, Mali e Somalia.
6.4 AMERICA CENTRO-MERIDIONALE, DISPARITA’
Esclusione sociale, povertà e marginalizzazione si manifestano, nei paesi centro-sud amerciani e caraibici, con grosse disparità e
discriminazioni nei confronti delle minoranze etniche, delle donne e delle generazioni più giovani. Anche se negli ultimi decenni la povertà
si è ridotta, ciò non è stato accompagnato da una equa distribuzione delle risorse quanto da un’elevatissima concentrazione della
ricchezza: due persone su quattro sono indigenti ed una vive in povertà. L’inequa distribuzione della ricchezza comporta un’alta mortalità
infantile, soprattutto associata a povertà, scarse condizioni igieniche e basso livello di istruzione materno: il conseguimento dell’istruzione
primaria è frenato in moltissimi paesi da una dispersione scolastica verso il lavoro molto precoce, con un minore su due che, in età
compresa tra 5 e 17 anni, lavora ma non va a scuola.
D’altro canto, la convergenza demografica osservabile dalla contingenza tra riduzione della fecondità ed incremento della speranza di vita
mostra un’importante riduzione della mortalità, fino ad una speranza di vita di oltre 70 anni, e l’abbassamento della fecondità fino poco
sopra il livello di rimpiazzo: nessun paese mostra livelli molto alti di fecondità ed Uruguay, Argentina e Cuba hanno concluso il processo di
transizione demografica. La transizione a Cuba, in particolare, è stata incentivata e spinta nella sua prima fase dall’ideologia socialista:
l’approccio egualitario ha creato infatti servizi sanitari usufruibili da buona parte della popolazione, prevenendo e curando le malattie
prima infantili e poi degli adulti; e l’approccio emancipazionista nei confronti delle donne, d’altra parte, incentivando l’istruzione ed il
lavoro femminile ha garantito l’abbassamento della fecondità.
Nonostante l’emancipazione femminile di alcuni stati, la mortalità materna mantiene tassi estremamente alti e fortemente segnati da
disuguaglianze che svantaggiano le fascie povere, indigene, rurali e con bassi livelli di istruzione. C’è inoltre un elevato bisogno non
soddisfatto di contraccezione, soprattutto tra le adolescenti, che sfocia in un elevato numero di gravidanze tra ragazze molto giovani ed
aborti, illegali e dunque insicuri(circa il 24% delle gravidanze non desiderate). Questa problematica di grossa rilevanza sarebbe solvibile
semplicemente ed efficacemente attraverso investimenti più proficui in politiche di family planning e con la soddisfazione della domanda
di contraccezione.
Emigrazione
Se nella seconda metà del Novecento l’america centro-meridionale era meta di immigrazioni dall’europa, negli ultimi decenni il flusso si è
invertito ed è cresciuto massicciamente, interessando soprattutto popolazione proveniente da Messico, Colombia, Cuba, Repubblica
Dominicana e Salvador e diretta verso altri paesi della stessa area, Stati Uniti, Europa, Canada e Giappone. I risvolti dell’emigrazione
tuttavia non sono risultati positivi, causando piuttosto una perdita netta legata alla perdita di capitale umano nei paesi di emigrazione e nel
sottoutilizzo del capitale umano del migrante da parte del paese di arrivo. Inoltre, la massiccia emigrazione ha causato la distorsione degli
equilibri di genere e d’età, dando luogo a rapporti sfavorevoli di indipendenza. Tutto ciò ha portato diversi paesi ad attuare strategie volte
al rientro della popolazione emigrata (come ad esempio il Plan de retorno ecuadoriano).

Povertà - fenomeno complesso e multifattoriale, una definizione rilevante è quella multidimensionale di Sen (‘87), che definisce per
contrasto il benessere sulla base della potenzialità (capability) degli individui di essere parte attiva della società.
Alcune delle più comuni misure della povertà sono:
 Proporzione di popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno; comparabile a livello internazionale
 Proporzione di popolazione che vive sotto la linea di povertà nazionale;
 Reddito oppure consumo, del quinditle più povero della popolazione
 Deficit di povertà (poverty gap ratio); ammontare di risorse pro-capite che sarebbero necessarie per portare tutti I poveri sopra la
linea di povertà, ripartito poi sull’intera popolazione
 Indice di povertà umana; indice composito che misura la deprivazione nelle tre dimensioni fondamentali catturate dall’indice di
sviluppo umano (longevità, accesso all’istruzione, standard di vita sufficienti).

Capitolo 7
7.3 GENERAZIONI
Premettendo che l’’interesse scientifico per le generazioni era già diffuso nell’Ottocento, soprattutto però in ottica eugenetica, i grossi
mutamenti generati dall Grande Guerra hanno poi portato a nuove riflessioni sul tema, in particolare in relazione alle idee di
rappresentazione collettiva, dinamiche di folla e massa, rappresentazione ed interpretazione del sè (Ortega y Gasset, Mannheim,
Halbwachs; anni ‘20); ed in relazione alla crescente volatilità delle dinamiche generazionali. Oggi si possono intendere almeno due
accezioni di generazione:
 Senso antropologico, come sinonimo di genealogia/kinship descent, ossia sequenza e simultanea presenza di più nodi verticali di
parentela entro uno stesso nucleo famigliare, che coesistono ed interagiscono tra loro. In quest’ottica, l’acquisizione di volatilità da
parte delle dinamiche generazionali è connessa al fenomeno della deparentalizzazione:
-) la famiglia allargata, con un’ampia parentela laterale orizzontale, vedeva numerosi figli distribuiti lungo un arco di anni esteso, ed
era dunque normale che ad esempio uno zio fosse più giovane del proprio nipote, e che un nuovo nato avesse una grande quantità
di parenti che coprivano un continuum di generazioni stagliate lungo due decenni; e questa dinamica consentiva una trasmissione
della memoria storica senza interruzioni;
-) il graduale passaggio alla beanpole family, invece, vede la scomparsa di connettori integenerazionali e delle parentele sfasate di
età, creando una riproduzione della memoria che procede per segmenti distinti e priva il sistema di parentela della qualità di
connettore temporale, rendendo più difficoltosa la trasmissione della memoria condivisa. I nuovi assetti parentali delle famiglie
ricombinate ricompensano solo in parte la perdita della famiglia allargata, poichè non sono caratterizzate dalla stessa varietà
generazionale.
 Senso demografico-storico, coorte di persone nate in uno stesso intorno, che vivono gli stessi eventi storici collettivi nella stessa
fase della loro vita. In quest’ottica, si prende in considerazione come ogni variazione nel comportamento e negli atteggiamenti di una
popolazione dipenda dal movimento lungo una o più di tre coordinate temporali:
 Effetto età; in presenza di variazioni di comportamenti, pratiche, credenze che compaiono solo a partire da un certo stadio

evolutivo della vita e della personalità, ripetendosi invariate in ogni tempo storico e generazione
 Effetto periodo; variazioni (“) che compaiono solo a partire da un certo momento storico, per esposizione a specifiche contingenze

epocali e coinvolgendo tutte le età e generazioni compresenti


 Effetto generazione/coorte; variazioni (“) che compaiono solo a partire da una certa coorte, esposta in modo selettivo a

contingenze storiche esperite in una certa fase della vita, per poi rimanere stabilmente lungo tutto il suo corso.
Considerando ad esempio I giovani di fin de siècle, il loro passaggio all’età adulta è stato caratterizzato da quattro mutamenti strutturali:
la posticipazione delle stazioni di passaggio intermedie tra giovinezza ed età adulta, la lenta attenuazione dell’aggancio temporale tra
uscita dalle mura famigliari e formazione di un’unione stabile, la diffusione della reversibilità di passaggi prima irraversibili, e lo
scompigliamento della sequenza dei passaggi stessi; si tratta di passaggi non connessi semplicemente all’età, bensì alla generazione.
Per effetto generazione si intende inoltre, con accezione più specifica, la tendenza di alcune coorti a prolungare, nel prosieguo della
vita, l’effetto di uno choc sintalico (synt+mentality), ovvero di un evento esperito contemporaneamente da tutte le coorti
compresenti in un dato momento storico (è dunque in un certo senso il prosieguo in una generazione di un effetto periodo).
Sono impliciti due prerequisiti pechè abbia luogo l’effetto generazione: -) l’effetto dello choc osservato in un momento storico deve
riguardare una classe d’età in modo prevalente;
-) l’effetto su quella coorte deve perdurare immutato nel tempo.
Nonostante lo scetticismo di alcuni riguardo all’effettiva esistenza dell’effetto generazione, ci sono diverse evidenze empiriche che
sembrano mostrarlo e spiegarlo con chiarezza. Uno di questi esempi è la misura tabulare dell’importanza attribuita, per classi d’età, alla
sicurezza economica, rilevata dal Japanese National Charter Survey: osservando le rilevazioni per anno si nota l’effetto età, osservandole
per età si nota l’influsso degli eventi storici, dunque l’effetto periodo; mentre seguendo la stessa coorte nel tempo si può osservare come
ciascuna di esse mantiene stabile l’indicatore di importanza ma mantiene una traiettoria leggermente più bassa rispetto alle precedenti, e
si può sunque osservare l’effetto coorte.
In alcuni casi, il mutamento che colpisce una coorte non innesca alcuna diffusione al di fuori della coorte stessa, senza produrre effetti di
tracimazione (spillover) sulle altre coorti o su altri aspetti della vita della stessa coorte colpita.
Gli effetti generazione si possovo verificare con modalità e potenza diverse:
 La situazione esperita dalla coorte resta circoscritta ad essa ma produce effetti differiti lungo il corso della vita degli individui della
coorte colpita (esempio gli effetti psicologici della crisi del ‘29 sulla coorte che stava per entrare nel mercato del lavoro)
 La coorte toccata dal cambiamento produce contagio tra generazioni contigue, I nuovi valori e pratiche itrodotti da una coorte si
diffondono per osmosi alle coorti soccessive
 Diffusione dell’effetto generazione tra generazioni non continue ma antropologiche (ad esempio di padre in figlio).
7.4 FAMIGLIE
Aggregato domestico/gruppo domestico coresidente/household=insieme di persone che vivono sotto lo stesso tetto
Parentela=insieme di persone legate da rapporti di sangue o di matrimonio
Famiglia= intersezione tra parentela e aggregato domestico, ossia l’insieme di membri di parentela che vivono sotto lo stesso tetto
La parentela è stata delimitata in diversi modi nel corso del tempo, uno di questi criteri definitori è il sistema cognatico di costruzione del
gruppo di parentela (kinship), che prende in considerazione sia la linea maschile che quella femminile e si contrappone dunque al sistema
unilineare di costruzione del parentado, che prende in considerazione solo una delle due linee e, se l’anello di congiunzione è solo maschile
si parla di discendenza patrilineare o agnatica.
Se il capostipite del gruppo di parentela è una figura mitica o fittizia si parla di clan, mentre se questo è genealogicamente identificabile si
tratta di lignaggio (kindred).
Prendendo in considerazione una definizione cognatizia di parentela, si possono individuare cinque configurazioni molecolari della famiglia
entro la società occidentale moderna:
 Famiglia nucleare o semplice, una sola unità coniugale, completa o meno
complesse

 Famiglia estesa, un’unità coniugale e uno o più parenti conviventi, in estensione verticale o orizzontale

 Famiglia multipla, due o più unità coniugali estese in verticale o orizzontale

 Famiglia senza struttura, priva di un’unità coniugale

 Individuo isolato

In base alla residenza delle coppie alla loro formazione si distingue tra famiglie patrilocali, matrilocali e neolocali. Si parla di famiglie
patriarcali qualora queste siano complesse, patrilocali governate dai codici di discendenza patrilineari.
Scuola demografico-storica ed approccio relazionale
Due grandi approcci allo studio demografico della famiglia si contappongono nella seconda metà del Novecento
 Scuola demografico-storica di Cambridge, uso quantitativo scrupoloso delle fonti demografiche, attraverso la tecnica della
ricostruzione nominativa delle famiglie; -) prima opera Lalsett e co (‘72), teorizzano che fino alla rivoluzione industriale le famiglie
fossero prevalentemente nucleari
-) Hajnal (‘85) costruisce le prime tipologie basandosi sui dati empirici raccolti, e
concentrandosi sui due parametri di flusso di età al matrimonio e percentuale di giovani
adulti che si sposavano, delinea una contrapposizione, nell’Ancien Régime, tra il modello
dell’Europa Occidentale, seguendo il quale I matrimoni avvenivano in età avanzata, e
dell’Europa Orientale, dove invece prevalevano matrimoni precoci
-) Laslett (‘83) si abbozza una tipologia regionale di forme di organizzazione domestica
dell’Europa tradizionale, costruendo quattro modelli regionali: occidentale, caratterizzato da
pratica neolocale e assenza di famiglie complesse; centrale, con minore tendenza a
neolocalizzarsi e presenza di famiglie complesse; meridionale, con neolocalismo quasi
assente ed molte famiglie complesse; orientale, con neolocalismo assente e famiglie
prevalentemente complesse.
Le problematiche dell’approccio adottato da questa scuola sono legate all’eccessiva all’uso di fonti povere di informazioni e di difficile
interpretazione, limitandosi ad individuare parametri di flusso o struttura ma senza indagare nel dettaglio e senza cercare di comprendere
le dinamiche di conservazione delle famiglie lungo le generazioni e l’evoluzione delle relazioni intrafamigliari; inoltre I dati risultano falsati
dal fraintendimento in cui gli studiosi demografico-storici incappano, ossia la staticità dei dati analizzati dei censimenti, I quali
rappresentavano gruppi domestici in un dato istante senza coglierne l’evoluzione lungo il ciclo di sviluppo.
Un elemento di analisi importante introdotto dalla scuola demografico-storica è quello dei quantificatori, seppure debba essere
implementato da un tentativo di comprensione.
 Approccio relazionale, non gruppo coeso ma ricercatori accomunati dall’uso di fonti qualitative (diari, narrativa, epistolari…) e
dall’ipotesi di un processo evolutivo lineare ed universale nei legami affettivi dei componenti della famiglia che l’ha condotta da
sistema outward-looking ad inward-looking. Stone (‘77) teorizza tre stadi evolutivi:
1. Famiglia a lignaggio aperto, caratterizzata da permeabilità e lealtà dei membri verso parentela e comunità, libertà individuale
subordinata a quella collettiva
2. Famiglia patriarcale nucleare ristretta, in cui l’influenza di parentela e comunità di riducono
3. Famiglia nucleare domestica chiusa, organizzata sui principi dell’autonomia individuale, su legami affettivi forti, maggiore tempo
di cura dedicato ai figli, valorizzazione dell’intimità rappresentata dalla casa e chiusura nei confronti della parentela.
I limiti di questo appriccio sono legati all’uso di fonti qualitative non sistematiche e non generalizzabili, ed al fatto di leggere eventi
familiari particolari generalizzandoli come tappe di un’evoluzione univoca e lineare.
 Una lettura del fenomeno famigliare che può consentire di superare le contraddizioni dei due approcci è quella che sposta
l’attenzione dai sistemi di formazione a quelli di riproduzione e morfogenesi delle famiglie, che consentono di capire I modi nei quali
le famiglie si modificano per mantenersi simili a se stesse entro contesti che cambiano.
Questa lettura rivaluta la significatività operativa delle teorie di Le Play (messe a punto tra 1855 e 1871), il quale costruì tre tipologie
famigliari basate su tre gradi di stabilità dei regimi famigliari, basandosi sulle regole strutturali di sostituzione tra generazioni, che si
intrecciano con la sostanza dei rapporti affettivi tra I membri delle famiglie. I tre gradi teorizzati vedono il perdersi progressivo della
stabilità famigliare, e sono:
 Famiglia patriarcale, con massimo grado di stabilità, nella quale tutti I figli che si sposani si stabiliscono nella casa paterna

 Famiglia ceppo (famille souche), il patrilignaggio è attenuato, e seguendo la legge del maggiorascato un solo figlio rimane nella

casa paterna come erede


 Famiglia instabile, modello nucleare neolocalista che nasce dall’unione di due persone autonome e sopravvive solo fino alla loro

sopravvivenza.
La costruzione della tipologia si fonda dunque su due coordinate: il grado di neolocalismo o patrilocalismo nella scelta della residenza delle
nuove coppie e la modalità di ripartizione dell’asse ereditario, che risulta comunque il primo movente soprattutto nell’ottica della
spiegazione del passaggio dalla famiglia patriarcale alla ceppo. Le Play traccia una mappa delle regioni dominate da ciascuno dei tipi di
famiglia, e da essa emerge che le famiglie ceppo hanno una struttura simile e la medesima collocazione geografica di quelle che saranno
poi definite da Bagnasco (‘88) come aziende famiglia, capaci di adattarsi al tessuto sociale e produttivo nei momenti di massima
trasformazione del sistema socio-tecnico.
Riprese della teoria di Le Play
 Famiglie forti e deboli, ‘98 Reher; partendo dal presupposto dell’omogeneità culturale interna di Europa meridionale e
settentrionale, e teorizzando due modelli di famiglia dominanti:
 la famiglia forte, tipica dell’Europa mediterranea, dominata da una recipricità differita tra generazioni che si ripete a catena e
consiste nel più prolungato investimento economico dei genitori nei figli, investimento che sulla base della solidarietà tra generazioni
sarà da questi restituito attraverso la presa in cura dei genitori anziani
 La famiglia debole, tipica del nord Europa, prevede che il figlio acquisisca molto prima l’indipendenza dai genitori, uscendo di casa
ancor prima di costruire il proprio nucleo, generando dunque un minore investimento dei genitori verso di lui e la possibilità da parte
loro di mettere da parte una porzione di ricchezza da reinvestire nelle istituzioni pubbliche perchè si prendano carico di loro in
anzianità.
 Famiglia estesa modificata, ‘60 Litwak; insieme di nuclei famigliari legati tra loro su base egalitaria, con enfasi sui valori estesi
comuni della famiglia estesa, sarebbe questa una struttura famigliare funzionale alla mobilità occupazionale e geografica necessaria
nell’epoca moderna
 Famiglia estesa locale, ‘67 Willmott; individuata studiando la famiglia operaia inglese, caratterizzata da due o tre aggregati
domestici legati da parentela, che abitano in vicinanza e si incontrano quotidianamente aiutandosi reciprocamente
 Famille entourage, ‘99 Bonvalet; realtà famigliare caratterizzatà d aaffinità di parentela, alta intensità di contatti e scambio di
prestazioni di aiuto.

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