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Il mantenimento omeostatico dei livelli demografici è un esempio di circuito a feedback negativo, esemplificato dal principio di
popolazione di Malthus: a. la popolazione è limitata dai mezzi di sussistenza, b. la popolazione cresce con il crescere dei mezzi di
sussistenza c. a meno che sia impedita da freni, quali costrizione morale o miseria. I freni sono definiti “positive checks”, di cui
l’”ultimate check” è la scarsità di cibo, e ciò significa che lo sviluppo economico si
stronca proprio nel momento in cui diventa progressivo, meccanismo che prese a
cambiare solo dopo la Rivoluzione Industriale, a partire dalla quale la popolazione cessa
di essere un limite alla crescita economia.
Circuiti a feedback negativo sono invece “circoli virtuosi” (analisi di Wringley e
Boserup), che instaurano nuovi regimi demografici spezzando il sistema omeostatico
precedente: si considera la fine dell’Ancien Régime il momento in cui il sistema
popolazione-risorse passa da un circuito a feedback negativo ad uno con feedback
positivo. Una delle cause scatenanti di questa inversione è l’effetto Sundt: se
un’ondata di nascite non è immediatamente seguita da un aumento della mortalità, ci
saranno effetti positivi sui matrimoni e sulle nascite dei decenni successivi.
1.3 TRANSIZIONE DEMOGRAFICA
Dopo l’Ancien Régime, tre grandi discontinuità caratterizzano le dinamiche
demografiche: la Transizione Demografica, il cambiamento dei modelli di mortalità e morbosità, la modificazione delle pratiche sociali
relative a fecondità e family formation.
Il cambiamento di regime demografico
Transizione Demografica (Notenstein 1945): passaggio, entro un dato periodo, da uno stato di equilibrio tra livelli elevati di nascite e
morti, a un nuovo stato di equilibrio tra livelli inferiori di mortalità e natalità, che si attua non con un cambiamento simultaneo dei due
fenomeni ma con una sfasatura di circa mezzo secolo tra la contrazione delle morti e quella delle nascite.
Il processo si divide dunque in tre stadi:
1. Fase pre-transizionale, quale l’Ancien Régime demografico, che registrava 40-45 morti e 30-35 nati annui per 1000 abitanti;
2. Frase transizionale, durante la quale la mortalità precipita rapidamente per poi rallentare via via, assestandosi intorno a 15 morti
annui per 1000 abitanti (andamento sigmoidale ‘s rovesciata’), e le nascite aumentano leggermente
3. Fase post-transizionale, dopo un certo periodo anche la curva delle nascite prende a scendere, assestandosi sui 10 per 1000
abitanti.
Si passa quindi da una fase stazionaria pre-transizionale ad una fase stazionaria post-transizionale.
La Transizione Demografica coinvolse inoltre (Golini 1989):
Sopravvivenza all’età adulta, in fase pretransizionale superano I 15 il 60% dei nati, in fase transizionale 80% ed in età moderna
90%.
Ricambio generazionale, che aumenta in fase transizionale ma poi si riassesta in epoca moderna.
Invecchiamento della società, in fase pretransizionale e transizionale la popolazione over 65 è 3%, post-transizione invece la
contrazione delle nascite porta al 10% gli anziani.
Fissando come punto di riferimento per segnare la fine della transizione da Ancien Régime ed età moderna, il momento in cui il tasso di
natalità è sceso sotto la soglia del 30 per 1000 (Bacci), si nota una grande variabilità tra I paesi europei, e si possono individuare quattro
poli di irradiazione transizionale:
a) Anni ‘30 del’Ottocento: Francia, Belgio, Svizzera
Anomalia anni ‘40: Irlanda
b) Anni ‘80 e ‘90: paesi scandinavi, paesi anglofoni
c) Fino agli anni ‘20: europa centrale ed orientale
d) A partire dagli anni ‘20: paesi mediterranei
Non c’è una soglia minima di nutrizione univoca sopra la quale aumenta il rischio di contrarre malattie
Non tutte le malattie infettive sono sensibili alla malnutrizione (peste, malaria, vaiolo, tifo, febbre spagnola..)
Secondo Bacci, la transizione della mortalità è l’esito di una vasta serie di cause equivalenti, ed in particolare della somma di piccoli
miglioramenti a livello igienico-sanitario.
Il declino della fecondità
Landry (1934) definì il regime demografico come il livello di vita che una popolazione si pone come obiettivo e i mezzi di regolazione
demografica che ha per raggiungerlo, e ne individua tre, che si succedono nel corso dei secoli:
Regime primitivo o naturale: assenza di atteggiamenti previdenziali che connettano I comportamenti della popolazione con I
loro effetti, dunque privo di alcun controllo e programmazione delle scelte nuziali e procreative
Regime intermedio: primo sviluppo di una filosofia previdenziale che verta a mantenere o aumentare il tenore di vita tramite
celibato o ritardo del matrimonio
Contemporaneità: pratica generalizzata di riduzione delle nascite.
Alla prudenzialità ed agli atteggiamenti sociali è necessario aggiungere tre principali contingenze strutturali favorevoli (Coale 1973),
che devono esistere in compresenza
Willingness: nuovi comportamenti devono essere socialmente legittimati in quanto culturalmente accettabili, per entrare nelle
A queste si aggiungono le condizioni economiche e tecnologiche (è conveniente o meno, a livello economico, avere figli?).
Due esempi dell’interazione tra elementi sociali, economici ed ambientali sono:
Caso inglese: allentamento della pressione alimentare = miglioramento della tecnologia produttiva e non frammentazione della
proprietà; +innalzamento età nuziale e procreativa = abbassamento fecondità = assestamento rispetto alle crisi di mortalità, che
non piccano
Caso irlandese: allentamento della pressione alimentare grazie all’introduzione della patata; + popolazione con età nuziale
tradizionalmente bassa + consuetudine del Gavelkind (frammentazione dei terreni) = crescita popolazione, soprattutto proprietari
micropoderi = aumento esposizione alle crisi di mortalità; +1846 malattia della patata = riduzione massiccia popolazione (ristabilirsi
sui livelli precedenti).
radiologia, anstesiologia; ma si raggiunse una fase di stallo, dovuta al fatto che molte malattie infettive sono dovute non a batteri ma
a virus. Questa fu superata da due svolte:
Primi anni ‘30 invenzione del microscopio elettronico, che grazie all’uso degli elettroni consentì di vedere oltre il micron e di
isolare I virus.
1922 Fleming scopre l’effetto antibatterico di alcune muffe, in particolare sintetizza la penicillina, prodotta poi dopo il
‘45 in scala massiccia attraverso la sintetizzazione in laboratorio, grazie all’appoggio della già potente industria farmaceutica
Americana (che la sperimentò sui marines sbarcati in Sicilia). Altri antibiotici vengono sviluppati in rapida successione.
Sviluppo dei virus durante la fine del Novecento
Il corso del Novecento ha visto l’eclissarsi degli agenti epidemici storici e lo sviluppo di malattie virali, in particolare
- poliomelite colpisce bambini in età prescolare attaccando il midollo spinale, non ha alta letalità ma lascia invalidità motorie
permanenti. Lo sviluppo di un vaccino (anni ‘50 e ‘60) ha sradicato quasi totalmente il virus
- influenza è prodotta da una mutazione, deriva antigenica, che crea varianti di ceppo che si diffondono, seguita da un riassortimento
che consiste nell’acquisizione di antigeni nuovi nello scambio tra ceppi animali ed umani.
- aids (sindrome da immunodeficienza acquisita), di cui si identificò il virus responsabile, hiv.
Rapporti di coesistenza: rapporto fra le intensità di due fenomeni diversi, coesistenti nello stesso ambito (eg mascolinità alla nascita,
Stati riflettenti= stati in cui, una volta entrati, si esce certamente nell’unità di tempo successiva (età)
Stati transitori= snodi di passaggio tra stati diversi, e l’uscita dai quali non è certa nè impossibile
Un caso particolare è quello degli stati transitori da cui si esce solo verso stati assorbenti, e che dunque non riportano in circolo una
parte di popolazione risultando stadi non essenziali alla riproduzione del sistema nel suo complesso.
I processi di riproduzione per rinnovo ed estinzione declinati per classi di età sono tra loro connessi da tre tipi di parametri di processo:
I tassi di sopravvivenza, che misurano la quota di individui di età x al tempo t che avranno età x+1 al tempo t+1
I tassi di mortalità, che misurano la quota di individui che escono da uno stato I età per entrare nello stato dei deceduti
I tassi di fecondità, che misurano la quota di nuovi nati provenienti da individui di una data classe d’età.
E’ possibile costruire un sistema lineare di equazioni contabili che consenta una proiezione per componenti della popolazione P dal tempo
t a t+1, proiezione scomposta nelle sue componenti di età, e portata in avanti per ciascuna di esse. Il sistema di equazioni contabili può
essere sintetizzato in termini di vettori di popolazione e matrici di proiezione: matrice G di riproducibilità/di Leslie.
2.4 RAGIONAMENTO PER MODELLI
Le previsioni esprimono dunque tendenze probabili e plausibili, considerando il passato e le ragionevoli aspettative per il futuro (basate su
ipotesi fattuali), mentre le proiezioni esprimono tendenze che si verificherebbero sulla base di ipotesi alle quali non si attribuisce un grado
elevato di probabilità, allo scopo semplicemente di comprendere quali conseguenze di verificherebbero in presenza di una qualunque
ipotesi (basate su ipotesi afattuali).
Alla base dei modelli c’è il ragionamento abduttivo, procedimento logico basato su sillogismi basati sulla struttura “se vale X(antecedente),
allora si verifica Y(conseguente)”, e che consentono di cercare spiegazioni in domini del reale che non hanno un paradigma forte ma una
certa distanza semantica. L’estrapolazione dunque di una regola (Y) da un altro dominio (di X) non è presa come vera, ma semplicemente
come controfattuale, e tuttavia capace di adempiere un processo mentale di comprensione.
Il modello deve essere uno strumento con forte coerenza interna, già esplorato in un qualche dominio di realtà, che applicato ad un
diverso dominio comporta nuovi elementi di comprensione: I modelli demografici tenderanno a capire I modi e motivi dei movimenti della
popolazione partendo da ipotesi controfattuali sulle forze che entrano in gioco, tratte da altri domini di realtà studiati da paradigmi
scientifici più robusti.
I modelli esponenziali
Modello base malthusiano, “la popolazione si moltiplica con progressione geometrica”, modello adeguato a rappresentare la
crescita di una popolazione che si sviluppa senza limiti.
Modello di crescita frenata, che coglie la prima fase di aumento della popolazione ma ne considera poi il blocco di crescita. Fu
teorizzato dal matematico Verhlust a partire dalle leggi della meccanica dei gravi, che lo portarono ad affiancare all’impulso costante
di crescita malthusiano (vis motrix) una forza frenante (vis resistiva) funzione lineare della dimensione già raggiunta dalla
popolazione. La teoria fu poi sviluppata in seguito con la costruzione della curva logistica. Il concetto principale alla base del modello
di crescita frenata è che una popolazione può crescere indefinitivamente senza però mai superare la sua capacità ricettiva, a
condizione comunque che la dinamica riproduttiva interagisca con il vincolo ambientale.
Lo strumento della curva logistica fu utilizzato soprattutto nell’analisi delle epidemie. (da pagina 83 a 88).
t+4 (verticale)
Area C, include I punti-evento vissuti da individui della stessa generazione nati nell’anno t+1 (obliqua) e aventi la stessa età di 3
Le linee verticali su diagramma di Lexis rappresentano dati significativi: un segmento orizzontale che si trovi sulle ascisse individua la
popolazione iniziale, di soggetti che hanno sperimentato in un dato momento un evento origine; mentre segmenti orizzontali o verticali
che si trovino entro il piano rappresentano gli individui che possono ancora subire l’evento in questione, rispetto ad una certa età x o alla
fine di un anno.
Tassi e probabilità
Il diagramma di Lexis può essere utile per la costruzione di alcune misure di sintesi
Tassi, cioè rapporto tra numero di eventi verificatisi e popolazione media del periodo considerato. Il diagramma di Lexis consente di
riconoscere tre tassi specifici (riferiti a sottogruppi):
Tasso specifico calcolato con riferimento all’età x e all’anno t: numero di punti-evento all’interno di un quadrato D (ED) diviso
per la semisomma della popolazione all’inizio e alla fine dell’anno t
Tasso specifico calcolato con riferimento alla generazione g e all’età x: numero di punti-evento nel parallelogramma C (EC)
diviso per la semisomma tra coloro che hanno raggiunto il compleanno x e quelli che hanno compiuto il compleanno x+1 entro la
generazione g
Tasso specifico calcolato per la generazione g e l’anno t: numero di punti-evento nel parallelogramma B (EB) diviso per la
semisomma della popolazione di quella generazione ad inizio e fine anno.
Probabilità, cioè il rischio di sperimentare un dato evento, calcolato come rapporto tra il numero di casi favorevoli (eventi verificatisi)
ed il numero di casi possibili (popolazione a rischio di sperimentare l’evento). Il diagramma di Lexis consente di inividuare queste
quantità:
Considerando le probabilità tra I compleanni x e x+1 per una generazione, il numero di eventi è dato da Ec, e la popolazione a
rischio è data da coloro che appartengono alla generazione g e hanno compiuto l’xesimo compleanno (Pgx)
Considerando l’anno di calendario t e la generazione g, la probabilità si ottiene rapportando il numero di eventi EB al numero di
individui con età compresa tra x e x+1 anni all’inizio dell’anno t; si tratta in questo caso di probabilità prospettiva, che può essere
interpretata come probabilità che un individuo che ha età x al primo gennaio dell’anno t, sperimenti entro la fine di quell’anno
l’evento.
Considerando che I sistemi demografici non sono chiusi, si possono esplicitare opportune ipotesi relative alla popolazione a
rischio considerando le informazioni relative alle migrazioni: ipotizzando l’uniforme distribuzione dei movimenti migratori durante
l’anno considerato, è sufficiente aggiungere al denominatore un addendo pari alla metà della differenza tra il numero di immigrati e
quello di emigrati.
Analisi per generazioni e per contemporanei
Il concetto di generazione (gruppo di individui nati nello stesso anno) può essere esteso a quello di coorte, insieme di soggetti
accomunati dall’aver sperimentato uno stesso evento-origine in un dato anno di calendario (eg l’ingresso nel mondo del lavoro): l’analisi
per generazioni/per coorti/longitudinale consiste nel seguire una generazione nel tempo, a partire dall’evento-origine che l’ha generata,
registando gli eventi che vengono via via sperimentati dai soggetti che la compongono.
Il concetto di contemporanei invece si riferisce ad un insieme di soggetti compresenti in un certo lasso temporale (eg un tale anno):
l’analisi per generazioni/trasversale consiste nell’osservare gli individui appartenenti a generazioni diverse ma che convivono nel dato
periodo.
La scelta dell’uno o dell’altro approccio dipende da dati e obbiettivi: considerando che per l’analisi longitudinale è necessario un periodo di
osservazione e raccolta dati molto lungo, questa tecnica è utile a cogliere gli effetti dei cambiamenti, verificatisi su un lungo periodo, su
una o più generazioni; mentre se lo scopo è comprendere I fattori che agiscono in modo congiunturale su una data popolazione in un dato
periodo, si sceglierà il metodo dell’ananlisi trasversale.
3.2 TAVOLE DI MORTALITA’ E FUNZIONI BIOMETRICHE
Tavole di mortalità/eliminazione
Strumento che descrive l’esaurirsi per morte di una generazione (reale o fittizia) di nati, fino alla sua completa estinzione, e si compone di
due elementi principali: - la radice della tavola l0,ossia il contingente iniziale della generazione in analisi;
- la serie delle probabilità di morte qx per tutte le età da 0 a ω-1 punto in cui raggiunge il valore 1, allorchè tutti I
2m x
sopravviventi muoiono prima di raggiungere l’anno successivo; qx
2 mx
Le funzioni descritte nelle diverse colonne di una tavola sono legate tra loro da una serie di relazioni che le rendono determinabili a partire
da l0 e qx;
Il numero atteso di decessi è pari al prodotto d0=l0q0, considerando che l0 rappresenta le persone a rischio e q0 il rischio di morire
complesso agli lx individui che hanno raggiunto il compleanno x fino alla completa estinzione della generazione.
7 colonna= speranza di vita ex=Tx/lx, ossia il numero medio di anni che un individuo in età x (sopravvivente in età x) si aspetta ancora di
vivere.
Le funzioni biometriche possono essere rappresentate graficamente con assi cartesiani che riportano sulle ascisse le età e sulle ordinati I
valori delle statistiche. Inoltre, le tavole di mortalità sono spesso abbreviate, ossia costruite con classi di età non annuali ma più ampie, ad
esempio quinquennali.
Misure di sintesi
Le tavole di mortalità sono confrontabili tra loro perchè il contingente iniziale è sempre 100 000, e quello finale sempre 0, e dunque il tasso
di incidenza generico della mortalità è sempre pari a uno, mentre la cadenza varia col variare della probabilità di morte. E’ dunque
possibile costruire misure di sintesi, a partire dalle tavole di mortalità, che semplificano il confronto.
Speranza di vita alla nascita e0: numero medio di anni che un individuo della generazione in analisi si aspetta di vivere; riflette
dunque lo stato di salute e la longevità delle popolazioni analizzate e consente il confronto fra I loro livelli di sopravvivenza.
E’ utilizzata per costruire alcuni indicatori composti, quali l’indice di sviluppo umano e gli indici di povertà.
Tasso di mortalità specifico per x mx: rapporto fra il numero di decessi e la popolazione media in età x, che equivalgono a
mx=dx/Lx; che può anche essere calcolato a partire dalla formula di qx come mx=2qx/2-qx.
1
m L x x
Tasso di mortalità generico, a partire dai tassi specifici, m x
1
L x
x
gTFT
x 15
g fx con x=15, 16, 17, … 49
[( x 1 / 2)] f
g x
Età media alla maternità, x x 15
49
x 15
g fx
x 1 x 1
compleanno x, noto l’ammontare delle nascite.
In una popolazione attualmente stabile, variando le nascite con tasso di crescita costante, anche la popolazione varia secondo il medesimo
modello e tasso.
La struttura per età della popolazione è dunque determinata in modo univoco dal tasso di accrescimento e dalla serie dei coefficienti di
sopravvivenza, per qualunque anno considerato: dunque sebbene la numerosità della popolazione vari nel tempo secondo un tasso
continuo r, la composizione relativa della popolazione rispetto all’età rimane costante.
Del concetto di popolazione stabile non è possibile fare un uso fattuale, poichè è molto improbabile che una popolazione mantenga
invariati I propri modelli di mortalità e fecondità, tuttavia è estremamente utile ad uno scopo esplicativo.
3.4 ANALISI DEGLI EVENTI DI VITA
Analisi esplicativa egli eventi di vita, ossia delle tappe attraverso cui I singoli costruiscono la propria vita, attraverso la prospettiva del
corso di vita, secondo la quale lo studio del cambiamento sociale richiede un’analisi dinamica delle scelte e comportamenti individuali.
Nascita dei population studies
La composizione della popolazione varia continuamente nel corso del tempo perchè gli individui hanno una limitata durata di permanenza
nella popolazione e la facoltà, prima dell’uscita, di introdurre nuove unità in propria sostituzione, producendo in modo endogeno le unità
costitutive della popolazione. La popolazione muta dunqe in senso quantitativo, ma anche qualitativo: lungo il corso di vita gli individui
acquisiscono diverse caratteristiche che mutano la composizione della popolazione.
A partire dagli anni ‘70, la demografia inizia ad occuparsi anche dei cambiamenti qualitativi, oltre che delle tradizionali dinamiche
quantitative osservate tramite dati aggregati: population studies
A livello di raccolta dati: primo World Fertility Survey, compiuto con indagini campionarie trasversali tra il ‘74 e l’ ‘82.
A livello metodologico:
sviluppo dei primi modelli (survival analysis e event history analysis) che mettono in relazione statisticamente esplicativa I life
events confattori osservati di eterogeneità - Cox, Regression models and life-tables 1972
Emersione del livello individuale sottostante l’analisi dei processi biologici e sociali, e della necessità di tenerlo in considerazione
dello studio dei life events - Vaupel, Manton, Stallard, The impact of heterogeneity in individual frailty on the dynamics of mortality
1979
→si mette in luce come la curva del rischio di accadimento di un evento osservata a livello di popolazione non coincide in generale
con il profilo sottostante del rischio a livello individuale. Nella tavola di mortalità si assume infatti che la popolazione sia omogenea
(rischio marginale (calcolato a livello di popolazione)=rischio individuale), e che la curva dei rischi per età sia valida per tutta la
generazione e per ciascun individuo, mentre nella realtà gli individui più fragili lasciano l’osservazione prima: ciò comporta una
distorsione verso il basso del rischio marginale rispetto alla vera evoluzione del rischio, serimentata a livello individuale.
A livello teorico: applicazione dell’approccio microeconomico ed esplicativo ai comportamenti demografici.
Prospettiva micro-longitudinale
La dinamicità della popolazione ha porto la demografia dal focus macro dei dati aggregati alla prospettiva micro-longitudinale, che
riconosce l’eteogeneità degli individui e le relazioni tra gli eventi e la loro collocazione entro le storie di vita individuali.
L’analisi demografica micro-longitudinale si inserisce nella prospettiva della ricerca del corso di vita, basata sull’idea che le dinamiche
sociali e di popolazione siano in effetti esito delle scelte e dei comportamenti individuali dei soggetti. Gli eventi biologici non sono
indipendenti gli uni dagli altri ma sono da intendersi come tappe di un percorso di vita avente coerenza interna.
Modellizzazione statistica della demografia micro-longitudinale:
Survival analysis; analisi del percorso che porta a sperimentare un singolo evento di interesse, effettuata modellando la hazard
la molteplicità dei suoi esiti, l’interdipendenza dei processi e la reciproca influenza degli individui.
L’event history analysis tiene in considerazione il cambiamento qualitativo del passaggio di stato che subisce il soggetto che
sperimenta l’evento, analizzando il processo che pporta alla produzione di specifici eventi.
Rilevazione dei dati
La prospettiva micro richiede l’adozione di un event oriented collection design. La raccolta dei dati sugli eventi biografici può
verificarsi in due modi:
Osservazione retrospettiva: compiere una sola indagine in un dato momento, raccogliendo info sulle caratteristiche correnti
dell’individuo ma anche sulla sua storia passata, così da cogliere vari aspetti sociali e demografici di interesse.
+ costi ridotti
- conta solo sulla memoria delle persone
- può essere eseguita sui soli sopravviventi
- non coglie l’evoluzione temporale di valori, intenzioni, atteggiamenti
Osservazione prospettica: seguire gli individui nel tempo registando gli eventi al loro accadere
Data dell’evento di interesse (evento di interesse - evento origine = durata di attesa dell’evento di interesse)
Covariate, caratteristiche ed eventi da mettere in relazione esplicativa con il processo oggetto di studio
Se si dispone della data dell’evento origine ma non di quella dell’evento interesse si ha una censura a destra, viceversa una censura a
sinistra.
Il concetto di rischio è centrale dal punto di vista teorico-concettuale nell’event history analysis, poichè esprime la propensione individuale
a sperimentare un dato evento, dunque a compiere un passaggio di stato. Considerando gli eventi come prodotto dinamico del processo
che li genera, il rischio è una funzione che evolve nel tempo
→ considerando il tempo come una variabile discreta, la funzione di rischio può essere scritta come λt=Pr(T=t|T≥t): probabilità che
l’evento accada nell’unità temporale t (T=t), dato che fino ad allora non si era ancora realizzato.
Pr(t T t t | T t
→ considerandolo come continuo, il rischio è invece espresso come h(t ) lim , ossia l’intensità del
0 t
processo nell’istante temporale t.
Xt’ (evento esplicativo) → (effetto sul rischio che l’evento in analisi si produca) λt con t>t’.
Per spiegare un evento bisogna considerare che:
I processi che producono diversi eventi sono generalmente interdipendenti
Contano anche I fattori di contesto, poichè si agisce in un sistema di vincoli (livello macro)
Contano le reti di legami sociali tessuta dalle persone nel proprio spazio di vita (livello meso).
L’event history analysis consente di studiare l’azione di fattori esplicativi sui tre livelli micro meso e macro, e l’azione dei meccanismi di
diffusione, per I quali la scelta di adottare un comportamento può essere influenzata da quanto tale comportamento si è già diffuso nella
popolazione in considerazione
It’ (I caratteristica o evento collocato nella biografia dell’individuo studiato Ego prima del verificarsi dell’evento) → (meccanismo) → Ot
(output della biografia dell’individuo studiato Ego).
per gli uomini e nulla per le donne, nel ‘95 era cresciuta di 15 per gli uomini e 9 per le donne, e le cause erano soprattutto malattie
cardiovascolari e morti violente.
più estreme
Invecchiamento per rettangolarizazione, quando a parità di entrate più individui vivono più a lungo, raggiungendo soglie di età
critiche ed alzando l’età media. Si registra dunque uno spostamnto in avanti collettivo della curva di sopravvivenza e dell’età media,
che supera negli ultimi decenni del Novecento tutte le previsioni precedenti relative all’esistenza di una soglia invalicabile di vita
media. Considerando la vecchiaia come l’unico limite imprescindibile, si ipotizza che questa sia frutto di un doppio processo che
unisce l’accumularsi di insulti ambientali ad una sorta di orologio genetico intrinseco ed auto-programmato.
Ipotizzando un’età limite dell’orologio intrinseco di 115 anni, Manton et al (1998) esplorano tre diversi scenari:
- se la medicina riuscisse a ridurre i principali fattori di rischio individuali attuali
- se la medicina riuscisse a ridurre l’incidenza dei principali fattori di rischio e a controllare la loro variabilità
- se la medicina riuscisse a ridurre la velocità dei processi di invecchiamento incidendo per il 10% sui meccanismi genetici di
fissazione dell’orologio intrinseco.
In questi scenari, la vita media supererebbe I 100 anni fino a raggiungere I 150. Considerando la lowest low fertility dei paesi
mediterranei e la plausibile transizione planetaria al figlio unico, si presenterebbe una rilevante problematica: la popolazione
raggiungerebbe gli 8 miliardi nel 2050 per poi scendere drasticamente a 2.5 miliardi. Possibili soluzioni a questa ipotesi contemplano ad
esempio lo scenario del calendario familiare bimodale, partendo dal presupposto di una prolungazione dell’età fertile della donna e
dalle tendenze reali della fecondità tardiva e del doppio matrimonio: si verificherebbe una suddivisione in due periodi della vita della
donna, uno con età media di 25 anni e contributo di 1,4 figli e l’altro con media a 55 anni ed un contributo alla fertilità di 0,7 figli.
Divaricazioni
Di genere; se nel corso dell’Ottocento lo scarto tra la durata della vita femminile e quella maschile era di 2 anni, nel corso del
Novecento questa è cresciuta fino a raggiungere I 7 nel 2000. La prima famiglia di spiegazioni attribuite all’inferiore vita media
maschile, che giustifica questa tendenza con comportamenti e quadri psicologici tendenzialmente maschili, si è presto rivelata
confutabile, considerando il sempre inferiore scarto fra gli stili di vita maschili e quelli femminili, ed è stata gradualmente sostituita
da spiegazioni biologico-genetiche che associano la decrescente mortalità femminile al numero inferiore di parti e alle migliori
condizioni in cui questi si verificano: l’effettiva differenza biologica alla base della maggiore longevità femminile risulta tuttora priva
di spiegazioni scintifiche.
Di status; le differenziali di mortalità si manifestano tra diverse regioni del mondo e tra individui con diverso status sociale ed
economico, e sono generate da circoli viziosi (ad esempio: 1. individui di ceti alti hanno tendenzialmente statura maggiore 2.la
mortalità per malattie coronariche è superiore tra individui di bassa statura 3.l’ipertensione è ereditaria).
4.4 FRAGILITA’, DISABILITA’, CRONICITA’
Bourgeois-Pichat introduce, con la teorizzazione della prima tavola di mortalità biologica limite (1952), una nuova accezione del
termine cause endogene (metafora delle rocce: friabili= cause esogene, accidentali ed eliminabili dal progresso; non scalfibili = cause
endogene, non eliminabili), differente da quella di ‘causa a genesi socialmente indotta’ adottata per definire la terza fase della Transizione
Sanitaria. Le due accezioni non sono necessariamente sovrapponibili: non tutte le malattie cronico-degenerative sono, infatti,
anchesocialmente indotte. Per malattie cronico-degenerative si intendono stati critici che, una volta insorti, non possono regredire ma solo
peggiorare.
Mortalità e disabilità
Considerando l’insorgenza delle malattie cronico-degenerative come comparsa della disabilità, si ipotizza che i Paesi Occidentali abbiano
sperimentato, negli ultimi decenni, una “compression of morbidity”(compressione della disabilità), secondo cui l’età d’inizio della
cronicità slitta in avanti e si riduce. Questa ipotesi è stata seguita dall’ipotesi dell’equilibrio dinamico, secondo la quale la
compressione della disabilità sia accompagnata in contemporanea dalla compressione della mortalità, garantendo dunque una maggiore
quantità e qualità di anni vissuti. La teoria dell’equilibrio dinamico si basa sui riscontri empirici di storiche dell’indicatore di Disability Free
Life Expectancy (DFLE) o Healthy Life Years (HLY), che conteggia il numero di anni che ci si può aspettare di vivere in buona salute,
combinando le informazioni delle tavole di probabilità di morte ed una misura di age-specific disability prevalence calcolata dal grado di
disabilità autopercepito da panel di riferimento. Questa seconda ipotesi è dunque considerata poco affidabile, a causa della fragilità
empirica dei dati rilevati.
La valutazione della disabilità può essere eseguita considerando tre sfere rilevanti:
- fisica, ossia gli aspetti funzionali che presiedono le attività corporee quotidiane
- mentale, gli aspetti psichici che orientano al comportamento
- sociale, l’apertura verso l’interazione sociale
La misura dell’autosufficienza personale può essere effettuata con diverse modalità, una di queste è l’Instrumental Activities of Daily
Living Scale (IADL-index), che valuta l’autosufficienza funzionale dell’individuo sul piano delle attività base della vita quotidiana in
relazione al suo stato di salute, osservando individui non istituzionalizzati e costruendo una scala in quindici livelli da 0 (totale autonomia)
a 14 (totale pedita di autonomia) valutando sette items riferiti a normali funzioni della vita quotidiana. Si individuano, tramite l’IADL-index,
le aree ‘della non autonomia’ e ‘della capacità di riserva di rispondere alle richieste dell’ambiente’, che indicano chiaramente l’area di
fragilità di un individuo. La disabilità è dunque un carattere age-dependent ed è inoltre a spiccata sovraesposizione maschile.
A livello italiano, la compression of morbidity mostra due opposte tendenze: un calo della disabilità parziale ed un rialzo di quella severa.
Fragilità
Per fragilità si intende una condizione di rischio e vunerabilità, di fronte a problematiche di varia natura che sfidano l’equilibrio omeostatico
di un organismo. Il concetto può considerarsi come opposto a quello di plasticità e possibilità di adattarsi ai cambiamenti circostanziali.
Entro il concetto di fragilità si definiscono inoltre:
criticità: condizione esperita da un individuo lungo una scala di livelli di severità e una di probabilità di accadimento;
vulnerabilità: grado di propensione di un individuo, che sperimenti una criticità di livello inferiore, a scivolare ad una criticità più
elevata.
Disabilità e fragilità non coincidono, anche se la seconda può predirre la prima e si usano, per misurarla, gli stessi indici utilizzati per
valutare la disabilità.
1974 Conferenza di Bucarest (intergovernativa): effettiva politicizzazione dei temi demografici, con la contapposizione tra
paesi economicamente avanzati, a favore del family planning, e paesi in via di sviluppo che percepivano queste intenzioni di controllo
come reiterazione di dinamiche coloniali. L’esito finale è un documento nel quale il family planning rientra come possibilità, la cui
adozione può essere solo effettuata dai singoli stati
1984 Conferenza di Città del Messico (intergovernativa): anche diversi paesi in via di sviluppo iniziano a sentire la necessità di
un controllo demografico, seppur il timore di un uso politico del controllo delle nascite da parte delle economie forti rimanga.
1994 Conferenza del Cairo (intergovernativa): cambio di registro politico con la sostituzione della centralità della dicotomia
popolazione-sviluppo con quella individuo-diritti, e con la produzione di un programma d’azione concentrato sui diritti umani e sull’dea
che questi siano necessariamente alla base dello sviluppo, sull’abolizione delle disuguaglianze e sull’empowerment femminile. Le
politiche demografiche sono evocate con l’orientamento ad un miglioramento della qualità della vita e gli obbiettivi demografici sono
strumenti per la realizzazione di equità, uguaglianza e giustizia.
Aborto
Un fenomeno in forte contrasto con quanto dichiarato e auspicato dalla conferenza del Cairo è l’aborto insicuro, prima causa di morte
materna nei Paesi poveri, che consiste nella procedura di interruzione di gravidanza praticata da individui senza le necessarie competenze
e in ambienti privi dello standard minimo di igiene. Tra il ‘95 ed il 2003 il numero di aborti è decresciuto in modo netto nei paesi in cui la
pratica è legale, ed in molti dei quali è illegale, il tasso è persino superiore e ciò significa che gli aborti avvengono in condizioni di altissimo
rischio: si tratta in questo caso di una mancanza di efficace risposta governativa di molti paesi alle prescrizioni del Piano di Azione del Cairo,
e di una grave mancanza dal punto di vista dei diritti umani e del rispetto della possibilità della donna di autodeterminarsi.
Gli otto obiettivi del millennio, aventi lo scopo di realizzare pienamente il Piano d’azione del Cairo, fissati nel 1999 da un Summit delle
Nazioni Unite e da raggiungere entro il 2015, non sono stati conseguiti. Gli indicatori di monitoraggio hanno mostrato la difficoltà nel
conseguire questi obiettivi, connessa soprattutto al grosso divario tra paesi del primo mondo, tra i cui indicatori principali rientrano le
morti infantili e materne.
6.2 ASIA, MUTAMENTO
Continente più esteso del mondo, con massime densità di popolazione nelle regioni meridionali ed orientali, ha nel complesso un tasso di
crescita molto altro nonostante le differenze tra Paesi e l’acutizzarsi delle disparità interne. Guardando all’indice di sviluppo umano,
indicatore composito teorizzato da Haq e Sen (‘90) che rileva I risultati medi conseguiti da un paese su tre dimensioni:
- di aspettativa di vita alla nascita,
- alfabetizzazione e scolarizzazione,
- PIL pro-capite,
riassumendoli in un indice con valore compreso fra 0 ed 1, media non ponderata dei tre indici normalizzati; si osserva che l’ISU sfiora
l’unità nell’Asia Orientale, in particolare in Giappone, Sinfapore e Corea del Sud, riducendosi gradualmente col procedere verso occidente
fino al minimo dell’Afghanistan. I primi due indicatori che compongono l’indice mostrano meno variabilità rispetto al PIL, e la zona con
preggiore ISU è l’Asia centro-meridionale, che registra anche il più alto tasso di fecondità e di maternità precoce.
Fecondità
In seguito alla conferenza di Bucarest, alle
azioni di miglioramento delle condizioni di INCREMENTO SPERANZA DI VITA % (soglia=85 anni)
vita ed allungamento dell’aspettativa I 0-50 51-75 76-100
paesi asiatici hanno aggiunto grosse
Rimpiazzo fecondità (soglia=2,1 figli)
La selezione per sesso deve essere socialmene accettabile e desiderabile, ad esempio, la società deve essere più discriminatoria nei
qualora siano in vigore sistemi patrilocali per I quali I figli proseguono patrilinearmente il lignaggio famigliare.
6.3 AFRICA, DEPRIVAZIONE
L’analisi della condizione demografica africana è problematica innanzitutto per la mancanza di dati e rilevazioni statistiche, nonostante le
iniziative di censimento ed indagine promosse dai Paesi occidentali, (Census Survey e Demographic and Health Survey).
Osservando le informazioni disponibili in relazione a fecondità e vita media, si osservano condizioni pre-transizionali in buona parte del
continente, con alta natalità ed alta mortalità, con la maggior parte dei paesi che registrano una media di cinque figli per donna e vita
media cinquant’anni. I livelli di mortalità infantile sono estremamente alti, così come quelli di mortalità materna e legata alla salute
sessuale, la carriera riproduttiva delle donne risulta estremamente precoce e poco controllata. La condizione economica è estremamente
precaria, con una proporzione di poveri che negli ultimi decenni del Novecento è aumentata del 22% anzichè diminuire, e si intreccia con
emergenze sanitarie, economiche e sociali.
A partire dagli anni ‘50, la fecondità ha registrato una diminuzione molto ridotta, e ciò è legato a fattori culturali ed economici, individuali
e collettivi, ed al significato sociale del figliare: la religione ed il lignaggio promuovono discendenze numerose, ed I figli sono percepiti
come forse economiche, sicurezza per le generazioni anziane e fonte di potere e prestigio sociale. A questi fattori si intrecciano le
condizioni contestuali di sottosviluppo, debito, shock economici o naturali e conflitti, che nel complesso agiscono per un rallentamento
della Transizione Demografica.
Un’altra tendenza è quella dei paesi con alta mortalità e relativamente bassa fecondità, paesi nei quali la transizione demografica ha avuto
inizio, con l’attuarsi di politiche efficaci di family planning, ma è ora sospesa a causa della diffusione del virus dell’HIV e dello slittamento
degli investimenti nelle politiche di pianificazione a favore delle azioni di preventive dell’AIDS.
Tutte queste tendenze sono estremizzate nell’Africa Subsahariana, mentre la zona settentrionale del continente mostra tendenze
contrapposte ed uno scenario migliore, manifestazione della transizione, con il profilarsi dell’invecchiamento e l’apertura di una finestra
demografica, che tuttavia non si sta realizzando pienamente a causa dell’arretratezza delle economie.
Salute - HIV-AIDS
Il 67% dei casi mondiali di persone affette da HIV si trova in africa, con una percentuale di morti che raggiunge il 70%, ed una
stabilizzazione del fenomeno che si assesta su livelli anche molto alti, rallentando solo in Malawi, Zambia e Sudafrica.
I soggetti a rischio sono, anche nel continente africano, omosessuali prostitute e tossicodipendenti, ma la maggior parte dei contagi
avvengono in coppie eterosessuali, ed il fenomeno è in crescente femminilizzazione (73% delle donne affette dal virus è in Africa) a causa
di motivazioni fisiologiche, culturali e sociali e del maggiore rischio cui le mutilazioni genitali ed I matrimoni precoci le espongono. Per
questo, la prevenzione è attuata con una prospettiva di genere.
- salute riproduttiva femminile
Una problematica estesa nel continente è il bisogno non soddisfatto di contraccezione, con il 25% di donne in età riproduttiva che pur non
desiderando figli non attua strategie contraccettive, andando incontro a gravidanze non desiderate che accorciano l’intervallo
intergenesico e non consentono di ridurre la fecondità. Le motivazioni di questo bisogno non soddisfatto sono numerose, a partire dalla
convinzione di alcune donne di non essere più fertili, al timore degli effetti collaterali dei contraccettivi, fino all’opposizione del partner e
della famiglia o dall’osteggiamento della religione.
E’ comunque importante sottolineare che l’adozione dei metodi contraccettivi non sarebbe condizione sufficiente per la riduzione della
fecondità, poichè I fattori sociali e valoriali che danno importanza all’avere una prole numerosa sono molto influenti.
Il rischio di disabilità e mortalità materna è, inoltre, estremamente critico (‘epidemia silenziosa’), tanto che sono africani ben 19 dei 20
paesi al mondo con la più alta mortalità correlata alla gravidanza, e che la mortalità materna è la seconda causa di morte delle donne in
età riproduttiva. Altra pratica estremamente dannosa per la salute femminile è quella delle mutilazioni genitali, che interessa ben il 90%
delle donne in età riproduttiva in Egitto, Guinea, Sudan, Mali e Somalia.
6.4 AMERICA CENTRO-MERIDIONALE, DISPARITA’
Esclusione sociale, povertà e marginalizzazione si manifestano, nei paesi centro-sud amerciani e caraibici, con grosse disparità e
discriminazioni nei confronti delle minoranze etniche, delle donne e delle generazioni più giovani. Anche se negli ultimi decenni la povertà
si è ridotta, ciò non è stato accompagnato da una equa distribuzione delle risorse quanto da un’elevatissima concentrazione della
ricchezza: due persone su quattro sono indigenti ed una vive in povertà. L’inequa distribuzione della ricchezza comporta un’alta mortalità
infantile, soprattutto associata a povertà, scarse condizioni igieniche e basso livello di istruzione materno: il conseguimento dell’istruzione
primaria è frenato in moltissimi paesi da una dispersione scolastica verso il lavoro molto precoce, con un minore su due che, in età
compresa tra 5 e 17 anni, lavora ma non va a scuola.
D’altro canto, la convergenza demografica osservabile dalla contingenza tra riduzione della fecondità ed incremento della speranza di vita
mostra un’importante riduzione della mortalità, fino ad una speranza di vita di oltre 70 anni, e l’abbassamento della fecondità fino poco
sopra il livello di rimpiazzo: nessun paese mostra livelli molto alti di fecondità ed Uruguay, Argentina e Cuba hanno concluso il processo di
transizione demografica. La transizione a Cuba, in particolare, è stata incentivata e spinta nella sua prima fase dall’ideologia socialista:
l’approccio egualitario ha creato infatti servizi sanitari usufruibili da buona parte della popolazione, prevenendo e curando le malattie
prima infantili e poi degli adulti; e l’approccio emancipazionista nei confronti delle donne, d’altra parte, incentivando l’istruzione ed il
lavoro femminile ha garantito l’abbassamento della fecondità.
Nonostante l’emancipazione femminile di alcuni stati, la mortalità materna mantiene tassi estremamente alti e fortemente segnati da
disuguaglianze che svantaggiano le fascie povere, indigene, rurali e con bassi livelli di istruzione. C’è inoltre un elevato bisogno non
soddisfatto di contraccezione, soprattutto tra le adolescenti, che sfocia in un elevato numero di gravidanze tra ragazze molto giovani ed
aborti, illegali e dunque insicuri(circa il 24% delle gravidanze non desiderate). Questa problematica di grossa rilevanza sarebbe solvibile
semplicemente ed efficacemente attraverso investimenti più proficui in politiche di family planning e con la soddisfazione della domanda
di contraccezione.
Emigrazione
Se nella seconda metà del Novecento l’america centro-meridionale era meta di immigrazioni dall’europa, negli ultimi decenni il flusso si è
invertito ed è cresciuto massicciamente, interessando soprattutto popolazione proveniente da Messico, Colombia, Cuba, Repubblica
Dominicana e Salvador e diretta verso altri paesi della stessa area, Stati Uniti, Europa, Canada e Giappone. I risvolti dell’emigrazione
tuttavia non sono risultati positivi, causando piuttosto una perdita netta legata alla perdita di capitale umano nei paesi di emigrazione e nel
sottoutilizzo del capitale umano del migrante da parte del paese di arrivo. Inoltre, la massiccia emigrazione ha causato la distorsione degli
equilibri di genere e d’età, dando luogo a rapporti sfavorevoli di indipendenza. Tutto ciò ha portato diversi paesi ad attuare strategie volte
al rientro della popolazione emigrata (come ad esempio il Plan de retorno ecuadoriano).
Povertà - fenomeno complesso e multifattoriale, una definizione rilevante è quella multidimensionale di Sen (‘87), che definisce per
contrasto il benessere sulla base della potenzialità (capability) degli individui di essere parte attiva della società.
Alcune delle più comuni misure della povertà sono:
Proporzione di popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno; comparabile a livello internazionale
Proporzione di popolazione che vive sotto la linea di povertà nazionale;
Reddito oppure consumo, del quinditle più povero della popolazione
Deficit di povertà (poverty gap ratio); ammontare di risorse pro-capite che sarebbero necessarie per portare tutti I poveri sopra la
linea di povertà, ripartito poi sull’intera popolazione
Indice di povertà umana; indice composito che misura la deprivazione nelle tre dimensioni fondamentali catturate dall’indice di
sviluppo umano (longevità, accesso all’istruzione, standard di vita sufficienti).
Capitolo 7
7.3 GENERAZIONI
Premettendo che l’’interesse scientifico per le generazioni era già diffuso nell’Ottocento, soprattutto però in ottica eugenetica, i grossi
mutamenti generati dall Grande Guerra hanno poi portato a nuove riflessioni sul tema, in particolare in relazione alle idee di
rappresentazione collettiva, dinamiche di folla e massa, rappresentazione ed interpretazione del sè (Ortega y Gasset, Mannheim,
Halbwachs; anni ‘20); ed in relazione alla crescente volatilità delle dinamiche generazionali. Oggi si possono intendere almeno due
accezioni di generazione:
Senso antropologico, come sinonimo di genealogia/kinship descent, ossia sequenza e simultanea presenza di più nodi verticali di
parentela entro uno stesso nucleo famigliare, che coesistono ed interagiscono tra loro. In quest’ottica, l’acquisizione di volatilità da
parte delle dinamiche generazionali è connessa al fenomeno della deparentalizzazione:
-) la famiglia allargata, con un’ampia parentela laterale orizzontale, vedeva numerosi figli distribuiti lungo un arco di anni esteso, ed
era dunque normale che ad esempio uno zio fosse più giovane del proprio nipote, e che un nuovo nato avesse una grande quantità
di parenti che coprivano un continuum di generazioni stagliate lungo due decenni; e questa dinamica consentiva una trasmissione
della memoria storica senza interruzioni;
-) il graduale passaggio alla beanpole family, invece, vede la scomparsa di connettori integenerazionali e delle parentele sfasate di
età, creando una riproduzione della memoria che procede per segmenti distinti e priva il sistema di parentela della qualità di
connettore temporale, rendendo più difficoltosa la trasmissione della memoria condivisa. I nuovi assetti parentali delle famiglie
ricombinate ricompensano solo in parte la perdita della famiglia allargata, poichè non sono caratterizzate dalla stessa varietà
generazionale.
Senso demografico-storico, coorte di persone nate in uno stesso intorno, che vivono gli stessi eventi storici collettivi nella stessa
fase della loro vita. In quest’ottica, si prende in considerazione come ogni variazione nel comportamento e negli atteggiamenti di una
popolazione dipenda dal movimento lungo una o più di tre coordinate temporali:
Effetto età; in presenza di variazioni di comportamenti, pratiche, credenze che compaiono solo a partire da un certo stadio
evolutivo della vita e della personalità, ripetendosi invariate in ogni tempo storico e generazione
Effetto periodo; variazioni (“) che compaiono solo a partire da un certo momento storico, per esposizione a specifiche contingenze
contingenze storiche esperite in una certa fase della vita, per poi rimanere stabilmente lungo tutto il suo corso.
Considerando ad esempio I giovani di fin de siècle, il loro passaggio all’età adulta è stato caratterizzato da quattro mutamenti strutturali:
la posticipazione delle stazioni di passaggio intermedie tra giovinezza ed età adulta, la lenta attenuazione dell’aggancio temporale tra
uscita dalle mura famigliari e formazione di un’unione stabile, la diffusione della reversibilità di passaggi prima irraversibili, e lo
scompigliamento della sequenza dei passaggi stessi; si tratta di passaggi non connessi semplicemente all’età, bensì alla generazione.
Per effetto generazione si intende inoltre, con accezione più specifica, la tendenza di alcune coorti a prolungare, nel prosieguo della
vita, l’effetto di uno choc sintalico (synt+mentality), ovvero di un evento esperito contemporaneamente da tutte le coorti
compresenti in un dato momento storico (è dunque in un certo senso il prosieguo in una generazione di un effetto periodo).
Sono impliciti due prerequisiti pechè abbia luogo l’effetto generazione: -) l’effetto dello choc osservato in un momento storico deve
riguardare una classe d’età in modo prevalente;
-) l’effetto su quella coorte deve perdurare immutato nel tempo.
Nonostante lo scetticismo di alcuni riguardo all’effettiva esistenza dell’effetto generazione, ci sono diverse evidenze empiriche che
sembrano mostrarlo e spiegarlo con chiarezza. Uno di questi esempi è la misura tabulare dell’importanza attribuita, per classi d’età, alla
sicurezza economica, rilevata dal Japanese National Charter Survey: osservando le rilevazioni per anno si nota l’effetto età, osservandole
per età si nota l’influsso degli eventi storici, dunque l’effetto periodo; mentre seguendo la stessa coorte nel tempo si può osservare come
ciascuna di esse mantiene stabile l’indicatore di importanza ma mantiene una traiettoria leggermente più bassa rispetto alle precedenti, e
si può sunque osservare l’effetto coorte.
In alcuni casi, il mutamento che colpisce una coorte non innesca alcuna diffusione al di fuori della coorte stessa, senza produrre effetti di
tracimazione (spillover) sulle altre coorti o su altri aspetti della vita della stessa coorte colpita.
Gli effetti generazione si possovo verificare con modalità e potenza diverse:
La situazione esperita dalla coorte resta circoscritta ad essa ma produce effetti differiti lungo il corso della vita degli individui della
coorte colpita (esempio gli effetti psicologici della crisi del ‘29 sulla coorte che stava per entrare nel mercato del lavoro)
La coorte toccata dal cambiamento produce contagio tra generazioni contigue, I nuovi valori e pratiche itrodotti da una coorte si
diffondono per osmosi alle coorti soccessive
Diffusione dell’effetto generazione tra generazioni non continue ma antropologiche (ad esempio di padre in figlio).
7.4 FAMIGLIE
Aggregato domestico/gruppo domestico coresidente/household=insieme di persone che vivono sotto lo stesso tetto
Parentela=insieme di persone legate da rapporti di sangue o di matrimonio
Famiglia= intersezione tra parentela e aggregato domestico, ossia l’insieme di membri di parentela che vivono sotto lo stesso tetto
La parentela è stata delimitata in diversi modi nel corso del tempo, uno di questi criteri definitori è il sistema cognatico di costruzione del
gruppo di parentela (kinship), che prende in considerazione sia la linea maschile che quella femminile e si contrappone dunque al sistema
unilineare di costruzione del parentado, che prende in considerazione solo una delle due linee e, se l’anello di congiunzione è solo maschile
si parla di discendenza patrilineare o agnatica.
Se il capostipite del gruppo di parentela è una figura mitica o fittizia si parla di clan, mentre se questo è genealogicamente identificabile si
tratta di lignaggio (kindred).
Prendendo in considerazione una definizione cognatizia di parentela, si possono individuare cinque configurazioni molecolari della famiglia
entro la società occidentale moderna:
Famiglia nucleare o semplice, una sola unità coniugale, completa o meno
complesse
Famiglia estesa, un’unità coniugale e uno o più parenti conviventi, in estensione verticale o orizzontale
Individuo isolato
In base alla residenza delle coppie alla loro formazione si distingue tra famiglie patrilocali, matrilocali e neolocali. Si parla di famiglie
patriarcali qualora queste siano complesse, patrilocali governate dai codici di discendenza patrilineari.
Scuola demografico-storica ed approccio relazionale
Due grandi approcci allo studio demografico della famiglia si contappongono nella seconda metà del Novecento
Scuola demografico-storica di Cambridge, uso quantitativo scrupoloso delle fonti demografiche, attraverso la tecnica della
ricostruzione nominativa delle famiglie; -) prima opera Lalsett e co (‘72), teorizzano che fino alla rivoluzione industriale le famiglie
fossero prevalentemente nucleari
-) Hajnal (‘85) costruisce le prime tipologie basandosi sui dati empirici raccolti, e
concentrandosi sui due parametri di flusso di età al matrimonio e percentuale di giovani
adulti che si sposavano, delinea una contrapposizione, nell’Ancien Régime, tra il modello
dell’Europa Occidentale, seguendo il quale I matrimoni avvenivano in età avanzata, e
dell’Europa Orientale, dove invece prevalevano matrimoni precoci
-) Laslett (‘83) si abbozza una tipologia regionale di forme di organizzazione domestica
dell’Europa tradizionale, costruendo quattro modelli regionali: occidentale, caratterizzato da
pratica neolocale e assenza di famiglie complesse; centrale, con minore tendenza a
neolocalizzarsi e presenza di famiglie complesse; meridionale, con neolocalismo quasi
assente ed molte famiglie complesse; orientale, con neolocalismo assente e famiglie
prevalentemente complesse.
Le problematiche dell’approccio adottato da questa scuola sono legate all’eccessiva all’uso di fonti povere di informazioni e di difficile
interpretazione, limitandosi ad individuare parametri di flusso o struttura ma senza indagare nel dettaglio e senza cercare di comprendere
le dinamiche di conservazione delle famiglie lungo le generazioni e l’evoluzione delle relazioni intrafamigliari; inoltre I dati risultano falsati
dal fraintendimento in cui gli studiosi demografico-storici incappano, ossia la staticità dei dati analizzati dei censimenti, I quali
rappresentavano gruppi domestici in un dato istante senza coglierne l’evoluzione lungo il ciclo di sviluppo.
Un elemento di analisi importante introdotto dalla scuola demografico-storica è quello dei quantificatori, seppure debba essere
implementato da un tentativo di comprensione.
Approccio relazionale, non gruppo coeso ma ricercatori accomunati dall’uso di fonti qualitative (diari, narrativa, epistolari…) e
dall’ipotesi di un processo evolutivo lineare ed universale nei legami affettivi dei componenti della famiglia che l’ha condotta da
sistema outward-looking ad inward-looking. Stone (‘77) teorizza tre stadi evolutivi:
1. Famiglia a lignaggio aperto, caratterizzata da permeabilità e lealtà dei membri verso parentela e comunità, libertà individuale
subordinata a quella collettiva
2. Famiglia patriarcale nucleare ristretta, in cui l’influenza di parentela e comunità di riducono
3. Famiglia nucleare domestica chiusa, organizzata sui principi dell’autonomia individuale, su legami affettivi forti, maggiore tempo
di cura dedicato ai figli, valorizzazione dell’intimità rappresentata dalla casa e chiusura nei confronti della parentela.
I limiti di questo appriccio sono legati all’uso di fonti qualitative non sistematiche e non generalizzabili, ed al fatto di leggere eventi
familiari particolari generalizzandoli come tappe di un’evoluzione univoca e lineare.
Una lettura del fenomeno famigliare che può consentire di superare le contraddizioni dei due approcci è quella che sposta
l’attenzione dai sistemi di formazione a quelli di riproduzione e morfogenesi delle famiglie, che consentono di capire I modi nei quali
le famiglie si modificano per mantenersi simili a se stesse entro contesti che cambiano.
Questa lettura rivaluta la significatività operativa delle teorie di Le Play (messe a punto tra 1855 e 1871), il quale costruì tre tipologie
famigliari basate su tre gradi di stabilità dei regimi famigliari, basandosi sulle regole strutturali di sostituzione tra generazioni, che si
intrecciano con la sostanza dei rapporti affettivi tra I membri delle famiglie. I tre gradi teorizzati vedono il perdersi progressivo della
stabilità famigliare, e sono:
Famiglia patriarcale, con massimo grado di stabilità, nella quale tutti I figli che si sposani si stabiliscono nella casa paterna
Famiglia ceppo (famille souche), il patrilignaggio è attenuato, e seguendo la legge del maggiorascato un solo figlio rimane nella
sopravvivenza.
La costruzione della tipologia si fonda dunque su due coordinate: il grado di neolocalismo o patrilocalismo nella scelta della residenza delle
nuove coppie e la modalità di ripartizione dell’asse ereditario, che risulta comunque il primo movente soprattutto nell’ottica della
spiegazione del passaggio dalla famiglia patriarcale alla ceppo. Le Play traccia una mappa delle regioni dominate da ciascuno dei tipi di
famiglia, e da essa emerge che le famiglie ceppo hanno una struttura simile e la medesima collocazione geografica di quelle che saranno
poi definite da Bagnasco (‘88) come aziende famiglia, capaci di adattarsi al tessuto sociale e produttivo nei momenti di massima
trasformazione del sistema socio-tecnico.
Riprese della teoria di Le Play
Famiglie forti e deboli, ‘98 Reher; partendo dal presupposto dell’omogeneità culturale interna di Europa meridionale e
settentrionale, e teorizzando due modelli di famiglia dominanti:
la famiglia forte, tipica dell’Europa mediterranea, dominata da una recipricità differita tra generazioni che si ripete a catena e
consiste nel più prolungato investimento economico dei genitori nei figli, investimento che sulla base della solidarietà tra generazioni
sarà da questi restituito attraverso la presa in cura dei genitori anziani
La famiglia debole, tipica del nord Europa, prevede che il figlio acquisisca molto prima l’indipendenza dai genitori, uscendo di casa
ancor prima di costruire il proprio nucleo, generando dunque un minore investimento dei genitori verso di lui e la possibilità da parte
loro di mettere da parte una porzione di ricchezza da reinvestire nelle istituzioni pubbliche perchè si prendano carico di loro in
anzianità.
Famiglia estesa modificata, ‘60 Litwak; insieme di nuclei famigliari legati tra loro su base egalitaria, con enfasi sui valori estesi
comuni della famiglia estesa, sarebbe questa una struttura famigliare funzionale alla mobilità occupazionale e geografica necessaria
nell’epoca moderna
Famiglia estesa locale, ‘67 Willmott; individuata studiando la famiglia operaia inglese, caratterizzata da due o tre aggregati
domestici legati da parentela, che abitano in vicinanza e si incontrano quotidianamente aiutandosi reciprocamente
Famille entourage, ‘99 Bonvalet; realtà famigliare caratterizzatà d aaffinità di parentela, alta intensità di contatti e scambio di
prestazioni di aiuto.