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LEIONE 9.

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TEORIA EVOLUTIVA D’IMPRESA

In questi studdi abbiamo risultati completamnete opposti a quelli a cui sono arrivati precedentemente
Hicks, Stoneman. Loro hanno come obiettivo, spiegare la dinamica della diffusione tecnologica. Si considera
il progresso tecnologico come variabile intrinsecamente dinamica perciò i modelli statici non vanno bene
quindi quello dell’equilibrio. La teoria neoshumpeteriana che cerca di capire come evolve il progresso
tecnologico ha un ottica applicativa sistemica quinid il singolo agente economico non conta o conta poco.
Quetso paradigma tecnologico è l’esito di un processo di distruzione-creazione all’interno di un
determinato settore. È una analisi mesoeconomica perché andiamo a studiare all’interno del settore e
questo influisce sull’analisi. Perché il sistema economico è caratterizzato da eterogeneità perché i settori
sono diversi. Nell’ambito della teoria evolutiva d’impresa la distinzione shumpeteriana e dei contributi di
freeman e dosi, di innovazioni radicali e incrementali. Se siamo in contesti in cui è prevalente l’innovazione
radicale, il sentiero sarà più tumultuoso. La maggiore esistenza di una o l’altra influenza la dinamica delle
traiettorie. A quelle due innovazioni, si aggiunge quella delle innovazioni sistemiche nazionali sono quelle
finanziate dall’investimento pubblico (in usa l’85% delle innovazioni sono finanziate da fondi federali o
militari mentre in italia la ricerca di base è quasi inesistente). Si sviluppano le economie di scopo. In usa si
sviluppa la forte sinergia tra ricerca di base e applicata (es. Silicon Valley). Questo ci fa capire che le
dinamiche tecnologiche creano differenze territoriali, tende a sviluppare dinamiche eterogenee. La
tecnologia è il fattore di disequilibrio perenne; la diffusione crea disequilibrio (riprendendo Shumpeter). Nel
1982 viene pubblicato il libro “teoria evolutiva del cambiamento tecnologico” di due economisti che si
chiamano Nelson e Winter. Partono da una critica alla teoria dello sviluppo econmico di Solow (funzione
aggregata di lungo periodo) e da qui sviluppano un modello alternativa di crescita economica che non ha
una vlenza macroeconomica ma settoriale. Quindi la crescita economica è funzione della dinamica del
settore che a sua volta dipende dal comportamento delle aziende (approccio micor economico e meso
economico). È un approccio fortemente tecno-centrico. Dosi negli anni 90 poi ha cercato di estendere
l’analisi anche fuori dal concetto principale di analisi tecnologica.

La tecnologia è la prima causa di accumulo e motore della crescita economica. Come avviene la crescita?
Prima di tutto criticano un aspetto comportamentale perché la teoria classica (tutt’ora) prevede che ogni
agente economico max qualcosa (razionalità perfetta, strumentale, massimizzante). Si arriva a definire una
f.ne obiettivo che solitamente per l’impresa è il profitto. L’impresa tenta di max la f.ne di max profitto.
Questo deve avvenire in contesto di mutua indifferenza. Nelson e winter si muovono contro questa idea. In
un contesto di informazione imperfetta non ci sono le condizioni per max f.ne. il risultato di
comportamento massimizzante è l’esito del comportamento simmetrico. Si presume che ci possa essere un
agente che rappresenti tutti gli altri. Se esiste un agente rappresentativo, sicuramente non esiste l’impresa
rappresentativa perché le aziende sono caratterizzate da varietà e asimmetrie (non sono tutte uguali, basta
vedere le dimensioni delle imprese). Proprio questa varietà e asimmetria mette in moto il sistema di
distruzione e creazione. E l’adozione è diversa da azienda ad azienda perché avviene in tempi diversi e in
modi diversi così anche gli effetti saranno diversi. Perché il comportamento delle imprese non è quello
massimizzante. Quindi i due autori riprendono le teorie comportamentistiche di Simon che è uno dei
maggiori economisti socioologici. Ha sviluppato la teoria della razionalità comportamentistica e furono
applicati dagli stretti autori del modello S-C-P. Simon parte dall’idea che gli uomini sono conservativi per
l’istinto di sopravvivenza. Quindi ogni individuo sulla base della propria esperienza di vita accumula
conoscenza che sono soggettive, vanno a definire quelle che vengono definite come routines
comportamentali. Le routines sono regole di comportamento guidate da razionalità procedurale. Sono il
risultato cumulativo dell’apprendiemento dell’impresa che deve sopravvivere in un ambiente in continuo
cambiamento. E sono le logiche che comandano gli atti degli individui. Si tartta di razionalità limitata quindi
non è perfetta come quella massimizzante. Stesso principio vale per le imprese ed in questo caso le
routines vengono definite routines produttive. Le routine produttive però non rimangono immutate nel
tempo. Le logiche no cambiano finchè continuo ad avere risultati soddisfacenti. Secondo questa teoria le
imprese seguono un comportamento basato su una logica di satisficing: l’obiettivo è ottenere risultati
soddisfacenti, non massimi. Il problema è che il comportamento soddisfacente è una variabile soggettiva,
neanche il grado di soddisfazione minimo è misurabile -> siamo nel campo antropomorfico, non
aritmomorfico, è impossibile sviluppare un modello quantitativo. Quindi ogni azienda si comporta
diversamente e da ciò deriva l’asimmetria perché il grado di soddisfazione che consentono di far rimanere
invariate le routines sono valutate soggettivamente. Il che porta a settori di impresa che producono beni
più o meno omogenei (anche se non lo saranno mai), in ogni caso sicuramente le modalità con cui si arriva
all’output sono diverse. Se quindi vogliamo studiare la dinamica del settore dobbiamo prendere atto che
ogni impresa ha traiettorie comportamentali diverse. Il risultato secondo Simon è un processo dialettico.
Perché ogni impresa che sviluppa una strategia che rimane immutata fino a che succede qualcosa che fa
variare i risultati e quindi porta alla variazione della routines. Lo shock solitamente è esterno all’azienda ma
interno al settore. Quindi per sopravvivere devo trovare una sintesi. In questo senso conta il tempo storico,
come conta il passato che influenza le scelte del presente. Perché le imprese sono la sintesi del loro passato
e delle scelte che hanno intrapreso.

Quali sono i fattori che intervengono a modificare le routines? Dipede dal contesto econolmico e
tecnologico in cui l’impresa opera. non variano fin tanto che l’ambiente circostante rimane immutato: se
succede qualcosa, ad es. c’è un’innovazione tecnologica partorita da un’altra impresa, io fino ad adesso
producevo grammofoni, avevo individuato delle routine produttive che mi garantivano profitto
soddisfacente e sopravvivenza e a un certo punto la Sony viene fuori col CD che modifica la situazione, io
sono abituato a vendere i grammofoni e mi trovo di fronte a un’innovazione di prodotto nel mio settore di
riproduzione delle musica con cui devo fare i conti; significa che l’ambiente in cui la routine si è maturata, si
modifica e quindi e quindi costringe a un cambiamento. Però sono in una condizione di incertezza, non è
detto che io mi accorga subito della presenza del CD, magari tempo di adottare l’innovazione le mie quote
sono già a zero ed è troppo tardi; oppure devo cambiare come produco, fare innovazione di prodotto,
cambiare organizzazione, fare una serie di investimenti tali da creare una nuova routine produttiva che sia
adeguata ai cambiamenti dell’ambiente economico in cui la mia attività si svolge. Nelson e Winter
definiscono 3 tipologie di cambiamento che possono intervenire. Ovviamente dipende dal settore, dal
territorio:

- Carattere giuridico: intervento antitrust, interventi che modificano l’assetto giuridico delle imprese,
- Carattere organizzativo-competitivo
- Di nattura tecnologica (i più importanti)

Ovviamente tuti questi cambiamenti possono essere influenzati a vicenda. . quando una routines si
consolida può avvenire per imitazione (come avviene nei modelli di diffusione epidemica) e qui siamo nel
campo della razionalità mimetica. Questo fa si che si possono verificare situazioni contingenti in cui le
principali imprese del settore hanno routines simili e in questo caso vuol dire che si è definita una
metaregola. Quando questa viene messa in crisi l’effetto complessivo sul settore è ancora più ampio. La
definizione di routine di produzione per l’impresa fa riferimento al livello tecnologico (sono abituato a
produrre così perché la tecnologia che utilizzo è questa): finché siamo in un campo in cui tendenzialmente
l’innovazione è incrementale, il cambiamento tecnologico viene seguito dalle imprese e non modifica di
fatto le routine di produzione, se non in minima parte; quando il progresso tecnologico è realizzato da
innovazioni radicali, l’impresa è costretta a modificare le sue routine, siamo in presenza di un salto di
paradigma. Qui bisogna analizzare che tipo di salto di paradigma e che tipo di proprietà tecnologiche
vengono prese in considerazione: quando succede una cosa del genere si dice, in linguaggio della teoria
dell’impresa, che devono cambiare le regole che stanno alla base di una determinata routine produttiva, le
metaregole. Questa in breve è la teoria comportamentista dell'impresa.
La dinamica del settore all’interno di un lasso di tempo è una metamorfosi continua che produce successi e
non successi: quindi non ci sono condizioni di equilibrio. È una dinamica a spirale. Es. negli anni 80 nasce il
paradigma dell’ICT e si rendono necessari processi di evoluzione. Però l’impresa adotta queste tecniche in
modo differenziato e secondo dei processi di apprendimento. Il processo di apprendimento secondo
Harrow derivava dall’accumulo di informazione mentre adesso come accumulo di conoscenze tecniche. Il
processo di apprendimento definisce nuove economie di scala che in questo caso sono dinamiche. Le curve
di apprendimento possono avere rendimenti crescenti o derescenti. Nelle teorie degli anni 90 si ipotizza
che le curve di apprendimento abbiano rendimenti crescenti e non partano mai da 0 e dipendono dalle
caratteristiche del paradigma tecnologico. potrebbe anche avere andamenti lineari o con rend decrescenti
oppure potrebbe avere un andamento non regolare. Non si può sapere. Es. per l’apprendimento
informatico delle tecnologie del linguaggio queste sono caratterizzate da forti accumuli quindi rendimenti
crescenti (learning by using). I processi di apprendimento sono quelli che mettono in moto i modelli
organizzativi e sono le nuove strategie. Le routines che si caratterizzano in quel momento storico son
basate sull’implementazione dei processi di apprendimento. Più i processi di apprendimento sono ampi e
veloci più le routines diventano flessibili. In questi anni infatti si fa spazio il concetto di capitale umano.
Nelson e winter non usano il concetto di capitale umano ma parlano di processi di apprendimento.

Per descrivere l’equazione di movimento dell’impresa utilizzano una funzione differenziale (non viene
inventata da loro ma veniva usata dalle teorie evolutive della funzionec biologica). L’impresa è definitiva da
i ma non è rappresentativa.

La dinamica della performance dell’impresa dipende dalla variazione del grado di competitività dell’impresa
i e il grado di competitività media del settore. Se la nostra impresa è più competitiva del settore allora
tenderà a crescere di più. Il gap non è diretto ma è mediato dal parametro a che può essere deifnito da più
fattori come la dimensione di impresa,
Se l’impresa al tempo t1, affinchè l’azienda sopravvive la performance deve essere superiore ad un certo
valore. Per un certo periodo ho una performance crescente quindi le variabili di competitività risultano >
della media del settore. Ad un certo punto si modifica il contesto e le routines cominciano a essere meno
soddisfacenti quindi il grado di competitività dell’impresa non è più così efficiente perché eguaglia il
settore. Siamo nel punto max. se l’impresa continua con questa routines e il settore si muove verso una
nuova routine, allora la curva tende a calare. Ci troviamo nella situazione in cui la routine va cambiata. Il
manager se ne rende conto e deve cambiare strategia. Il cambio di strategia cosa può comportare? Se non
cambia arriva sotto il livello di sopravvivenza e verrà quindi selezionata. Mentre se si cambia la routine e si
hanno risultati positivi la curva riprenderà a crescere.. quindi possiamo immaginare un andamento ciclico
delle dinamiche della performance di impresa. se la performance è connessa alle dinamiche di adozione
tecnologica, allora questo andamento può descrivere la dinamica di adozione della nostra impresa. se
applichiamo lo stesso sistema a tutte le imprese del settore, analizzando i vari sentieri di diffusione,
potremmo ricavare la dinamica di diffusione del settore. Questa dinamcia non arriva a saturazione come i
modelli epidemici. Non esiste il concetto di “ad un certo punto tutte avranno innovat” perché ad un certo
punto alcune imprese avranno di nuovo innovato. È un flusso continuo.

Cosa determina il grado di competitività dell’impresa i? articolo di Winter dell’84 in cui individua più nello
specifico le variabili che definiscono la competitività dell’impresa. , Ei deriva da tre variabili, che sono quelle
che incidono e definiscono i processi di apprendimento:

0 Proprietà della tecnologia: con esse l’impresa ha un rapporto di odio-amore, il progresso


tecnologico della teoria evolutiva è endogeno (l’impresa può intervenire sulle proprietà tecnologiche)

1 Strategie di investimento

2 Grado di accumulazione che l’investimento effettuato è stato in grado di creare.


LEZIONE 26.11

Nelson e winter nell’82 dicono che le aziende devono sviluppare processi di apprendimento adeguati. Si
sviluppano nuove economie di scale: economie di apprendimento e economie di rete. L’apprendimento per
essere sviluppato necessità di investimenti e poi dipende dalle caratteristiche tecnologiche. Se
l’apprendimento è fondamentale per la competitività dell’impresa; le potenzialità tecnologiche secondo
Nelson e winter dipendono da 4 caratteristiche:

- Opportunità tecnologiche: una tecnologia è tanto più attrattiva tanto più è l’asppettativa di profitto ad
essa collegata. Le opportunità di profitto non sono certe. una tecnologia ha un grado di opportunità
maggiore tanto più le aspettative di profittabilità sono alte. Il concetto di opportunità tecnologica è
legato alle aspettative non misurabili di profittabilità. Perché non esiste una teoria delle aspettative
adeguate. Le oppotunità tecnologiche se non applicate non hanno grande utilità. Es. la decriptura del
genoma è una scoperta endogena al sistema economico ma lascia invariato il sistema perché finchè
non è stato inventato il sistema Creebs, non era utilizzabile. Se noi prendiamo ad esempio la differenza
tra innovazioni incrementali e radicali, è chiaro che l’innovazione radicale presenta un grado di
opportunità superiore, mentre quella incrementale presenta profitti inferiori. Entrambe le innovazioni
consentono un aumento di profittabilità, questo vuol dire che io sono portato a investire, a parità di
condizioni (che approfondiamo dopo), là dove l’opportunità tecnologica è maggiore. Maggiore è la
profittabilità, maggiore è l’incertezza. si cerca quindi di trovare un equilibrio tra opportunità tecnologia
e grado di certezza che questa tecnologia possa essre usata. Questo dipende anche dalle tipologie di
investimento. Winter nel suo modello dell’84 studia diversi modelli di investimento. Due possibili
strategie di investimento (in ricerca e sviluppo che negli anni 80 era l’investimento prevalente): di tipo
innovativo (di rottura) l’impresa vuole ottenere un grappolo di innovazioni radicali; investimento
imitativo è un investimento che porta a innovazioni incrementali quindi il miglioramento di innovazioni
radicali già diffuse. L’investimento innovativo è quello che può far nascere un nuovo paradigma
tecnologico mentre quello imitativo può semplicemente affermare una traiettoria. Winter li definisce
regimi innovativi. Il regime shumpeteriano della distruzione creatrice (primo shumpeter): il settore se
caratterizzato da questo regime avranno più investimenti innovativi che saranno più rischiosi; regime
routinario in cui ci sono più innovazioni imitative (secondo shumpeter in cui diventa dominante il
modello manageriale e secondo lui questa si burocratizza annullando il ruolo dell’imprenditore
innovativo e consolidano la tecnologia che le ha portate a quello stadio quindi non sono interessati a
creare delle rotture). Il regime shumpeteriano favorisce rotture dell’equilibrio ma rischia di ridurre poi
la sua capacità innovativa ed entrare in un regime routinario. I due regimi sono quelli che si
susseguono e possono spiegare l’origine dei paradigmi tecnologici.
- Cumulabilità tecnologiche: : una tecnologia è altamente cumulabile quando il suo utilizzo genera in
maniera cumulativa nuova innovazione, cioè innovazione genera nuova innovazione. Cioè innesca
processi dinamici. “io adotto un innovazione e l’uso di questa innovazione ne crea ulteirore”  processi
di apprendimento cumulabili e con rendimenti crescenti. I linguaggi informatici hanno generato
innovazione continua. Ma è in trade off con l’appropiabilità della tecnologia. Ci sono tecnologie che,
nel momento in cui vengono implementate, generano altre tecnologie perché sono tecnologie
dinamiche e non statiche. Differenza fra il paradigma tecnologico taylorista meccanico della catena di
montaggio e il paradigma basato sulle tecnologie di linguaggio delle comunicazioni presentano
differenze. Perché nel paradigma fordista quando la catena di montaggio viene implementata e diffusa
non potrà migliorare in efficienza nel futuro, non è che più si diffonde più genera tecnologia; al
massimo si possono avere miglioramenti incrementali limitati, continuando ad usarla. Diverso è per
quelle tecnologie che si basano su tecnologie altamente flessibili e dinamiche (linguaggio, ICT), i primi
linguaggi informatici immediatamente generano un ciclo di vita molto breve di quella tecnologia,
poiché generano subito un’altra innovazione che rende quella precedente da cui questa è derivata, in
tempi relativamente brevi, obsoleta. Questo si traduce dicendo che un’innovazione tanto più è
cumulabile, tanto più genera processi di apprendimento: è il learning by doing/using/… che mette in
moto il grado di cumulabilità. Il linguaggio è quello più cumulabile cioè genera nuove tecnologie perché
è un continuo processo di apprendimento; anche gli studi legati ai semiconduttori, in campo
farmaceutico e legato alle nanotecnologie, conteiner (per il trasporto merci). Ogni paradigma
tecnologico, nella storia, presenta diversi gradi di cumulabilità, sicuramente possiamo dire che il
paradigma basato sull’informatica produce un progresso tecnologico ad alto grado di cumulabilità. È
chiaro che la tecnologia fortemente cumulabile comporta che il primo che adotta quella tecnologia è il
primo che riesce a rendere operativo l’elevato grado di cumulabilità di quella tecnologia: i processi e le
economie di apprendimento, che derivano dall’aver generato quella tecnologia, si mantengono. Il
vantaggio competitivo di essere stato il primo a innovare tende quindi a garantire il mantenimento nel
tempo e anche un’opportunità in termini di profittabilità più elevata. Una tecnologia poco cumulabile,
nel momento stesso in cui si diffonde, non generando processi di apprendimento, l’eventuale grado di
opportunità tecnologica, di profittabilità, tende a distribuirsi fra tutti quelli che hanno adottato quella
tecnologia, non solo nelle mani del primo innovatore. Rapporto fra cumulabilità e incertezza: il grado di
incertezza potrebbe essere maggiore dove le tecnologie hanno un grado di cumulabilità più alto.
L’estrema flessibilizzazione avvenuta per via dello sviluppo di ict ha avuto effetti anche sulla crisi di
rappresentanza e contrattazione collettiva. Queste nuove tecnologie richiedono investimenti specifici e
quindi anche rischi di lock in. Una prestazione lavorativa più qualificata richiede maggiore formazione,
multitasking, relazionali, ecc. le differenze creno valore. La quota della produzione manufatturiera è
scesa sotto il 15%. Questo è frutto di varie cose tra cui l’innovazione tecnologica. Più la trcnologia è
cumulabile, più rend crescenti e diffusione e favorisce nuove tecnologie. siamo in fase di
trasformazione del paradigma dell’ICT: più investimenti innovativi o imitativi? Tecnologie fortemente
cumulabili sono molto appetibili. Chi innovava bastava brevettasse la tecnologia per il tempo di
ammrtamento necessario. poi si riusciva a trasferire. Più la tecnologia è cumulabile più cresce
l’appropriabilità tecnologica. Diventa sempre più importante la proprietà intellettuale. Maggiore è la
cumulabilità, maggiore è la cumulabilità. Queste due variabili sono altamente competitive.
- Appropriabilità tecnologiche : cioè far sì che quell’innovazione la possa usare solo io e nessun altro
(legato all’esistenza di diritti di proprietà intellettuale), una tecnologia più è appropriabile più è
cumulabile, i vantaggi di possedere il brevetto di una tecnologia altamente cumulabile fa sì che non ho
soltanto il vantaggio competitivo relativo al brevetto stesso, ma sono in grado di sviluppare prima
ancora che gli altri possano adottare la tecnologia, un miglioramento delle tecniche che aumenta la mia
profittabilità attesa. C’è un nesso di correlazione positiva, più la tecnologia mette in moto processi di
apprendimento più il suo grado di cumulabilità aumenta; questo tende a andare in collisione con il
grado di appropriabilità della tecnologia perché questo è misurabile attraverso i processi diretti, non
dalle economie di rete. Quanto una tecnologia è in grado di diffondersi? Se la tecnologia è altamente
appropriabile allora non si diffonderà mai. Questo avvantaggia le imprese che si appropriano della
tecnologia, generano cumulabilità e opportunità di profitto per quell’impresa ma a livello sistemico, di
settore i processi di apprendimento e di rete sono bloccati (caso eclatante tecnologie criptate vs. open
source). Un sistema open source per la collettività è più vantaggioso, permette sviluppo consistente dei
processi di apprendimento. Qui si crea un conflitto irrisolvibile, che è tipico del capitalismo cognitivo,
tra l’esigenza della singola impresa e il benessere collettivo.

Questo argomento ci porta a introdurre due concetti: catching up e falling behind.


Il catching up indica l’inseguimento con successo, io sono un follower, parto da dietro ma raggiungo chi mi
sta davanti. Viene utilizzato in economia per l’analisi di comparazione fra economie diverse: per esempio
finita la seconda guerra mondiale, i differenziali di crescita fra gli Stati Uniti e l’Europa erano
particolarmente rilevanti, anche perché gli USA erano usciti dalla seconda guerra mondiale con pochissime
distruzioni, PIL aumentato grazie agli investimenti bellici, mentre Germania, Italia, Francia e Giappone
hanno visto un forte calo della ricchezza nazionale. Tra il ’45 e il ’75 (tempi gloriosi del paradigma fordista,
tecnologia dominante era quella taylorista) questo differenziale, in termini di reddito pro
capite/investimenti…, a poco a poco è stato eroso, i tassi di crescita in Giappone (ma anche Italia e
Germania) si sono duplicati. A livello macroeconomico negli anni di massimo sviluppo del paradigma
taylorista si è sviluppato un fenomeno di catching up, inseguimento con successo: questo è fortemente
caratterizzato dal tipo di paradigma tecnologico perché negli anni ‘90 e 2000 quando inizia a diventare
egemone un nuovo paradigma tecnologico basato sull’ICT, in un’economia sempre più globalizzata, anni
’80-’90 differenziali geo-economici tendono ad ampliarsi dove negli anni precedenti si erano un po’ ridotti,
e in altre parti del globo questi differenziali esplodono; perché con la globalizzazione il catching up ha
pesato molto? Casi del falling behind, mentre insegue inciampo e cado: un elemento importante è giocato
dalle caratteristiche del paradigma tecnologico + variabili di carattere politico, sociale, …, ma un peso non
indifferente hanno le caratteristiche della tecnologia e in particolar modo è rilevante la cumulabilità. Ci
sono studi storici che mostrano che i paradigmi tecnologici caratterizzati da una bassa cumulabilità sono
quelli che hanno più successo. Esempio: anni ’60 processo di industrializzazione dell’India, si sviluppano
industrie chimiche, meccaniche e il meccanismo di trasferimento internazionale della tecnologia è molto
semplice, una volta che hai uno stabilimento/impianto che produce sostanze chimiche, (dagli USA all’India)
i tempi necessari perché l’efficienza produttiva in India sia pari a quella degli USA sono abbastanza ridotti,
c’è bisogno di un certo processo di formazione di apprendimento, ma superato questo la capacità in termini
di produttività dell’impianto è molto simile. Più basso è il grado di cumulabilità, più è facile trasferire
tecnologie da un paese all’altro e quindi più facile è ridurre differenziali di capacità produttiva. Negli anni
’90 abbiamo che, come si era registrato nel ’45-’75 a livello globale di una maggiore omogeneità
dell’economia, riduzione dei differenziali, invece ora torna a crescere e questo è dovuto essenzialmente al
fatto che le nuove tecnologie basate sull’ICT, essendo ad elevato grado di cumulabilità e appropriabilità,
fanno sì che laddove il paradigma tecnologico è sorto questo mantenga nel tempo vantaggi competitivi che
tendono a crescere rispetto ai territori nel mondo dove invece queste tecnologie non sono sorte e vengono
difficilmente adottate; e anche quando vengono adottate, l’esistenza di un elevato grado di cumulabilità fa
sì che anche i paesi adottanti non riescano mai a raggiungere i livelli di efficienza e di competitività del
paese che ha generato quella tecnologia. Qui il mondo si divide in due parti (digital divide): la possibilità di
adottare tecnologie informatiche dipende dal fatto che esista una certa rete infrastrutturale.

Il paradigma dell’ICT poiichè caratterizzato da cumulabilità (che accelleera i processi di continua


generazione endogena) porta al fenomeno che chi parte per primo vince. Questo significa che chi per primo
innova, sviluppando un gap con chi non ha ancora innovato. Il gap si allarga inizialmente perché chi sta
dietro non riesce a recuperare lo svantaggio iniziale. Es gap tra Giappone e Usa mentre il caso Cina e USA è
stato particolare. Con l’ict abbiamo fenomeni di divergenza: ancora oggi abbiamo zone geografiche in cui i
differenziali sono aumentati ancora di più per via di carenze di infrastrutture informatiche. A livello
settoriale invece non si parla di catching up ma nelson e winter analizzano il gap tecnologico settoriale. Non
è possibile sviluppare un modello di diffusione tecnologica che valga per tutti i settori (viene superato il
concetto di diffusione epidemica): è possibile che prenda la forma di una logistica ma le forme dei vari
settori sono diverse. Ad esempio nell’ambito dell’ict abbiamo detto che c’è un vantaggio di partire prima
mentre chi insegue non lo raggiunge (a differenza di come avviene nei modelli di diffusione epidemica).
Quindi non arriveremo mai ad una situazione in cui si possono riproporre le stesse situazioni di partenza.
Anzi la possibilità è che il gap si possa ampliare. Teoria matematica della complessità e delle biforcazioni.

- Incertezze tecnologiche: siamo in un mondo di incertezza, qualunque attività di investimento che


scommette su una determinata tecnologia, è collegata a un grado di rischio. Nelson e Winter fanno
anche qui l’esempio tra innovazione radicale e incrementale, è chiaro che quella radicale presenta un
grado di incertezza maggiore rispetto al caso dell’innovazione incrementale, perché l’incrementale si
colloca in un filone già consolidato (traiettoria tecnologica); quella radicale potrebbe essere l’inizio per
creare un nuovo filone ma non è detto che si verifichi automaticamente, anzi, suppone investimenti
maggiori quindi c’è un rischio maggiore. Opportunità e incertezza sono collegate positivamente: le
tecnologie a più alta opportunità tecnologica sono ad alto grado di incertezza tecnologica. Sono
elementi che bisogna valutare nel definire la routine di produzione dell’impresa. Nella fase ciclica,
ricordando la teoria delle onde lunghe, i decenni in cui c’è la nascita di un nuovo paradigma
tecnologico, questi sono momenti in cui le opportunità in termini di profittabilità sono elevate ma
altrettante sono le possibilità di fallire. Mentre se io mi colloco su una traiettoria tecnologica già
consolidata (quella che si è verificata essere vincente), mi colloco quindi su una situazione più tranquilla
con un grado di opportunità ma anche incertezza inferiore. Nel definire l’efficienza dell’impresa bisogna
tener conto se questo livello di efficienza dipende dall’attuazione di tecnologie con diversi gradi di
opportunità e incertezza. Opportunità e incertezza descrivono qualsiasi paradigma o traiettoria
tecnologica, ma non ne determinano caratteristiche qualitative; invece cumulabilità e appropriabilità si
modificano a seconda del tipo di paradigma tecnologico.

Dosi, Malerba, Orsenighi: hanno fatto il dottorato allo SPRU, sono stati gli esponenti delle teorie evolutive
italiane. Sviluppano un modello di auto organizzazione, usando modelli di simulazione. Io voglio studiare la
diffusione nel sistema x, vado ad individuare le variabili di produzione che comprende anche la tecnologia.
Dipende anche dai settori (tassonomia dei settori) che già mi da indicazione della tecnologia. Analizzando le
serie storiche delle variabili prese in considerazioni (e dei brevetti) posso costruire modello di simulazione.
Prendo le 30 imprese del settore più importanti, prendo i settori più interessanti. Per ogni impresa
costruisco la funzione di selezione di performance. Tutti i dati che ho raccolto mi servono per dare dei valori
al parametro A, E1. Sono in grado conoscendo la storia passata dei settori, sulla base dei risultati, posso fare
delle ipotesi sulle possiibili dinamiche future. Ipotizzo quale possa essere la variazioni dei parameetri
andando ad indivuare un intervallo e procedo alla simulazione. Vedo per quali valori di intervalli, il processo
va verso forme ordinate o verso forme caotiche.

Ipotizzo una simulazione e confronto i risultati ottenuti con quello che si è verificato davvero. Se il risultato
è positivo posso definire il modello di simulazione come historical friendly e posso quindi usarlo per
prevedere. perchè ex post so già l’evoluzione di un mercato, individuo i valori iniziali, faccio le simulazioni e
confronto i risultati con i risultati che storicamente sono evidenti e posso capire se il modello ha ben
interpretato l’evoluzione di settore oppure verifico che i risultati sono completamente diversi, posso
selezionare i modelli o costruirne alcuni che mi possono dare delle dritte per il futuro. Questo modello è
stato usato da Dosi e gli altri ed è venuto fuori che: non è vero che nel breve periodo le imprese che per
prime innovano siano quelle che poi risultano vincenti. Le imprese che innovano dopo non raggiungono le
prime però quelle che vengono dopo hanno informazioni in più perché godono di cnoscere gli errori che le
prime hanno fatto. Questo dipende dal fenomeno di rischio di lock-in, perché le imprese che vengono dopo
fanno tesoro dell’esperienza dell’impresa apripista senza cadere nei suoi errori, riescono ad avere una
performance. Le imprese che si muovono per prime possono essere soggette a lock in cioè finire in un
vicolo cieco. I casi più eclatanti: tastiera Querty. Ibm inventa la prima macchina da scrivere e nasce la
professione di dattilografia. Più lla velocità di battitura era elevata, più si inceppavano quindi fu inventata la
tastiera querty per rallentare. Ovviamente non esiste più il problema quindi si è pensato di introdurre delle
tastiere diverse, più intuitive. Queste tastiere non hanno mai avuto successo. Questo perché non è detto
che l’innovazione più efficiente sia quella vincente. La tastiera era ormai così d uso comune che era più
comoda rispetto a nuove tastiera perché queste richiederebbe processi di apprendimento più costosi di
quelli che si hanno per usare tastiera querty. Altro elemento che è avvenuto con ibm e il sistema operativo
è la rete commerciale.

Vuol dire che nei pattern di settori ha dei sentieri di diffusioni che prendono forme diverse a seconda dei
parametri: ci possono essere sentieri ordinati che poi possono subire shock. Il progresso mette in moto
processi di crescita che possono ampliare o diminuire i gap. Nel’approccio neo shumpeteriano evolutivo
possiamo dire che il progresso è endogeno e porta a disequilibri delle imprese, possono mettere in moto
processi caotici e creare sentieri più o meno ordinati.

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