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TONY MANERO

Pablo Larrain,

2008, Chile Brasile

Trama

E’ la storia di un uomo di mezz’età, Raoul che, nel Cile di Pinochet (siamo sul fi nire degli anni
Sett anta), insegue il sogno di aff ermarsi in un concorso televisivo tra i sosia di Tony Manero, il
protagonista del fi lm La febbre del sabato sera. Per riuscirci, non si fa scrupolo di ricorrere a tutti i
mezzi possibili, al di là di ogni regola morale.

Ipotesi di interpretazione

Girato a trent’anni di distanza dagli eventi reali, il fi lm si propone non come cronaca realisti ca di
una specifi ca stagione storica del Cile, ma come allegoria della tendenza dominante in noi, att ori
sociali della contemporaneità occidentale, a farci Soggetti “esteti ci” più che ”eti ci”: cioè a prendere
decisioni non tanto sulla base del senso di Responsabilità verso l’Altro, ma del bisogno di realizzare
il proprio ‘godimento’ (il proprio ‘star bene’). Narcisismo e Cinismo sono le parole con cui si può
descrivere in termini teorici questa modalità postmodernisti ca , di individuazione.

Dalla vicenda narrata si può derivare un modello narrati vo che aiuta a identi fi care una possibile
diagnosi dei tanti comportamenti narcisisti ci che caratt erizzano il nostro spazio sociale. C’è una
situazione iniziale implicita (la rivoluzione socialista di Allende, ovvero l’azione politi ca come
‘azione’ di cambiamento dell’Ordine), la scoperta del Trauma (l’avvento della ditt atura militare,
ovvero la fi ne dell’illusione di poter ‘fare la storia’), e il superamento del Trauma (o la semplice
accett azione del Vecchio Ordine – il Rifl usso, il Conformismo -, o la costruzione di un Nuovo Ordine
ancora, ma ‘soggetti vo’, limitato al proprio limitato spazio sociale, per dar vita alla propria
‘Diff erenza’).

E questa nuova Soggetti vità della Diff erenza si può manifestare

- o con la ‘distanza’ (ironica) rispett o all’esistente: ovvero un Ri – uso del Vecchio Ordine, ma
in modo criti co carnevalesco - come fa in genere l’Arti sta modernista, che sott olinea con
evidenza la ‘fi nzione’ delle convenzioni sociali, consentendo la conoscenza delle sue
contraddizioni
- o con l’adesione (cinica) all’esistente: ovvero con l’accett azione disincantata ma totale di
qualcuna delle prati che di ‘benessere’ (di realizzazione della “felicità”) vigenti all’interno del
Codice Simbolico dominante.

Nella storia di Raoul, non c’è quasi traccia della prima opzione, ma dominio della seconda. C’è una
vaga allusione al fatt o i due giovani che subiscono il fascino di Raoul(Pauli e Goyo) fanno
segretamente resistenza al regime; per il primo piano è tutt o per il protagonista, per la sua tenace
e diritt a intenzione di aff ermarsi come Tony Manero. ‘Fare la storia’ per i ragazzi signifi ca cambiare
la società, per Raoul la propria vita; certamente prati care il ballo consente di superare
(dimenti care) le contraddizioni del presente, iniett ando la leggerezza dei senti menti sulla
pesantezza della rifl essione analiti ca .Comunque, alla fi ne pare emergere la possibilità di una
prospetti va criti ca anche per R.: infatti , poiché vive il ballo (di per sé un play) la dimensione del
game (della gara, della competi zione) lo porta inevitabilmente, con la delusione, anche alla
disillusione. Il trauma (il non senso) da cui vuol fuggire, torna a invadere anche lo spazio ristrett o
del privato.

Interpretazione
Problema

Come prendiamo le nostre decisioni?

Finora s’è visto che siamo ‘fi gli’ di un Mondo che ci fa stare al mondo att raverso l’imposizione di
specifi che rappresentazioni dello spazio, del tempo, dei valori e la strutt urazione di precise
prescrizioni e concreti modelli di comportamento.

La decisione del singolo insomma è sempre fi glia del Codice Simbolico entro cui si viene formati . Per
lo più, anche alla scoperta della non corrispondenza tra codice e eventi della vita, si fi nisce
abbastanza facilmente per accett arlo come una soluzione che comunque risulta capace di consenti re
in modo economico la sopravvivenza. Piutt osto che cambiare 8di avventurarsi verso l’abiett o del
Non Finito) sempre meglio restare nel seminato. (chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quello che
lascia ma non sa quello che trova).

Naturalmente è sempre possibile fare la scelta dell’“oltraggio”, dell’aff rontare il rischio del Nuovo:
e questa scelta alla lunga garanti sce la conti nuazione dell’evoluzione, che procede att raverso una
dialetti ca serrata tra copiatura ed errore, tra ripeti zione e sperimentazione. Ma mentre per miliardi
di anni questa logica è stata del tutt o inconsapevole (cioè subita dagli organismi) adesso , da
quando l’uomo ha conquistato la coscienza, questa biforcazione, una volta giunta alla coscienza,
impone una scelta (una decisione).

Restare o muoversi? Rimanere fermi nel presente emozionale o cambiare?

Si tratt a di fare delle scelte che possono rispondere a svariate atti vità cerebrali, ma che dal punto di
vista delle vite dei singoli pongono il problema propriamente umano di assumersi la ‘responsabilità’
di determinare la trasformazione delle cose e delle vite in una direzione piutt osto che in un’altra.

Il contenuto delle scelte non potrà che dipendere dal data base depositato in memoria nel cervello:
se vivo nella Roma di Augusto, non posso che esercitare le mie scelte in rapporto ai sistemi
simbolici in att o in quella società. Ma le modalità della scelta dipendono fondamentalmente da
meccanismi identi ci per tutti (nel senso che al momento l’evoluzione ci ha fornito di hardware che
funzionano allo stesso modo)

Ecco allora che ha senso chiederci ‘come prendiamo le nostre decisioni’: e le risposte vanno cercate
lontano dalle anti che rappresentazioni spiritualisti che (che risolvono la questi one evocando Figure
di comodo come Anima o Spirito o Caratt ere o Genio), ovvero dentro le procedure biologiche e
neurologiche che caratt erizzano il nostro corpo, cioè con l’aiuto dei modelli che su quelle basi
vengono elaborati dalle varie discipline della contemporaneità, umane e scienti fi che.

Modelli teorici

1 Omeostasi

L’’insieme fondamentale di operazioni al cuore della vita, dall’istante primordiale, e svanito da tempo, della sua
origine biochimica (quando erano protozoi )primitiva al presente (di organismi complessi e dotati di coscienza)..E’ il
potente imperativo, inconsapevole e inespresso, il cui assolvimento implica per ogni organismo vivente,piccolo o
grande che sia, il semplice perdurare prevalere .
La procedura dellaa sopravvivenza rispetto alle cose inerti è che la sopravvivenza va costruita continuamente.
Comporta ricerca fuori della frontiera che limita l’organismo, e comporta un consumo di energia, che richiede a partire
da un certo punto una nuova ricerca.
La sopravvivenza consiste insomma nel perdurare ma anche nel prevalere.
La parte riguardante il ‘perdurare’ è chiara: genera sopravvivenza, e viene data per scontata senza alcun riferimento o
riverenza ogniqualvolta si considera l’evoluzione di qualsiasi organismo / specie.La parte riguardante il ‘prevalere’ è
più sottile e raramente viene riconosciuta”: in realtà il prevalere “garantisce che la vita sia regolata entro un intervallo
che, oltre ad essere compatibile con la sopravvivenza, favorisca la prosperità e renda possibile una proiezione della vita
nel futuro di un organismo o di una specie”
SOPRAVVIVERE / A DANNO DI cfr. Mors tua vita mea Spesa energetica grande
oppure
SOPRAVVIVERE / IN COOPERAZIONE CON cfr. l’unione fa la forza Riduzione spesa energetica
La logica fondamentale della procedura è l’economia: se la sopravvivenza è determinata dalla disponibilità di energia,
meno si consuma energia meglio à. Il massino risultato col minimo sforzo è insomma la regola base della macchina
omeostatica. Economia appunto.
Lo schema chiave della procedura è rappresentato dalla retroazione. La macanza di energia fa scattare una reazione
che porta ad uscire dalla quiete e a cercare fonti di energia. La disponibilità di energia spnge il sistema la quiet. Qla
situazione della sopravvivenza è determinata dal movimento continuo da uno stato all’altro: dalla quiete
all’eccitazione e viceversa. Questa relazione è indicata come relazione di equilibrio dinamico tra retroazione negativa e
retroazione positiva. Ognuno dei due stati tende in realtà a ‘crescere’ ma quando arriva ad un limite critico, il sistema
retroagisce nella direzione opposta. Lo star bene in sostanza dipende dall’aver mangiato e dormito. Ma rriva il
momento in cui quel che si è magiato non basta più a consentire il funzionamento dek sistema e allora si ativa la
retroazione opposta. Insomma una crescita a cui segue la decrescita, l’aggiunta a cui segue la diminuzione.
Questa procedura vale per la componente materiale del corpo 8che necessita di ingreduenti per funzionare) ma anche
per la mente .

2 Psicologia cogniti va

a. Helmholtz (fi ne ‘800) fu il primo a rendersi conto che il cervello raccoglie informazioni di
base dai nostri sistemi sensoriali per trarne inconsciamente delle conclusioni.
In realtà il cervello può fare delle inferenze complesse sulla base di informazioni molto
scarse: cioè il cervello ‘mett e – in – forma’ qualunque dato provenga dal sistema sensoriale,
ne ricava inevitabilmente delle Figure, insomma crea quella che noi ancora oggi chiamiamo
‘informazione’.
In secondo luogo H. comprese pure che questa elaborazione non è solo rifl essiva (dett ata
cioè dalla risposta a imput che provengano dall’esterno) ma è anche adatt ati va, nel senso
che ci aiuta a sopravvivere nel mondo.
Infi ne per H. questo inconscio cogniti vo (formatosi a parti re dagli sti moli sensoriali) è
creati vo, nel senso che uti lizza sia le informazioni att ualmente percepie sia quelle che sono
depositate in memoria, le confronta tra loro e le consegna alla coscienza per una valutazione
consapevole e razionale
Ad esempio quando parliamo in eff etti non siamo coscienti di scegliere questa o quella
strutt ura grammati cale, ma siamo capaci di parlare perché dopo una esposizione prolungata
a situazioni in cui ci sono ‘parlanti ’ fi niamo per elaborare in memoria delle procedure che
poi si impongono per default nelle situazioni in cui la parola ci rende più ‘adatti ’ a gesti re le
situazioni problemati che di vita.
Insomma sappiamo che ogni esperienza che abbiamo è prodott a da tassi variabili di
atti vazione dei neuroni del nostro cervello.
b. Ma dov’è la coscienza? Già Freud aveva introdott o la disti nzione tra inconscio, inconscio
preconscio e SuperIo. Ma solo nella seconda metà del XX secolo si è cominciato a ‘vedere’ i
luoghi dove avvengono le elaborazioni di vario ti po.
c. Così, secondo Baars (1988) la coscienza implica una disseminazione diff usa (in tutt a la
corteccia) di informazioni precedentemente inconsce (preconscio), ovvero (Daherne) lo stato
cosciente è il risultato di un insieme distribuito di circuiti neuronali che selezionando una
informazione la amplifi cano e la trasmett ono alla coscienza.
d. In prati ca oggi si rappresenta il funzionamento della coscienza come un fl usso di dati a
retroazione conti nua che partono dal basso (bott om – up, le percezioni), sono fi ltrati e
tratt ati dall’Alto (top – down) e tornano a modifi care le percezioni e così via, secondo una
procedura di copiatura e rinforzo, che producono un sistema dinamico aperto, che
comunque tende a costi tuirsi in sistema chiuso e stati co (il Sé). Le decisioni emergono lungo
questo circuito: in genere è il preconscio cogniti vo che ‘decide’ per deafault, anti cipando la
coscienza, sulla base delle procedure evoluzionisti che di sopravvivenza, ma c’è sempre uno
spazio di tempo pur minimo in cui esiste la possibilità di modifi care la scelta fatt a
dall’inconscio.
e. In prati ca la macchina procede in modo appunto meccanico, abilitato da milioni a anni a
cercare soluzioni effi caci in raporto alla sopravvivenza proprio in forma inconscia (veloce);
solo nelle ulti me centi naia di migliaia di anni si è atti vata con la coscienza quest’altra
procedura che permett e di valutare l’effi cacia dell’automati smo, che procedendo in temrini
di probabibilità, detrmina alla lunga anche molti errori.

2 Triangolo di Lacan: il Reale

a. Codice Simbolico: il controllo del fl usso del divenire è possibile solo att raverso un’opera di
riduzione del Molteplice ad Uno, att raverso l’elaborazione di un Codice Simbolico, che
ambisce a proporsi come ‘verità’ pur essendo ovviamente convenzione arti fi ciale (riti , miti ,
regole e divieti , modelli di comportamento). È la cosiddett a Legge del Padre che determina,
per Lacan, la castrazione simbolica, ovvero impone le proprie simbolizzazioni ad ogni singolo
membro della comunità.
b. Immaginario: le idee, i desideri del singolo non possono essere che proiezione di questo
codice simbolico, variazioni sul tema, una costruzione ‘personale’ operata all’interno del
codice simbolico att raverso una doppia procedura di selezione (il cosa) e di combinazione
((la forma) degli elementi del Codice. Insomma un sott o - insieme rispett o al super - insieme
entro cui è inscritt o. Le caratt eristi che di questo ‘immaginario’ sono, secondo Slavoj Źiźek
(Che cos’è l’Immaginario, Il saggiatore, 2004), le seguenti :

- Lo schemati smo trascendentale : l’Immaginario consiste in una FANTASIA QUALUNQUE (a


fantasy) che si costi tuisce ARBITRARIAMENTE (sulla base delle specifi che esperienze e
conoscenze) all’interno del Codice Simbolico come MONDO. Dal Codice Simbolico ricaviamo
una “nostra” rappresentazione del Mondo, con tutt e le coordinate spaziotemporali e le
istanze esteti che ed eti che fondamentali. I nostri MODELLI di COMPORTAMENTO (vere e
proprie ICONE nel linguaggio semioti co di Eco) sono di fatt o le fonti delle nostre passioni,
dei nostri senti menti , dei nostri ideali. In sintesi l’Immaginario CI INSEGNA A DESIDERARE

- L’intersoggetti vità. La costi tuzione della ‘vera identi tà’ di un Soggett o dipende in modo
decisivo dal rapporto di un Soggett o con il suo Altro, con il desiderio dell’Altro in sostanza.
La presenza dell’Altro mett e il Soggett o in rapporto con l’ENIGMA FONDAMENTALE, quello
del desiderio dell’Altro (“Che vuoi”?): la sua azione dipende dalla conti nua necessità di
interpretare quello che ‘vuole’ l’altro e nell’adeguarvisi. 1 Insomma il Soggett o non fa altro
che cercare, dett o con altre parole, il ‘riconoscimento’ dell’Altro: basti pensare agli sguardi
cercati per strada, a casa, dovunque…

- L’occlusione narrati va dell’antagonismo . Raccontare storie consente di annullare


l’antagonismo, ovvero le contraddizioni, i vuoti , le incongruenze che emergono dalla
mappatura, dalla registrazione – per così dire – spaziale degli eventi del divenire. Una storia,
con la sua strutt ura di montaggio, consente di riempire i buchi, di nascondere i punti oscuri
e di assicurare una fl uidità ‘armonica’ alle cose che ci circondano, alle cose che facciamo.
Naturalmente ogni racconto, essendo un’operazione totalmente dipendente dal Codice
Simbolico, non può che essere ‘provvisorio’ e ‘relati vo’ e quindi inevitabilmente desti nato a
rinnovarsi di fronte a nuove emergenze di non senso. Insomma ‘ci racconti amo storie’, ‘ci
facciamo delle storie’

- La Per – Versione dell’Instaurazione della Legge . Contrariamente a quel che ci viene da


pensare sul piano del Senso Comune, l’Immaginario non mett e in scena la Trasgressione
rispett o al Codice (alla Legge del padre) ma l’ATTO STESSO dell’INSTAURAZIONE DELLA
LEGGE. L’Immaginario non fa altro che ‘lavorare’ dentro il Codice, ed eliminare tutt e le parti

1
Del resto è questo lo scenario che la quantistica disegna per la struttura a livello dei quark: una particella esiste solo
nel momento in cui entra in relazione con un’altra e in quella relazione costruisce una relazione unica.
che sembrano poco ‘armoniose’ per poter infi ne celebrare proprio la PERFETTA
REALIZZAZIONE di quella LEGGE del PADRE da cui emerge il MONDO. L’immaginario è in
sostanza una sorta di PER – VERSIONE, di esasperata rincorsa alla totale integrazione con
l’’Ordine messo in scena dal Mondo / Codice. L’eff ett o di questa situazione è che se l’uomo
‘normale’ percepisce la Legge come agente di proibizione che regola il suo specifi co
desiderio (IL Padre come Signifi cante della Re – Pressione, del Divieto), il Per – Verso si
identi fi ca perfett amente con la Legge: il suo Immaginario, il suo Desiderio, consiste nella
piena realizzazione delle Forme della Legge 2

- Lo sguardo impossibile . L’aff ermazione di un parti colare desiderio nasconde al Soggett o la


nascosta dimensione del proprio desiderio: la ricerca del ‘godimento’, ad esempio, ott unde
la possibilità di vedere la propria personale fuga dalla responsabilità eti ca. Pensare a sé,
centrare su di sé lo sguardo, impedisce lo sguardo sull’abisso da cui si fugge. La fi gura in
primo piano (la danza, lo sport, il parti to..) impedisce di guardare il Vuoto che c’è sott o e la
responsabilità conseguente di assumersi, arbitrariamente, il peso delle conseguenze sugli
altri. 3 Il Mondo dell’Immaginario è in sostanza una riduzione forte rispett o alla complessità
del Non fi nito, è appunto il Desiderio di Finito che per esistere deve ignorare il Non Finito,
rispett o a cui non è quindi possibile volgere lo sguardo, salvo riscoprire Orrore.

- La trasgressione intrinseca . La scoperta inevitabile dell’esistenza di uno scarto tra Codice


Simbolico (e quindi Immaginario) e il Divenire delle Cose, comporta intrinsecamente
un’azione di TRASGRESSIONE, ovvero di superamento del Codice, di Finzione consapevole
che ‘aggiusti ’ IL BUCO, che annulli in qualche modo la mancanza. Questa operazione consiste
o nella AFFETTAZIONE o nella SPREZZATURA (Baldesar Casti glione): cioè o ci si rifugia nella
ripeti zione meccanica di gesti e parole e cose, senza la minima consapevolezza della loro
funzione, in modo da esagerare anche la loro presenza; oppure si aggiunge un dett aglio di
eccesso (dismisura) che segna all’intenditore l’esistenza della mancanza Nel / Del Codice. 4
L’arti sta di qualità gioca proprio su questo scarto e mira a lasciare nel fruitore la
percezione , magari allusiva, di questa imperfezione del Codice, ne solleti ca insomma la
necessità di ordine att raverso la presentazione di trame incompiute, di intersti zi da
completare; mentre il banale ripeti tore si limita a imitare in modo pedante. Ecco quel che
caratt erizza le nostro vite, il conformismo chiuso e organicisti co, oppure il Superamento
sati rico / ironico dell’occhio possibile sull’Impossibile. ”Un’identi fi cazione ideologica
esercita su di noi una reale presa solo se manteniamo la consapevolezza che non siamo
totalmente identi ci a essa, che al di sott o di una ideologia si nasconde una autenti ca persona
umana”(Zizek,47). Perciò, l’elemento pericoloso del Neo Liberismo sta, come nei
totalitarismi, proprio nella sospensione della politi ca, cioè nella eliminazione delle
procedure dialetti che di confronto che consentano di connett ere le diff erenze: la

2
Chiaro allora perché l’Uomo Per Bene ogni tanto arriva alla distruttività: il suo essere – per – bene consiste nella
ricerca della perfetta applicazione delle norme, nel desiderare proprio quello che Vuole la Legge. L’impossibilità di
questa proiezione diventa infine insopportabile in termini omeostatici. E si arriva alla retroazione ‘positiva’ di una delle
due attività omeostatiche, che determina infine l’implosione del sistema. Quando fallisce scopre , solo allora, chhe
cosa ha scelto: è il caso di raoul che solo quando finisce la gara in tv capisce che era tutto un gioco (lay) e che come
tale c’era un limite entro cui attenersi per il desiderio e le scelte. Capisce che ha scelto non la verità oggettiva, ma la
propria jouissance, e che alla fine perde proprio quella jouissance.
3
L’Ur fascismo consiste proprio in questa opposizione Pienezza di Passioni / Vuoto di Responsabilità: puntare alla
propria Felicità sembra in sé un’opzione di compassione, degna della nostra empatia: ma ricolgere lo sguardo in
questa direzione, occlude l’altro sguardo, verso l’abietto, verso quello che rimane immediatamente al buio.
L’Immaginario si regge proprio su questa forclusione verso tutto quello che rimane escluso dalla propria percezione
del mondo.
4
Rauol esagera ad esempio quando si impedisce di usare il vestito bianco di cui è in possesso per il fatto che manca di
un bottone. È un cas di chiaro kitsch.
‘naturalizzazione’ dei Codici, la loro proposizione “extra ideologica”, comporta
l’identi fi cazione troppo lett erale nel sistema e quindi la esasperazione (la retroazione
positi va) della per – versione di cui si è già parlato sopra. Solo la disidenti fi cazione può
portare (riportare) alla presa d’att o dl problema e della necessità di aff rontarlo.

- Il gesto vuoto. l’Immaginario, come dett o, consiste nel ‘credere’, ma di fatt o anche nel
‘fi ngere di credere’. Da un lato l’Immaginario dipende dal fatt o di ‘limitare’ le proprie scelte
(costruire un mondo Finito), dall’altro anche dal mantenere una falsa apertura verso quelle
escluse (Non Finito). L’espressione grammati cale di questa caratt eristi ca è il modo
condizionale: “non lo faccio, ma se volessi, lo farei...”. Di fatt o il soggett o è obbligato a fare
delle scelte entro la limitata gamma di possibilità off erta dal proprio immaginario (“mi
piace”), ma l’Immaginario gli lascia pensare pure che la scelta non fatt a (“non mi piace”)
avrebbe potuto essere fatt a, che l’esclusione di questo ‘desiderio’ dipende solo dalla
conti ngenza.
Ecco questa ‘att o di fede’ nella possibilità di fatt o mai data è un gesto vuoto, una ‘azione’
(potrei farla) che non vedrà mai la realizzazione. Insomma si vive concretamente, come già
dett o, nel mondo grammati cale dell’Indicati vo, si hanno desideri e paure per un mondo che
è solo pensato (Congiunti vo), si supera la scissione tra reale e desiderio att raverso il
Condizionale.
Il legame sociale in generale si regge proprio su questa forma di fi nta relazione: le ‘forme’ di
buone maniere, le aff ermazioni di generosità, tolleranza ecc. sono fatt e come puro segno, da
non prendere alla lett era, da non mett ere in prati ca (“fa come se fossi a casa tua… per un
amico sono disposto a dare tutt o”). L’avverarsi delle scelte potenziali così off erte
porterebbe alla disintegrazione totale della società

Così, ad esempio centrale nel Codice Simbolico della società occidentale borghese è la
famiglia (modo indicati vo, per così dire): ora, per la sua sussistenza, è ‘necessario’ che i suoi
membri si amino vicendevolmente e quindi nell’Immaginario di ognuno dei membri della
famiglia si installa il segno dell’Amore Familiare come vincolo ferreo: ma lo stesso Codice
Simbolico installa nell’Immaginario del singolo il segno della Libertà dell’Individuo, ovvero
della possibilità per ciascuno di fare delle scelte non condizionate, ossia ad esempio amare
ma anche di non amare in generale. Ora se questo segno divenisse gesto pieno (avesse
davvero piena realizzazione concreta), se cioè un membro della famiglia non amasse qualche
altro membro, ebbene allora inevitabilmente si avrebbe la dissoluzione della famiglia stessa.
Per cui per mantenere la stabilità della famiglia è necessario che i suoi membri facciano
ricorso a ‘gesti vuoti ’ come att estazione di ‘amore’ che di fatt o sono vuoti : si capisce perché,
quindi, la messa in scena della famiglia contemporanea è così piena di ti c verbali come ‘amò’
, bacetti a tutt o spiano ecc. 5

5
Naturalmente questo iato tra sostanza e forma concede l’inevitabilità di ‘recite’ vere e proprie da parte dei
componenti della famiglia, recite che prima o poi vengono a galla e determinano lo stato continuo di frizione , di
tensione che comporta una condizione generica di malessere, da cui si emerge solo con la liberazione dalla finzione
che si ottiene o con la consapevolezza di questo ‘vuoto’ di fondo e la sua conseguente presa d’atto (accettazione della
fine, rinnovo ‘ironico’ del legame di tipo vuoto)o con la dissoluzione violenta dell’ostacolo (in caso di rifiuto
dell’evidenza del trauma, della sostanziale finzione della relazione familiare). Nel caso di Raoul i suoi gesti puntano ad
essere sempre ‘pieni’ a rivelare in qualche modo la sua adesione ad un mondo di non finzione: parla poco, agisce
molto, ma sempre si limita a dare sostanza immediata alla ‘libertà’ che gli viene riconosciuta dal Codice Simbolico
occidentale. La applica in modo ‘onesto’ senza ricorrere alle vuote attestazioni di forme che tengono su le relazioni
sociali. Evita accuratamente di dire qualche parola che faccia credere all’Altro di far parte comune con loro. L’aciutta
direziione dei gesti di raoul portano a evidenziare proprio quanto vuoto’ , quanta finzione c’è nelle relazioni sociali
Altro esempio: la società occidentale pone al centro del suo Codice Simbolico la
Democrazia 6 : perché sussista occorrono infi niti gesti vuoti da parte dei suoi partecipanti ,
occorre che davvero pur se nei fatti la si rinneghi, la si lodi conti nuamente a parole. 7 8 .

Nel caso di Raoul lo sconcerto dello spett atore deriva dal fatt o che vede nelle sue azioni la
totale mancanza di scrupoli: il fatt o è che egli prende alla lett era i principi propri del
neoliberismo, ovvero l’individualismo e l’effi cienza, ne fa il fulcro del suo agire nel mondo, e
adeguando ogni azione a quella ‘fede’ trasforma quel che può essere parte delle esistenze di
ognuno come ‘consumo’ parti colare (come ‘gioco’) in un game (una sfi da). Ebbene lo
spett atore avveduto fi nisce per capire att raverso il suo fanati smo quali sono i veri
meccanismi che si celano sott o le parole d’ordine della ‘democrazia occidentale’.
L’individualismo (puntare alla realizzazione piena del Sé) e l’effi cienti smo (cercare il
massimo risultato, il successo) comportano appunto lo sti le di vita di Raoul: cinismo e
narcisismo, non come pecche morali ma come virtù fondamentali. E lo spett atore arriva a
percepire questa lezione, ebbene sa che la morale e l’esteti ca individuale che gli vengono
vendute dal mercato neoliberista come soluzioni sono appunto ‘gesti vuoti ’ se traguardati
dal punto di vista dell’interesse generale (res publica) e ‘gesti pieni’ se osservati dal punto
di vista dell’interesse privato, del singolo. E dovrebbe a questo punto rendersi conto che
sono gesti assolutamente vuoti tutt e le azioni che sono di fatt o esecuzione di imperati vi del
codice simbolico occidentale 9 .

c. Il Reale

d.

6
Riassumendo, perché la società democrati ca o la famiglia abbiano possibilità di funzionare, perché
la strutt ura simbolica ‘fi nta’ davvero abbia la possibilità di aff rontare in modo effi cace
(evoluzionisti co) il Divenire, è necessario prendere att o che esse funzionano sulla base di regole
simboliche e che agire nella società signifi ca assumere delle funzioni, dei ruoli, che non
corrispondono minimamente alla possibile sostanza delle nostre presunte identi tà. Le ‘convenzioni’
(i vincoli) vanno quindi non rifi utati e basta ma accett ati come ‘fi nzioni’, e mett erle quindi in
prati ca ‘ironicamente’ (per dirla con le parole della tradizione greca classica e della fi losofi a di
Hegel), ovvero con la distanza passionale che deriva dalla consapevolezza cogniti va. Passare
dall’equivoco di pensare di ‘essere’ qualcosa (insegnate, padre, ecc.) alla constatazione del ‘fare’
qualcosa. E di intrepretare la funzione assunto come se ci si trovasse in un play e non in un game
7
Il neoliberismo vede la democrazia come un oggettivo impedimento alla realizzazione della totale deregulation: ma
attesta di continuo (gesto vuoto) la sua fede nella democrazia (utile pubblico), perché la percepisce come contenitore
adatto alla realizzazione del suo Codice Simbolico (utile privato), come scatola vuota da riempire con i suoi precetti di
consumo. La affermazione esplicita della liberta ‘democratica’ ( diritti e doveri) , la gestione implicita di quella liberta
per consentire la ‘libertà mercantile’ (dovere di acquisto, consumo).
8
Non bisogna ‘credere’ troppo a quello che si fa. Non è casuale che la parola ‘fede’ ricorra costantemente
nelle pratiche di comunità di tutti i tipi, a partire dagli ultras di calcio, che evitano accuratamente di accettare
lo iato tra le parole e le cose, e si formano proprio attraverso il gesto vuoto della ipotetica pienezza data dalla
total rinuncia alla libertà di scelta. Sono chiamati fan anche i ‘fanatici’ di qualche personaggio, di qualche
pratica, a sottolineare proprio questa fissazi Ad esempio, ampio è al momento il desiderio di
prodotti ‘puliti ’, meno inquinanti , di prodotti che consentano la felicità ecc. e andiamo al
mercato con la pretesa di imporre questi prodotti : la carta invece della plasti ca… ma il vero
gesto pieno sarebbe semplicemente spostare il focus dal ti po di consumo al consumo in
quanto tale. Il ti po di consumo non è altro che una fantasia interna al codice simbolico
(Mercato), il non consumo una fantasia esterna al mercato.
E in una relazione amorosa, occorre spostare il focus dai consumi di mercato (gesti
eleganti …) che nascondano il confl itt o, alla volontà di accett are il confl itt o e di gesti rlo in
modo ‘pieno’

one che nega la falsità delle regole a cui si attengono.


9
In conclusione, il Soggett o non consiste in un (cartesiano) Schermo centrale della Coscienza
che ne formi il centro ‘autenti co’(con una sua specifi ca ricchezza di esperienze) , ma nella
scoperta del Reale, cioè della separazione che esiste tra la fantasmati ca “vita interiore” e la
“fenomenologia” del comportamento esteriore, ovvero tra la pienezza immaginata dell’IO
penso antropocentrico e il vuoto svelato del decentramento antropologico. E la soluzione
del problema del reale è il Desiderio. Che si sostanzia in peti t objet a, specifi ci oggetti o
persone o situaioni, che di fatt o sono occorrenze del tutt o conti ngenti , dei feti cci parti colari,
cui il Soggett o att ribuisce delle proprietà ontologiche che non possiede e che regolarmente
fi niscono per crare altro Trauma. E perciò col tempo si preferiscono gli oggetti inerti e
passivi, o trasformare gli organismi in oggetti nerti e passivi.

Mentre nella cultura pagana il Soggett o era banalmente affi dato alla forma socrati ca della
realizzazione di una propria specifi cità (fi sica o trascendentale che fosse)il cui criterio di
base era la ‘saturazione’ del Vuoto ontologico di base (il godimento consisteva
nell’eliminazione della tensione nella macchina omeostati ca di base, nella soddisfazione
della propria mediocritas), dalla cultura cristi ana in poi – anche laddove si aff ermi una laica
forma di ateismo cinico – il Soggett o vive la propria coscienza del mondo come coscienza
della distanza dall’obietti vo che realizzi il suo godimento (il godimento è sempre ‘là fuori’,
sempre rinviato al ‘futuro’, è sempre in – completo perché si identi fi ca con l’Altro).
Oggi, col permessivismo dett ato dal Mercato, con l’ideologia dell’“ognuno è imprenditore di
se stesso”, il primo dovere eti co è – paradossalmente - ‘devi godere’: gli individui si sentono
in colpa non perché, nel darsi a piaceri illeciti , violano leggi morali, ma perché sono incapaci
di goderne fi no in fondo ‘davvero’ in modo totale, perché si sentono inadeguati a mett ere in
prati ca l’imperati vo categorico del Codice Simbolico.
E questo è il caso di Raoul.

e. l’Altro, entro questo spazio simbolico, è vero che si presenta immediatamente come una
occasione (piccolo oggett o a)ma diventa in eff etti un ostacolo: l’armonia delle nostre vite
(da avvicinare alo modello leibniziano della ‘monade’ senza fi nestra sul mondo)sarebbe in
fondo facile da realizzare se non ci fosse l’incontro Traumati co con l’Altro, che sta lì a ‘pro –
vocarci’. A chiamarci ‘fuori’ dalla nostra monade.
Dunque l’Altro ideale, come dice Kierkegaard, è il vicino morto: fi n quando ‘mi serve’, bene,
altrimenti è un problema, da eliminare (e questo è quel che fa Raoul nel fi lm). Del resto
questa è la indicibile verità che sorregge la rappresentazione dell’Altro nell’odierno
att eggiamento liberal – tollerante verso gli altri: rispett o e apertura verso l’altro (fi n quando
‘sta alle regole’ mie), ma anche ossessiva paura della molesti a dell’altro (quando le regole
sono le sue).

3 Teoria del Sé: percetti vo, nucleare, autobiografi co (Damasio)

a. Base
b. Nucleare
c. Autobiografi co

4 Teoria delle Decisioni

a. La coscienza può operare in modo largamente indipendente dagli sti moli dal basso (quelli
della percezione sensoriale), sulla base di atti vità molto complesse che hanno origine nelle
aree superiori della corteccia e quindi sono di natura top – down, cioè cogniti va e non
percetti va.
Stando così le cose a volte rifl etti amo e facciamo progetti ignorando gli eventi esterni che ci
circondano, mett endo in forma solo delle ‘idee’ (immagini, reti ) che già esistono nella
memoria, richiamandole in modo esplicito e intenzionale oppure atti vandole in modo
casuale.
Infatti , secondo Timothy Wilson nella mente agisce anche un “inconscio adatt ati vo” (un
insieme di processi cogniti vi di alto livello simile all’inconsci preconscio di Freud) che
interpreta rapidamente l’informazione senza che ne siamo consapevoli. Così mentre ci
concentriamo consapevolmente su ciò che sta accadendo intorno a noi, l’Inconscio
Adatt ati vo fa sì che parte della nostra mente associ le informazioni coscienti con altre
latenti depositate in memoria, che cioè tenga traccia di ciò che sta accadendo altrove, per
assicurarsi che non sfugga qualcosa di importante. In parti colare sono le nostre decisioni si
basano su informazioni selezionate dal nostro inconscio cogniti vo adatt ati vo. L’inconscio
adatt ati vo lavora in tendem con la coscienza per guidarci in modi che ci rendono
‘intelligenti ’ più di tutt e le specie terrestri.
La relazione tra inconscio e conscio negli atti di decisione è, secondo Libet, la seguente:
quando prendiamo, ad esempio, la decisione di muoverci (conscio), il cervello una frazione
prima della decisione atti va un potenziale di prontezza, mett e cioè già in moto il corpo.
Questo però non conclude la faccenda, perché l’anti cipo è relati vo solo all’intenzione,
mentre l’azione vera e proprio può ancora essere controllata dalla coscienza. Insomma la
coscienza, poco prima che l’azione venga intrapresa, la coscienza (che entra in gioco più
lentamente) approva o vieta l’azione.
Negli anni Sett anta Kahneman e Tversky studiando proprio la logica delle decisioni scoprono
innanzitutt o che il processo decisionale è largamente infl uenzato dal modo in cui è
INQUADRATO il problema; secondariamente che due sono le procedure di base seguite nel
decidere, una veloce e una lenta. La prima è inconscia, intuiti va, veloce, automati ca
(inconscio adatt ati vo appunto), come nel caso della metafora, dell’analogia in generale. La
seconda è lenta, deliberata, e analiti ca (l’argomentazione), che valuta una situazione
uti lizzando le convinzioni esplicite e una valutazione delle alternati ve.

5 Società dello spett acolo

Per Guy Debord la società occidentale parla di democrazia ma è di fatt o sempre fascismo: le masse
vengono sempre più implicate nelle prati che comunicati ve, nelle decisioni, ma in modo puramente
‘pateti co’.

Il Potere si sott rae alla visione ( al controllo) dell’Opinione Pubblica e realizza al massimo, in epoca
di apparente totale trasparenza ed evidenza, la massima del Secretum Imperii, secondo cui le
decisioni di chi ha la responsabilità delle scelte politi che devono essere accuratamente nascoste alle
masse, in quanto portatrici sempre di passioni e per niente di logos.

Nella società contemporanea sembra che tutt e le masse siano coinvolte nella discussione pubblica:
televisioni, giornali, internet pullulano di opinioni, parole, interventi ..ma appunto le menti di chi
partecipa a queste manifestazioni sono state lentamente manipolate- nel tempo precedente - dalle
varie agenzie di formazione (dalla scuola ai media di vario ti po). I 1

sondaggi, le votazioni, le manifestazioni sono insomma solo fenomeni di risulta di azioni di


inculturazione profonda e lontana. Fare politi ca oggi, ad esempio, signifi ca scegliere Nomi , mentre i
programmi, le idee guida sono già state fatt e passare come ‘natura’.

Insomma altri, altve, decidono davvero; le masse ìassistono’ – ignave e contente – alle decisioni,
senza rendersene conto. Trascinate da passioni e non da analisi

SCENE

INIZIO
1

Piano americano, camera in movimento che accompagna due persone che camminano velocemente entro un
corridoio con molte robe d’accatto, niente di formato, solo resti. Sono pezzi dell’addobbo da teatro, da scenografia,
con legno, plastica: colori sfumati, tendenti al giallo debole, o bianco, marrone, sporco insomma.

Allegoria della situazione della società in Chile dopo la fine della democrazia.

Esistono pezzi del Mondo precedente, ma affastellati, spezzati appunto, senza la forma di prima, anche se
materialmente utilizzabili. Insomma un mondo post traumatico, in cui si constata che l’Ordine che c’era o si sperava
che ci fosse non esiste più.

Lo spazio: una sorta di sentiero obbligato, una single track, in cui si passa uno alla volta. Non gli spazi aperti delle
manifestazioni di massa, non una piazza politica, ma un semplice interno ristretto da percorrere seguendo qualcuno
che sceglie per noi. È la società dell’individualismo e dello spettacolo: l’individualismo da mercato, in cui il singolo non
fa altro che andare dove qualcuno gli dice di andare. Il destino del singolo è già segnato. Anzi è lui che decide di
seguire quel qualcuno che lo porta ad una meta. Il singolo imita senza nemmeno sapere bene. Ha una vaga idea della
direzione (un palcoscenico? Dove poter mettersi in scena, acquisire una evidenza, existere): si fida e acconsente, senza
commenti o domande.

Il movimento: intanto il nostro Eroe non precede ma segue. E va di spalle. In questo mondo di rifiuti il singolo non può
muoversi con chiarezza verso la direzione che vuole che sa o che cerca, ma è costretto a farsi guidare, a cercare
qualcuno che faccia da guida, un tutor. Di spalle vuol dire che non ha un volto: quel che conta davvero è il vestito
avvolto nella protezione che appoggia sulle spalle, la sua identità’ – per così dire- è nel vestito, quando lo indossa
ovviamente, come travestimento, come consapevole travestimento, come costruzione di una forma, che senza il
vestito non c’è.

Il tempo: non è propriamente un progetto, ma una performance, una pratica di addensamento del tempo. Quei minuti
sono una pienezza che emerge da minuti precedenti e seguenti senza pienezza, vuoti. L’idea di tempo implicita in
questa corsa è quella dell’Evento, della situazione che spezza la casualità del non senso e concede una precisa
direzione, la possibilità di ‘differenza’ nella situazione.

Al momento della sosta, il protagonista si trova in fila con altri, ai margini della scena di uno studio tv, dello spazio
sociale /media) da cui emerge oramai il Mondo. Sta ai margini, come detto, del Mondo / Scena di cui consiste la realtà
sociale contemporanea: ex – sistere, stare fuori, è la condizione che si realizza facilmente oramai proprio grazie ai
media; la scena teatrale dal ‘700 in poi appare come una metafora dello spazio sociale. Adesso non c’è più metafora:
la scena dello studio è davvero il Mondo e per entrare a farne parte occorre assumere un copione già dato, in questa
storia, quella del protagonista di un film hollywoodiano. Non un modello ‘locale’ ma globale, esotico insomma.

All’appello si presenta come Tony Manero, non con il suo nome: verrebbe da dire un nome de lume, se si trattasse di
uno scrittore che consapevolmente decide di dare forma ad una identità unica e inimitabile,; ma è in effetti la
copiatura di un modello, la ripeiziondi qualcosa che sta là fuori; ovvero va nella direzione opposta; non l’affermazione
della differenza in sé, la ‘affermazione di una ripetizione che, all’interno della situazione limitata della sua esistenza
quotidiana, gli consenta di emergere come differente. Un nome che lo trasporti altrove, che ne segni l’ideale
appartenenza ad una comunità ideale, quella dei media globali, non certo quella della Repubblica delle lettere.

La situazione si chiarisce meglio quando si affaccia sul set: si capisce che ci si trova in un teatro di posa televisivo. E che
si sta facendo uno spettacolo con dei sosia di personaggi famosi della tv (Chuk Norris è per il momento il modello da
ripetere).

E si capisce che la sua ricerca è in effetti uguale a quella di tanti altri: che la mimesis è competizione, gara, che
comporta un obbligo all’affettazione (occorrono due bottoni alla cinta e non uno solo, ricorda la produttrice televisiva,
cioè l’autorità esterna , la Legge del Padre, che impone la regola che vale in quanto regola), l’impossibilità di
sprezzatura (che se arriva è solo per involontaria approssimazione nell’imitare: mentre aspetta in fila con altri nota
come un protagonista dello spettacolo esca dal set con una palla argentata tra le mani, con mini specchietti che
servono a moltiplicare l’illusione della figura durante il ballo: per averlo, in mancanza di soldi si limita a prendere un
pallone e coprirlo di frammenti di uno specchio rotto per l’occasione: è l’abisso della competenza senza
comprensione, della meccanica riproduzione come base di produzione della ‘identità’) .

È l’occhio dell’altro quello che decide della supremazia, non il proprio. Raoul vuole essere Toni non per una profonda
possibilità di scoprire qualcosa del proprio io nascosto, ma solo per poter essere guardato dagli altri con la certezza di
valere quel che vale il modello. L’identità come identità degli altri.

Il colloquio

Più in generale, quindi, Raoul desidera quello che il sistema sociale gli ha insegnato a desiderare; il ‘proprio’ desiderio
è in effetti il desiderio di qualcun altro. E vuole cancellare le misere concrete occorrenze che la ‘natura’ e la ‘storia’ gi
hanno impresso come elemento di ‘differenza’: esita a dire la propria età alla produttrice che gli chiede informazioni
per riempire una scheda biografica, rifiuta di dire l’indirizzo e la professione. Raoul coscientemente nega la materiale
oppressione dell’esistenza storica (la povertà, il fallimento, il tempo9 e punta a porsi entro un modo fuori del tempo,
quale quello dei media, in cui Toni Manero è sempre tale e quale. Vuole cancellare semplicemente il presente a favore
di un Assoluto: che non è quello platonico che sta fuori la grotta, ma quello postmoderno che stà dentro il fondo della
grotta: l’Assoluto non è l’ontologica entità che sostituisce le ombre, ma proprio l’Ombra che sostituisce la materia
bruta. La Forma sempre: non però del Trascendente della Verità, ma del Trascendentale, cioè della Finzione
Consapevole.

“Cosa fai nella vita?” “Questo… lo spettacolo”. È lo scambio di battute finale del colloquio: ma queste parole sono
probabilmente una mirabile sintesi di quanto frulla per la testa dell’infinita massa di individui che oggi, nella
contemporaneità precaria e disillusa, lontani da ogni ambizione di fare la storia, cercano ‘se stessi’ nella pratica di
qualche attività artistica. Dalle più immediate e semplici (come ascoltare musica, ballare, partecipare a eventi di
cultura) alle più faticose (suonare, dipingere, fare foto, scrivere poesie, fare teatro), tutte consentono alle persone che
vi si impegnano di affermare “Faccio questo”.

La corsa

La scena successiva ci presenta una situazione chiaramente non proairetica, non necessaria dal punto di vista della
vicenda: Raoul semplicemente sta sul marciapiede di una strada qualunque della città, con il vestito sulle spalle, e
corre corre, prima a perdifiato, poi più lentamente e infine si ferma, chiudendo gli occhi.

La macchina da presa segue la figura dell’attore in un unico piano sequenza che sottolinea la necessità di considerare
come un unicum fluido gesti che se visti separatamente avrebbero altro senso possibile.

La scena successiva ci presenta R: che cerca un cinema dove proiettano La febbre del sabato sera.

In questa successione (dialogo, corsa, cine) si può cercare di trovare un senso alla scelta del regista: la corsa sfrenata
può essere segno dell’abbandono al pathos, all’emozione dominante, che segue al fatto di essere stato ammesso al
concorso della settimana seguente, al fatto di saper che in qualche modo entra dentro il mondo della finzione
perfetta; il rallentamento forse indica il fatto al pathos subentra la riflessione, la presa d’atto del problema concreto
davanti a cui adesso si trova; gli occhi chiusi la necessità di chiudersi alle percezioni della situazione contingente in cui
si trova (Santiago, un mondo tv in cui tra l’altro non si può parlare di politica) e quindi la necessità della ‘trascendenza’,
ovvero di spostarsi nel mondo dell’Assoluto. E quindi entra al cinema, oer rituffarsi ancora una volta nelle trame
modellatrici della vicenda di Toni Manero.

Nel cinema

Furto di caramelle. Sintomo della deregulation con cui ci si muove nello spazio sociale, della possibilità / necessità di
oltrepassare le regole (anche quelle minime di moralità quotidiana, come quelle della proprietà) per realizzare la
propria ‘passione’, il proprio desiderio. Fine del limite a livello antropologico insomma, più che fine della morale e
basta.
Ingresso, con la camera in movimento che accompagna da dietro R. mentre alza il pesante tendone ed entra nella sala
di proiezione: suito il sonoro e i colori di quel film, con R. che unico spettatore immediatamente ripete i gesti ritmati
del ballerino; e in un’altra scena ripete le parole di Toni che chiede alla ragazza di fare coppia e riceve un rifiuto.

È l’unico momento del film in cui gli occhi di R. brillano di qualcosa che somiglia ad una lagrima, in cui R. esplica allo
spettatore di avere delle emozioni, che agli altri nasconde.

Psicanaliticamente è lo ‘specchio’, la scena della rimozione originaria, che torna a imporsi. Un altro sintomo per dare
un significato a quello che appare strano: il rifiuto, la distanza, l’impossibilità del banale contatto con l’Altro (la
ragazza), l’impossibilità di veder così immediatamente riconosciuta la propria differenza, attiva la furia della
costruzione della propria differenza davanti all’altro, agli altri, in forme sostitutive.

Il personaggio del film hollywoodiano in fondo da volto forse proprio a quello che progressivamente sta per succeder
nel mondo occidentale: il fallimento della propria differenza, del proprio desiderio primordiale, il fallimento del primo
progetto che potrebbe riempire il Vuoto (Amore, Politica) spinge a cercare altre forme di affermazione della propria
differenza. Forme pronte là fuori, a portata di mano.

Sex drug & rock&roll per il movimento punk europeo (ovvero famiglia,slow food e concerti classici nella versione
politicamente corretta)diventano gli oggetti –a necessari per riempire il Vuoto scoperto nella delusione degli anni di
piombo, negli anni della restaurazione, delle deregulation, della ‘fine della Storia’.

Raoul trova il suo oggetto – a attraverso il pianeta Hollywood. Noi attraverso i pianeti dei media di ogni tipo, dai più
tradizionali (libro, classica)

Il rovesciamento della regola.

A casa fuma, davanti alla finestra, nudo e silenzioso. Pomeriggio. È la scena del ritorno alla situazione povera della
storia personale: solitudine, carenza di mezzi (appartamento spoglio e cadente), il fumo come unica ‘droga’ che
allontana dal’ che ottunde la percezione dell’immediato, la finestra aperta come soglia per l’altrove lontano più che
per le strade orrende della vicinanza. Ma pur sempre una situazione di ‘attesa’, di chi sta fermo ma sta in attesa con la
mente di qualcosa: l’occhio guarda fuori. Non ci sono parole a spiegare esattamente quel che pensa R. ma è lo
spettatore che colllegando le immagini in sequenza, filtrandole con le sue immagini, può dare significato a quanto
vede.

Urla di una donna aggredita: il rumore del mondo. Lo spettatore segue il movimento di R. che si alza e con lui assiste
alla scena di qun gruppo di giovani che assale una donna anziana. R: precipitosamente indossa i pantaloni, scende e
l’aiuta a tornare a casa. In questo caso l’orizzonte d’attesa dello spettatore medio (che si aspetta sempre che in una
storia il protagonista sia o buono o cattivo) sembra trovare conferma: è vero R: è triste e sconfitto, ma probabilmente
è un buono, che conserva la capacità di empatia, di riconoscere negli altri i segni della sua stessa condizione di
sconfitto. Aiuta la donna a tornare a casa; sembra una azione da boy scout. Le stesse parole della donna (“sono
terribili”)portano lo spettatore a sistemarsi in questa attesa. R. farà qualcosa di compassionevole.

E una volta a casa effettivamente il colloquio sembra proseguire sulla linea della ‘regolarità’, di persone per bene che
si riconoscono nella propria prevedibilità, nella loro ‘compassione’, che si aiutano a vicenda: la vecchia regala una
scatoletta di cibo a R., R. accarezza la gatta della signora, R. e la signora si sistemano in poltrona a guardare la tv.
Insomma un vero interno borghese, condito da spirito di solidarietà, di identità, di patriottismo (proprio come recita la
vulgata sovranista dei nostri ultimi anni): ma già dentro questa scena di ‘normalità’ la sceneggiatura inserisce dettagli
che anticipano quanto sta per succedere. Ad esempio il fatto che in tv si dia notizia del riconoscimento di un ballo
tradizionale (la cuenca) come elemento della identità della patria, sembra un dato folkloristico, ma in effetti già
innesta una linea ermeneutica. Lo spettatore già sa della passione di R. per la dance music e può già mettere a
confronto le due informazioni, magari arrivando a concludere sulle prime che davvero R. è una persona perbene, che
pur essendo così diverso nei gusti dalla signora, sta lì a condividere con lei il suo tempo: in fondo la musica è il bello
che accomuna tutti. In effetti nella semiotica del film, la musica ha una importanza centrale: la sua presenza costante
in tutte le situazioni, sta lì a ricordare in generale quanto sia naturale come soluzione di ordine (di consolazione) di
fronte al disordine delle cose; quanto alle sue diversificazioni stilistiche, sta lì a proporre diverse epistemologie ed
etiche. Così la cuenca e la dance music appaiono, sul finire degli anni Settanta in Cile, segni particolari di due modi
diversi di creare ordine, due mondi complementari e contrapposti, due modi diversi di guardare all’umano, l’uno (la
cuenca) che insiste sul locale, l’altro (la dance music) che insiste sul globale; l’uno che rinforza il principio della
chiusura e della separatezza, l’altro che afferma il principio della mescolanza e contaminazione. A legare le due
proposte (come già accennato) il principio (propriamente da Ur – Fascismo) della prevalenza del Pathos sul Logos, il
concetto cioè che fondamento della convivenza umana siano i sentimenti e non i ragionamenti, la pienezza delle
passioni e non le distinzioni del ragionamento, il corpo e non la mente.

Sul momento, nella scena del film, come già detto, sembra prevalere questa complementarietà, che consente delle
differenze, ma superficiali: in qualche modo se differenza c’è tra cuenca e disco music è quello proprio delle invariabili
differenze che ci sono sempre state tra le generazionali, quelle tra chi si proietta alla Tradizione e chi si avvicina alla
Modernità.

Questo stimmung cambia all’improvviso, quando la vecchia, dopo aver ricordato di essere vedova di un ufficiale
dell’aviazione, allude agli occhi azzurri di Pinochet: è allora che, senza dir nulla, repentinamente R. prima dà (sembra
dare) solo un buffetto scherzoso alla vecchia, quasi come a rimproverarla per una sciocchezza appena detta (e sembra
allo spettatore che ossa essere in R. la gelosia da maschio a farlo muovere); poi si alza e in un furore del tutto inatteso
la picchia. L’inquadratura evita di far vedere la vittima e si limita a far vedere le mani insanguinate dell’uomo.

Il rovesciamento è totale: lo stupore nello spettatore è totale. Si attiva inevitabilmente, in questo spostamento, il
bisogno di capire: ma non ci sono parole a render chiaro l’accaduto, solo altri gesti di R. che si guarda intorno e si
carica sulle spalle il televisore, nuovo, a colori e se ne torna a casa. Lo spettatore è chiamato evidentemente a mettere
da parte l’emozione e cercare di analizzare la scena, a cercare di considerare i dettagli, la loro combinazione, per
formulare qualche ipotesi.

Quel che è accaduto ha o no cause riconoscibili? si è trattato di un attacco improvviso di follia o è la conseguenza di
una serie di cause difficilmente riconoscibili?

Partendo dall’ipotesi propria della texlinguistik che ogni atto di comunicazione nasce da una intenzionale (consapevole
o meno) e dalla certezza che un artista è abbastanza consapevole delle scelte di contenuto e di forma della sua opera,
possiamo ipotizzare che Larraìn voglia dirci che l’atto di apparente follia di Raoul è semplicemente il portato di tutta
una serie di eventi politici che da lontano continuano a dettare ancora le scelte. Come dice la teoria del prospetto di
Tversky e Kanheman, è proprio l’inconscio cognitivo che fa da propulsore nelle nostre scelte, è proprio il quadro
complessivo della situazione a indirizzare le nostre scelte: appunto le emozioni di lunga durata spingono ad agire,
determinano il passage all’acte.

Allora il semplice riesame dei particolari sopra indicati suggerisce che la furia di R. nasce più che dal cinismo estetico
del presente (la voglia di partecipare al concorso tv) dall’Evento Politico non nominato ma che fa da sfondo: c’è un
passato che ignoriamo (il golpe del ’73) e un presente che entra ogni tanto in scena (i terribili cui accenna la signora –
“lei m’intende” – sono i comunisti; l’ordine assicurato dal governo). Certo è che R. non esce di casa per rubare il
televisore di cui non sapeva l’esistenza, ma lo ruba alla fine di una serie di piccoli eventi che glielo fanno riconoscere –
per usare il linguaggio di Lacan - come un petit objet-a, un oggetto che tra i tanti presenti nella casa della vecchia si
propone nella mente di R. come unico oggetto del desiderio, attraverso una procedura metonimica (il televisore è
l’oggetto parziale che rappresenta il mondo della tv in cui aspira ad entrare).

A scatenare la violenza sono probabilmente proprio i riferimenti che la signora fa al passato e al presente (pensione
dal marito ufficiale, la lode agli occhi di Pinochet) nonché la notizia ‘banale’ sulla cuenca a far scattare il risentimento:
la perdita del Paradiso (la rivoluzione di Allende) appare come lo sfondo indicibile da cui scaturiscono tutte le scelte di
vita di R.

Il suo passage all’acte è un segno del modo ‘estetico’ con cui il nuovo individuo della globalizzazione agisce (anzi
omeostaticamente re – agisce) alla situazione di mancanza di prospettive che si è creata intorno a lui (fine dell’ideale
dell’internazionalismo, fine del mito umanistico del riconoscimento dell’Altro, fine dell’ideale del Progresso):
limitazione del campo (solo il privato), limitazione della meta (il proprio ‘benessere’, la propria felicità, una solo attività
specifica), limitazione del tempo (solo il presente). Entro questo nuovo ‘mondo’ le regole diventano appunto quelle
del cinico stare al di là delle regole e della piena realizzazione del desiderio.
Le scelte particolari di Raoul, la danza e la violenza (diretta nel caso della vecchia più o meno indiretta in altre
situazioni), sono solo esempi particolari di quello che avviene negli anni Settanta anche il Italia: il terrorismo e il
riflusso sono fenomeni equivalenti della violenza e della passione per la danza di Raoul. La Cacciata dall’Eden sperato,
promesso, agognato, porta l’uomo massa a due forme di violenza, apparentemente opposte ma sostanzialmente
analoghe nell’identificazione del proprio obiettivo, la conquista del proprio oggetto del desiderio: il deserto del reale
viene riempito o con l’esplosione della pulsione di morte, o quella immediatamente distruttiva del terrorismo, o quella
dilatoria del consumo, sintetizzabile nello slogan del sex drug & rock&roll .

Anche la violenza in questa scena presenta del resto due facce: da un lato quella rozza e casuale dei ladri di strada
(spiegabile con i ragionamenti alla Beccaria, con i loro probabili bisogni elementari di sopravvivenza materiale),
dall’altro quella, dall’altra quella di Raoul che viene dal di dentro e non serve a risolvere problemi immediati ma dare
sostanza ala necessità simbolica, ancor prima che materiale, del prevalere (cioè dell’aver il controllo, almeno
simbolico, sulle cose). E proprio questo tipo di violenza (simbolica più che fisica) diventa la manifestazione più
evidente del cinismo di R. segno di uno stile di vita che consente la costruzione dell’identità nella linea del ‘godimento’
ovvero del ‘prevalere’ appunto.

Abusare della fiducia che gli altri hanno in lui, approfittare del kairòs, sfruttare ogni occasione che consenta di
accrescere la propria identità di ‘artista’, di uomo faber, di uomo di successo. Il successo si costruisce a danno degli
altri, l’unico principio è l’efficienza e non la morale.

La quiete dopo la tempesta.

a. Ancora dentro la casa della signora.


Si fuma una sigaretta. Con calma condivide con il gatto la scatoletta scaduta che la donna gli aveva offerto
come ricompensa per il suo aiuto. Si mette a guardare alla tv un programma sportivo.

Un vero e proprio ricettario del come dare densità al presente, di come anestetizzare le contraddizioni del
momento: la droga che offusca la percezione del mondo, il cibo come riempimento immediato
dell’organismo che ‘sente’ emozioni, lo ‘spettacolo’ come specchio che ci insegna a desiderare quel che
dobbiamo desiderare (lo sport, nel caso specifico, come meta che sostituisce la sfida sociale di base, quella
socioeconomica, con il suo sostituto simbolico).
b. Per strada.
Televisore in spalla, la macchina segue il suo procedere rapido e ansioso, rasente i muri delle case, muri
incrostati di resti di manifesto strappati, di una comunicazione ormai azzerata. Ad un tratto l’avvicinarsi di un
camion di soldati, il nascondersi in un androne.
Ecco l’ordine sociale realizzato dal golpe. Minaccia, ovvero rinforzo della paura, limitazione delle scelte dei
singoli.
Così meglio si comincia a ricostruire lo sfondo sociale della Perdita subita da R. e la logica delle sue azioni.
Rintanarsi in angoli bui, costruirsi un cantuccio privato, entro cui, organizzare un proprio ordine: l’estetica al
posto della politica e dell’etica.

Lo spazio ristretto

Il luogo dove R. costuisce il suo ordine è un ristorante che offre anche nmusica ai suoi clienti.

C’è la proprietaria, che chiede a R. di organizzare uno spettacolo, poi una coppia di donne (una madre e una figlia) e un
giovane che fanno gruppo con R. come compagnia di danza.

R. comanda gli strumenti per fare musica: gli altri ballano sul palco, chi più chi meno impegnato. La madre si offre ma
R. non fa una piega. Battibecchi tra ragazzo e donne: gli rimproverano di essere comunista, di preferire la musica
etnica. R. invita tutti ad andare a vedere il film con Travolta: “Toni, lui sa”
Quando R. prova passi di ballo cade sulle tavole del palco e preso da furore lo distrugge; “qui è tutto marcio”,
“puttana” “puttana sarai tu”.

La scena consente di capire come R. (l’uomo estetico, l’homo psycologicus) vivendo tutto sulla base delle emozioni
presenti, non possa che avvertire come gabbia lo spazio sociale in cui si trova a vivere. E come la sue frustrazioni
portino a inevitabili aggressività nei confronti del vicino, del più vicino, e alla idealizzazione di quello che è lontano- “E’
tutto marcio” non si riferisce al pavimento, effettivamente marcio, ma all’ambiente, alle relazioni, alle cose pensate,
alle cose sognate, al fatto banale – per i tragici greci – che il mondo /qualunque mondo umano) è marcio, pieno cioè di
imperfezioni, di situazioni che rivelano il gap che esiste tra Codice Simbolico e cose.

C’è l’altrove (Hollywood), c’è l’Eroe (Toni) che per fortuna consentono di pensare che il marcio dipende da ‘qui’, da
quello che ci circonda: basterà andare altrove e tutto si risolve. E così il desiderio di R. diventa quello di Toni: il ballo,
come perfezione estetica che cancella gli obblighi etici e politici, come refugium a portata di mano. Il ballo come
professione, al posto della professione: il godimento come fine e non come ostacolo, il godimento portato in cima alla
gerarchia dei valori. Se nella società moderna la virtù massima è l’astinenza, adesso la virtù massima è l’eccesso.

Le relazioni tra i partecipanti del gruppo sono allora inevitabilmente solo relazioni umorali, senza assunzioni di
responsabilità. La proprietaria del bar richiama R. alla responsabilità di un impegno da rispettare (lo spettacolo del
sabato sera) ma lui si abbandona al godimento senza ritegno per la furia della frustrazione, della necessità di
rimuovere in qualche modo l’ostacolo che gli ricorda l’estraneità dall’Eden sognato. Non per niente la padrona del bar
lo chiama , stranamente, con l’epiteto di “puttana”: ovvero riconosce in lui non il prezzolato, ma quello che si dà
semplicemente al piacere, che si vende non per necessità ma per gusto personale (successivamente si capirà il motivo
di questo epiteto, da prendere davvero alla lettera: la padrona del bar gli ha comprato il vestito è pretende da lui
prestazioni sessuali, che del resto non è in grado più di fornire, avendo diretto tutta la sua carica sessuale sull’oggetto
di godimento feticcio vestito / ballo).

Mezzucci

Il progetto: dall’etica all’estetica.

a. La necessità dello spettacolo impone il rifacimento del piano del palcoscenico. R. va da un vetraio per cercare
qualcosa che gli consenta di evitare di rompersi le gambe ma soprattutto di imitare fino in fondo la scena del
film, con le luci che attraversano il vetro con cui è fatto il pavimento della pedana da ballo
Vetraio : mercato regolare. Costi eccessivi. Relazioni impersonale.
Ricettatore: mercato irregolare, scambio (tv per vetro)invece che denaro. Ma relazioni personali (qui il prezzo
lo faccio io)
b. La tintura dei capelli
- Notte. Corpi esposti di donne, con ammirazione per le tette della ragazza
- Bagno. Musica (Gigolò, “sei felice”) come sottofondo per aggiustamento, correzione del Reale. La Finzione
come tecinica consapevole di costruzione di un Ordine inesistente
- La madre della ragazza si preoccupa di un progetto che potrebbe essere etico (una famiglia?)“la gente non
pensa al futuro. Dobbiamo andarcene da qui, solo noi due in fretta, il tempo passa, tu stai invecchiando”. Ma
la sua offerta di godimento comune (sesso, fellatio) è rifiutata. “apparteniamo tutti alla stessa comunità” “io
non più”.
“mi porti a rivedere il film?”“sei abbastanza grande, vacci da sola”. “sai che c’è? Siamo la stessa cosa, io e te”
c. Fuga dal bar, nuovamente film. Scena del crocefisso. Lagrime del sacrificio. L’imitatio Christi come modello
del Viaggio dell’Eroe della Modernità, come colui che a differenza dell’Eroe del mito tradizionale si sacrifica
non per confermare l’ordine esistente, ma per cambiare quello che c’è. Così laicamente nasce l’idea stessa di
uomo moderno, e così ancora si conferma lo schema per l’uomo postmoderno. La tua individualità va
costruita sacrificando una parte di te, eliminando quella parte delle pulsioni organiche che ti riportano
all’indifferenziata condizione di ripetizione di quello che fanno (hanno fatto) gli altri. Le lagrime sono allora il
segno di come questa consapevole scelta di sacrificio vada consumata tutta all’interno della caverna buia
delle ombre che ci dominano. La caverna buia di Platone non è un male, ma il posto in cui davvero si
costruisce l’identità. La rinuncia alle passioni immediate, in fondo è il verbo platonico, raccolto da Cristo (ama
il prossimo e non prevali sul prossimo, significa rinunciare a quello che chiamiamo istinto), è quanto di fatto
suggeriva Diogene il Cinico. È quanto in effetti ha scelto di realizzare, nella lurida perfieria dell’urbanità
contemporanea, l’esteta che a differenza dell’esteta ottocentesco non si abbandono a tutte le emozioni, ma
ne isola una e su essa edifica, per così dire la sua chiesa, il suo culto. La ricerca della Gloria
d. Il bottone: la perfezione, l’eccesso dell’appiattimento nella ripetizione dello schema. Diremmo il
conformismo, se parlassimo di sociologia, diremo il kitsch visto che nella testa di R. si tratta di ‘arte’. Ovvero
l’affettazione del mediocre, che pensa che imitare significhi solo ripetere i gesti materiali e non intendere gli
scopi che si possono realizzare anche con mezzi diversi. Cucirsi un secondo bottone in una parte del vestito
che nessuno vede, tra l’altro, nasce proprio dal fatto che non si tratta di rièetere e basta, ma di vero culto,
vero scambio del profano per il sacro: non so perché e per come, ma se i bottoni sono due, vanno rifatti i due
bottoni. Ecco lo stile di vita dei milioni di uomini massa che vanno tutti dietro le mode e le tendenze…
e. Il ballo da solo: la canzone che ricorda la situazione del figlio che se ne è andato via di casa. È il tema
profondo della possibilità da parte del figlio di liberarsi della Tradizione, di rifiutare le regole, i vincoli della
trasmissione ereditaria di legami e di obiettivi. Il crocefisso di cui si parla nel film di Toni è qui identificabile
nella perdita del conforto dei sentimenti, delle passioni che ognuno cerca e vuole dare. La tua individua zione
estetica, costruita cioè sulla realizzazione del tuo pieno godimento, si realizza paradossalmente attraverso la
rinuncia a tutti i godimenti immediati, che ereditati come obblighi appunto, e nella scelta di un tuo oggetto
del desiderio che viene da lontano, da fuori, che ti spersonalizza appunto e però davvero ti conduce in terreni
lontani dalle coattive abitudini del sempre, della famiglia, del visino, della comunità
f. Furto. Insegue un conoscente di Goyo, sta per aggredirlo, ma quuesti viene malmenato e buttato già da una
scrpata. È uno di quelli che fa resistenza al regime (questo è il motivo del contatto con Goyo), ma a lui
interessava solo per la possibilità di ricavare altra energia economica (denaro) dall’Altro. Quando lo ritrova
malmesso in fondo alla scarpata, ruba un orologio da polso e una catenina e scopre i manifestini politici.
Capisce allora che davvero Goyo oltre alla dana, ha un obiettivo politico, quello del Sogno Perduto per lui,
quello di cambiare il mondo: qui si riattiva il gap generazionale, nel senso che l’uomo maturo è l’uomo
dell’autunno, della delusione, mentre il giovane è l’uomo dell’entusiasmo, della pienezza vitale.Poi medita
solo e fumando grigio sullo sfondo del fiume che passa (il divenire, a cui lui dà un ordine con queste violenze)
g. Prove .
Gli altri provano i passi, la madre segretamente cerca ancora di costruire una situazione di cppia a danno
degli altri (anche della figlia). E R. comincia a parlare loro in inglese: di fatto ripete le parole del film. Cerca
naturalemtne non di dire cose funzionali, ma solo di costruire una situazione, una stimmung, in cui emergano
valori altri, di quell’altrove di perfezione a cui già ben chiaro, ma per gli altri vago contenuto di qualcosa di
strano.
h. Rifiuto della proposta borghese di una vita in famiglia (la padrona del bar immagina che per ‘amore’ lui si
sarebbe potuto unire a lei
i. Pallone da ricoprire di specchietti rotti: segno del Kitsch, come detto
j. Offerta della ragazza nuda, bagnata per la pioggia, con Goyo che aiuta lea gente ad attraversare la strada:
accuse alla polizia che non fa niente rimprovero della padrone del bar che difende l’esistente (tutto funziona)
k. Distruzione dell’ostacolo: Violenza contro chi ha sostituito la Febbre con Grease. Furto della pellicola di
Febbre Aguirre sullo sfondo. Al momento del furto, lo sfondo impone di sguincio il cartellone di un film di
Herzog, Aguirre – Furore di Dio, come a sottolineare la lontana origine di questo agire banale da ladruncolo:
- Il suo furto non è per necessità materiale, ma per ambizione di senso, per affermazione di una teleologia
fissativa. I nostri distruttivi modi di rapportarci ai nostri piccoli oggetti a quotidiani, se traguardati entro
questo sfondo figurale della modernità, acquistano una dimensione di sintomo specifico, di sintomo appunto
dell’allontanamento dalla adattabilità dell’evoluzione (dall’apertura al kairòs), della ossessiva ricerca di una
meta qualunque come ‘strumento di pienezza’.
- E quindi la distruttività, esplicita nella storia di Aguirre il conquistatore, verso gli altri e verso la natura,
riemerge meno esplosiva in tutte le nostre pratiche quotidiane di competizione, di autoaffermazione (di
carriera, di imprese)
- La ‘centratura’ come chiave della modernità, la prospettiva centrale come unica chiave di strutturazione
dell’ordine, sono la fonte originaria dell’eccesso teleologico contemporaneo che si affisa su piccoli oggetti - a
piuttosto che su grandi progetti . Con la Modernità insomma eravamo obbligati ad essere conquistadores
spietati e lucidi per realizzare l’ideale dell’homo faber; con la Tarda Modernità siamo obbligati ad essere
sempre spietati e lucidi, ma nelle vite private.
l. La conferma di questa visione delle cose si ha quando a casa, i giovani propongono duna coreografia tutta
nuova inventata da loro e lui si limita ad argomentare un “ma tutto questo non c’è nel film”. La sprezzatura
appartiene ai giovani che imitano aggiungendo e togliendo qualcosa al modello, mentre il maturo uomo
deluso è capace solo di affettazione.
Solo che nel buio della stanza, l’esame dei fotogrammi alla ricerca della ripetizione rivela che la fluidità è solo
una illusione, che in realtà ci sono solo frammenti. Una sorta di involontaria ‘analisi’ che decostruisce
l’illusione della pellicola proiettata e rinfocola la dimensione della finzione, della faticosa spezzettatura dei
dettagli che sottostanno alla ‘illusione’ della fluidità empatica del film in proiezione.
m. Questa affettazione è espressa pienamente dalla pervicacia con cui insite R. a ripetere la base di vetri
illuminati sul palco del bar. Per farlo torna un’altra volta e un’altra ancora fino a che non completa il progetto
e alla realizzazione finalmente si ferma, si stende anzi sulla base di vetro. Quando va a comprare la seconda
trance di mattoni di vetro per il pavimento, trova il prezzo rialzato, e allora rimette su un nuovo progetto: a
sera con orologio prende pezzi da carne, con cui ammansire i cani del ricettatore, che poi colpisce nel sonno
per prende quel che vuole. Ecco che da solo sul pavimento di vetro illuminato, nudo, finalmente ripete le
mosse del film proprio come desidera da tempo: si sdraia sul vetro, ne vuole assorbire il contatto fisico.
Immergersi in quel piccolo spazio è di fatto toccare l’ordine perfetto del Paradiso Sognato. Luci a ritmo, come
la musica, il ritmo banale del di si/no, senza linee di direzione, con l’annullamento del tempo, de – finizione
dello spazio, e denudazione dell’Io che senza veti si dà all’Autentico Bello.

n. Lo Spettacolo.

Ancora contrasto tra lo spirito comunitario di Goyo (che esorta gli altri a stare uniti come una famiglia, con il
rimbrotto di Coni “ sembri un prete”) e l’individualismo di R. che si presenta con una camicia rossa mentre gli
altri vestono di bianco secondo accordo
“La vita ci dà una possibilità” . C’è nelle parole di Goyo, il resistente, la logica dell’esistenza che si protende
nel tempo alla maniera di Badiou, che pensa che il divenire sia un procedere casuale e ripetitivo non aver
senso: e che l’Evento sia la variazione da questa caotica casualità, quindi la nascita della Coscienza (e
l’avvento di Cristo forse): tradotto nella sequenza di una qualunque esistenza condannata alla competenza
senza comprensione dell’evoluzione adattativa, significa che solo se ci si ‘fissa’ ( se si resiste alla
trasformazione senza direzione) se si cerca di dare una direzione alle cose che accadono, si realizza davvero
un Evento, qualcosa che modifica in modo consapevole il tran tran della ripetizione obbligata dell’omeostasi
della sopravvivenza e del prevalere. Il paradosso è che questo Evento si dà, si può dare, solo se ci si attacca
cinicamente alla ‘scoperta’ della legge ontologica della ripetizione e la si fa diventare la cifra simbolica che dà
una meta. Il paradosso sta nel fatto che dalla fissazione della ripetizione emerge una (intenzionale)
adattazione, e si trasforma il ciclo in direzione.
Quanto al contenuto specifico (la danza di febbre) è solo l’ironica messa in chiaro da parte dell’autore che il
contenuto è secondario, anzi tanto meno alto è meglio è perché consente di andare al nocciolo della
questione: cioè che la cinica necessità di perseguire la meta è più importante della ‘cosa’ concreta su cui ci si
fissa. “Siamo” proprio questa fissazione, pare voler dire l’autore, e a questa fissazione diamo tutto, in
termini di efficienza ed efficacia: altro che virtù e parole sublimi. Questo è il punto (si ricordi la ‘citazione’ di
Aguirre)
o.
Post spettacolo.
Dapprima il corpo, cibo, vino poi i sentimenti (malinconia dalla canzone in spagnolo, “è troppo tardi per
sognar”; Coni canta prima da sola poi con la figlia rivolta a R. ”ti ho dato il mio corpo”. Ai sentimenti seguono
passage a l’acte senza controllo: ballo di Raoul con Pauli, cambio di corpo; salita in camera da letto e tentativo
fallito di sesso; infine la ragazza fa da sola. Il godimento è un fatto singolare. “non esiste relazione sessuale”.
L’Altro è puro strumento. Quello che di fatto ha appena comunicato R. a Coni, adesso senza parole lo
comunica Pauli a Raoul.
Lo stato di esposizione al godimento senza freni è dettato dal dionisiaco, dall’abbondanza di vino bevuto, che
rende prevalenti le emozioni, che hanno la meglio sui sentimenti e sul Logos.
Pauli si masturba per eliminare la tensione omeostatica determinata dall’eccitazione determinata dal vino e
dalla canzone e dalla situazione di tutta la serata. La masturbazione è l’atto abissale che rivela il Vuoto,
ancora una volta, che è alla base del desiderio: è un puro abbassare la tensione, non una specifica
storicizzazione a guidare il godimento in questa o in quella direzione . Nella situazione ci può essere questo o
quello a rendere pieno il vuoto, ma in fondo l’altro è solo un ‘accidente’ casuale, di cui si può anche fare a
meno. Cinismo alla Diogene appunto. ovvero, per dirla con Lacan, “non esiste relazione sessuale”

p. La mimesi come competizione


- Prima tra donne: il corpo da desiderare finisce per essere motivo di sfida anche tra madre e figlia, che porta
infine alla denuncia alla polizia per le attività di opposizione politica dei ragazzi
- Poi tra maschi: Goyo da solo, senza la protezione coattiva di Raoul, sta per partecipare al concorso tv; R. gli
rovina il vestito e va senza la sua concorrenza.

q. Lo spazio sociale finale.


- da un lato il privato invaso dalla polizia, con da un lato il controllo del potere sui singoli, l’annullamento dei
diritti individuali /al privato); dall’altro l’accentuazione della competizione tra singoli (anche al di là della
relazione naturale della famiglia) – lo stato che è ormai solo controllo delle regole imposte dal governo,
impedimento delle anomalie, delle differenze
- Dall’altro lo spazio pubblico. Non più la piazza, ma la tv quello dei media , dove la differenza consiste daì’altra
parte nella ripetizione meccanica dell’unico modello proposto dal mercato. Oggi Toni Manero, ieri Cuck,
domani chissà; ma sempre una stessa procedura, dove il ‘merito’ consiste nell’essere uguale al modello, nella
ripetizione. Ed il modello viene da lontano, ad accentuare l’illusione di ‘sacralità’ e con essa la possibilità di
attribuire gli insuccessi alla situazione presente in cui ci si trova, la necessità di apprendere come impegno
etico fondamentale quello di essere ‘imprenditore di se stessi’
r. In tv
Ma l’esito di questa strategia di piccolo cabotaggio non può che essere che la delusione, il disincanto. Non
vince : perché non si vince tutti, ma solo uno e una volta che si perde non rimane davvero nulla. Il vuoto
appunto come constatazione della preconscia condizione di Non senso e Non direzione delle cose che
accadono
La solitudine del cinico proiettarsi senza considerazione per l’altro se non come mezzo e come solidarietà
possibile.
Sul bus osserva la situazione del vicitore che torna ad essere il marito semplice di una coppia dopo aver
giocato. E forse vede l’inutile del suo fissarsi.

CONCLUSIONI PROVVISORIE

La storia di Toni Manero disturba lo spettatore medio: gli propone infatti una rappresentazione asciutta della
macchina del Super – Io che guida tutte le sue azioni. Egli in genere pensa di essere una ‘bella persona’, mosso com’è
da intenzioni di chiara moralità; egli si vede come un Soggetto Responsabile, autodeterminato, capace di decidere
della direzione delle sue azioni. Ma naturalmente questa chiarezza è figlia diretta della profondità con cui ha
introiettato le regole dell’ambiente in cui è cresciuto, in cui ha fatto esperienze, in cui ha imparato a distinguere tra
regole ed errori. Insomma la sua auto – determinazione è solo la rappresentazione superficiale della dipendenza dal
Super Io, dall’ingiunzione castrante a stare dentro un preciso territorio sociale, a vedere il Bello e Buono messo in
forma dal Codice Simbolico entro cui ha sviluppato il proprio Immaginario come un dato di natura. Toni
semplicemente impone la presa d’atto di cosa significhi accettare la castrazione simbolica che tutti ci governa dal
momento in cui diveniamo ‘adulti’, maturi anzi, come si dice: la possibilità / intenzione di cambiare le cose, propria
della gioventù che cresce proprio nella ricerca di altro dalle abitudini già trovate, viene progressivamente attenuata
fino ad essere sostituita dalla accettazione dell’esistente. E questa stasi consentendo proprio grazie al suo
riduzionismo (alla banalizzazione di ciò che è complesso) un qualche controllo delle tensioni, comporta davvero la
conquista di uno ‘star bene’, uno ‘star bene’ che deriva proprio dalla conquista di una condizione di prevedibilità e di
regolarità, uno spazio sociale di sopravvivenza in cui riti e miti determinati consentono di avere l’impressione di avere
conquistato la giusta Verità. Quiete questa che naturalmente vive solo a condizione di evitare ogni elemento che
rinnovi tensione: a partire quindi da quanto si mostri diverso dal previsto. Le persone mature (questo dice la vicenda
di Toni) hanno davvero sofferto nel conquistare questa posizione: ma resistono fortemente ad ogni distorsione della
Figura delle cose che si sono costruiti.

Toni è perturbante perché fa quello che fa sotto la guida rigorosissima (perfetta si dovrebbe dire) del Super Io: nel
passato è stato – ovviamente - giovane anche lui; anche lui – come è biologicamente naturale -con passioni e
ambizioni di rinnovamento; ma le ha perso oramai (come testimonia la scena in cui attraverso la mimesis del
crocefisso di cui parla Toni conquista la consapevolezza della necessità della perdita di una parte di sé per diventare un
Sé autobiografico); con la maturità ha sacrificato i sogni e si è semplicemente adeguato alle regole del gioco sociale.
Dopo la sconfitta di Allende e la vittoria di Pinochet, non è semplicemente cambiata la scena politica, bensì la scena
antropologica: se Allende era (è ancor oggi nell’Immaginario del Soggetto che si assegna il ruolo dell’homo faber)
icona dell’eccentricità propria dell’umano, Pinochet era / è segno della centratura (della fissazione) propria
dell’organismo animale entro cui abitiamo e da cui vorrebbe allontanarsi l’homo faber. La pulsione di morte nella sua
forma più pura(la tendenza a ricercare sempre e ancora sempre solo il prevedibile, la conferma dell’ordine passato) si
è ormai affermata nel suo ideologico furore distruttivo contro ogni apertura verso il Nuovo, verso il Terrore del Nuovo:
e ha imposto violentemente un ‘ritorno all’Ordine’, un disincanto dalle utopie, una regressione al piccolo cabotaggio,
alla gestione modesta della situazione limitata del biografico. Toni sceglie consapevolmente di adottare la veste del
funzionalista, del tecnico, dell’efficiente padrone del proprio destino all’interno di un Mondo dai confini netti e dalle
precise regole evoluzionistiche: mors tua vita mea.

Le persone mature, quelle che noi definiamo mature, hanno tutte subito un trauma del genere. La scoperta che i loro
(nostri) desideri incontrano ostacoli insormontabili, li porta (ha portati) ad attenuare progressivamente la proiezione
verso il futuro di lunga gittata, a ridurre non la quantità ma la qualità dei desideri: non più la voglia di fare la storia
(migliorare l’esistenza per tutti), ma quella di cambiare (migliorare) la propria esistenza personale all’interno
dell’esistente. Obiettivi a portata di mano, insomma che, seppure affermati col manto di parole e forme ‘sublimi’,
limitano le prospettive della propria vita all’essenza propria della sopravvivenza organica: soddisfazione dei bisogni
biologici, attenuazione dello stress (anestesia), e esasperazione dei sensi (estetizzazione). L’affermazione cercata non è
più quella delle proprie idealità, ma quella della propria superiorità personale: il successo non la gloria, la carriera non
il servizio.

E la chiave morale di questa condizione è l’eccesso, tanto quanto precedentemente il limite: il rifiuto della sofferenza
porta alla ricerca dell’anestesia, la pienezza già cercata con l’investimento nel futuro lontano viene adesso trovata nel
superamento illimitato dei limiti. Insomma al Finito (conquistato con sofferenza) si contrappone un cattivo Non Finito,
alla ponderatezza la frenesia, alla meta come cambiamento la ripetizione ossessiva dello stesso.

Ecco come si spiega il gran successo che ha nei consumi culturali della contemporaneità il termine IDENTITA’. Difesa
del presente, nonostante tutto, pur nel movimento di superficie: viaggi, appuntamenti al buio, esotismo estremo, no
limits, imprese ai limiti dell’assurdo… tutto un movimento per occultare il Terrore del Vuoto.

Anestesia ed estesia dunque costruiscono il mondo dell’Adulto contemporaneo: movimenti opposti, figli della natura
omeostatica dell’organismo che noi siamo. Da un lato il bisogno di fuggire dall’eccesso di stress emotivo (paura, non
controllo, non prevedibilità), dall’altro bisogno di raggiungere il godimento nella forma più immediata e facile: stasi e
moto, due procedure necessarie per sopra - vivere, per darsi la possibilità di assumere un ruolo di controllo dello
stress e del godimento che fondano le esistenze organiche. Movimenti che nell’insieme ripropongono la figura chiave
della vita in quanto tale: aggiungere e levare, prendere energia e liberarsi delle scorie, avvicinarsi all’Altro e
allontanarsene.

Cibo e musica ne sono le ‘figure’ facili, più a portata di mano; la parola e la lentezza le forme difficili, dure da
conquistare. Ma anche le prime - attraverso le parole- vengono trasformate, negli adulti, in forme difficili, elitarie, al
punto da nascondere la loro sostanza primordiale di bisogno e apparire artifici dell’umano più raffinato. Lo slow food,
la passione per l’enologia, le ideologie vegane sono solo alcuni degli infiniti esempi del come l’adulto contemporaneo
in Occidente arrivi a nascondere la brutalità meccanica del modo in cui cede al sopravvivere con sofistiche e sofisticate
retoriche filosofiche che impongono al fine una vera e propria ideologia 10.

Le persone adulte, con la loro inconsapevole difesa del presente, nella loro smania di ‘felicità’ immediata, secondo
Badiou finiscono per allontanarsi dalla strada che porta alla ‘felicità reale’:
“La parola “incontro” è essenziale. Un amore, un tumulto, un poema: tutto questo non si deduce, non si distribuisce nella serenità autorizzata delle
assegnazioni; questo li incontra e dal violento rovesciamento della vita immediata deriva un accesso singolare ed universale all’Assoluto. Ogni
felicità reale avviene nell’incontro contingente, non vi è alcuna necessità nell’essere felici. Solo gli individui “democratici” del mondo nella pace
delle leggi, dei contratti, del multiculturalismo e delle discussioni tra amici. Non vedono che vivere è vivere assolutamente, e che dunque nessuna
confortevole oggettività può assicurare questa vita. Bisogna correre il rischio di diventare Soggetto. Occorre, come ci insegna Kierkegaard,
“l’incertezza oggettiva tenuta ferma nell’appropriazione della più appassionata interiorità”.

La biologica ricerca della sicurezza porta alle trionfanti esaltazioni dell’esistente, all’affermazione del Realismo: e
questo è quanto avviene nel Raoul che accetta l’esistente (la violenza e l’ingiustizia come ‘oggettività’ reale) e
realisitcamnte evita il riscio, evita l’incontro con il Non Finito e assume la dura etica di imitazione del potere,
lucidamente consapevole di non star procedendo verso la felicità, ma solo verso l’esecuzione della Legge del Padre 11.

Ma, chiede Badiou, “perché chinarsi di fronte a ciò che è, per la sola ragione che questo è?”. Accettare l’esistente,
ovvero le forme che le varie società hanno elaborato per attenuare il terrore del futuro imprevedibile, significa di fatto
sottomettersi:
“Il “realismo” economico e politico è una grande scuola di sottomissione. L’individuo può sguazzarci e il soggetto non vi può accadere. Poiché un
soggetto nasce dall’incontro non calcolabile di un possibile ignorato, al quale si annoda un divenire – soggetto”

Le culture insomma, tutte quante, si propongono e impongono come “civiltà”, come “ordine naturale” e consentono
al singolo che vi si sottomette, di ‘sguazzar’ dentro le forme (regole) proposte, come in un locus amoenus. L’equivoco è
(a livello di società e di singolo) vederle come assoluti (verità) e non come prodotti storici, cioè frutto di prospettive
nate entro un limitato mondo e perciò imperfette. Il singolo, quando acquista la dimensione autobiografica (quando è
in grado dopo il trauma della scoperta della non corrispondenza tra il Codice Simbolico e il divenire di scegliersi un
copione), quasi sempre finisce per accettare il copione prima rifiutato da ragazzo perché ritenuto ingiusto: ormai
maturo ritiene ormai che quello ricevuto sia ‘naturale’, e da persona ‘matura’ mira da allora in poi a frenare ogni
cambiamento, a irridere gli sforzi dei giovani.

La persona matura è tale perché semplicemente accetta i limiti spaziotemporali entro cui fare esercizio di ‘felicità,
quelli dell’esistenza del singolo e dello spazio sociale esistente: così l’adulto limita definitivamente il campo della sua
vita sociale(piccole comunità, gruppi di amici, associazioni sportive, piccole Patrie…), partecipa con cura ai riti che
confermano nella ripetizione la propria specifica identità (feste, gite, adunate, convegni, manifestazioni, simposi…) e
conferma ritmicamente i miti identitari (le fedi) del proprio locus (democrazia, fascismo, liberismo, cristianesimo,
musulmanesimo, scoutismo, tifo per questa o quella squadra…).

Ecco la Legge del Padre che ormai introiettata nel profondo viene vissuta dall’adulto con la pienezza di chi la conosce
tanto bene (sa quanto sia al fondo forzosamente convenzionale) che sa usarla con misura ed evitare la fissazione. Per
evitare gli eccessi che possono scaturire dalla sua applicazione letterale, sanno che è bene – nel quotidiano -
allontanarsene: si dice in pubblico che qualcosa è il Bene, ma in privato si fa ricorso al Male (l’eccezione che conferma
la regola, ci diciamo).

Le cose ‘normali’ sono a tal punto così (cioè dichiarare e infrangere contemporaneamente, nel profondo invisibile
dell’inconscio cognitivo, una regola) che quando qualcuno si attiene in modo letterale alla Legge del Padre, ce ne
sentiamo turbati e lo si indica come matto, folle, fissato. Una figura del genere è proprio Cristo che appare scandaloso

10
L’amore per gli animali: cresce tanto quanto l’insofferenza per gli altri uomini: infatti gli animali non possono parlare
econfermano sempre le attese dei loro padroni. La ricerca della campagna, della montagna, del deserto: varianti
postnoderne del mito classico del locus amoenus: più alzo recinti più evito afgli altri di rompermi le scatole. Ma
spessissimo sono proprio questi difensori estremi della Quiete, della Meditazione (che belle parole) a mostrare
indignazione verso quegli stati che alzano muri per difendere la propria quiete (La siepe di Pascoli!!!)
11
I Padri de Il Nastro bianco mostrano lo stesso consapevole cinismo di fondo: sanno di essere costretti a rinunciare a
una parte consistente delle passioni per poter in qualche modo adeguarsi al reale, al duro reale, per poter in qualche
modo avere davanti agli occhi non l’asimmetria del Divenire, ma un Mondo, in cui ogni cosa è assegnata per sempre
ad un posto, senza rischi. l’ordine asimmetrico del divenire
(all’epoca, ma anche oggi, al punto da essere identificato come Dio, cioè diverso dall’uomo comune imperfetto)
proprio perché esegue in modo perfetto quanto richiesto da Dio Padre già ad Abramo (il sacrificio del figlio). E una
figura del genere è a modo suo anche Toni Manero, che esegue l’ingiunzione del padre (Pinochet), ovvero del cinico
perseguimento del proprio Bene. Certo diversi sono i padri, per così dire, ma non i risultati: Dio Padre, chiede al Figlio
il sacrificio di sé ; così chi ha il potere (Pinochet , ovvero il neoliberismo) chiede a Toni (ognuno di noi) il sacrificio della
morale a favore dell’efficienza.

In conclusione Toni Manero può essere proposto come Icona del modo di essere adulto della postmodernità, modalità
che consiste nel perseguire come telos non il miglioramento del mondo, ma la gestione efficiente del presente, come
è ‘naturalmente’.

Non la giustizia, non i Diritti, ma la legge del più forte, il cinico narcisismo. Non l’Altro, ma l’Io, anzi il Super Io. Non il
progresso sociale ma la carriera.

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