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Caratteristiche della professionalità docente:

Saper spiegare bene e con autorevolezza;


Motivare all’ascolto e allo studio;
Convincere anche i più distratti a seguire le lezioni ed impegnarsi;
Coinvolgere e gratificare;
Saper gestire la classe;
Far rispettare le regole evitando il caos e la confusione;
Deve creare un clima sereno e saper ascoltare i propri studenti;
Aiutarli a crescere;
Sviluppare le loro qualità e i loro talenti;
Deve saperli consigliare e capire quando hanno un problema diventando punto di riferimento anche
per la famiglia.
• L’insegnante ideale è tranquillo, paziente, non perde mai la calma, è equilibrato.
•Non ha pregiudizi, preferenze, è imparziale con gli student
•Sa sempre dare risposte perché sa più cose degli studenti.
•Difende sempre i propri colleghi davanti alla classe, anche se non è d’accordo, perché gli studenti
devono avere un fronte unico
Strategie didattiche che consentono una gestione della classe
Si può definire «gestione della classe» tutto ciò che l’insegnante mette in opera per stabilire e
mantenere un ambiente favorevole all’attività di insegnamento.
Per gestire una classe correttamente bisogna fare in modo che l’alunno abbia interesse della
materia, ma per farlo è fondamentale il lavoro del docente. Il docente deve trasmettere passione e
sicurezza in quello che fa.
L’insegnante non deve solo spiegare la lezione anzi deve relazionarsi con i suoi alunni, deve
sollecitare la partecipazione di tutti, ad esempio, facendo delle domande.
Nella gestione di una classe è importante indicare quali sono gli obiettivi da raggiungere, esporre
quali saranno gli argomenti che verranno trattati, ma soprattutto perché si trattano, perché sono così
importanti, a noi sembra ovvia la risposta, ma è in questo modo gli studenti si sentono coinvolti.
Per gestire una classe, bisogna instaurare rapporti positivi con gli alunni, perché solo un ambiente
sereno porterà ad un ambiente fruttifero.
L’insegnante ideale è colui o colei che motivi gli alunni, mostri passione nella sua materia e crede
che possa cambiare e migliorare la società in cui viviamo, perché i nostri studenti saranno i futuri
medici, dirigenti, commercianti.
Principali riforme e leggi della scuola italiana
L’obbligo scolastico in Italia venne introdotto con la Legge Casati, promulgata dal Ministro della
Pubblica Istruzione Gabrio Casati nel 1860.L’istruzione elementare divenne gratuita, obbligatoria
solo per gli alunni dai 6 ai 7 anni ma presente solo nelle città aventi oltre 4.000 abitanti o sedi di
istituti di istruzione secondaria.
Succ nel 1877 venne promulgata la Legge Coppino, che portò l’istruzione elementare da 4 anni a 5
e l’obbligo scolastico a 3 anni. Tale legge è ritenuta importantissima per l’istruzione italiana in
quanto contribuì ad innalzare il tasso di alfabetizzazione.
L’istruzione nella prima metà del ‘900.
Nel 1904 la Legge Orlando portò l’obbligo scolastico fino ai 12 anni ed obbligò i comuni ad istituire
istituti elementari almeno fino alla quarta classe.
La legge Daneo-Credaro del 1911 fece divenire statali le scuole elementari, fino a quel momento
gestite dai comuni, seguita nel 1923 dalla riforma Gentile. Quest’ultima venne promulgata durante
il governo Mussolini.
Ecco come la riforma Gentile ripartì la scuola:
 scuola materna: della durata di 3 anni
 scuola media inferiore (ovvero la scuola elementare): della durata di 5 anni
 scuola media superiore
 liceo classico, della durata di 3 anni; liceo scientifico, della durata di 4 anni; istituto tecnico,
conservatorio e istituto magistrale, della durata di 3/4 anni.
Tale riforma sancì l’obbligatorietà scolastica fino ai 14 anni.
Nel 1928 venne istituita la Scuola di avviamento professionale che, dopo la scuola elementare,
introduceva i ragazzi al mondo del lavoro o agli istituti tecnici.
La scuola italiana fino al 1997.
La seconda metà del ‘900 .Ecco di seguito le più importanti:
– la sopracitata Scuola di avviamento professionale venne abolita nel 1962, con la riforma della
scuola media. Tale riforma prevedeva un’unica tipologia di scuola media che permetteva agli
studenti di accedere a tutti gli istituti superiori.
– Nel 1969 gli accessi all’università vengono estesi anche agli studenti provenienti da qualsiasi
istituto superiore, togliendo il privilegio al liceo classico.
– Nel 1974 vengono approvati i decreti delegati, che introducono le seguenti figure:
 i rappresentanti dei genitori.
 i rappresentanti del personale ATA
 i rappresentanti degli studenti delle scuole superiori
– La legge Falcucci, del 1977, introdusse l’assegnazione di docenti di sostegno alle classi che
comprendevano studenti diversamente abili.
– Nel 1979 il latino venne rimosso dalle discipline autonome delle scuole medie.
– Nel 1997 Luigi Berlignuer, ministro della Pubblica Istruzione, emanò il “Documento di discussione
sulla riforma dei cicli di istruzione”.
– Nello stesso anno, con la Legge 10 dicembre 1997 n. 425, venne riformato l’esame di maturità:
la riforma introdusse tre prove scritte e un colloquio. Il punteggio passò dai sessantesimi ai centesimi,
e l’esame di Stato veniva valutato da una commissione composta per metà da membri interni e per
metà da membri esterni. Il Presidente era compreso tra questi ultimi.
La riforma Berlinguer.
Berlinguer, con il Documento di discussione sulla riforma dei cicli di istruzione, dichiarava la
volontà di annullare la distinzione tra formazione culturale e formazione professionale e la necessità
di introdurre un’istruzione (successiva alla scuola materna) a due cicli oppure a ciclo unico. Il
primo prevedeva un ciclo base, per studenti fino al tredicesimo o quattordicesimo anno d’età,
ed un ciclo secondario, fino ai 18 anni. Il secondo prevedeva un’istruzione progressiva dai 6 ai
16/17 anni.
Il 3 giugno 1997 il governo , con la presentazione della “Legge Quadro in materia di Riordino dei
Cicli dell’Istruzione”, scelse di introdurre il sistema educativo a due cicli, il ciclo primario ed il
ciclo secondario.
Ecco di seguito quali erano gli obiettivi di questo sistema educativo.
Ciclo primario
Il primo ciclo aveva lo scopo di promuovere la formazione della personalità di ogni studente
favorendo l’alfabetizzazione e l’apprendimento di conoscenze fondamentali. Un altro obiettivo
era quello di favorire la nascita di un’attitudine positiva all’apprendimento, allo scopo di riconoscere
i valori della convivenza civile e democratica.
Ciclo secondario
Aveva lo scopo di consolidare l’istruzione acquisita durante il primo ciclo e fornire le
competenze necessarie ad affrontare gli studi universitari o il mondo del lavoro, a seconda degli
obiettivi e delle capacità di ogni alunno. Il ciclo secondario si articolava in 6 macro aree. Ecco
quali:
 umanistica
 scientifica
 tecnica
 tecnologica
 artistica
 musicale.
La riforma Berlinguer, approvata nel 2000 ma mai entrata in vigore, interessò anche le università,
nelle quali vennero introdotte le lauree triennali e le specialistiche. Inoltre l’obbligo scolastico venne
portato a 16 anni.
La riforma Moratti del 2003.
Nel 2001, con la legge 28 marzo 2003 n. 53, Letizia Moratti, la nuova Ministra della Pubblica
Istruzione, abolì la riforma Berlinguer ed effettuò diversi cambiamenti sull’ordinamento
scolastico.
Ecco di seguito i principali:
 Scuola dell’infanzia: venne consentita l’iscrizione di bambini dai 28 mesi in poi, contro i
precedenti 36;
 Scuola primaria: venne introdotto lo studio dell’inglese e l’utilizzo del computer fin dal
primo anno, l’esame del 5° anno venne abolito e al suo posto venne introdotta una valutazione
biennale;
 Scuola secondaria di primo grado: le ore di insegnamento della seconda lingua passarono
da 3 a 2, venne introdotta una valutazione al secondo anno e l’esame di Stato al termine del
terzo;
 Scuola secondaria di secondo grado: venne introdotta l’alternanza scuola-lavoro negli
istituti professionali e la possibilità di cambiare indirizzo senza perdere i precedenti anni
scolastici ma sostenendo un esame sulle materie non trattate nella scuola precedente;
 Università: nel 2006 venne introdotta l’idoneità scientifica nazionale, requisito fondamentale
per accedere ai concorsi per professori universitari.
Le riforme relative al secondo ciclo di istruzione vennero frenate nel 2006 dal nuovo Ministro
dell’Istruzione Giuseppe Fioroni.
La riforma Gelmini.
Nel 2008 la nuova Ministra Mariastella Gelmini diede il via ad una nuova riforma riguardante
l’istruzione italiana. Tra i cambiamenti che al tempo fecero maggiormente scalpore troviamo
il ripristino del maestro unico, del voto in condotta e dei voti in decimi.
La Buona Scuola.
Nel 2015, con la Legge 13 luglio 2015 n.107 promulgata durante il governo Renzi, vengono elevati i
compiti ed i poteri dei dirigenti scolastici, visti come “leader educativi”.
Per quanto riguarda gli studenti, viene introdotta la possibilità di personalizzare, a seconda degli
obiettivi di studio o lavorativi e se previsto dall’istituto di appartenenza, il piano di
studi. L’alternanza scuola-lavoro viene resa obbligatoria agli studenti provenienti da qualsiasi
istituto, non solamente dagli istituti tecnici.
Per quanto riguarda gli insegnanti, viene proposto un piano di assunzioni per oltre 100.000 unità.
Inoltre la formazione dei docenti in servizio viene resa “obbligatoria, permanente e strutturale“.
Con la Legge n. 107/2015 vengono stanziati 90 milioni di euro dedicati all’innovazione scolastica e
alla creazione di laboratori territoriali.
Nel 2016, durante il Governo Gentiloni, la senatrice Valeria Fedeli diviene la nuova Ministra
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la quale prosegue la “riforma Buona Scuola”
emanando i decreti legislativi della Legge n. 107/2015. Tali decreti entrano in vigore il 31 maggio
2017.
Il candidato descriva i punti forza e di debolezza della formazione del docente così come si prospetta
nell’attuale sistema scolastico:
PUNTI DI FORZA
METODOLOGIA E DIDATTICA I docenti adeguano la didattica al contesto socioculturale degli
alunni e del territorio; verificano la corrispondenza tra quanto programmato e quanto realizzato dagli
alunni; utilizzano varie metodologie didattiche
VALUTAZIONE I docenti usano diverse tecniche e strumenti di valutazione, coinvolgono gli alunni
nelle attività di valutazione, usano descrittori di valutazione condivisi con i colleghi, dell'interclasse,
dell'istituto
FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO La maggior parte degli insegnanti ritiene valida per la
professione la formazione ricevuta, ma sente la necessità di integrarla con varie modalità, quali
letture, corsi di aggiornamento partecipazione a convegni,….
RELAZIONI CON I COLLEGHI Le relazioni con i colleghi sono improntate al reciproco rispetto e
alla collaborazione
RELAZIONI CON GLI ALUNNI I docenti hanno buoni rapporti con gli alunni e apportano
modifiche alle attività didattiche tenendo conto delle difficoltà e delle problematiche riscontrate
ORGANIZZAZIONE Il 61% dei docenti ritiene che l'organizzazione della scuola non è competenza
di altri ed il 97% ritiene che il POF risponde alle esigenze e ai bisogni dell'utenza
PUNTI DI DEBOLEZZA
RAPPORTI CON L'ISTITUZIONE Il 24% dei docenti riconosce di apportare pochi contributi
personali alle decisioni degli Organi Collegiali. Il 31%dei docenti ritiene che il Dirigente Scolastico
promuova poco la collegialità nella risoluzione dei problemi educativi-didattici .Il 21% dei docenti
ritiene che il D.S.G.A. collabori poco con loro per la soluzione dei problemi nella scuola e per il 18%
è poco adeguata la ripartizione del personale ATA per la sorveglianza ai piani
USO NUOVE TECNOLOGIE Il 22% dei docenti non possiede una competenza informatica tale che
consenta di usare le nuove tecnologie con sicurezza Il 29% ritiene che la postazione informatica è
poco funzionante Il 22% usa poco il PC per la preparazione delle lezioni; il 24% fa poco uso nelle
attività di posta elettronica ed il 21% utilizza poco Internet per la pratica didattica
RAPPORTI CON I GENITORI Per il 18% riflettono poco un clima di dialogo e di reciproco ascolto
e consentono poco la ricerca di soluzioni per problemi connessi alla vita scolastica
ORGANIZZAZIONE Il 43% non è disponibile ad assumere funzioni gestionali
IL CANDIDATO ILLUSTRI LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA
PROFESSIONALITA’ DOCENTE COSI’ COME OGGI VIENE A DELINEARSI
Il docente ad oggi non può essere semplicemente considerato un portatore di conoscenze culturali e
didattiche, ma racchiude un insieme di competenze (comunicative, cognitive, relazionali, sociali,
riflessive, empatiche) che esprimono il sapere giusto da usare nel momento giusto. L’insegante può
definirsi un’artista, nel momento in cui prevale creatività nel lavoro in classe o ingegnere, in cui
prevale un’organizzazione più tecnica. Può definirsi “scaffolder”, cioè fornire solo un’impalcatura di
conoscenze per poi lasciar emergere la progressiva autonomia dell’alunno. Sono tutte caratteristiche
che dovrebbero delineare la professionalità del docente, il cui obbiettivo dovrebbe essere quello di
creare un co-costrutto con i propri ragazzi, in maniera attiva, rendendoli partecipatori e andando
sempre a stimolarli, a “renderli” curiosi non solo del sapere ma anche della vita.

2) IL CANDIDATO ILLUSTRI LE STRATEGIE DIDATTICHE CHE CONSENTONO UNA


GESTIONE DELLA CLASSE PARTECIPATA
Un buon presupposto per poter definire una lezione partecipata è di pensare la lezione come un gioco.
Vi sono due tipologie di partecipazione alla lezione mediante la conversazione: le known-information
questions e le answer-seeking questions. Nel primo caso l’insegnante fa partecipare gli alunni
ponendo loro domande di cui conosce già la risposta; nel secondo caso si tratta di domande interessate
alla risposta, presupponendo che non si sappia ciò che si chiede. Cambia quindi il rapporto con il
sapere che non è del tutto definito, ma affidato alla co-emergenza di significati in parte già dati, ma
in parte no.
Un’altra strategia che può essere messa in atto è quella del circle time: i bambini disposti in cerchio
danno l’idea di attivare la partecipazione. Con questo metodo si possono acquisire la capacità di
rispettare il pensiero dell’altro esprimendo il proprio, la capacità di mediare tra più idee, di rispettare
il tempo degli altri, di non deridere idee e sentimenti diversi dai propri, di parlare nel gruppo. Vengono
enfatizzate abilità sociali quali: il conoscersi e fidarsi degli altri; il comunicare con chiarezza;
l’accettarsi e sostenersi a vicenda; il risolvere i conflitti in maniera costruttiva. Il ruolo
dell’insegnante, che fa parte del gruppo, è quello di facilitatore della comunicazione. Il tema della
discussione può variare liberamente: argomenti di interesse di tutto il gruppo oppure riferirsi
all’organizzazione e alla gestione degli spazi comuni o interessare stati d’animo e pensieri del singolo
individuo.. La scelta del tema può avvenire per votazione, o per programmazione. In questo caso
vengono utilizzate nella gestione della discussione due tecniche: il Problem-solving e il Role-play. Il
Problem-solving attiva una dinamica in più tappe: esposizione del problema, proposta delle soluzioni,
considerare aspetti positivi e negativi, scelta delle soluzioni più idonee, messa in atto di quest’ultime
e constatare i risultati ottenuti. Il Role-play è un gioco di ruolo, una drammatizzazione per simulare
situazioni, individuare soluzioni insieme.
Un’ ulteriore strategia che si può utilizzare è quella definita come flipped classroom : in questo caso
l’apprendimento non parte da ciò che l’insegnate sa, ma da ciò che gli studenti sanno; l’insegnante da
uno stimolo iniziale e gli studenti lo elaborano in maniera autonoma definendo così l’apprendimento
come un qualcosa di co-costruito e non trasmesso. (l’idea che si trasmette agli studenti è che loro
sono importanti, hanno un valore)
3) IL CANIDATO ILLUSTRI LE PRINCIPALI RIFORME DELLA SCUOLA ITALIANA
 L’OBBLIGO SCOLASTICO IN ITALIA VENNE INTRODOTTO CON LA LEGGE
CASATI (1860). IN QUESTO PERIODO L’ISTRUZIONE ELEMENTARE DIVENNE
GRATUITA, OBBLIGATORIA SOLAMENTE PER I PRIMI DUE ANNI SU 4 MA
PRESENTE SOLAMENTE NELLE CITTÀ AVENTI OLTRE 4.000 ABITANTI O SEDI DI
ISTITUTI DI ISTRUZIONE SECONDARIA. QUEST’ULTIMA ERA PRESENTE IN
TUTTI I CAPOLUOGHI DI PROVINCIA.
 LA LEGGE COPPINO (1877) PORTÒ L’ISTRUZIONE ELEMENTARE DA 4 ANNI A 5
E L’OBBLIGO SCOLASTICO A 3 ANNI. TALE LEGGE È RITENUTA
IMPORTANTISSIMA PER L’ISTRUZIONE ITALIANA IN QUANTO CONTRIBUÌ AD
INNALZARE IL TASSO DI ALFABETIZZAZIONE.
 LA RIFORMA GENTILE (1923) la cui scuola si basa SU QUATTRO PILASTRI:
-CENTRALITÀ DELLE DISCIPLINE SCOLASTICHE E DELLA FIGURA DEL
MAESTRO
-MODELLO TRASMISSIVO DELLA DIDATTICA
-SCUOLA ELITARIA (“POCHE SCUOLE MA BUONE”)
-SEPARAZIONE TRA IL FARE ED IL PENSARE (TRA SCUOLE PROFESSIONALI E
LICEI)
 Legge Ermini (1955) prevedeva la dottrina cattolica come fondamento e coronamento
dell’istruzione; intuizione, fantasia, sentimento
 La riforma Berlinguer (1997) prevede:
- autonomia scolastica, con introduzione dei Crediti formativi
- obbligo scolastico 15 anni
- obbligo formativo 18 anni
- ciclo dell'infanzia – triennale, non obbligatorio
- scuola di base dai 6 ai dodici anni
- ciclo di istruzione secondaria dai 12 ai 18 anni, con riduzione degli indirizzi sia liceali sia
tecnico-professionali
- Università/Istruzione post-secondaria/formazione tecnico-professionale
 LEGGE MORATTI 2003: DELEGA AL GOVERNO PER LA DEFINIZIONE DELLE
NORME GENERALI SULL’ISTRUZIONE E DEI LIVELLI ESSENZIALI DELLE
PRESTAZIONI IN MATERIA DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE. La
riforma Moratti e Gelmini (2000-2011):
- autonomia scolastica
- privatizzazione delle scuole
- diritto-dovere all'istruzione ed alla formazione fino ai 18 anni di età
La Buona scuola (2017): insieme integrato di competenze, connotative dell’identità e
dell’epistemiologia professionale degli insegnanti (competenze di ordine culturale e disciplinare,
competenze psicopedagogiche, competenze metodologico/didattiche, competenze organizzative,
competenze relazionali, competenze riflessive).
I 12 punti cardine:
- Autonomia scolastica
- Il ptof
- Il curriculum dello studente
- Alternanza scuola-lavoro
- Innovazione digitale e didattica laboratoriale
- Organico dell’autonomia
- Il superpreside
- Piano da 100000 assunzioni
- La carta del docente
- Agevolazioni fiscali
- Edilizia scolastica.

4) Rousseau. Emilio, primo alunno della scuola italiana


Il tema fondamentale dell' "Emilio" consiste nella teorizzazione di un'educazione dell'uomo in
quanto tale attraverso un suo "ritorno alla natura". Ovvero Rousseau mette in evidenza i bisogni più
profondi del bambino valorizzando le caratteristiche specifiche dell'infanzia. Per lui il bambino è al
centro della riflessione pedagogica. Egli teorizza una serie di modelli educativi "uomo – cittadino",
complementari e alternativi. Inoltre, alla base di questo romanzo vi è un'accesa polemica contro la
pedagogia di quel tempo. Rousseau, quindi, attua una critica nei confronti dei Gesuiti e dei collegi
sostenendo che le tecniche educative da loro attuate sono artificiali e trascurano i veri bisogni
dell'essere umano.
5) Don Milani. Che cosa ha rappresentato la scuola Barbiana?
La decisione di fondare la scuola Barbiana fu presa per formare nei ragazzi il senso di legalità, mentre
dall'altro per sviluppare la volontà di leggi migliori. Faceva leggere ai suoi allievi dei quotidiani
e ciò permetteva ai suoi ragazzi di sviluppare il linguaggio e
di migliorarlo, oltre che prendere coscienza dei problemi sociali e capire come affrontarle.
Don Milani inoltre voleva che i suoi alunni fossero padroni del linguaggio perché solo
in questa maniera potevano comprendere realmente il linguaggio contenuto nella parola di Dio. La
scuola che il priore istituì a Barbiana si svolgeva tutti i giorni dell'anno. Si svolgeva
da aprile a ottobre all'aperto mentre durante l'inverno si svolgeva dentro i locali della chiesa. L'orari
o della scuola era il seguente 8 -19 e 30 con una breve interruzione per il pranzo. Questa era una
scuola particolare, senza voti nè pagelle nè il rischio di bocciature. Don Milani con questa scuola
voleva lasciare un'eredità ai suoi ragazzi cioè quella di trovare di lavorare in mezzo agli
sfruttati e di capire come non sia necessario essere per
forza insegnanti per educare, poiché non bisogna fare, ma bisogna essere per
educare. L’argomento della lezione diventa secondario perché ogni occasione è buona affinché i
ragazzi imparino qualcosa. L'importante è ottenere una partecipazione attiva e collaborare. La chiave
più importante della scuola però è l'amore poiché l'educatore deve amare i suoi ragazzi e inoltre è
importante per Don Milani far capire ai suoi ragazzi di essere superiori e non inferiori ai ragazzi
di città, siccome egli reputa che la vita di questi ultimi con i suoi agi, comodità, li rovini e non
li agevoli.
6) Dewey. Imparare facendo

Secondo John Dewey, gli alunni sono in grado di imparare meglio quando hanno l’occasione di
sperimentare e di essere protagonisti attivi. L’attivismo pedagogico è un approccio pedagogico che
stimola l’apprendimento attraverso il fare. Dewey in sostanza dice che la conoscenza è importante,
ma il nostro rapporto con il mondo è anzitutto un rapporto pratico.

7) Vygotskij: perché per l’autore è importante il linguaggio?

La funzione del linguaggio per Vygotskij, è la comunicazione sia nei bambini che negli adulti, e
quindi anche il linguaggio del bambino è sociale. All'inizio il linguaggio assolve solo una funzione
sociale, ma progressivamente si sviluppa anche una funzione intrapersonale. All'inizio
il linguaggio ha solo una funzione sociale, ma poi si sviluppa anche una funzione intrapersonale.
Per Vygotskij, lo sviluppo del linguaggio, è il risultato di un'azione di promozione sul bambino da
parte dell'adulto.

Piaget e il linguaggio egocentrico di un bambino


Piaget considera il linguaggio di un bambino egocentrico, perché consiste in una specie di monologo
che il bambino rivolge a se stesso, senza preoccuparsi che gli altri lo comprendano, né che gli
rispondano. Il bambino è incapace di vedere le cose dal punto di vista di un altro.
L’egocentrismo linguistico col tempo si atrofizza perché il linguaggio segue l’evoluzione del
pensiero. La condizione necessaria per passare dal linguaggio egocentrico a quello socializzato è
costituita da un mutamento qualitativo del pensiero. Per Piaget lo sviluppo del bambino, sia esso
mentale o linguistico procede da sé, purché il bambino possa disporre di adeguate esperienze
8) Piaget: le fasi dello sviluppo psicologico del bambino.
Secondo Piaget lo sviluppo cognitivo si verifica attraverso l’assimilazione di informazioni e gli
scambi che avvengono direttamente con l’ambiente, permettendo in questo modo di strutturare delle
rappresentazioni mentali, schemi cognitivi, ben organizzati. Di conseguenza si determinano 5 stadi o
periodi di crescita intellettiva, aventi diversi livelli di funzionamento cognitivo che si sviluppano
durante il corso della vita.
1. Fase senso-motoria, che varia dalla nascita ai 2 anni di età. Durante questa fase il bambino passa
dall’uso dei soli riflessi, o istinto, alla ripetizione di una serie di comportamenti per osservare quali
possano essere le conseguenze degli stessi prima sul proprio corpo, e poi su oggetti facenti parte
dell’ambiente esterno.
2. Fase preconcettuale, dai 2 ai 4 anni di vita. Durante questa fase il pensiero è egocentrico,
l’infante pensa che tutti possano conoscere i suoi pensieri o desideri, e potenzia il linguaggio
attraverso l’acquisizione di maggiore lessico, ma non è in grado di passare dal ragionamento generale
al particolare e viceversa.
3. Fase del pensiero intuitivo, varia dai 4 ai 7 anni di vita. Con l’avvento della scuola materna si
ha un maggiore bagaglio di conoscenza, ma il pensiero non è ancora reversibile. Infatti, il bambino
non è in grado di mentalizzare l’azione compiuta verso uno scopo o fine.
4. Fase delle operazioni concrete dai 7 agli 11 anni. Durante questa fase aumenta la coordinazione
tra le azioni compiute e il pensiero induttivo si evolve passando dal particolare al generale e viceversa,
ma i processi cognitivi sono ancora legati alle azioni e quindi vincolati ad una fase puramente verbale.
5. Fase delle operazioni formali dagli 11 ai 14 anni. Durante questa fase si sviluppano: la capacità
di giudizio, la relatività dei punti di vista, le operazioni sui simboli e l’attività di misurazione.
9) Bruner. Argomenti una delle teorie più importanti dell’autore “Tutto può essere insegnato a tutti”
tutto può essere insegnato a tutti in qualsiasi età purché il contenuto sia tradotto in forme di
rappresentazione adatte; è possibile accelerare i processi di apprendimento, quindi non è mai troppo
presto per introdurre l'alunno nel mondo del sapere.
10) Gardner. Elenchi le 9 intelligenze multiple dell’autore.
1. Intelligenza Linguistica: è l’intelligenza legata alla capacità di utilizzare un vocabolario chiaro ed
efficace. Possono averla poeti, scrittori, linguisti, filologi, oratori.
2. Intelligenza Logico-Matematica: È l’intelligenza che riguarda il ragionamento deduttivo, la
schematizzazione e le catene logiche. La possiedono solitamente scienziati, ingegneri, tecnologi.
3. Intelligenza Spaziale: concerne la capacità di percepire forme e oggetti nello spazio. Chi la
possiede, normalmente, ha una sviluppata memoria per i dettagli ambientali e le caratteristiche
esteriori delle figure, sa orientarsi in luoghi intricati e riconosce oggetti tridimensionali secondo
schemi mentali piuttosto complessi. La possiedono scultori, pittori, architetti, ingegneri, chirurghi ed
esploratori.
4. Intelligenza Corporeo-Cinestesica: coinvolge il cervelletto, i gangli fondamentali, il talamo e vari
altri punti del nostro cervello. Chi la possiede ha una padronanza del corpo che gli permette di
coordinare bene i movimenti. Ce l’hanno in misura peculiare ballerini, coreografi, sportivi, artigiani.
5. Intelligenza Musicale: normalmente è localizzata nell’emisfero destro del cervello, ma le persone
con cultura musicale elaborano la melodia in quello sinistro. È la capacità di riconoscere l’altezza dei
suoni, le costruzioni armoniche e contrappuntistiche. La possiedono prevalentemente i compositori,
i musicisti e i cantanti.
6. Intelligenza Interpersonale: coinvolge tutto il cervello, ma principalmente i lobi pre- frontali.
Riguarda la capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze, le paure, i desideri nascosti, di creare
situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli sociali e personali vantaggiosi. È presente in
maggior misura in politici, leader, imprenditori di successo, psicologi.
7. Intelligenza Intrapersonale: riguarda la capacità di comprendere la propria individualità, di
saperla inserire nel contesto sociale per ottenere risultati migliori nella vita personale, e anche di
sapersi immedesimare in ruoli e sentimenti diversi dai propri. Non è prerogativa di qualcuno, benché
la possiedano, in particolare, gli attori.
8. Intelligenza Naturalistica: consiste nel saper individuare determinati oggetti naturali, classificarli
in un ordine preciso e cogliere le relazioni tra di essi. È l’intelligenza tipica di biologi, astronomi,
antropologi, medici e altri.
9. Intelligenza Esistenziale: rappresenta la capacità di riflettere sui grandi temi dell’esistenza, come
la natura dell’uomo, e di ricavare da sofisticati processi di astrazione delle categorie concettuali che
possano essere valide universalmente. È tipica dei filosofi e degli psicologi, e in parte anche dei fisici.
Sebbene queste capacità siano più o meno innate negli individui, non sono statiche e possono
essere sviluppate mediante l’esercizio.
11) Freud. Le fasi da lui coniate
Le fasi dello sviluppo psico-sessuale
1. fase orale: dalla nascita ai 2 anni. In questa fase dello sviluppo il piacere è strettamente legato alla
funzione nutritiva. Se il bambino è soddisfatto dei suoi bisogni primari instaura un atteggiamento di
fiducia verso l’ambiente (stretta dipendenza dalla madre o da chi si occupa di lui).
2. Fase anale: dai 18 mesi circa ai 3 anni.
È il periodo in cui il bambino impara a controllare gli sfinteri (sviluppo muscoli) nello stesso tempo
comincia a manifestare la sua autonomia e a sviluppare l’autocontrollo anche in altre aree.
3. Fase fallica: dai 3 ai 5 anni. L’attenzione si riversa nella zona genitale in corrispondenza aumenta
l’autonomia e la capacità di iniziativa. Si delinea l’identità sessuale (complesso di Edipo o di Elettra).
4. Fase di latenza: dai 5 a 12 anni. È un periodo di calma, di ricomposizione e preparazione all’ondata
evolutiva successiva, si manifesta diminuzione dell’interesse sessuale e una particolare attenzione per
le acquisizioni intellettive e sociali.
5. Fase genitale: dai 12 anni in poi. Si delinea la sessualità genitale adulta e la capacità di relazionarsi
efficacemente con gli altri (impegno nelle attività intellettuali e nel lavoro).
12) Goleman. Definizione dell’intelligenza emotiva
L'intelligenza emotiva di Goleman si riferisce alla capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli
degli altri, di motivare se stessi e di gestire positivamente le proprie emozioni, tanto interiormente,
quanto nelle relazioni sociali.Daniel Goleman ha suggerito che l’intelligenza emotiva è composta da
5 competenze emotive: consapevolezza, autocontrollo, motivazione, empatia e abilità sociali.
13) La riforma Gentile1923 (sintesi)
la riforma Gentile ripartì la scuola:
 scuola materna: della durata di 3 anni
 scuola media inferiore (ovvero la scuola elementare): della durata di 5 anni
 scuola media superiore liceo classico, della durata di 3 anni; liceo scientifico, della durata di
4 anni; istituto tecnico, conservatorio e istituto magistrale, della durata di 3/4 anni
Innalzamento dell'obbligo scolastico sino ai14 anni
14) La scuola elementare del 1945. Carleton Washburne, presidente Commissione ministeriale.
I programmi per la scuola elementare del 1945 furono ispirati dal pedagogista Carleton Washburne,
allievo di Dewey, colonnello americano responsabile alleato per la politica scolastica in Italia. Sono
programmi nutriti di spirito democratico, si richiamano alla religione con misura e semplicità, saldano
insieme storia e geografia, introducono l'educazione morale e civica, il lavoro, si richiamano ai
concetti di autogoverno e di collaborazione. Premessa indispensabile era l'unità di insegnamento.
15) I decreti delegati (1974)
Nei DECRETI DELEGATI viene fornita in 5 leggi dello Stato che vanno dal n°416 al n°420, nel
1974, la struttura dell’organizzazione scolastica italiana. Il Decreto più noto è il 416 poiché
introdusse il principio della partecipazione democratica alla vita della scuola, istituendo gli “organi
collegiali” che sancirono l’ingresso della componente dei genitori e – nelle superiori- anche di quella
degli studenti nei consigli di classe e nei consigli di circolo e di istituto. Il DPR 417 riguardava lo
stato giuridico del personale della scuola (docente, direttivo e ispettivo), la specificazione dei ruoli e
delle competenze, i profili disciplinari, la materia delicata della libertà di insegnamento. Il DPR 418
consta di 6 articoli e riguarda le prestazioni di lavoro straordinario (poi abolito). Il DPR 419 concerne
tre ambiti fondamentali della vita scolastica e dell’organizzazione delle attività didattiche. Il DPR
420, infine, regolamentava la materia di stato giuridico e funzioni relativa al personale non docente
della scuola, amministrativo, tecnico e ausiliario
16) La riforma Berlinguer (1997)
Vedi sopra
17) La differenza tra ricerca teorica e ricerca empirica
La ricerca teorica si pone lo scopo di fornire indicazioni sulle potenzialità di una soluzione
innovativa prima che questa venga provata a scala sperimentale Invece la ricerca empirica dal greco
che significa esperienza, s'intende un tipo di ricerca che basa le conclusioni sull'osservazione diretta
o indiretta dei fatti. Lo studio di questo metodo di ricerca parte sempre da un fenomeno e si sviluppa
con una analisi successiva ai fatti.
18) Perché Dewey ritiene fondamentale la ricerca per l’innovazione pedagogica
Il pensiero filosofico e pedagogico di Dewey si basa su una concezione dell'esperienza come
rapporto tra uomo ed ambiente, dove l'uomo non è uno spettatore involontario ma interagisce con
ciò che lo circonda. Il pensiero dell'individuo nasce dall'esperienza, quest'ultima intesa come
esperienza sociale. L'educazione deve aprire la via a nuove esperienze ed al potenziamento di tutte
le opportunità per uno sviluppo ulteriore. L'individuo è costante con il suo ambiente, reagisce ed agisce
su di esso. L'esperienza educativa deve quindi partire dalla quotidianità nella quale il soggetto vive.
Successivamente ciò che è stato sperimentato deve progressivamente assumere una forma più piena ed
organizzata. L'esperienza è realmente educativa nel momento in cui produce l'espansione e
l'arricchimento dell'individuo, conducendolo verso il perfezionamento di sé e dell'ambiente. Un
ambiente in cui vengono accettate le pluralità di opinioni di diversi gruppi in contrasto tra loro, favorisce
lo sviluppo progressivo delle caratteristiche dell'individuo.

La scuola di Dewey

La scuola di Dewey è chiamata anche progressiva in quanto l'attività che si svolge al suo interno,
presuppone uno sviluppo progressivo. La scuola deve rappresentare per il bambino un luogo di vita: quella
vita sociale che deve svilupparsi per gradi, partendo dall'esperienza acquisita in famiglia e nell'ambiente
sociale in cui egli vive. La scuola è attiva e progressista. Si studiano i metodi e non solo i contenuti. Non le
nozioni, ma la ricerca.

L’età evolutiva di Dewey

Anche Dewey come la maggior parte dei pedagogisti moderni divide l'età evolutiva in tre fasi:

Dai 4 agli 8 anni prevalgono nel bambino gli istinti e i bisogni in modo spontaneo che si manifestano con il
gioco e l'attività ludica.

Dai 9 ai 12 anni il bambino frequenta la scuola primaria che è basata sul lavoro per permettere al soggetto
di acquisire le abitudini culturali della società in cui vive.

Dai 12 ai 14 anni all'alunno viene data la possibilità di ampliare le sue conoscenze astratte attraverso lo
studio in biblioteca e laboratorio all'interno della scuola media.

I Principi di Froebel applicati alla scuola di Dewey

1) Il principale compito della scuola è educare i ragazzi a una vita di cooperazione e di reciproco aiuto, a
promuovere in loro consapevolezza dell’interdipendenza e ad aiutarli praticamente a compiere quegli
adattamenti che tradurranno tale spirito in atti espliciti.

2) La radice principale di ogni attività educativa è riposta nelle attività istintive e impulsive del fanciullo;
dunque il gioco, ma anche ogni altra attività istintiva possono essere considerate educative

3) Le attività e le tendenze individuali devono mantenere la vita di cooperazione e riprodurre le attività


vitali dell’uomo nella cooperazione sociale

19) Le connessioni tra insegnamento e ricerca


La ricerca è riconosciuta come competenza fondamentale dell’insegnante nella professionalità
educativa verso gli alunni. L’insegnante esercita una funzione di mediazione. La competenza di
ricerca può essere esercitata dall’ insegnante, il quale prende parte a progetti collaborativi divenendo
un co-ricercatore. La partecipazione a progetti collaborativi di ricerca implicano sia il possesso di
conoscenze metodologiche, e sia serve ad incrementare tale competenza di ricerca, poiché si
rappresenta come una modalità costruttiva, dove gli insegnanti possono sperimentare con la guida di
un esperto, il quale stabilisce con loro una relazione simmetrica fondata sulla condivisione e sulla
compartecipazione. La competenza di ricerca può essere esercitata in autosufficienza progettando e
attivando azioni di ricerca nel proprio contesto professionale. L’insegnante diviene a tutti gli effetti
un ricercatore.
20) Quali strategie operative possono essere attuate?
Quando parliamo di “strategie didattiche” intendiamo un insieme di operazioni\risorse selezionate e
pianificate attentamente dal formatore, le quali vengono impiegate all’interno di un contesto
pedagogico per raggiungere uno o più obiettivi. Esistono due grandi categorie:

 strategie dove si lascia al discente il compito di dare un senso ai contenuti che il formatore
ha cercato di trasmettere;
 strategie chiamate learner centred, dove l’interesse del discente deve facilitare
l’apprendimento.

Ecco quindi le strategie utilizzate nella scuola italiana moderna:

 lavori individuali;
 interventi individualizzanti;
 lavori di gruppo;
 ricerche guidate;
 attività progettuali;
 esercizi differenziati;
 partecipazione a concorsi;
 attività laboratoriali in classe o all’esterno;
 attività di recupero;
 attività di consolidamento;
 attività di sviluppo;
 iniziative di sostegno;
 visite e viaggi d’istruzione;
 visite aziendali;
 interventi di esperti su specifici argomenti;
 partecipazione a cineforum, spettacoli, manifestazioni sportive.

21) A scuola può essere attuata la pratica educativa?


Certo, la pratica educativa, in qualsiasi ambito si esplichi -scolastico, socio-assistenziale, di
animazione culturale, di formazione degli adulti,- ha come tratto costitutivo la dimensione
progettuale. Per realizzare la pratica educativa e preventiva è necessaria da parte dell’equipe educativa
un’ottica comune, aperta sul bambino, che dia molta importanza all’azione nei processi di
apprendimento, all’espressione libera, al gioco, alle emozioni, al linguaggio, così come all’attenzione
continua verso le potenzialità di ogni bambino e del gruppo; richiede un’ottica condivisa su una
pedagogia che privilegi l’esperienza dei bambini, la ricerca collettiva.
22) Perché il docente viene definito mediatore?
L’insegnante è egli stesso il primo mediatore didattico, sia attraverso la sua parola sia attraverso tutti
i tratti caratterizzanti la sua comunicazione, anche quelli non verbali. Fondamentale è quindi il ruolo
dell’insegnante, soprattutto quello di sostegno, che si pone quale mediatore nel processo di
facilitazione. Il mediatore-insegnante si interpone tra il soggetto e la realtà interpretandola e dando
modo agli allievi di apprendere.
L’insegnante mediatore offre agli allievi la possibilità di imparare a interpretare, organizzare e
strutturare le informazioni provenienti dall’ambiente. Il mediatore non elimina le difficoltà, ma
propone difficoltà graduate, esplicita gli obiettivi, cerca di indurre autonomia negli apprendimenti
stimolando il superamento degli ostacoli. Il ruolo di mediatore del docente si interpone tra lo
stimolo e la risposta. Si crea una relazione attraverso la quale il docente si pone in un ascolto continuo
delle esigenze dell’allievo e stimola in lui l’attivazione di schemi elaborativi attraverso la quale poi
orienta l’attività cognitiva dell’allievo determinando un cambiamento che porti ad un apprendimento
costruttivo e non nozionistico.

La funzione dell’insegnante di sostegno quale mediatore è dunque quella di garantire che tutte le
informazioni che giungono al soggetto disabile
diventinomateriale di conoscenza e comprensione grazie all#attivazione in lui di schemi elaborativi
di natura organizzativa ed interpretativa.
23) Quale valenza ha la metodologia didattica per un docente?
Sono tutte le procedure per conseguire un obiettivo prefissato. Prima di scegliere quale o quali
adottare il docente è obbligato a individuare le abilità di base dei propri alunni; ciò garantisce
l’insegnamento e lo sviluppo delle capacità di tutti. Il consiglio generale di tutte le istituzioni
scolastiche è quello di condividere le proprie metodologie con gli altri insegnanti per non disorientare
gli allievi e di valorizzare l’attività ludica. L’insegnamento viene processato attraverso le metodologie
della comunicazione:
 iconica = disegni, immagini, audiovisivi;
 verbale = lezioni espositive, letture, conversazioni, discussioni;
 grafica = relazioni, test liberi, composizioni, rielaborazioni, interpretazioni;
La scelta del metodo e degli strumenti dipende:
 dagli obiettivi prestabiliti;
 dai contenuti che si intendono proporre;
 dalla realtà della classe;
 dai ritmi d’apprendimento dei singoli allievi

24) Quali sono i 3 luoghi della ricerca?


Classe, Scuola e Territorio. L’insegnante mobilizza le competenze di ricerca quando agisce con
metodo nella pratica ispirando la propria azione ai criteri di rigore, sistematicità e trasparenza tipici
della logica scientifica (Felisatti, Clerici, 2009) attraverso l’impiego di strumenti per osservare,
progettare, documentare e valutare la qualità dell’intervento.
25) Quali sono i 4 processi della ricerca?
In particolare, emergono quattro processi che richiedono la mobilizzazione di abilità e capacità stret-
tamente interconnesse con la competenza di ricerca: osservare, progettare, documentare e valutare.

Osservazione. Rappresenta una risorsa preziosa per acquisire elementi informativi sugli alunni, sul
contesto scolastico, sull’ambiente territoriale dai quali muovere per progettare il proprio intervento;
questa attività conoscitiva poggia su procedure osservative rigorose improntate alla trasparenza dei
protocolli e al confronto intersoggettivo.
Progettazione. Il docente non può non progettare pena il venir meno del senso della sua azione poiché
l’educazione si fonda sulla progettualità; la sua attività progettuale assume caratteristiche specifiche
in funzione del luogo (micro, meso e macro), dell’oggetto di riferimento e dei soggetti coinvolti ma
implica sempre una proiezione verso il futuro a partire dall’esperienza e dal significato che le si
attribuisce nel presente. Una concezione non riduttiva della progettazione la interpreta come tensione
euristica che muove da una conoscenza approfondita della realtà per poter individuare pratiche di
intervento rispondenti alle caratteristiche degli ambienti e delle persone; per progettare è pertanto
indispensabile disporre di competenze metodologiche che si traducono nelle capacità di definire
finalità e obiettivi, costruire piani di azione coerenti, finalizzare le risorse disponibili, dotarsi di
strumenti rigorosi per valutare la qualità del processo e del prodotto. In tal senso, risalta la stretta
contiguità fra il modo di procedere tipico della ricerca e l’assunzione della progettazione come stile
di lavoro che informa l’agire del docente.
Documentazione. Molto spesso in ambito scolastico la documentazione è interpretata come
adempimento formale; in realtà, essa rappresenta un processo strategico che permette sul fronte
interno al docente di tracciare e rendere visibili i percorsi di lavoro attivati e agli alunni e alle famiglie
di apprezzare i progressi compiuti; sul fronte esterno, rende l’esperienza comunicabile nel tempo e
nello spazio e costituisce pertanto il presupposto per facilitare la trasferibilità di una buona pratica
fuori dal suo contesto di origine e per estendere il valore della conoscenza locale prodotta. Per
guardarsi dal rischio di procedere ad una raccolta casuale di materiali e documenti occorre progettare
in modo intenzionale, sistematico e mirato l’attività di documentazione la qual cosa richiede il
possesso di abilità e capacità metodologiche strettamente legate alla competenza di ricerca.
Valutazione. Il compito valutativo, per sua natura, è complesso e attiva meccanismi non sempre
facilmente governabili, a motivo anche del forte carico emotivo implicito sia quando si agisce la
valutazione sia quando se ne è destinatari. Il docente può esercitare la sua funzione valutativa in modi
diversi: a livello di classe progetta e implementa strategie per valutare gli apprendimenti (conoscenze,
abilità, competenze) degli alunni, a livello di istituto partecipa ai processi (auto)valutativi
dell’organizzazione, a livello di territorio valuta i progetti e le azioni attivate in rete. Di là dalla spe-
cificità di ciascun compito, la valutazione si configura come un processo costituito da azioni che
vanno intenzionalmente progettate e realizzate secondo procedure rigorose per formulare un giudizio
argomentato, contestualizzato e motivato sull’oggetto d’analisi al fine di guidare la presa di decisione.
In tal senso, la qualità dei processi valutativi dipende anche dal possesso di competenze
metodologiche.
26) La documentazione quale ruolo riveste nella scuola di oggi?
In ambito scolastico spesso la documentazione viene interpretata come adempimento formale; in
realtà, essa rappresenta un processo strategico che permette sul fronte interno al docente di tracciare
e rendere visibili i percorsi di lavoro attivati e agli alunni e alle famiglie di apprezzare i progressi
compiuti; sul fronte esterno, rende l’esperienza comunicabile nel tempo e nello spazio e costituisce
pertanto il presupposto per facilitare la trasferibilità di una buona pratica fuori dal suo contesto di
origine e per estendere il valore della conoscenza locale prodotta.
27) Quale ruolo riveste la valutazione?
Il compito valutativo, per sua natura, è complesso e attiva meccanismi non sempre facilmente
governabili, a motivo anche del forte carico emotivo implicito sia quando si agisce la valutazione sia
quando se ne è destinatari. Il docente può esercitare la sua funzione valutativa in modi diversi: a
livello di classe progetta e implementa strategie per valutare gli apprendimenti (conoscenze, abilità,
competenze) degli alunni, a livello di istituto partecipa ai processi (auto)valutativi
dell’organizzazione, a livello di territorio valuta i progetti e le azioni attivate in rete. Di là dalla spe-
cificità di ciascun compito, la valutazione si configura come un processo costituito da azioni che
vanno intenzionalmente progettate e realizzate secondo procedure rigorose per formulare un giudizio
argomentato, contestualizzato e motivato sull’oggetto d’analisi al fine di guidare la presa di decisione.
In tal senso, la qualità dei processi valutativi dipende anche dal possesso di competenze
metodologiche.
28) Che cosa si intende per ricerca -formazione?
L’idea principale è che la ricerca deve informare l’intero insegnamento e il processo di
apprendimento “da dentro” e non “accanto”. In questa prospettiva, la ricerca rappresenta non solo
un’attività (da fare), ma anche una dimensione dell’identità professionale dell’insegnante (da essere).
Per rendere possibile e sostenibile la ricerca dell’insegnante, è necessario agire non solo sul percorso
formativo del docente e sulla sua attività professionale, ma anche sulle condizioni organizzative della
pratica scolastica.

I cinque punti che caratterizzano la Ricerca-Formazione elaborata dal Crespi:


1. una esplicitazione chiara della finalità della ricerca in termini di crescita e
sviluppo della professionalità degli insegnanti direttamente coinvolti e un’attenzione
a documentare e analizzare le ricadute in termini di cambiamento;
2. la creazione di un gruppo di Ricerca-Formazione di cui facciano parte
ricercatore/i e insegnanti, nel quale vengano chiariti i diversi ruoli dei partecipanti
e in cui vengano negoziati e chiariti obiettivi e oggetti, scelte valoriali
e metodologiche della Ricerca-Formazione;
3. la centratura sulle specificità dei contesti – istituzionali e non – in cui si svolge
la Ricerca-Formazione, che si concretizza in tutte le fasi della ricerca attraverso
un’analisi dei vincoli e delle risorse in essi presenti;
4. un confronto continuo e sistematico fra i partecipanti alla ricerca sulla documentazione
dei risultati e dei processi messi in atto nei contesti scolastici e
in quelli della formazione;
5. l’attenzione alla effettiva ricaduta degli esiti nella scuola, sia per l’innovazione
educativa e didattica, sia per la formazione degli insegnanti.
29) Che cosa si intende per metodo tradizionale
Nel modello tradizionale di insegnamento della storia la mediazione didattica si realizza
essenzialmente nella lezione frontale, che serve a spiegare il testo introducendo gli argomenti,
segnalando i concetti, sintetizzando i paragrafi del manuale e nel controllo dell’apprendimento al
momento dell’interrogazione, quando si chiede allo studente di riprodurre oralmente ciò che ha
spiegato l’insegnante. Il sapere in questo modo viene inteso come un qualcosa di dato, di già costruito
e il compito del discente consiste nel ricevere in modo passivo quanto viene trasmesso. La principale
conseguenza negativa che ne deriva è la profonda demotivazione dei ragazzi nei confronti della storia
30) Qual è il nuovo modello d’insegnamento?
Una mediazione alternativa efficace deve strutturarsi secondo alcuni principi basilari:
l’insegnamento- apprendimento della storia deve essere inteso come un processo di conoscenza (non
un sapere dato ma da costruire); lo studente deve diventare soggetto attivo, diventando protagonista
del processo di apprendimento, secondo il modello definito autorevole, elaborato da Kurt Lewin e
caratterizzato da un clima di tipo democratico e partecipativo. Secondo questo modello il ruolo
dell’educando deve diventare meno passivo, anzi deve essere l’educando stesso ad occupare il centro
del processo di promozione culturale e di sviluppo delle proprie potenzialità, attraverso il passaggio
da un processo di eteroeducazione ad uno di autoeducazione, dove l’insegnante rappresenta un
indispensabile punto di riferimento a cui rivolgersi e dove il suo compito principale diventa quello di
sedurre (nel significato latino di “portare a sé”) verso la disciplina i propri studenti.
31) Che cosa si intende per processo insegnamento-apprendimento?
La competenza e la conseguente responsabilità relativamente all’insegna-mento-apprendimento
deve essere assunta dalla professionalità insegnante intesa come risultato di aspetti connessi alla
progettazione, all’organizzazione delle attività e al loro governo sia a livello individuale che
collegiale. La competenza che l’insegnante deve acquisire con la formazione si mani-festa nella
responsabilità individuale nell’insegnamento e in quella collegiale nei consigli di classe, nei vari
dipartimenti e nel collegio; ma perché sia competenza che diventa vera responsabilità deve
assumere sempre la dimensione individuale, vale a dire una competenza che ciascuno deve
acquisire e sentire propria. La responsabilità individuale è rappresentativa di quella collegiale.
32) Quali sono i piani dove si colloca dell’insegnante?
Certo bisogna tener presente le competenze che sono alla base del fare scuola e dei processi necessari
per formarle e svilupparle, avendo però sempre in primo piano la dimensione cooperativa e collegiale
in cui si esercitano e il ruolo sociale dell’insegnamento.
Si possono ricondurre prevalentemente a sei aree:
1. Le competenze disciplinari, ovvero quel bagaglio culturale che ogni docente deve possedere
relativamente alle materie di insegnamento. Tali conoscenze dovranno essere solide, ben strutturate,
da aggiornare continuamente. Non c’è relazione o mediazione didattica che funzioni se il docente non
possiede le competenze disciplinari necessarie per insegnare.
2. Le competenze epistemologico-didattico legate alle singole discipline, che corrispondono alla
capacità di utilizzare le competenze disciplinari per fini educativi: saper padroneggiare il proprio
sapere a seconda dell’età dei ragazzi, degli obiettivi stabiliti, dei ritmi di apprendimento di bambini e
ragazzi, dei loro interessi.
3. Le competenze psico-pedagogiche, necessarie per entrare in rapporto con gli allievi, per realizzare
una positiva comunicazione didattica, una proficua relazione educativa; per riconoscere i problemi
tipici delle varie fasi di età, le dinamiche e i conflitti che nascono all’interno della classe, tra gli alunni
o tra alunno e insegnante; per riconoscere i problemi e saperli gestire.
4. Le competenze relative alle tecnologie didattiche digitali, importanti per organizzare
l’apprendimento in aula e, specificamente per l’uso del computer e della rete, per insegnare ai ragazzi
come selezionare il materiale scaricabile da internet, come avvalersene per un apprendimento
sistematico e duraturo, oltre che per tutte le operazioni didattiche che con tali tecnologie si
possono fare.
5. Le competenze organizzative e di relazioni tra pari, fondamentali per costruire il proprio percorso
di lavoro con i colleghi del Consiglio di classe, di un Dipartimento disciplinare, di un gruppo di
programmazione, con i propri alunni, con l’extrascuola. La capacità di lavorare insieme ai propri
colleghi, anche di ordini di scuola precedenti e successivi, in funzione dell’attuazione del curricolo
verticale è decisiva. Senza essa gli alunni non potranno che formarsi un’idea frammentata e incoerente
della loro scuola.
6. Le competenze di ricerca e sperimentazione, indispensabili a individuare i percorsi didattici più
efficaci, le metodologie e le strategie più utili, anche ai fini del sostegno e del recupero,
dell’approfondimento e del perfeziona-mento di conoscenze e abilità.

Tale competenza non può svilupparsi senza un raccordo stretto e del tutto nuovo con l’università. La
professione dell’insegnante non deve essere assunta come giustapposizione e sommatoria
schizofrenica di tante professioni, se così fosse si perderebbe nella sostanza la centralità del processo
di insegnamento-apprendimento al cui miglioramento va invece finalizzata l’attivazione di qualunque
nuova figura.
33) Perché la relazione insegnante alunno è fondamentale?
Si crea un contesto di apprendimento favorevole ad un incontro tra pensieri, conoscenze ed esperienze
in cui insegnante e alunno con le rispettive differenze sono entrambi soggetti della relazione
educativa.

Tale relazione è importante per realizzare una positiva comunicazione didattica, una proficua
relazione educativa; per riconoscere i problemi tipici delle varie fasi di età, le dinamiche e i conflitti
che nascono all’interno della classe, tra gli alunni o tra alunno e insegnante; per riconoscere i problemi
e saperli gestire.
34) Cosa si intende per relazione d’aiuto?
Una relazione d'aiuto potrebbe essere definita come una situazione in cui uno dei partecipanti cerca
di favorire in una o ambedue le parti una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto
e una maggiore possibilità di espressione

La relazione educativa, che è una forma di relazione di aiuto, richiede oltre un importante
coinvolgimento da parte degli insegnanti anche una serie di abilità e competenze relazionali e
comunicative. Un punto fermo della relazione di aiuto è la presenza di una relazione dove l’altro non
è visto come un oggetto di intervento ma riconosciuto come persona, con la quale elaborare una
progettualità per affrontare il problema, avvalendosi delle risorse di cui dispone, cercando di fargli
raggiungere dei risultati in tempi brevi. La relazione di aiuto, circolare, interattiva, contestualizzata e
finalizzata ad attivare le risorse del cliente per risolvere il problema, rappresenta il momento iniziale
per l’avvio del processo di cambiamento.

35) A chi si riferisce uomo in miniatura?


36) Cosa un docente deve evitare?
a. La relazione distante con l’allievo problematico. Perché?
b. La mancanza di successo. Perché?
c. La valutazione punitiva. Perché?
d. Il modello didattico tradizionale basato sull’information processing. Perché?
e. Basse aspettative nei confronti degli allievi. Perché?
f. L’atteggiamento indulgente. Perché?
g. Pratiche differenziate. Perché?
h. Pratiche coercitive disciplinari. Perché?
i. Team docente non collaborativo. Perché?
37) Cosa si intende per relazione educativa?
- s’intende il rapporto o il legame esistente tra due persone o tra una persona ed un oggetto, che
costituisce il fondamento di ogni conoscenza. Nel mondo psicopedagogico costituisce il
fondamento del processo formativo. Dunque il relazione educativa ossia quel peculiare tipo di
legame tra educatore ed educando, che si crea naturalmente ed inevitabilmente nei diversi contesti
formativi, attraverso il quale avviene il processo di trasmissione culturale delle conoscenze, sia
quello di socializzazione.
38) Quali sono i punti fondamentali di una relazione educativa?
L’efficacia della relazione educativa si misura anche per il fatto che all’interno dell’inevitabile
dimensione asimmetrica, essa si caratterizzi come luogo di scambio, di cooperazione e di
collaborazione tra educatore ed educando.
39) Cosa si intende per intenzionalità di una relazione educativa?
- è la capacità di far agire l’educatore con la consapevolezza e la certezza di cosa sia giusto o
sbagliato nell’ambito educativo nell’educazione di interscambio
40) Chi è l’educatore?
- per educatore si intende la persona data la sua formazione specifica, favorisce con l’uso di
tecniche e metodi pedagogici lo sviluppo personale dell’alunno, all’interno della classe.
Individuando in qualunque modo il metodo più efficiente e funzionale di interagire con gli alunni,
come scopo di valorizzarne e promuoverne le competenze.
41) Quando emerge la professionalità del docente?
-. Lo studio della professione docente vista da un processo intersoggettivo si qualifica in un profilo
che avanza progressivamente nel tempo,
42) Cosa si intende per docente mediatore?
- l’insegnante mediatore seleziona e organizza gli stimoli, anticipa situazioni, predispone attività
mirate, porta gli allievi alla metacognizione, ovvero la capacità di conoscere, esplicare e controllare
le proprie strategie di pensiero, anche confrontandosi con gli altri. L’insegnante costruisce con gli
allievi di principi di generalizzazione, sollecita la formazione di bridging, ovvero laa trasposizione
dei principi a situazioni reali.
43) Come deve essere l’apprendimento secondo Ausubel?
- l’apprendimento è tale se sviluppa la capacità di problem solving, ovvero trasformando le
conoscenze in competenze. Ausubel lo definisce come un processo che dà un senso alle conoscenze
possedute. L’apprendimento è un processo di assimilazione di nuove conoscenze, divisa in due
dimensioni fondamentali: -le modalità di acquisizione delle informazioni e – le forme in cui una
nuova unità di contenuto viene incorporata.
44)Pellerey sostiene che l’apprendimento debba partire dall’esperienza. Il candidato argomenti tale teoria.
-
45) Cosa si intende per apprendimento cooperativo?
- si tratta di una modalità di apprendimento che si basa sull’interazione all’interno di un gruppo di
allievi che collaborano al fine di raggiungere un obiettivo comune. Ogni studente ha un proprio
compito e crea un senso di appartenenza, un gruppo, capace di affrontare le problematiche legate
del progetto educativo.
46) Cosa si intende per gruppo?
B il gruppo è inteso come di cooperazione tra i studenti, la collaborazione dove ognuno lavora su
tutte le parti del compito complessivo. La cooperazione è una situazione in cui gli attori con ruoli e
funzioni, lavorando allo stesso obiettivo.
47) Cosa si intende per metaconoscenza e metapprendimento?
-nel concetto di apprendimento, sono strettamente correlati quelli di metaconoscenza e di
metapprendimento. La metaconoscenza consiste nella conoscenza dell’azione del conoscere, il
metapprendimento consiste invece nell’apprendere. Diversi tra di loro ma allo stesso tempo sono
interconnessi ed entrambi aiutano lo studente in una conoscenza.
48) Cosa si intende per educazione socioaffettiva?
c- per educazione socioaffettiva, si intende come metodo finalizzato allo sviluppo delle risorse
personali e all’acquisizione delle competenze sociali. Ovvero, è quella parte del processo educativo
che si occupa dei atteggiamenti, sentimenti ed emozioni degli studenti. Inoltre, privilegia la
dimensione interpersonale, e le capacità sociali e interpersonali.
49) Quali sono gli psicopedagogisti che hanno affrontato queste tematiche?
- i fondamenti teorici del metodo socio- affettivo sono da ricercarsi nelle teorie di Maslow e Rogers
e nelle metodologie di Gordon, educatore e psicologo statunitense al lui deriva il ‘metodo Gordon’,
un modello educativo fondato sul valore della comunicazione in ogni rapporto umano. Questa
modalità ha spesso un influenza sia sul sentimento di fiducia dei ragazzi, che sulla loro capacità. Il
metodo utilizzato dall’insegnante, fa si che possano essere trasmesse conoscenze e competenze
nelle varie discipline.
50) Che cosa intende Maslow per prevenzione?
Secondo Maslow la prevenzione si intende la possibilità di promuovere l’evoluzione delle
personalità sane, evitando patologie. Maslow affermava che, un uomo è di natura buona così come
sono buoni i suoi bisogni fondamentali, i sentimenti e le sue capacità. L’ottimismo e la ‘natura
buona’ delle persone aumenta nel bambino una fiducia e libertà verso gli altri.
51) Quali sono le 7 caratteristiche enunciate da Maslow?
Le caratteristiche riscontrate da Maslow negli individui autorealizzati, che hanno cioè
soddisfatto ad ogni livello i loro “bisogni” e di cui un buon insegnante e genitore deve
favorire lo sviluppo nei propri alunni/fgli per una sana crescita sono:
- la percezione realistica degli individui e dell’ambiente;
- l’accettazione di sé, degli altri, della natura;
- la spontaneità, la sincerità e la naturalezza;
- la capacità di individuare e risolvere i problemi;
- godimento della compagnia degli altri, ma anche della solitudine;
- autonomia e indipendenza;
- capacità di cogliere aspetti nuovi nella realtà;
- carattere democratico, equilibrio morale;
- umorismo, creatività, originalità;
- capacità di vivere intensamente ogni esperienza.
52) Cosa si intende per teoria centrata sul cliente?
53) Cos’è l’autorealizzazione ?
gli individui autorealizzati percepiscono la realtà con maggiore efficacia degli altri e
sono più a loro agio all'interno di essa. Riescono ad accettare se stessi e gli altri e sono in grado
di capire i propri difetti umani senza vergogna. Sono spontanei e tendono a risolvere i problemi a
favore della vita invece di orientarsi su ste stessi. Gli individui autorealizzati hanno
profonde sensazioni di identificazione, simpatia e affetto nei confronti degli altri,
nonostante saltuarie arrabbiature, sensi di fastidio o di disgusto.
Gli individui autorealizzati hanno rapporti interpersonali più profondi e più incisivi
della maggior parte degli altri adulti, ma non necessariamente più profondi di quelli dei
bambini. Con inoltre un forte senso etico, ma tuttavia il loro concetto di giusto o sbagliato,
di buono e cattivo e spesso non convenzionale.

54) Cos’è l’autoconsapevolezza?


Nella condizione educativa è quella in cui rispetto, empatia e congruenza facilitano il
conseguimento di autoconsapevolezza dove l’alunno può cogliere all’interno di un processo
formativo.

55) Che cos’è l’empatia?


Ciò che Rogers esprime come clima di libertà dove l’insegnante deve essere genuino, in grado di esprimere i
propri sentimenti positivi o negativi, e avere stima delle capacità dell’alunno. L’insegnante deve avere
comprensione EMPATIA, riuscendo a capire ciò che prova lo studente senza valutare o giudicare.
56) Perché per Piaget l’affettività è importante?
- ‘senza affetto non ci sarebbe alcun interesse, nessun bisogno, nessuna motivazione..’ Piaget ha avvertito
che, nonostante la natura umana fosse differente, l’affettività e la cognizione sono inseparabili. Ha
documentato il comportamento efficace dell’azione e del pensiero come un aspetto cognitivo, attraverso
l’affettività. Dunque l’affettività è indispensabile per lo sviluppo intellettuale dei bambine e degli
adolescenti, li spinge ad agire nell’oggetto della conoscenza. ‘ l’affettività non è nulla senza l’intelligenza’, a
questo proposito l’intelligenza agisce nel processo dell’esistenza umana, costituisce l’organizzazione e della
formazione della personalità.

57) Che cos’è l’alfabeto emotivo?


È un processo educativo continuo e permanente, che mira a promuovere lo sviluppo emotivo e lo sviluppo
cognitivo, nella completezza dello sviluppo della personalità. Insegna cosa sono le emozioni, a cosa
servono, come si esprimono e come gestirle, per capire se stessi e gli altri. È tutto ciò che ci distingue dagli
animali (‘ animale sociale’ – Aristotele), educarci alle emozioni, saperle riconoscere, e stabilire buone
relazioni sociali con gli altri.
58) Che cosa intende Goleman per intelligenza emotiva?
L’intelligenza emotiva è la capacità di comprensione delle emozioni, e si unisce al concetto di intelligenza
cognitiva, è la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri motivare se stessi e gestire le
emozioni. Si potenzia in ogni fase della vita, e tende ad aumentare alla consapevolezza del proprio stato
d’animo.
59) Quali sono le attività peculiari dell’educazione socioaffettiva?
Si intende quella parte del processo educativo che si occupa di atteggiamenti, sentimenti ed emozioni degli
studenti. Implica lo sviluppo personale e collettivo- sociale degli allievi, per una maggior autostima.
L’educazione socio affettiva, inoltre, riconosce lo sviluppo sociali e delle sue capacità interpersonali. A
livello individuale ha come scopo lo sviluppo dei sentimenti di accettazione, sicurezza e fiducia in se e negli
alti, nelle proprie capacità di risolvere i problemi e di affrontare le situazioni sotto forte stess emotivo.
A livello di gruppo mira a promuovere comportamenti ed atteggiamenti di collaborazione, solidarietà
rispetto e tolleranza nelle differenti circostanze di interazione.

60) Che cos’è il Circle time?


Rappresenta uno dei momenti salienti degli interventi dell’educazione socio affettiva, durante la quale la
classe si riunisce per discutere un argomento o un problema posto dall’insegnante. La classe ha come
obiettivo primario di creare un clima collaborativo per poi arrivare ad un unico scopo, ovvero lo
svolgimento del compito.

61. LA LEGGE CASATI È:

· VERTICISTICA, DIRETTIVA, TRASMISSIVA, CLASSISTA;


· VERTICISTICA, CONDIVISA, DEMOCRATICA, PARTECIPATIVA;

· ORIZZONTALE, INTERCLASSITA, CONDIVISA, TRANSTORIA

· DEMOCRATICA, PARTECIPATIVA, CLASSISTA, CONDIVISA.

62. LA RIFORMA GENTILE STRUTTURA UNA SCUOLA:

· A CANNE D’ORGANO;

· ORIZZONTALE;

· DEMOCRTATICA;

· INCENTRATA SUL PRIMATO FORMATIVO DELLA SCIENZA.

63. SI ESPONGANO LE CARATERISTICHE ESSENZIALI DELLA RIFORMA GENTILE, FOCALIZZANDO


L’ATTENZIONE SULLA FORMAZIONE E SULLA FUNZIONE DOCENTE.

Le caratteristiche essenziali della riforma Gentile sono: il sistema dualistico, l’ obbligo scolastico elevato al
quattordicesimo anno di età, la scuola materna facoltativa dai 3 ai 6 anni, la durata di 5 anni della scuola
elementare divisa in due gradi. Per quanto riguarda la funzione del docente questi è paragonato a una sorta
di ufficiale statale, autoritario, che ha il compito di padroneggiare la materia e insegnare agli allievi la
gerarchia autoritaria.

64. SULLA BASE DELLA LETTURA DELL’INTRODUZIONE DEL TESTO IDEE PER LA FORMAZIONE DEGLI
INSEGNANTI, SI EVIDENZI L’INFLUENZA CHE ANCORA OGGI GENTILE ESERCITA SULLA CONCEZIONE DELLA
FORMAZIONE E DELLA PROFESSIONALITA’ DEI DOCENTI.

Ancora oggi ci sono docenti secondo i quali l’insegnamento si può riassumere nella frase “chi sa, sa anche
insegnare”, in altre parole ritenere l’insegnamento la sola trasmissione dei saperi.

Inoltre, al giorno d’oggi, molti insegnanti ritengono ancora di ricoprire un ruolo autoritario e si pongono in
una posizione di superiorità nei confronti dei propri alunni.

65. In che modo il docente può allestire ambienti di apprendimento innovativi, motivanti ed inclusivi?
Quali metodi dovrà privilegiare?
- Il docente deve innanzitutto partire dalle precononoscenze degli studenti; all’inizio della lezione,
attraverso la metodologia del brainstorming, che consente di motivare gli studenti, in quanto
sentirsi coinvolti nell’esprimere le proprie conoscenze e condividerle ben predispone
all’apprendimento (Maria Papa).
- Durante le attività didattiche, inoltre, il docente può presentare dei casi reali (studio di casi o case
analysis) da analizzare, anche in gruppi (cooperative learning) o in coppia (peer tutoring o peer to
peer), per promuovere forme di apprendimento cooperativo, che favoriscano l’inclusione, a partire
dalla scelta di argomenti realistici, e per questo, maggiormente attraenti ovvero motivanti.
(Arianna Patanè)
- Una questione fondamentale nell’insegnamento riguarda la scelta della forma comunicativa. In
particolare, l’utilizzo delle immagini, attraverso le presentazioni, appare maggiormente
coinvolgente dimostrando quanto l’uso competente delle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della
Comunicazione) consenta una facilitazione nell’apprendimento, grazie ad un maggiore
coinvolgimento da parte degli studenti che, essendo dei “nativi digitali”, provano maggiore
interesse quando la presentazione di un argomento si avvale di strumenti digitali (Alessandro
Pappalardo).
- Utile per motivare gli studenti è anche utilizzare strategie ludiche e competitive. Ad esempio,
l’impiego di Kahoot consente di esercitarsi su qualsiasi argomento all’interno di una gara che
prevede tra vincitori: terzo, secondo e primo posto. Nei contesti didattici odierni la gamification
appare una strategie metodologico-didattica particolarmente innovativa, motivante ed inclusiva.
(Francesco Saverio Palomba).

66) Che cosa si intende per “progettazione a ritroso”? Perché questo tipo di progettazione favorisce lo
sviluppo delle competenze? Cosa vuol dire “Non è importante quanto un alunno sa, ma che cosa sa fare con
quello che sa” (Wiggins)?

La progettazione è a ritroso consiste in 3 interrogativi : 1)stabilire con chiarezza le competenza da


raggiungere, 2) stabilire prova di competenza e relativa rubrica, 3)stabilire con chiarezza ai contenuto del
percorsoda pianificare. favorisce la competenza data nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del
Consiglio 2006 che consiste nella capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali
metodologiche, in contesti nuovi e in modo autonomo e appropriato

67) 1) Riflettere e commentare la seguente affermazione messa in risalto dalla pedagogia Marxista:
"L'educazione è condizione indispensabile per la realizzazione di una nuova società".

68) Quali dei paradigmi pedagogici analizzati dal punto di vista didattico e metodologico ti ha interessato di
più e perché: Illuminismo, Romanticismo, Positivismo, Attivismo, Pedagogia come scienza

69) 1) Rifletti sul concetto di emergenza educativa: quali sono le cause, le conseguenze e quali le
caratteristiche dei nuovi bisogni educativi.

70) Spiega e rifletti sui concetti di: apprendimento formale, apprendimento informale, apprendimento non
formale, con esempi anche riferiti alla tua esperienza personale

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