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La periodizzazione del medioevo

III 476 VIII secolo 1000 1492


secolo

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L’inizio dell’età medievale

Costantinopoli Odoacre Invasioni Espansione degli


capitale dell’impero depone germaniche in Italia arabi nel
L’imperatore Romolo L’impero d’Occidente Mediterraneo
Costantino trasferisce Augusto è assalito dalle genti L’ espansione
ufficialmente la sua Con l’ultimo germaniche che ne distrugge
sede a Bisanzio, imperatore distruggono effettivamente l’unità
detta poi d’Occidente l’organizzazione, ma, culturale creata da
Costantinopoli: è la finisce mescolandosi con Roma e dà origine a
conclusione del lungo l’unità quelle romanizzate, due civiltà nettamente
periodo che ha visto politica e danno inizio a un diverse: quella araba
Roma e l’Italia centro territoriale nuovo tipo di civiltà e quella erede della
vitale dell’impero. dell’impero in Europa. civiltà romana.

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Immagini della «decadenza»
Sin dal Rinascimento il periodo finale dell'impero romano
(definito di volta in volta come tardo impero, basso impero, tardo
antico) è stato visto dagli storici come epoca di cambiamento
per eccellenza. Sia coloro che, come scrive Arnaldo Momigliano,
lo hanno letto come cambiamento in negativo e dunque come
«archetipo di ogni decadenza», sia coloro che, soprattutto a
partire dal Novecento, vi hanno scorto le tracce di un'evoluzione
necessaria e positiva, hanno visto in quel periodo, variabile nei
suoi termini estremi ma centrato nei secoli III-V, l'epoca terminale
della classicità. La modernità, ricercando di volta in volta le
proprie radici nel mondo classico, ha rivestito questa fase
storica di valori differenti, sollecitata anche dalle emergenze
dell'attualità.

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Gibbon e l’ipotesi della causa della caduta dell’impero
romano

Per Edward Gibbon, che scrisse nella


seconda metà del Settecento, vi era una
evidente affinità tra la sua epoca e il II
secolo d.C., momenti di massimo
splendore rispettivamente della civiltà
moderna e di quella classica; simili, per
Gibbon, erano anche i processi che
avevano condotto al declino e alla
caduta dell'una e dell'altra. Sulla scorta
di una tradizione illuministica che aveva
avuto precedenti in Montesquieu e in
Voltaire, egli individuò nel cristianesimo
la causa della fine dell'impero.

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Il peso dell’economia
La nuova consapevolezza storica dell'Ottocento contribuì in
alcuni casi a puntualizzare la diversità tra le due epoche, ma
non a cancellare la convinzione che la trasformazione fosse
stata radicale e negativa. Lo studio della fase conclusiva
dell'impero romano si intrecciò con lo sviluppo dei nazionalismi
esaltando la contrapposizione tra etnie e portando a
identificare nelle invasioni il motivo principale della «morte di
Roma».

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Il peso dell’economia
Al tempo stesso, però, lo sviluppo delle scienze economiche e
sociali portò gli storici a introdurre anche valutazioni di tale
natura, oltre che politiche, nella spiegazione del cambiamento.
L'influenza di Karl Marx si precisò nelle tesi che identificavano
le ragioni della caduta nella trasformazione di una struttura
sociale e produttiva basata sulla schiavitù in una fondata sul
servaggio e sui rapporti feudali.

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Decadenza o cambiamento?
Nuove ricerche diedero frutti nel primo trentennio del
Novecento contribuendo ad ampliare le prospettive. Le
posizioni iniziarono a differenziarsi prima tra gli storici
dell'arte, che videro nel cambiamento delle forme successivo a
Costantino non più una decadenza ma un progresso [Riegl], poi
tra gli storici dell'economia [Dopsch, Pirenne] che iniziarono a
discutere il peso della componente monetaria e di quella
naturale nell'economia antica e a stabilire cesure derivate da
questa distinzione.

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Decadenza o cambiamento?
Le nuove interpretazioni complessive, come quella di Michail
Rostovtzev (1926), pur non abbandonando l'idea di una
decadenza, non operavano più le equivalenze semplificanti che
avevano caratterizzato la storiografia precedente: la
«barbarizzazione» che secondo alcuni aveva condotto alla fine
dell'impero diveniva in Rostovtzev un più complesso
«imbarbarimento» delle classi dirigenti romane e germaniche,
incapaci di reagire alla pressione contadina.

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Nascita dell’idea di «tardo antico»
Negli anni Sessanta-Settanta del Novecento si è avuta
un'ulteriore cesura [Cameron]. Gli storici hanno cominciato a
indagare il mondo tardo-antico come un periodo autonomo,
sganciandolo dal ruolo che aveva rivestito rispetto alle epoche
anteriori e posteriori. La prospettiva è stata allargata
all'Oriente, dapprima mostrando la parzialità di un'ottica
esclusivamente occidentale fondata sulla data del 476 d.C., in
seguito rivedendo anche l'idea di un'immobilità orientale
contrapposta a una serie di cambiamenti sopraggiunti in
Occidente.

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Nascita dell’idea di «tardo antico»
Lo sviluppo della ricerca archeologica ha fornito appigli ai
sostenitori di una maggiore continuità delle strutture romane
(per esempio le città). Inoltre sono state esaminate fonti in
lingue diverse dal latino e dal greco (siriaco, aramaico) e storie
di luoghi in precedenza poco studiati (Scandinavia, Nubia,
Yemen), che complessivamente hanno consentito di soffermarsi
sulle specificità locali della lenta trasformazione. I tempi sono
dunque maturi per una nuova riflessione sulla fine dell'impero e
del mondo antico, attraverso un'analisi comparata dei
cambiamenti e delle permanenze.

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Mappa - territorio - intenzione

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