Sei sulla pagina 1di 10

Farmacologia - Melchiorri Mariam Polito

31-10-2019 Rita Pallone

Terapia dell’epilessia
La crisi epilettica (in inglese “seizure”, dal latino “sacire” che significa “prendere possesso
di”) è una manifestazione clinica parossistica (improvvisa e violenta) che deriva da una
scarica anomala di un determinato gruppo neuronale. Tale scarica si definisce anomala,
improvvisa, eccessiva ed ipersincrona.
I neuroni possono scaricare sia singolarmente sia in modo sincrono, questa attività sincrona è
fisiologicamente importante per diversi processi: la percezione e l’attribuzione di significato
agli stimoli; per integrare le informazioni dal mondo esterno con le esperienze passate; per
indurre un’esecuzione motoria in risposta a una percezione e per le funzioni cognitive
superiori.
L’attività sincrona può diventare anomala ovvero ipersincrona: le popolazioni neuronali
coinvolte in questa anomalia sono i neuroni piramidali della corteccia, la cui attività è
normalmente controllata da interneuroni gabaergici, con cui instaurano una sinapsi asso-
assonica e i quali rilasciano gaba che lega recettori GABA A sul neurone piramidale. Il
neurotrasmettitore GABA è inibitorio ed impedisce ai neuroni piramidali di scaricare in modo
ipersincrono.
Vi sono delle condizioni in cui questo controllo viene meno: ad esempio con il consumo di
cannabis, in particolare il suo principio attivo ovvero il delta-9-tetraidrocannabinolo (Δ9THC)
lega recettori per i cannabinoidi CB1 localizzati in diverse aree (tra queste sugli interneuroni
gabaergici). I recettori CB1 sono degli GPCR accoppiati a Gi, quindi il cannabinolo lega il
recettore e spegne l’interneurone. Questo recettore lega normalmente cannabinoidi endogeni
che sono fisiologici e fondamentali per modulare l’attività di scarica gabaergica e di
conseguenza piramidale.
Se introduco cannabis esogena attivo i recettori CB1 (in modo sregolato, a differenza della
regolazione fisiologica opportuna mediata dagli endocannabinoidi), dunque i recettori
gabaergici sono inibiti e non controllano i neuroni piramidali che scaricano in modo
ipersincrono (si perde il controllo inibitorio). Il consumo di cannabis è infatti un fattore di
rischio e genesi di alcune forme di schizofrenia o epilessia (ed è inoltre un aggravante dei
sintomi).
Le manifestazioni cliniche dipendono dall’area cerebrale in cui i neuroni scaricano in modo
ipersincrono anomalo. Ma una crisi epilettica isolata non è sufficiente per fare la diagnosi, la
diagnosi infatti richiede che un paziente abbia una tendenza a ripetere le crisi epilettiche: il
10% della popolazione incorre in una crisi epilettica nel corso della vita, ma la prevalenza
dell’epilessia è 0.5-1% della popolazione.
Nell’epilessia si osservano scariche ipersincrone improvvise che si verificano per condizioni
idiopatiche oppure secondarie ad un danno del SNC. Si possono osservare due tipi di eventi:
l’attivazione di un focus epilettico oppure lo sviluppo di scariche ipersincrone generalizzate
a tutto il SNC, trasmesse diffusamente a partire dalla formazione reticolare. (da sbob del
2018)

Con il termine epilessia si intende dunque malattia del SNC cronica con ripetizione di crisi
epilettiche. La diagnosi di epilessia si può fare se:
1. Il paziente ha avuto almeno 2 crisi epilettiche distanziate nel tempo da più di 24 ore e
non provocate. Se un soggetto ha una prima crisi ha la probabilità del 40-50% di
sviluppare una seconda crisi. Con 2 crisi epilettiche non provocate la probabilità sale
al 60-90% di sviluppare ulteriori crisi epilettiche nei 4 anni successivi.

1
IV Anno Corso C – 2018/19
Farmacologia - Melchiorri Mariam Polito
31-10-2019 Rita Pallone

2. Il paziente ha avuto una sola crisi epilettica ma ha la stessa probabilità di avere una
seconda crisi di un paziente che ne ha avute già 2 (60% di probabilità di incorrere in
una seconda crisi nell’arco di 10 anni): questo avviene quando è trascorso almeno un
mese da un ictus o da una infezione cerebrale e il paziente ha sviluppato una crisi
epilettica o quando la prima crisi epilettica è secondaria a una patologia del SNC
(displasie, malformazioni vasali, tumore). In questi due casi la probabilità è del 60% in
10 anni di avere una seconda crisi, e si può fare diagnosi di epilessia con una crisi
isolata.
3. In caso di diagnosi di sindrome epilettica: sindrome caratterizzata da crisi epilettiche
con caratteristiche comuni (le crisi si presentano sempre con le stesse manifestazioni
cliniche, stesse alterazioni di tracciato all’EEG, stesse alterazioni al neuroimaging, TC
o RMN).
Le condizioni per porre diagnosi sono dunque caratterizzate da ricorrenza o alta probabilità di
ricorrenza: questo in quanto la diagnosi di epilessia permette di cominciare la terapia
antiepilettica, che ha molti effetti collaterali (una singola crisi non permette di dire che il
paziente ne avrà altre e dunque si evita la diagnosi e la conseguente terapia a meno che non
sussistano condizioni che aumentano la probabilità di ricorrenza). Non significa che alla
diagnosi necessariamente s’inizia la terapia.

CLINICA
La diagnosi è prevalentemente clinica ma può basarsi inoltre su alterazioni del tracciato EEG.
L’elettroencefalogramma (EEG) mostra l’attività elettrica corticale, la superficie cerebrale
presenta attività elettrica che si organizza in ritmi:
 Ritmo α, ha una frequenza di 8-14 Hz (Hertz) e ampiezza di 20-50 V (Volt), appare in
un soggetto sdraiato con occhi chiusi ma sveglio, ed è il tipico ritmo nel neonato fino a
18 mesi di età,
 ritmo β: in un soggetto ad occhi aperti, presenta una frequenza >14 Hz e un’ampiezza
di 5-10 V,
 ritmo θ, è tipico del sonno, ha una frequenza di 4-7 Hz con ampiezza di 100 V, poiché
fisiologicamente l’aumentare dell’ampiezza permette la sincronizzazione delle
scariche elettriche (fondamentale nel sonno),
 ritmo δ, ha una frequenza < 4 Hz e ampiezza fino a 150 V, è il ritmo prevalente nel
sonno.

Da ricordare: nel sonno l’ampiezza aumenta e ciò facilità l’attività di scarica sincrona, molte
epilessie dunque insorgono prevalentemente durante la notte, prima o poco dopo il risveglio.
In un soggetto con epilessia all’EEG si hanno anomalie dette epilettiformi. Gli elementi
patologici del tracciato sono:
 Punte, che indicano scariche sincrone di tipo eccitatorio,
 Onde, scariche sincrone di tipo inibitorio,
 Complessi punta-onda, in alcune aree o generalizzate (ovvero in tutte le derivazioni).

Talvolta all’EEG non ci sono elementi patologici in quanto EEG misura l’attività di scarica
dei neuroni piramidali (non degli interneuroni gabaergici).
Le anomalie del tracciato sono più frequenti per coinvolgimento della corteccia (in superficie)
non per localizzazioni profonde (es area temporale ippocampale, troppo profonda per essere
rilevata).
Alla RMN a 3 Tesla invece si vedono anomalie anche in profondità dei lobi.
Altro elemento patognomico è il parosysmal deporalization shift (PDS) ovvero una singola
punta isolata nel tracciato, indica che l’attività di scarica sta andando incontro a una attività

2
IV Anno Corso C – 2018/19
Farmacologia - Melchiorri Mariam Polito
31-10-2019 Rita Pallone

ipersincrona: la presenza di PDS e una crisi epilettica isolata permette di iniziare la terapia
(PDS indica alto rischio di ricorrenza delle crisi).
Non sempre si vedono alterazioni tra una crisi e l’altra, ovvero nel periodo interictale, in
alcuni casi per vederle si può indurre una crisi epilettica tramite la carenza di sonno,
l’iperventilazione con conseguente alcalosi respiratoria (calo di CO2 con vasocostrizione e
crisi) o stimolazione con luce intermittente (permette di vedere anomalie del tracciato
all’EEG).
Si intende con crisi non provocata (definizione coniata dall’ILAE, international league
against epilepsy) una crisi epilettica che non consegue un evento acuto temporaneo.
Le epilessie riflesse invece sono epilessie in cui la crisi è scatenata da determinati fattori e c’è
una tendenza del soggetto a sviluppare sempre una crisi epilettica in presenza di tali fattori
(luce intermittente, lettura, musica). Ovviamente il soggetto può sviluppare crisi anche senza
tali fattori, ma questi se presenti con alta ricorrenza sono induttori di crisi.
Ripasso delle definizioni:
 Crisi epilettica è una manifestazione clinica parossistica (improvvisa e violenta) che
deriva da una scarica anomala di un determinato gruppo neuronale.
 Epilessia è una malattia del SNC cronica con ripetizione di crisi epilettiche.
 Sindrome epilettica è una sindrome caratterizzata da crisi epilettiche con ricorrenti
caratteristiche comuni: cliniche, elettroencefalografiche e del neuroimaging.

CLASSIFICAZIONE DELLE CRISI EPILETTICHE

Le crisi epilettiche si classificano in base alla prima manifestazione in:


1. Focali, la scarica ipersincrona anomala inizia e si esaurisce nella stessa area cerebrale
(non si propaga). Questo tipo di attacco epilettico può trasformarsi in crisi
secondariamente generalizzata, insorgere quindi come crisi focale per poi
diffondersi.
2. Generalizzate, le scariche ipersincrone si manifestano contemporaneamente in tutto il
cervello (non si può definire un’area iniziale),
3. di tipo sconosciuto, non è comprensibile se c’è un focus o sono generalizzate per
mancanza di informazioni.

3
IV Anno Corso C – 2018/19
Farmacologia - Melchiorri Mariam Polito
31-10-2019 Rita Pallone

Inoltre le crisi epilettiche si descrivono in base a 3 caratteristiche:


1. Permanenza della consapevolezza o alterazione della consapevolezza
(prima si distingueva tra crisi semplice ovvero con mantenimento della coscienza, e crisi
complessa senza mantenimento della coscienza, la nuova classificazione le definisce crisi con
consapevolezza mantenuta o crisi con consapevolezza non mantenuta).
Nella crisi con consapevolezza non mantenuta il paziente non ha memoria dell’evento: in
genere le crisi focali presentano mantenimento della consapevolezza, quando una crisi
epilettica focale però avviene in un’area ad alto significato integrativo (ad esempio epilessia
del lobo temporale) si hanno alterazioni della consapevolezza.
2. Modalità di presentazione all’origine della crisi epilettica:
 Motoria:
 con presenza di automatismi, ovvero movimenti involontari dell’orofaringe o gesti
involontari esempio il pz deglutisce, muove la bocca senza controllo volontario,
 crisi toniche, con contrazioni dei muscoli flessori prolungate nel tempo,
 crisi cloniche, con contrazioni e rilassamenti rapidi,
 atoniche, il paziente ha perdita di tono muscolare (rischia di cadere),
 crisi ipercinetiche, con movimenti veloci involontari, ad esempio pedalare con le
gambe,
 miocloniche, spasmi veloci simili ai tic.
 Non motoria:
 arresto motorio, il paziente si blocca,
 di tipo cognitivo, alterazione del linguaggio con disartria (difficoltà
nell’articolare la parola); afasia sensitiva (mancata percezione del significato
della parola); sintomi positivi come il déjà-vu (percezione di aver già vissuto
degli attimi o situazioni) o jamais vu (una situazione comune si percepisce
come mai vissuta prima); allucinazioni ed illusioni; alterazioni della
percezione come micropsie e macropsie (oggetti appaiono più piccoli o più
grandi di come sono),
 alterazioni dei sentimenti, crisi gelastiche (di risate), o crisi di pianto, paura,
ansia, gioia,
 disautonomia, con aumento della pressione, nervosismo, agitazione,
piloerezione, sudorazione,
 alterazioni sensoriali, del gusto, odorato (tipico odore riferito è il kerosene) e
tattile.
La descrizione per la diagnosi si basa dunque sulla prima manifestazione clinica (le crisi poi
possono evolvere nel tempo).
3. alcune crisi iniziano come focali poi l‘attività si propaga a tutte le aree cerebrali,
ovvero crisi focali secondariamente generalizzate, questa dicitura è stata rivista e si
preferisce dire con evoluzione tonico-clonica generalizzata.

Tra le manifestazioni motorie possiamo trovare la marcia Jacksoniana (risposta motoria che
si propaga tipicamente dalla periferia degli arti superiori fino alla spalla, includendo anche
la palpebra omolaterale, si propaga infatti lungo la corteccia colpendo le diverse regioni
contigue dell’homunculus motorio), la paralisi di Todd (paralisi delle aree controlaterali alle
regioni encefaliche interessate dall’attacco epilettico che può durare per 1-2 ore, è un
elemento prognostico negativo che permette di iniziare la terapia). Le crisi focali possono

4
IV Anno Corso C – 2018/19
Farmacologia - Melchiorri Mariam Polito
31-10-2019 Rita Pallone

manifestarsi in forma protratta, in tal caso si parla di stato di male focale. In questo caso le
crisi focali si manifestano una dopo l’altra senza soluzione di continuità e costituiscono
un’emergenza neurologica potendo determinare gravi danni al SNC (crisi focali continue di
Kojewnikow). Poiché il paziente si ricorda l’evento, il ricordo dei sintomi, permette di
individuare la sede del focus epilettico per comprendere quale sia il farmaco epilettico più
efficace.
Una manifestazione emilaterale deve sempre essere indagata per escludere cause diverse
dall’epilessia, come tumori, infezioni, TIA, trauma cerebrale. (da sbob del 2018)

CLASSIFICAZIONE DELLE EPILESSIE


Le epilessie possono essere:
1. Focali, in genere coinvolgono un segmento corporeo che consegue l’area cerebrale
che viene colpita in modo isolato,
2. Generalizzate, è coinvolto tutto il corpo ed estesamente l’attività cerebrale,
3. Combinate (sia focali che generalizzate), sono piuttosto difficili da curare con terapia
farmacologica in quanto alcuni farmaci sono efficaci per le generalizzate ma non per
le focali, per cui la terapia può aggravare le crisi focali.
4. Di tipo sconosciuto, un esempio è la sindrome di West, un’epilessia encefalopatica
tipica del neonato che insorge a pochi mesi dalla nascita. Questa patologia presenta
la problematica di peggiorare con il ripetersi delle frequenti crisi epilettiche e si
presenta caratteristicamente con lo spasmo in flessione dei muscoli del collo, come se
il paziente facesse un saluto arabo. Insieme alla patologia di Lennox Gastaut, causa
danni di tipo neurocognitivo e motorio. È una sindrome molto resistente alla terapia,
l’unico farmaco utilizzabile è la VIGABATRINA, un farmaco molto tossico che agisce
sulla trasmissione GABAergica essendo la trasmissione inibitoria stessa implicata
nella patogenesi di questa malattia. Altri farmaci utilizzabili sono degli antiedemigeni
come l’IDROCORTISONE o le somministrazioni depot di una porzione di ACTH,
molto utili nell’arginare lo sviluppo di edemi tipico della patologia (sbob 2018).

Generalizzate

Si manifestano con perdita di coscienza e consapevolezza, possono essere motorie e non


motorie, dette assenze.
 non motorie
Le assenze sono rapide crisi in cui il soggetto si isola dal mondo esterno, perde contatto con
la realtà per pochi secondi e poi riprende l’attività e i contatti senza consapevolezza
dell’evento (più frequenti nei bambini, negli adulti in genere sono associati a sindromi) e
prendono tipicamente il nome di piccolo male.
Le assenze tipiche hanno insorgenza in un intervallo di età tra i 4 e i 6-8 anni, in genere si
autolimitano con la crescita, sono caratterizzate all’EEG dalla presenza di complessi punta-
onda in tutte le derivazioni con una frequenza di 3 Hz.
Le assenze atipiche insorgono e si concludono più lentamente, hanno una frequenza di
complessi di punta-onda inferiore ai 2,5 Hz.

 motorie, sono:
- tonico-cloniche, classica manifestazione del grande male epilettico con una prima
fase tonica e una seconda fase clonica, il tutto con durata di 1-2 minuti. Nella prima
fase tonica abbiamo contrazione prolungata per 20 secondi di tutti i muscoli corporei,
inclusi i muscoli faringei e diaframmatici con pianto epilettico (emissione forzata di
aria con corde vocali chiuse), difficoltà respiratoria con cianosi (questa fase dura di

5
IV Anno Corso C – 2018/19
Farmacologia - Melchiorri Mariam Polito
31-10-2019 Rita Pallone

norma sui 20 secondi). La seconda fase clonica inizia con tremore leggero diffuso che
deriva dal cessare della contrazione tonica e poi prosegue con spasmi ritmici
(contrazioni cloniche), il paziente in questa fase presenta disautonomia con emissioni
di feci e urine, occhi spalancati, la lingua può retroflettersi con possibile
soffocamento, la cianosi persiste per tutta la durata. Con l’esaurirsi della crisi
aumentano le secrezioni bronchiali con respirazione faticosa e il paziente presenta un
periodo postictale caratterizzato da: depressione, stato simil comatoso di minuti o ore,
facile addormentamento, ed al risveglio spesso si ha una cefalea pulsante.
La crisi può essere preceduto o meno da sintomi prodromici ovvero uno stato prodromico
di ore o addirittura giorni prima della crisi con: disforia, nervosismo, agitazione, aura
ovvero presenza di una sintomatologia con coscienza conservata, che il paziente dunque
ricorda e riporta, l’aura nell’epilessia si presenta non solo con sintomi visivi (come nel
caso dell’aura emicranica) ma principalmente con manifestazioni cognitive, sensitive e
motorie. La descrizione dell’aura suggerisce la diagnosi perché deriva da una scarica
localizzata e permette di capire l’origine della scarica epilettica.
(Le epilessie focali possono avere più foci ovvero essere multifocali, sono difficili da
distinguere da una generalizzazione primaria o secondaria.)
- Toniche,
- Cloniche, in genere asimmetriche,
- Miocloniche, in genere simmetriche, hanno un minimo impatto sulla consapevolezza,
caratterizzate dalla contemporanea contrazione dei muscoli estensori e flessori (sbob
2018),
- Atoniche, esempio è la sindrome epilettica encefalopatica di Lennox Gastaut (sbob
2018).

Condizioni caratterizzate da crisi ma che non permettono di fare diagnosi di epilessia:

1. Le convulsioni febbrili, frequenti nel bambino dagli 8 mesi ai 5 anni, dopo i 5


anni si parla di convulsioni febbrili plus + (eziologia genica) e sono vere e
proprie epilessie dette GEFS.
Possono essere semplici, tonico-cloniche generalizzate con durata minore di 15 minuti e non
si ripetono nelle 24 ore. Sono benigne e non aumentano il rischio di epilessia con l’avanzare
dell’età, si verificano con febbre (può precedere o posticipare la crisi). Nel caso in cui la
convulsione insorga prima dei 18 mesi il bambino va ricoverato in ospedale con osservazione
per 24 ore (diagnosi differenziale con meningite virale, se non vi sono segni meningei si evita
la puntura lombare, inoltre il tracciato EEG presenta alterazioni patognomiche di meningite
virale se questa è la causa). Le convulsioni febbrili semplici dunque sono autolimitanti e non
richiedono trattamento, in genere la durata è minore di 3 minuti, se durano più di 5 minuti
sono definite crisi prolungate. La probabilità di ripetizione è del 40%.

N.B. Con convulsione si indica la crisi motoria mentre la locuzione crisi epilettica è slegata
dalla manifestazione clinica (non è per forza motoria).

Le convulsioni febbrili complesse durano più di 15 minuti, tendono a ripetersi nell’arco delle
24 ore con probabilità del 4-10% di sviluppare epilessia crescendo
(in genere queste convulsioni sono circoscritte a un arco di età ben definito poiché il cervello
del bambino è più soggetto e suscettibile ad alterazioni febbrili, ma con la crescita e lo
sviluppo cerebrale la febbre non è più in grado di alterare la scarica neuronale).

6
IV Anno Corso C – 2018/19
Farmacologia - Melchiorri Mariam Polito
31-10-2019 Rita Pallone

Vi è una sindrome che colpisce il bambino nel primo anno di vita con convulsioni febbrili
complesse: è la sindrome di Dravet, una epilessia encefalopatica (epilessia in cui la crisi
epilettica peggiora il danno cerebrale), è una sindrome grave con alterazione nello sviluppo
psicomotorio con deficit cognitivi e psichiatrici, con crisi tonico-cloniche nel primo anno di
vita e che proseguono dopo il primo anno (è necessaria una politerapia e non si autolimita).

2. Le crisi benigne neonatali familiari, anche in questo caso non si fa diagnosi


di epilessia, tali crisi insorgono nel neonato fino a 6 mesi di età e massimo 1
anno, con prognosi favorevole e autolimitante, per mutazioni genetiche di geni
KCNQ2 e KCNQ3 che codificano per canali voltaggio dipendenti del potassio
(la mutazione del gene KCNQ1 è quella che causa la sindrome del QT lungo).
Si manifestano sia come crisi generalizzate che focali e coinvolgono il
cervelletto, quindi possono esserci sintomi di compromissione cerebellare come
incoordinazione motoria (potrebbe anche esserci disartria ma essendo neonati
non possiamo valutarla) e clonie. In alcuni casi si possono somministrare
BENZODIAZEPINE. Esiste anche un farmaco che agisce su queste correnti al
potassio mediate da KCNQ2-KCNQ3 che si chiama RETIGABINA (ma non si
utilizza nelle crisi benigne neonatali, bensì per altre forme di epilessia in cui si
ha alterazione di questi canali). (sbob 2018)

CLASSIFICAZIONE DELLE SINDROMI EPILETTICHE


1. Idiopatiche, non sono conseguenza di un danno cerebrale, possono essere sia familiari
che non familiari,
2. Somatiche, ovvero secondarie, derivano da un danno al SNC (ipossia perinatale,
tumori, lesioni vascolari, infezioni), spesso trascorrono anni prima che il danno causi
una crisi epilettica,
3. Criptogenetiche, non si conosce la causa ma si suppone ci sia.

Si classificano poi in focali o generalizzate, familiari e non familiari.

1. FOCALI
 Non familiari:
- crisi benigne neonatali non familiari, con prognosi positiva, autolimitanti, durano pochi
mesi o pochi anni, senza necessità di trattamento. Sono delle clonie associate ad apnea e
ipossia. Sono anche chiamate “crisi del 5° giorno” perché normalmente si manifestano dal 4°
al 6° giorno dopo la nascita;
- epilessia benigna del bambino con spikes nella regione centrotemporale, detta epilessia
rolandica, è benigna con clonie oro-facio-brachiali, disartria, scialorrea. Ha un periodo di
insorgenza fra i 3 e 13 anni, in genere al di sotto dei 5 anni, non necessita di trattamento.

N.B. Si definisce un pz epilettico libero da crisi o in remissione per 3 condizioni: quando


negli ultimi 10 anni non ha avuto crisi epilettiche; negli ultimi 5 anni non ha avuto crisi
epilettiche in assenza di terapia; o nel caso di epilessia del bambino quando si supera
l’intervallo di età in cui in genere questa si manifesta. Il pz in remissione può comunque
presentare crisi epilettiche nel corso della vita (nei bambini in genere non si ripresentano crisi,
perché l’epilessia è età dipendente).

7
IV Anno Corso C – 2018/19
Farmacologia - Melchiorri Mariam Polito
31-10-2019 Rita Pallone

- epilessia benigna del bambino con alterazioni del lobo occipitale, può essere ad esordio
precoce e ad esordio tardivo, nel precoce si parla di epilessia di Panayiotopoulos e insorge tra
1 anno e 10 anni di età; nel tardivo ci si riferisce alla epilessia di Gastaut. Inoltre nella
categoria è inclusa anche una epilessia del lobo occipitale fotosensibile, scatenata da stimoli
luminosi.

La epilessia di Panayiotopoulos si presenta con nausea e vomito talvolta protratto (si tratta
l’epilessia per ridurre il vomito), si manifesta prevalentemente nel sonno, è neurovegetativa
con flessione tonica del capo e deviazione dello sguardo (su un lato), la crisi insorge
classicamente durante la notte con perdita di contatto del mondo esterno. È benigna, si tratta
se il vomito si prolunga nel tempo tramite una benzodiazepina (classe di farmaci ansiolitici,
miorilassanti e antiepilettici), ovvero con diazepam con formulazione rettale, in quanto è di
più facile somministrazione durante la crisi (Micropam nome commerciale) o se il vomito è
particolarmente prolungato e grave per via endovenosa.

L’epilessia di Gastaut presenta sintomi visivi con cecità corticale (anche con durata maggiore
di 5 minuti), reversibile, con allucinazioni visive ed emicrania. È possibile anche riscontrare
la presenza di illusioni dette micropsie (si vedono gli oggetti più piccoli di quello che sono), o
anche macropsie (l'opposto). Si possono avere anche microzoopsie o macrozoopsie ovvero gli
animali appaiono molto più piccoli o più grandi di quello che sono realmente. È anch’essa
benigna e non richiedere trattamento (in caso di necessità è trattabile con la
CARBAMAZEPINA (CBZ) o con l'ACIDO VALPROICO).
L’epilessia occipitale fotosensibile è anch’essa benigna e non richiede trattamento.

 Familiari,
- Epilessia benigna neonatale infantile familiare, che si manifesta a pochi giorni dalla
nascita fino ad un anno di età, per mutazione del gene SCN2A che codifica per la
subunità alfa del canale per il sodio Nav 1.2 (espresse nel SNC): è una mutazione gain
of function. Le epilessie familiari tendono a ripetersi con frequenza maggiore rispetto
alle non familiari, e presentano spesso crisi a grappolo (crisi ravvicinate nel tempo).
L’epilessia benigna neonatale infantile risponde al trattamento classico con
antiepilettici di prima generazione (carbamazepina o valproato) e si risolve
spontaneamente con l’età.
-Epilessia temporale autosomico dominante notturna del lobo frontale (ADNFLE),
presenta scarica epilettica nel lobo frontale, l’epilessia è autosomica dominante, non si risolve
spontaneamente e dunque non si può interrompere il trattamento. Comunque presenta
sintomatologia benigna ma con ricorrenza frequente (e ricorre all’interrompersi della terapia).
La mutazione riguarda il recettore nicotinico dell’Ach, (può essere centrale o periferico nella
placca neuromuscolare): nel SNC il recettore è un pentamero, ha 2 tipi di subunità (alfa e
beta) che formano un canale del sodio. L’Ach lega il recettore, induce entrata di sodio. Il gene
mutato codifica per il recettore α4β2, localizzato in neuroni gabaergici (normalmente induce
ingresso di sodio e li attiva), la mutazione è però loss of function dunque il neurone gabergico
non si attiva e si ha aumento di scarica sincrona (si perde il controllo inibitorio). Risponde alla
terapia farmacologica, in particolare alla CBZ (nel 70 percento dei casi circa) o alla
ZONISAMIDE.
- Epilessia temporale laterale autosomica dominante (ADLTE), il lobo temporale laterale
normalmente processa stimoli uditivi, dunque l’epilessia si presenta con alterazioni uditive
per mutazione della proteina che normalmente si ritrova in gliomi, il gene è LGI1. È una
proteina ricca in motivi di leucina e si inattiva nel glioma o nell’epilessia, probabilmente è
una proteina ancillare per correnti di potassio 1.1 e l’alterazione non permette il

8
IV Anno Corso C – 2018/19
Farmacologia - Melchiorri Mariam Polito
31-10-2019 Rita Pallone

funzionamento di tale corrente. L’epilessia si presenta con manifestazioni uditive, i suoni


stessi possono scatenare l’epilessia, alcuni pazienti hanno poi afasia recettiva (non
percepiscono il significato delle parole). L’epilessia temporale laterale risponde a terapia
antiepilettica e non è autolimitante.

9
IV Anno Corso C – 2018/19
Farmacologia - Melchiorri Mariam Polito
31-10-2019 Rita Pallone

10
IV Anno Corso C – 2018/19

Potrebbero piacerti anche