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Stefano Gervasoni

STRADA NON PRESA

Analisi della forma secondo le persistenze quantitative delle occorrenze testuali


Strada non presa è un lavoro del 2001 eseguito per la prima volta presso all’Abbazia di
Royaumont il 15 settembre dello stesso anno dal quartetto Prometeo. L’interesse per questo pezzo
nasce dal voler confrontare le informazioni provenienti dalla partitura con i risultati circa le medesime
idee che sono denotabili nell’ascolto del pezzo. S’indagherà, quindi, sui materiali in funzione della
macro-forma e sulla rilevanza che essi hanno in fase d’ascolto nella veicolazione di gerarchie.
Scrive Gervasoni:
“…Arrivato a circa due terzi della composizione il quartetto sembra prendere una piega
irrevocabile e i passaggi veloci di linee discendenti in pseudo ottave, che fino a quel momento si erano
fatti solo intravedere, dominano l'intera composizione fino alla fine. Se, dunque, fino al punto di svolta,
il quartetto è caratterizzato da una identità che è riconducibile alla dimensione al di là della nota (per
giocare col titolo che Voix Nouvelles diede al concerto che accolse la prima di questo pezzo), tutta la
seconda parte può essere considerata il tentativo di riappropriarsi di una dimensione sonora più
consueta, quella dell'al di qua della nota, ma attraverso i modi della prima parte, che è la sua
dimensione antagonista. Figure e gesti perfettamente consueti si dematerializzano: perdono rilievo,
peso sonoro, funzione retorica e architettonica…”
L’idea da cui parte chi scrive è che nella percezione di un brano la costruzione di gerarchie
con cui cercare di recepire il pezzo (attività ancora più importante nell’ascolto della musica
contemporanea, dove la fruizione dei brani non è votata ad un consumo passivo – quello che può
avvenire ascoltando un brano di musica leggera mentre si fa qualcos’altro – ma deriva molto spesso da
una precisa volontà d’ascolto che impone l’attenzione del soggetto sul brano stesso) è spontanea e
fisiologicamente automatica. I dati analizzati in questo lavoro saranno sia qualitativi che quantitativi.
Sebbene l’uso di dati quantitativi non sia proprio dell’analisi musicale, si sceglie di percorrere questa
strada per poter trovare un’ancora “oggettiva e razionale”. L’autoreferenzialità della musica lascia
margini d’interpretazione di un brano, inteso come testo-mondo, pressoché illimitati. Seppur con la loro
aridità, i dati quantitativi sono invece reali, razionali e quindi indiscutibili.
Pensiamo al brano come corpus d’informazioni. Se poniamo esso al centro di una relazione biunivoca,
in cui gli estremi sono da una parte il compositore e dall’altra gli ascoltatori, abbiamo il seguente
schema:

Compositore BRANO Ascoltatore

Se il compositore parte da un’idea astratta ed arriva a costruire un brano di musica come


espressione sensibile di questa idea, l’ascoltatore parte dal brano di musica per costruirne un senso (al
fine di recepirlo)1. In altre parole, il compositore parte dal significato per creare poi un pattern
sequenziale, l’ascoltatore comincia dalla sequenza finita d’informazioni per risalire al significato. Il
controllo sugli ascoltatori circa la formazione del significato di un corpus testuale è estremamente
complesso ed ambiguo, dati gli innumerevoli parametri che contribuiscono a tale procedimento.

Nel presente lavoro, dopo una presentazione della morfologia dei suoi materiali, si prenderà
come oggetto dell’analisi la sua registrazione2. Seppure con le relative distanze concettuali, l’approccio
analitico utilizzato sarà simile a quello spettro-morfologico. Dato che il brano in questione è
strumentale e non elettro-acustico, l’attenzione sarà maggiormente rivolta alla morfologia strumentale
(vale a dire degli strumenti musicali) dei materiali più che alla valenza degli stessi in funzione della
costituzione spettrale del suono. Analizzare questo brano con un metodo d’indagine non
convenzionale, che esula dall’indagine sulla nota sembra in linea con la poetica dichiarata dal
compositore.

1
Cfr. Petöfi,, Probleme der modelltheoretischen Interpretation von Texten, Hamburg, Buske, 1974. Queste ricerche, appartenenti
al campo della linguistica, sono a mio avviso mutuabili anche in campo musicale, dato che parlano di problematiche
sostanzialmente comuni a tutte le forme d’espressione.
2
Esecuzione dal vivo.

1
Morfologia del brano

Il brano consta di sette categorie teoriche di materiali divisi per unità con lunghezza
eterogenea e giustapposti tra loro secondo un criterio paratattico.
Ogni categoria ha delle peculiarità connotanti ma ad un secondo livello alcune categorie sono più
vicine ad alcune rispetto ad altre e quindi si aggregano tra loro secondo un criterio di somiglianza.
In partitura le categorie sono indicate con le lettere da A a G; le differenti unità con dei numeri e le
sottounità con una o più lettere minuscole.
Eccone una loro descrizione sommaria:

A Clusters nella regione media, lunghi glissando. Suoni di partenza e d’arrivo temperati. Eventi
molto corti: suoni armonici isolati e pizzicati d’arco. Materiale rarefatto nel tempo;
B Coppie di suoni brevi con intervalli molto piccoli, spesso quarti di tono. Omoritmia delle
parti, concitazione degli eventi. Regione3 media.
C Materiale scalare. Omoritmia. Regione molto acuta. Suoni temperati. Suoni armonici o reali;
D Materiale scalare. Omoritmia. Registro medio, suoni reali;
E Materiale amorfo, senza tempo. Armonici fluttuanti molto filtrati (legno tratto);
F Materiale crepuscolare (microgettato continuo). registro medio inferiore. Suoni armonici come
eventi molto corti;
G Armonici fluttuanti. regione molto acuta. Suoni singoli in glissando distinti tra loro.

La frammentazione dei materiali è impressionante. Ecco l’elenco delle varie unità costituenti l’intero
brano4 secondo il loro ordine d’apparizione5 con a fianco la relativa durata6:

3
Nel corso di questo lavoro quando si parlerà di regione s’intenderà una porzione della gamma generale dei suoni; quando si
parla di registro, ci si riferirà ad una porzione della gamma di suoni di uno strumento in particolare. Per esempio, la regione
attorno a do4 corrisponde al registro inferiore per il violino od al registro medio-superiore per il violoncello.
4
La registrazione in possesso del brano è di 22’55’ ca. Questa durata va considerata al “lordo” delle due corone a cavallo di
battuta tra le misure 90-91 e 118-119 che non essendo comprese nel conteggio “ufficiale” della partitura sono a discrezione degli
interpreti circa la loro gestione. La durata “netta” della registrazione è di 22’48’’ ca.
5
Nell’edizione del pezzo sembra ci siano degli errori di stampa. La sezione E16 segue la regione E1abb e precede la regione E2a,
cosa che non ha senso.
6
Durata approssimata al centesimo di secondo e con un errore di misura pari a σ = 0,01".

2
A1 (1’50’19) B5a (2’’88) D4a (2’’07)
G1a (16’’68) A11 (19’’61) E2a (3’’63)
A2 (1’27’50) B5b (6’’18) C4a (3’’95)
G1b (16’’11) A12 (12’’40) A21 (49’’33)
A3 (1’17’’67) B5c (2’’62) C4b (1’’27)
G1c (15’’58) A13 (4’’80) E2ba (4’’38)
A4 (1’14’’39) B5d (1’’52) C = B8 (8’’69)
G1d (7’’41) A14 (11’’95) E2bba (4’’43)
B1 ((7’’17) B5e (1’’58) C = A22 (17’’40)
A5 (1’04’’56) E1aba (5’’42) E2bbb (2’’06)
F1a (8’’87) A15 (18’’42) C5a (4’’40)
B2 (7’’53) E1abb (4’’90) C = B9 (8’’40)
F1ba (1’’68) C2 (2’’97) C5b (1’’49)
A6 (54’’99) A16 (26’’81) D4b (2’’75)
F1bb (10’’32) C2b (2’’26) C = A23 (17’’60)
B3a (7’’05) E16 (5’’81) D5aa (3’’21)
A7 (50’’09) D1 (2’’30) C = B10 (5’’85)
B3b (3’’64) A17 (27’’72) D5ab (2’’32)
F1ca (17’’70) B6a (10’’18) C6a (3’’75)
A8 (45’’40) A18 (38’’06) C = B11a (5’’21)
F1cb (3’’34) B6b (6’’87) C = A24 (20’’04)
B4a (9’’40) D2 (3’’05) C = B11b (3’’48)
A9 (40’’06) C3a (3’’55) C6b (3’’33)
B4d (2’’88) A19 (37’’81) E3a (6’’46)
F1d (4’’41) C3b (3’’74) C = B12 (9’’92)
C1a (4’’01) D3 (4’’12) C = A25 (18’’02)
A10 (26’’05) B7a (6’’07) “…” (29’’07)
C1b (1’’48) A20 (48’’19)
E1aa (5’’30) B7b (5’’95)

Materiale A
La cifra caratteristica di queste sezioni sta nei lunghi glissando tra intervalli molto piccoli che
formano la trama rilevante del quartetto.
I glissando riguardano bicordi di tono che nell’insieme dei tre strumenti di volta in volta interessati
formano dei clusters sempre più estesi ma meno densi – all’inizio di terza minore, poi terza maggiore,
già dalla batt. 2 e poi, alla batt. 5, di quarta giusta - . Il materiale, che si muove senza soluzione di
continuità in un range ristretto come quello del semitono, non deve suggerire l’idea d’immobilità:
favorito dal metronomo lentissimo, il glissando produce nel tempo relazioni tra suoni in parte casuali
che esulano dalla linearità che potrebbe essere suggerita dalla scrittura. In realtà in ogni glissando si
apre una fitta catena di relazioni dialogiche tra gli strumenti interessati, fluttuanti e spontanee.
La gestione del tempo è votata a produrre smarrimento. L’annientamento del senso del tempo
per mezzo di materiali estremamente rarefatti e stirati porta di conseguenza un annientamento dei
processi di segmentazione da parte dei riceventi. O meglio, a parere di chi scrive, l’attività di
segmentazione del continuum sonoro è un processo automatico ed inevitabile; non essendoci indici
testuali evidenti in queste misure del brano, i luoghi delle “arsi” e delle “tesi” resta più legato
all’eventuale comparsa di relazioni spontanee all’interno dei clusters, come detto precedentemente.
Il compositore gestisce le proporzioni dei glissando secondo una direzionalità vagamente iperbolica;
ecco le durate di ciascuna porzione tra le batt. 1-57:
1) 4 q. + e;

2) 3 q.;

3) 2 q. ;

4) q. + e ;

7
Valori teorici sulla base del metronomo e delle battute.

3
5) q. ;

6) q. + q ;

7) 2q. + q ;

8) 4 q8. ;

L’inizio di ogni nuovo glissando, sia quando essi hanno tutti la medesima direzione tra tutti gli
strumenti interessati sia quando le direzionalità del movimento analogico, sono contrarie tra loro, è
marcato da un indice9 isolato e ridondante10 in più momenti nel testo musicale: armonici molto acuti e
brevi o pizzicati d’arco nella regione media inferiore.

Sezione A2
La sezione A2 non presenta cambiamenti morfologici rilevanti rispetto la sezione precedente.
La sola variante, che però non porta informatività11 rilavanti nel testo musicale né in quello sonoro
(anche perché non ha poi seguito) è data dalla dissociazione tra le note cardine dei glissandi (segnate
sempre con un accento) e gli indici isolati: sia che essi siano armonici corti sia che essi siano pizzicati
d’arco, la distanza con i punti salienti dei glissando è ora di una e. .
La gestione del tempo dei glissandi si presenta ora più eterogenea, senza una direzionalità
palese:

8
Il tempi indicati in queste sezioni sono composti e con un metronomo di e = 36 ca. Ciò indica che l’unità di tempo di una q.
dura indicativamente 5’’.
9
«L’indice è fisicamente connesso con l’oggetto, in quanto si trova in relazione reale, efficiente ed effettiva con ciò a cui si
riferisce. Vi è dunque una corrispondenza “nei fatti” tra segno ed oggetto, in quanto essi devono essere compresenti nell’atto
della comunicazione». G.P. Caprettini, Segni, testi, comunicazione, Utet Libreria, Torino, 1997.
10
La disposizione dei glissandi e degli indici farebbero pensare alla figura retorica attacco-risonanza (o meglio, in questo caso
attacco-caduta). Date però le premesse estetiche del compositore, il senso di smarrimento del tempo e oltretutto lo spostamento
di tutto il materiale musicale nella regione alta dello spettro (senza toccare le frequenze gravi degli archi), applicazione di questa
figura retorica sembra forzata.
11
Col termine “informatività” intendiamo designare la misura in cui una presentazione testuale è nuova o inattesa per il
ricevente. Generalmente si usa questo concetto solo per il contenuto, in quanto gli altri parametri stanno in maniera più debole,
avendo un rilievo secondario, al centro dell’attenzione. Per attenzione si intende qui quel consumo di potenziale elaborativi che
racchiude il potenziale contemporaneamente a disposizione per altri compiti. [Keele 1973]

4
1) 2q. + q ;

2) q. + q ;

3) q. + e. ;

4) q. + e ;

5) q. + e ;

6) 3q. + q ;

7) 2q. + e ;

8) q. + e ;

9) q. .

Sezione A3
Questa sezione si compone di due momenti. Nel primo12 avviene un procedimento simile a quelli
avvenuti precedentemente:

1) q. ;

2) 2 q. ;

3) 3 q.. + e ;

4) q ;

5) e .

12
Batt. 21-23 (inizio)

5
La massima compressione del glissando é duplicata più volte (sempre a tre parti, costituenti un
cluster), formalizzandosi per via della ridondanza. La sua cifra caratteristica è data dal fatto che essi
sono costituiti per la maggior parte da intervalli di terza minore anziché di tono, i quali formano sempre
clusters, sempre in relazione con gli altri strumenti13. Sulla duplicazione ora descritta si innesta un
nuovo elemento, frutto della contaminazione tra il “nuovo” intervallo di terza minore ed i lunghi
glissando con cui fin ora queste sezioni sono state dominate. Come in una catena, alla duplicazione
reiterata di questo nuovo elemento corrisponde la liquidazione del precedente.

Sezioni A4 – A16
Durante queste sezioni, in cui il materiale rimane piuttosto omogeneo con se stesso, l’aspetto
più interessante rimane la gestione del tempo. I lunghi glissandi dell’inizio scompaiono; essi sono
sostituiti da grandi pause prima e da fruscii di varia natura poi. I glissandini della prima duplicazione
della sezione A3 e gli elementi isolati della sezione A1 marcano gli spazi e rompono le pause, secondo
un procedimento di ars combinandi più che di ars componendi. La disposizione condensata delle parti
cede ora e dopo in favore di uno sbalzamento delle ottave; mentre la parte media resta nel registro
consueto, violino e violoncello si traspongono di un’ottava sopra e sotto.
Gli intervalli suonati dai vari strumentisti si allargano sempre più. Ecco un quadro circa l’uso degli
intervalli:

• A4: 3a minore, 3a maggiore, 4a giusta, tritono, 5a giusta;


• A5-A6: 4° aumentata, 5° giusta, 6° minore, 6° maggiore;
• A7: 6° minore e maggiore;
• A8: 6° maggiore, 7° minore;
• A9-A10: 7° minore, 7° magg.;
• A11-A12: 7° maggiore, 8° giusta;
• A13-A14: 8° giusta, 9° minore;
• A15: 9° minore;
• A16: 9° maggiore.

Nonostante il materiale rimanga sostanzialmente cromatico, senza nessuna polarità o una


direzionalità nella gestione delle altezze evidente, si può notare come, man mano nel tempo, i cluster si
“schiariscano”, vuoi per l’aumentare dell’intervallo di ciascun strumento vuoi per lo spiegamento dei
registri.
Esaurita l’escursione degli intervalli, con la sezione A17 si ritorna al cluster, come all’inizio del brano.
Sebbene ricompaiano gli stessi intervalli dell’inizio (bicordi a distanza di tono che insieme formano il
cluster), gli stessi elementi salienti (glissandi lunghissimi ed eventi isolati a marcare questi ultimi),
questa sezione con l’inizio del brano non ha niente a che vedere: il cambiamento dell”uso dell’arco
impone una trasformazione radicale dell’oggetto sonoro14.
La trasformazione del materiale del tempo nelle sezioni A17-A21 non riguarda più ora il
colore del cluster in base alla sua costituzione interna (gli intervalli di cui è composto) o la sua
disposizione nello spettro ma riguarda delle variazioni più palesi del timbro. Microgettati continui e
grattati trasformano radicalmente il materiale a tal punto da poter dire che la relazione con quelli delle
sezioni A1-A16 è tutt’al più teorica.
Le sezioni A22-A25a15 sono contrassegnate da un eguaglianza: C=x,y, ecc… In virtù di ciò, queste
sezioni saranno prese in considerazione in tale categoria di materiali.
Consideriamo ora l’interezza delle sezioni A. La disposizione paratattica delle sezioni diminuisce la
percezione delle relazioni che le varie sezioni hanno tra loro stesse a in rapporto al tempo assoluto del
brano.
Questa operazione, però, non è artificiosa, dato che nella gestione ad un livello superiore – macro -
delle sezioni troviamo una gestione del tempo molto simile a quella individuata nel micro delle prime
sezioni del pezzo16:

13
L’intervallo di terza minore era già comparso nelle misure precedenti ma confuso tra gli intervalli di tono, così come gli
intervalli di tono e di semitono compariranno alla batt. 23 per altre due volte. Nonostante questo margine d’ambiguità del
gradiente di transizione, si pensa di poter dire che il marcatore dell’elemento caratteristico della batt. 23 sia l’intervallo di terza
minore di cui sopra.
14
Un’analisi deve essere il più possibile imparziale. Metto solo in nota, quindi, il mio sottolineare come la trasformazione
dell’oggetto sonoro avvenga con molta eleganza: il cambiamento di un solo parametro ha conseguenze profonde ed inevitabili su
tutti gli altri.
15
Il motivo per cui compaia una sezione A25a senza che ci sia una sezione A25 non è chiara, così come molte altre sotto
distinzioni date dalle lettere minuscole.

6
Materiali B
In questa sezione l’informatività maggiore è data da un elemento pulsante composto di due
suoni, che funge da modulo. Le forme in cui appare sono due:

Il modulo è esposto omoritmicamente da tre strumenti per volta, cosicché l’oggetto


complessivo è frammentato da triplette di strumenti comprendenti tutte le combinazioni.
Se l’oggetto estrapolato dal suo contesto si ripete come modulo fisso, la salienza dei passaggi è data dal
cambiamento direzionale o a pannelli delle dinamiche e del registro di escursione. Si analizzano le
sessioni più importanti.

Sezione B1
Le dinamica generale va da ppp al ff in tempi sempre più rapidi e partendo da dinamiche
sempre più presenti:

a. Dal ppp al ff in due q

b. Dal pp al ff in una q.

c. Dal p al ff in una q

d. dal mp al ff in una e.
e. dal mf al … la finestra si chiude…

Il registro sale ad ogni ripetizione del modulo ed il modulo più acuto si sposta tra i vari strumenti.
Ecco la serie dei moduli “guida”:

16
Nell’istogramma le sezioni contrassegnate da un’uguaglianza sono rappresentate da dei tetraedi anziché da parallelepipedi, in
modo da rappresentare anche graficamente la diversità delle sezioni. L’asse delle ordinate indica la durata in secondi.

7
Le altre parti, come già detto omoritmiche, ripetono parallelamente il modulo con dei voicing ad
intervallo variabile crescente nel tempo. Con l’escursione del registro, ad ogni modulo aumenta anche
la distanza dei voicing.
Sempre in maniera costante, l’intervallo di cui si compone ogni modulo si allarga, passando da una
seconda maggiore ad una quarta aumentata.

Sezione B2
Le altezze rimangono pressoché invariate – vi è un modulo perno che si abbassa gradatamente
mentre le altre parti lo ispessiscono con dei voicing a distanza inferiore del tono - Alla stessa maniera,
anche gli intervalli di cui si compone ogni modulo rimangono sostanzialmente gli stessi (dall’unisono
al tono passando per tutte le grandezze intermedie per quarti di tono). La gestione delle dinamiche è a
pannelli incrociati: un modulo sempre più distanziato nel tempo decresce, dal fff al p mentre un altro
sempre più lungo aumenta d’intensità (non alla fine):

fff ff f mf p

ppp ppp pp ppp pp p ppp pp mp ppp pp ppp

Sezione B3a
Le dinamiche sono opposte a quelle della sezione B2 e l’escursione del registro è simile a
quella della sezione B1.
L’intervallo di cui si compone ogni modulo17 passa dalla terza minore alla sesta maggiore in quattordici
ripetizioni.

Sezione B3b
Procedimento compresso ed opposto al precedente circa l’escursione del registro: dal punto
massimo raggiunto finora, sia come altezza sia come intervallo costituente il modulo, le ripetizioni
portano il materiale a restringersi sino alle situazioni di partenza precedentemente descritte.

17
In alcuni casi le due note del modulo sono affidate in questa sezione a due strumenti diversi. Ciò è ininfluente nella
costituzione del profilo, data la fusione nel timbro dei quattro strumenti.

8
Le sezioni successive, dalla B4a sino alla B5e sono variazioni o combinazioni di questi casi. A
parere di chi scrive, essendo queste sezioni spesso molto distanziate nel tempo nel corso della
composizione, esse con la loro apparizione servono solo a “ricordare un materiale”, il cui sviluppo, per
problemi quantitativi di persistenza nel tempo è troppo rapido, frammentato e sfuggevole per essere
percepito.
A partire dalla sezione B6a sino alla sezione B7b il materiale si sposta visibilmente di registro, le
dinamiche si attenuano e l’uso di suoni armonici affievolisce il morso della pulsazione. Anche i voicing
microtonali, in questa regione, sono meno pungenti di quanto lo siano nel registro medio.
Quello che invece varia per la prima volta è la distanza sempre maggiore intercorrente tra modulo e
modulo.
Se si accostano allora l’una con l’altra tutte le strade B finora descritte , ecco allora che, dopo le prime
variazioni meccaniche del modulo nel senso della verticalità (registro) e nel senso della profondità
(dinamica e larghezza di banda), la rarefazione degli eventi18 veicola una liquidazione nel tempo del
modulo stesso.

MATERIALI C
Queste sezioni sono composte da frammenti scalari in registro acutissimo punteggiati con
delle pause di semicroma.
I materiali di questa categoria sono contrassegnati, verso la fine del brano da alcune eguaglianze, del
tipo C=Ax o C=Bx. Anche se probabilmente per il compositore ci saranno delle parentele in fase di
costruzione tra diverse categorie di materiali, non si evincono occorrenze comuni tra categorie diverse
né in partitura né in ascolto. Dunque si tralascerà questo aspetto e si considereranno tutti i materiali
meramente solo come “C”.
Da una breve analisi della partitura, non sembra che le parti possano essere ricondotte ad una
organizzazione dell’ottava temperata a priori, cioè non sembra che ci sia una scala predominante; i
frammenti sono costruiti su rapporti locali ed “orchestrati” in genere sue delle ottave “sbilenche”.
I quattro strumenti ora sono all’unisono (sfalsati da una o più ottave) ora a distanze simili (nona
minore, settima maggiore). Il fatto che le ottave siano leggermente sfalsate, in sede di ascolto, aiuta
paradossalmente proprio la percezione delle ottave stesse (complice anche la velocità): si è osservato
che per frequenze superiori ad 1 kHz si ha la percezione auditiva di una nota un’ottava superiore per
incrementi di frequenza superiori al raddoppio esatto19. Non sembra appropriato parlare quindi di
voicing in questo caso, oltretutto perché gli intervalli con cui si dà spessore sono mobili nel tempo o
non modulari (cioè non hanno iterazioni regolari). L’idea che i passaggi suggeriscono è quella di un
lavoro “nota per nota” nel creare linee solo apparentemente parallele ma in realtà non lineari tra loro,
partendo da alcuni “noccioli duri”, cioè frammenti la cui successione degli intervalli è ridondante nel
corso di queste sezioni. Più precisamente, sono ricorrenti sequenze di intervalli di seconda maggiore
(da tre a sei) e linee che ricalcano i suoni degli accordi di settima di prima specie e di nona
“rovesciata”.
L’uso dell’arco è discriminante nei confronti del materiale: la natura costitutiva frammenti rimane
pressoché dello stesso tipo mentre invece essi vanno a differenziarsi a seconda dell’articolazione:
staccato secco oppure legato. La differenza dell’articolazione in questo registro è molto sensibile e
divide frammenti apparentemente simili in due sottocategorie distinte tra loro. La condotta delle parti
rimane omoritmica in ogni frammento.
All’inizio di questo lavoro si è detto che l’approccio analitico sarebbe stato quello secondo il modello
dell’analisi spettro-morfologica; l’analisi “nota per nota” di queste sezioni sembra superflua per i
seguenti motivi:
a. la velocità dei passaggi è così alta da non permettere un giudizio sulla verticalità data dalla
combinazione delle linee ma consente solo di intuire i profili “disegnati” dagli strumenti e,
come già detto, essi non trasmettono un’informazione armonica ma quella di linee parallele tra
loro;
b. il registro scelto è l’estremo acuto, ad eccezione per il violoncello. Le piccolissime distanze in
cui si devono muovere le dita dei violinisti e del violista non consentono un’intonazione
estremamente precisa e molto spesso l’impressione che si ha è ancora quello di udire dei

18
Sottolineo ora che la scelta di utilizzare parametri quantitativi nel brano è innanzitutto del compositore. Le parti del testo
musicale costruite secondo ars combinandi presuppongono intrinsecamente un rapporto con delle quantità e sottintendono un
rapporto col tempo fatto di relazioni proporzionali rispetto al tutto, quindi ancora valori numerici. Se i dati numerici si posano sul
tempo anziché nel tempo – questa la differenza tra le due artis - la relazione tra tempo e materiali è retta da gerarchie
quantitative, in cui la salienza non è data dalla qualità, dall’essenza del materiale ma dal variare della sua ridondanza, cioè la
quantità del suo esserci nel testo-mondo.
19
Cfr. www.marcostefanelli.com/subliminale/acusemp.htm

9
glissandi; in questo senso l’uso dell’arco è discriminante: se si odono altezze discrete, ciò è da
attribuire all’archetto che non agisce più continuamente sulle corde. A questo si aggiunge la
funzione del violoncello, unico ad agire nella regione tra i duecento ed i mille Hz circa, come
vincolante per la percezione dei seguenti passaggi come “al di qua della nota”.

Tutte queste parti sono denotate da una perenne omoritmicità.


All’ascolto, però, è interessante notare che il risultato ottenuto è quello di un’eterofonia di tipo
“traspositivo”, cioè un’eterofonia data dalla differenza delle ottave, cioè delle frequenze. La soglia
differenziale di frequenza20 e la relazione tra la banda critica e le frequenze qui in gioco fanno sì che il
nostro orecchio elabori prima (ed in maniera più sbrigativa) le informazioni più acute e
successivamente quelle della regione media, dando la sensazione di una sfasatura di tempo
direttamente proporzionale alla distanza tra i due profili paralleli21. La capacità discriminatoria
dell’orecchio è cattiva nelle frequenze basse (all’altezza del do di 32,7 Hz l’incertezza supera
abbondantemente il semitono) e peggiora in precisione man mano che ci s’innalza nella regione oltre i
3000 Hz22, dove per recuperare un po’ di margine della soglia è necessario avere dei suoni oltre i 30 dB
(quindi l’unica dinamica “corretta” della partitura sarebbe il f). La parte del violino I supera molto
spesso questo limite di frequenza:

A ciò bisogna aggiungere la motivazione forse più pregnante per cui il violoncello si ode
maggiormente rispetto i violini: esso va ad agire proprio nel suo registro più sonoro e penetrante, con
un margine di incidenza nella formazione dell’onda complessa maggiore rispetto quello degli altri
strumenti.

A partire dalla sezione C=B9, le parti vanno mano a mano a levarsi dall’omoritmicità di questi
frammenti per andare a creare una frequenza fissa, la quale con delle flessioni di intensità e frequenza
fa da interpunzione al discorso che si svolge. Circa la funzione di questi pseudo pedale acuto si parlerà
successivamente.
Col passare delle sezioni, le proporzioni tra i due tipi di oggetti cambiano: nella sezione C=A24 e nella
sezione C=B12, addirittura, i frammenti sono eseguiti da un solo strumento (violino I prima e viola
poi) mentre gli altri concorrono all’esecuzione di suddetto suono tenuto.
Ecco le prime due battute della sezione C=A24:

20
Cfr. P. R. Cook, Music, Cognition and computerized sound, The MIT Press, Massachusetts, 2001. B. C. Moore, Cochlear
hearing loss, Whurr, London, 1998. M. M. Rose e B. C. Moore, “The relationship between strema segregation and frequency
discrimination in normally hearing and hearing-impaired subjects, Hear. Res. 204, pag. 16-28, 2005.
21
Le illusioni uditive sono suggestive tanto quanto quelle visive, e sembra quasi che qui ci sia un parallelismo con le illusioni
date da due o più linee parallele (che tali non sembrano).
22
La regione di “corretta udibilità” è appunto quella tra gli 800 ed i 3000 Hz.

10
MATERIALI D
I passaggi denotati da questa lettera sono i più “classici” della composizione: passaggi
rapidissimi di suoni più o meno contigui a risposta ad un armonico pizzicato del violoncello, il quale
assolve alla funzione di indice di partenza.
I passaggi sono ascrivibili alla figura retorica attacco-corpo, dove il pizzicato fa da starter alla
sequenza veloce di note.
In realtà, vista l’agogica indicata per tali elementi e la loro posizione all’interno del testo musicale
sembra che essi possano funzionare come levare di successivi corpi di figura; questa funzione però è
inibita dalla frammentazione del testo musicale.
Se nei materiali C le parti erano disposte su pseudo ottave, qui gli strumenti ritrovano il medesimo
registro: una sola linea, quindi, ispessita “a mano” con seconde minori e maggiori e terze minori23, in
base a rapporti intervallari locali.

MATERIALI E
Queste brevi sezioni si compongono di suoni acutissimi estremamente filtrati per mezzo
dell’uso del legno tratto, più ricorrente rispetto all’uso dei crini. Quando questi sono adoperati, lo
scorrimento dell’arco sulla corda è velocissimo (suoni flautati) e quindi i suoni prodotti sono al doppio
della frequenza indicata.

23
Solo in presenza di almeno tre parti; sono presenti anche due terze maggiori ed una quarta giusta (in D4a, per dare la possibilità
al Vl.I di prendere un re come corda vuota). Data la velocità dei passaggi queste deroghe sono influenti: il “sapore” dei voicing
rimane quello dato degli altri intervalli menzionati.

11
La morfologia del materiale non permette una cognizione utile delle altezze; ecco allora che
l’attenzione si concentra sul timbro. Dato che è esso non supporta figure o comunque elementi aventi
alto grado d’informatività. Questi momenti lavorano come “silenzi semantici”, cioè come momenti in
cui sebbene ci siano suoni attivi prodotti dai musicisti vi é assenza di contenuti da recepire. Nella
continuità dello scorrere della musica, i “silenzi semantici” separano sezioni che portano tra loro
informatività e salienze diverse. Per esempio:

MATERIALI F
Queste sezioni si compongono di due elementi già visti in partitura in precedenza:
• Armonici di quinta corti ed acuti (sez. A)
• Clusters nel registro medio prodotti con l’arco in microgettato continuo o con il legno gettato.
Nella sezione F1 l’armonico breve di quinta assolve a due funzioni:
• I e III volta: posato in battere, segna l’inizio di un segmento
• La II volta, è levare del gesto che si protrae nel tempo.
Il rapporto che si instaura tra questi armonici e i suoni prodotti con l’arco gettato (sia alla
punta sia con il legno) è simile a quello della “granulazione” propria della musica elettroacustica.
Le frequenze prodotte dal “legno gettato” non derivano solo da dove la mano sinistra blocca le corde
ma dipende soprattutto dalla regione su cui il legno va a rimbalzare: il solo contatto con la corda
comporta automaticamente una divisione di questa in due parti e quella che produce suono è sempre
quella in direzione opposta ai piroli; perciò, più l’archetto cadrà vicino al ponticello più il suono
prodotto sarà acuto. In questo senso, l’indicazione dell’autore circa la transizione dalla tastiera al
ponticello ha qui un ruolo votato non a modificare il timbro quanto a modificare l’altezza. Anche con la
tecnica del microgettato continuo si ottengono due suoni, il primo derivato dalla lunghezza della corda
modificata dalla mano sinistra dell’esecutore (produzione “classica” del suono) ed il secondo (molto
attenuato ma presente, specialmente se l’azione è prolungata nel tempo e l’orecchio umano ha la
possibilità di fare riemergere questo suono dal rumore di fondo) derivato dall’attrito che si verifica tra
la corda e la parte in plastica a cui sono attaccati i crini alla punta. Dato che per micro gettato si intende
la reiterazione forzata24 di un gesto e date le caratteristiche dell’ambiente sonoro in cui tale tecnica va
adoperata, l’esecutore cerca di sottolineare questa disfasìa del suono.
L’armonico breve e ff di quinta ecco allora che sembra moltiplicarsi in taltri altri piccolissimi suoni
nella medesima regione, appunto come se questo venisse sottoposto ad un processo di granulazione..
La sezione F1d presenta un’altra particolarità. Per la prima volta nel pezzo l’esecutore
preferisce indicare “nota per nota” i micro spostamenti della mano sulla tastiera anziché mettere
l’indicazione del glissando. Questa sezione separata dal suono contesto non ha senso; se inquadrata

24
Il rimbalzo dell’archetto, come tutti gli eventi di perturbazione di materiali elastici, ha una sua fine naturale che invece qui
bisogna evitare.

12
invece come giustapposta alla sezione B4b ecco che si intuisce subito di come la sezione F1d sia un
prolungamento della sezione B, la quale perde l’articolazione ritmica delle sue figure caratteristiche ed
acquista la tecnica d’arco connotante le sezioni F.

MATERIALI G
In queste sezioni la musica si sposta radicalmente nella regione più alta dello spettro (il suono
più “grave” indicato – tutti i suoni sono armonici – è mi7!).
Gli elementi maggiormente informativi, che si avvicendano secondo una costruzione che fa più pensare
ad un lavoro di ars combinandi piuttosto che di ars componendi, sono dei fischi della durata di circa
1’’, prodotti da tutti e quattro gli archi in glissando ascendente di terza maggiore, sempre nel range
compreso tra mi7 e re8. La funzione di questi fischi è quella di “disturbare”, andando ad agire alle
medesime altezze, il pedale fluttuante acutissimo che il compositore scrive per dare sostegno a tutto il
passaggio.
In altre parole, i glissandi attraversano le stesse altezze di cui si compone il trillo-pedale, andando così
a ricreare un cluster, simile a quello delle sezioni A.
Con quest’ultima ci sono chiaramente in comune anche i glissandi che, parallelamente alla proiezione
nel registro acuto, subiscono una fisiologica accelerazione –si riducono dagli oltre 13’’ dell’inizio del
brano ad 1’’ in questi passaggi -.
I pedali delle sezioni G hanno un ciclo pari a tre semiminime (quindi tre secondi) in cui le prime due
sono in crescendo e l’ultima in diminuendo. Il termine fluttuante è stato dato prima in riferimento sia al
cambio della dinamica, influente in questa regione sulle qualità timbriche del suono sia in riferimento
ai trilli di armonici che gli esecutori producono.
Il flebile semi-armonico affidato per tre volte durante il pezzo al violoncello – sezione G1b, G1d e “…”
ha carattere aleatorio, sia per la sua scrittura sia per i modi di produzione del suono indicati.
Paradossalmente, in queste sezioni rappresenta l’evento la cui frequenza è la più bassa e la cui natura
del suono è la meno pura.

SEZIONE FINALE “…”


Nel paragrafo precedente si è detto che il semi-armonico in glissando “ a piacere” delle
sezioni G1b e G1c si trova anche nella sezione conclusiva del pezzo. Questa si differenzia dalle altre
per non avere nessuna lettera che la contraddistingue. In realtà, in questa sezione tutti gli elementi sono
delle sezioni G, seppure più rarefatti. Fanno accezione tre armonici di quinta in registro acuto che
ricordano gli elementi brevi delle sezioni A o delle sezioni F. A parere di chi scrive, però, ciò è troppo
poco per potere dare un margine di ambiguità circa la identificazione della sezione in rapporto agli altri
materiali né l’uso ora della sordina o della clip cambia il suono a tal punto da trasformarlo
morfologicamente in un altro materiale – cosa che in precedenza nel brano era avvenuta - : questa coda
è pienamente una sezione G2.

Considerazioni quantitative circa la persistenza dei materiali

La denominazione da parte del compositore delle diverse sezioni del pezzo è stata tenuta in
considerazione, oltre che per naturali esigenze di analisi testuale del brano, anche perché esse sono
sottolineate nell’esecuzione dalle pause che gli strumentisti prendono (più o meno lunghe, segnate in
partitura o indicate come corone a cavallo di esse o ancora come respiri, oppure automatiche nella
psicologia degli esecutori ogni volta che vedono una doppia stanghetta).
Dal punto di vista quantitativo tra i materiali vige una grande sproporzione. Elenchiamo qui di seguito i
totali parziali, nella registrazione presa in esame, di ogni gruppo di materiali – ricordiamo che la durata
intera lorda della registrazione è di 22’55’’- :
• materiali A: 16’39’’,1 ca.
• materiali B: 2’03’’,4 ca.
• materiali C: 36’’,25 ca.
• materiali D:19’’,84 ca.
• materiali E: 42’’,44 ca.
• materiali F: 46’’,34 ca.
• materiali G: 55’’,79 ca.
• coda “…”: 29’’,7 ca.

13
I materiali A occupano quasi i due terzi della composizione; se ciò corrispondesse alle
effettive occorrenze25 in ascolto le strade non prese sarebbero… tutte le altre!
Quello che ora si cercherà di fare sarà di ricostruire delle categorie di materiali in base alla loro
morfologia ed in base alla loro funzione all’interno del brano e di dimostrare quali sono le direzionalità
che rendono il pezzo un prodotto omogeneo.
Durante le descrizioni precedenti si è evinto che sussistono delle somiglianze tra sezioni di una
categoria e sezioni di altre, ad esempio i materiali connotati dal micro gettato continuo trovabili dalla
sez. A17 in pi con le sezioni F, oppure tutte le sezioni finali contraddistinte da un eguaglianza, oppure
la coda “…” con i materiali G, ecc…
Un raggruppamento dei materiali non più quantitativo, quindi, ma qualitativo fornirà gli strumenti per
procedere alla comprensione della forma.

Le sezioni A sono divisibili in sottogruppi in cui i colpi d’arco e la pressione della mano
sinistra creano differenze morfologicamente sostanziali.
Le modificazioni del timbro derivanti dal cambiamento di questi parametri sono paragonabili a dei
“trattamenti” a cui la materia musicale viene sottoposta. Essi sono:

• Stretching: glissando di varia durata;


• Filtraggio (filtro passa-alto): mezza pressione con arco lentissimo, arco
“spazzolato”;
• Granulazione: micro gettato continuo e tremolo serratissimo;
• Saturazione: grattato.

Questi trattamenti, si è già detto, sono comuni ad altre categorie di materiali del brano.
Stretching: sez. G;
Filtraggio: sez. E;
Granulazione: sez. F

Un momento di granulazione dal sonogramma del pezzo (da F1a):

25
Con questo termine si definisce la ricorrenza di un qualsiasi fatto o fenomeno. In linguistica, s’intende ciascuna volta che un
elemento compare all’interno del testo.

14
Un esempio di saturazione (da A20):

La relazione che si crea tra le prime sezioni della categoria A e le sezioni G è importante sia
dal punto di vista morfologico che “geografico”.
Le sezioni G si alternano dicotomicamente alle sezioni A, creando, a grandi linee, un rapporto
antecedente-conseguente depurato dalla dilatazione nel tempo.
Come abbiamo già detto, i materiali costitutivi delle due categorie sono molto simili: glissandi
(lunghissimi per la cat. A, più corti per la G) fischi, relazioni tra le parti aleatorie, per dirla con le
parole del compositore, al di là della nota.
Ancora una volta si prenderanno a prestito le terminologie della musica elettronica.
L’idea di chi scrive è che le categorie G possono essere viste come le sezioni A sottoposte ad un
trattamento di pitch-shift di due ottave combinato con un reverse26 del “campione”. Come nella realtà,
quando si eseguono operazioni di pitch-shift, ad un incremento della velocità di lettura del campione
corrisponde non solo un aumento della frequenza (in Hz) dei suoni dello stesso ma anche la
diminuzione proporzionale della sua durata. Ecco allora che lo spostamento di registro dei glissandi
della cat. G è fisiologico al coesistere dell’incremento della velocità.
L’alternanza tra le sez. A e le sez. G dura 6’45’’, in cui si rispetta il principio della varietà
nell’unità27: l’alternanza del registro e degli elementi denotativi dei materiali si rifà sempre agli stessi

26
I glissandi delle sezioni A e delle sezioni G hanno direzioni opposte: discendenti nelle prime, ascendenti nelle seconde.
27
Schönberg, Fundamental of Musical Composition, Faber and Faber, London, 1967.

15
parametri, cioè agli stessi assi portanti delle due categorie di sezioni. Ciò crea la sensazione di un
blocco unico che contribuisce in maniera sostanziale alla percezione della forma.
La granulazione, la saturazione ed il filtraggio28 sono dei trattamenti che si trovano quasi
esclusivamente29 nella porzione di brano compresa tra le sezioni B1 e D4b.
All’interno dei due confini appena indicati, la maniera di porsi dei vari trattamenti è duplice:
a. Il trattamento si protrae nel tempo e denota un intero passaggio;
b. I trattamenti sono brevi e si giustappongono tra loro con una certa mobilità; l’attenzione non si
posa su uno di essi, ma sull’entropia da loro generata nei confronti della percezione di
un’omogeneità.

Dividendo i materiali non in base alle categorie del compositore ma in base alle loro occorrenze
morfologiche, ecco che le percentuali di persistenza dei materiali si riequilibrano leggermente30:

Il trattamento di stretching, oltre ad essere percentualmente il più rilevante, si trova pressoché


interamente nei primi minuti del brano (fa eccezione la sez. A13); le altre voci dell’istogramma
riguardano le parti successive del pezzo.
Un elemento comune a questi trattamenti, come già detto, è la loro persistenza nel tempo, vale a dire il
fatto di essere costituiti da oggetti sonori lunghi diversi secondi, non per ridondanza d’unità ripetute ma
proprio perché le stesse tecniche per esplicarsi hanno bisogno di tempo31
Ma questo protrarsi nel tempo come si rapporta all’informatività dei materiali? La ridondanza dei
materiali o dei suoi trattamenti, se da un lato permette la fissazione nella memoria di questi e la loro

28
Chiameremo così ora, per intenderci, le parti di materiali connotate da questi timbri, secondo le maniere d’espressione
precedentemente descritte.
29
Materiale sottoposto a “filtraggio” è presente sia nel “I blocco”, quello composto dalle sez. A1-A4 e le sez. G sia oltre la sez.
D4b con alcuni materiali della cat. E – alla fine, indipendentemente dalla lettera, la tecnica è la stessa, il timbro è lo stesso, il
risultato sonoro è pressocche il medesimo e comunque i passaggi si rifanno allo stesso “immaginario” – Questi interventi non
sono rilevanti nella loro collocazione “topografica”, in quanto la mancata ridondanza e l’esiguità dell’essere nel tempo ne svilisce
l’essenza. Nel primo blocco, il glissando di armonici aleatorio del violoncello “colora” il passaggio di un timbro che
successivamente si guadagnerà dello spazio quantitativamente significativo mentre invece la paratassi delle sezioni E verso la
fine del brano copre anche la funzione sintattica della “punteggiatura”.
30
Dati espressi in valori percentuali.
31
Il “grattato” dell’arco non può essere breve come un suono pizzicato, altrimenti si chiamerebbe “scratch”, che sebbene abbia
con il primo qualcosa in comune è molto differente per la morfologia e totalmente differente per la funzione; il microgettato del
legno sulla corda è la risultante dell’accostamento di decine di “tintinnii” derivanti dallo sfregamento dei due materiali: anche in
questo caso, per definizione, le tecniche per denotarsi hanno bisogno del parametro tempo per ragioni costitutive e non per
arbitraria ripetizione d’occorrenze.

16
elaborazione come episodi32, dall’altro frena l’autoreferenzialità della musica, strettamente collegata
alla maniera con cui essa si rapporta con il tempo. La continua iterazione di medesime tecniche,
combinate secondo tutte le coppie possibili ed in maniera sempre più cangiante (nei limiti del brano,
ovviamente, dove tali materiali sono estremamente dilatati) produce a parere di chi scrive un
abbassamento della soglia di percezione degli elementi stessi, in quanto l’ascoltatore ricolloca ogni
nuova interazione all’interno di categorie di memoria già createsi nei minuti precedenti.
Andando a sintetizzare la persistenza dei materiali in base ad un principio di categorizzazione
ancora superiore, si mostra ora la percentuale di persistenza dei materiali al di là della nota rispetto ai
materiali al di qua della nota. Questa suddivisione non è puramente dimostrativa: aldilà della
definizione “poetica” del compositore, le due tipologie di materiali si pongono sul piano
dell’informatività in maniera completamente diversa. I materiali al di là della nota sono analogici, cioè
continui nel tempo; “le note” rappresentano informazioni discrete rispetto al tempo, in pratica di durata
breve. Per completare la metafora, le note sono informazioni pressoché “digitali”.

Ecco un momento del sonogramma della composizione dove la metafora di “analogico” e “digitale” é
comprensibile anche graficamente:

32
Cfr. Tulving, E., Episodic and Semantic Memory, in Tulvng e Donaldson, [a cura di, pp. 382-404,], 1972; Tulving, E.,
Donaldson, W., The organization of Memory, New York, Academic [a cura di], 1972; Anderson, J. Language, Memory, Thought,
Hillsdale (N.J.), Erlbaum, 1976.

17
Se l’informatività dei materiali analogici è bassa, data la persistenza nel tempo delle
medesime occorrenze, allora l’attenzione dei riceventi andrà a fissarsi appena possibile su altri
materiali.
La comparsa della sez. B1 produce i seguenti effetti:
1) Interrompe l’omogeneità morfologica della sezioni A e G.
La continuità fa riferimento alla rilevazione di una regolarità all’interno di un flusso d’informazioni
percepito. L’interruzione di tale flusso crea una variazione dell’ambiente sonoro che separa
automaticamente le precedenti occorrenze dalle nuove. In questo caso la discontinuità33 si denota su
ogni parametro.

Inizio della sezione B1

2) Innalza il livello dell’informatività e dell’attenzione.


E’ una conseguenza diretta della discontinuità. La struttura a moduli di queste sezioni, sebbene ricrei
una regolarità nelle figure, pone una maggiore densità d’eventi rispetto alle sezioni A e G.
L’innalzamento delle frequenze non è più rettilineo come nei glissandi ma spezzettato e con irregolarità
di profilo all’interno; le dinamiche sono concitate e creano un livello ritmico di secondo livello. Le
aspettative dell’ascoltatore diminuiscono all’innalzarsi dei parametri in attivi in gioco e perciò
l’attenzione deve elaborare un numero maggiore d’informazioni.
3) Riporta il metronomo della musica ad un tactus tale da riconsentire nell’ascoltatore l’attività di
segmentazione34.
La variazione temporale minima tale da favorire l’attività di segmentazione è legata alla velocità
d’articolazione dei suoni e soprattutto alla possibilità di percepire una continuità (che sia essa una
pulsazione regolare o la ridondanza di un gruppo ritmico o melodico). La rilevazione della durata
peggiora quando la distanza tra i due suoni è inferiore a 120 millisecondi (una semicroma con la
semiminima a MM=125) o superiore a 1800 millisecondi (una minima con la semiminima a MM=64)
ed è ottimale a circa 600 millisecondi (una semiminima a MM=100) [Fraisse, 1984]. Riguardo alla
percezione di figure (intese come raggruppamenti), affinché non si creino sottoraggruppamenti
spontanei, esse devono essere comprese in un intervallo tra i 120 millisecondi ed i 4-5 secondi. Per
questo motivo, l’attività di segmentazione nel blocco delle sezioni A-G è blanda: quasi tutti gli
elementi salienti sono più lunghi del limite massimo temporale, vi è assenza di pulsazione, l’unico

33
Nella discontinuità è la variazione fisica che agisce come forza organizzatrice del flusso sonoro in quanto, data la nostra
propensione alla coerenza, il nostro sistema cognitivo cercherà, per così dire, di trovare delle ragioni che ci aiutino a spiegare i
motivi del cambiamento percepito [F. Cifariello Ciardi, Appunti per un modello generale di segmentazione melodica, GATM,
Bologna, 2002].
34
Per l’analisi musicale la segmentazione è uno strumento utile per comprendere sia la struttura del materiale musicale sia le
ragioni di un determinato fraseggio realizzato dall’interprete o suggerito dal compositore. Per la psicologia della musica, invece,
la segmentazione è una strategia cognitiva perlopiù inconsapevole, in parte indipendente dalla competenza musicale [Drake,
1998] e dall’età, utilizzata per ricordare giudicare, confrontare ciò che ascoltiamo [Cifariello Ciardi, cit.]. Numerosi studi hanno
formalizzato principi di base che sottostanno alla segmentazione di un segnale sonoro. Principalmente, essi si rifanno ai principi
di similarità, prossimità e buona continuazione della teoria della Gestalt.

18
appiglio dell’ascoltatore rimane il suo orologio interno35.I numerosi studi in proposito hanno
evidenziato che durante l’ascolto musicale l’intervallo temporale tra le pulsazioni del nostro orologio
interno variano costantemente tra i 400 ed i 600 millisecondi (corrispondenti ad una semiminima con
MM=75-100). Indipendentemente dal materiale musicale, in assenza d’indici reali all’interno delle
figure che veicolino maggiore salienza (accenti palesi, cambiamenti d’intensità palesi, ecc…)
l’orologio interno tenderà a segmentare il continuum secondo queste porzioni di tempo.
Dati i valori metronometrici prima descritti, l’idea di chi scrive à che, per un primo livello di
segmentazione, l’attività fisiologica dell’orologio interno che si sviluppa in tutto il blocco A-G trova
poi una sua conferma nel nuovo metronomo della sezione B1 (una semiminima alla velocità di
MM=80). In altre parole, la segmentazione “implicita”, di “compensazione” che si sviluppa nel primo
blocco, diventa “oggettiva” nel blocco B1, portando questa attività dal livello dell’elaborazione ad un
livello più naturale, quello della fisiologicità.
Occorre tenere presente, poi, un secondo livello di segmentazione all’interno delle sezioni B1.
Abbiamo detto che nel primo livello di segmentazione la separazione del continuum è dettata dai criteri
di somiglianza e di vicinanza degli elementi, che permettono il riconoscimento del modulo nelle sue
due varianti e della pulsazione che ne consegue. Dato però il valore metronometrico (semiminima alla
velocità di MM=80), è lecito chiedersi come questi moduli si ragguppino tra di loro. Ecco allora che i
raggruppamenti sono dettati in questo livello dagli accenti e dalle variazioni dinamiche. Sebbene da un
lato i gruppi racchiusi all’interno di una sola “forchetta” potrebbero far pensare a raggruppamenti
omogenei, si crede che l’indice antagonista ai criteri gestaltici di segmentazione é da trovarsi negli
accenti. Dagli studi di Thomassen [1982] circa le intensità e le soglie per la discontinuità del profilo
melodico, possiamo notare come l’assenza di direzione melodica (unisoni) tra l’ultimo suono di un
modulo ed il primo del successivo oppure la conferma della medesima direzione melodica tra due
moduli oppure la non conferma di questa, crea aspettative inconsce ed uguali per tutti gli ascoltatori (in
quanto si parla di processi fisiologici) circa la percezione degli accenti. Le percentuali di
riconoscimento degli accenti sono in genere un po’ più alte per le linee ascendenti rispetto alle linee
discendenti36; nelle sezioni B1, quasi tutti i profili sono ascendenti e quindi questi studi ben si prestano
ad essere considerati.

Segmentazione della sezione B1. Si mostra dove vengono percepiti gli accenti:

Si riporta anche un esempio di segmentazione, con gli accenti percepiti, di una linea discendente. Qui
sotto, la sezione B3a:

35
Cfr. Fraisse, 1974 e 1982; Dowling-Harwood, 1986; Tandem e Lawson, 1983.
36
Quando un suono conferma un profilo melodico ascendente o discendente già affermato da due suoni precedenti, la
possibilità£à di percepire un accento sull’ultimo suono è circa del 50% per una linea discendete e del 67% per una linea
ascendente; nel caso in cui il terzo suono inverte la direzione del profilo segnata dai due suoni precedenti, è il secondo che ha più
possibilità di essere percepito come accentato, il 71% se il terzo suono inverte una linea discendente, l’80% se inverte una linea
ascendente. Studi più recenti [Huron-Royal, 1996] hanno messo in luce una correlazione tra l’inversione della direzione e
l’ampiezza dell’intervallo melodico che marca il cambiamento del profilo: maggiore è l’intervallo tra il primo suono ed il
secondo che precede il cambiamento di direzione definito dal terzo suono, maggiore è la conseguente sensazione d’accento sul
secondo suono. Quando i primi due suoni suggeriscono una direzione ed il terzo rimane all’unisono con il secondo, vale a dire
non conferma la direzione né la nega, un’univoca (100%) sensazione d’accento è rilevata sul secondo suono. Se il primo ed il
secondo suono rimangono fermi sulla stessa nota mentre il terzo suggerisce una nuova direzione melodica, è invece il terzo
suono ad essere percepito come accentato nel 100% dei casi. Nelle sezioni B troviamo, alternati, tutti questi casi.

19
Le peculiarità dei materiali delle sez. B sono disomogenee con tutti gli altri materiali del brano: sono
gli unici dotati di un ritmo, composto da più di una nota, non presentano glissandi, cioè elementi
“analogici”, le cellule sono brevi, percepibili e reiterate37

Nel lavoro precedente alla scrittura di questa analisi si è proceduto ad un lavoro “contrario” a quello
che si fa nel collage: si sono tagliate tutte le sezioni così come scritte dal compositore e poi le si hanno
raggruppate nuovamente questa volta però rispettando l’appartenenza alla categoria ed il numero
d’assegnazione.
Le sezioni B, accostate l’una all’altra, danno l’impressione di un vero e proprio piccolo
quartetto spezzettato ed incastonato nell’opera maggiore. Le sezioni, prese nella loro consequenzialità,
hanno tutte le coerenze necessarie a fare sì che la musica abbia un senso. Ciò vale anche dal punto di
vista formale: dopo i primi episodi (le prime sezioni, già descritte), il mini quartetto vive la
direzionalità dell’ascesa del registro e della perdita di consistenza, e di “morso” delle unità modulari.
Sempre più su, sempre più debole, con tutte le derogazioni ed i sotto processi che un pezzo degno
d’autonomia debba avere.
Non per niente è la categoria di materiali che persiste per meno tempo, in quanto, una volta esplorata la
direzionalità dei parametri di cui si costituisce, essa smette di comparire.

Si tratterà ora la funzione degli altri materiali discreti, cioè quelli contrassegnati dal
compositore come C e D.
I materiali D sono brevi e fluenti: data la loro costituzione dovrebbero assurgere alla funzione di
“levare” di figura. Tale ruolo è impedito dalla frammentazione dell’esecuzione, la quale impedisce
all’orecchio di chi ascolta di posare convenzionalmente gli accenti dell’arsi e della tesi.
I materiali C si dividono sostanzialmente in due sotto-categorie, determinate dall’uso dell’arco (in
staccato o legato).
Si considerano i passaggi legati come varianti arbitrarie mentre è centrale il ruolo dei passaggi
acutissimi e staccati.
A parere di chi scrive, l’arrivo di C1a è frutto della moltiplicazione di un gesto all’interno di un cross-
fade a pannelli.
Fin dalla sez. A1 l’inizio dei glissandi che connotano i passaggi sono indicati da degli armonici secchi
ed acuti, che chiameremo α:

37
La reiterazione dei materiali si ritrova anche in questa categoria ma essa è diversa rispetto le altre categorie di materiali.
Mentre in queste ultime la ridondanza si connota come “vuoto semantico”, nella reiterazione delle unità pseudo-modulari delle
sez. B c’è la volontà di spostare l’attenzione sul ritmo, sul colore, sulla tessitura, sul profilo piuttosto che sull’alternanza figure.

20
Figura antagonista di tali icone sono i pizzicati d’arco (β).
All’interno del primo blocco i pizzicati d’arco dominano le sezioni A5-A7. Una digressione all’interno
di questo blocco di una certa persistenza quantitativa (vedi grafici precedenti). La funzione dei pizzicati
d’arco può essere posta su più fronti. Quello più pratico, data anche la loro collocazione, sembra quello
in rapporto ai glissandi: mentre questi ultimi occupano attivamente una porzione di tempo, i pizzicati
d’arco delimitano i “vuoti” da loro lasciati, cioè i silenzi attivi:

Il ruolo di β è piuttosto “locale”, nel senso che riguarda principalmente il primo blocco nelle
sezioni precedentemente indicate. Tale elemento può essere considerato, all’interno dell’insieme dei
“corpi estranei” del primo blocco, come un sotto prodotto, il quale una volta fatta la sua comparsa ed
occupato un suo spazio va via senza modificare l’assetto generale del brano.
Localmente sembrerebbe che α e β veicolino l’attacco dell’oggetto sonoro ed i glissandi ne
costituiscono il corpo ma man mano che le sezioni scorrono questo rapporto si perde. L’elemento α
segue un percorso fondamentale per l’evoluzione della composizione: esso 1) si ravvicina nel tempo e
2) comincia a moltiplicarsi. Ad esempio, sempre in A6:

21
Quindi, l’arrivo delle sezioni C non è improvviso e l’arcata indicata (staccato, arco ordinario
al pont.) sottolinea l’aderenza di α.
Il processo di moltiplicazione avviene su due fronti: orizzontalmente, dato il numero crescente di
armonici accostati l’uno accanto all’altro; verticalmente, dato che il gesto prima affidato ad un solo
strumento singolo viene proposto in C1a dall’insieme degli strumenti38.
Si può notare come, inoltre, la sezione C1a sia data dalla contaminazione degli armonici di cui
sopra con il granulazione della sezione appena precedente (F1d): il gesto del microgettato passa
dall’essere incontrollato all’essere misurato, con non più i bicordi costituenti il cluster tipici di questi
momenti ma con il nuovo materiale sonoro che piano piano si è formato nel tempo. In questa maniera
si spiega anche perché la sezione F1d è l’unica a non avere le linee del glissando ma dei soni
precisamente indicati: in quanto zona di transizione, essa mantiene il gesto ma si avvicina agli aspetti
denotativi della sezione C1a.
Si presenta qui sotto il grafico delle quantità di elementi α presenti dall’inizio del brano sino
alla sezione C1a39 (dunque i primi 12’23’’ di registrazione).
Lo scorrere del tempo è stato diviso, per rendere la lettura più agevole, in porzioni di 5’’ ciascuna.

38
La fusione dei timbri fa sì che ciò non influenzi troppo il risultato finale. La percezione del prodotto C1, infatti, aumenta solo
l’ampiezza del suono-somma prodotto: la natura della forma d’onda resta in sostanza invariata.
39
Il momento di “vuoto” che si trova alla fine del grafico (dunque gli ultimi due minuti prima dell’arrivo della sezione C1), il
quale rende il processo di moltiplicazione più interessante perché non lineare, corrisponde al momento in cui l’attenzione del
compositore (e quindi dell’ascoltatore) si concentra sull’elemento β.

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Si riportano le sezioni F1d e C1a con i riquadri-guida che sintetizzano le considerazioni fatte a
riguardo:

ecc…

Una volta che le sezioni C hanno fatto il loro ingresso, incomincia quella parte della
composizione in cui i vari processi sui materiali s’incrociano.
Si è già detto che la maggioranza dei trattamenti ai materiali del I blocco si trovano proprio in questa
zona centrale. La minutissima forma a pannelli di questa porzione di quartetto comporta un tale livello
di discontinuità da creare, paradossalmente, sensazione di continuità. Non essendoci mai il tempo di
recepire un trattamento come nuovo e stabile status quo, tutte le diversificazioni del timbro tramite
l’uso dell’arco andranno solo a mettere in risalto le ridondanze degli altri materiali che si
giustappongono, cioè quelli delle sezioni B e delle sezioni C e D.
Come in un gioco prospettico in cui l’indice di profondità è dato dalla ridondanza e dall’informatività
degli eventi, l’orecchio suole poggiarsi su dei materiali “comodi”, ovvero facili da segmentare, basati
su una pulsazione recepibile e morfologicamente discontinui da tutto il resto.
I materiali stretchati, granulati, filtrati o saturati, quindi, andranno a fare da sfondo alle figure asciutte
dei materiali discreti.
Nelle sezioni A19-A21 è possibile ascoltare alcune occorrenze che creano dei flashback dell’inizio del
brano. Se ci si basasse solo sugli aspetti qualitativi dei materiali, sembrerebbe quasi che il quartetto in
questi momenti stia tornando indietro: proprio per questa ragione in questo brano sono importanti gli
aspetti quantitativi: nonostante i suddetti momenti-ricordo, la loro persistenza nel tempo è troppo
ridotta per potere avere un peso nella bilancia formale della composizione. I pannelli dello “sfondo”
sono sempre più esegui (come durata), mentre i pannelli dei materiali discreti assumono rilevanza
percentuale sempre maggiore.
In questo senso l’imposizione dei materiali C è si denota da un processo di cross-fade dicotomico, o a
pannelli: materiali analogici e digitali non si incrociano contemporaneamente ma sempre in maniera
dialogica, spostando l’attenzione quindi ora su uno ora sull’altro (o… sul terzo, cioè i materiali B!).
La maniera con cui i trattamenti dei materiali del primo blocco spariscono è però diversa rispetto al
modo con cui le formazioni scalari s’impongono all’attenzione: i primi si basano in tutta la
composizione su accostamenti aventi un alto gradiente di transizione, quindi solo per mera
giustapposizione.
Le formazioni scalari, invece, s’innestano più sottilmente: nel primo blocco l’unità α si sovrappone ai
materiali A e G; l’insediamento quindi non si contestualizza nella dialogicità di entità differenti, ma
dalla dissociazione di elementi presenti contemporaneamente in tali sezioni.
Questa differenza produce un risultato di notevole interesse: a dispetto della struttura a pannelli e della
discontinuità che caratterizza l’intero quartetto, una linea guida del pezzo è data da un processo
direzionale:

unità singole moltiplicazione insediamento cristallizzazione


sovrapposte delle unità come status quo degli eventi

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Anzi, proprio in quanto materiali “già ascoltati” (con le digressioni del caso, ovviamente), essi
abbassano ancora di più l’informatività dello sfondo, a vantaggio del risalto che assumono i materiali
discreti.
Il percorso formale dei materiali discreti C e D si conclude con la loro” vittoria” sugli altri: sempre
procedendo per finestre, essi alla fine occuperanno tutto il brano (a partire dalla sezione C=B9 in poi).
Sempre procedendo per pannelli, quindi, i materiali C portano il quartetto nel mondo “al di qua della
nota”, controbilanciando l’inizio della composizione.
La sez. C=B9 presenta un elemento costitutivo nuovo, che è un suono tenuto con delle
variazioni di dinamica. Essa è l’indice che qualcosa nuovamente è cambiato nell’asse formale del
pezzo: la struttura a pannelli scompare e, gradualmente, tenderà ad occupare tutti gli strumenti e quindi
a cristallizzare il tessuto. La completa cristallizzazione del materiale, ovvero l’asciugamento delle
figure melodiche e l’aumento dell’ampiezza del volume sonoro prodotto concludono il quartetto e ne
veicolano la fine.
Anche qui questo secondo paletto formale è mutuato dalla criterio della psicologia della Gestalt della
buona continuazione: tutto ciò che si posa sopra il suono tenuto fa parte di un medesimo oggetto, e
guarda caso qui le figure veloci che man mano si dematerializzano sul pedale sono assolutamente
ridondanti (nel senso che, a dispetto della mobilità, veicolano sempre la stessa tipologia
d’informazione).
In una forma schematica, possiamo rappresentare la macro-forma del brano in questa maniera:

I blocco (mat. analogico) Zona del cross-fade dialogico con Monopolio delle Coda
innesti dei mat. B altezze discrete

A parte la prima sezione del materiale B, il quale veicola l’inizio della parte centrale della
composizione, gli altri elementi di questo gruppo sono sistemati nel grafico in maniera indicativa.

Conclusioni

Si è arrivati a descrivere la macroforma del brano tramite passando per tre fasi:
1) Analisi quantitativa delle occorrenze secondo le indicazioni della partitura;
2) Nuova catalogazione del materiali secondo criteri qualitativi derivati dalle caratteristiche
morfologiche degli stessi (dimostrate tramite esempi del sonogramma e conoscenze accertate
della psicologia cognitiva);
3) Analisi quantitativa delle persistenze morfologiche dei materiali secondo al punto 2).
Questo tipo d’indagine, desueta forse in campo musicologico, data l’abitudine a considerare
l’analisi ex post con gli stessi parametri usati ex ante dal compositore, sembra in linea con le recenti
tecniche di analisi mutuate dalla semiotica e dalla linguistica testuale, attraverso cui si cerca di spiegare
come fenomeni complessi possono essere percepiti e recepiti da grandi porzioni di pubblico.
Come si evince dallo schema precedente sulla macro-forma, la grande complessità di costruzione del
brano si compatta in fase di ascolto secondo dinamiche semplici.
All’interno di una costruzione a pannelli del brano si è trovato un principio direzionale che cerca di
spiegare la causa di esistenza dell’ultima parte della composizione in funzione della prima. Le strade
dell’analisi sono molteplici come molteplici sono le esperienze d’ascolto in base a criteri sociologici a
tutti noti (formazione culturale, provenienza etnica, “apertura” o “chiusura” mentale nei confronti
dell’ascolto, ecc…). Ma chi scrive è convinto che l’attività cerebrale si basa su potenziali medi comuni
a tutti perché espressione della fisiologia del cervello. Dagli studi sulla Gestalt in poi, si è visto che
l’attività dei nostri sensi, prima di passare per individuali filtri interpretativi, si basa su dinamiche
“meccaniche” comuni a tutti e straordinariamente semplici nei risultati che producono. La mancanza
della doppia articolazione tra langue e parole nel linguaggio musicale fa sì che tali filtri siano in parte
inibiti e che la percezione di occorrenze testuali prenda strade meravigliosamente naturali.

Maurilio Cacciatore

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Sitografia
www.marcostefanelli.com/subliminale/acusemp.htm

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