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Esame Economia Politicac
Esame Economia Politicac
Cap. III
Uno dei principi fondamentali del modello di mercato è che se le ipotesi sono
confermate, di conseguenza l’allocazione delle risorse che ne risulta sarà “efficiente”.
Il modello della domanda e dell’offerta che conduce a tale risultato efficiente si basa
sulle seguenti ipotesi:
MERCATI CONCORRENZIALI
LA DOMANDA
Curva di domanda
Così stabiliamo che al variare dei fattori, diversi dal prezzo, che influenzano la
domanda, cambia la quantità del bene che i consumatori desiderano acquistare a
ogni livello di prezzo.
La diminuzione del prezzo provoca un aumento della quantità domandata, per due
ragioni:
Ora, ipotizziamo che il prezzo del latte diminuisca: la legge della domanda afferma
che i consumatori acquisteranno più latte. Allo stesso tempo però acquisteranno
meno altri prodotti simili che potrebbero soddisfare gli stessi desideri del latte.
Quando la diminuzione del prezzo di un bene provoca la riduzione della domanda di
un altro bene, si dice che i beni siano sostituti. Più due beni sostituti sono correlati,
tanto maggiore è l’effetto sulla domanda se il prezzo dell’uno varia, mentre quello
dell’altro rimane inalterato. Quando invece la diminuzione del prezzo di un bene,
provoca un aumento della domanda di un altro bene, si dice che i due beni sono
complementari: i beni complementari sono spesso coppie di beni che vengono
utilizzati insieme, come benzina e automobili, latte e cereali.
L’OFFERTA
La curva di offerta
cessare la produzione. Tale relazione tra il prezzo e la quantità offerta è detta legge
dell’offerta.
Uno spostamento della curva di offerta piò essere causato da diversi fattori, diversi
dal prezzo, che influenzano l’offerta.
Spesso ci sono inoltre molti fattori naturali o sociali che influiscono sull’offerta, ad
esempio il clima, o i disastri naturali che influiscono sui raccolti, e tutti questi fattori
possono condizionare le decisioni di produzione.
Ancora, se nel mercato cresce il numero dei venditori, è logico aspettarsi che l’offerta
aumenti. Il numero di venditori in un mercato è determinato dalla redditività del
relativo prodotto e dalla facilità di entrata e uscita nel mercato.
L’EQUILIBRIO
L’equilibrio di mercato è una condizione di stabilità con cui non ci sono forze che
spingono a un cambiamento. In equilibrio, la domanda è uguale all’offerta.
Per i compratori il prezzo indica ciò a cui si deve rinunciare per acquistare il beneficio
che si ricava dal possesso di un bene o dalla fruizione di un servizio.
Cap. IV
ELASTICITA
- I beni che hanno stretti sostituti tendono ad avere una domanda più elastica
perché per i consumatori è facile sostituirli con beni da cui possono ricavare lo
stesso beneficio.
I beni necessari tendono ad avere una domanda anelastica mentre quelli di
lusso tendono ad avere una domanda elastica
- La domanda di un dato bene tende ad essere più elastica nel lungo periodo
che nel breve (es. benzina, energia elettrica)
Si supponga, ad esempio, che un aumento del 10% del prezzo dei cereali provochi
una diminuzione della quantità domandata del 20%. Le variazioni percentuali della
quantità domandata hanno sempre segno opposto a quelle del prezzo, pertanto
nell’esempio appena riportato, la variazione percentuale del prezzo è + 10% mentre
quella della uantità domandata è – 20%; generalmente la prassi comune vuole che
venga tralasciato il segno negativo e che venga attribuito segno positivo a tutti i
valori della elasticità. Sempre in accordo col nostro esempio, l’elasticità della
domanda al prezzo verrà calcolata con: 20% / 10% che è uguale a 2; pertanto riflette
il fatto che la variazione della quantità domandata è proporzionalmente doppia
rispetto a quella del prezzo. Se il valore della elasticità è compreso tra 0 e 1, la
domanda è anelastica, perché la variazione della quantità domandata è men che
proporzionale a quella del prezzo. Se il valore dell’elasticità è maggiore di 1 la
domanda è elastica, perché la variazione della quantità domandata è più che
proporzionale a quella del prezzo.
Il metodo standard per calcolare una variazione percentuale consiste nel dividere la
variazione per il livello iniziale e moltiplicare il risultato per 100. Ora, se si considera
il seguente esempio:
Dal punto A al punto B, il prezzo aumenta del 50% e la quantità diminuisce del 33%;
pertanto il valore della elasticità della domanda al prezzo è di 33/50, ovvero 0,66.
Per contro, dal punto B al punto A, il prezzo diminuisce del 33% e la quantità
domandata aumenta del 50%, così il valore dell’elasticità della domanda al prezzo è
pari a 50/33, o 1,5.
In genere per evitare queste complicazioni, si ricorre al metodo del punto medio per
il calcolo della elasticità: così, invece di calcolare le variazioni percentuali con il
metodo tradizionale, il metodo del punto medio calcola ciascuna percentuale
dividendo la variazione per il punto medio tra il livello iniziale e quello finale. La
formula che viene utilizzata è la seguente:
Nel caso dell’esempio iniziale, il punto medio tra 4 e 6 euro è 5 euro: dunque, una
variazione da 4 a 6 euro è considerata un aumento del 40% perché (6 – 4) / 5 x 100 è
uguale a 40, e analogamente una variazione da 6 a 4 euro è considerata una
diminuzione del 40%.
L’elasticità puntuale della domanda calcola l’elasticità in un punto preciso sulla curva
di domanda.
La lettera greca Δ significa ‘variazione di’. Per calcolare le variazioni percentuali della
quantità domandata e del prezzo, si utilizza la seguente formula:
La spesa totale è data dalla quantità totale moltiplicata per il prezzo pagato.
Nella seguente tabella, viene raffigurata come la somma totale pagata dai
compratori e incassata come ricavo dai venditori sia pari all’area del rettangolo sotto
la curva di domanda, P X Q. Preso l’esempio per cui:
P = 4 euro
Q = 100
La spesa totale è pari a 4€ x 100, ovvero a 400 euro.
L’elasticità della domanda al prezzo è una variabile importante nel processo
decisionale delle imprese che non sono price-taker.
Se la domanda è anelastica, un aumento del prezzo causa un aumento della spesa
totale; e in accordo con l’esempio precedente un incremento del prezzo da 1 a 3
euro provoca una diminuzione della quantità da 100 a 80, ma al contempo un
aumento della spesa totale da 100 a 240 euro. L’aumento del prezzo accresce il
valore di P X Q perché la diminuzione di Q è proporzionalmente inferiore all’aumento
di P.
Se la domanda è elastica, si otterrà invece il risultato opposto, ovvero un aumento
del prezzo che provocherà una diminuzione della spesa totale.
Dunque:
- Se la domanda è anelastica, il prezzo e la spesa totale variano nella
stessa direzione
- Se la domanda è elastica, il prezzo e la spesa totale variano in direzioni
opposte
- Se la domanda ha elasticità unitaria, ovvero l’elasticità della domanda è
uguale a 1, qualsiasi variazione del prezzo lascia inalterata la spesa
totale
L’elasticità in un dato punto della curva di domanda dipende dalla forma della curva
stessa. Una curva di domanda lineare ha una pendenza costante.
L’elasticità dell’offerta al prezzo dipende dalla flessibilità dei venditori nel modificare
la quantità dei beni che producono. L’elasticità può assumere qualsiasi valore
maggiore o uguale a 0: quanto più si avvicina allo 0, tanto più l’offerta è anelastica;
quanto più tende all’infinito, tanto più l’offerta è elastica.
Come per l’elasticità della domanda, anche in questo caso si può utilizzare la formula
seguente:
ELASTICITA’ DELL’OFFERTA AL PREZZO = (Q2 – Q1) / [(Q2 + Q1) / 2] tutto fratto / (P2 –
P1) / [(P2 + P1) / 2]
all’infinito. In tal caso la curva di offerta è orizzontale e riflette il fatto che variazioni
infinitesimali del prezzo provocano reazioni incommensurabili della quantità offerta.
CAP. VI
LE IMPRESE IN UN MERATO CONCORRENZIALE
I COSTI DI PRODUZIONE
Tutte le imprese, a prescindere dalla dimensione, devono sostenere dei costi per
produrre i beni e i servizi che offrono. Tali costi sono dovuti all’acquisto dei fattori
necessari alla produzione.
Si supponga che X abbia impiegato 300 mila euro dei suoi risparmi per acquistare la
fabbrica di pizza dal proprietario precedente. Se X avesse depositato quella somma
in banca, a un taso del 5%, avrebbe guadagnato 15 mila euro all’anno, quindi per
PRODUZIONE E COSTI
Le imprese sostengono costi per acquistare i fattori necessari alla produzione dei bei
e dei servizi che vendono. Se noi prendiamo come esempio la fabbrica di pizze di X,
vediamo che la dimensione della fabbrica di X è fissa, e X può modificare la quantità
offerta solo aumentando o riducendo il numero di addetti alla produzione. Tale
ipotesi è realistica nel breve periodo, ma non nel lungo periodo: X infatti non può
ingrandire il proprio stabilimento in una notte, ma può farlo se ha un anno di tempo.
FUNZIONE DI PRODUZIONE
Q = f (K,L)
Dai dati del costo totale di una impresa possiamo dedurre altre misure di costo che
ci possono essere utili nell’analisi delle decisioni di produzione e di prezzo.
Prendiamo ora in considerazione l’esempio del chiosco di limonate di Lia. Se
consideriamo un grafico ipotetico, diciamo che Lia può produrre un tot di limonate
da 0 a 10 all’ora.
Alcuni costi, detti ‘fissi’, sono indipendenti dalla quantità prodotta: possono variare,
ma non in funzione del livello della produzione, e permangono anche se la quantità
prodotta è pari a 0. Nell’esempio del chiosco delle limonate di Lia, i costi fissi sono
rappresentati dal canone di locazione e dallo stipendio di un barista, che devono
essere pagati a prescindere dalla quantità di limonata prodotta. Altri costi
dell’impresa, detti ‘variabili’, variano in funzione della quantità prodotta. Nel caso di
Lia, i costi variabili sono le spese sostenute per acquistare zucchero e limoni e la
retribuzione degli addetti alla produzione: quanta più limonata produce, tanto
maggiore è la quantità di zucchero e limoni che dovrà acquistare; allo stesso tempo,
se Lia fa lavorare i baristi un maggior numero di ore per produrre la limonata
aggiuntiva, i salari di questi lavoratori costituiscono un costo variabile. Il costo totale
di un’impresa è uguale alla somma di costi fissi e costi variabili.
CMT = CT / Q
Il costo medio totale non è altro che la somma di costi fissi e costi variabili, e può
essere espresso come la somma del costo medio fisso e del costo medio variabile. Il
costo medio fisso è pari al totale dei costi fissi divisi per la quantità prodotta.
Mentre, il costo medio variabile è pari al totale dei costi variabili per la quantità
prodotta.
Per molte imprese, la suddivisione dei costi tra fissi e variabili dipende dall’orizzonte
temporale di riferimento. Per esempio, in un arco temporale di alcuni mesi, X non
può modificare le dimensioni della propria struttura produttiva. Il solo modo che ha
per produrre di più o di meno è agire sulla manodopera impiegata. In un arco di
tempo più lungo invece, X può accrescere la propria capacità produttiva comprando
o costruendo nuovi stabilimenti, oppure ampliando quello esistente, e il costo degli
stabilimenti è quindi variabile nel lungo periodo.
MERCATO CONCORRENZIALE
Il profitto è pari al ricavo totale meno il costo totale, e il costo totale comprende il
costo-opportunità del tempo e del denaro che l’imprenditore conferisce
nell’impresa. Il ricavo dell’impresa deve compensare l’imprenditore del tempo e del
denaro che dedica all’attività aziendale. L’ammontare che va a remunerare i
proprietari dell’impresa è detto profitto normale, o equilibrio di profitto nullo. Ad
esempio, si supponga che per aprire una fattoria un agricoltore debba investire 1
milione di euro che, depositato in banca, gli renderebbe 50 mila euro di interessi
all’anno, e ancora che l’agricoltore sia costretto ad abbandonare un’altra
occupazione che gli offre un salario di 30 mila euro all’anno. Il costo-opportunità
dell’agricoltore include sia gli interessi che avrebbe potuto guadagnare, sia la
mancata retribuzione, per un totale di 80 mila euro. Questa somma è computata ne
costo totale dell’agricoltore, e gli economisti si riferiscono a una condizione di
profitto nullo come a una situazione nella quale l’impresa realizza un profitto
normale. Nel breve periodo il profitto può essere maggiore di 0, quindi maggiore del
profitto normale, ecco che in tal caso si parla di ‘extraprofitto’. Se le imprese di un
settore realizzano un extraprofitto, in assenza di barriere all’entrata altre imprese
hanno un incentivo a entrare nel mercato, innescando una dinamica che spinge il
mercato verso l’equilibrio di profitto nullo.
La figura in questione mostra una retta orizzontale in corrispondenza del livello del
prezzo P. la retta del prezzo è orizzontale perché l’impresa è price-taker, ovvero il
prezzo non dipende dalla quantità del bene che l’impresa decide di produrre.
Ora, dato che un’impresa subisce il prezzo, il suo ricavo marginale è uguale al prezzo
di mercato; a ogni dato prezzo di mercato, la quantità che massimizza il profitto
dell’impresa in regime di concorrenza può essere individuata dall’intersezione del
livello del prezzo con la curva di costo marginale.
CAP. VII
CONSUMATORI, PRODUTTORI ED EFFICIENZA DEI MERCATI
CAP. VIII
DOMANDA, OFFERTA E POLITICHE ECONOMICHE
Vi sono due misure di controllo dei prezzi: i livelli massimi e i livelli minimi di prezzo.
Questi provvedimenti vengono generalmente introdotti dal governo o da un’autorità
di regolamentazione. Un livello massimo di prezzo è il prezzo più alto al quale un
bene può essere legalmente venduto. Un livello minimo di prezzo è l’esatto opposto,
ovvero il prezzo più basso al quale un bene può essere venduto. Per verificare come i
controlli dei prezzi condizionino il risultato di un mercato, si consideri come esempio
il controllo dei canoni di locazione. Se lo spazio in affitto a fini residenziali è
scambiato in un mercato concorrenziale non regolamentato, si suppone che i canoni
di affitto varino fino a portare in equilibrio la domanda e l’offerta: al prezzo di
equilibrio la quantità di immobili in locazione che i compratori vogliono affittare è
pari a quella che i venditori desiderano dare in affitto.
LE IMPOSTE
CAP. X
BENI PUBBLICI, RISORSE COLLLETTIVE E BENI MERITORI
I BENI PUBBLICI
LE RISORSE COLLETTIVE
Le risorse collettive come i beni pubblici sono non esclusive: infatti sono disponibili
gratuitamente per chiunque le voglia sfruttare. Ma, diversamente dai beni pubblici,
le risorse collettive sono rivali nel consumo: l’uso di una risorsa collettiva da parte di
un individuo impedisce ad altri individui di goderne. Dunque, lo stato si deve
preoccupare di quanto e come viene usato il bene. Tra i vari esempi di risorsa
collettiva annoveriamo:
- Aria e acqua pulita. I mercati non riescono a proteggere adeguatamente
l’ambiente. L’inquinamento è una esternalità negativa alla quale si può
porre rimedio con la regolamentazione diretta o imposte correttive.
- Strade congestionate. Le strade possono essere beni pubblici o risorse
collettive. Se una strada non è congestionata dal traffico, l’uso da parte
di un individuo non influisce su nessun altro. Ma se la strada è molto
trafficata, l’uso da parte di ciascun individuo comporta una esternalità
negativa, perché il traffico aumenta e gli altri automobilisti devono
guidare più lentamente, e in tal caso la strada è una risorsa collettiva.
I BENI MERITORI
Vi sono beni che possono essere prodotti dal settore privato ma che potrebbero non
essere consumati in quantità sufficiente se la loro fornitura fosse demandata
esclusivamente al mercato: questi sono i cosiddetti ‘beni meritori’. Tali beni devono
la loro esistenza al fatto che i consumatori potrebbero avere una conoscenza
imperfetta dei relativi benefici e di conseguenza non essere in grado di attribuire loro
il giusto valore. I beni meritori sono soggetti a un problema di scelta intertemporale,
che sorge quando le decisioni prese oggi influenzano le scelte future. Esempi di beni
meritori includono l’istruzione, i servizi sanitari, le pensioni e le assicurazioni. Pochi
individui sono in grado di giudicare se e quando avranno bisogno di servizi sanitari e
assicurativi. Molti giovani non sentono la necessità di risparmiare oggi per finanziare
la propria pensione tra 30 o 40 anni, perché si tratta i una prospettiva per loro
lontana: i benefici sono troppo distanti nel futuro per essere significativi nel
presente. Se le persone dovessero pagare direttamente per fruire dei servizi sanitari,
assicurativi e pensionistici, avrebbero un incentivo a consumare una quantità
insufficiente.
Vi sono poi anche i beni cosiddetti ‘demeritori’, che hanno la caratteristica di essere
consumati in quantità eccessiva se lasciati interamente al mercato. Ciò avviene
perché il consumo di tali beni impone costi privati e sociali e, nel prendere una
decisione di consumo, l’individuo non dispone delle informazioni necessarie a
comprendere appieno tali costi.
CAP. XI
ESTERNALITA’ E FALLIMENTO DEL MERCATO
ESTERNALITA’
L’attività dei mercati si fonda su milioni di decisioni prese da individui e gruppi. Nel
formulare tali decisioni, vengono presi in considerazione solo i costi privati e i
benefici privati: ad esempio, nel fare un viaggio in automobile, una persona sostiene
vari costi privati, come l’usura e il consumo del carburante. Nell’utilizzare
l’automobile inoltre, questa stessa persona gode di alcuni benefici privati quali la
comodità, il calore e la possibilità di raggiungere la destinazione rapidamente. Ma
nel decidere se intraprendere un viaggio in automobile gli individui potrebbero non
prendere in considerazione anche i costi e i benefici sociali della decisione stessa:
un’automobile contribuisce alla congestione del traffico, all’usura delle strade,
all’inquinamento atmosferico e acustico; sul fronte dei benefici, un viaggio in
automobile significa invece ad esempio un posto in più disponibile nei servizi di
trasporto pubblico.
CAP. XIV
IL MONOPOLIO
LA CONCORRENZA IMPERFETTA
Il modo più semplice per creare un monopolio è fare in modo che una sola impresa
detenga una risorsa chiave. Ad esempio, si consideri il mercato dell’acqua potabile in
una piccola città su un’isola sperduta che non riceve acqua dalla terraferma. Se in
città vi fosse un solo pozzo e non vi fosse altro modo per procurarsi acqua, il suo
proprietario avrebbe il monopolio della vendita. Ovviamente, il monopolista ha un
potere di mercato ben più grande di quello della singola impresa operante in un
mercato concorrenziale. La proprietà esclusiva di una risorsa chiave è causa
potenziale di monopolio, ma nella pratica sono pochi i monopoli che nascono per
questa ragione.
I MONOPOLI DI STATO
IL MONOPOLIO NATURALE
MONOPOLIO E CONCORRENZA
IL RICAVO DI UN MONOPOLISTA
LA DISCRIMINAZIONE DI PREZZO
CAP. XV
LA CONCORRENZA MONOPOLISTICA
definisce il prezzo sulla base della domanda, in modo che sia coerente con quella
quantità.
Quando le imprese realizzano profitti, nuove imprese sono incentivate a centrare nel
mercato. L’ingresso di nuove imprese determina un aumento del numero di prodotti
in vendita nel settore. L’aumento dell’offerta provoca una diminuzione del prezzo
incassato da ogni impresa per unità di prodotto. Se un’impresa esistente desidera
vendere di più, è costretta a ridurre il prezzo. Poiché il numero di sostituti disponibili
nel mercato è aumentato, l’effetto per la singola impresa è uno spostamento verso
sinistra della curva di domanda. Di conseguenza, il numero dei prodotti tra i quali il
consumatore può scegliere, aumenta, quindi la domanda con la quale si confrontano
le imprese già presenti nel mercato diminuisce. In altre parole, il profitto stimola
l’ingresso di nuovi concorrenti, e ciò provoca uno spostamento verso sinistra della
curva di domanda rilevante per ciascuna impresa. Le imprese del settore che prima
dell’entrata di nuovi concorrenti riuscivano a malapena a sopravvivere, potrebbero
trovarsi ora a realizzare profitti insufficienti, e di conseguenza potrebbero decidere di
abbandonare il mercato. Quando le imprese subiscono delle perdite, le imprese
presenti nel mercato sono incentivate a uscirne. Con la progressiva uscita delle
imprese, l’offerta diminuisce e il prezzo tende ad aumentare. Il numero di beni
sostituti disponibili nel mercato diminuisce, e dunque diminuisce anche il numero
dei prodotti tra i quali i consumatori possono scegliere. Di conseguenza, la domanda
con cui si confrontano le singole imprese rimaste nel mercato, si espande. Il processo
di entrata e di uscita continua fintanto che le imprese attive nel mercato non
realizzano un profitto economico nullo.
CAP. XVI
L’OLIGOPOLIO
LE CARATTERISTICHE DELL’OLIGOPOLIO
CAP. XVII
LA DOMANDA DI LAVORO
OFFERTA DI LAVORO
totale di un bene è determinato dal lavoro che viene impiegato nella sua
produzione, detto tempo socialmente necessario. Il tempo socialmente
necessario corrisponde al contributo medio del lavoro alla produzione. Il
valore di un bene è ciò che Marx chiama ‘lavoro morto’ e ‘lavoro vivo’. Il
lavoro morto è costituito da tutto il lavoro che è stato impiegato per
produrre i beni capitali e le materie prime usate nella produzione di un
bene; il lavoro vivo è il lavoro impiegato nella produzione del bene stesso.
Il valore di un bene è dato dal lavoro, sia vivo sia morto, speso nella sua
produzione.
I DIFFERENZIALI SALARIALI
CAP XVIII
MISURARE LA DISUGUAGLIANZA
LA CURVA DI LORENZ
IL COEFFICIENTE DI GINI
Il reddito nel ciclo di vita. Nel corso della vita di un individuo, il reddito
segue un andamento in genere prevedibile: un giovane, soprattutto se
studente, ha un reddito molto basso; con il raggiungimento della maturità
e il crescere dell’esperienza, il reddito aumenterà e raggiungerà il suo
massimo attorno ai 50 anni, per poi crollare con il pensionamento. Per
ammortizzare l’andamento altalenante del reddito durante il ciclo di vita e
mantenere un livello soddisfacente di consumo, gli individui possono
risparmiare o indebitarsi; per questa ragione il tenore di vita in ogni dato
anno dipende più dal reddito guadagnato complessivamente nell’intero
ciclo di vita che dal reddito annuale. Il normale andamento del ciclo di vita
si caratterizza per variazioni di reddito annuo che non rappresentano
necessariamente vere disuguaglianze del tenore di vita. Per valutare la
disuguaglianza del tenore di vita nella nostra società, la distribuzione del
reddito complessivo nel ciclo di vita è più rilevante della distribuzione dei
redditi annui.
CAP.XIX
MACROECONOMIA
CAP. XX
PIL
Per stabilire se un sistema economico vada bene o no è necessario
prendere in considerazione la somma dei redditi guadagnati da tutti i
componenti della società, cioè il PIL (Prodotto Interno Lordo). Il PIL misura
sia il reddito totale dei componenti della società, sia la spesa totale per
l’acquisto di ciò che viene prodotto nella stessa società. Il fatto che il PIL
riesca a misurare due cose è dovuto al fatto che le due variabili sono
identiche: il reddito deve essere uguale alla spesa perché ogni transazione
coinvolge un compratore e un venditore, e ogni euro speso da un
compratore è un euro incassato da un venditore. (Tizio dice a Caio di fare
X per 20 euro, Caio vende un servizio X che Tizio acquista; così Caio
guadagna i 20 euro che Tizio spende) – in tal senso, il PIL aumenta di 20
euro. L’eguaglianza tra reddito e spesa si può dimostrare con un
diagramma di flusso circolare, per cui:
-gli individui acquistano beni e servizi dalle imprese
Si può parlare di ‘deflatore del PIL’ come di un indicatore del livello dei
prezzi, calcolato come rapporto percentuale tra PIL nominale e PIL reale. Il
deflatore del PIL si calcola dunque con questa operazione: PIL nominale /
PIL reale X 100. C’è da dire che PIL reale e PIL nominale sono identici
nell’anno base, e in quell’anno il deflatore del PIL è sempre uguale a 100.
CAP. XXI
MISURARE IL COSTO DELLA VITA
Per misurare il costo della vita, gli economisti spiegano che è necessario
trasformare i valori espressi in moneta corrente in una misura significativa
del potere d’acquisto, tale misura statistica prende il nome di ‘indice dei
prezzi al consumo’. L’indice dei prezzi al consumo permette di stabilire
come varia il costo della vita nel tempo: se aumenta, la famiglia deve
spendere una somma maggiore per acquistare la stessa quantità di beni e
servizi. Si parla in tal senso di ‘inflazione’ per descrivere una situazione
nella quale il livello generale dei prezzi tende ad aumentare. L’indice dei
prezzi al consumo è dunque un indicatore del costo complessivo di beni e
servizi acquistati dal consumatore; per calcolare l’indice dei prezzi al
consumo e il tasso di inflazione si rilevano i prezzi di mercato di migliaia di
beni e servizi.
CALCOLO INDICE DEI PREZZI A CONSUMO
CAP. XXII
PRODUZIONE E CRESCITA
PRODUZIONE E CRESCITA
LA PRODUTTIVITA’
Con il termine ‘produttività’ si indica la quantità di beni e servizi che un
lavoratore può produrre nell’unità di tempo. Solow e Swan hanno
CAP. XXIII
LA DISOCCUPAZIONE
CAP. XXIV
RISPARMIO, INVESTIMENTO E SISTEMA FINANZIARIO
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Partendo dall’esposizione del concetto di obbligazione, un’obbligazione è
un titolo di debito contratto dall’emittente che specifica gli obblighi del
debitore verso il creditore e stabilisce il momento nel quale il prestito
MERCATO AZIONARIO
Anche qui diamo una prima esposizione generale del significato di
‘azione’. Per azione si intende un titolo di proprietà dell’impresa che
costituisce un diritto sui profitti che questa stessa realizza. La vendita di
azioni per raccogliere fondi è denominata ‘finanziamento con capitale di
rischio’, mentre l’emissione di obbligazioni viene detta ‘finanziamento con
capitale di debito’. Le azioni emesse e vendute da una società possono
INTERMEDIARI FINANZIARI
Sono istituzioni finanziarie attraverso cui i risparmiatori possono fornire
fondi ai prenditori indirettamente. Il termine ‘intermediario’ indica per
l’appunto il ruolo di tali istituzioni che si collocano tra il risparmio e
l’investimento.
CAP. XXVII
IL SISTEMA MONETARIO
TASSO DI RIFINANZIAMENTO
La banca centrale fissa un tasso di interesse al quale è disposta a erogare
prestiti a breve termine alle banche. Per erogare prestiti al settore
bancario, la banca centrale si avvale di una speciale forma di operazione
di mercato aperto. Così la banca centrale eroga un prestito e acquisisce
titoli di stato o altre attività come garanzia collaterale sul finanziamento.
La banca centrale stila un elenco delle attività che è disposta ad accettare
come collaterale; generalmente si tratta di attività sicure , come titoli di
stato o obbligazioni emesse da grandi imprese per le quali il rischio di
insolvenza dell’emittente è tendenzialmente trascurabile. Il tasso di
interesse applicato dalla banca centrale è detto TASSO DI
RIFINANZIAMENTO. E dato che la banca centrale acquista le attività a
condizione che chi le vende accetti di riacquistarle successivamente ad un
prezzo stabilito, questo tipo di operazione di mercato aperto prende il
nome di PRONTI CONTRO TERMINE, o REPO: trattasi di contratti con i
quali una banca vende alla banca centrale un’attività non monetaria
impegnandosi contestualmente a riacquistarla a un prezzo prestabilito e a
una data futura specificata.
CAP. XVIII
IMPOSTA DI INFLAZIONE
Trattasi di entrate che lo stato ricava attraverso la creazione di moneta.
L’importanza dell’imposta di inflazione varia da paese a paese. L’inflazione
si placa quando il governo introduce una riforma fiscale che elimina la
necessità dell’imposta da inflazione. Inoltre, secondo il principio di
neutralità della moneta, un aumento del tasso di crescita della quantità di
moneta provoca un’accelerazione dell’inflazione ma non influenza le
variabili reali. Tale principio riguarda l’effetto della moneta sul tasso di
interesse. I tassi di interesse sono variabili importanti che creano un
collegamento tra economia attuale e quella futura. Si deve però prima
CAP. XXXII
LA CROCE KEYNESIANA
Una prima definizione da dare è quella di ‘piena occupazione’ con la quale
si intende una condizione in cui tutti gli individui che desiderano lavorare
al salario di mercato corrente sono in grado di trovare un impiego. Un
elemento fondamentale dell’analisi keynesiana è la distinzione tra
DECISIONI PROGRAMMATE e DECISIONI EFFETTIVE di famiglie e imprese.
Per SPESA, RISPARMIO O INVESTIMENTO PROGRAMMATI si intendono le
azioni che le famiglie e le imprese desiderano o intendono intraprendere.
Per SPESA, RISPARMIO O INVESTIMENTO EFFETTIVI si intendono gli esiti
realizzati. Ora, secondo Keynes non vi era motivo per cui il reddito
nazionale di equilibrio dovesse coincidere necessariamente con il
prodotto della piena occupazione. I prezzi e i salari potrebbero non
aggiustarsi nel breve periodo e quindi l’economia potrebbe trovarsi in una
congiuntura in cui il livello della domanda non è sufficiente a garantire la
piena occupazione.
EFFETTO MOLTIPLICATORE
La retta C + I + G + NX è denominata FUNZIONE DI SPESA. La spesa
programmata E dipende dalla somma di consumo, investimento, spesa
pubblica ed esportazioni nette, per cui E = C + I + G + NX La pendenza
positiva della funzione di spesa è dovuta al fatto che la spesa
programmata aumenta all’aumentare del reddito. Si parla di EFFETTI
MOLTIPLICATORE per l’amplificazione degli effetti di una politica fiscale
espansiva sulla domanda aggregata, attraverso il successivo aumento del
reddito e della spesa per consumo. Questo effetto moltiplicatore si
manifesta in più fasi: se la spesa per consumo aumenta, le imprese che
producono beni di consumo utilizzano più manodopera e godono di
profitti più elevati.
LE CURVE IS E LM
La croce keynesiana delinea un quadro dell’economia nel breve periodo.
In equilibrio la spesa programmata è pari al reddito effettivo, ovvero E =. Y.
Questo equilibrio riguarda il mercato dei beni e dei servizi. Il mercato dei
beni e dei servizi e quello della moneta sono interconnessi e l’elemento di
giunzione è il tasso di interesse. Seguendo l’analisi keynesiana del mercato
dei beni e dei servizi e del mercato monetario, sorge una teoria che
descrive il collegamento tra i due mercati e mostra come analizzare la
politica sia fiscale che monetario, e questo apparato è noto come
‘modello IS-LM’. Le curve IS-LM descrivono l’equilibrio in due mercati e
insieme determinano l’equilibrio generale del sistema economico: si ha un
equilibrio economico generale nel punto in cui il mercato dei beni e dei
servizi e quello della moneta sono entrambi in equilibrio per un dato
livello del tasso di interesse e del reddito.
LA CURVA IS
La curva IS mostra la relazione tra il tasso di interesse e il livello di reddito
nel mercato dei beni.
LA CURVA LM
La curva LM raccoglie i punti in cui il mercato della moneta è in equilibrio
data la combinazione di valori del tasso di interesse e del reddito
nazionale.
CAP. XXXIII
DOMANDA AGGREGATA E OFFERTA AGGREGATA
Il fatto che nel breve periodo la curva di offerta aggregata abbia sempre
pendenza positiva è spiegabile tramite 3 teorie alternative:
1) VISCHIOSITA’ DEI SALARI: secondo questa teoria la curva di offerta
aggregata di breve periodo ha pendenza positiva perché i salari
nominali non si adeguano istantaneamente alle mutate condizioni
economiche, e sono cioè ‘vischiosi’.
2) VISCHIOSITA’ DEI PREZZI: questa teoria pone l’accento sulla
lentezza con cui i prezzi dei beni si aggiustano in reazione ai
cambiamenti della congiuntura economica. Questa lentezza in
parte si deve al fatto che per aggiustare i prezzi si sostiene un
costo, detto COSTO DEI LISTINI, e in conseguenza a tale costo, i
prezzi, come i salari, possono essere vischiosi nel breve periodo.
3) ERRORE DI PERCEZIONE: secondo questa teoria i produttori
possono essere temporaneamente fuorviati da variazioni del
livello generale dei prezzi, che li inducono a interpretare in
maniera scorretta quanto avviene nei mercati in cui operano. In
conseguenza all’errore di percezione nel breve periodo, i
produttori reagiscono a una variazione del livello generale dei
prezzi in modo da conferire alla curva di offerta aggregata una
pendenza positiva.
Tutte e tre le teorie giungono alla conclusione che la produzione devia dal
suo livello naturale quando il livello dei prezzi si discosta da quello atteso.
Questo concetto viene espresso con la seguente formula QUANTITA’ DI
PRODOTTO OFFERTA = TASSO NATURALE DI PRODUZIONE + a(LIVELLO DEI
PREZZI EFFETTIVO – LIVELLO DEI PREZZI ATTESO) in cui ‘a’ è una costante
che determina la reattività della produzione aggregata a variazioni
inattese del livello dei prezzi.
CAP. XXXIV
L’INFLUENZA DELLA POLITICA MONETARIA E FISCALE SULLA DOMANDA
AGGREGATA
OFFERTA DI MONETA
Il primo pilastro della teoria menzionata sopra è l’offerta di moneta.
L’offerta di moneta è controllata dalla banca centrale, che può alterare
l’offerta di moneta agendo sulla quantità di riserve detenute dal sistema
bancario attraverso la compravendita di titoli di stato in operazioni di
mercato aperto. Ora, se la banca centrale acquista titoli di stato, il denaro
speso per l’acquisto in genere entra nelle casse delle banche e incrementa
le riserve bancarie, se invece la banca centrale vende titoli di stato, il
denaro che incassa proviene spesso da depositi bancari e riduce le riserve
bancarie. Tali variazioni delle riserve bancarie modificano a loro volta la
capacità del sistema bancario di erogare prestiti, portando alla creazione o
distruzione della moneta.
DOMANDA DI MONETA
Il secondo pilastro della teoria menzionata sopra è la domanda di
moneta. Le determinanti della domanda di moneta sono svariate, ma
l’accento viene messo in particolar modo sul tasso di interesse, che è
considerato la variabile più importante in quanto rappresenta il costo –
opportunità del possesso di moneta. Un aumento del tasso di interesse fa
aumentare anche il costo – opportunità del possesso di denaro contante.
Gli individui hanno dunque un incentivo a ridurre i propri saldi monetari,
conferendo il denaro in depositi fruttiferi e facendo diminuire di
conseguenza la quantità di moneta domandata.