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24/6/2021 L’emergenza e le contraddizioni del diritto all’infanzia: dalla Montessori ai nostri giorni

MeTis
Mondi educativi. Temi indagini suggestioni

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LA NUOVA CALL SAGGI RECENSIONI


L’emergenza e le contraddizioni del diritto all’infanzia: dalla
Mazzucco, M. G. (2016). Io
Il primato pedagogico dei Montessori ai nostri giorni sono con te. Storia di
"beni comuni" di Roberto Travaglini   
Brigitte. Torino: Einaudi
DOI: 10.12897/01.00046
Annacontini, G. et alii
 
MENU (2016). EDA nella
Si assiste oggi a un paradosso conflittuale nei confronti dell’infanzia: da una parte si
contemporaneità. Teorie,
Home rivolge un’attenzione particolare ai bisogni autentici dell’infanzia, da quando – nel
pratiche e contesti in Italia.
secolo scorso – è stata “scoperta”, come evidenziano, tra gli altri, gli studi
Obiettivi Speciale di “MeTis”. Bari:
montessoriani; dall'altra, la società adulta idealizza oltremisura la figura del bambino,
Progedit
Chi siamo nascondendo di fatto un sotteso e crescente processo mercantilistico e tecnologico di
Fadda, R. (2016).
negazione dei suoi reali valori. Le pedagogie contemporanee, denunciando questo
Referaggio Promessi a una forma.
fenomeno, auspicano sempre più l’esercizio del diritto a un’educazione di qualità,
Vita, esistenza, tempo e
grazie alla quale l’infanzia sia messa nelle condizioni di vivere le sue reali potenzialità
cura: lo sfondo ontologico
espressive e creative.
SPECIALI DI METIS della formazione. Milano:
 
FrancoAngeli
Mediterranean Society of Today we are assisting to a conflicting paradox in regard of childhood: On the one
Attinà, M., & Martino, P.
Comparative Education hand there is a special attention to the authentic needs of childhood since – in the last
(2016). L’educazione
2012 - 03/2013 century – it has been “discovered”, which can be evinced especially from the essays of
sospesa tra reale e
Montessori, among others. On the other hand the adult society idealizes infinitely the
EDA nella virtuale. Cava de’ Tirreni
figure of the child, in fact hiding an implicit and growing mercantilistic and technological
contemporaneità. Teorie, (SA): Areablu edizioni
process of negation of its real values. The contemporary pedagogy, by exposing this
contesti e pratiche in Italia Loiodice, I., & Dato, D. (A
phenomenon, is asking more and more for the practice of the right to an education of
2015 - 06/2016 cura di). (2015). Orientare
quality in order to bring childhood in the right conditions to live its real potential of
per formare. Teorie e
Speciale Siped-MeTis 2017 expressiveness and creativity.
buone prassi all’università.
- Per un nuovo patto di  
Bari: Progedit
solidarietà 1. La riabilitazione dell’infanzia
Tienken, Ch.H. (2016).
 
Defying Standardization.
Dite:
Creating Curriculum for an
ARCHIVIO È faticoso frequentare i bambini.
Uncertain Future. USA:
Avete ragione.
Rowman and Littlefield
Anno I - Numero 1 - Poi aggiungete:
Cerrocchi, L., & Cavedoni,
12/2011 Ibridazioni Perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
F. (2016). La cura
Ora avete torto.
Anno II - Numero 1 - educativa per il
Non è questo che più stanca. È piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino
06/2012 Orientamenti reinserimento sociale di
all’altezza dei loro sentimenti.
detenuti in Esecuzione
Anno II - Numero 2 - Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Penale Esterna. Milano:
12/2012 Etica e politica Per non ferirli.
FrancoAngeli
Anno III - Numero 1 - Janusz Korczak
Costa, M. (2016).
06/2013 Formare tra  
Capacitare l’innovazione.
scienza, tecnica, tecnologia È cosa ormai nota che parlare dell’infanzia, oggi, significa fare i conti con inevitabili
La formatività dell’agire
contraddizioni tra la sua immagine culturale, più che altro riflesso di una sua
lavorativo. Milano:
Anno III - Numero 2 - storicizzata percezione collettiva, e le “reali” condizioni di vita dei bambini, che si
FrancoAngeli
12/2013 Le periferie possono dire trasversali ai confini culturali e geografici del pianeta e dei relativi vissuti
Ladogana, M. (2016).
dell'educazione economico-politici e socio-antropologici.
Progettare la vecchiaia.
Anno IV - Numero 1 - Esistono paesi emergenti e del Terzo Mondo in cui povertà e sfruttamento non
Una sfida per la
06/2014 Quale università condizionano solo la qualità della vita, ma la sua stessa aspettativa. Al contempo,
pedagogia. Bari: Progedit
per quale futuro esistono paesi occidentali, come il nostro, in cui si è assistito a un particolare processo
trasformativo dell’immagine culturale dell’infanzia nel corso della storia: da una parte,
Anno IV - Numero 2 - si è innescato un processo di idealizzazione, se non di vera e propria mitizzazione MATERIE GRIGIE
12/2014 Suggestioni dell’infanzia; si è prodotta una «scoperta del bambino» (come ebbe a dire la stessa Obiettivo della sezione
montessoriane Montessori [1999b] con il significativo titolo che connota una sua celebre opera), legata Gruppo Nazionale SIPED
Anno V - Numero 1 - a una scoperta scientifica e sociale dell’infanzia che ne ha fatto in qualche modo il “Professioni educative e
06/2015 L'educazione ai fondamento di una società democratica, laddove il cittadino, senza alcuna distinzione formative”
tempi della crisi (neppure di età anagrafica), è divenuto il protagonista attivo e consapevole del proprio
ruolo all’interno della comunità.
Anno V - Numero 2 - La stessa Montessori (1870-1952) riconosceva, all’epoca in cui operava, l’urgente
12/2015 La necessità di riabilitare socialmente l’infanzia dopo un lunghissimo periodo di
“spettacolarizzazione del deresponsabilizzazione e disinteresse da parte dello Stato a tutti livelli, da quello
tragico” familiare a quello medico-igienico, da quello scolastico-educativo a quello
Anno VI - Numero 1 - propriamente legislativo (Montessori, 1999a, pp. 295 e 296). Addirittura in ogni angolo
06/2016 Biografie della terra e in ogni luogo storico dell’educazione «la parola educazione fu sempre
dell'esistenza sinonimo di castigo» (Montessori, 1999a, p. 299), un concetto punitivo fortemente
presente anche nella stessa tradizione giudaico-cristiana (a partire da espliciti moniti
Anno VI - Numero 2 -
biblici), che non ha fatto che corroborare l’ideale adultocentrico giustificante la volontà
12/2016 Cornici dai bordi
di convertire l’universo infantile in quello ben più esemplare e perfetto dell’adulto.
taglienti
La ricetta pedagogica della studiosa recanatese era di «modificare l’adulto»
Anno VII - Numero 1 - (Montessori, 1999a, p. 13), piuttosto che colpevolizzarlo, di aggiornare il suo modo di
06/2017 Lavoro liquido approcciarsi all’infanzia per scoprire le potenzialità e le attitudini reali del bambino, per
riconoscerne finalmente le peculiari caratteristiche cognitive, emotive e fisiche e,
Tutte le recensioni di MeTis
soprattutto, evolutive; così l’adulto avrebbe potuto/dovuto correggere «l’errore ancora
ignoto che gli impedisce di vedere il bambino» (Montessori, 1999a, p. 13) – come non

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24/6/2021 L’emergenza e le contraddizioni del diritto all’infanzia: dalla Montessori ai nostri giorni
PUBBLICA CON NOI meno sollecitavano a fare autorevoli pedagogisti e psicologi dell’epoca, da Vygotskij a
Piaget, da Dewey a Claparède, tanto da fare del Ventesimo secolo, come profetizzato
Norme redazionali dalla scrittrice e poetessa svedese Ellen Key, il secolo del bambino. Non si può più, dal
DOI - Digital Object momento della sua scoperta, considerarlo un essere vuoto da riempire, inerte e
Identifier incapace, inattivo e senza motivazioni profonde né interessi del tutto peculiari.
L’educatore dovrebbe cominciare a porsi dal punto di vista del bambino e modificare
Pdf l’ambiente educativo che lo circonda, smettendola di servirlo per sostituirsi a lui, di
Fatti recensire ostacolarne la naturale espressività e di proiettare su di lui dei falsati ideali, ma
cominciando a facilitare l’espressione della sua ritrovata vita psichica più intima,
Contatti spesso ignota agli occhi dell’adulto. Il suo acquisito «diritto al rispetto», come ebbe a
dire il pedagogista polacco Janusz Korczak, soprattutto il suo «diritto ad essere com’è»
(Korczak, 1994, p. 63), impone all’adulto, «l’homo rapax», la «bestia feroce» che detta
RISORSE le leggi (Korczak, 1994, p. 74), di osservarlo non come «una struttura psichica
inferiore, più povera e più debole di quella dell’adulto» (Korczak, 1994, pp. 72 e 73),
Codice etico
ma come un poeta e un pensatore, «un essere dotato di intelligenza che conosce da
Autori sé i propri bisogni, i propri problemi e le proprie difficoltà» (Korczak, 1994, pp. 55 e 56).
L’adulto deve riconoscergli una piena autonomia e dargli un’incondizionata fiducia.
Collegamenti
D’altra parte, come ci fa intendere acutamente il filosofo giapponese Itsuo Tsuda
Cookies policy (2014, p. 28), è davvero lieve la differenza tra il «considerare il bambino come fonte di
fastidio o come fonte d’ispirazione»; la soglia è minima: il mutamento di prospettiva sta
nella riconquista da parte dell’adulto di una sensibilità spesso perduta,
nell’abbandonare un’acquisita e diffusa sordità alle parole del bambino. Per questo
bisognerebbe mettersi dalla parte di quest’ultimo e fare quanto fece Korczak con
l’ispirato «romanzo psicologico» dal titolo emblematico Quando ridiventerò bambino, in
cui lo scrittore-pedagogista osserva il mondo con gli occhi dell’infanzia, da una
prospettiva che spesso risulta difficile all’adulto ricordare o addirittura ammettere che
esista.
 
2. Dalla riabilitazione del bambino alla sua “scomparsa”

L’appello della Montessori contro il «sonno delle coscienze», di fatto addormentate


perché immerse «in un sonno profondo» (Montessori, 1999a, p. 301) e dunque non
consapevoli dei reali accadimenti sociali, è un avvertimento contro il «più poderoso
ostacolo che impedisca di ricevere un aiuto vitale, una verità salvatrice» (Montessori,
1999a, p. 301); ed è questo immobilismo collettivo la causa prima di tanto disinteresse
sociale verso il bambino vero.
D’altra parte, una deroga ai ritrovati princìpi puerocentrici della contemporaneità
discende non solo dai modi in cui l’infanzia è vissuta negli scenari quotidiani di vita
familiare, ma anche e soprattutto da come è spesso strumentalizzata in seno a precisi
orientamenti politico-istituzionali, sociali, massmediatici e educativi. La ricchezza e
complessità della vita infantile e la sua diversità rispetto all’età adulta sono adombrate
non così infrequentemente da una sua diffusa rappresentazione culturale, tesa a
rinviare dell’infanzia un’immagine con caratteristiche molto simili a quelle dell’adulto;
questi proietta sul bambino i propri bisogni (per lo più consumistici e produttivistici) e lo
espone, senza limiti né filtri, a esperienze connotate da tragiche ombre prodotte da
un’adultità conflittuale e violenta, deviata e deviante.
Alla comparsa finanche mitizzata dell’infanzia fa eco, come denunciava già qualche
decennio fa il sociologo americano Neil Postman (1984), una sua concreta
«scomparsa», una diffusa cultura di rispetto (solo) apparente da parte dell’adulto verso
il bambino; in effetti, il sentimento culturale dell’infanzia è diventato oggi
particolarmente ambiguo, se non per molti versi paradossale, puntellato da non poche
criticità anche a sfondo pedagogico, essendosi prodotto un sentimento di negazione
della realtà psicofisica dell’infanzia, nonostante si faccia di tutto per attribuirle dei diritti
soggettivi e la si voglia riabilitare in tutti i modi sociali e istituzionali possibili. Il rispetto
mostrato è fondato su un’immagine positiva di “genitore” o in generale di “educatore”,
ma spesso e volentieri questo ruolo non è adeguatamente volto al servizio delle reali
potenzialità espressive e creative del bambino (sia quando è ancora molto piccolo sia
quando è già avviato all’adolescenza).
Di fatto, si può osservare una diffusa tendenza a omologare i rapporti educativi a
regole provenienti dal mondo sociale. Non è invece tanto diffusa la più auspicabile
tendenza a incentivare una fusione di sensibilità tra l’adulto e il bambino/ragazzo.
L’infanzia in qualche modo è tradita, insieme alle sue potenzialità espressive, nel
momento in cui le si chiede di soddisfare un ideale, un’idea astratta poco o per nulla
propensa a rapportarsi alla fattuale realtà psicologica, fisica e sociale della realtà-
bambino, alla sua ricca vitalità. L’educatore (e, in genere, il cittadino nella sua funzione
educante) dovrebbe essere mosso da un profondo «culto alla vita» – come lo chiama
la Montessori (1999c, p. 35) nell’invocare un’educazione alla libertà –, nel rispetto della
vita reale del bambino e a dispetto di quanto invece si tenda a proiettare su di lui; per
abbattere il facile rischio di considerarlo un’astrazione, una mera idealizzazione,
bisogna innanzi tutto rapportarsi a lui in quanto «individuo vivente», quale «reale
manifestazione biologica» (Montessori, 1999c, p. 35) con tutte le sue specificità e i
suoi «bisogni intimi e occulti» (Montessori, 1999c, p. 36). L’educazione non dovrebbe
assumere altro compito se non quello di rimuovere gli ostacoli che inibiscono il
normale sviluppo espansivo della vita infantile, liberandone i moti espressivo-creativi.
Non deve idealizzare, ma solo lasciare emergere quanto già esiste e costruire un
ambiente adatto a questo scopo.
Che quindi da un’epoca di negazione dell’universo infantile si sia passati a una sua
pericolosa mitizzazione è ormai cosa ovvia, e non solo agli storici della
contemporaneità: le testimonianze sociali di questa emergenza sono rilevabili
nell’allontanamento dei bambini dal loro posto naturale a opera soprattutto delle
agenzie massmediatiche, prime fra tutte la televisione, in cui l’immagine reale dei
bambini è stata sostituita da un’immagine che li raffigura come «adulti in miniatura»
(Postman, 1984, p. 151). L’incremento oltremisura della tecnologia e dei processi di

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informatizzazione, come per esempio l’utilizzo indiscriminato dei videogame online,
svolge un ruolo sempre più condizionante, andando a sostituirsi all’immaginario
fantastico del produttore di sogni e di giochi, quanto mai identificabile nella mente
immaginativa, flessibile e informale del bambino.
Se un tempo il bambino era negato e rettificato con la violenza di istituzionalizzate
torture disciplinari al fine di renderlo un passivo oggetto-vittima dell’adulto, oggi
l’infanzia è protetta, prolungata, omologata e sostituita dalla non meno violenta, per
quanto sottile e “democratica” società individualisticamente e narcisisticamente (Lasch,
1999; Lowen, 1993) tecnologica – una vera e propria technopoly (Postman, 1993) –,
che lo depriva della libertà immaginativa e inventiva del gioco, quale libera e autonoma
espressione delle sue risorse cognitive, emotive e pulsionali.
In molti processi socioeducativi è poi sottesa un’omologazione progressiva di gusti e
stili di vita a quelli degli adulti attraverso un processo che Postman (1984, p. 184)
definisce con l’efficace neologismo di «adultification», che potremmo tradurre con il
termine (altrettanto neologico) “adultificazione”. E neppure vanno trascurati gli
allarmanti dati sociali sul crescente fenomeno della devianza giovanile, «che
testimoniano come la distinzione tra infanzia ed età adulta stia sempre più scemando»
(Postman, 1984, p. 149); questo fenomeno può leggersi quale effetto di uno stato di
violenza del mondo adulto con cui il bambino è chiamato a confrontarsi
quotidianamente nei più svariati contesti sociali (come la cronaca nera testimonia con
crescente frequenza).
Franco Cambi (2004) riconduce il conflitto tra l’immagine culturale del bambino e la
sua realtà storico-sociale, spesso vigente in molte parti mondo, a una drammatica
lontananza degli assunti teorici rispetto agli usi e costumi e alle pratiche
socioeducative consolidatesi nel tempo nei diversi contesti comunitari.
In proposito, il pedagogista fiorentino osserva l’immagine di un’infanzia destinata a
rimanere prigioniera di un quadrilatero di dispositivi formato, da un lato, dal Mito e dalla
Conoscenza, in contrapposizione all’altro lato, costituito invece dal Mercato e dalla
Violenza: il Mito è rappresentato da chi ha favorito la nascita e scoperta dell’infanzia,
grazie a un assiduo impegno pedagogico (a partire da Rousseau fino ai tanti
pedagogisti moderni come la Montessori), storico (Ariès e De Mause) e psicanalitico
(Freud e Winnicott); questo impegno pluridisciplinare – e di riflesso culturale – ha reso
emergente l’idea, anche politica, di un bambino che fosse soggetto di diritti. Mentre la
Conoscenza, accanto al Mito, ha permesso di scoprire elementi differenziali del
bambino rispetto all’adulto, ma anche le tante peculiarità dell’universo infantile a livello
cognitivo, emotivo ed etico-sociale, i rimanenti estremi del quadrilatero descrivono una
condizione infantile troppo spesso sottoposta a pressioni economiche (sfruttamento
lavorativo, della sua immagine pubblicitaria ecc.) e vittimizzata da violenze fisiche e
psicologiche (Cambi, 2004).
Ciò non può che produrre stupore per tanta contraddittorietà e al contempo l’unanime
condanna di tensioni non attese in una società che davvero voglia dirsi civile. Di fatto
mutano le forme di controllo dell’infanzia, che comunque, seppure con nuove forme,
continua a essere sottoposta a controllo da parte della società adulta, oggi quanto mai
fondata su valori consumistico-commerciali e tecnologici. Questa nuova espressione
sociale di controllo può considerarsi una forma di violenza non tanto minore di quelle
del passato o di altri contesti culturali.
Cambi suggerisce almeno quattro condivisibili percorsi da intraprendere che,
intersecandosi, potrebbero rafforzarsi reciprocamente e costituire un messaggio
coerente di promozione e sostegno dei diritti dell’infanzia: denuncia di quanto avviene
nel modo, sostegno politico e finanziario ai servizi che a vario titolo si occupano
dell’infanzia, formazione culturale dei diritti al di là delle diverse culture e un lavoro
legislativo in grado di sostenere e coordinare l’intero processo.
Una possibile strada, che prenda avvio dall’ambito strettamente pedagogico, ma che
può orientare tutti gli ambiti che si occupano d’infanzia, potrebbe essere quella di unire
teoria e prassi, osservando e riscoprendo le buone pratiche educative del presente e
del passato alla luce di orientamenti psicopedagogici che riconoscono e accolgono la
sfida della complessità nell’essere bambini nel mondo e che si sono posti nella
condizione di ricercare un “fare” in grado di rispondere a queste concrete esigenze.
 
3. Dai bisogni ai diritti

Le ultime tendenze, in particolare, invitano a spostare l’accento dai bisogni dell’infanzia


ai suoi diritti, in linea anche con quanto il XVII convegno nazionale dei servizi educativi,
tenutosi a Torino nel 2010, ha affrontato in tema dei diritti delle bambine e dei bambini.
I diritti, piuttosto che i bisogni, dovrebbero costituire il criterio orientativo di scelte
politiche e organizzative finalizzate alla progettazione di servizi e alla gestione di
risorse. Riconoscendo al bambino il suo valore per ciò che è, e non solo per quello che
sarà in futuro, si ribalta la concezione stessa di relazione educativa e di progettazione
dei contesti educativi: si elimina la funzione autoritaria dell’adulto, sostituendola con
quella di confronto e scambio democratico rispetto ai reciproci diritti e doveri.
Le parole focali del convegno citato, intorno alle quali sono emerse interessanti
riflessioni scientifiche e culturali, sono state quelle di dialogo, partecipazione, conflitti,
differenze, democrazia e libera cittadinanza (Malavisi, 2010). La relazione tra il
soggetto e la comunità di appartenenza è caratterizzata da una necessaria reciprocità,
in cui le potenzialità e peculiarità di ciascun cittadino rappresentano una concreta
risorsa sociale.
L’individuo colto nella sua unicità, grazie alla quale la diversità e la differenza non
rappresentano un ostacolo, prevede che i suoi stessi diritti (lavoro, casa, istruzione,
salute ecc.), fondati sulla libertà (personale, di espressione, di circolazione ecc.), siano
mantenuti e salvaguardati, ed estesi a tutti senza operare rischiose esclusioni arbitrarie
(Malavisi, 2010, p. 7). Grazie a questa cornice socioculturale, in cui il rispetto dei diritti
si coniuga con la libertà, la relazione interpersonale non può più permettersi di fondarsi
su schemi comportamentali prevaricanti, dovendo assumere, piuttosto, caratteristiche

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24/6/2021 L’emergenza e le contraddizioni del diritto all’infanzia: dalla Montessori ai nostri giorni
dialogiche e improntante sul confronto, il cui implicito assunto è che ogni persona è
responsabile del suo agire nei confronti dell’altro, sia esso adulto o bambino.
Essere liberi di esprimersi costituisce dunque per ciascun individuo un’effettiva
responsabilità, comportando la necessità di compiere delle scelte tese a evidenziare la
propria finitezza, il rapporto con il confine del proprio agire, dato dai propri diritti come
dai propri doveri nei confronti degli altri. L’educazione e i servizi educativi possono
aiutare i soggetti in crescita a divenire persone libere e autentiche, capaci di
confrontarsi con le incertezze e le difficoltà dovute alle scelte, grazie alla realizzazione
di percorsi in cui si fanno centrali gli atteggiamenti di ascolto e di fiducia nelle
potenzialità di ciascuna persona (Malavisi, 2010, p. 7).
Perché tutto questo sia effettivamente possibile, necessitano alcuni atteggiamenti
orientativi che Gherardo Colombo descrive bene con termini piuttosto quali chiarezza,
coerenza, impegno e partecipazione.
I riferimenti su cui fondare le scelte progettuali e organizzative dovrebbero riferirsi, con
chiarezza, al fare del bambino e all’idea riconducibile a questo suo fare, un’idea da
condividere e tradurre socialmente con un linguaggio chiaro in grado di emergere con
tutta la sua vivezza. La coerenza, quale secondo tassello, permette di trasformare le
indicazioni progettuali in azioni concrete per non tradire nella pratica quotidiana tutti gli
assunti teorici relativi ai diritti dell’infanzia e alla centralità della persona. L’impegno e la
partecipazione sembrano costituire gli strumenti con cui realizzare tutto questo,
considerando la necessità che ciascuno sia fiducioso nelle sue reali possibilità e in
quelle degli altri per realizzare progetti difficili e complessi dove il processo conta più
del risultato. E questo è ancora più vero se si pensa all’esperienza educativa stricto
sensu, in cui non contano tanto i prodotti realizzati ma la strada percorsa per
raggiungerli, perché è così che il soggetto può davvero conoscere le sue potenzialità e
i suoi limiti, divenendo una persona capace di vivere in modo autentico la sua
esistenza e di percepire la conoscenza quale necessità, e dunque un diritto in quanto
espressione di un bisogno profondo (Malavisi, 2010, p. 8).
 
4. Il diritto a un’educazione di qualità

Vi è pure il diritto a un’educazione di qualità già nella prima infanzia, tesa a superare
gli svantaggi socioculturali che, se non affrontati in modo corretto, possono finire per
condizionare il resto dell’esistenza. Chiara Saraceno in un articolo intitolato Il capitale
umano, apparso su La Repubblica del 13 maggio 2014 e citato da Ferruccio
Cremaschi (2014, p. 4), ricorda che in Italia circa un milione di bambini e giovani
(numero raddoppiato negli ultimi cinque anni) vivono in condizioni di povertà,
sottolineando che il superamento dei condizionamenti è molto più difficile quando non
esistono adeguate opportunità educative e formative.
Questo dato trova conforto negli esiti del rapporto presentato da Save the Children nel
maggio 2014, denominato La lampada di Aladino e finalizzato a svolgere un’indagine
sulla povertà educativa osservata attraverso alcuni indici riguardanti in particolare gli
elementi qualitativi dell’offerta formativa e i comportamenti assunti dai singoli, come
l’abbandono scolastico, la pratica regolare di un’attività sportiva o la possibilità di
usufruire di prodotti culturali (libri, spettacoli teatrali, mostre ecc.). Sono indicatori che
non restituiscono fedelmente la complessità del tema analizzato, ma quantomeno
permettono di affrontarlo e di mettere a fuoco il fatto che gli interventi educativi di
qualità, a partire dalla prima infanzia, consentono di superare la discriminazione
condizionata dall’ambiente d’origine.
Non solo i pedagogisti, gli psicologi o i neuroscienziati sono convinti di questo, ma lo
sono anche diversi economisti, i cui studi e risultati sono stati presentati dall’Unicef nel
rapporto del 2008 Come cambia la cura dell’infanzia; e non meno diversamente è
convinto James Heckmann, premio Nobel per l’economia nel 2000, quando afferma
che «l’investimento precoce nella prima infanzia, soprattutto in servizi di cura e di
educazione di qualità, ha un elevato coefficiente di riduzione delle disuguaglianze,
serve a incrementare il capitale umano oltre che il benessere personale e sociale, ha
effetti duraturi sulle persone ed è predittivo di riuscita scolastica e nel lavoro» (cit. da
Campioni, 2010, p. 6).
Rileggendo non solo gli studi di Maria Montessori ma anche la sua biografia, emerge
quanto la pedagogista di Educazione alla libertà abbia saputo incarnare e trasformare
queste riflessioni, per noi così attuali, in una prassi educativa con notevoli sollecitazioni
ancora più che mai vere nell’odierno panorama educativo, superando l’annosa
dicotomia, già citata da Franco Cambi, tra una teorizzazione idealizzante e un agire
educativo fattualmente deprezzante.
Grazie a un’idea di libertà del bambino che prende le mosse da un’incondizionata
fiducia nelle sue potenzialità e dal rispetto della sua unicità, per cui ogni percorso di
apprendimento ha tempi e modalità irripetibili e non prevedibili, la Montessori ha
ridisegnato una figura di adulto che, grazie a un preciso percorso formativo e
autoformativo, si “limita” a promuovere e a sostenere il processo di apprendimento
attraverso una regia educativa non direttiva, in un clima democratico e collaborativo.
La sua esperienza rappresenta un lascito importante e uno stimolo ancora più che mai
vivo per gli educatori di oggi e di domani, spronati a realizzare percorsi educativo-
formativi in grado di affermare nella prassi l’idea di un bambino la cui dignità è data dal
fatto di essere persona e soggetto di diritti, un’idea che l’adulto/educatore non può né
deve in alcun modo tradire.
 
Note
 
(1) Riferimento costante dell’UNICEF per orientare la propria azione
è  la  Convenzione  ONU  sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza  (Convention on the
Rigths of the Child), approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20
novembre 1989. Costruita armonizzando differenti esperienze culturali e giuridiche, la
Convenzione  enuncia per la prima volta, in forma coerente, i diritti fondamentali che

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24/6/2021 L’emergenza e le contraddizioni del diritto all’infanzia: dalla Montessori ai nostri giorni
devono essere riconosciuti e garantiti a tutti i bambini e a tutte le bambine del mondo.
L'Italia ha ratificato la Convenzione nel 1991. http://www.unicef.it/doc/599/convenzione-
diritti-infanzia-adolescenza.htm. URL consultato il 13/5/2014.
 
Bibliografia

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Junior, 8-9.
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Cremaschi, F. (2014). La lampada di Aladino. In: Bambini, a. XXX, n. 6, giugno.
Bergamo: Junior, 4-5.
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Rivista semestrale edita dalla Progedit - Progetti editoriali s.r.l.
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