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Lavoro subordinato: la Cassazione ripercorre gli elementi

qualificanti della subordinazione

Il contratto di lavoro subordinato, come si desume dall'art. 2094 c.c., è un contratto oneroso a prestazioni corrispettive, quali, da un lato, il lavoro prestato in posizione subordinata e,
dall'altro, una retribuzione, generalmente a forma libera e necessariamente di durata, da intendersi come continuità del rapporto e non anche della prestazione lavorativa (orari irregolari o
prestazioni discontinue sono compatibili con il rapporto di lavoro subordinato).

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ll contratto di lavoro subordinato, come si desume dall'art. 2094 c.c. ("È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a
collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore"), è un contratto
oneroso a prestazioni corrispettive ("contratto di scambio": cfr. Cass., 5 settembre 2012, n. 14905, in D&G, 2012; Cass., 25 gennaio 1992,
n. 824; Trib. Roma, 17 maggio 2001), quali, da un lato, il lavoro prestato in posizione subordinata e, dall'altro, una retribuzione, generalmente
a forma libera (cfr. Pret. Firenze, 3 aprile 1997, in Toscana giur., 1998, 96, secondo cui il contratto di lavoro può essere validamente concluso
tramite proposta scritta - contenente gli elementi essenziali del contratto di lavoro subordinato - formulata dal futuro datore di lavoro e accettata
oralmente dal lavoratore) e necessariamente di durata, da intendersi come continuità del rapporto e non anche della prestazione lavorativa (orari
irregolari o prestazioni discontinue sono compatibili con il rapporto di lavoro subordinato: cfr. Cass., 4 settembre 2003, n. 12926; Cass., 1° marzo
2001, n. 2970; Cass. 20 marzo 2001, n. 3975).
Al contratto di lavoro si applicano le regole stabilite dal codice civile (artt. 1325 e ss. c.c.) in materia di contratti in generale, ad eccezione delle
ipotesi nelle quali le norme che disciplinano il rapporto di lavoro dispongano diversamente (Nogler, Sul contratto (innominato) di 'borsa lavoro' con
finalità di recupero sociale, in Riv. it. dir. lav., 1993, II, 121).
La giurisprudenza di legittimità affronta da lungo tempo la vexata quaestio della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e rapporto di lavoro
subordinato. Come efficacemente osservato dallo stesso giudice di legittimità, allo stato attuale, i due tipi di rapporto non compaiono che
raramente nelle loro forme e prospettazioni "primordiali" e più semplici, in quanto gli aspetti molteplici di una vita quotidiana e di una realtà sociale
in continuo sviluppo e le diuturne sollecitazioni che ne promanano hanno insinuato in ognuno di essi elementi per così dire "perturbatori" che
appannano, turbano, appunto, la primigenia semplicitas del "tipo legale", rendendo i medesimi, non di rado, qualcosa di ibrido e, comunque,
difficilmente definibile.
Ne consegue che la qualificazione sub specie locatio operis o locatio operarum, e la sua sussunzione sotto l'uno o l'altro nomen iuris diventa più
delicata e richiede una più approfondita opera di accertamento della realtà fattuale e di affinamento di quei momenti. Secondo un consolidato
insegnamento della Suprema Corte, l'elemento essenziale di differenziazione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato consiste nel vincolo di
soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, da ricercare in base ad un accertamento
esclusivamente compiuto sulle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. In particolare, mentre la subordinazione implica
l'inserimento del lavoratore nella organizzazione imprenditoriale del datore di lavoro mediante la messa a disposizione, a suo favore, delle proprie
energie lavorative (operae) ed il contestuale assoggettamento al potere direttivo di costui, nel lavoro autonomo l'oggetto della prestazione è
costituito dal risultato dell'attività (opus) (cfr., Cass. civ. 9.3.2009, n. 5645; Cass. civ. 28.3.2003, n. 4770; Cass. civ. 22.11.1999, n. 12926;
Cass. civ. 11.7.2018, n. 18253).
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Così, si è affermato che, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato oppure autonomo, il primario parametro distintivo
della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere accertato od
escluso mediante il ricorso agli elementi che il giudice deve concretamente individuare dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dalle modalità di
svolgimento del rapporto.
In subordine, nella giurisprudenza di legittimità, si è parimenti precisato che l'elemento tipico che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato
è costituito dalla subordinazione, intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro, con assoggettamento alle direttive
dallo stesso impartite circa le modalità di esecuzione dell'attività lavorativa.
Altri elementi - come l'assenza del rischio economico, il luogo della prestazione, la forma della retribuzione e la stessa collaborazione - possono
avere solo valore indicativo e non determinante, costituendo quegli elementi, ex se, solo fattori che, seppur rilevanti nella ricostruzione del
rapporto, possono in astratto conciliarsi sia con l'una che con l'altra qualificazione del rapporto stesso (cfr., Cass. civ. 10.5.2003, n. 7171; Cass.
civ. 14.7.1993, n. 7796; Cass. civ. 14.7.1984, n. 4131).
Costante è inoltre l'affermazione secondo cui per pervenire alla identificazione della natura del rapporto come autonomo o subordinato, non si può
prescindere dalla ricerca della volontà delle parti, dovendosi tra l'altro tener conto del relativo reciproco affidamento e di quanto dalle stesse voluto
nell'esercizio della loro autonomia contrattuale: pertanto, quando i contraenti abbiano dichiarato di voler escludere l'elemento
della subordinazione, specie nei casi caratterizzati dalla presenza di elementi compatibili sia con l'uno che con l'altro tipo di prestazione d'opera, è
possibile addivenire ad una diversa qualificazione solo ove si dimostri che, in concreto, l'elemento della subordinazione si sia di fatto realizzato
nello svolgimento del rapporto medesimo (ex plurimis, Cass. civ. 8.3.1995, n. 2690).
Vale infine ribadire, in adesione a numerosi arresti, che, ai fini della individuazione della natura giuridica del rapporto, il primario parametro
distintivo della subordinazione deve essere necessariamente accertato od escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari che il giudice deve
individuare in concreto, dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dall'effettivo svolgimento del rapporto, essendo il comportamento delle parti
posteriore alla conclusione del contratto dell'art. 1362, comma 2, cod. civ.), ma anche ai fini dell'accertamento di una nuova e diversa volontà
eventualmente intervenuta nel corso dell'attuazione del rapporto e diretta a modificare singole sue clausole e talora la stessa natura del rapporto
lavorativo inizialmente prevista, da autonoma a subordinata; con la conseguenza che, in caso di contrasto tra i dati formali iniziali di individuazione
della natura del rapporto e quelli di fatto emergenti dal suo concreto svolgimento, a quest'ultimi deve darsi necessariamente rilievo prevalente
nell'ambito di una richiesta di tutela formulata tra le parti del contratto (cfr., Cass. civ. 15.6.1999, n. 5960).
Più di recente, la Suprema Corte ha ribadito che gli indici di subordinazione sono dati:
1. dalla retribuzione fissa mensile in relazione sinallagmatica con la prestazione lavorativa;
2. l'orario di lavoro fisso e continuativo;
3. la continuità della prestazione in funzione di collegamento tecnico organizzativo e produttivo con le esigenze aziendali;
4. il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo, disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia;
5. l'inserimento nella organizzazione aziendale (cfr., Cass. civ., 8 aprile 2015, n. 7024). Naturalmente, sul lavoratore che intenda rivendicare in giudizio l'esistenza di un rapporto di
lavoro subordinato grava l'onere di fornire gli elementi di fatto corrispondenti alla fattispecie astratta invocata.

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(Altalex, 2 novembre 2018)

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