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C a p i t o l o 2 – A n t e n n e e l e me n t a r i ( I V )
Dipolo ripiegato
Riprendiamo velocemente alcuni concetti relativi al dipolo in λ/2 e, in particolare,
alla sua impedenza di ingresso, che in generale è data da
jZ C
X=−
tan (β L )
dove β=2π/λ e dove L è la lunghezza del singolo braccio dell’antenna. Nel caso del
dipolo in λ /2, risulta L=λ 0 /4 (dove λ 0 è la lunghezza d’onda corrispondente alla
frequenza centrale di lavoro), per cui il denominatore di quella frazione tende ad ∞ e
quindi X tende a zero. Quindi, il dipolo in λ/2 presenta, in corrispondenza di λ 0 , una
impedenza di ingresso essenzialmente a parte reale, il che ovviamente è un grosso
vantaggio in termini di prestazioni dell’antenna. Purtroppo, però, per lunghezze
d’onda maggiori e minori di quella centrale, X non è più nulla e quindi si innesca un
fenomeno di riflessione dell’energia, che equivale ad una distorsione del segnale
trasmesso. La banda dell’antenna viene perciò definita come quell’insieme di
frequenze (e quindi di lunghezze d’onda), centrate su un valore f 0 (corrispondente a
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
λ 0 ), tali da dare una distorsione tollerabile sul segnale. Questa banda, per un dipolo
in λ/2, è generalmente abbastanza ristretta.
In definitiva, quindi, abbiamo sostanzialmente individuato due inconvenienti del
dipolo in λ/2: una resistenza di radiazione non molto elevata e una banda di utilizzo
non molto estesa. In aggiunta, sappiamo anche che la direttività (cioè il massimo
guadagno direttivo) di quest’antenna ha valore 1.64, anche questo non molto elevato.
Migliori prestazioni si possono ottenere con una particolare struttura denominata
dipolo ripiegato, raffigurata nella figura seguente:
Dato che i due conduttori sono distanziati di una frazione molto piccola di λ 0 ,
esiste anche una piccolissima variazione di fase nei due campi da essi irradiati. Di
conseguenza, il campo totale irradiato è praticamente il doppio di quello irradiato dal
singolo conduttore con distribuzione di corrente I 0 cos(k 0 z). Se il campo è pari al
doppio, la potenza irradiata sarà quindi 4 volte quella del singolo conduttore. Allora,
dato che la corrente fornita in ingresso dalla linea di trasmissione è pari a I 0 , la
resistenza di radiazione, vista dai terminali di ingresso, è 4 volte quella dell’antenna
a dipolo convenzionale. Ricordando che la resistenza di irradiazione del dipolo
convenzionale era esattamente 73.13 Ω, deduciamo che ora essa è diventata
d
I0=I1+I2
+ V -
L L
+ V/2 - - V/2 +
I1 I2
d d
I1 I2
+ V/2 - + V/2 -
Nella struttura a sinistra, è presente una eccitazione uguale nei due conduttori
(even excitation), in modo che le correnti assumano lo stesso verso e quindi che i
due conduttori si comportino come due antenne a dipolo tradizionali.
Nella struttura a destra, invece, l’eccitazione è uguale ed opposta (odd
excitation), in modo tale che le correnti scorrano in verso opposto nei due
conduttori; è quindi come aver connesso in serie due linee di trasmissione
cortocircuitate. Dato che le correnti nella linea di trasmissione sono opposte e molto
vicine fisicamente, i rispettivi campi irradiati praticamente si compensano a vicenda
(la fase dei due campi è infatti diversa ma di poco, mentre i versi sono opposti).
Sovrapponendo gli effetti delle due strutture, la tensione di alimentazione
risultante è V per il conduttore inferiore e zero per quello superiore. Per quanto
riguarda, invece, le correnti, basta sommare quelle nei due casi.
Consideriamo dapprima la struttura simmetrica (quella a sinistra), che è
perfettamente equivalente alla seguente:
I1
I1 + V/2 -
dove Z ing,simm è l’impedenza di ingresso di una antenna a dipolo realizzata tramite due
conduttori paralleli connessi tramite le rispettive estremità e connessi anche al
centro. Poniamo perciò Z ing,simm =Z dip .
Se invece consideriamo la struttura asimmetrica, essa risulta equivalente a quella
riportata nella figura seguente:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
- V/4 + - V/4 +
I2
I2
+ V/4 - + V/4 -
- V/4 +
I2
I2
+ V/4 -
V/2 1 V
Z ing ,asimm = =
I2 2 I2
ZC
Z ing ,asimm = −
L
j ⋅ cot an β
2
ZC 1V
− =
L 2 I2
j cot an β
2
V 1 1 1
Z ing = = = =
I1 + I 2 I1 I 2 1 1 L 1 1 L
+ + − j cot an β − j cot an β
V V 4Z dip 2 ZC 2 4Z dip 2 Z C 2
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Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
Su questa espressione, tenendo conto che sia Z dip sia β dipendono dalla lunghezza
d’onda di lavoro, possiamo fare varie considerazioni:
• in primo luogo, notiamo che l’ammettenza di ingresso del dipolo è stata ridotta
di un fattore 4, come già detto in precedenza;
L π
• quando β < (cioè L<λ/2), risulta Y dip =G dip +B dip con B dip >0 (cioè
2 2
L
capacitiva) ed anche cot an β risulta positiva, per cui abbiamo una
2
ammettenza di compensazione induttiva;
L π
• quando invece β > (cioè L>λ/2), risulta B dip <0 (cioè induttiva) ed anche
2 2
L
cot an β < 0 , per cui anche l’ammettenza di compensazione è in questo
2
caso capacitiva.
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
Antenne a dipolo
di polo corto
Alle frequenze basse, dove la lunghezza d’onda è elevata, le inevitabili limitazioni
di spazio spesso non permettono di usare una antenna a dipolo lunga esattamente
λ/2. E’ necessario usare L<λ/2, ma questo ha sostanzialmente due svantaggi: da un
lato riduce considerevolmente la resistenza di radiazione e, dall’altro, aumenta molto
la reattanza capacitiva dell’antenna. Quest’ultimo problema impone di prendere
provvedimenti atti a compensare l’aumento della reattanza e spesso si usano uno o
più induttori connessi in serie con l’antenna. Naturalmente, anche questo non è un
rimedio privo di problemi, in quanto gli induttori, non essendo perfetti, comportano
perdite addizionali di potenza e quindi una riduzione dell’efficienza e del guadagno
dell’antenna.
Una semplice configurazione che spesso viene utilizzata è quella riportata nella
figura seguente, in cui i due induttori sono posti all’inizio di ciascun “braccio”
dell’antenna:
L/2 L/2
Ci sono tuttavia altre possibilità, come ad esempio quella di porre i due induttori
al centro di ciascun braccio dell’antenna, come nella figura seguente:
L/2 L/2
z L0/2 L0/2
z=L/4 z=-L/4
Il motivo per cui abbiamo posto le due induttanze pari a L 0 /2 sarà chiaro più
avanti, ma si tratta di una semplice comodità matematica quando useremo ancora
una volta il modello delle linee di trasmissione per studiare questo tipo di struttura.
In questo caso, si riesce a ottenere una distribuzione di corrente nell’antenna più
uniforme e questo comporta un aumento della resistenza di radiazione. Per
comprendere l’entità di questo aumento, osserviamo quanto segue: abbiamo già visto
in precedenza che, se la lunghezza del singolo braccio dell’antenna è abbastanza
minore di λ/4, la distribuzione di corrente è approssimativamente triangolare,
6
Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
2π
proporzionale cioè ad un termine del tipo (| L | − | z |) , e la potenza irradiata è
λ
proporzionale all’area sottesa dall’andamento della corrente stessa:
2π
I( z ) ≅ I 0 (| L | − | z |)
λ
Allora, in presenza dei due induttori al centro dei due bracci dell’antenna, se si
riuscisse ad ottenere una distribuzione uniforme di corrente potrebbe anche essere
ottenuto un aumento della resistenza di radiazione di un fattore 4 rispetto a quella
relativa alla distribuzione triangolare di corrente.
Al fine di studiare come gli induttori possano influire sulla distribuzione di
corrente I(z) nell’antenna descritta nella penultima figura, possiamo come al solito
modellare l’antenna come una linea di trasmissione avente come carico un circuito
aperto (quindi z L =∞):
L/2
I due induttori devono essere scelti in modo tale che l’antenna risulti risonante
alla frequenza centrale di lavoro (tuning dell’antenna). Questo equivale a fare in
modo che la linea di trasmissione sia lunga esattamente λ 0 /4 (dove λ 0 è la lunghezza
d’onda centrale di lavoro), il che significa che l’impedenza di ingresso della linea di
trasmissione deve azzerarsi in corrispondenza di λ 0 . In generale, l’espressione di
questa impedenza può essere ricavata nel modo seguente:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
• infine, dobbiamo portarci all’ingresso vero e proprio della linea, ossia dobbiamo
vedere come si trasforma Z SX muovendoci di un ulteriore tratto L/2 verso il
generatore: in questo caso, nell’ipotesi di riportare nuovamente l’origine z=0 del
sistema di riferimento in corrispondenza dell’ingresso della linea, si trova
l’espressione
L L
− jZ C cot an β 0 + jωL 0 + jZ C tan β 0
Z in = 4 4
L L
Z C + jωL 0 − jZ C cot an β 0 ⋅ j tan β 0
4 4
L L
jωL 0 = jZ C cot an β 0 − jZ C tan β 0
4 4
V (z) = V1 sin (β 0 z )
I(z) = I1 cos(β 0 z )
dV(z )
= − jωL L I(z )
dz
ωL L
β 0 V1 cos(β 0 z ) = − jωL L I1 cos(β 0 z )
V1
→ = −j
I1 β0
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Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
V1
= − jZ C
I1
Se ora passiamo nella sezione destra della linea (quindi per z≥L/4), la corrente
deve necessariamente essere nulla all’estremo (in z=L/4) mentre invece la tensione
avrà un massimo: avremo di conseguenza che
L
V(z) = V2 cos β 0 − z
2
I(z) = I sin β L − z
2 0 2
V2
dove naturalmente vale sempre la relazione = − jZ C .
I2
A questo punto, dato che la corrente deve essere necessariamente continua
attraverso gli induttori, possiamo imporre l’uguaglianza dei due andamenti (per
z<L/4 e z>L/4) in corrispondenza appunto di z=L/4:
L L
→ I1 cos(β 0 z ) = I 2 sin β 0 − z
L I
z= → 1 = tan β 0
4 2 I2 4
L
SX → V(z) = V1 sin β 0
2
L
DX → V(z) = V2 cos β 0
4
scriviamo che
L L L
V1 sin β 0 − V2 cos β 0 = jωL 0 ⋅ I1 cos β 0
2 4 2
Se ora esprimiamo le due tensioni in funzione delle rispettive correnti, questa diventa
L L L
− jZ C I1 sin β 0 + jZ C I 2 cos β 0 = jωL 0 ⋅ I1 cos β 0
2 4 2
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
I1 L
= tan β 0 e questo è esattamente quanto trovato prima per la continuità delle
I2 4
correnti, a testimonianza della correttezza dei discorsi fatti.
Consideriamo ora le distribuzioni di corrente appena descritte; se supponiamo che
l’antenna sia caratterizzata da L≤λ 0/4, possiamo fare le seguenti approssimazioni:
I 1 cos (β 0 z )
V(z)
V(z) L
I2 ⋅β 0 − z
2
z=L/4 L/2 z
z=0
Allora, in questa approssimazione, l’area al di sotto della curva della corrente vale
L L L
Area = 2 I1 ⋅ + I1 ⋅ = 3I1 ⋅
4 8 4
L
Questa espressione, confrontata con il valore I1 ⋅ che si ottiene per la
2
distribuzione triangolare di corrente, mostra un incremento dell’area di un fattore 1.5 e
quindi un incremento della resistenza di radiazione di un fattore (1.5)2, ossia 2.25.
Questo incremento mostra l’utilità di porre gli induttori al centro dell’antenna anziché
agli estremi di ingresso.
Un altro metodo usato per ottenere una distribuzione di corrente quanto più
uniforme possibile su una antenna a dipolo corto è quello di inserire dei carichi
capacitivi alle due estremità dell’antenna stessa. Ad esempio, si ottiene questo risultato
collegando le suddette estremità con 4 o più conduttori radiali, disposti su un piano
ortogonale all’asse dell’antenna e ciascuno di lunghezza L1 opportuna:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
L1
Così facendo, la corrente non si annulla agli estremi dell’antenna, dato che può
fluire nei conduttori radiali. Ovviamente, essa si annulla alle estremità dei
conduttori radiali. L’effetto conseguente è sostanzialmente un allungamento
dell’antenna di una quantità 2L 1 e questo rende la distribuzione della corrente
sull’antenna più uniforme, conseguendo perciò i vantaggi di cui si è parlato in
precedenza.
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
Effetti di bilanciamento
bilanciamen to e adattatori di impedenza
Fino ad ora, abbiamo considerato solo antenne ideali, non solo dal punto di vista
dell’assenza di perdite (il che determina l’uguaglianza tra guadagno di potenza e
guadagno direttivo), ma anche dal punto di vista del cosiddetto bilanciamento. E’
possibile dare varie definizioni del concetto di struttura bilanciata. Ad esempio,
consideriamo l’antenna a dipolo elettricamente lungo rappresentata nella figura
seguente:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
Come riportato nella figura, le correnti nel conduttore di andata e nel conduttore
di ritorno della linea risentono dell’accoppiamento capacitivo ad esempio con un
piano metallico posto nei pressi della linea e questo provoca quindi un drenaggio di
corrente verso tale piano (si tratta ovviamente di correnti di spostamento, data la
natura capacitiva dell’accoppiamento). Tuttavia, la corrente drenata risulta essere
praticamente la stessa nei due accoppiamenti, il che mantiene la struttura
bilanciata, nel senso che la corrente nei due conduttori rimane comunque uguale e
quindi lo stesso avviene per i due “bracci” dell’antenna.
Adesso invece consideriamo una linea di trasmissione realizzata tramite un cavo
coassiale:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
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Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
B
Baallu
unn aa bbaazzooook
kaa
La quantità di corrente che fluisce sulla superficie esterna del conduttore esterno
del cavo coassiale dipende sia dall’impedenza Z G tra la stessa superficie esterna e il
piano di massa sia dall’eccitazione (non volontaria) della parte esterna dello
schermo.
Una tipologia comune è quella del cosiddetto adattatore di impedenza a bazooka,
rappresentato nella figura seguente e usato tipicamente alle alte frequenze:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
B
Baallu
unnp
peerr aan nn
ntteen nee T
TVV
Un tipo molto comune di balun, usato spesso nei sistemi di antenne TV (nei
quali ricordiamo che l’impedenza del cavo coassiale e l’impedenza di ingresso del
ricevitore TV valgono entrambe 75 Ω) è mostrato nella figura seguente:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
ZL=2ZC
•
ƒ
‚ „
A ZL=2ZC
I1
I1
• B
+V
I 1+I 2
-V ƒ
I 1 +I2
-V
‚ +V „
Si nota infatti che i terminali sono alternativamente posti a +V e –V. Data questa
simmetria dell’alimentazione, il punto intermedio del carico, indicato con A, e il
corrispondente punto B sono a potenziale zero e quindi possono essere
cortocircuitati. Facendo questo, otteniamo due linee (morsetti 1-2 e morsetti 3-4) con
una impedenza di carico di Z L /2 per ciascuna, che risulta perciò uguale
all’impedenza caratteristica Z C delle linee stesse:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
I1 ƒ
•
+V +V
ZL/2 ZL/2
-V -V
‚ „
ZL V Z Z
I1 ⋅ = 2V
→ Zing = = L = C
2 I1 4 2
C
ZL=2ZC C
I2
I2
•
+V
I2
+V ƒ
I2
+V
‚ +V „
•
+2V 0 ƒ
0 „
‚ +2V
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Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
Adattamento di impedenza
Quando è necessario compiere misure per la caratterizzazione delle emissioni
radiate di un dispositivo, al fine di verificare se esso soddisfi o meno i limiti
normativi, dobbiamo poter compiere tali misure al variare della frequenza, in modo
da poter interpretare rapidamente i dati ottenuti. Ad esempio, le norme FCC vigenti
negli Stati Uniti suggeriscono di usare un dipolo in mezza lunghezza d’onda e
impongono di compiere misure per frequenze comprese tra 30 MHz e 40 GHz: al
variare della frequenza, la lunghezza elettrica dell’antenna a dipolo necessariamente
cambia (mentre invece rimane invariata la lunghezza fisica L); di conseguenza, per
ottenere sempre L=λ/2 ad ogni frequenza, siamo costretti a modificare di volta in
volta la lunghezza fisica. Questo non è certo un procedimento di utilità pratica. Un
modo sicuramente più vantaggioso di procedere consiste nell’usare le cosiddette
antenne per misure a larga banda: tipicamente, vengono usate antenne biconiche e
antenne log-periodiche.
Queste antenne a larga banda vengono preventivamente tarate e i dati rilevati
durante la taratura vengono riportati generalmente su un grafico in cui si traccia
l’andamento del fattore d’antenna con la frequenza. Come già detto in precedenza, i
dati relativi al fattore d’antenna sono da intendersi rilevati sotto due ipotesi: la
prima è che l’antenna sia bilanciata e la seconda è che l’impedenza di carico che si
vede ai morsetti dell’antenna sia di 50 Ω. Tuttavia, quando noi usiamo l’antenna per
compiere le misure, generalmente non possiamo connetterla direttamente allo
strumento ricevitore (ad esempio l’analizzatore di spettro, con impedenza di ingresso
da 50 Ω), ma dobbiamo farlo tramite un cavo, di solito coassiale:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
Ad
A daattttaattoorree rreessiissttiivvoo
Un adattatore resistivo è semplicemente una rete resistiva la cui impedenza di
ingresso rimane pressoché costante, su un valore predefinito, al variare
dell’impedenza di carico e delle frequenza.
Un tipico esempio di adattatore resistivo è riportato nella figura seguente:
Questo circuito è detto adattatore a pi greco per la sua struttura simile alla lettera
greca π.
In effetti, ci sono altri tipi di adattatori, come ad esempio quelli con configurazione
a T. In ogni caso, essendo costituiti solo da resistori, questi circuiti permettono
l’adattamento su un ampio intervallo di frequenza (per cui sono dispositivi a larga
banda), ma, d’altro canto, introducono una inevitabile attenuazione sul segnale,
detta attenuazione di inserzione (indicata con IL, che sta per insertion loss, e
specificata spesso in dB) Quest’ultima è definita come il rapporto tra la potenza
fornita al carico una volta inserito l’adattatore e quella fornita al carico in assenza
dell’adattatore:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
(PL )senza
IL dB = 10 log 10
adattatore
(PL )con
adattatore
(VL )con
adattatore
R in = R 1 //[R 2 + (R 3 // R L )]
Se facciamo in modo che la resistenza R 3 sia molto più piccola di tutti i valori
possibili dell’impedenza di carico R L , possiamo sicuramente approssimare
(R 3 // R L ) ≅ R 3 . Inoltre, se scegliamo R 2 in modo che sia molto più grande di R 3 ,
possiamo anche porre R 2 +R 3 ≅R 2 . Sotto queste due condizioni, risulta
R in = R 1 //[R 2 + (R 3 // R L )] ≅ R 1 //[R 2 + R 3 ] ≅ R 1 // R 2
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
Tanto per avere una idea della bontà di un simile dispositivo, consideriamo il
valore della resistenza di ingresso R in in due condizioni estreme: la prima è quella in
cui l’uscita è un circuito aperto (R L =∞), nel qual caso di ottiene R in =85.55Ω; la
seconda è quella in cui l’uscita è un cortocircuito (R L =0), nel qual caso di ottiene
R in =29.92Ω.
Se questo adattatore viene inserito tra un cavo coassiale con Z C =50Ω ed un carico
generico, allora il ROS sul cavo risulta essere minore di 1.67 per tutti i carichi
compresi tra il circuito aperto ed il cortocircuito, dove ricordiamo che
1 + ρL
ROS =
1 − ρL
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Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
M
Meetto
oddo
oddeeii m
moom
meen
nttii
µ0 e − jk 0 R jωµ 0 ε 0 Vg
∫
4π l
I ( s ' )
R
ds' = C1 cos(k 0 z ) −
2k 0
sin( k 0 | z |)
quanto maggiore è il numero N di funzioni base utilizzate. Allo stesso tempo, però, il
numero N determina anche la complessità degli algoritmi per il calcolo dei
coefficienti I n , per cui si tratta in ogni caso di raggiungere un soddisfacente
compromesso tra approssimazione ottenibile e costo computazionale necessario per
ottenerla.
Il secondo passo del metodo consiste nel sostituire l’espansione di I(u’)
nell’equazione di partenza:
1 N
N 1
∑ ∫ G ( u , u ' )I
n =1 0
n Φ n ( u ' ) du ' = f ( u )
∑I G
n =1
n n (u ) = f (u )
equazione può essere uguale ad f(u) solo in modo approssimato. L’obbiettivo è adesso
quello di determinare i coefficienti In in modo che la nuova equazione risulti soddisfatta
nel miglior modo possibile.
Avendo N incognite, abbiamo bisogno di un sistema (lineare) di N equazioni in tutte e
sole queste incognite. Un possibile modo per ottenere questo sistema è quello di
considerare N differenti valori di u e di imporre l’uguaglianza dei due membri in
corrispondenza di tali valori: ad esempio, spesso si usano valori di u equispaziati di una
1 m
quantità h = , il che significa considerare i punti u = m ⋅ h = . Calcolando i due
N −1 N −1
membri dell’equazione in tali punti, si ottiene
N
m m
∑I G
n =1
n n = f
N −1 N −1
m = 0,1,2,......, N - 1
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Autore: Sandro Petrizzelli
Antenne e metodi elementari (parte IV)
[I n ] = [G mn ]−1 ⋅ [f m ]
Esistono appositi programmi per PC in grado di risolvere sistemi lineari come
questo, per cui la soluzione desiderata può essere ricavata tutto sommato facilmente.
Procedura generale
Esiste d’altra parte un metodo più generale di applicazione del metodo dei
momenti. Esso prevede in primo luogo di scegliere un insieme di N funzioni peso,
indicate ad esempio con ψ m (u) con m=1,2,…...,N. Ciascuna di queste funzioni va
moltiplicata per l’equazione da risolvere, dopodiché si effettua l’integrazione tra 0 ed
1.
Per spiegarci meglio, considerando l’equazione
∑I G
n =1
n n (u ) = f (u )
dobbiamo per prima cosa moltiplicarla per ciascuna delle funzioni peso:
considerando la generica di queste, avremo perciò
∑I G
n =1
n n ( u )ψ m ( u ) = f ( u )ψ m ( u ) m=1,2,………,N
1 N 1
∫ ∑I G
0 n =1
n n (u )ψ m (u )du = ∫ f (u )ψ m (u )du
0
m=1,2,………,N
N 1 1 1
Questa metodologia è detta metodo dei residui pesati: questo nome deriva dal
fatto che l’errore residuo
N
∑ I n G n ( u ) − f ( u )
n =1
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Antenne” – Capitolo 2
Nel caso particolare in cui le funzioni ψ m (u) coincidono con le funzioni Φ m (u) usate
per lo sviluppo in serie di I(u), allora di parla di metodo di Galerkin.
IIn
ntteerrp
prreettaazziioon
nee ggeeoom
meettrriiccaa
La procedura appena descritta può essere meglio compresa sulla base della
seguente interpretazione geometrica.
Innanzitutto, pensiamo alla funzione f(u) come un vettore in uno spazio vettoriale
ad infinite dimensioni e alle funzioni ψ m (u) come vettori unitari nello stesso spazio
vettoriale. In tal modo, le componenti del vettore f(u) non sono altro che le proiezioni
del vettore lungo le direzioni individuate dai vettori ψ m (u): la generica componente di
f(u) risulta essere infatti
1
f m = ∫ f (u )ψ m (u )du m=1,2,………,N
0
∫ψ (u )du = 1 m=1,2,………,N
2
m
0
∫ψ
0
n (u )ψ m (u )du = 0 m≠n
Concludiamo ricordando che la maggior parte degli integrali che compaiono nelle
equazioni cui è applicabile il metodo dei momenti non possono essere risolti
analiticamente e bisogna perciò ricorrere a metodi numerici, uno dei quali è
l’algoritmo di integrazione numerica noto come regola di Simpson.
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Autore: Sandro Petrizzelli