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Piazzolla
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Questa biografia, curata dai due maggiori
esperti argentini della musica di Astor Piazzolla,
è il più completo studioesistente sul padre
del tango moderno,figura affascinante di uomo
e musicista, virtuoso del bandoneon
Sotterranei
e contaminatoreper eccellenza dei generi
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popolari con quelli «colti».
Conunascrittura rigorosa e una grande
ricchezza di informazioni, gli autori
ricostruisconola vita e l’opera di Piazzolla
collocandole nel più ampio contesto musicale
e storico-culturale. L’infanzia a New York
e l’amore precoceperil jazz; il ritorno
da adolescente a Buenos Aires e l’incontro
con il tango, destinato a trasformarsi per sempre
proprio grazie alle idee innovative di Piazzolla
(l’uso di armonie mutuate daljazz, le tecniche
improvvisative, l'introduzione di strumenti
elettrici); le collaborazioni prestigiose con jazzisti
come Gerry Mulligan e Gary Burton
o conscrittori del calibro di Ernesto Sabato
e Jorge Luis Borges. Sullo sfondo,i rivolgimenti
politici del Novecento latinoamericano,
le rivoluzionie le dittature, da lui sempre vissute
coninsofferenza («non sono né yankee né
marxista», disse di sé una volta, «sono un
bandoneonista») e conil desiderio di potersi
dedicare all’unica grande passione della vita:
la musica, quel nuevo tango che a partire
dagli anni Sessanta e Settanta conoscerà
una straordinaria popolarità, valicandoi confini
argentini e affermandosi come unodeicolori
più vividi e riconoscibili della tavolozza musicale
contemporanea.

Progetto grafico di Riccardo Falcinelli


Foto © Paul Bergen / Redferns / Getty Images
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ABEL GILBERT

PIAZZOLLA .
LA BIOGRAFIA

traduzione di
NATALIA CANCELLIERI

Diego Fischermane Abel Gilbert


Piazzolla.
La biografia

titolo originale: Piazzolla el mal entendido


Un estudio cultural
traduzione di Natalia Cancellieri

© Diego Fischermane Abel Gilbert, 2009


© Edhasa, 2009
© minimum fax, 2012
Tuttii diritti riservati

Edizioni minimum fax


piazzale di Ponte Milvio, 28 - 00135 Roma
tel. 06.333 6545/06.3336553-— fax 06.3336385
info@minimumfax.com
www.minimumfax.com

I edizione: ottobre 2012


ISBN 978-88-7521-443-2

Composizione tipografica:
Sabon (Jan Tschichold, 1967)
INTRODUZIONE

Il nome Astor nonesisteva. Mar del Plata non era cheun portodi pescatori,
alcuniisolati di case signorili a una certa distanza e uno stabilimento bal-
nearedi legno,forse neanche quello. Nel 1921, Vicente Piazzolla, poi meglio
conosciuto come Nonino,battezzò suofiglio con un nomeinventato. Voleva
rendere omaggio a un amicoitaliano chesi faceva chiamarecosì. Non sape-
va che quel nomeera l’abbreviazione con la quale, per puro sfizio, l’amico
avevasostituito l’originario Astorre. Si trattò forse di un primo malinteso,
non premonitore, ma, comealtri, propizio. In fin dei conti Astor suonava
meglio di Astorre. E per quanto non potesse saperlo nessunoin quelrionedi
immigrati a pochipassi dal mare,alfiglio che avrebbe cambiato per sempre
il suonodi un’altra città, Buenos Aires, si addiceva inaugurare quel nome.
Le influenze musicali di colui che venne battezzato Astor Pantale6n Piaz-
zolla erano per la maggior parte quelle che si diffusero negli ambienti cultu-
rali «colti» della capitale argentina tra il 1940 e il 1980:il tango tradiziona-
le, il modernismogià un po’ antiquato degli inizi del Novecento,le estetiche
nazionaliste, la riscoperta di Johann Sebastian Bach e del Barocco,l’egemo-
nia della fuga come formadelle forme, il jazz commerciale, i musical ameri-
cani, il cool jazz e in seguitoil jazz rock e la musicaprog,il culto per gli Swin-
gle Singers e il Modern Jazz Quartet, le musiche hollywoodiane e perfino la
canzoneitaliana alla Sanremo.
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Piazzolla non era esperto in nessunodi questi generi. Nemmenodi musi- nomehabanera e a un certo piede ritmico sul quale avevanoinnestato le for-
ca classica,* sebbene abbia sempre ambitoall’aura di prestigio che questa me europeein voganel repertorio domestico per pianoforte: il rondò — un
conferiva,e attornoalla qualeluie i suoi sostenitori costruironosvariati mi- episodiofisso a cui vengonointercalati episodidi tonalità diverse — o la vec-
ti che circolano ancora oggi. Eppure, probabilmente fu proprio l’incomple- chia struttura in due parti, ciascuna ripetuta due volte, presente nelle danze
tezza di quelle conoscenze a impedirgli di esserne una merareplica. I mate- popolarie ricorrente nelle stilizzazioni ideate a partire dal Rinascimento e
riali di ciò che Piazzolla chiamò rivoluzione del tango erano quelli del suo dal Barocco. Di afro-caraibico rimase ben poconell’armonia nelle infles-
tempo. Lo sguardosu quei materiali era così soggettivo e inconfondibile che sioni melodiche,e le partiture:dì queste babaneras, suofiate dalle ragazzine
finì per liquidarela possibilità di continuaresulla stessa via. Le stradeintra- dei salotti spagnoli, approdaronoin sale diverse, di ben altro tenore, in un
prese da Piazzolla erano talmente personali che divenne moltodifficile se- porto australe all’altro capo dell'Atlantico. Un portodi cui un altro spagno-
guirle senza che la musica suonasse comeunacopiasbiadita delsuostile. lo aveva celebrato l’aria buona (alla quale allude il nome Buenos Aires) e do-
Il malinteso è unodei motori più potenti della cultura. Un marinaio ascol- ve i peggiori musicisti possibili — quelli pagati dai postriboli e dalle sale da
tava una canzonein un porto qualsiasi — un’isola greca, Cartagine, la Ma- ballo sulle «rive» della città — di quelle partiture leggevano ciò che potevano
gna Grecia — credevadiricordarla, la reinventavae la insegnavaaiproprifi- e comepotevano. E dove oltretutto, con pratiche apprese neiteatri di zar-
gli che la trasmettevano di generazione in generazione: ciascuno inseriva 0 zuela, improvvisavano prendendosi grandilibertà rispetto a quantovi era
toglieva qualcosa, dimenticava o aggiungeva,e altri marinai, in altri posti, scritto. Peraltro, anche lo strumento che avrebbefinito per caratterizzare
ascoltavano quelle canzoni, le ricordavano a distanza di tempoe le trasfor- quella musica — uno strumento assurdo, dalla diteggiatura che sfugge a qual-
mavano. Il tango stesso non hapoiunastoria molto diversa. Frale tante teo- siasi logica — arrivò in quel porto per caso e, sempre per caso, venne studia-
rie possibili, quella più verosimile parla proprio di una catenadi tradimenti to, suonato e assimilato dalla pratica musicale quotidiana. E proprio nel
che nasce da brani da sala suonati male o, almeno, suonati in mododiverso tango,in quel linguaggio dal nome che sembra provenire dall’Africa e che in
da quanto prevedevala partitura. Brani da sala che discendevanoa loro vol- precedenza aveva designatoi balli dei neri — basati su una musica che però
ta da un malinteso originario. non avevaniente a che vedere con quella che a sua volta si sarebbe poi chia-
Si chiamavano habaneras e, presumibilmente, erano in qualche modole- mata tango — quello strumento inventato da Heinrich Bandintorno al 1846
gate al folklore** afro-caraibico. Tuttavia, quella radice remota era già sta- trovò, per la primae unica volta (almenofinora), una scuola e unostile. Se
ta alterata da autori spagnoli interessati soltanto al presunto esotismo del ci sono strumenti fortemente identificati con determinate musiche — la chi-
tarrae il flamenco, la cornamusae il folklore scozzese o gallego,gli ottonie
* Malgradoil suo scarsorigore, la denominazione «musicaclassica» è chiara, sia peril mercato il jazz, la chitarra elettrica e il rock — nel caso del bandoneon quell’identifi-
che peri lettori. Sebbene,all’interno di quanto denota abitualmente,i critici operinodistinzioni cazionesfocia nella simbiosi. Glistili del bandoneonsonoglistili del tango.
significative— nonsonola stessa cosa un'opera buffa di Cimarosao il Concerto op. 24 di Anton È quasi impossibile non sentire una movenza da tango in qualsiasi musica
Webern, né per il linguaggio che impiegano né per il loro valore simbolico — e sebbene, comepos-
sibile definizione piùesatta, preferiscano parlare di «musicaartistica scritta e di derivazione eu- suonata con un bandoneon. Ed è quasi impossibile immaginare un tango
ropea», si è deciso di mantenerela vecchia qualifica «classica», a menoche non si renda neces- senza bandoneon,senza evocarlo o averne nostalgia.*
saria una delimitazione più precisa del campoin questione. Né «erudita» né «accademica»pre- Tuttavia,al di là degli aneddotilegati all’origine del genere, collocabile al-
suppongono una vera revisione di tale nozione — solo unasostituzione di termini — e non basta-
no chiaramente ad attestare le analogie o le differenze che possonointercorrere fra l'erudita
la fine dell'Ottocento e sulle spondedel Rio de la Plata (entrambe, presumi-
Bjérk e l’accademico Stockhausen, peraftro suo amico.
#* La parola folklore è entrata nell’uso spagnolo[e italiano, n.d.t.] cone folclore. Tuttavia,la * Il bandoneonè stato adottato anche dai gruppi popolari del nordovest dell’Argentina, in par-
convenzioneinternazionale, influenzata in gran parte dalle norme bibliografiche a nglosassoni ticolare a Santiago del Esteroe a Salta,e figura nei repertori della tradizione rurale. Tuttavia,lì
e dall’industria discografica,utilizza la grafia originale. In Argentina, peraltro, anche la musica nonsi sono sviluppatistili di esecuzionee scuole caratteristiche comequelli del tango,a dispet-
della tradizione rurale, che nelle zone urbane vide un’esplosione di vendite negli stessi anni in to della presenza di musicisti del calibro di Dino Saluzzi. Il caso di questo bandoneonistadi Sal-
cui avevainizio la carriera di Piazzolla, era chiamata folklore, con la k. Senza contare chela tra- ta, che ha esordito suonandofolklore rurale — e che negli anni Settanta ha contribuito a due di-
slitterazione genererebbe una cont'addizion e conil termine folk — che nessuno scriverebbe con schi del gruppo Los Chalchaleros — è comunqueatipico, poiché, prima di diventare unafigura
la c. Si è scelta pertanto la dicitura©tiginale, che per di più rinvia in modoinequivocabile all’e- di rilievo internazionale nei generi collaterali al jazz, ha fatto carriera a Buenos Aires come mu-
timologia della parola, «dottrina del popolo». sicista di tango, in orchestre comequella di Alfredo Gobbi.
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[6] [7]
/

bilmente), in quella genesi si può rintracciare unadelle caratteristiche essen- portanza di ciò che la pratica ha fatto dei dettami del pentagramma. Il suo
ziali del tangoe, in particolare, uno degli elementi primordiali dellostile di stile interpretativo non è un’appendice alla musica. Nonè undettaglio or-
Piazzolla:il gioco di specchifra scrittura e interpretazione. Fin dagli esordi, namentale. È la musicastessa.
il tango è una musicascritta. E il tango è anche una musicaincuila'scrittu- Le partiture dell’opera di Piazzolla, perfino quelle dei brani più distanti
ra, per per scelta, viene trasgredita. L’opera di Piazzolla è scritta, sa- dalla tradizione del tango, rivelano il ricorso a uno scarso numerodi ele-
rebbei ibile senzala scrittura. Tuttavia, si costruisce per reazioneal- menti: un’armoniala cui genesi risale ai primi del Novecento,ritmi additivi
la partitura. L’esecuzione non corrisponde maiesattamentea ciò cheè scrit- utilizzati con unacerta regolarità — in particolare quelfo che deriva dall’ac-
to. Intere parti vengono aggiunteallo spartito con la pratica, con l’accumu- centuazione marcata del piederitmico tipico della milonga — alcunescaleri-
18esecuzioni. Ritmiscritti in un modo devono suonarein unaltro. I conducibili allo stile del primo Alberto Ginasterae a Igor Stravinskij, l’uso
MASRISEdi Piazzollalo sapevanoe si passavanoil testimonel’un l’altro. Ma dell’ostinato, un impiego fluido — benché sommario - del contrappunto sco-
soprattutto c'è il bandoneon.E il modoin cui lo suonaPiazzolla. Per lui non lastico,l’influenza di George Gershwine del progetto di Leonard Bernstein
ci sononote che comincinosui tempiforti. Qualsiasi suono, ancheil più bre- in West Side Story e la confluenza di «alto» e «basso»caratteristici di quel-
ve, è sempre sincopato. Non importacosaci sia scritto sul pentagramma. l’opera. Un’analisi circoscritta agli spartiti risulterebbe deludente.Visi tro-
Piazzolla trasforma in un elementoessenziale, materiale, indivisibile dalla verebbe un coacervodi materiali piuttosto prevedibili e notevolmentetradi-
musicastessa, un’interpretazione del tutto personale del rubato caratteristi zionalisti già a metà degli anni Cinquanta. Mentrel’opera di Piazzolla è ben
co del tango, di quell’indugiare sul tempo per poi recuperarlo con un’acce- lungi dall’essere suonata in quel modo.
lerazione impetuosa (il tempo rubato a cui rimanda appuntoil termine ru- In quelle che potrebberoessere chiamatele sue composizioni4 tesi — com-
bato) di cui si erano appropriati anche Anibal Troilo, Pedro Laurenz e An- posizioni legate sempre all’interpretazione di un gruppo particolare, dal-
gel Ciriaco Ortiz,fra i tanti. l’Orquesta del ’46 all’Octetofinoall’ultimo Quintetoo al Sexteto — c’è qual-
C’è un aneddoto raccontato da Piazzolla che, ancora unavolta, ricondu- cosa di poderoso, originale, inquietante che le partiture non fanno vedere.
ce il suo stile a una sorta di malinteso. Il bandoneonista conobbe Gardel a Sela cifra del tango è la distanza tra quantoè scritto e ciò che viene suona-
New York da bambino, dopo chei suoi genitori avevano lasciato Mar del to, l’opera di Piazzolla la rispecchia all’ennesima potenza. La sua è una mu-
Plata in cerca di fortuna. Lavorò infatti come comparsa nelfilm E/ dia que sica costituita dal resto del testo, da quello che sfugge all’analisi tradiziona-
me quieras, dove recitava il maestro. Secondola leggenda, quando Gardel le, da uno spazio determinato dall’interpretazionee che può essere esamina-
sentì il piccolo Astor suonare qualche tango,gli disse, con un tono verosi- to nella misura in cui si può sviscerareil resto del testo. Inoltre, è una musi-
milmente analogo a quello dei dialoghi che interpretavaal cinema, che suo- ca costruita molto spesso a partire da combinazioniunichee originalidi ele-
nava come uno spagnolo. Non è da escludere che Gardel avesse provato a mentiche non eranoné uniciné originali. Elementiche, in molticasi, erano
spiegare a Piazzolla qualcosa riguardoall’«essenza» del genere,ossiail ru- stati estrapolati da linguaggiin cui risultavano convenzionalie inseriti in al-
bato. Ed è probabile che Piazzolla abbia reagito a quella critica come solo tri, ai quali conferivano una sfumaturadi novità e sorpresa. Detto altrimen-
qualcunocresciuto a New York avrebbepotutofare, cioè conl’introduzio- ti, è possibile cheil riferimento bartokianoe lo spirito quasijazzistico — con
ne di sincopinella propria musica. In definitiva, Piazzolla mise in pratica la sua accentuazione semprenell’aria — di «Tango para una ciudad»' non
l'appunto di Gardel lasciandosiinfluenzaredall’idea dello swing che regna- fossero nuoviné peril jazz né per la musica classica, ma operavano con una
va neljazz. O meglio, da un’intera città nella quale, malgradolacrisi finan- straordinaria modernitànel contesto di quella musica originale, che prende-
ziaria e la miseria,si viveva con l’idea dello swing. va definitivamente forma nel suono particolare — nell’interpretazione— del
Il compositore e pianista Gerardo Gandini, membrodell’ultimo sestetto bandoneon di Piazzolla, del piano di Osvaldo Manzi, del contrabbassodi
del bandoneonista, dice: «La musicadi Piazzolla è Piazzolla che la suona».* Enrique Kicho Diaz,della chitarra elettrica di Oscar L6pez Ruize delvioli-
Ed è vero. Nella sua musica,nei suoistilemi, ciò che è scritto hala stessa im- no di Antonio Agri.
Piazzolla non era né un musicista jazz, né un musicista classico. Non era
nemmeno un musicista per il cinema, campo nel quale la sua relativa de-
* Tutte le citazioni sonotratte da interviste personali con gli autori, salvo neicasiin cuisia in-
dicata un’altra fonte. strezza derivava dalla pratica acquisita né più né meno che guardando film.
*
[8] [9]
E il suo rapportocon il tangoera segnato dalla distanza dalla terra d’origi- riali provenienti dalla tradizione del tango, apparvero nuovi e sorprendenti.
ne. Maè proprio questo che dàvita al suostile. La lontananza, le conoscen- Tuttavia, la rivoluzione di questo conservatore chesi fregiava diessere rivo-
ze imperfette,le lezioni indulgenti di Ginastera, che nongli chiedeva quello luzionario fu in qualche modo paradossale. Una musica che, disprezzata
che poi avrebbe Pretesoda Atri solo perché era un «musicistadi tango», an- dall’accademia e ripudiata dal mondo agonizzante del tango tradizionale,
che se cercava c OMunquedi «educarlo»; l’incomp leta preparazioneal con- finì per diventare l’unico suonopossibile di quella Buenos Aires contraddit-
trappuntoricevuta da una vecchia maestra che aveva finito pe consigliargli toria nella quale, in pieni an ni Sessant&, una rivista chiamata Primera Plana
di dedicarsi al tango;il jazz ascoltato di straforo, spiandodalla porta del siera assuntail compitodidisputare alla Chiesala fornfazione del gusto col-
Cotton Club 0, in seguito — nel 1959, uno dei grandi momenti del genere mu- to dei ceti medi e una dittatura militare aveva deciso di restaurare lo status
sicale, con dischi come Kind ofBlue di Miles Davis, Mingus Ah Um di Char- quo. Ossia di recuperare quell’essenza nazionale che la modernità metteva a
lie Mingus o Giant Steps di John Coltrane — ascoltando attentamente, inve- repentaglio,ritratta senza posa dal cinema attraverso famiglie in cui figura-
ce di unotraquesti, il conservatore Oscar Peterson,al quale dedicò anche un vanoinvariabilmente almeno un militare e un sacerdote e che, curiosamen-
pezzo. Piazzolla sembra essergi sempre trovato nel posto giusto al momento te, finì per avere come sottofondo musicale anche le sonorità di Piazzolla e
giusto, ma a qualche metrodi distanza, cosa che evidentemente gli ha per- dei suoi epigoni.
messo di mantenere una visione personale. La sua musica, in ogni caso, è il Buenos Aires emulavai grandi centri culturali — Parigi, New York — o me-
risultato di una combinazione improbabile di componentiinsolite. Ed è il glio, le notizie che da lì provenivano,a sprazzi, senza continuità, incomple-
prodotto di unacittà, BuenosAires, che lui, un argentino di Mardel Plata te e molto spesso idealizzate; lo faceva però su unascala differente. Quello
cresciuto a New York, dove aveva ricevuto la sua educazione sentimentale e che i movimenti sostenuti dall’industria culturale rappresentavanoin tali
da dovesi portò via qualcosadi più che semplici ricordi adolescenziali, sep- città (dove l’arte non commerciale e più distante dal marketing dello spetta-
pe interpretare come nessuno. Una città frammentata, dovela grettezza del- colo disponeva ancora di una sua rete di etichette discografiche, gallerie
la storia era compensatadalla solennità dei proclamie doveil provinciali- espositive, club o sale da concertoe riviste specializzate), a Buenos Aires era
smo, l’arretratezza tecnologica, le dimensioni ridotte del mercato l’isola- circoscritto a minuscoli gruppi, che frequentavanoglistessi bar senza nean-
mentorispetto ai centri d’irradiazione culturale del momento avevano come che rivolgersi la parola ed erano sostenuti in buonaparte dall’iniziativa di
contraltare un’industria editoriale che riuscì a modificarele abitudinidilet- fan che demordevanosoltanto quandoi diretti interessati dichiaravanoil
tura nonsolo locali, ma di tutta l'America Latinae della Spagna, con centri fallimento.
d’avanguardia comel’Instituto DiTella, e con alcuniartisti che ebbero un’e- Il tangostesso, che per qualche decennio aveva dato luogo a un’industria
normeinfluenzain tutto il mondo. più o menofiorente, era un campo molto più minato ed eterogeneo di quan-
Piazzolla, ben lontanodalla possibilità, e dal desiderio, di dar vita a un to potrebbero far pensarecerte visioni idealizzate. Fin dagli esordi, quando
movimentocollettivo — comeera statoil bop rispetto al jazz — assomiglia da le partiture arrivavano facilmente laddove il ballo era proibito, nell’oriz-
questo puntodivista, e molto più di quantosi potrebbe immaginare, a Jor- zonte presumibilmentecristallino della tradizione nazionale — o cittadina —
ge Luis Borges. Entrambi, infatti, hannoistituito nuovi sistemi di lettura, si che in seguito vennecostruito conil tango,si intravedono già alcunelinee di-
sonoinventati genealogie personali e hannocreatosulla basediselezioni ar- visorie. La prima falsità riguarda la clandestinità del tango e la sua circola-
bitrarie. Entrambi hanno generatostili unicie irripetibili (per quanto imita- zione nei postriboli agli inizi del Novecento. Le primeincisioni fonografiche,
bili) a partire da saperi parzialmente enciclopedici e da letture frammenta- realizzate nel 1907,* dimostrano che, già a quell’epoca, era una musica
rie. L'uno, Borges, si professava conservatore ed è stato invece rivoluziona- strettamentelegata a usileciti e perfino cerimoniali. Il fatto che nello stesso
rio. L’altro, Piazzolla, per quanto teorizzassela rivoluzione,vi è arrivato me- annoil negozio di abbigliamento Gath y Chaves, che era anche unacasadi-
diante un programmaanch'esso conservatore — e mediante l’opposizioneal- scografica, mandasse Alfredo Gobbie sua moglie a Parigi per coordinare la
le vie che aveva imboccato la musica classica a partire dal 1950. Il suo se- registrazione dei tanghieseguiti dalla Banda Repubblicanadella città o che,
greto, come quello di Borges,è stato l’espatrio. Nessuna delle sue influenze
musicali era più rivoluzionaria nel momentoin cui Piazzolla tornò da Parigi * Si noti che la primaincisionedi jazz, il Livery Stable Blues della Original Dixieland Jass Band,
nel 1955. Maalcuni elementi formali, combinatitra loro e applicati a mate- vide la luce proprio dieci anni dopo, nel 1917.
%

{ 10] {1r]
nel 1909, la Bandadella Polizia di Buenos Aires, diretta da A. Rivara, inci- via via slegato dall’intentooriginario di riprodurre la realtà più o meno quo-
desse «El purrete» di José Luis Roncallo indica un’accettazione sociale tidiana. Naturalmente non mancaronoi tanghisociali, come «Pan» di Cele-
senz'altro maggiore di quella che la leggenda attribuisce al genere in questa donio Flores o «Alpie de la Santa Cruz» e «Se viene la maroma», entrambi
fase iniziale. È possibile che nei primi decenni del Novecentoil tangosi bal- di Mario Batistella e Manuel Romero, eppurecerti temi che erano centrali
lasse nei bordelli, ma tutto sembra indicare che, già a quell’epoca,lo si bal- nella vita di Buenos Aires, comela guerra civile spagnola, la seconda guerra
lasse anchein altri posti. E se è vero chele ragazze bene non lo ballavano — mondiale, il peronismo,i flussi migratori interni, le vacanze sulla costa
quantomenoin pubblico, come dimostra l’aneddoto raccontato da Edgardo atlantica o i cambiamenti nei rapporti sociali a partire falla Ley de Propie-
Cozarinsky,' secondo il quale Ricardo Giiraldes lo insegnava in segreto a dad Horizontal,} non venneroripresi da quasi nessun tangodi quel periodo.
Victoria Ocampo — comunquelo suonavanoal pianoforte. Tra il 1910 e il Si potrebbe affermarechela fine della stagione del tangosia coincisa conla
morte di Gardel, come se in quel momento fosse venuta meno anchel’atti-
1920cifu unaverae propria esplosionedi pubblicazioni che adattavanogli
spartiti dei tanghi più popolari peril pianoforte, ed erano propriole signo- tudine del genere musicale a rinnovarsi 0,se nonaltro, la presunta capacità
delle sue partiture di rappresentarela realtà urbana. Per quantotutta la can-
rine della buona società bonaerensea eseguirli nei salotti. Il ballo, d’altron-
zone popolare dei decenni che vanno dal 1930 al 1950 fosseper sua natura
de,se effettivamente aveva avutoi tratti dell’erotismo che l'Europaviscoprì
nostalgica, il tango, ancora oggi, acquisisce legittimità agli occhi del suo
sulla scorta di Rodolfo Valentino,li perse via via nell’arco dei suoi decenni
pubblico a seconda del modoincuirispecchia la città di BuenosAires.
di splendore, trasformandosi in una danzastereotipata, «appiattita», stan-
doalle parole deglistessiballerini, tipica di saloni benilluminatie dicircoli In tal senso, è interessante analizzare le parole del tango «Rascacielos»,
familiari frequentati da fidanzatiufficiali e coppie sposate, finché una nuova scritte dall’autore teatrale Ivo Pelay sulla musica di Francisco Canaro, che
mistificazione tornò a riscattarlo dall’oblio, a partire dagli anni Novanta. uscì per la prima volta allegato a una rivista musicale nel giugno del 1935.
Ad ogni modo,unacosaerail ballo, e un’altra l'evoluzione musicale. Ad esempio,visi trovail riferimentoalle trasformazioni urbanechepiù tar-
Oltre alle rivalità — che portavanospesso allo scontrofisico — tra la tifose- di sarebbe scomparso del tutto dal genere: «Mi Buenos Aires / suelo por-
ria di un'orchestra o di un cantanteparticolare e quella di un altro, il mon- tefio! | Cimo has cambiado | tus casas y calles | por otras de ensueîto! | Con
do del tango era nettamentediviso tra chi lo ballava e chi lo ascoltava; tra diagonales ! y rascacielos | vas ya vestido | hoy de largo | lo mismo que yo!»
[«Buenos Aires mia, / terra natale! / Come son cambiate/ le tue casee le tue
coloro che ne apprezzavanoil lato più potente, canyengue, ossia dotato del-
la genuinità tipica del contesto sociale da sobborgo, e coloro chene esalta- vie / Ora sembranoun sogno! / Conviali /e grattacieli / vai ormaivestita / da
vanole finezzestilistiche e gli arrangiamenti. Comesarebbe successo molto gala / proprio come me!»] E ancora: «Mi BuenosAires crisol de razas! | De
più avanti conil pope il rock, c’era chi nel tango trovava soprattutto un mo- los que llegan / dulce esperanza./Tu aspecto cambia | pero no cambiaran/ tu
corazén jamds! | Ciudad adorada! | Hay en tu entrania | venas de acero | que
do diessere, la manifestazione di qualcosa che avevaa che fare con l’iden-
tità, assimilabile al quartiere o alla città o a certe usanzedi un passatodive- serpentean | gritando: Progreso!» [«Buenos Aires mia / crogiolo di razze! /
nuto leggendario,e chi vi cercava — benché questaricerca fosse di rado for- Dolce speranza/ per chi sta arrivando. /Il tuo aspetto cambia / mail cuore/
mulata con precisionee fosse priva di qualsiasi base teorica — una musica nonte lo cambieranno mai! / Città adorata! / Nelle tue viscere ci sono / vene
«da ascoltare», un linguaggio dotato di una certa astrazione. d’acciaio / che serpeggiano / gridando: Progresso!»]
Il consensoo il rifiuto talvolta derivavano da questioni puramente musi- Nei decenni successivi, il tango preferì attingere a un immaginario non
cali- o legate alla coreografia — comeil mododi accentare i tempiforti, la re- molto diverso da quello impiegato da Esteban Echeverria nel racconto lun-
golarità di quegli accenti, le modalità del rubato o la complessità degli ar- go Il mattatoio, del 1840, nel puntoincui descrive le acque di un fiumein
rangiamenti, che in qualche caso potevano confonderei ballerini. E di mez- piena che cercano un arginenei pendii del Sud. Peraltro, la celebrazione del
zo c'erano anche questioniideologiche, alcune più vaghe, che dipendevano progresso — rappresentato nonsolo dai grattacieli, ma anche dalla ricchezza
dalla maggiore o minoreincisività dell'orchestra o del cantante,e altre più apportata dall’immigrazione — di Canaro e Pelay può essere contrappostaal-
nette, legate a quanto veniva espresso neitesti. Da unlato, il tango, che era l’immaginedi Julio Sosa che aggredisce un gruppodi giovani che ballanoil
arrivato a chiamarein causa la prima guerra mondiale, seppure comeele- twist nel musical Buenas noches, Buenos Aires, diretto da Hugo del Carril
mento melodrammatico, in «Silencio» di Gardele Le Pera,in generalesi era nel 1963 (e sul quale si tornerà più volte), o a «Che existencialista», unostra-
%

[12] [13]
no manifesto cantato da Alberto Echagiie insiemeall’orchestra di Juan D’A- con quel mondo di malvagi, pendii, inondazioni, lampioni rétro, madri che
rienzo nel 1954 e che comincia così: «En esta tierra quees tierra de varones, lavavanoi pannialla fonte e rapporti sentimentali degni più di un fewilleton
| becha con lanzas de gauchos legendarios, | nos han salido una porcin de ottocentesco (tubercolosi compresa) che di unarealtà urbana nella quale or-
otarios, | que yo no sé por qué usan pantalones» [«Da questa terra cheè ter- mai da tempo molte persone vivevano in appartamenti.’ E, soprattutto,i
ra di uomini, / fondata dalle lance di gauchos leggendari, / è venuto fuori un ballerini più giovani cominciaronoa scegliere altre danze. È quell’universo
manipolodicitrulli / che non so perché usanoi pantaloni»]. Il cantante, che diviso e agonizzante, del quale da unlatosi rivendicava il valore rappresen-
in realtà si chiamava Juan de Dios Osvaldo Rodriguez,interpreta con il suo tativo di una certa identità culturale, ma che, dall’altrog perdeva vertigino-
abituale tono strafottente le parole di Rodolfo Martincho che erano state samente sempre più pubblico, a stufare Piazzolla e a indurlo a voler diven-
musicate da un altro cantante di D’Arienzo, Mario Landi(in realtà Mario tare un «musicista classico» a Parigi (proprio come Gershwin in Rapsodia
Villa), che a quei gauchos opponevaquelli che «/evanel pelo largo y despei- in blu,il film-biografia del 194 5, interpretato da Robert Aldae diretto da Ir-
nado, l el saco de un color y otro el talonpa, | hablan de “ti” y “ti” los pobres ving Rapper, al quale puresi rimanderà più volte nel corsodellibro). È quel-
gansos, | y al agua y aljab6nle tienen bronca» [«portanoi capelli lunghie lo il mondo che violenterà nel 1946 con la sua orchestra e i suoi arrangia-
spettinati, / la giacca di un coloree di un altro le braghe, / danno del “tu” e mentipieniditrilli e pizzicati. È quello il mondochesi burlerà spessodilui,
del “te” i poveri allocchi/ e ce l'hanno a morte con l’acquae il sapone»], per comequella volta che una signora, durante unballo in cuisi esibiva il can-
precisare nel ritornello: «Che existencialista, | no te hagas el artista, | mejor tante Francisco Fiorentino, cominciò a danzare sulle punte e con le braccia
cahd un pico y una pala, | andà y yugala, flor de vagòn. | Cheexistencialista, alzate come per far capire che quello non era tango, ma «musicaclassica».
| mejor cambiadepista. / Andd a “Paul”* y pelate, | alargà el saco y bafiate, Ed è quello il mondoincuitorna da Parigi a metà degli anni Cinquanta, con
che carton» [«Ehi, esistenzialista, /non farel’artista, / prendipiuttostola pa- l’idea di modernizzare il tango — e renderlo sofisticato, trasformandolo in
la e il piccone /e va’ a sgobbare,razza di poltrone. / Ehi, esistenzialista, / sarà musica «da ascolto» - ma anche con l’esigenza di confrontarsi, di rendere
meglio che cambistrada. / Vai da “Pal”e rapati, / fa’ allungarela giacca e manifeste l’ignoranzae l’indole conservatrice di quell’ambiente,e, in parte,
lavati, / piattola»]. Tra questo mondoe quello delle orchestrazioni di Argen- di vendicarsi, È quello l'universo con il quale Piazzolla decide diinteragire.
tino Galvanper il complesso di Anfbal Troilo o il virtuosismo diquelle di Mi- Avrebbe potuto farsi considerare un musicista jazz che faceva incursioni nel
guel Calé, con Osmar Maderna comepianista e arrangiatore, o quella diret- tango o un compositoreclassico chesi abbeveravaa quelle fonti — e la musi-
ta da Enrique Mario Francini e ArmandoPontier, c’era ben poco in comune. ca forse non sarebbestata diversa — ma, o perché non volle, nel primo caso,
Comedelresto nulla aveva a che spartire Echagiie con Oscar Serpa o Alber- o perché nonciriuscì, nel secondo,si definì un musicista di «nuovo tango».
to Marino o,più avanti, conle incredibili finezze del giovane Roberto Goye- «Che sia tango ma anche musica», sosteneva introducendo una contrap-
neche. Non c’erano punti in comunetra D’Arienzo e la sua affettazione nel posizione discutibile, che rifletteva tuttavia un proposito estetico di chiara
dominio del ritmo e Osvaldo Pugliese,il cui stile, giudicato «violento» da matrice gershwinianae nel quale, soprattutto, era il tango a provvedere,ol-
molti ballerini, da altri era considerato «impossibile da seguire» per via del- tre che ai materiali, alla struttura portante, alle modalità di diffusione e al
le sue frenate e accelerazioni repentine. E, dal punto di vista del mercato, non nomestesso. È quello l’ambiente che, a un certo punto e quasiall’unanimità,
eranola stessa cosa nemmenoi cantanti più popolari, idoli della radio e del- stigmatizza Piazzolla e lo trasforma non solo in un musicista impopolare
le riviste rosa, le orchestre preferite dai ballerini, e altre come quella di (come SalgAn, Osmar Madernao perfino Eduardo Rovira), ma anchein un
Salgan, che non ebbe mai un grande successo, non fu mai troppo popolare e traditore, in un apostata. Nel nemico. All’epoca,il mondodel tango era co-
si rivelò economicamenteinsostenibile peril suo direttore. mequelle stelle la cui luce sopravvive migliaia di secoli alla materia; ormai
Tuttavia, alla fine degli anni Quaranta, ma soprattutto agli inizi del de- non generava quasi nulla, ma, ancora per diversi decenni, avrebbe conti-
cennio successivo, il delicato equilibrio su cuisi reggeva il tango comeatti- nuato a proclamarsi rappresentativo della società bonaerense. Per quell’u-
vità lucrativa cominciò a incrinarsi rapidamente. Chi vi cercava «una musi- niverso, Piazzolla era «il male». Comprenderlosignifica, oltre che avvici-
ca» trovava sempre menodaascoltare. Chi apprezzava unacerta poeticasi narsi a una delle musiche più trascendenti del Novecento, comprendere una
scontrava con testi antiquati e sempre più lontani dalla città reale. In parti- società contraddittoria, insieme modernae provinciale, conservatricee infi-
colare, le generazioni più giovani avevanoscarse possibilità di identificarsi nitamente avida di cambiamento, ampollosa nelle dichiarazioni e smisurata
#
[14] [15]
nella visionedise stessa, che lo adottò e al contempo lo condannò,lo trattò Tendremos que vivira la jineta | yo, la mujeryel hijo turbulento. / Casi no se ve el sol,no se oye
da bastardoe nefece uno deisuoi «fiori all’occhiello», lo umiliò attraverso el viento, | no hay dondecultivar una violeta; | los pasos quedos y la voz discreta, | no se enoje
un vecino sonoliento. | Diez pisos se alzan sobre mi cabeza; | sobre mi actividad 0 mi flaqueza /
le sue cancellerie e ambasciate e, mentre fingevadi ripudiarlo, gli concedeva
gravita, hierro y piedra, un mundoentero.! Nadie sabrd mirisa ni mi llanto... | jcudn grande de-
privilegi e prebende che né Troilo né Juan Carlos Paz né Mauricio Kagel, berd deser mi canto | para Ilenar de luz este agujero!» [«Questo, amici, è il mio appartamento:
Horacio Salgàn, Eduardo Fali o Atahualpa Yupanqui hanno maiottenuto. / tre stanze, servizi e lavabo. / Dovremovivere alla bell’e meglio / io, la mogliee il figlio turbo-
lento. / Nonsi vede quasiil sole, non si senteil vento, / non c’è posto per piantare nemmeno una
Inoltre, per comprendere uno comelui, che ha rivendicato la propria bravu-
violetta; i passi quattie la voce bassa, /che nonsi arrabbi qualche vicino assonnato. / Dieci pia-
ra sotto molteplici aspetti, che ha lottato con alcune armi della musica clas- ni si ergono sulla miatesta; / sul mio impegnoola miapigrizia / gravitaf in ferro e cemento, un
sica nel mondodel tango e con quelle della musica popolare per aprirsi un mondointero; / Nessuno saprà se rido o piango... / quanto dovrà essere grande il mio canto/
varco all’interno dell’accademia, che si è misurato con Gershwin, Carlos per riempiredi luce questo buco! »]

Chavez ed Heitor Villa-Lobose che ha ricavato alcunedelle sue idee miglio-


ri dall’ascolto dei gruppi jazz; per avvicinarsi a chi, con la sua musica,hate-
so unaretediriferimenti tanto complessa, è necessario inoltrarsi proprio in
una trama moltofitta. Cercandoaltre fonti veritiere in ciò cheè stato scar-
tato dal discorso che l’ha consacrato, e provandoa ricostruire le influenze
discografiche esplicite e occulte, i capisaldi e le lacune, il dialogo che Piaz-
zolla ha instaurato conil suo tempo. L'Argentina è un paesein cui la musica
ha sfiorato a malapenai dibattiti degli intellettuali e in cui gli scarsi com-
menticritici sono stati — e molto spesso sono — opera di melomanisenz’altra
formazioneche quella dettata dal gusto personale. Un paesein cuila Socie-
dad de Autores ha distrutto i documentiarchiviati fino al 1980 perché «oc-
cupavano troppo spazio»e in cuii dati sulle vendite di dischi precedenti al
2000si possonotrovare soltanto nei resocontidelle case discografiche, che,
ci si creda o no, sonosegreti. Laddovela Storia ufficiale ripete semprela stes-
sa storia, basata su pocopiù di qualche racconto di prima mano non sempre
attendibile, bisogna cercare la verità nel non detto, comesesi trattasse di
un'indagine poliziesca. Nei frammentie ai margini.

Note

1. Contenuto nel disco omonimo,uscito per la css Columbia nel 1963 e pubblicato su cd nel
2005 comeparte della Edicidn critica della Sony-BMG.
2. Edgardo Cozarinsky, Milongas, Edhasa, Buenos Aires 2007.
3. Questa legge, promulgata nel 1949, consentìil frazionamentodei grandiedifici in affitto e la
vendita delle unità abitative agli stessi inquilini. Poiché i prezzi degli affitti erano congelati, per
effetto della Ley de Alquileres— la legge sugli affitti - prorogata in quello stesso anno, molti pro-
prietari vendettero appartamenti a prezzi bassissimi e medianteil sistema delle quote. L'effetto
immediatofu che,tra il 1949 e il 1952, un gran numerodi ex inquilini, del ceto medio e medio-
basso, divennero proprietari di appartamentiin base alla nuova Ley de Propiedad Horizontal.
4. «Paùl» era il nomedi un veterinario e parrucchiere per cani famosoall’epoca. «Talonpa»è il
«riocontra» (contrario) di «pantalén», e «vagén»deriva da «vago», pigro.
5. Diverse poesie pubblicate da Baldomero Fernindez Moreno prima degli anni Cinquantate-
stimoniano questi cambiamenti nei rapporti sociali e nel tessuto urbano. In «Departamento»,
ad esempio, scrive: «Liste es, amigos, mi departamento: | tres piezas, dependencias y pileta. /

[16] [17]
PRIMA PARTE: 1921-1936

(MAR DEL PLATA-NEW YORK)


Il nome Astor nonesisteva ancora quando era già un cognomeillustre. E
quel cognomedefiniva come pochi New York,città in cuii Piazzolla arriva-
rono nel 1924 e dove cominciò tutto, almeno per quel che concerne la sua
musica. La famiglia di MardelPlata partì alla volta di quell’Americacheil
Sud nascondevadietroa inferriate e leggi di espulsione. Sbarcò a Manhattan
quandoesisteva ancora l’hotel Astoria, un emblema monumentaleche pre-
sto sarebbe divenuto obsoleto. L’Astoria fu demolito mentrei Piazzolla fa-
cevanole valigie per tornare temporaneamente in Argentina, nel 1929. E
quandofecero ritorno a Manhattan,in quello stesso luogo stava per sorge-
re, nel 1931, l’Empire State Building, lo stesso che due anni dopo sarebbe
stato scalato da un gorilla, King Kong,nel film di Ernest B. Schoedsack e
Merian C. Cooper. Kong si arrampicavafino all’antenna e cadeva sotto il
fuocochegli scagliavanodal cielo. Un fuoco che rappresentava la nuovana-
tura della tecnologia.
Aerei. Auto. Ascensori. Ma,soprattutto, vetro e acciaio. Tra il 1890 e il
1940, una nuovacultura sceglie come laboratorio Manhattan:l’isola in cui
l’invenzionee il collaudo di un modernostile di vita metropolitana sono
connaturati all’architettura stessa. Manhattan comeprodotto di una teoria
non formulata,il «manhattanismo», il programmadel quale, comesottoli-
nea Rem Koolhaasnel saggio ormaiclassico Delirious New York,” fu così
*
[23]
E

ambizioso che non ebbe mai bisognodi essere esposto apertamente per po- sto che fece Piazzolla durante la sua adolescenza di «ragazzo di strada».
ter essere portato avanti. Koolhaas parla di una «cultura della congestione», Non forse vero che raccontò di averfatto da «guida» e da translator a Gar-
nella quale ogni casa rappresentava unostile di vita e un’ideologiadiversi, del? A lui, che non parlava inglese e voleva conquistare Manhattan,dice di
ma dove qualcosa di quell’ethos comune annullava le inconciliabili diffe- conoscere «tutta» la città e questo gli permette di percorrerla da cimaa fon-
renze. I grattacieli definivano l’orizzonte possibile dei quartieri «alti» e di do, da Harlem a Wall Street, da Midtown all’East Village. Come un new-
quelli «bassi». Facevanodella città una «fabbrica di esperienze». Gliedifici yorker.
eranola replica materiale di quella coscienzainteriore. New York: esplosione di densità umanae tecnologia. È qui che la storia
Se, comediceva Victor Hugo,il progresso cheriscontravaa Parigi era «la personale e quella collettiva cominciano a definire il progetto Piazzolla. Il
traccia di Dio», a New York queisegnali si erano secolarizzati con la velo- suo arrivo a Manhattan coincide con un evento fondamentale per il modo in
cità imposta dal capitalismo, un modello disviluppo che trasformavain fos- cui verrà registrata e comincerà a circolare la musica: l’invenzione del mi-
sili gli oggetti e le mode del giorno prima. E coloro che vi arrivavano non po- crofono elettrico. Negli anni Ottanta Piazzolla ritornerà a Manhattan per
tevano che arrendersi all’evidenza. Nel 1917, Lev Trotzky soggiornò per esibirsi in un concerto leggendario a Central Park? e suggellare una nuova
due mesiin quella città, primadi attaccare Pietrogrado. E ciò che vide era la scoperta,il formato digitale con cui inciderà i suoi ultimi dischi in studio,
«capitale leggendariamente prosaica dell’automatismo», nelle strade della Tango: Zero Hour (1986), The Rough Dancer and the Cyclical Night (1987)
quale «regnala teoria estetica del cubismo» mentre neicuori «troneggia la e La Camorra: The Solitude ofPassionate Provocation (1988). Ritorna nella
filosofia morale» del dollaro. «New York mi appare comela più perfetta città in cui era stato quando,a ottobre del 1927, aveva debuttato Il cantan-
espressione dello spirito contemporaneo»? Trotzky non aveva un soldo. Af- te di jazz, il primo film sonoronella storia del cinema. In quelfilm,la voce di
fittava «una stanza nel quartiere operaio», non molto lontano dal numero 8 AI Jolson aveva chiuso in un sol colpo con un’epoca. Nasceva la materia di
di St. Mark”s Place, il primo domicilio dei Piazzolla a Manhattan. Lì, il for- cui era fatto lo spettacolo, una materiachesi sviluppava e moriva troppo ra-
te legametra la vita quotidiana e la tecnologia saltava talmente all’occhio pidamente. È difficile credere che un’infanzia e un’adolescenza trascorse in
che si domandavaseil vecchio continente avrebbe mai raggiunto un livello un ambiente dalle continue e acclamate trasformazioni come quello — dove
simile. Scrive in La mia vita: un frigorifero, un’auto o delle calze autoreggenti erano presentati come«ri-
voluzionari», «maivisti» o «inimmaginabili» — non abbianoinfluito su Piaz-
La stanza era dotatadi una serie di comodità inconcepibili per un europeo: lu- zolla, l’autore di pezzi come «Prepàrense» o «Lo que vendrà» e l’unico mu-
ce elettrica, cucina a gas, bagno, telefono, montacarichi automatico peri vive-
sicista di tango a essersi mai «sovrainciso» (nella versione di «Adi6s Noni-
ri e un altro per portare giù il secchio dell'immondizia. Tutto ciò ha conquista-
no»peril disco Libertango, del 1974, e, prima, nella versione del duetto con
to immediatamente la simpatia dei nostri ragazzi per New York. Per qualche
tempo, il telefonoè statoil centro di ogniloroattività. Né a Viennanéa Parigi se stesso di «Milongatriste», nel 1970) e ad aver utilizzato camereedeffetti
avevamoavutoin casa quell’apparecchio diabolico. di riverbero. Non sembra casuale nemmenola sua passione per le colonne
sonoreo l’idea di intitolare uno dei suoi dischi Tango en Hi-Fi.
Nei primi minutidi E/ tango en Broadway, un film quasi solo diinterni, Nei primi decenni del secolo, l’effetto della tecnologia sul lavoro e sul
Carlos Gardeloffre una versionesilenziosa di quella stessa eccitazione: apre tempolibero — osserva Benjamin — scomponeval’esperienza in frammenti.
la finestra della sua stanzae sullo schermosi staglia l’immaginedel Flatiron Lo stile giornalistico rifletteva tale frammentazione. E anche il montaggio
Building, altro simbolo della città. Gardel funge da presentatoreagli occhi nel cinema. La perdita dell’«unitàdistile» nella musica ne era un’ulteriore
del suo pubblico. «Manhattan», dice a malapena, come un maestrodiceri- manifestazione. D’altronde, non è forse ciò che fa Gershwin, che debutta
moniedi un teatro del futuro. con Rhapsody in Blue l’anno in cui arrivano i Piazzolla, con le sue prime
Il fasto e l’opulenza non sono nuovi nelle metropoli, ma, come avverte commistioni di Chopin, Liszt, Debussy,il ragtime, gli spiritual e i pezzi da
Walter Benjamin riferendosi all'Europa, lo è l’accesso secolare, pubblico. Lo commedia musicale, ma anche con un «montaggio» dotato di una sua coe-
splendore della modernità poteva essere assaporato da chiunque passasse renza? L’eclettismo funziona comeunità: una prospettiva tesa all’armonia
perle strade della città, entrasse nei suoi negozi, nei museie nelle gallerie, e molto americana. O, sesi vuole,l’illusione che mette in risalto le contraddi-
l’attraversasse partendo dalle sue viscere, ossia la metropolitana. Ed è que- zioni della modernità. Dal momentoincuile registrazionisi trasformanoin
X
[24] [25]
lavori permanenti, la sfera del classico comincia a perdere il monopolio del- terà Astoralla figlia Diana.* Piazzolla ricorderà «con affetto» la «gentedel-
la mafia», per la sua «lealtà» verso gli amici. In unacittà che in pochi minu-
la trascendenza e si rende possibile un’altra migrazione,dall’«alto» al «bas-
__se»;in modo che venganoesplicitate le stesse idee di progressoe storicità. ti a piedi prodigava invenzionie saturavale notti con il fulgore della pubbli-
Rbapsody in Blue vende un milionedi dischie il suo autore, durante un cità, Nonino beveva mate e, cercando di mitigare gli effetti della nostalgia
incontro con Leopold Stokowski, rimane sbalordito dalfatto cheil diretto- (l’Italia continentale? La spiaggia di Mardel Plata?), ascoltava tanghi. Tra
re d’orchestra non la conosca. Dicerto, in quegli anni, chi non ha comprato la vita del barbiere al servizio della mafia e Pedro Maffia, al mondo doveva
esserci una formadiriscatto, un salvacondotto, e il padre sentiva che eranel-
il disco ne è venuto a conoscenza grazie alla radio. La radio cambia le con-
venzioni che vigevano nell’Ottocento. Se prima la musicaera circoscritta so- le manidelfiglio. Astor aveva otto anni quando Noninogli regalò unostru-
lo all’«esperienza sociale» (persone riunite per eseguire e ascoltare ciò che mento musicale che si era procurato al banco dei pegni. Il padre annotò se-
era in voga), quell’invenzionedilata le consuetudini: dieci milioni di perso- gretamente su un quadernoi passi che avrebbe mossosuofiglio: «Arriverà
ne ascoltano ogni settimanai concerti dell'Orchestra Sinfonica della NBC. lontano, è molto in gamba». Non era l’unico a pensare allo spettacolo come
In casa Piazzolla c'era una radio. F anche un grammofono. Ma la musica ancora di salvezza. Groucho e Harpo Marx,nelle rispettive autobiografie,
non proveniva solo da lì. New York, come pochealtre città, definisceil suo raccontanodello sforzo incessante della madreperfarli diventaredelle star.
nuovostatuto il suo nuovo ruolo a partire dalla riproduzionetecnica del Fu così che Piazzolla ricevette in regalo uno strumento (e con esso un
suonoche tanta preoccupazionedestava in Stravinskij e Bart6k. La musica mandato) che affondavale sue radici nella Cina millenaria, aveva trovato
diventa molto spesso un’intrusa,si insinua dove non è stata chiamata(l’atto unadelle sue varianti nella Russia imperiale ed era stato ripreso dai tedeschi,
di nascita della muzak risale al 1926, in un ascensore), si propaga a macchia che vi avevano adattato il modello della concertina inglese. Era un bando-
d’olio, fa a meno dei muscoli(lo scrittore William Gaddis vede nella piano- neon, ma, come ha riconosciuto lo stesso Piazzolla, avrebbe potuto essere
la l’origine del computer per via della carta perforata); si reinventa, con la qualsiasi altra cosa. «Se il mio vecchio mi avesse regalato un sax, oggisarei
«hit» come nuovo concetto — quante volte Piazzolla avrà sentito «I Got un grandesassofonista». Eppure, c’è a chi piace pensare che nonsiastatoil
Rhythm»da qualche altoparlante? La musica fornisce al cinema unostraor- caso, ma un preciso destino a metterele cose al loro posto: lo strumento era
dinario supporto narrativo che inghiotte i generi e apre la strada al bricolage arrivato nel negozio grazie a un argentino. Nessuno sapevadichi fosse, ma
per metterloal servizio dell’immagine. New York è una nuova Babele,e ogni adesso era nelle mani di un bambino a cui piaceva fendere l’aria con una
lingua offre la propria musicain sacrificio al trambusto della strada secon- mazza da baseball. E Piazzolla doveva decifrarlo. Come se aprendolo aves-
do un sistema di continua trasfusione. Non è un caso che Piazzolla abbia se dovuto immergersi in un abisso sconosciuto. E, per di più, in stereo. Il
parlato della sua precoce passione per il Rlezmer che sentiva nel quartiere bandoneon è l’unico strumento in cui ciò che suona sinistra è diverso da
ebraico, al confine con Little Italy. Lo schema degli accenti 3+3+2 degli im- ciò che suonaa destra.
migrati mitteleuropei l’avrebbe trovato lì prima che nella milonga e nella Il bandoneon aveva subito ulteriori trasformazionifino a trovare la sua
vera «nazionalità» in Argentina. La sua condizione di strumento portatile,
musica di Francisco e Julio De Caro.
Noninolavorava per la mafia siciliana che da pochissimi anni era padro- più accentuata rispetto a quella delle concertinee delle fisarmoniche,il co-
na di Little Italy e dintorni. Prima, i bassifondi erano in manoai Plug Uglies, sto inferiore a quello di un pianofortee la possibilità di assolvere a diverse
i Dead Rabbits, i Daybreak Boys; a personaggi come Joseph Morris, alias funzioni(quella religiosa, funebre, la festa pagana), gli aveva consentito di
Monk Eastman,ritratti in modo impeccabile da Herbert Asbury nel libro Le diffondersi fin da subito con un relativo successo in Germania. (Chisidi-
gang di New York, che Borges ricicla nella sua Storia universale dell’infamia. verte con uno strumento che esala tanta gravità? Che la sua creazione sia
Eastman,«il procuratoredi iniquità», come lo chiama Borges, muorealla fi- frutto di un altro malinteso?) Heinrich Band arrivò ad aprire un negozio a
ne del 1920 con cinquepallottole in corpo. Si parlava ancoradilui in alcuni New York. Ma fu Alfred Arnold a lanciare sul mercato nel 1864 il famoso
ambienti — comefosse una leggenda — quando Noninosistabilì in St. Mark’ marchio a-A e a fondare nel ror1 la Alfred Arnold Bandonion, Konzertina
Placesotto la protezione di Don Scabutiello. «Era un quartiere violento per- und Piano-Accordion Spezial Fabrik,che, fino al 1949, con qualcheinterru-
ché c'erano famee risse continue. Sono cresciuto vedendotutto questo. Ban- zione durante le due guerre mondiali, continuò a produrre i marchi Premier
de che si azzuffavanotra loro, furti e morti all’ordine del giorno», raccon- e America, oltre a quello già citato.
% n

[27]
{ 26]
Il bandoneon era un altro strumento minore, destinato alla migrazione,e, didatta. «Era inutile pensare di trovare in riva all’Hudson un maestro di
in quantotale, portav 2 CON SÉéuno Stigmafamiliare. Comericorda il musi- bandoneone il ragazzo, per conto suo, si adoperò affinchéi bottonigli sve-
cologo Peter Szendy," Tito Ri@rdi, l’editore di Verdiin Italia, esprimevail lassero tutti i loro segreti. Non si racconta forse che Pascalsi fosse inventa-
proprio sdegnonei confrontidei suonatoridi organettoe altri musicisti am- to da solo la geometria?», segnala l’autore dell’articolo, un pioniere, in un
bulanti già al primo Congresso Internazionale della Proprietà Letteraria e certo senso, nell’esercizio dell’adulazione spropositata.* Di certo le regole
Artistica che si tenne a Bruxelles nel 1858. Ciò che disapprovavadi questi del bandoneongli si sarebberorivelate lentamente, a suon di tentativi ed er-
strumentiera la loro capacità di «far sentire» le «idee migliori di certe ope- rori, maestre di quartiere, precoci abbandonie quesitiirrysolti.
re» fuori dal loro contesto originario e riprodotte «con ognisorta ditaglio, La prima personachecercò di trasmettergli i rudimenti della teoria e del
con modulazionie orribili alterazionidell'armonia, con arrangiamenti pes- solfeggio — scrive Diana Piazzolla nel suo romanzo-biografia - aveva su una
simi» in modoche «ciò che era nuovo [al pubblico] sembrava vecchio». delle pareti del suo studio un quadro con l’immagine di Mozart bambino.
La frontiera tra artisti e pubblico comincia a dissolversi con la fabbrica- Era un dipinto in cui Mozart suonava per «principie re». Lei, l'insegnante,
zionein serie di strumenti relativamente economici, che favorisce l’irruzio- lo guarda, confronta quell’espressione con quella dell’allievo che indossa
ne dell’amateur. Il bandoneonsi diffonde quasi in parallelo con un altro dei pantaloncini grigi e; con una «gioiacelestiale», scorge delle analogie. Il
grande fenom©N0 che altererà per sempre la percezione: la fotografia. Così volto,i riccioli. «Gli somigli, Astor», disse la maestra al bambino - secondo
comela fotografia democratizzò la fruizione delle immagini mettendoalla quanto racconta Diana Piazzolla — il quale lo riferì subito ad Asunta Ma-
portata di un nuovo grande pubblico le vecchie opere d’arte,gli strumenti netti, sua nonna, che a sua volta lo comunicò a Nonino (non c’è racconto
traduttori, grazie al loro carattere di intermediari, assunsero una funzione iniziatico senza profezia).?
analogarispetto alla musicascritta. Lacittà in cuisi svolge la scena (che avrebbe meritato un altro quadretto
Il bandoneon intendeva renderepiù sofisticato l’esercizio della traduzio- agiografico: il bambino Piazzolla che suona sotto lo sguardo estatico della
ne. Ma rimaneva pur sempre uno strumento bastardo. Per affrancarsi da sua maestra) era afflitta dal proibizionismo. La famiglia, cometantealtre,si
quella condizione, aveva bisognodi un contesto diverso. Cominciò a parla- inserisce nel circuito del mercatoneroe si dàaltraffico illecito di whisky. Lo
re una nuovalingua in Argentina, dove entrò senza passaporto. Il nomedi prepara e imbottiglia clandestinamentenella vasca da bagno. Cos'altro farà
chi ve lo portò è ancora avvolto nell’ombra. L’unica certezza è che arrivò a del resto Piazzolla conil suo bandoneon? Distillare: separare sostanze, dare
Buenos Aires e, come milioni di immigrati, imparòla linguadel porto si a vedere una cosa diversa per poi contrabbandarla. Il destino di Astore il
prestò alla sua logica: l’ibridazione. Qui, il bandoneon trovò una nuovafa- suo A-A. Un duplice Astornella città bifronte.
miglia organologica, quella del tango, grazie alla quale si dotò di un nuovo C'è un momentoin cui quel rapporto contraddittorio con New York(far
statuto, e al tempo stesso impresse a quella musicala sua sonorità definitiva. parte della periferia e, al tempostesso, essere di passaggio in mezzoal vorti-
Dicono cheall’inizio i bandoneonisti, suonando lo strumentoall’unisono, ce degli eventi) viene documentato. Piazzolla partecipa all’inaugurazione di
tendesseroa imitareil flauto e l’organetto ambulante. Il processo di assimi- uno degli edifici annessi al Rockefeller Center, quello che per Koolhaasè il
lazione nonfu così semplice. Nel 1913 il bandoneonista Vicente Loduca,ri- maggiorrisultato dell’architettura newyorkese(e della simbiositra architet-
ferendosialrifiuto che lo strumento suscitava, diceva: «Nessuno voleva im- tura e spettacolo: la City Hall, una delle sue principali appendici). Ce lo por-
parare a suOnarlo, era no in pochissimiad avereil coraggio di entrare in una tano a suonareil bandoneon. Lì c’era anche Diego Rivera, il muralista mes-
sala con lostrumento nella custodia. Si vergognavanodelsuo aspetto, della sicano. Rivera, anziché whisky, cercava di contrabbandare l’ideologia so-
sua volgarità».” vietica dentro al Taj Mahaldel fordismo rappresentato dal Rockefeller Cen-
Il Piazzolla che all’età di otto annisi ritrovò in mano quell’assurdo aggeg- ter. Voleva che Lenin si stagliasse come una sfingesulle pareti dell’rcA Buil-
gio nella sua casadiLittle Italy non sentiva ancorail bisogno di nasconder- ding (al suo fianco,le masse sovietiche organizzate marciavanoversolo svi-
lo agli sguardialtrui. Il bandoneonin quella fase era qualcosa di imperscru- luppo di un nuovo ordinesociale, illuminate dalla luce della storia). Piaz-
tabile. In un’intervista pubblicata il 1° agosto del 1947 sul quotidiano Noti- zolla e suo padre lo sorprendononelpienodi quell’impresa, impossibile da
cias Gréficas, e che forse può essere considerata la prima biografia di Astor, nascondere. Piazzolla tira fuori dalla custodia il bandoneon e comincia a
raccontaal giornalista che i primi passi furonoin tutto e per tutto da auto- suonarlo. E dev'essere andata proprio così, perché Rivera seppe ricambiare
£
[28] [ 29 ]
Se

quell’omaggio.Il mural, contutto il suo sostrato ideologico, sarebbestato


cancellato.” Ilri i Astor no:resta a testimonianzadelfatto che la sua
vita attan nonsi è limitata al perimetro folkloristico della Little Italy
costruita da Francis Ford Coppola per I/ padrino. Quel disegno è stato con-
servato insiemead altri simboli del suo periodo newyorkese, che Piazzolla
elencherà a sua figlia anni dopo: Elia Kazan, Al Jolson, Jake LaMotta,
George Raft, i dadi del Craps, i negozi Macy’s, Fred Astaire, il baseball,
Gershwin, Sophie Tucker che cantavain un teatro della catena Orpheum, un
bar all’angolo con casa sua, nel Greenwich Village, la sua storia personale
nel West Side. «Tutto questo,insiemealla violenza e a quel qualcosa di emo-
zionante che ha New York,è nella mia musica, nella miavita, nel mio modo
di essere»,dirà.

«C’è una navein partenza per New York», canta Sportin’ Life. Il personag-
gio, plasmato da George Gershwin e suo fratello Ira a immagine e somi-
glianza di Cab Calloway, cerca di convincere Bess a partire con lui. A New
York avranno una «high life», le dice. Di fronte al rifiuto di Bess, alla fine
della secondascenadell’ultimoatto di Porgy and Bess,insiste che non ci sarà
una seconda chancee le lascia sulla porta una bustina di «polvere dellafeli-
cità», nel caso cambiasse idea. George Gershwin, parlando di questo perso-
naggio — Sportin” Life 0, forse, lo stesso Calloway — scriveva sul New York
Timesil 20 ottobre 1935, solo dieci giorni dopo la prima all’Alvin Theatre:
«Più che uno spacciatore, è un divertente mascalzone, perverso,facilonee al
tempostessoaffidabile, persino amabile». Calloway, ribattezzato «the hi-
de-ho man», celebre per l’inedito scatinserito nell’incisione di «Minniethe
Moocher» nel 1931, leader di un gruppodi straordinari musicisti condan-
nati restareprigionieridello stile istrionico dicui era vittimaluistesso,finì
con l’interpretare il ruolo di Sportin’ Life nella versione di Porgy and Bess
del 1952 e nelle tournée americaneed europeefinoall’agosto del 1954. Pro-
babilmente non fece né più né meno quello che aveva semprefatto: rappre-
sentare se stesso.
Cabell Calloway, natola notte di Natale del 1907 a Rochester, New York,
si formò a Baltimorae diresse gli Alabamians a Chicago; nel 1929 inaugurò
"#
[ 30] [31]
una nuovafasee,alla testa della stessa band, arrivò a New York contempo- sono compartimenti stagni. Interagiscono: si intersecanoe si sviluppano con
raneamente al crollo della borsa. Lì fondò i Missourians, coni quali incise la mediazione del denaro.
due dischi. Nel secondo, con l’etichetta Perfect, il nome del complesso era Musicae affari sono nati praticamenteinsiemeagli Stati Uniti. L’industria
già scomparsoperlasciareil posto al suo: Cab Calloway. Gershwin, parlan- musicale risale al 1787, undici anni dopo la dichiarazione di indipendenza.
do di Porgy and Bess, faceva intravedere i propri intenti quando spiegava: Delle primesedici partiture mai pubblicate, quattro erano opera di Alexan-
der Reinagle. Una delle sue canzoni patriottiche si intitolava «America,
Ritengo che un’opera debba saper divertire: idealmente dovrebbe contenere Commercio e Libertà». Reinagle destinò la musica puraf quella strumenta-
tuttii fattori che possanofavorirel’intrattenimento. Così, quandohoscelto co- le, alla sfera privata. Tra l’efftmero e ciò che eleva, tuttavia, emerse a poco a
me tema po rgy and Bessy una storiasui neri di Charleston, ero certo che questo
mi avrebbe permesso di comporre un tipo di musica colta e al tempo stesso leg.
poco unaterza possibilità, di cui Gershwin intuì chiaramenteil potenziale.
gera e di contemplare insieme l'umorismoe la tragedia; insomma, una serie di Le arie della Normadi Bellini, particolarmente in vogaalla fine dell’Otto-
elementi jn grado di intratteneresia la vista che l’udito, perchéi neri possiedo- cento, vanno ascritte a tale genealogia: erano tradotte in un formato acces-
no tutte queste qualità in modo innato." sibile e si diffondevano su un territorio in espansione. La Norma, ricorda
Crawford, è «classica», «occidentale» e «seria», ma al contempo,per il mo-
«Divertire». «Intrattenere». I presupposti gershwiniani suscitano un’im- do in cui circola, è «popolare». Questo tipo di diffusione inciderà sulla co-
mediata avversione nella corrente di studi culturali guidata dalla Scuola di struzionedel sapere stesso del popolo e benpresto gli scambitra i due ambi-
Francoforte. In inglese, la parola (divert) ha accezioni più che maisuscetti- ti sarannoall’ordine del giorno. L’accessibilità determina la nascita di «nuo-
bili di demonizzazione: distrarree sviare. Sinonimidi caducità e alienazione. vistili, istituzioni e tecniche di vendita», dal mondo «classico» (emblemati-
Alla luce di questo, la Teoria Critica era restia ad ammettere chel’arte bassa co è il volto della soprano Jenny Lind sulle saponette) al vaudeville.
fosse dotata di impulso utopico o che, come pensail sociologoinglese Simon L’intrattenimento è perlopiù conservatore, ma nella New York in cui
Frith,! esistessero perfino formepositive di consumoe che un divertimento crebbe Piazzolla non semprelo era, così come nonlo era a Rio de Janeiro e
in gradodi conciliarsi con l’arte potesse avere valore. Che fosse ipotizzabile a San Paolo a partire dagli anni Quaranta, a Buenos Airesall’epocain cui
sia un’arte capace diintrattenere sia un intrattenimento artistico. Un ele- nacquee si sviluppò il tango — benchéil genere stesso o chi se ne occupava
mentochesi poteva riscontrare nelle commedie musicali, negli elaboratiar- nondi radosiostinassero a sostenere il contrario — o nella Londra degli an-
rangiamenti dei complessi da ballo, nelle orchestre ibride come quella di ni Sessanta. E non c’è definizione migliore di entertainer, termine in conti-
Paul Whiteman - dove suonavanoBix Beiderbecke e Frank Trumbauere che nua tensione fra arte e intrattenimento, per Calloway, questo cantante e
commissionò ed eseguì per la prima volta Rhapsody in Blue — nelle armo- danzatore talentuoso quanto eccessivo — una sorta di Don King del jazz —
nizzazionidei quartetti vocali in voga nei concerti radiofonicie, fin da subi- questo Sportin” Life frivolo e di successo, capacedi avere i migliori musicisti
to, nel cinema. e di suonare,oltre agli arrangiamenti più interessanti, quelli più terra terra,
Scott Joplin aveva intitolato uno dei suoi ragtime «The Entertainer» e che unavolta si prese unacoltellata nelle chiappe da unodeisuoi strumenti-
questafigura di «intrattenitore» nonsolo abile e divertente ma, molto spes- sti, Dizzy Gillespie (l’arte contro l’intrattenimento,si potrebbe dire), e che
so, capacedi sperimentareconil linguaggio e di metterlo in risalto non era, Piazzolla spiava dalla porta del Cotton Club negli anni della Grande De-
ovviamente, unafigura profetica, portatrice di autonomia, eppureil suo suc- pressione.
cesso non per forza implicavail fugace passaggio dalla notorietà all’oblio.
Il musicologo Richard Crawford" pone l’accentosu untipodi dialettica
con cui, a modosuoe in altre circostanze, dovràfare i conti lo stesso Piaz-
zolla: la distinzione tra «compositori» di opere che incarnano l’ «autorità»
dell’autore, e composizioni che presentano una notazione pensata come un
canovaccio,alla quale gli esecutori si attengono o menoin base al grado di
«accessibilità» che richiede il contesto. L’una aspira alla «trascendenza».
l’altra, alla fruizione e al beneficio immediato. «Alto» e «basso», però, non

[32] [33]
e,
«Nonavevo dubbi, maestro», risponde il padre, che però decidedi torna-
re a New York.
Qualcosa è cambiato a Manhattan. I Piazzolla vivono nella Nona Strada,
a dueisolati dalla casa precedente. C'è qualcosa di diverso nell’aria per via
della Grande Depressione. La crisi si annusa, si palpa, si ascolta. Nell’East
Side vive LiborioJusto,il figlio di un generale che aveva destituito Hipélito
Yrigoyen a Buenos Aires, che consolida la propria svolfa politica a sinistra
proprio a New York. La città in cui quattro anni prima avevacapito di esse-
re «nella capitale del mondo», dove le ombredei grattacieli «accrescevano
la mia aspirazionea creare cos e ggantesche»'* mentreil tessuto sociale, ur-
banoe culturale, con la Grand e pepressione,si ramificava. Un quartodella
popolazione riceveva sussidi. J'empire State Building veniva costruito in
tempirecord per alleviare simbolicamentela crisi e dare la sensazione chela
rovina non sarebbe duratain eterno. In quella stessa città, banco di prova
per il New Deal di Franklin Delano Roosevelt, dove man mano chele ven-
dite dei dischi diminuiscono inesorabilmentesi compranopiù radio che mai
— più musica per menosoldi — Gershwinscrive ;] suo Porgy and Bess e Piaz_
zolla suona in un cabaret chiamato El Gauchijto, LO gestiscono degli spa_
gnoli che gli offrono l’occasione di recuperare jp0 dei pezzi che aveva im_
L’apprendistato di Piazzolla con il bandoneonsisvolge tra diversi campidi parato a memoria e malvolentieri, «Cuando Ilora la milonga». Di lì a POCp;
forza: mercato-patrocinio, riconoscimento-mancanza di pubblico, cultura giorni suonerà con un aFgentino e un peruviano, «vestito da m8fMalo,
«alta»-cultura «bassa». Da tutto ciò più avanti deriveranno alcunidei suoi Quell’uniforme lo mette a nudo: non ha unaterra, solo porti in lontananza.
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capisaldi. La convinzione che la musica potesseessere qualcosa di più che un Non è ancorail momentodi vestirsi da «gauchito» «Ero il bambinopr,d;-
passatempo amatoriale, d’altronde, è una costante di suo padre. Vuole che gio arrivato dalla pampa argentina», si definisce (esagerando) mentre p,ra
dominilo strumento perchéè la chiave del loro espatrio. Lo fanno studiare con Alberto Speratti, l’autore del primolibro — fore il piùilluminante _ yy
con un altro immigratoitaliano, che suona il mandolino, male ore, raccon- Piazzolla.'” E sempre conil suo bandoneon, all’età di dodici anni, si presen-
terà Astor, le passano a parlare di cucina. ta ai microfoni della wmcr. È questo il periodo in cui impara anche,e pre-
La divagazioneculinaria lo vedrà tuttavia fare ritorno nel suo paese. Il ra- cocemente, che il suo mestiere puòservire qualsiasi causasia fonte di profit-
gazzo a Mardel Plata parla più l’inglese che lo spagnolo, comei personag- to. Astor, che molto piùtardi istituzionalizzerà la camicia nera come indu-
gi non doppiati di Gilda,il film con Rita Hayworth e Glenn Ford ambien- mento ufficiale del musicista di tango, suona «Camisas negras» per accatti-
tato in Argentina. Eppure il bandoneonritorna in primo piano. Un altro im- varsi le simpatie deifascisti del quartiereitaliano.
migratoitaliano, Libero Paolini, che suonavanella sala da tè Munich,gli in- Giacché nonesiste ra CCONtOagiografico senza una qualche epifania, Piaz-
segna i primi rudimenti. E la sregolatezza emerge fin da subito. Perché ciò zolla, il «bambinoprod igio», k trovaalla finestra, in modoindiscreto: il se-
che Piazzolla suona a orecchio sono le melodie di Gershwin, quelle che de- gnale arriva da unacasa vicina, è un pianoforte che Suona Rach, Un unghe-
ve aversentito alla radio fino alla sazietà. Il maestro disapprova, gli dice che rese che Astorsi figura sia alunnodi Sergej Ra hmanina,6; chiama Béla
deve dedicarsi anima e corpo al tango. Cambia insegnante un’altra volta. Wilda. « Parlavamo di jazz, di cannelloni, q amicizia gel ‘esigenza di stu
Homero, il fratello di Libero, gli insegna qualche ranchera, polke e valzer. È diaresei e perfiotto Ore al giorno per rago iungere per fezione. Con ly
anche se non suona tanghi, Homero comunica al padre che «il ragazzo ha conbbi il veroamore per la musica». Ma stro nink, cu 9C0, precettore
talento» e che, pur denotando ancora uno «stile americano», ha «il tango «Con grande impegno», ricorda, «trasferivo Bach sul bandoneon. Riuscivo
nelle vene»! a farlo sempre meglio, del tango non mi ricordavo nemmeno».
£
[ 34] [35]
Gershwin, altro girovago, rievocandoil suo incontro con la musica, ac- zione è innanzitutto una forma. Per intenderla cometale, dice, bisogna rif
cennava a sua volta a una casualità provvidenziale. Stava pattinando ad tornare al punto di partenza c trovarecosì, nella linguain cuisi traduce, un\
Harlem quandosentì un pezzo di jazz che, secondoil suo biografo David atteggiamento chepossa ridestare in essa «un’eco»dell’originale.
Ewen,'? «lo impressionòa tal punto» che «non poté mai più dimenticarlo». Il Piazzolla traduttore, nell’arco della sua traiettoria musicale, nonsi at-
Oltretutto, anche Gershwin ebbe un «maestro ungherese», chesi rivelò fon- terrà allo «stadio contingente» di una lingua (in questo caso il tango), ma
damentale perché grazie a lui scoprì un’intera tradizione di compositori che permetteràchealtre, straniere, lo «scuotano». E traducendo Barték il jazz
ignorava. In Rapsodia in blu,il film-biografia del 1945 che a Piazzolla non estenderà le frontiere di genere, amplierà e approfondirà la propria lingua.
doveva essere sfuggito, il maestro ungherese ha un manoscritto originale di Un altro traduttore, Keith Emerson,cercò in Barték quanto cercava Piazzol-
Brahms che mette nelle sue mani comese in quel passaggio di consegne per la, per adattarlo all’organo Hammond,nell’ambito di un rock chesi defini-
Gershwin si stesse chiudendoil cerchio. «Hofiduciain te, questo è un paese va «progressivo» (un aggettivo utilizzato prima dal jazz e associato al tango
in crescita, dovela tradizionesi mescola con la novità. Seriesci a unire le due da Piazzolla nel 1957, quandoincise un disco con l’Octeto Buenos Aires).?
cose, l'America avrà finalmente una voce», gli dice mentreglielo affida. Ciò che Benjamin vedeva comeunesercizio inutile (la traduzionedi se-
Alcuni frammentidell’autobiografia piazzolliana sembranoscritti in mo- conda mano,la «trasmissioneinesatta di un contenutoinessenziale») acqui-
do specularea quelfilm. Le somiglianze affiorano comesitrattasse di una ra- sta un nuovosignificato nelle sue dita. Quelle «traduzioni di traduzioni»
diografia esposta alla luce. Nell’imponentefigura di Gershwin,che ritroverà (dall’orchestra al piano e dal piano al bandoneon) sonoin un certo senso
a Buenos Aires attraverso lo schermo, Piazzolla ravvisa un modello per sa- germinali. I pollici si deformanovia via che si muovonosullo strumentoal
nare le contraddizioni fra erudito e popolare, studio e intuizione, Europa e ritmo di una musica sradicata.
Nuovo Mondo,che lo accompagnerannodi continuoe cheil film accentua «Eranoi tempiin cuiil ragazzo rispondevain inglese quandogli parlava-
in modoperfino grottesco quandoil musicista newyorkesesi trova di fronte noin spagnolo, arrivando addirittura a confessare diessere italiano: argen-
a un Ravel accondiscendente, quasi genuflesso, e gli domanda: «Comefa a tino mai, per timore di essere confuso con un portoricano», dice Speratti a
trovarel’ispirazione?» «Quandoparlo a Ravel del mio desiderio di studiare proposito di Piazzolla.?* Un’infanzia tagliata su misura di uno strumento mi-
ride, eppure io voglio studiare», dice in un altro momento. Piazzolla vedrà grante e clandestino.
nell’autore del Concertoin fa una guida per forgiare il proprio «sogno ame-
ricano»: ottenere il riconoscimento del pubblico e del mercato con una mu-
sica personale. Anche se, curiosamente, quandoricorderà Gershwine il suo
aneddoto francese- il film di Irving Rapper — cambierà uno dei nomidi
persona. «Gershwin voleva studiare con Nadia Boulangere lei non lo volle
comeallievo». La storia, ormai diventata leggenda, è stata raccontata da
Blas Matamorosulla rivista Crisis'? in questi termini: «Quella vecchiaccia
gloriosa e insopportabile, che aveva partecipato alle leggendarie lezionidi
composizione del grande Gabriel Fauré e avevacorretto le partiture del com-
pagno di banco Maurice Ravel, accettava comeallievo quel rioplatense mol-
ti anni dopoaverrifiutato, per ignoranza, un americano chiamato George
Gershwin».
Eppure, al bandoneon,Piazzolla suona Gershwin.
Suona in modofebbrile e traduce. Adatta riduzioni dallo scopo puramen-
te divulgativo, comele versioni popolari dei grandi romanzi. La traduzione
è unavariante dell’arrangiamentochevive il suo momentodisplendorenel-
l’Ottocento. «Nessuna traduzionesarebbe possibile se mirasse, nella sua ul-
tima essenza, alla somiglianza con l’originale», dice Benjamin.*° La tradu-

[36] [37]
di Astoria di Long Island,il piccolo Astor indica un orizzonte imperscruta-
bile per il quartetto che lo accompagna. L'immaginediventa il passaporto
simbolico del suo ingresso nella cultura argentina, seppure attraverso
Broadway. Lontano dalle telecamere, Piazzolla mostra a Gardel comesuo-
nail fueye,® e Gardel emette una sentenza inequivocabile: «Diventerai qual-
cuno, ragazzo,te lo dico io. Mail tango lo suoni come uno spagnolo». Gar-
del percepisce uno squilibrio::benchési vesta da «gaucfiito», il pibe è anco-
ra un marinaretto. E tra i due ha luogo, secondo Diana Piazzolla, un altro
dialogo cheresterà negli annali. «Il tango faccio ancorafatica a capirlo», di-
ce il giovane Astor. E Gardel, che è ormai unastatua che muovesolo la boc-
ca, gli risponde: «Quandolo capirai, non vorrai più lasciarlo»?
Maprimabisogna tornare a MardelPlata. Perché, dopoi diversitipi di
iniziazione per i quali passa (la musica,la cultura «gang», gli ambienti ma-
fiosi, il soprannome /efty, una fidanzata, la prima performance,la forma-
zioneall’interno della società dello spettacolo), nel 1937 rientra in Argenti-
nae ritorna al tango,intitolandoil primo pezzotipico del genere «Paso a pa-
so por Broadway», per quantolo suonasse come «uno spagnolo». Il suo de-
butto musicale ha luogonel bar del padre, il Nueva York, dove però suona
l’armonicainsieme a due musicisti ciechi. Esegue «Someof These Days». Si
pettina come Mickey Rooney. Parla comeil doppiatore spagnolo di Tarzan,
Gli ascolti furtivi al Cotton Club coincidonocon il suo ingresso nel mondo il personaggio dei romanzidi Edgar Rice Burroughsche al cinema,a partire
del cinema per manodi Gardel. Piazzolla ottiene una piccola parte in E/ dia dal 1932, fu interpretato dal nuotatore olimpico Johnny Weissmuller.
que mequieras. Interpreta unostrillone. La sua presenza permette di chiu- Lo spagnolo rudimentale con il quale Piazzollasi fece conoscerealsuo ri-
dere una scena rappresentativa degli archetipie dei pregiudizi checircolava- torno viene spesso rimarcato dai suoi biografi. La sua lingua stentava non
no nell’Argentina degli anni Trentarispetto al ruolo dell’entertainer e che poco a adeguarsiall’inflessione degli argentini, un tratto che si accentuerà
combinavano il disprezzoclassista con una spettacolarizzazione melodram- conil passare degli anni e marchierà il suo mododiparlare al punto che, nel-
matica. Gardel, che all’epoca aveva superato la quarantina, nel film è un la ristretta cerchia musicalein cui si muoverà, verrà chiamato, a quanto rac-
«giovane» oppresso dall’atteggiamentoprotettivo del padre, che vuole far- conta Horacio Ferrer, «el Yoni» — traslitterazione argentina di Johnny — un
gli sposarelafiglia di un altro imprenditoreper riunire così i due patrimoni. appellativo che rimandaalla sua inequivocabile condizionedistranieroe at-
MaGardelsi ribella. Ama un’altra donna, vuole cantare e suonare per quan- traverso il quale, al momentodicriticare la sua musica,i suoi avversari met-
to ciò possa sembrare pericoloso. Per questo «scappa»di casa calandosi dal teranno in discussione anchealtre cose.*
balcone con un grosso fardello (il suo strumento). Sta fuggendo con degli Astor aveva ormaidiciassette anni, ma lo «imbarazzava»chei suoi amici
amici quando unpoliziotto lo sorprende e lo arresta perché ha un’aria so- sapessero che suonavail bandoneon(0, peggio, che lo facesse indossando un
spetta. In quel momento la musica che accompagnala scena, emuladi Ri- travestimento).In Francia, molto tempo dopo, l’avrebbe tenuto nascosto
chard Strauss, si interrompe e lascia parlare gli attori. «Suoniamo», dice nell’armadio. Il contrasto fra quella presenza imbarazzantee l’aspirazione a
Gardel quando la musica nonsi sente più. Solo quando l’agente capisce che dotare lo strumento di una nuovacittadinanza è presente fin dagli esordi. Il
è il figlio di Argiielles decidedilasciarli andaree di non farne parola con nes-
suno. «I miei genitori non devono saperne nulla», lo implora il cantante.
«Sarò una tomba», diceil poliziotto, la voce dello Stato. È allora che com- * Già agli inizi del secolo,l'appellativo veniva usato nel mondo del tango peralluderea chi era
forestiero. Il pianista e compositore Prudencio Aragén (1886-1963), ad esempio, era sopran-
pare perunistanteil Piazzolla «strillone». In unafoto delle riprese negli stu- nominato «el Johnny»per via dei capelli un po’ rossicci.
£
[ 38]
[39]
bandoneon comincia ad assumere un nuovosignificato grazie a un’altra sco- passionati». AI di là della possibile confusioneriguardo alle datee all’ordi-
perta casuale. Quella del violinista Elvino Vardaro. «Ho trovato un modo ne degli eventi, c'è un elemento inequivocabile: Piazzolla si identifica con la
diverso di suonareil tango», dirà. corrente innovativa del tango. Ad attrarlo, quandovi entra in contatto, è
La memoria di Piazzolla è molto selettiva e a volte presenta lacune e re- proprio l’analogia con il convulso background assorbito a Manhattan.
miniscenze confuse (uno dei suoi migliori amici a Manhattan è Rocky Gra- Nella lettera inviata da Astor a Elvino Vardaroil 14 maggiodel 1938 —
ziano, dice a Speratti, ma a suafiglia assicura che era Jake LaMotta). Altre che sembra opera di un traduttore automatico dall’inglese allo spagnolo —
volte è basata su ricostruzioniarbitrarie. Non è chiaro che cosa abbia ascol- nella quale chiede al suo idolo:di mandargli unafoto, fafgià capolinoil desi-
tato di Vardaro. A Speratti parla del sestetto (Vardaro e Hugo Baralis al vio- derio di nuovescale gerarchiche. «Ammirononsolola sua orchestra, la mia
lino, José Pascualal pianoforte, Pedro Caracciolo al contrabbasso e Anibal preferita, ma lei comeviolinista. Io non sonounviolinista, suono il Bando-
si Lu. . . mu.
Troilo e Jorge Fernndez al bandoneon). Ma nonci sonoregistrazioni di- neon». Ha solo diciassettè annie scrive già il nomedel suo strumento con
scografiche di quel gruppo. È molto probabile che, incollato alla radio in l’iniziale maiuscola.
quei giorni di tedio a Mardel Plata, avessesentitoil sestetto suonare dalvi-
vo. O che, magari, fosse rimasto colpito dal quintetto Los Virtuosos. Il la-
vorodelle percussioni, la sovrapposizionedi diversi schemiaccentuativie la
sequenza del 3+3+2 nella seconda parte della straordinaria versione cheil
gruppofece nel 1937 di «Chiclana» - un tango che Piazzolla avrebbe ese-
guito più tardi, con la sua Orquesta del ’46 - lo lasciano supporre.Il quin-
tetto era natoin seguito a unepisodio piuttosto curioso. Nell’Argentina del-
l'epoca,il voto era sinonimodi truffa. La si chiamava «frodepatriottica».
Malarivista Sintonia, in controtendenzarispetto a quella pratica coerciti-
va, invitò i lettori a scegliere «democraticamente»i migliori strumentisti che
avrebbero potuto formarela grandeselezione. Sintonia emiseil suo verdet-
to mentre Piazzolla si trovava a New York: Francisco De Caro al pianofor-
te, Ciriaco Ortiz e Pedro Maffia — che declinò l’invito per altri impegnie fu
rimpiazzato da Carlos Marcucci, che era arrivato terzo - come bandoneoni-
sti e Vardaro e Julio De Caro al violino. «Il pubblico, sempre pronto a so-
stenere operedi sicuro valoree, soprattutto, animate daintenti nazionalisti,
votando con grande entusiasmo e seguendo passo a passo gli interessanti
candidati che questo originale concorso ha avuto mododi proporre, ha ap-
pena manifestato la propria volontà sovrana», annuncia la rivista nel co-
municare i membri del quintetto.**Il complesso venne formato seguendoil
modello dei «virtuosi del jazz», i seguacideiquali, sottolineava Sintonia, ne-
gli Stati Uniti erano «un esercito»: «Si esibisconoalla radio, fanno tournée,
incidonodischi, suonanoneiteatri. Ricevono compensistrepitosi». La rivi-
sta che intendeva formareil gusto popolare si domandavase gli «assi no-
strani» sarebbero mairiusciti a «imitare i loro omologhi americani» e a
prendereil posto di Gardel, che era morto nel 1935, «nella memoria delle
masse». «Ce la faranno a viaggiare per tutto il paese guadagnandoingenti
sommedi denaroe ad attirare con le loro esibizioni grandi fiumanedi spet-
tatori? Speriamo disì. Nel frattempo, incoraggiamoli con i nostri voti ap-

[40] [41]
Note della prima parte

1. Rem Koolhaas, Delirious New York, The Monacelli Press, New York 1978 (Delirious New
York: un manifesto retroattivo per Manhattan, Electa, Milano 2001, traduzionee cura di Mar-
co Biraghi).
2. Lev Trotzky, Mein Leben: Versuch einer Autobiographie, Fischer, Berlino 1930 (La miavita,
Mondadori, Milano 1976, introduzione e traduzione di Livio Maitan).
3. La versionediscografica,intitolata The Central Park Concert, è uscita perl'etichetta Chesky
Recordsnel 1994.
4. Diana Piazzolla, Astor, Corregidor, Buenos Aires 2005.
s.Ivi
6. Peter Szendy, Écoute, une histoire de nosoreilles, Les Éditions de Minuit, Parigi 2001.
7. Citato da Oscar Zucchi in «El bandone6nenel Riode la Plata. Parte 11», sulsito internet To-
doTango, http:/www.todotango.com/spanish/bi blioteca/cronicas/eronica_bandoneon_2.asp.
8. Noticias Gréficas, 1° agosto 1947.
9. Diana Piazzolla, Astor, cit.
ro. Quel miseral sarebbe statopoi riprodotto a Città del Messico, al primo pianoe sopra l’atrio
centrale del Palazzo delle Belle Arti, che funge da principale sala espositiva della capitale.
11. Diana Piazzolla, Astor,cit. SECONDA PARTE: 1938-1953
12. The New York Times, 20 ottobre 1935.
13. Simon Frith, Performing Rites. On the Value of Popular Music, Oxford University Press,
Oxford 1995. . (BUENOS AIRES)
14. Richard Crawford, American Musical Landscape. The Business of Musicianship from Bil-
lings to Gershwin, University of California Press, Berkeley 2000.
15. Diana Piazzolla, Astor,cit.
16. Liborio Justo, Prontuario. Una autobiografia, Ediciones B, Buenos Aires 2006.
17. Alberto Speratti, Con Piazzolla, Galerna, Buenos Aires 1969.
18 David Ewen, George Gershwin: His Journey to Greatness, Ungar Pub. Co., New York
1956.
19- Blas Matamoro, «Tango:Piazzolla, la vanguardia y después», Crisis, novembre 1973.
20- Walter Benjamin, «Die Aufgabe des Ubersetzers», in Charles Baudelaire, Tableaux Pari-
siens. Deutsche Ùbertragung mit einem Vorwortiiber die Aufgabe des Ubersetzers, Verlag von
Richard Weifbach, Heidelberg 1923 («Il compito del traduttore», in Angelus Novus: saggi e
frammenti, Einaudi, Torino 2008, traduzione € cura di Renato Solmi).
21. Tango progresivo, Discos Allegro (1957). Inclusoin Piazzolla Completo. 1956-1957, Lan-
tower (2009).
22. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit.
23.La grafia corretta in spagnolo sarebbein realtà fue/le, ossia mantice, ma a BuenosAires, per
riferirsi al bandoneon,è più comunefueye.
24. Diana Piazzolla, Astor,cit.
25. Ivi.
26. Sintonia, 15 ottobre 1936.
27.Il fac-simile della lettera è stato pubblicato da Diana Piazzolla in Astor,cit.

[ 42]
Esistere è avere un nomeproprio, un’ancora di salvezza in mezzo alla molti-
tudine. MardelPlata, però, condannavaPiazzolla all’anonimato. Tutto era
piatto, noioso. La spiaggia, un cul-de-sac. All’orizzontesi profilava soltan-
to la possibilità di studiare contabilità. E, per giunta, «avevodei nemici,liti-
gavo contutti». Doveva partire. Impossibile resistere alla forza centripeta
di Buenos Aires. Miguel Calé lo incoraggiavaa farlo. «Il profumo del tango
arriva fino ad Avenida General Paz, o poco più in là. Mafiniscelì», dirà lui
anni dopo.?
Decise di andarsene.Il padre gli diede un fascio di banconote. Astor viag-
giò verso la capitale argentina insieme a un conoscentedi Vicente Piazzolla,
su unastrada asfaltata da pochissimo: la linea che congiungeva due punti di
un’enorme pianura senza passato. Buenos Aires era il «centro» attorno al
quale girava tutto: l’amministrazione nazionale, la cultura e la ricchezza che
derivava dalla produzione agricola. «Da una parte BuenosAires e dall’altra
il nulla», conclude nel 1933 Ezequiel Martinez Estrada nel suo Radiografia
de la Pampa. Piazzolla l'aveva intuito. Come poteva essere qualcuno nel
nulla? Per-questo approdò nell’«ombelico fluviale della mostruosacittà»,
un luogoche, all'apparenza, era «più simile a Parigi che a Chivilcoy», ma /
che «dentro, nel sanguee nello stile», non era poi molto diverso da «qual-
siasi paesino dimenticato in provincia di La Rioja».* f
£

[45]
ca e la stessa musica classica. Julian Aguirre, Juan José Castro, i pezzi per
La città è un transatlantico ormeggiato, a bordodelquale si viaggia verso pianoforte di Ernesto Drangosch e un precoce quanto dimenticato tentativo
lo stesso lUOgOincui ci si trova. Inducealla divagazione metafisica, fa del re-
taggio p remoderno una fonte di ispirazione poetica, un fondamento della di Alberto Ginastera testimoniano questi approcci.
coscienz 2 € Un codice di comportamento. Vi operanoe cospiranoanarchici, Le diatribe sultango che sorgono a Buenos Aires non sono nemmenosem-
plici controversie sullo stile, ma, comesottolinea la Garramufio,discussioni
comunisti, ultramontani, socialist, positivisti, aristocratici fra ncesizzati che fanno capoa diverse tipologie o reti culturali: parlano di conflitti più
nazisti, avanguardisti, cos mopoliti sostenitori della Repubblica spagnola ampi, che trascendonoil dibattito musicale. £
fanatici del generale Millan-Astray e del suo «viva la morte!» e simpatiz- Le prime avanguardie argentine, sostiene l’autrice, possonoessere analiz-
zanti di Yrigoyen nostalgici e bohémien.
zate a secondadelle posizioni che adottarono riguardoal tango. La filiazio-
Piazzolla dovette vivere quella città stratificata comeunarivelazione, 0 ne «autoctona» che Borges attribuisce al tango, come continuazione della
come un déjà-vu.
tradizione gauchesca, vorrebbe cancellareil ruolo determinante dell’immi-
Claude Lévi-Strauss vedeva l'America come unaterra passata dalla bar- grazione. Per Borges,il nuovo tango ha «corrotto» quello genuino. «Esiste
barie alla decadenza senza conoscerela civilizzazione. Le città del Nuovo unastoria del destino del tango cheil cinematografo riesuma periodicamen-
Mondoprecipitavano dal nuovo al decrepito senza fermarsi alla maturità. te», dice riguardo alla genealogia ufficiale — periferie malfamate, bordellie,
Non c’era traccia divestigia. Perle città europee,il susseguirsi deisecoliè si- solo alla fine, l’adozione patrizia. Sempre secondo Borges, questo «roman-
nonimodiprogresso,è un valore. Per gli americani, dice in Tristi tropici,’ due zo di un giovane povero» è una specie di verità indiscussa o di assioma: «I
anni significayo decadenza. E nella San Paolo degli anni Trenta percepisce
qualcosa che è applicabile a Buenos Aires: si sviluppa con una tale rapidità miei ricordi (e ho compiuto cinquant'anni) e le ricerche da me condotte sul
che è impossip.ile procurarsene la pianta, perché ogni settimana bisognereb- filo della tradizione orale, certamente non lo confermano», dirà nelle edi-
be aggiornarla. Che musica è quella che puòcaptare una simile vertigine? zioni successive di Evaristo Carriego.”
Il tango, come;| gambain Brasile, in poco tempopassò dall’essere consi- È per questocheparla di una fase precedentealla «deplorata conversione
delatoprimitivo , essere riconosciuto come musica nazionale. La purifica- alla decenza dei quartieri poveri e malfamati». Quello chesi suonava prima
era un prototangoche merita di essere onorato. Borges, seguendo Leopoldo
zionecivilizzatrice fu immediata. Tra il DNA dubbio e la sua canonizzazione Lugones, negli anni Trenta parla di un tango «barbaro»che nonesiste più.
intercorsero pochi anni. È ciò che Florencia Garramufio in Modernidades «Nel tango quotidiano di BuenosAires, nel tango delle serate familiari e del-
primitivas* ha definito comeun prodotto anfibio, che mira simultaneamen- le pasticcerie rispettabili c'è una malizia triviale, un sapore di infamia chei
te al «patriottismo», che gli deriva da un passato primordiale, e alla «mo- tanghi del coltello e del lupanare non potevano nemmenosospettare».
dernità», chesi costruisce fuori, a Parigi. Ciò che è primitivo è, in parte, un Coloro che nel giro di qualche decennio avrebbero esaltato i sobborghi
cosmopolitismo alla rovescia.
edenici comeun presente perpetuo erano borgesiani, benché non lo sapesse-
Secondo la Garramufio, la parabola del tango smentiscel’idea di una cul-
ro ancora.
tura comple tamentecivilizzata. Se il progresso implicava l’introduzione di La glorificazione dell’autenticità dei luoghiperiferici, così simile all’idea-
nuove tecnoJogjee stili di vita, e se spessoera visto comelo specchiodi quan- lizzazione di Mosca a discapito della «francesizzata» San Pietroburgo
to accadeva nelle grandi capitali, la rivendicazione di un passato «selvag- («adesso ti chiamano Margot», ebbe a dire lo slavofilo Michail Séerbatov
gio” "APP esentava quantomeno un problema per il discorso della moder- nell’opera satirica Viaggio nella terra di Oftr, del 1784),? trasferisce sul
nizazione, Dj quil'esigenza di «ripulire» la fedin a del tango. Le tracce del- «centro» l’idea di corruzione chefino ad alloraera stata attribuita a un tut-
l’origine sono questo: orme, non qualcosa di permanente. to generico. Ma, ad ogni modo,dalla condannainiziale di quel «rettile da lu-
Questo processo può essere spiegato come un pasaggio dal corpo all’udi- panare», per usare le parole di Lugones,all’accettazione — e, soprattutto, al-
to, dal ballo procace alla canzone. Ascoltareciò che viene detto. De Caroin- l’esaltazione degli elementi più legati alla delinquenza e al malaffare da po-
trodurrà unanovità poi approfondita da Piazzolla: ascoltare, ma senzatesto. stribolo, divenuti segni di purezza genetica — non passano poi molti anni.
Il tango nonè spp ciò chesi sente e le accese conversazioni che nederi va-
no. È oggetto di yyrappresentazione chesi declina in linguaggidiversi: il Nella transizione che denota comecaratteristica principale il passaggio dal
cinemae la pittu ala caricatura, la letteraturae il saggio,la poesia, la gr afi- ballo «con pausee torsioni del busto» a quello «liscio», colpisce la conver-
*
[47]
[46]
sione di uno dei paladini del nazionalismo argentino. Manuel Gflvez,nel
suo EI diario de Gabriel Quiroga. Opiniones sobre la vida argentina, del
T9IO,Scriveva:

Le rive del fiume hanno dimenticato la loro musica. Gli immigrati, sloggiando
i gauchos, hanno mess fine ai canti e alle danz autoctone [..]. In compeno
adesso abbiamoil tango , un prodottodel cosmop olitismo, unamusicaibridae
funesta. Nonconoscop iente di più ripugnante del tango arg@tino. Il ballo è
grottesco[...] e, comefosse UN castigo, ci tocca sentire dappertutto questa mu-
sica brutta e sgraziata, sinto MO deplorevole della nostra denazionalizzazione.”°

Nelle sue memorie, invece, molto tempo dopo confessò:


Il ballo di periferia mi riuscì subito facile. Nonè così strano: io sentivo la musi-
ca e, dal 19000 1901, suonavotanghi al pianoforte. Coloro che mi ascoltavano
si stupivanoche un «giovanedistinto» come me trovasse tanto diletto in quella
musica da sobborgo. La ballavo, insomma, e piuttosto bene, «con moltotra-
sporto», secondole mie complici compagne. È che sentivo davvero la musica..."

Esiste un’iconografia del tango totalmenteestranea alla rappresentazione


pittoresca: quella di Emilio Pettoruti, uno dei padri della pittura moderna
argentina. Temprato dalle battaglie prefasciste del futurismoitaliano, Pet-
toruti destò grande scalpore con la sua prima esposizione nella galleria Piazzolla era arrivato a Buenos Aires comeun indemoniato, a quantoricor-
Whitcomb,nel 1924. QuandoPettoruti posa lo sguardo sui musicisti,li ve- da Héctor Stamponi, che lo aveva conosciuto a Mardel Plata. Alloggiavaal-
ste da arlecchini, alla maniera di Picasso. I musicisti di Pettoruti hanno sem- la Pensi6n Alegrfa,all’incrocio tra Calle Sarmiento e Calle Montevideo. Li-
preil volto nascosto (sono ciechi oppureil cappello copre lo sguardo), ma bero Paolini, il suo vecchio maestro di bandoneon,erail suo roommate. «E
nondissimulano la loro identità: sono musicisti di tango e sonoraffigurati cosìti ricordi di me?», gli disse quandolo rivide.
utilizzandoil lessico visivo dell'avanguardia europea. In Arlequin, del 1928, E mentresi esercitava su Bach al bandoneon(ma cosa? Invenzioni a due
la fisarmonicaè già stata rimpiazzata dal bandoneon.Lo stesso vale per La voci? Preludifacili? Partite? Suites? Concerti? La vaghezza del riferimento
canci6n del pueblo o Los caminantes, del 1935. In Hombre de mi tiempo, presupponeunvirtuosismodicui non era dotato), cominciò a intuire quali
del 1938, il fueye non lascia intravederelo spartito, benché a occhio nudosia fossero le regole del gioco. La promessa che credevadi aver sentito per boc-
possibile intuire che cosa suoni. Così comein E! indeciso (1950). Soltanto ca di Calò (entrarea far parte della sua orchestra) non eratale, o almeno non
nell’ultima opera della serie, El morocho maula, cade la maschera del musi- si tradusse in denaro. La prima formazionea cui diede vita Piazzolla fu un
cista. Nonci sonopiù artifici. La freddezza geometrica del contesto urbano duodi fueyes con Calixto Sallago: suonarono qualche adattamento musica-
è associataalle pieghe del bandoneon. Pettoruti passò dal cubismoal tango. le di Rachmaninov. Le «traduzioni» di un certo repertorio classico erano un
Piazzolla passerà lentamente dal tango alle angolazioni squadrate, come po’il corrispettivo di quelle di Dostoevskij o dei grandi romanzieri europei
quelle di un edificio del calibro del Kavanagh,nel qualesi imbatté al suo ar- commissionate da case editrici come Claridad o Thorper le collane popola-
rivo a BuenosAires. Tango,il primofilm sonoro argentino, del 1933, testi- ri; le stesse che leggeva lo scrittore Roberto Arlt. Piazzolla si unì poi a Ga-
moniava questi cambiamenti nella conformazionedella città. La locandina briel Clausi, un ex componentedell’orchestra di Julio De Caro.E in seguito
mostrava un grattacielo, anchese il canto dei protagonisti continuavaa par- entrò nel complesso di Francisco Lauro. Passava dalla sua stanza al cabaret
lare di ciò che avevano perduto. Novelty, tra Avenida Corrientes e Calle Esmeralda, con qualche incursione
occasionale in un cinemao in unbiliardo.
£
[48] [ 49]
Tr
«Libero si prendeva cura di me, ma io mi annoiavo a vagare senza meta pre conlastessa enfasi. «C’è un sapore da Giudizio Universale nel puntodi vi-
per la città», dirà. La pensionesfatavacerti stereotipi. «Nonriuscivo a capi- sta dell’uomo di Corrientes ed Esmeralda». E conlo spirito intuito da Scala-
re perché i musicisti dovessero vivere in luoghi così squallidi». Piazzolla non brini Ortiz, gli apologeti di Francisco Canaroe di De Caroaffilano le armi del-
©voleva essere Francisco Canaro — un destino imperdonabile per un precoce l’invettiva in un qualche angolo o caffè. La diatriba in cui sono coinvolti non
epigono di De Caro — eppure ambivaa ottenerela sua fama. Le radio più im- sarà più sanatae certi luoghi comuni riemergeranno con maggiore violenza
portanti se lo contendevano. Firmava contratti esorbitanti. Sintonia soste- quandoil nomedi Astor sarà associato all’apostata e nonall’apprendista.
neva fosse «proprietario di bellissime auto di lusso». Il tango attirava i sol- Prima che questo accada, tuttavia, dovranno passarefquasi vent'anni. A
di. «Noidirettori d’orchestra oggi guadagniamo quattro volte tanto quello metà degli anni Trenta, Sintonia si sente in doveredi lanciare un «grandedi-
che prendevamoquattro anni fa. Non è forse un segno eloquente dell’apo- battito mediatico» perché in gioco c’è «una delle tradizioni musicali del no-
geoa cui è giunta la nostra musica?» La domanda lanciata da Osvaldo Fre- stro popolo, che,in quantotale, fa parte della sua anima».
sedo non aveva bisognodirisposte. Se loro ce l’avevanofatta, l’esperienza Canaro rappresenta a grandilinee ciò che è consolidato ed efficace.
alla Pensi6n Alegrîa non era che una prova per Astor. De Caro il portavocedell’ «elevazione» musicale.
Per il momento,il Novelty, a pochiisolati dalla sua stanza, non solo era Nell’esaminare «la patria del tango» (il tango comepatria, si leggerà più
unafonte di sostentamento, ma rappresentava soprattutto un crocevia fon- avanti), Sintonia sottolinea che Canaro è un «conservatoreriformista» che
damentale. All’angolo fra Avenida Corrientes e Calle Esmeralda, dove si non si «oppone» al cambiamento, pur sentendo «l’esigenza di mantenere
trovava quel cabaret di quinta categoria, Raùl Scalabrini Ortiz aveva trac- saldo il legame con lo spirito tradizionale che sta alla base del genere».
ciato una meridiana. Nei dintorni rimuginavail protagonista di L'uomo che Quando De Caro incide «Derecho viejo» di Arolas, la rivista crede che si
è solo e attende.'* Con questo saggio del 1931, la cui edizione definitiva sa- debba porre un frenoalla rielaborazione di pezzigià entrati nel canone. Non
rebbe arrivata solo un decennio più tardi, Scalabrini Ortiz cercò di sondare è «facile» abituarsi a quelle nuove versioni. Secondogli autoridell’articolo,
«l’anima contemporanea» del bonaerense. Quell'uomo di Corrientes ed Julio Rosenberg, l’arrangiatore di De Caro, «dovrebbe semplificare»il suo
Esmeralda è «un bambinoche non è cresciuto», che ha un futuro, un passa- lavoro ai fini della leggibilità. Sintonia fa notare «che il mondosi evolve e
to, ma mai un presente; un tipo che, quando vede una bella donna, «sfode- chele rivoluzionidi solito lasciano pochifrutti e non sempre buoni». E se è
ra uno sguardo palesemente erotico». Quello sguardo è una «carezza priva vero che «bisogna conquistareil pubblico in nomedi una nuova causa», non
di enfasi». Una musica «dolente e genuina» lo traduce in «ammirazioneras- è possibile «attrarlo proponendogli tutt’a un tratto una novità che lo può
segnata». Questa musica è il tango e parla dei tormenti «di tutti i bonaeren- sconcertare invecedi affascinarlo»,
si», mentre le parole rispecchiano «quelli dei pochiin cui gli altri trovano Il dibattito si infittisce. «Mi rammarica tutto ciò che nuoce al tango per-
unagiustificazione». L’uomodi Corrientes ed Esmeraldasi riconoscein quei ché sento di farne parte, credo che per opera di alcuni stia prendendo una
testi per il loro «sobrio empirismo» piuttosto che nei «futili saggi, romanzi piega a mio parere deltutto sbagliata. Sempre che, naturalmente, non sia io
o poesie che costituiscono la novità francese, inglese o russa di turno». Sca- a sbagliarmi, perché l'errore o è nostro o è loro», si lagnava Canaronel no-
labrini Ortiz, in questo elogio della malinconia, si domandache bisogno c’è vembre del 1936 (maera solo un preludio di rimostranze eterne). Noio lo-
di rallegrarsi «in modoartificiale» se «vogliamoesseretristi». ro. Mai entrambi. O un terzo schieramento. Riferendosi a De Caro, pur sen-
Il tormento è d’obbligo in una società bisognosadi idoli — e i musicisti di tan- za nominarlo, Canarose la prende con «alcunicultori, peraltro autorizzati
go lo erano — mapiù diognialtra cosa, dice, a Buenos Aires ci voglionofigure dal prestigio acquisito e mossi dall’intento dichiarato di elevarla e nobilitar-
in grado di «dividere l’opinione pubblica». Insomma, «idoli davantiai quali la», che stanno compromettendola musica della città. «Quelle modifichein-
prostrarsi anima e corpo, con fervore». Il bonaerenseè il «tifoso sfegatato di sensate non sonoaccettate dal nostro pubblico. Che senteil tango così com'è
una squadradi calcio della quale non conosce nemmenoi giocatori... In loro e come deveessere:il tango canzonee il tango ritmico». Canaro invocail
nome,discuterà,farà a botte... Ne parlerà comesefosserole parti di un vessil- «nostro popolo» e la «grande massa degli ascoltatori» nel tentativo di pre-
lo, gli scudi di un blasone,i pezzi di stoffa di uno stendardo». L'autorerileva servarlo «così com’è», scevro da pretese teoricamenteerudite.
un elementocaratteristico di questa forma di devozione: la fugacità. L’astro E racconta a Sintonia una scoperta che aveva assunto le sembianze di un
nascente di oggisarà presto rimpiazzato conpariintensità. Se ne parlerà sem- affronto:
*
[ 50] [ st]
Ungiorno, spinto da questa strana vocazionea scoprire le novità, mi sonosin- passi in Avenida Corrientes e quandoarrivò all’altezza del 900, ossia nei
tonizzato su un’emittente che, a quanto annunciava, avrebbe trasmessodilì a pressi del Novelty, vide una locandina sulla porta del Café Germinalnella
poco l’interpretazione di un tango di Juan de Dios Filiberto, eseguita da un
gruppo che è più opportuno non nominare, È cominciata l’interpretazione del
quale si annunciava il debutto dell’orchestra di Pichuco, soprannome con
tango promesso, arrangiato dal direttore d’orchestra (che è altrettanto oppor- cui era conosciuto Anfibal Troilo. D’improvviso, sentì qualcuno suonare al
tuno non nominare) e che naturalmente era alla testa di un complesso numero- pianoil tango «Commeil faut», di Arolas. Ancora una volta, come quando
so. Ebbene, quel tango, che conoscevo molto benevisto che lo eseguo regolar- a Manhattan aveva scoperto Bach, la musica arrivò «da fuori» a indicargli
mente con la mia orchestra, mi ha sorpreso, perché era una musica strana, che la via. Non sarebbestata di certo l’ultima volta.
non aveva nulla a che vedere con il pezzo annunciato,allora ho pensatosi trat- Piazzolla entrò e videil pianista Orlando Gofii. A partire da quel momen-
tasse di un errore del presentatoree ho continuato ad ascoltare. Ho riconosciu- to decise di trascorrere al Germinal— in fin dei conti un caffè, non un tugu-
to il branosoloalla fine, quando miè sembratodi intuire vagamente qualcosa
rio — sei ore al giorno. E fu così che avvistò Troilo. «Lo guardavo comese
di familiare, appena un barlume. Quandoè finita l’interpretazione dell’opera
del prestigioso compositore, il direttore e arrangiatore in questione ha comuni- fosse Dio», dirà a Speratti.'* E gli racconterà anche che passava le ore al Ger-
cato con una franchezza degnadi climi polari di aver eseguito il suo arrangia- minal ad assorbire come una spugnatutto ciò che sentiva. Le sue dita batte-
mento del tango di Juan de DiosFiliberto. Credo di aver detto la mia a propo- vanoil tempo confuria sul tavolino. La sua presenza costante dovetteatti-
sito del tango,e se per quanto miriguarda do per concluse fe mie dichiarazioni, rare l’attenzione. Un giornogli si avvicinò il violinista Hugo Baralis, mem-
mi scuso moltissimo se qualche collega si dovesse essere sentito chiamato in bro dell’orchestra e di una dinastia di musicisti di tango. «Muovevale ma-
causa. Ma, caro amicocronista, chi offendeil tango, offende anche me.
ni, le gambe, era molto irrequieto», ricorderà." Non solo diventarono ami-
ci: da quel momentoil corso degli eventi subì un’accelerazione.
Una settimana dopo, il 26 novembre del 1936, De Carosi avvale del di- «Sembra cheil destino si compiaccia a nominare supplenti, nel caso che
ritto di replica sulle paginedi Sintonia. L'articolo comincia conil riferimen- vengano a mancarei titolari», scrive Julio Cortàzar in I/ persecutore," uno
to a un concerto al Teatro Operacheera servito a De Caro per tracciare una dei rari tentativi della letteratura argentina di mettere la musica in primo
sorta di storia del tango dal 1870 all’attualità. Nella sua versione di «Ideal», piano. Piazzolla era quel supplente,che era solo e aspettava. Un giorno, uno
il cronista rintraccia alcuni elementi che gli sembrano una «lieve remini- dei bandoneonisti di Troilo si ammalò,e lui si offrì di sostituirlo. Per con-
scenza» del preludio di Tristano e Isotta di Richard Wagner. «Ultimamente quistare Pichuco, però, gli fece vedere quello che sapeva di Gershwin (una
sono stato oggetto di una sistematica campagnadi diffamazione», si difen- versione ridotta dell’introduzione di Porgy and Bess? La melodia iniziale
de De Caro. E precisa di nonessere disposto a tollerarla. De Carosifa scu- della Rhapsody? Lo stralcio di una canzone?). L’approssimazione con cui
do della sua fama, rivendicai diritti acquisiti. E a quel punto ricorda velata- l’episodio viene riportato dai suoidiversi esegeti è finalizzata a mettereinri-
mente a Canaro (con parole che Piazzolla prenderà in prestito, pur cam- salto una condizione di costante sdoppiamento. «Queste cose lasciale agli
biando i nomi) che la propria opera «può vantare l’approvazione,il favore americani», gli disse Orlando Gofii, a quanto si racconta.
e perfino l'ammirazione,se così si può dire, di personalità come Juan José O Troilo aveva troppa urgenza e poche alternative — il che smentirebbe
Castro, Athos Palma e Lépez Buchardo», oltre a garantirgli «la collabora- l’esistenza di un mercato del lavoro prospero, comelo era allora quello del
zione di musicisti del calibro di Francisco Amicarelli, Ljerko Spiller, Wa- tango — o Piazzolla l’aveva davvero convinto con una prova di destrezza
shington Castro». De Carosi ripara dietro ai busti che adornanoi conser- mnemonica: secondo lui, conosceva ogni brano a memoria. Debuttò nel-
vatori per sferrare il proprio attacco. «Il problemaè chese trionfoio,gli al- l'orchestra nel dicembre del 1939, non molto dopole primeincisioni disco-
tri devono rinnovarsi, trasformarsi... o morire. Ed è forse la paura di que- grafichedi Troilo per l’etichetta Odeén, «Commeil faut» e «Tinta verde»,
st’eventualità a provocaresimili reazioni». Comeignorarel’ecodi queste ar- realizzate il 7 marzo del 1938.'” L’Argentina sembrava appartenere a un al-
gomentazioninelle dispute successive? tro mondo,estraneo alle tragedie che eranoin serbo per l’umanità.
Piazzolla si era schierato con De Caro, anchese nonerail suo unico ido- «È stata una nuovainiziazione al tango», dirà a un altro biografo, Nata-
lo. C'erano anche Maffia, Laurenz e Troilo, che,all’età di diciotto anni, gli lio Gorîn.'* La parola «nuova» rimanda a un battesimo precedente, celebra-
sembravanoirraggiungibili, per quantoin realtà fossero a un passo dalui. to a Manhattan. Così come a New Yorkera un italo-argentino trapiantato e
Lafiglia Diana racconta che unasera, come faceva spesso, andò a fare due aveva imparatoil linguaggioe gli espedienti della strada, a Buenos Aires è un
£
[ 52] [ 53]
newyorker che compieil percorso inverso: prendele distanze da certi inse-
gnamenti, li ritocca o li sovrappone comestrati geologici dell’esperienza.
Coni suoi andirivieni si doterà a poco a poco di un apprendistato tecnico e
sentimentale. Conosceràvia via i trucchi musicali dei suoi colleghi, ciò che
non vienerivelato dalla vagascrittura, il codice occulto dei musicisti di tan-
go che prende formaconla praticae che,alla lunga, definisce unostile, un
mododi imporsisul tempo. «Trucchidell’intuito», dirà, cose che «non po-
trei definire tecnicamente».Per Piazzolla, sono modidi suonaree sentire.
«Nonc’è niente dafare, è qualcosacheti esce dal profondo». Anchese Piaz-
zolla acquisisce delle conoscenze empiriche che lo accomunanoaglialtri
membridell’orchestra, si sente in parte diverso. Non balla néglipiaceil cal-
cio. Nongli interessa nemmenola politica. Ancora meno il mondodeinight
club. «Era terrorizzato dalle malattie veneree, un terrore ereditato dal pa-
dre», dicono Marfa Susana Azzi e Simon Collier in Le Gran Tango. The Life
and Music ofAstor Piazzolla° un’affermazionechefarebbela gioia di qual-
siasi psicanalista.
Per Martinez Estrada,il cabaret è un refugium peccatorum peresseri «che
hanno pochi peccati moralie intellettuali».?' Lì, le persone sembranoinibi-
te dal timoredi essere scoperte. Non ci sono donnecon vocazionedacorti-
giane. La sala ha qualcosadel focolare e, al contempo,della casa di appun-
«Sprofondata in mezzoai grandiedifici pubblici, coni suoiscenaridipolli
tamenti. Questa sovrapposizione, dice, suscita una sensazione sgradevole
nello spettatore. «Unacerta apprensione, unacerta freddezza e unacerta re- allo spiedoe sale dorate, spaccio di cocainae vestiboli di teatri, quanto è me-
pulsione psicologica difficile da dissimulare gli fanno sorgere il dubbio di ravigliosamente oziosa Calle Corrientes di notte! Che indolentee chebella!
trovarsi a ballare conla sorella. Sono due sconosciuti e non sembra trovino Più che una strada sembra un essere vivente!», scrive in una delle sue ac-
queforti urbane Roberto Arlt.** Il cronista nonsi sofferma quasi maisui de-
piacere nello stare insieme».
AIdi là della presunta fobia trasmessa a Piazzolla da quell’ambiente, «el cibel emessidalla città: nelle sue acqueforti a malapenasifa riferimento a un
vicino trombonista, al «suono indemoniato» dei fueyes. Buenos Aires, que-
Yoni» doveva certo possedere un discreto istinto di conservazione e un’e-
norme bramadisuccessoperriuscire a superarei primiscogli. Cos'altro po- sto essere «vivente», per Arlt è priva di suoni. Ma mentrela città borghese
teva fare un ragazzo comelui, che all’epoca dominava ancora molto meglio dormeignara, la musica si espande senza soluzione di continuità.
lo slang newyorkese (Baralis dirà che parlava «metà inglese» e «un quarto Troilo soprannominail suo giovane bandoneonista «Gatto», ma questi
di spagnolo») e che zoppicava in modoinequivocabile,* per inserirsi in un non acconsentea essere unodiquelli della notte. «Desideravo vivere in mo-
mondointriso di pregiudizi, misoginiae aggressività? I torti che disolito su- do diverso. Nonriuscivo ad accettare di essere destinatoallostile di vita dei
biscono le persone con un difetto fisico accentuato non devonoesserestati musicisti di tango. Volevo restarne fuori. E credo che questa intenzione, que-
un fattore secondario nella decisionedi Piazzolla di sferrare il primo colpo. sta inquietudine, mi abbiano salvato»?
Le sue «malefatte»(così le definisce parlando con Gorîn), quella gioventù da Piazzolla prende così due decisioni importanti. Per prima cosasi fidanza
musicista di cabaret, forse rispondevanoa qualcosadi più che a un semplice e si rifà una vita, lontana dai costumi «torbidi» del tango. Odette Marîa
eccesso di vocazione bohémien.,È possibile che fossero un meccanismo didi- Wolff ha diciotto anni e studia pittura. «Dedé»lo aiuta a formarsi un gusto
«diurno»: lo inizia alle avanguardie del cubismo, del surrealismo e dell’a-
fesa di fronte alle numerose avversità. Essere più cattivo deivericattivi.
strattismo. Gli fa scoprire un ambiente diverso. Lui le promettedilasciareil
* Durante l’infanzia aveva subito una paralisi a una gamba, per la quale fu più volte operato.
cabaret «al più presto». Lei, a quanto racconta Diana Piazzolla, gli rispon-°
£
[55]
[ 54]
de: «Hovisto la vita di Chopin in unfilm... Chetristezza». Maa lui piaccio- presentarsi al Palacio Alzaga Unzué, in Calle Arroyo, doveil maestro allog-
nogli esordi propizie i lieti fini, ed è comese nonlasentisse. «Adoroi car- giava da due mesi. La descrizionedi quell’incontro non è priva diuncerto sa-
toni animati e le caramelle gommose». Astor le annuncia di voler «studiare pore da biografia cinematografica. Gli apre la portail pianista, e non il mag-
sul serio».*4 giordomodella residenza. Dal collo gli pende un tovagliolo sporco disalsa di
Ed è questa la seconda carta che si gioca. Lavora ormai da un annonel- pomodoro. Sorride. Naturalmente parlano in inglese, con la complicità de-
l'orchestra che è probabilmente la migliore di tutta la città. Ha unostipendio gli emigrati. Rubinstein lo fa entrare. Piazzolla gli ha portato lo spartito di un
che gli consente di acquistare beni che saranno fondamentali a livello sim- «concerto per pianoforte». E glielo mostra. Rubinstein lefstudia, o ne suona
bolico. Piazzolla divora qualsiasi spartito si pari sul suo cammino: Robert un frammento, non cambia granché. Si accorge subito che quello non è un
Schumann, Wolfgang Amadeus Mozart.Ascolta i programmidi musicaclas- concerto, «Ma può sempretrattarsi di una sonata o di una suite», avrebbe
sica alla radio. Non è difficile immaginarlo solo in una stanza, mentre tende detto secondo Speratti.” La differenza tra una suite e una sonata è talmente
le orecchie per ovviare al rumore metallico e ai limiti di uno spettrodi fre- spropositata cheforsesi sarà trattato di uno schizzo rapsodico. In un certo
quenza ridotto, al di sotto dei 14.000 khz, tipico dei dischi monofonici in senso, era tutta una farsa. Eppure doveva esserci qualcosa di angelico — la
gommalacca. Sul mercato circolava già una certa «storia della musica», Il musica a dispetto della composizione ancora un po’ raffazzonata? Quella
lancio di The Gramophone Shop Encyclopedia of Record Musicrisale al versione argentina di Mickey Rooney? se il divo riuscì a tollerare unasi-
1936. Bach era alla portata di tutti con i Concerti brandeburghesi, alcuni tuazionesimile e per di più a domandareall’ospite, pur sempre un imbucato,
movimenti del Magnificat, brani della Passione secondo Matteo e della Mes- se intendeva studiare sul serio. Qualcosa che indusse Rubinstein a prendersi
sa in si minore, alcune Partite e il Primo libro di preludi e fughe del Clavi- il disturbo di telefonare a Juan José Castro,il direttore e compositore argen-
cembalo ben temperato. A Londra, la National Gramophonic Society pub- tino, e a strizzare l'occhio a Piazzolla nel corso della conversazione, prean-
blicava volumi con opere di Bach, Claude Debussy, Ludwig van Beethoven nunciandogliil lieto fine di quella scena tratta dal suo film personale. Castro
(le Sonate per pianoforte eseguite da Artur Schnabel), Frédéric Chopin. Non nonaccettadi fargli da maestro, ma lo manda da un giovane compositore in-
è azzardato supporreche alcuni di quei dischi, mercidi scambiocheviaggia- teressato a dargli qualche lezione. Si chiama Alberto Ginastera. Vive nel
vano come messaggiin bottiglia che avessero navigato per mare, abbiano quartiere periferico di Barracas, in Calle Universidad 844.
formatoil piccolo «capitale» con il quale Piazzolla sognò di «fare cose nuo- Hapraticamentela stessa età di Troilo, è nato nel 1916. Ha studiato al
ve» e «vedere cosa c’era al di fuori del tango». Ben presto cominciò a com- Conservatorio Williams, dove ha messo a frutto gli insegnamenti di Athos
porre. Incoraggiato dairisultati, sentìil bisogno di un giudizio orientativo. Palma, l’autore di un trattato di armonia che De Caro invocava comeallea-
Il Buenos Aires Herald del 3 luglio 1940riporta la notizia dell’arrivo di to virtuale nelle sue dispute con Canaro. L’annoin cui Piazzolla torna in Ar-
Arthur Rubinstein a Buenos Aires «con tanto di pianoforte». Era già stato gentina, un Ginastera ventiquattrenne debutta al Colén con Panambi. Si
in Argentina tre anni prima. Ciò che l’affascinava del Sudamerica era la tratta della sua Opus 1, ed è già a un passo dalla consacrazione. Tre anni più
quantità di concerti che si potevano organizzare in unastessacittà. «In Eu- tardi, nel momentoin cui apre le porte della sua casa di Barracas per acco-
ropao negli Stati Uniti perfinoi grandi artisti riescono a tenere al massimo gliere un giovane bandoneonista che suona con Troilo, Panambi tornerà al
due otre concerti nello stesso posto». Rubinstein chiamava Buenos Aires Colén come musica per balletto.
«Conservatoriopoli», per il numero elevato di conservatori. «Grazie a Ginastera avevo ripreso a studiare musica conserietà e dedi-
Nato a £.6d2,in Polonia, in seno a una famiglia ebrea, Rubinstein diventò, zione», dice Piazzolla secondo Collier. Andava da lui due voltealla setti-
fin dall’inizio del secolo, una celebrità itinerante, e in questo modopoté sco- mana,il martedì e il venerdì. Era comeentrare in unachiesa. Essere il primo
prire compositori che egstevano al di fuori del perimetro delineato dalla mu- allievo di un compositorein auge, che viaggia per il mondo,ha rapporti con
sica occidentale. Così gnobbe Manuel de Fa Ila, in Spagna, e HeitorVilla- le ambasciate e dispone di informazioni che non circolano facilmente, do-
Lobos,in Brasile. Durante la seconda guerra mondiale,la sua carriera trovò vette impressionarlo parecchio. Nel 1941, l’annoin cui gli Stati Uniti entra-
uno sbocconegli Stati Uniti, ma trascorse anche alcuni periodi a Buenos Ai- rono in guerra, Lincoln Kirstein commissionò a Ginastera un’opera per il
res. Piazzolla venne a sapere della sua esistenza grazie alla stampa, o perché Ballet Caravan che diede comerisultato Estarcia. Un anno dopo, Ginastera
assistette a un suo concerto. Il bandoneonista riuscì a trovareil coraggio di si aggiudicò una borsa di studio Guggenheim. Ginastera e Troilo comele
,
[ 56] [ 57]
né strumentazioni ricche e ad effetto, ma un repertorio musicale ridotto al-
passaggio not-
duefacce di una stessa medaglia. Iniziazione diurnae rito di l'osso e finalizzato alla scena. Il tango, così comeil ragtime e il valzer, qui
giovanile» di
turno. Il lento apprendistato deldiritto e del rovescio. La «fase fungono da archetipi. «Il materiale è semplice, per non dire banale, ma ha
lla ha smesso
Ginastera si conclude nel 1947, solo due anni dopo che Piazzo un'elaborazione di “secondo grado”: ha subito una di quelle alterazioni ta-
degli studi coinci de curios amente con il di-
di studiare con lui. L'abbandono lora impercettibili che gli conferiscono una freschezza assoluta», rileva il
sco
stacco dall’orchestra di Troilo, dovuto alla decisione di seguire Franci compositore André Boucourechliev.” Stravinskij comporrà altri «tanghi»
e per il giova-
o FENHNO. LEetica di quegli anni sarà però unapietra miliar minori, come quello per pianoforte che scrisse nel 1940, quattro anni dopo
fallime ntarefl irt conil
ne bandoneon.,_, Ginastera ebbe solo un brevee essere stato in Argentina. Maè nell’andamentodi La storia del soldato, con
1a Porteiz), I m ateriali del suo lavoro non provenivano
tango(la sua Sinfon il violino e le percussioni, che si avverte chiaramenteil distacco rispetto ai
naziona].ra di UN paese ancora preindustriale, avrebbe
dalla città. Da buon consueti puntidi riferimento. Con l’indicazione Andante, l’attacco del pie-
argentino e regionale (Darzas
I
trovato la vera essenza nei campi, nelf olklore de caratteristico della milongaè sfasato,o è l'accento a cambiare. Il violino,
Malambo para piano Op. 7, € 1 Doce
argentinas Op. 2, Tres piezas Op.6, che riprende le note doppie del secondo numero, comincia seguendo Par-
diretti a svariate forme del repertorio
Preludios americanos). I riferimenti chetipo per poi trasfigurarsi. La sezione intermedia introduceil clarinetto e
si colloca-
folkloristico (chacareras, malambos, tristes, zambas e milonghe) finisce per sfumare completamente i contorni. Le continue alterazioni delle
già ampiamente
nosulla falsariga di quanto Stravinskij e Bart6k avevano battute (da quella tradizionale in 2/4-4/8 del tango si passa a 5/16, 3/8 e 3/4)
usate dal
sperimentato. La caratteristica polimetria 3/4, 6/8 è unadelle più accentuanotale deformazione. Il tango stravinskiano non era che un gioco
Il diatoni-
compositore per scrivere branienergici, nello stile della toccata. di specchi basato su un genere immaginario. L’aveva composto nel 1918, 0
nord-
smotratto dalla I!USICA POPO|are (comprese le pentafonie tipiche del forse prima, quandoil tango «vero»era in fase di decantazione. Ma qual-
il totale
ovest argentino) SOPVIVE CON un metodo compositivo che esaurisce cosa di quel coacervoditecnichee tradizioni avrebbe continuato a risuona-
cFOMALICO. A sua volta,l’uso della tecnica politonale stravinskiana determi-
na un salto di qualità rispetto agli antecedenti argentini delle generazionide- re. Un surplus.
Igor Stravinskij rimase circa un mese in Argentina. Tennesvariati concer-
i i
gli anni Ottanta e Novanta dell’Ottocento. ti comedirettore e pianista delle sue opere a BuenosAires e Rosario, insieme
simboli
È in questo primoperiodo che Gi"rastera adotta come «accordo al figlio Soulima. Il direttore del Teatro Colén, Palma, andò ad accoglierlo a
artisti-
co», che ritornerà in modoquasi ossessivo in tutta la sua produzione Montevideo. E, una volta a BuenosAires,a Stravinskij fu riservato un trat-
vengono
ca, il caratteristico suono emesso dalla chitarra quando le corde tamento degnodiun capodistato: perfino il presidente Agustin Pedro Justo
o dell’accord9 che fa Ginastera (dal grave all’acuto,
pizzicate a vuoto. L'us e il sindaco di Buenos Aires, Mariano de Vedia y Mitre,gli aprirono le por-
dell’accademica Pola Suarez Urtubey c o-
mi, la, re, sol, si, mi), considerato te dei loro uffici. La presenza del grande compositore russo in quel frangen-
ga il folkloree la tradizione europea» ,””
me«il maggior grado disincretismo te funse da duplice catalizzatore: estetico e politico, a quanto dice il musico-
del folklore
costituisce un chiaro riferimento allo strumento per eccellenza logo Omar Corrado.” Stravinskij era espatriato con lo scoppio della rivolu-
intervalli di quarta
nazionale e all’utilizzo di un tipo di armonia (basato su zione d’Ottobre. Quandoi bolscevichi l'avevano privato deidiritti d’autore
giusta) che dovette condividere con l'allievo Piazzolla. era diventato un anticomunista accanito. «Sono un antiparlamentarista,
momento
L'incontro fra i due a sud della città, a Barracas, ha luogo in un non posso sopportarlo», disse a La Nacién.?°
trova davanti a più di un bivio. La polemica fra
in cui la musica argentina si Ognunadelle forze contrapposte nella società argentina vedeva in Stra-
quando Piazzolla — un cosmopolita —
nazionalisti e cosmopoliti si infittisce vinskij una cosa diversa. Omar Corrado ha raccolto queste impressioni. Il
Per
sceglie come numetutelare | principal è esponente della fazione opposta. quotidiano Critica, diretto da Natalio Botana,lo definì un «nemicodella de-
comprendere meglio quest*PACCALUE a vale la pena risalire al 193 6, quando
mocrazia». Le parole di un innovatore della musica comeluisi erano rivela-
erail luo-
Igar Stravinskij visitò l’Argentina. Buenos Aires gli era familiare, te «deludenti», «Il grande musicista slavo esalta la spiritualità religiosa co-
che avevaottenuto re-
gÉda CUP roveniva il tango. Era stata questa musica, me forza creatrice e biasima il desolante e sterile materialismo della cosid-
to,
Moti succe LL; a Parigi, a fornirgli una delle matrici per La storiglel solda detta politica proletaria», dice da parte suail giornale antisemita Crisol. Se-
del gene-
un’opera che, malgrado l’apparente semplicità, è fra le più ispirate condo Criterio, un settimanale di estrema destra, «se Stravinskij è stato — e
Nonci sono più i motivi del folklore russo
re nel periodo tra le due guerre.
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[59]
[ 58]
continua a essere — un artista d’avanguardia,il suo essere rivoluzionariosi l’epoca, nell’ambiente musicale del nostro amato e appartato paesello, i
limita al terrenodella bellezza». Il Deutsche La Plata Zeitung,difiliazione compositori in primis nonla finivanodi essere ammirati da Ravel, Pizzetti,
nazista e scritto in tedesco, commentò in modofavorevoleil suo Pulcinella Stravinskij o De Falla», avrebbe ricordato Paz nei suoi appuntirielaborati in
pergolesiano, magli rimproveravacerte concessionial « decadente» espres- forma di memorie.?* Eppure, per Piazzolla tutto ciò era un’enormescoperta,
sionismo mondiale. Gastén Talamén,fautore del nazion alismo musicale ar- qualcosa di più di un semplice punto di partenza. «Gli inca ravelliani e i me-
gentino, scrisse su Nosotros che il caso Stravinskij era «di grande esempio» ticci andini neoclassici», tra i quali Paz annoverava naturalmente l’autoredi
per i compositori ispanoamericani che smaniavano«per dotarsi di un nuo- Panambi, agli occhi di Astorsi ergevano al contrario camele colonne por-
vo linguaggio», evidenziando che l’unico modoperriuscirci era «un ritorno tanti dell’arte compositiva.
alle cellule del passato indigeno o autoctonoe la conseguente assimilazione La Agrupaci6n Nueva Mdsica non promossesoltanto l’atonalità, la do-
degli elementi universali della tecnica». decafoniae la scrittura atematica. Diffuse anche la buona novella: la tecni-
Perséphone, basato su untesto di AndréGide tradotto da Borges, debuttò ca seriale e, in seguito, la musica elettronica. Come un pallido riverbero di
al Teatro Colénnell’ambito della sua acclamata tournée.Stravinskij scelse quello scontro di idee, l’antiaccademico Paz, nato nel 1897 e fautore di un
Victoria Ocampo comevocerecitante. «La musica mi ha inondato vi ho cosmopolitismo molto particolare (aveva intuito precocementeil carattere
nuotatoa grandi bracciate, dimenticandotuttoil resto», ricorderàla scrit- periferico della musica della parte del mondoin cuiviveva), nonpotrà mai
trice.?* Ciò che andava in scena al Colén rappresentava un sogno, un gran soffrire Piazzolla, un altro periferico in fin dei conti, un cosmopolita educa-
bel sogno. «Nonvoglio più svegliarmi». Il sogno di un’élite dalla solida cul- to secondoi precetti del nazionalismo. Ginastera nonera forse un reaziona-
tura musicale (incarnata da un’amante di Bartòk e Ravel, paladina della rio fatto finito e il credo nazionalista un perfetto anacronismo? Il saggista
Scuola di Vienna,forse solo perché era frutto del suo tempo) che aveva avu- inglese Peter Osborne haindicato la possibilità di pensare la «modernità»
to un precedente nell’inquietudine di Domingo Faustino Sarmiento, che come unconcetto provvisto di «un’astratta logica di affermazione cultura-
ascoltava di sottecchi Chopin, nascosto dietro a tendaggi parigini. Ma que- le» e di «negazione», che si dota tuttavia di «contenuti particolari» in con-
sti sono solo istanti fugaci di una storia nazionale che mostrerà la sua vera testi storici concreti.” In tal senso, la modernità è una categoria astratta e
natura nel 1967, con lo sdegno del generale Juan Carlos Onganiarispettoal- non un semplice movimentostorico: può determinare formediverse dell’e-
la sacrilega eventualità del debutto di Bomarzo,l’operalirica del cattolico sperienza storica. Si può «essere moderni» in molti modi. La modernità può
Ginastera che verrà eliminata dalla programmazionedel Colén prima anco- dare luogo a «molteplici manifestazioni contraddittorie». Secondo questa
ra di essere messa in scena. logica, Piazzolla si riparò dietro a uno degli scudi possibili della modernità
Nelfrattempo, come segnala Corrado, i compositori argentini, «estranei culturale. È difficile credere che la controversia Paz-Ginastera gli fosse del
al dibattito ideologico»), riflettevano sulla produzionediStravinskij dal pun- tutto estranea, visto che il suo rispetto per il maestro aumentava a manoa
to divista del linguaggio. La scandagliavanoalfinedirisolverei loro stessi mano che acquisiva maggiori conoscenze. Le tracce di quegli anni di ap-
dilemmi compositivi, che derivavano dall’oscillazione fra l'esigenza di ag- prendistato sono frammentarie, ma un disco inciso dal pianista Allison
giornarsi sulle nuove tecniche e dominarle, l’urgenza di confrontarsi in mo- Brewster Franzetti?* permette comunquediricostruirle, Nel 1943 Piazzolla
do nuovoconi materiali musicali locali e la dicotomia neoclassicafra storia scrive ciò che avrebbefinito per essere catalogato comela sua Op. 7: un pre-
e progresso. In tale contesto, si genera la contrapposizione fra Juan Carlos ludio dal sapore ravelliano, dove l’impronta del suo precettore si mescola a
Paz e Ginasterae le relative fazioni. Amico di XulSolar, Macedonio Fernan- una scala tipica del tango. È chiaro che lì, in quell’abbozzo compositivo,
dez e Pettoruti, Paz era tra i fondatori del Grupo Renovacién,che, nei primi Piazzolla può dispiegare un sapere più vasto, benché schematico. È uneser-
anni Trenta, aveva divulgato alcune delle tendenzeche proliferavano in Eu- cizio scolastico, una forma binaria con armonie simili a quelle che figure-
rop?: la politonalità, il nuovo oggettivis mo,il rétour a Bach, l'assimilazione rannonella seconda parte di «Milonga del Angel», tipiche del Menuetsur le
deg elementi del jazz. Il ruolo di Paz, tuttavia, si ridimensiona nella Agru- . nom d’Haydn di Ravel. Le stesse influenze si avvertono nella «Sonata», del
pad©n Nueva Mtisica, grazie alla quale S@ònberg e i suoi discepoli inse- 1945. «Ancoraoggiè presa ad esempionei conservatori», dicono la Azzie
diano unatesta di ponte in città. «Chissà per quanto tempo avrei vagato, Collier, sull’onda di una lettura forzata di Speratti, al quale Piazzolla nel
isolato a BuenosAires e privo com’erodirisorse per evolvermi,visto cheal- 1968 racconta che Ginastera l’avrebbe mostrata ai propriallievi.
É
{ 60] [ 67]
Ginastera lo esorta ad andare alle prove delle orchestre sinfoniche. Bue- C'è un datosaliente che riguarda il triangolo formato da Paz, Ginastera e
nos Aires era un campo relativamente neutrale durante la seconda guerra Piazzolla. I primi due imboccherannostrade che, in qualche modo,li allon-
mondiale, dove approdarono diversi musicisti; non solo Rubinstein, che tanerannovia via dai modelli che li avevano portati a scontrarsi. Piazzolla,
avrebbe indicato vie impensabili, ma anche Erich Kleiber, Walter Gieseking, invece, sarà quello che rimarrà più fedele a se stesso al momentodi trovare
Aaron Copland e De Falla, chesi stabilì ad Alta Gracia, nella provincia di la propria voce come compositore. Già nel 1942, dopo dueannitrascorsi
Cérdoba, dove sarebbe rimasto fino alla sua morte. Quel porto remoto de- passando dal cabaret allo studio del maestro, ha una certezza. Scrivere vuol
notava una notevole sincronia con altri teatri della parte del mondo immu- dire firmare. Avere un nome. . €
ne dalla guerra. I concerti della Asociaciòn Sinfénica e della Asociaciòn Fi-
larménica, nei teatri Presidente Alvar, Politeama, Gran Rex e ovviamente
nel Colén, e le rassegne «Amigos de la musica» nei teatri Broadway e Me-
tropolitan, consentivano di accedere a un repertorio significativo. Musica
perarchi, percussionee celesta e Il mandarino meraviglioso di Bartòk furo-
no rappresentati per la prima volta nel 1940 e nel 1944. Lasuite sinfonica
Mathis der Maler di Paul Hindemith, nel 1939. Il War reguiem di Benjamin
Britten nel 1943. Il Lincoln Portrait di Copland nel 1945. L’Ouvertureal
«Faust Creolo» di Ginastera, nel 1944 (comesi fa a non immaginarel’allie-
vo che ne sviscera la partitura sotto lo sguardo vigile del suo maestro?).
Un'operafilojazzistica come La création du monde di Darius Milhaud, nel
1940. Tenente Kije, di Sergej Prokof’ev, nel 1946. La Sinfonia in tre movi-
menti, uno degli ultimi esperimenti neoclassici di Stravinskij, nel 1945.
Ginastera vuole che Piazzolla vada al di là degli insegnamenti musicali. Il
musicista doveva essere un uomocolto.E fu proprio ciò checercò di fare con
il nuovoaffiliato dell'orchestra di Troilo. Il modello del musicista «erudito»
che immaginava Ginastera avrebbe dovuto tradursi in realtà grazie al piano
di studi propostodall’Universidad Catélica Argentina, che prevedevacorsi di
letteratura, arti plastichee filosofia, oltre a trasmettere ovviamentei precetti
della dottrina sociale della Chiesa e del sistema tomista. Piazzolla nonsi ri-
conosce in quel progetto e ciò si rende manifesto quandoil maestro gli consi-
glia la lettura della Montagna incantata di Thomas Mann. Nellibro c’è un
episodioin cui i protagonisti, Hans Castorp e Settembrini, parlano di musica
nel sanatorio in cui cercano di curarsi. A Castorp piace ascoltarla quando
«non puzza di farmacia» e gli è assegnata dall’alto «perragioni sanitarie».
Settembrini, invece, crede che la musica sia un che di semiarticolato, di pro-
blematico,di irresponsabile. Nutre nei suoi confronti «un’avversionepoliti-
ca». La musica è «inestimabile in quanto ultimo strumento di entusiasmo,
potenzaP! opulsa nte ed elevatrice, quandotrova lo$pirito pre dispostoai suoi
effetti» La MUSIC 4, sottolinea, da sola è pericolosa Piazzolla cercò di leggere
«romanzo, ma rinunciò di fpnte alla mde (concreta, 0 ssiacentinaia e centi-
fia di pagine) di quellalet ya. Forse fu p quel momento de Piazzol la com-
pese che l’educazione che gl propon evaGinastera era irralizzabile.

e { 62] [63]
to simile a quella realizzata da Bach» dall’«adattamento», parola che, a
quantodice, gode del «favore del volgo». E chiude con un commentosprez-
zante: «Ai giorninostri nonsi contanoi sacrilegi commessi dalla radio, dal
cinemae dal balletto». Forsel’allusioneera rivolta agli studi Disneye agli ar-
rangiamenti per Fantasia della Toccatae fuga in re minore di Bach o della Sa-
gra della primavera, con quella feroce mutilazione dell’originale. Lo statuto
dell’arrangiamento mutò di pari passo con l’evoluziorfe del mondodello
spettacolo, che gli assegnò forzatamentealtre funzionie ritmidiversidi dif-
fusione. Nona caso Szendysostienecheil declino dell’arrangiamentotradi-
zionale sia legatoall’istituzione del«diritto d’autore», che vietava l’adatta-
mentoe l'arrangiamento delle opere musicali e, al contempo,all’apparizio-
ne della radio e deldisco, che sostituirono l'arrangiamento per pianoforteai
fini di una maggiore divulgazione.
L’arrangiamentopianistico era correlato a una concezioneiperbolica del-
l’opera. Liszt preferiva parlare di traduzione. «Miriterrò soddisfatto solo
quando avrò assolto alla funzione dello scriba intelligente, del traduttore
coscienzioso checoglie lo spirito di un’operaperfilo e per segno»,disse ri-
guardoalla trascrizione delle sinfonie di Beethoven, nel 1835.
Secondo Robert Schumann, l’arrangiamento è un’«opera originale» che
nonsostituisce il modello machesi fa sentire accanto a questo. È un’ombra
Piazzolla e Dedé si sposaronoa ottobre e andaronoad abitare in un condo- che ha acquisito una certa autonomia. Si parlerebbe allora di «Opera»e
minio nel quartiere di Montserrat. «Sarò la migliore casalinga del mon- « Oper:a».
do», gli promise la giovane sposina. La donna era ancora relegata nel si- Eppure, nel ventesimo secolo, l’arrangiatore è una persona che firma
lenzio e tra le pareti domestiche. Il matrimonio non sarebbe stato l’unico «nell’opera» altrui e nel corpo altrui. Per Szendy, è l’unico ascoltatore che
cambiamentonella vita di Astor. «ConTroilo si guadagnava bene»,ricor- scrive il proprio ascolto anziché parlarne. Ferruccio Busonil’aveva propo-
derà a propositodelle notti al Tibidabo, che non era un semplice cabaret, ma sto a Schònberg quandoquesti gli aveva concesso la sua Op. 17. Mail vien-
il nucleo musicale di quella città che, conla sua forza di gravità, era una ca- nese nonaccettò: se c'è bisogno di un arrangiamento,gli dice in unalettera,
lamita per ciò che la circondava. Lì, nella fila dei bandoneon, Piazzolla «ciò significherebbe che la mia composizione è imperfetta».‘°
aspettava ancora una volta che la fortuna bussassealla sua porta. L’arrangiatore, ai tempi del disco, si nutre di tutte le contraddizioni del
Un’indisposizione di Argentino Galvan, l’arrangiatore ufficiale di Troilo, passato e vi aggiunge quelle proprie dell’era della riproducibilità tecnica.
gli permise di prenderne il posto. A Piazzolla venneaffidato «Azabache», un Piazzolla aveva accumulato un capitale musicale notevole quandosiritrovò
candombe che Pichuco doveva presentare al concorso «Ronda de Ases» in- seduto di fronte al pentagrammaper soddisfarela richiesta di Troilo. «Aza-
detto da Radio EI Mundo, mache poi non venne mai inciso.” Doveva im- bache»era l’obiettivo. Cosa poteva «sentire»lui in quei tanghiche sfuggis-
primerealla partitura la suacifra del tango. se ad altri? Che tipo di trama? La politonalità stravinskiana, le armonie al-
Peter Szendy definisce l’arrangiamento come una formadi ascolto.Que- terate di Ravel, gli accordi per quarte di Bart6k filtrati da Ginastera - non
sta definizione è molto più esauriente di quella proposta nel 1958 dal- potevanoesistere entro il perimetro tracciato da Troilo. L’innesto delle co-
l'Encyclopédie de la musique (Fasquelle), che lo descriveva come la «tra- noscenze acquisite fuori dal Tibidabo avrebbe funzionato soltanto se fosse
sformazionedi untestoaffinchésia possibile eseguirlo con strumenti di una stato invisibile o approvato dal direttore. Troilo era il custode del proprio
categoria“diversa da quella previstaOriginar iamente». L'enciclopedia prefe- stile. La proverbiale «gommaper cancellare» avrebbe rimosso qualsiasi co-
risce dist1BUCFe l'arrangiamento indUanto «operacolta e dallostile eleva- sa non rispondesseai suoi propositi o minassel’identità della sua orchestra.
#
[64] [ 65]
Piazzolla, a posteriori, dice che Pichuco cancellava «accordi complessi e dif-
ficili». Non doveva esserestato così all’inizio, quando la sua destrezza era
molto apprezzata.
L’orchestra di Pichuco,del resto, aveva avuto un arrangiatore esemplare
come Galvin. La sua versione di «Recuerdos de bohemia», qualche anno
più tardi, avrebbe rappresentato un modelloe, al contempo, avrebbe deter-
minatola soglia di ciò che era accettabile nell’ambito del tango. Dopo un av-
vio leggermenteinstabile rispetto al centro tonale, l’arrangiamentosi svi-
luppava senza ulteriori scossoni. A colpire era il suo piglio eclettico (una
gammachesi estendevafino a Ravel e a Broadway). Soltanto al quarto mi-
nuto — secondo unapratica delresto abitualeall’epoca — entravala voce.
Piazzolla superò magnificamente la prova di «Azabache». Il tangovinseil
concorso e diedeil via a nuoviincarichi.
«Inspiraci6n», del 1943, è il primo arrangiamentodi Piazzolla inciso da
Troilo. La sua aderenzaa ciò che si addiceva a un tangodell’orchestradi Pi-
chuco è indubbia, e le armoniesonoclassiche. Tuttavia, la «firma»si rico-
noscenell’abbondanza dei cromatismidi passaggio,nei pizzicati degli stru-
menti a cordae neitrilli barocchi del pianoforte. L’assortimento delle vociè
contenuto. Troilo, a quantopare, cancellava o apportava correzioni conso-
ne al tango, ma al tempostesso approvava e gradiva. «Inspiraciòn», con
Se, stando al ragionamento di Adrian Gorelik in Miradas sobre Buenos Ai-
quell’arrangiamento (mutilato) di Piazzolla, era uno deipezziforti delle lo-
res,l’arte della città è unasortadi «città analoga», comela costruivail tan-
ro esibizioni, tanto che tornavaa inciderlo ogni volta che stipulava un nuo-
go negli annidi formazionedi Piazzolla? Comeleggeva la quotidianitàe l’e-
vo contratto con unacasa discografica. Lo registrò per la prima volta con la
sperienza moderna? Attraversoi suoitesti si può capire qualcosadelle logi-
RCAnel 1943, poiper la TK nel 1951, e per la Odeònnel 1957. Esiste anche
che che vigevano a quel tempo?
unaversione incisa da Piazzolla nel 1947 conla sua orchestra personale. Lì
«Buenos Aires, mi tierra querida | escucha mi cancibn» [«Buenos Aires
si riscontrano maggiori acciaccature delle corde, mentre l’orchestratore si
amata terra mia / ascolta la mia canzone»], «No sabés las ganas que E
concede — o gli viene concessa — una maggiorescioltezza contrappuntistica,
de verte» |«Nonsai quanta voglia ho di vederti»], «Cuando yo te vuelva a
pur sempreentroi limiti convenzionali. Era «in stile», ma con un'impronta
ver...» [<«Quandoti rivedrò...»] Le invocazionisi crogiolano su un luogo co-
tutta sua. L’evoluzione sarebbe stata lenta maassicurata.
mune atemporale. La «città», in generale, non sembra un'entità fisica, ma
solo un nomeprivo di sostanza. Martinez Estrada, invece, vedela città di
quel periodo comeunacostellazioneeclettica. La sua architettura è diversa
in ogni riquadro delreticolo spagnolo adagiato sulla pianura. Questo ele-
mento la dice lungasui suoi abitanti. «Ciascuno assomiglia al proprio sogno
piuttosto chealla città», dice questo straordinario osservatore. Cinquanta-
mila edifici che proclamano cinquantamila volontà capricciose. Un mosaico
dianime «che remano control’unità d’insieme». L'autore compatisce allora
gli artisti autoctoni: «Lo sforzo di quei poveretti che scrivono, dipingono 0
fanno musica non può riscattare unacittà protesa versola supremazia eco-
nomica, senza alcun riguardo per l’estetica»4
£
[ 661] [ 67]
Su unasuperficie così eterogenea, i mandarini del tango stabiliscono una una meta, rileva Susan Buck-Morss,* si opponedialetticamenteallo stato di
tan-
serie di precetti poetici che hannola rigidità di un codice della strada. «Il «trance autoindotta» del fléreur, un tipo urbano che aveva sviluppatoun
È ag-
go d’oggi cosa dovrebbe riprodurre?», si domanda Homero Manzi. «modo per sentirsi a casa» sulla strada, abitandola comesesi trattassedi
chesi
giunge che la musica di Buenos Aires è «la voce della nostalgia per ciò interno: i caffè sonoil suosalotto; le panchine dei parchi, i suoi mobili; i se.
rimpian to se non su un tempo in due quar- gnali stradali, i suoi oggetti d’arredo. Insomma, la città trasformat mn Ila
è perduto» eche «non può essere
ti».!* In tal senso, «Anclaoen Parîs» di GuillermoBarbieri ed Enrique Cadi- geografia di un’esperienza. Sn
camo,scritto nel 1931, è il modello dell’elegia in voga. «Lejano Buenos Ai- «L'immagine che abbiamo della città è sempre un #0’ anacronistica. Il
res] qué lindo que has de estar | ya van para diez aîios que meviste zarpar| caffè è degenerato in bar; l’atrio checi lasciava intravederei cortili e la er-
tu mismo gola è adessoun indistinto corridoio con in fondo un ascensore», dice Bor.
c6mo habri cambiado tu calle Corrientes / Suipacha, Esmeralda,
che
arrabal» [«Buenos Aires lontana/ che bella sarai I son dieci anni ormai ges, da parte sua, in un raccontointitolato «L’indegno». Il testo faparte di Il
mi vedesti salpare / come sarà cambiata la tua Calle Corrientes / Suipach
a, manoscritto di Brodie e fu pubblicato nel 1970.4 Per il Borgesdiallora, il
]. Così, sostiene Manzi, perdure rannoso lo «i passato ormainonerasoltanto «la formapiù bella di ciò chesi è n
Esmeralda,i tuoi sobborghi»
tanghi dotatidi quello spirito evocati vo, quelli in grado di metterc i di fron- Tuttavia, la canzone di una città mutante come Buenos Aires continuava a
nse
te agli scenari e ai personaggi del Novecento, intrisi del dolore bonaere credere in quell’affermazione precoce.I suoi autorisi trovavano meglio con
arrecato dal contrasto fra passato e presente, capacid i riconcil iarci con tut- delle ambientazioni fisse, quasi fossero le imperturbabili scenografie di
e sen-
ti i luoghi e le usanze ormai scomparsi, dotati di quell’animafilosofica musical dil caffè, la casa deigenitori, il sobborgo) davantialle quali si muo.
timentale ereditata dai cantori popolari patriottici e dai puristi amanti delle vevanoi cantanti. Come cogliere la drammatica accelerazione storica che
grandi prodezze». L'altro tango, «quello dei ritornelli e dei patemi d’ani- stava subendola capitale e che minavaognicertezza?
mo», specifica, non è che «un couplet, non ha la cittadinanza bonaerense». Si potrebbe pensarecheil tango fosse anacronistico già nei tempi d’oro. E
dei
Ele canzoni «d'amore lacrimogene» sonosolo il frutto «dell'invasione che la sua teorica rappresentazione del «sentimento bonaerense» fosse pià
gorgheggi provenienti dal tropico». ostentata che reale. Ma si potrebbe anche azzardare che fosse proprio quel-
Manzi, quello che in «Milonga del Novecientos», del 1932, fa dire alla l’anacronismo a renderlo rappresentativo. Che la nazione chesi inventava
o» unastoria e perfino una geografia — quella sconfinata «Antartide argentina»
voce cantante «no me gusta el empedrado| ni me doy con lo modern
[«non mi piaceil selciato / e la modernità non fa per me»], il «paroli ere col- che non compariva sulle mappe vendutenel resto del mondo — potesserico-
to» che decise di «scrivere parole per gli uomini», sarà coerente con il suo noscersi soltanto in un ritratto immaginario. «Il tango, comela letteratura
decalogo personale. Esalterà «le ruote infangate dell’ultimo organetto», nonrispecchia una realtà, ma reclama unarealtà. Nessuno può e
ul-
«Ila luna che sguazzanel fango»e, ancora nel 1948, con «Sur», unodegli che la città di BuenosAires fosse come la raccontanoi tanghi. Nei tanghiil
timi grandi tanghi-canzone,il «profumo delle erbe medicin ali che continu a padre è sempreassente, non lavora nessuno,le ragazze vannoa ballare nel-
a riempirmi il cuore». le milongas, son sempretutti a far bisboccia, a quarant'anni sonogiàal ca-
Tra «Milonga del Novecientos» e «Sur» intercorrono sedici anni, duran- polinea, attempati, in rovina, mentre guardanoal loro passato connostalgia
te i quali il cinemaattribuisce un significato completamentediverso ai sob- e cinismo», diceloscrittore e saggista RicardoPiglia.* Il bonaerense, in ogni
borghi, mentre cambia anche lo spazio urbano «reale». Enrique Santos Di- caso, sembravatrovare la propria essenza nell’esaltazione di una città scom-
ra-
scépolosi accorgedi questa differenza e in uno dei suoi monologhi perla parsa. Il tango,chesi rifaceva a unastoria e a una tradizione chein realtà
dio dice: «Il sobborgodi una volta era bello da leggere, ma non da vivere.
Perché non miverrete a dire che preferivate la pozza al marciapiede bello pu- "La citazione proviene da un'intervista apparsa su ADN Cultura, un supplementodel quoti-
lito e chevi divertivate di più conil fango che conl’asfalto».'* diano La Naciòn, nell'agosto 2008. Nellostessoarticolo,l’autore di Respirazione artifi sal 2 as-
Benjamin sosteneva che si può dire di conoscere unacittà solo quandosi
sicura che, così come la nascita del rango-canzonefu sancita da «Mi nochetriste» dol É i il
suo atto di morte risale al 1956, con «La tiltima curda». E aggiunge: «Ciò che è stato fatto do»
impara a perdervisi e ad attraversarla a partire da tutti e quattroi punti car- po quel tangoè tutta un’altra cosa, perché siè persa l’idea della condizione diaminatica che so-
dinali. Lo smarrimento comepossibilità di spezzare la monotonia delsusse- stiene e governa tutta l'enunciazione poetica, mentre ha preso piedeil sistema della fibera asso»
guirsi delle cose. L’ebbrezza di chi ha camminato a lungoperle strade senza ciazione, un surrealismo da quattro soldi che accostail violinoal colibrì e laforfora al cuore»

£
[ 68] [ 69]
-
confrontoalle quali le iniovazio n
avevao solo una decina d’anni, ma in costrui va, come la
dimento», sì
erano considerate alla stregua di un «tra di
zolla, in definitiva unuomo
città, una biografia che lo legittimasse. Piaz
tango, avrebbe fatto lo stesso.

Nel 1944, quando Piazzolla si appresta a lasciare l’orchestra di Troilo, non


è ancorafinita la seconda guerra mondiale, un avvenimento che scuotein
profondità le coscienze degli argentini, ma che non lascia nessunatraccia di
rilievo nella canzone di Buenos Aires. All’epoca, l'Argentina era soggiogata
da un regime militare al quale erano attribuite simpatie filotedesche. Il go-
verno chesi era insediato dopoil golpe del 1943 facevai salti mortali per
mantenere il paese neutrale (e si dichiarò «ostile» all’Asse solo quando la
Germania era ormai sconfitta). L’indifferenza che si rileva nei testi, comun-
que, non va attribuita a quella ricerca di un’impossibile imparzialità. L’at-
taccamento al passato impediva al tango di avere un ruolo anticipatore an-
che rispetto agli scossoni della nazione. Perché sono gli anni in cui un co-
lonnello amantedegli aforismi, delle formuledi circostanzae della retorica,
lo stesso che farà carriera al fianco di una donna del popoloe al quale piace
cantare «Chorra», di Discépolo — «Abura, / tanto me asusta una mina, | que
si en la calle me afila I me pongo al lao del bot6n» [«Adesso / mi spaventano
tanto le squinzie / che se mi abbordano per strada / vado vicino a un poli-
ziotto»]— comincia riscrivere la storia argentina.
Il 17otto bre del 1945 arriva con musicain sottofondo, secondo quan,
ricordaLeo poldo Marechal. Il poeta si trovava nel suo appartamento,;_
Calle Rvad avia, quando cominciò a sentire «un rumore confuso, comedi
X
{[ 70] [71]
va sbando una canciòn» [«E il cielo è attraversato dallatrato / d qualche
cosa riconobbe la me-
folla che avanzava gridando e cantando». Per prima canevagabondo / e un gi rovago meditabondo/ passafighiettan qouna can-
ino. Avevano adattatoil
lodia, era una canzonepopolare, allegra, un valzer zone»]. Ma ciò che in quel brano aveva una funzione ornamentale di
daré una cosa, luna cosa que
testo: «Yo te daré, | te daré, Patria bermosa, | te di uso popolare. La figuradel fischiatore eracosì diffusa che Tuoro:
idaPatria, / ti darò
empieza conP, /Peroo6n» ‘” [<Io ti darò, / ti darò, splend tra cui quella di De Caro,la inserirono nele loroesibizioni come una pre:
Le masse uscivano
una cosa, / una cosa che comincia per P, / Peroo6n»]. senza divertente, che veniva amplificata dg primi microfoni elettrici. Piaz-
sollevazione del sot-
dall’«invisibilità». Scalabrini Ortiz lo definì come «la zolla ricollega questa tendenza alla grande stagione del tango degli anni
rie» .‘* Dal puntodivi-
tosuolodella patria», il «sostrato di una nuova tempe Quaranta. «Avevo come l’impresione che Buenos Aires vivesse ballandoe
e Bioy Casar es avevainizio «la festa
sta sprezzantee aristocratico di Borges fischiettando».° Naturalmentesi schierò da subito a favore di quest’ulti
del mostro». consuetudine. Nella sua ricostruzionedelleostilità a jfinterno d È mo di del
0 la visione classista, invase il cen-
Questa «alluvione zoologica», second tangoe trai musicisti, Piazzolla individua un primo nucleo proprio Giall'or-
di Plaza de Mayo, girovagò per gli
tro dellacittà. Mise piedi nella fontana chestra di Troilo. Ha sempre ricordatoil presunto «sdegno» dei più «anzia-
et continuavanoa suona-
stessi isolati in cui le orchestre dei caffè e dei cabar ni», mentre Baralis, Kicho Diaz e Gofii lo «capivano». Insomma, metà del
to del Titanic. In Ar-
re come nella scena cinematografica dell’affondamen gruppo gli diede spazio fin dall'inizio, malgrado fosse un damerino.Se si
nascente, per mol-
Sentina a naufragare era Un regime- Il peronismo, la forza pensa, ad esempio,che Stan Getz e Chet Baker non si.rivolgevanola parol
la condanna o l’acclama-
ti anni avrebbe ammess9 soltanto dueposizioni: anchesulla virulenza
(pur riuscendo a realizzare dischi memorabili), e che nemmenoi musici ridi
zione. Uno spartiacquetassativo, che avreb be inciso
Ellington si parlavano,l’esperienza reale di Piazzolla dimostra che ile n
spacc ava in due.
delle discussioni sul tango, via via chela politica si plesso di Troilo fu unascuolaoltrea costituire una primarete di contatti.—
alle donne da par-
Nel 1948, un anno dopo l’annuncio deldiritto di voto «Su mille note che scrivevo, me ne cancellava settecento...» avrebbec
cita di «Sur», veni-
te di Eva Duarte in Per6n, e contemporaneamente all’us munque rinfacciato a Pichuco. A posteriori, è Omini che T lo
o Galluccie parole di
va inciso il tango «Cargamento», con musica di Artur cercasse un equilibrio ecologico in gradodi contemplare certe limovazi o
in ambito politico,
Radl Hormaza. Il testo nonsolo sorvola su quella svolta maanche di tener contodei musicisti che nel concreto vi gj sarebbero dova,
o: «Todo el barrio ya està al tan-
ma l’esaltazione maschilista rasentail deliri ti cimentare. La precoce inclinazione di Piazzolla a non attenersi mai nei
tu lengu a / que muchasve-
to / que soy un fiaca, un curdela, / es por culpa de noni tradizionali trasformò lo spartito in un sordo campodi n rag fe
del reuma » | «Tutto il
ces te fajo. | Sabés quesi no trabajo / es porque sufro difficoltà dei suoi arrangiamenti a Troilo dovevano sembrarepjj CL altrò di
e, un ubriacone, /è percol-
quartiere è al corrente / che sono unoscansafatich che se non lavoro / è per- ordine tecnico. Obbligavano i musicisti a leggere, a studiare, tinto che «co-
padella tua lingua» / che molto spessote le do. / Sai minciarono a mettermiil broncio... A boicottare le prove». Maciò che h.
ché ho i reumatismi»]. inizio con tale conflitto, in quel momento ancoratacito, è CC il
etra le più «raf- i
Quell’anno, «Cargamento»fu registrato da dueorchestr cesso di « cancellazione » del limite imposto a Ile rego]e ‘ell'intuizione O
quella di Piazzo lla, con la voce di Aldo
finate»: quella di Francini-Pontiere sico ventitré anni, Piazzolla inizia una nuova vita. «Ormaiero un uomo
Cam poamor.
altri parolieri, la
A dispetto degli imperativi sul «cosa dire» di Manzi e : Piazzolla si rivolge a FranciscoFiorentino,e il cantante gli permettedi far
ro di sv incolare la
gente di Buenos Aires fischiettava, sceglieva a cuor legge gurare il suo nome comeunvalore aggiuntosignificativo: sarà l'orchestra
, per la stradae
musica dal suo referentetestuale. Fischiettare sotto la doccia «di» Astor Piazzolla ad accompagnarlo. Debuttano a Villa Urquiza, alla fi-
per vedere chi co-
al lavoro,a piedie in bicicletta. Fischiettare e fare a gara ne del 1944, e incidonoventidue canzoni e due pezzi strumentali. Per l'oc-
solista o la melodia diuna canzo-
glieva meglio le inflessioni dello st rumento casione Piazzolla compone «Enlas noches» e «Noches largas». Ben presto
ricorrere a supportiorto pedici.
ne. Fischiettare conl’aim0 delle d ita o senza o Castil-
e su consiglio di sua moglie, viene eliminata la «e», uno spazio da condivie
di Sebastian Piana e Catul
Nell’introduzione di «Silbando» (19 2.5), dere grazie a una congiunzionecopulativa. È «l'orchestra personale di Astor
e a descrivere Barra-
lo, Gardel si cimentava in un gorgheggio perpoi passar Piazzolla», e sulla locandina che l’annuncia viene stampatosolo il suo no-
b studio di Ginestera: «Y
cas, il quartiere a sud della città in cui si trovava me. «Chi mi seguiva preferiva prendere un caffè e ascoltare: ballare era se-
meditabundo|
cruzaelcielo el aullido | de algin perro vagabundo | y un reo #
2

[73]
[72]
condario».5 Debuttò al Marzotto, uno dei tanti bar dovesi suonava tango finità di orchestre e cantantidi livello eccellente — ma anche d’altro tenore —
-
da mezzogiorno fin dopo la mezzanotte con l’unico obbligo della consuma che eranoattivi in quegli anni fanno pensare a un vero e proprio fenomeno
dell’ora. Il più eco-
zione di un caffè, il prezzo del quale variava a seconda commerciale, paragonabile, almenoall’apparenza,a quello delle grandior-
nomico veniva venticinque centesimi. Alla fine degli anni Quaranta esiste- chestre di swing negli Stati Uniti — e può anchedarsichesi cercasse di imi-
vano @NSOra P&;in cuiascoltareil tango a prezzi accessibili: il caffè El Na- tarlo, almeno standoagli intenti dichiarati da riviste come Sintonia. Le dif-
o, il
ciona I, accanto, dove oggic’è il teatro omonimo,il suddetto Marzott ferenze rispetto al jazz, comunque NON erano inferiori alle analogie: in
, il
Tango Bar, in Avenida Corrientestra Calle Talcahuano e Calle Uruguay quest’ultimol’in novazione era unaPatte deliberatamerfte co stitutiva dl 8°”
La Ruca, sempre in Corrientes tra Calle Urugua y e Calle Parand, la Rich- nere, nel tangoi presupposti — o almeno la manieradi formularli — erano di-
mond,in Calle Suipacha (anchese qui avevano più spazio il jazze il folklo- versi. Da un lato, era chiaro che la sua evoluzioneera stata scandita dai cam-
Cal-
re). Quantoailocali di quartiere, erano molto popolari El Imperio, tra biamentistilistici, a partire dal modo di accompagnare di Roberto Firpo,
le Federico Lacroze e Avenida Corrientes, dove suonava Pugliese o cantava che aveva rimpiazzato il vecchio basso dell’habanera, fino all'approccio me-
e
Roberto Quiroga, il caffè La Victoria di Corrientes,tra Calle Gurruchaga lodico di Eduardo Arolas,il lavoro ritmico e timbrico deifratelli De Caroe,
Calle Serrano. O i caffè tra Calle Boedo e Calle San Juan o quellidi Avenida più avanti, le suddivisioni ritmiche e le accentuazioni di Carlos DiSarli,il
San Martin e Calle Fragata Sarmiento. E ovviamente c’erano anchele mi- contrappunto e il virtuosismo dell’orchestra di Miguel Calé, l'impulso di
longas del quartiere di Palermo, come La Enramada. Osvaldo Pugliese e, ovviamente, la moderata — quasi pudica — ricercatezza
Il Marzotto si trovava in Avenida Corrientes, che allora era ancora a dop- del gruppodi Troilo. Ma, dall’altro, il tango — finanche per voce di innova-
piosenso, proprio dove poi ha apertoil ristorante Arturito. Isidoro Gilbert tori come Pichucoe Pugliese — riconducevala propria legittimità alla tradi-
eraalle superiori e ricorda ancorala sel IN cui debuttò | orchestra di Piaz- zione.Il rispetto del passato, ad ogni modo, è semprestato un cliché obbli-
zolla. Il primo pezzo che suonaronofu “ El recodo», un tango di Alejandro gato. Ancora oggi succede che un giovane cantante propongala sua versio-
Junnissi. Poi, la voce di Aldo Campoamor intonò «Como abrazado a un ne di un tangoclassico annunciandochelo farà «con il massimorispetto».
rencor». Unasimile dichiarazione sarebbe impensabile da partedi qualsiasi interpre-
te di «Satisfaction» o di «All the Things You Are». In molti casiil punto non
Piazzolla competeva con Horacio Salganper lapreminenza fra i rinnovatori del è tanto il portare più o menorispetto alla tradizione, quanto l’esigenza che
tango. afgan suonava unclassico qj Greco, «Ojos negros», che è ancora una
perla rara. Astor, conil suo complesso Post Fiorentino, aveva fatto un altro pas- quelrispetto venga esplicitato, comese rispondesseal codice d’onore di una
so avantinell’arte di orchestrare ve chi tanghi, più avanzato di quelli della scuo- società segreta. Quel gioco di specchitra il senso progressista dicerte ricer-
la di De Carodegli anniVenti, che era"® già stati riscoperti da Osvaldo Puglie- chestilistiche e il tradizionalismo dichiarato, fra le altre cose, avrebbe per-
se all’inizio degli anni Quaranta. I noMi dei musicisti di tango più ammiratidai messoa Troilo e al suo quartetto, con Roberto Grelaalla chitarra — un grup-
giovani dell’epoca spaziavano daA\nibal Troilo a Juan D’Arienzo, maesercita- po che il mondodeljazz non avrebbeesitato ad acclamare come «moderno»
anche A Ifredo De Angelis
ise Pugliese,o ° i due
sebbene tra i
vano unforte . ascendente
ni ser arla 2g
i di Flazzotla,. CA: — di apparire in un film — Buenas noches, Buenos Aires — ancoraconil cap-
ci fosse un abisso, Lostile fi Salgin, prnon partare di:quello: co
: - Gli espert i;li seguivan molto meno, anche se nonera detto che pello in testa e il foulard al collo in pieni anni Sessanta, mentre il mondo
pivanoi neofiti.-
i loro complessif95sero in gmpatibili con balli delsabato nei locali di qua rtie- guardavacrescerei capelli dei Beatles.
re, che allora eranoil divertimento più diffuso tra g®vant e menogiovani.
La volontà di «ampliarele frontiere del genere», per definire questa ten-
denzaconle parole del pianista e compositore Gustavo Beytelmann chefe-
«Solo Maderna e SalgAn facevano cosesimili alle mie. Era bello. Faceva- ce parte della secondafase dell’Octeto elettrico di Piazzolla, negli anni Set-
moa garaper superarci».'5 Piazzolla si sentiva sulla cresta di un’ondache ve- tanta — anziché trasformarsi in un movimentoe in un’ossessionecollettiva,
devail tango al suoapice, allo zenit che preludeva a un imminente declino come successe ai musicisti più dotati delle orchestre di swing statunitensi,
che lui avvertì più di chiunque altro. Chi l’avrebbe mai detto, a metà degli nel tango ebbe untaglio individuale e perfino segreto. Verrebbe da pensare
anni Quaranta, cheil generesi trovasse sulla soglia di un’inesorabile rovina? chela ricerca di novità di Pugliese, Argentino Galvin, Osmar Maderna(che
Non abbiamo dati precisi sul numerodi copie venduteda un disco di suc- fu pianista e arrangiatore dell’orchestra di Calé), delle prime orchestre di
cesso, tuttavia la mole delle edizioni, la quantità di esibizioni dalvivo e l’in- Piazzolla o, versola fine degli anni Quaranta,di Salgàn, dovesse essere por-
£
»
[74] [75]
se non con fondevai balle- nevale al Luna Park di Buenos Aires — un palazzetto adibito a manifestazio-
i id contrabbando. Era tollerata ni non solo sportive — con l’orchestra di Canaro «là sopra e odordicipria a
tata avan ti quas i d leab itud ini terpr etati ve dei myicisti delle orchestye
rini, se non alterava passare piùin menoinosservatage cio èagli occhi de buon mercato». Celina, con «le sue lunghe fantasticherie vicino alla radio»,
iNSABMMito EPA, riusciva a evitare checerti braninon fossero più tan incarnava la trepidazione da ballo popolare, l'emblema di una «calda alle-
ghi», come sosteneva Canaronelle sue diatribe con De Caro. La polemica gria». AI Santa Fe Palace, Cortazarsi sofferma invece su «quell’aria assente
nonsi sarebbe placata finché il tango avesse continuato a minacciaredi di- che hannole milongueras quando lavorano o quandosi divertono». Il pro-
. l r oprio comeera successoal jazz. tagonista dice di andare in quella sala da ballo per «i mÉstri, e non ne cono-
veneteAMeSicadaan Mi quel presagio. La componentedell’a- sco un’altra dove se ne possano incontraretanti tutti insieme. Compaiono
colto, in realtà, era stata presente fin da quandoi tanghi erano passatial alle undicidi sera, calano da zone vaghedellacittà,lenti e sicuri, soli o a due
S ormatodel disco, e forse anche da prima. Il sestetto di De Caro,nell’inci- a due, le donne quasi nanee dai lineamenti quasicinesi, gli uominisimili a
fsione di «Guardia Vieja» realizzata nel, 026, utilizzava i registri più grav giavanesi, stretti in abiti a quadrio neri, coni capelli ispidi pettinatia fati-
degli strumenti, così difficili da riprody..; conla tecnologia di cu Î si dispo ca». E c'è anche l’odore, dice, «non è possibile immaginare i mostri senza
neva all’epoca, ed esplicitava addirittura questo espediente con una frase: questo odoredi borotalco umidicciosulla pelle, di frutta marciacheti fa so-
«Uhi, mamma, che paura, arriva lUOMOpero». Questa specie di battuta, spettare affrettati lavacri». Le coppie ballano quasi senza muoversie si nota
con la quale ci si concedeva una licenza, in realtà alludeva a un arrangia- che ascoltanole parole della canzone con desiderio e tristezza insieme, oltre
mentoche nonera adattoalla pista da ballo. Quell’usoatipico dei suoni gra- a «tuttoil negato piacere della baldoria». A questo proposito, Cortàzarri-
he s spartire con IC finalità della balera.
)a ache 1 dMa
ig eniDuke El-
se corda Martinez Estrada, che parlava del ballo in questi termini: «Una musi-
vi vava ca che va dalle ancheai piedi, priva di espressività, un ritmo stilizzato, una
usava un trattamento timbric o simile — nel-
linceiglin
AR
pala vt
alcuna
che sfessò nariodo
accompa ‘0
«EastSt. Louis Toodle-O0», inciso l’anno do- danza del pessimismo, delle pianure sempre uguali». Secondo Martînez
s
la si-
artistica del jazz, la Estrada la «vera espressione» di quelballo è la sua «mancata espressività»,
so_ elaborare gorie per,nali sulla valenza Si balla lentamente, «con il portamento di un bue al pascolo», comese la
in cuii suoi musicisti erano visti €
. . . .
<a

tuazione del tango, e soPPa rutto ;1 medo


. .
<
po poteva

urni» piuttosto che come artisti), sensualità avesse sottratto «grazia ai movimenti». Ed ecco un’immediata
. .
- «

vedevano sestessi (come «lavoratori nott


?

affinità con Borges e Bioy Casares. Pertuttie tre, si tratta di «mostri». Il nar-
i osta... ; .
eregiametzalmente aPho tarigo più astratto non venisse formulata in termi- ratore di «Le porte del cielo», invece, viene da un altro mondo,quello dei
esplici Phonsignifica che nonesistesse. Di fatto, c'erano momenti duran- dottori, e per questo, quandovaal Santa Fe,resta fuori dalla pista e ascolta
Nile esib “ioni delle orchestre, specie quandoi cantanti si presentavano,in la tipica orchestrina «suonarein sordina e con impegno».
te le smetteva di ballare e si metteva adascoltare. Efin Piazzolla voleva proprio questo genere di ascoltatori, era per loro che
j del pubblico : : . componeva. «Credidi essere al Colén?», ha raccontato diessersi sentito di-
ee entatoridelle mil ongas che non ballavano ? e checi€
da subito ci furo no frequ re ironicamente al Marabùo al club Boca Juniors più di una volta. La sua
IrO Or°T chestree i loro cantanti pre feriti.
gd AYANOieoltento Pereven ascoltare le P"9 esperienza più sgradevole sembraessere legata all’inserimento del violoncel-
IRPA par tua concomitanza dell'ascolto e @l ballo. An-
se Simo qa h, che il
pFrit
i z e “re, come ? il i musiÈ; cologo ingle
.
bile ipoti
zi,i, èè possiibi i
. Re
lo in «Copas, amigos y besos», il brano di Mariano Mores. «Era così lungo,
; . za é . 3 x
ballo sia una forma ‘’ascolto, conun livello di concentrazi ge che non è così complesso che le cameriere del cabaret in cui suonavamo cominciarono
di
a prenderciin giro e a ballare sulle punte, comese fosse musica classica».‘°
È e» 7 3
dprecintai e degl . pnR!aranta, ballo e ascolto nonsolo sono anti- L’arrangiamento non funzionava e doveva essere modificato. «Credo che
Ra i ia Sali foati Tnt quello sia stato il primo passo della separazione da Fiorentino: nemmenoa
tetici, ma corrispondon d mbiti sociali diversi. Julio Cortizar ha offerto
una testimonianza pers 1 i queste opposizioni in «Le porte del cielo», lui piaceva osare».In unatale dialettica, gli opposti non si attraggono mai.
ona ; ; Lasintesi non è un’opzionepraticabile, pertanto il Colén è evocato da quel-
el .1951.La vicenda è ambientata
ental nel
nfluito in Bestiario D la battuta come unafase lontana daveniree, al tempostesso, comeil simbo-
o. TO anberonista del narrator
un racconta. Sfitido Sp ir e inducea ipotizzare
; lo di un’offesa musicale. Per Piazzolla, d’altronde, il ballo era una messin-
1942, Ma Beura succ siva, Rarrato Le ifUestio ne ricorda una donna
unadata di s essiva. ho . scena: se ne poteva fare a meno. Ciò che succede «dalle ancheai piedi»gli in-
costr uiscl ricor do diunafesta di car-
di nome Celina, morta da poco, e fi %

[77]
176]
teressava pocoo niente. La testa è il corpoche ascolta. E la cosiddetta «Co-
lonizzazione» significava voltare le spalle alla pista e al locale notturno. Tra
il mondo ruffianesco e la promessa di «elevazione spirituale» che si suppo-
neva rappresentasse quel teatro, non c’era mediazione possibile.
Coloroche difendevanola valenza astratta della musica ostentavanoil lo-
ro rifiuto peril ballo. «A mei ballerini non sono mai interessati», dice Piaz-
zolla a Speratti, e rimarcail proprio ripudio quando raccontala genesidi «EI
desbande», un tango della fine degli anni Quaranta: «Ha un attacco simile a
quello di “El tamango”, di Carlos Posadas, e poi continua conle variazioni
indemoniatee terribilmentedifficili che usavogià allora. E sulfinale c'è una
coda su un tempodi valzer. Cominciavoa lasciare da partei ritmi classici, a
dimenticarmi dei ballerini, a suonare perché la gente ascoltasse».Via via
che si «stacca», Piazzolla abbandona un modo di comprendere e sentire che
è ben rappresentato da un precoce diverbio con Juan Canaro,fratello di
Francisco e direttore di un’orchestradi tango chefu tra le prime ad andare in
Giappone. Piazzolla lo incontra nella casa discografica Perroti e gli chiede
cosa ne pensa del suo arrangiamento di «Ahî va el dulce». «Me hai rovina-
to», gli dice Canaro,e gli tira un cazzotto. Il danno inferto al pentagramma
esigeva unarivincita sul corpodi colui che aveva profanatola scrittura.

«In Calle Corrientes non si era maivisto un successo clamoroso come quel-
lo del pibe Astor Piazzolla... Di lui ci aveva parlato in terminielogiativi
OsvaldoPugliese. E anche Horacio Salgan. E prima ancora, Anfbal Troilo»,
si legge sulle pagine di Noticias Grdficas il 1° agosto del 1947,che accoglie
a braccia aperteil «pupillo della famiglia del tango», il «beniamino». La sua
orchestra,si sottolinea, «ha un ritmo travolgente» che «si è guadagnato la
stima del pubblico nell’annoscarso in cuiil complesso ha avuto mododifar-
si conoscere». Un tango come «El desbande»riscuote un «successo» che è
«perfettamente comprensibile»vista la sua eccellente qualità, dovuta innan-
zitutto «all’estro musicale dell’autore e alle peculiarità dell'orchestra che ha
saputo imporre». L'articolo gettava inconsapevolmentele basi del modoin
cui da quel momentosi sarebbe parlato del bandoneonista: con assoluto en-
tusiasmo, comein questocaso, o con disprezzo. L’autore, che nonsifirma, si
schiera con la primafazione. L'articolo hail merito di farci constatare alcu-
ne convinzioniprecocidi Piazzolla, per quanto ancora abbozzate, così come
la sua posizioneall’interno del circuito del tango. La popolarerivista della
sera è colpita dalla «curiosatraiettoria» del personaggio,interessante perché
costituisce «un’eccezione alla regola». Piazzolla, osserva, «non è diventato
un bandoneonista nei quartieri di Mataderos o di Palermo, manegli Stati
Uniti. Nientemeno che a New York. È superfluo dire che non ha potuto at-
£
[79]
[78]
ti nos allo scenaf,, suggestivo e obbligatodei lampioni a petrolio, dei sob- particolare, a quella della fine dell’Ottocento, ereditata da questi musicisti nei
bp orghi tipici della. pitale, con tanto di organetto e cose del genere. La cosa conservatoriin cui si erano formati e della quale si era avvalso il cinema ame-
è Nata traigrattag) i». La distanza gli consente una prospettiva di cui gli al- ricano. In partiture comequella ideata da Erich Korngold per La leggenda di
tri sono sprovvisti. L’«asso della mil 989”, come lo definisce il giornale, Robin Hood,diretto da Michael Curtiz nel 193 8, o nelle musichedi scena dei
ha mai film di Gardel, affiorava la vulgata del romanticismotardivodi cuisi nutriva
«nonprovanostalgia per Buenos Aires per il semplice motivo che non
sta.
conosciutola città». C'è un’altra com Ristione che incuriosiceil giornali
l'immaginazione dei musicisti di tango più illuminati. Le frontiere della «ge-
capitale», al rarchizzazione» del tango facevano comunque capo a Rachmaninov.E seè
Sebbene «si sia ovviamente aggiornatosulla parlata tipica della
è «un “reietto” vero cheil jazz, per quanto fosseil jazz più commercialee legato alle sale da
tempostesso domina lo «slang» newyorkese. A suo parere,
dizioni», ballo, entrò a far parte della vita di questi musicisti — Galvin fu membrodel-
da entrambele parti»e il suo destino è quello di «sanare le contrad
«che la Brighton Jazz e Jaime Gosis, che avrebbe suonatoconil primo quintetto di
dal momento che la musica «non ammette etichette». Questo spiega
tanghi di una volta con l’aggiu nta di accordi che Piazzolla, fu anche pianista degli Hawaiian Serenaders — noncostituivaai lo-
possa proporcii più intensi
osserva ziones i poteva conside rareun elo- ro occhi un vero riferimento culturale. Il concetto di improvvisazionee quel-
sembranostrayinskiani». Questa
er viadell’ccostamento al suo Maestro. La notarileva altresì che Piaz lo di assolo, che comportavanoestesie virtuosistici sviluppi strumentali, se
zolla hastudiat, con Ginastera pers ei anni. Gli accordi che al cronista «sem erano centrali per Piazzolla, non coinvolgevano particolarmentegli altri mu-
brano» stravinskiani in realtà non lo SONO, ma quelloscarto rispetto al ca- sicisti di tango. La loro formazione da musicisti «lettori» gli consentiva al
massimodi arrivare a Gershwin. E nonil Gershwin compositore di canzoni
none andavagiustificato con un dato estemporaneo.
per musicalche iljazz aveva assimilato come materiale preferenziale, ma l’au-
In «Se armé», di José Staffolani e Pedro Maffia, uno degli arrangiamenti
tore di suite e brani rapsodici dove le musiche popolari si combinavano con
incisi dall’orchestra di Piazzolla nel 1947, fa irruzione untipo di glissando
il linguaggio classico del romanticismo crepuscolare. Gershwin fu senz'altro
che poteva aver tratto da Ravel o dal cinema. In pezzi come «Pigmali6n»,
del uno specchio nel quale molti vollero vedersiriflessi. Le «Escalas en azul» di
dove si concede un minutodi introduzione strumentale, e «Villeguita»,
uso molto più disinvolto del Madernao la versione del «Blue Tango» di Leroy Andersondestinataall’or-
1948, in cui introduce il ritmo 3+3+2, con un
Noticias Grdficas. chestra di Francini-Pontier, per arrivare, una ventina d’anni dopo,alla co-
contrappunto e dell’armonia, risalta lo stile che colpisce
dove lonna sonora firmata da Mariano Mores per Bueras noches, Buenos Aires,
Tutto ciò è esaltato dalla straordinaria intesa dell’orchestra «del ’46»,
com- denotano una conoscenza alquantoprecisa di Gershwin — e di epigonipiù di-
spiccavano Atilio Stampone, Hugo Baralis e Leopoldo Federico, e che
scutibili, come Anderson — tuttavia,il progetto era destinatoa fallire, almeno
refeva anche Roberto DiFilippo, un bandoneonista che ebbe un’influen-
in quanto possibile fonte di modernità, per una semplice ragione: la matrice
determi ante su Piazzolla e sull’evoluzione del suo modo di suonare.
arran- armonica e melodica del tango era la stessa della musica romantica. Ciò che
Astor, anni dopo,intravedeva una volontà di cambiamento nei suoi
l’approssimazione del- differenziava Gershwin non eral’impiego delle tecniche classiche — un proce-
giamenti di allora, ma, al tempostesso, riconosceva
suo parere, era troppo dimento già piuttosto conservatore nel 1920 — ma degli elementidel folklore
le proprie intenzioni. Nel 1948 sciolse l'orchestra. A
in- afroamericano,in cui spiccavanoinflessioni melodiche microtonali, sincopi
avanzata perl'epoca. «Era per questo che avevamo poco lavoro, nonci
isolato e accentuazioniinsolite, e anche un uso della dissonanza più coloristico che
vitavano né alla radio né sulle piste da ballo, cominciavo a rimanere
non funzionale. La grande differenzatra Piazzolla e gli altri musicisti di tango che
rispetto a un sacco di musicisti di tango ».5 La sua ricostruzione dei fatti
di Noticias Grdficas, ma ciò non toglie che l’or- provaronoa sondarei limiti del genere si doveva in primo luogoalsuosiste-
combacia conil panegirico
co- madiriferimentinell’ambito della musica classica, che era un po’ più esteso
chestra potesse godere di un certo riconoscimento e che questorisultasse
direttore e fosse anche insufficien- grazie all’apprendistato con Ginastera e anche alla sua melomania.Inoltre,la
munque inferiore alle aspettative del suo
sua visione del jazz — pur sempre unavisione più newyorkese — non si ferma-
te per il sostentamento economico.
va agli aspetti formali. Piazzolla ne coglieva l’espressione, rilevava il ruolo
AIdilà delle possibili interpretazioni, Piazzolla aveva deciso di oltrepassa-
giocato dal lavoro strumentale degli interpreti e il senso di premura,di ur-
re unalinea di demarcazione. Neitentativi di «ampliamento» del linguaggio
o genza che trasmettevano i primie frenetici assoli del bebop che negli anni
da parte dei musicisti di tango che Piazzolla stimavadi più, come Maderna
in Quaranta arrivavano a BuenosAiressu dischi in gommalacca.
SalgAn, emerge uno sguardorivolto esclusivamente alla musica classica e,
#
[ 80] [81]
Il discorso sul tango non poteva che generare anche un
p ri rigeti pubblicava qu otidianamenté La Nacidr i suoi «Grafodrammi». Medra-
in un musicista curioso e cosmopolita :&me Piazzol la. Sitra ttava di u:veI no è unsagace osservatore dhcostumi.Il suo orizzonte si ampliòtra il 1946
paradosso: la valenza «artistica» di quia musica era innegabile, sia dal eil 1947, coni calendari «Alpargatas», illustrati da Florencio Molina Cam-
nto divista vista della
punto della compos
c izione
izi È dil’ascolto, ma dal modoin
che j cuii se ne poscont emi gaubeschi. I soggetti prefer itida md rano rel0° peròlacittà
parlava questo aspetto sembrava non g;stere. Leriflessioni sul genere non (il bar,il biliardolo stadio di calcio) e le abitudii dell'e ca (la spiaggia,il
contemplavano De stilistici Né;poti stepfutare evoluzioni. Per casinò,le paste della domenica). Il tango, naturalmente, non poteva nonfar-
. o discogra e la rac i di l ne parte. Medrano «vede» i musicisti annoiati, con la Barba sfatta, il naso
quantoil mercat . 8 Ito prosperasse Ò fosse ormal diffuoQin
moltissime case, ! ’MMENt&0ri delgeneredi Lopecito o Julio Jorge Nelson, rosso, mezzi addormentati, privi della benché minima empatia conil ballo o
in apologie
po plafi a uei tempi, non facevanoaltro che cimentarsi
molto tathe, con il cantante. È come se suonasseroconil pilota automatico.E la vignetta
Patrio el resto nonesisteva un, rivista specializzata — CONtrarianen- cheli ritrae così, intitolata «La Cumparsita», prese a circolare proprio nel
te a quanto accadeva conil jazz am6;cano — che seguisse 1’ aumentodelle momento di massimo splendore del genere, a metà degli anni Quaranta.
vendite e sulla quale si potesse discutre del modo di suonare di Carlos Di Quell’iconografia del torporeera agli antipodi rispetto al senso di apparte-
bili» e momentifor-
Sarli, del contrasto, ella sua opera, tra momenti «canta nenza perseguito da Piazzolla. Era logicocheil capitale simbolico che aveva
ntidi Maderna per
tementerit ar La varietà delle voci negli arrangiame accumulato gli imponesse benaltro.
lla per Troilo il violon-
Cal6,o del modoin cui negli arrangiamentidi Piazzo È in questo contestoche bisognacollocareil rifiuto di Piazzolla peril tan-
retorici del Barocco.
cello dettava la melodia o venivanoinseriti espedienti go — e nonl’inverso, comelo stesso bandoneonista ha provvedutoa precisa-
e ai musicisti più
Nonesisteva neppureuna rete di scambio che permettess re. È vero che una parte — e non quella più rappresentativa - del mondodel
si poteva fisch iettare un tango
inquieti di confrontarsi. Neiceti intellettuali, tango rinnegava l’idea stessa della sofisticazione, o della ricercatezza, in
imegto estemporaneo. È seci si sping eva oltre, era solo quanto simbolodella perdita di autenticità. Orlando Figes® rintraccia qual-
o citarlo comerife
unpretestoper parlare della realtà pol;t;ca “Il tango per molti era sinonimo cosa di analogonelle suddette controversietra gli intellettuali di San Pietro-
del peronismo, per quanto la sua base sociale in realtà si sentisse più a suo burgo (la metropoli francesizzata) e di Mosca(riserva, insieme alla campa-
agioconil folklore rurale o i suoi deriv_}j, Alla fine del 1953, CortAzarscel- gna, dell’autenticità incontaminata), all’epoca in cui germogliaronoleeste-
r abbordareil tema.
se le pagine della rivista Sur, «di» Victoria Ocampo,pe tiche nazionaliste. Buenos Airesle riproducesu scala ridotta quandonel tan-
conflui tonel libro Il giro del giorno in go vienetracciata la frontiera che separa l’«autenticità» dall’ «esotismo co-
L’articolo si intitola «Gardel»ed è poi
era morto nel 1935, serviva a stil- smopolita». Tale opposizione, che nel caso degli intellettuali nazionalisti
ottanta mondi.L’encomio del Muto, che
e aMMira zi one, come
lare un altro «tipo» di veleno. Gardel «genera affetto aveva avutoa chefare con l’esaltazione della campagnae,poi, del tango più
bide moti-
Leguio Justo Sufrez; dà e riceve do izia, senza nessunadelle tor popolare, per una parte di pubblico e di compositorie interpreti si tradusse
cheven gonoa
vazionierotichesu cui si regge la'®!MA deicantanti tropicali nella valorizzazionedicerti cantanti, complessi e repertori, con un occhiodi
nità rientita che
farcivisita, o il puro piacere peril cat! vo gusto e la meschi riguardoper coloro che ricorrevanoal lunfardo, ossia il gergo popolare bo-
i naerense,e alle tematiche «da sobborgo»o per chi, comenelcitato caso di
spieganoil successo di un Alberto Castillo».
Ipo
«Donne»,« gioco» e «sbornie» sembravano essere, d’altro ci «Cheexistencialista» o in «Giuseppeel crooner», eseguiti dall’orchestra di
se pier È zioni espresse dalmusicista di tango. Ben presto, Piazzolla D’Arienzo,rifiutava apertamentela novità associandola a «roba da femmi-
I istanze on solo da quelMmondo notturno, ma anche da un senso nucce». Questo non era certo l’ambiente che poteva valorizzare Piazzolla,
del mestiere fortemente ancorato gUna sorta di trafila burocratica (dal ta- manonera nemmenoquello che predominava sui mezzi di comunicazione
deidiritti la-
barin all'amantee dalletto al palcoscenico), e che l’estensione o nella direzioneartistica delle etichette discografiche.
in un’esteti-
vorativ i la sindacalizzazione dei musicistifinì per trasformare Il tangofacilone di D’Arienzo aveva un suo seguito ed era estremamente
ca, più che in una vittoria consocia tiva: la contrattazione elevata a pro- popolarenelle sale da ballo di quartiere, mail «canone» prediligeva cantan-
gramma. O forse un mercatonel qual ; ja saturazionedelcircuito lavorativo ti e orchestre che, pur senza perdere questa specie di genuinità essenziale,
finì per determinare un’implosione. L effetto entropico è stato colto da Luis eranoriusciti a dotarsi di unacertaricercatezza. Troilo e i suoi cantanti (Flo-
J. Medrano. Artista plastico, disegn tore e umorista, tra il 1941 e il 1974 real Ruiz, Francisco Fiorentino, Alberto Marino, Edmundo Rivero, Rober-
£
[82] [83]
to Goyeneche, Rail Berén) eranoin tal senso un buon termine di paragone. Quandoscriveva per Troilo, Piazzolla sfoltiva al massimola scrittura del-
La massima del tango — ossia del «buon tango», secondoi parametrifissati l’accompagnamento in modo cheil direttore potesse variare a suo piaci-
dalla comunità stessa — potrebbe riassumersi in una cosa come «né rozzi né mento. Lasciava lo spazio necessario affinché quel rubato che sembravari-
finocchi», una terza via che suona quasi come un’anticipazione del «né maneresospesonel tempoe che a Troilo riusciva fin dalla prima battuta fos-
yankee né marxisti: peronisti» che Piazzolla, negli anni Settanta, trasfor- se il centro dell’universo. Inoltre, poteva contaresul piano di Carlos Figari —
merà per spiegare il suo pragmatismo politico in modo inequivocabile: «Né per il quale componevaispirato da reminiscerZ® debussiane, inserendo sva-
yankee né marxista: bando N®ONISR». riati ornamenti cometrilli, morden {j e grup eti- € su urfvioloncello al qua-
E nel mondo del «buon‘AN80”, Piazzolla era ben lungi dall’essere con- le assegnare gli assolo. Quando arrangiava lo stesso tango per l’orchestra di
testato come compositore e orchestratore. Era uno che, negli anni Cin- Fresedo aggiungeva arpeggiper il pianoforte, che culminavanoin noteiso-
quanta, senza essere membroné direttore di alcuna orchestra —la sua si era late del vibrafono, con contrasti di intensità estremi. Nelle orchestrazioni
sciolta già da un anno — componevae arrangiavaa livello professionistico, per Francini-Pontier inseriva cadenzee assoloperil violinista, e quandoscri-
su commissione, per i complessi più rinomati. «Intendo comporre due tan- veva per Basso affidava al bandoneonista — il virtuoso Julio Ahumada — va-
ghi all'anno. Con quattroincisioni riesco a vivere», raccontò di avergli sen- riazioni «dannatamentedifficili», comele definiva quest’ultimo,e sfruttava
tito dire il bandoneonista Roberto Pansera, che aveva fatto parte della sua al massimolo stile percussivo deldirettore al piano. Lo stile di Troilo e Bas-
rchestra.® Tra coloro che hannoscritto su Piazzolla, l’unico che ha colto so, d’altro canto, era quello chesi avvicinava di più all’idea di «versione da
a fondamentale importanza dei tanghi compostiall’inizio degli anni Cin- concerto», tanto che nelle composizioni per Troilo arrivava a concedersi
quanta — «Prepàrense», «Contrabajeando», «Lo que vendri», «Triunfal» versioni molto più lunghe e con sviluppi strumentaliassai più estesi che nel-
e, non ultimo, «Para lucirse», il pezzo che inaugura la serie — è lo scrittore le altre. L'interpretazione di Troilo di «Para lucirse», ad esempio, dura qua-
e giornalista Julio Nudler. «[Primadi allora] non mi era ancora chiaro co- si quattro minuti, un’enormità per i canoni commerciali dell’epoca.
sa volevo», dice Piazzolla, citato da Nudler, riferendosi a questo periodo. Può anche darsi che nonfosseroi direttori delle orchestre a scegliere di
«L'ispirazione decisiva, quella che mi ha fatto arrivarefin qui, l'ho trovata commissionarei brani a Piazzolla, ma chefosselui a scegliere loro. Le quat-
nel 1950, quandoho scritto un brano che si chiamava “Para lucirse”».?° tro orchestre in questione erano senz’altro le sue preferite e quelle che consi-
Per Nudlerc’era qualcosa di sorprendente nel fatto che proprio quel pezzo deravaall’altezza dei propri tanghi. Forsevi trovava un possibile corrispetti-
non fosse mai stato annoveratonel repertorio di Piazzolla — a differenza di vo dell’orchestra di Paul Whiteman, tanto abile a muoversi con scioltezza nel
«PrepArense» o «Triunfal», ad esempio, Eppure,se si analizzanole quattro mondodell’intrattenimento quanto a commissionaree a far debuttare Rhap-
versioniregistrate nel 1950,risPettiva mente dalle orchestre di Anfbal Troi- sody in Blue. In ogni caso,tali orchestre potevano essere paragonate al mo-
lo, Osvaldo Fresedo, Francini-PoMMer e José Basso,e, soprattutto,se si 0s- dello di quella di Stan Kenton, popolare e insieme trasgressiva. Questi lavo-
servanole differenze mostrate da lascuna, appare evidente chesi trattava rava con arrangiatori come Pete Rugolo ed era in grado di concepire dischi
di una composizioneP®NSata da Piazzolla proprio «para lucirse», ossia per comeCity of Glass, che comprendevaincisioni realizzate tra il 1947 eil 1953
mettersi in mostra cd®€ COMPOS tore «professionista», «su commissione», di opere a dir poco iconoclaste, composte appositamenteperil suo comples-
capacedi ideare un tangoconil quale ogni gruppopotesse mettere in m0- so da Bob Gracttinger. Per giunta, chiamavail proprio ensemble «The Inno-
stra il meglio che aveva da offrire. In tal senso, pensare che quelle orchestre vations Orchestra»e intitolava i dischi Artistry in Jazz (1950), Innovations
suonassero i suoi tanghi sarebbe un errore. Piazzolla non aveva una pro- in Modern Music (1950) o New Concepts of Artistry in Rbythm (1952).*
pria orchestra — a parte quella di Radio Splendid, che diresse durante una «Era esattamente ciò che volevo fare 10», diceva Piazzolla riferendosia lui,
serie di registrazioni per l’etichetta rk, con la cantante Maria de la Fuente.
Nonc’era un repertorio piazzolliano che Troilo, Fresedo, Basso e Francini-
Pontier potessero scoprire e adottare, ma pezziideati su misura per ogni or- * Questo costante desiderio di rinnovamento suscitava anchecritiche, perfino tra i componen-
ti della sua band. Stando a un aneddoto verosimile quantodifficile da appurare, Kenton,all’i-
chestra da un autore che cercava unosboccodel tutto nuovoper il tango:
nizio di una tournée, chiese ai musicisti, ormai seduti a-bordo del furgonecheli avrebbe porta-
quello rappresentatodalla figura del compositore — e orchestratore — pro- ti in giro, nuoveidee.Il trombettista Al Porcino, da unodeisedili posteriori, alzò la sua voce ro-
ca e scorbutica come sempre, per domandare: «E se suonassimo con un po’ di swing?»
fessionista.
£
,
[84] [851]
«elaborare armonie analoghe, ma con unadifferenza: al posto degli ottoni io per ri velarsiuna sentenza peril tango stesso), quelle critiche!9N erano del
avevo gli strumenti a corda e il bandoneon. Le poche volte in cui ho usato tutto ingiustificate. Rispecchiavano semmai q valessadi dr alla delusio-
trombe, tromboni e saxil risultato è stato pietoso. Ad esempio, mi è succes- ne di un innamorato. Solo chi ama può soffrire a tal punto quandol’altro
so quandohodiretto l’orchestra di Radio Splendid, nel 1952».7' Fra l’altro, non ricambia i suoi sentimenti. Troilo, secondo Piazzolla, aveva scelto un
Gershwin, Ellington e Kenton erano accomunati da un elemento extramusi- destino indegno.E tale indegnità non era diversa da quella del tango nel suo
cale che stava molto a cuore anche a Piazzolla e che lo incoraggiava a crede- insieme. Nonostante potesse aspirare a essere una musica potente e innova-
- tiva -— e avrebbe potuto esserlo.fin dagli esordi, benché &oloro che se ne oc-
re nella fattibilità dei suoi progetti: ebbero successo anchea livello economi cupavano nonlo capissero chiaramente e fossero incapaci di formulare il
co.E forse è proprio dalle differenze tra Kentone Troilo che deriva in parte
problemain questi termini — si era ripiegato nella contemplazionedise stes-
Pastio di Piazzolla nei confrontidel suo ex direttore.Il fatto che coluiche gli so e nell’eterna ripetizione delle sue vecchie glorie, ogni giorno più obsolete.
aveva offerto un postonella fila dei bandoneon della propria orchestra ed era
stato il primo a dare credito ai suoi arrangiamenti — a dispetto di tutte le can- Se l’astio di Piazzolla per il mondodel tango è prevalso proprio alla fine
cellature che gli aveva inflitto — non si decidesse a prendere le distanze dal del periodoin cui era stato più apprezzato,ciò può essere dovutosoltantoal
ruolo di intrattenitore da ballo popolare per assumere quello di guida di una fatto che cominciava a intuire quale sarebbestato il tetto massimo. A co-
grande orchestra di tango «da ascoltare»era per Piazzolla una sorta di tradi- s’altro poteva aspirare oltre a comporreper le migliori orchestre? AI mondo
mento nei confronti di un destino nonsolo possibile, ma anche auspicabile. c'era qualcosa di meglio delle complesse cadenze e variazioni che scriveva
Contrariamente a quanto è stato tramandato dal mito nel corso degli an- pensando al bandoneon di Ahumadaper l’orchestra di Basso o al violino di
ni, una partesignificativa del pubblico di tango — nonché dei musicisti — ap- Francini per il complesso che dirigeva insieme a Pontier? La Nacién e La
prezzavagli arrangiamenti di Piazzolla. La mole delle orchestrazioni realiz- Prensa avrebbero maipotuto scrivere di «Para lucirse» o «Triunfal» comeil
zate per Troilo mentre suonava nella sua orchestrae il fatto che, nel 1951, New York Times aveva fatto con Rhapsody in Blue? Qualcuno,a parte Igor
fosse stato prescelto per arrangiare «Responso», il branoelegiaco composto Markevitch e Aaron Copland, che in due occasioni diverse erano andati a
da Pichucoper la morte di Manzi, sonoindici della considerazionedi cui go- salutarlo dopo averlo sentito suonare al Tango Bar, si rendeva conto della
deva il musicista di Mar del Plata. La gomma per cancellare a quel punto grandiosità di ciò che stava facendo?
rappresentava una revisione, una sorta di «editing» non molto diverso dal
lavorosvolto dai violinisti J6zsef Joachim o Ignaz Schuppanzighrispettiva-
mente per Brahms e per Beethoven, 0,nel caso di quest’ultimo, da quello del-
l’editore Artaria. Il fatto checi fosse uncertoscartotra ciòche l’unosi aspet-
tava dall’altro e viceversa — al puntoche si è portati a immaginareche Piaz-
zolla e Troilo si affibbiassero a vicenda l’affettuoso appellativo di «incor-
reggibile» — nontoglie che si stimassero reciprocamente. Per quel che con-
cerne Troilo, non ha mai avuto riserve ad ammetterlo pubblicamente. Piaz-
zolla, sempre intenzionato a distinguersi e a far risaltare il proprio ruolo
screditandoquello degli altri, può darsisia statopiù critico. Eppure, in en-
trambii casi, l’opera in comune attesta un mutuorispetto. Comunque, non
bisogna dimenticare che le critiche più dure di Piazzolla sono posteriori. E
delresto,se si pensa alla figura statuariadi Troilo, travestito da musicista di
tango comein unarecitascolasticain tuttii film e i programmi televisivi de-
gli anni Sessanta, alla sua orchestra sorretta musicalmenteda altri (nella fat-
tispecie, Raùl Garello) e a una carriera alla fine della quale era quasila cari-
catura di se stesso («siamola smorfia di quello che sogniamodi essere», di-
ce Discépolo in «Quien màs, quien menos», una canzone del 1934 chefinì

[87]
[ 86]
na _—————_

priano Reyes, il sindacalista che ebbe un ruolo di primo piano nella mobili-
tazione del 17 ottobre. Nel 1940, Reyes lavorava come domesticoa casa del
giudiceCésar Viale. Sei anni dopo,torna nell’edificio di Calle Posadas, ma
stavoltacome deputato laburista. Entra nella stessa casa dove era stato un
servitore obbediente e ruminatra sée sé la sua rabbia di classe. Rivedeil suo
padrone. A un certo punto il giudicelasciail salone principale, doveSì tro-
vavanogliinvitati. In pochi mifiuti ritorna co n yn vassoiocarico di Hechie-
rini per l’aperitivo. Guarda il domestico di un tempoe gli dice: «Mio caro
onorevole, mi permetta di servirla con lo stesso vassoio e nello stesso modo
in cui Cipriano serviva me». Il legislatore laburista si alza in piedi e ringra-
zia con un brindisi alla «nostra impareggiabile signora, dofia Amalia Mufiiz
in Viale». La scena, coni suoi capovolgimenti, non costituisce soltanto il
simbolo di un’inversionediruoli. Nelle parole di Horacio Gonzdlez,si trat-
ta della «quintessenza del peronismo».??
L’era di questa formidabile mobilità sociale esigeva un linguaggio pro-
prio, in gradodi designaree arbitrare. Bisognava dotarla delle parole, delle
immagini e anche dei suoni appropriati. «Questa bambina gioca con una
bambola,gliel’ha regalata Evita».? Il peronismoistituì un tipo di pedagogia
che trovavail suo punto di forza nella rappresentazione, dalla grafica, con le
sue stampe tipografiche tridimensionalie i caratteri ombreggiati, all’archi-
Il professionismo di Piazzolla segue unatraiettoria che ha inizio nel mo- tettura: dalla Città dei Bambinial Teatro General San Martin,la cui costru-
mento in cui comincia a suonare con Troilo e, quasisubito, a creare orche- zione cominciò nel 1954. «Una retorica educativa cheè stata in qualche mo-
strazioni, per approdare in un secondo momentoalla formula, inedita peril do il suo nucleo più indicativo», dice Gonzalez.” Per un momento, breve ma
tango, del compositore «su misura», al servizio delle orchestre degli altri. fondamentale, Piazzolla si accoda come «compositore classico» e «profes-
Negli anni Cinquanta è inoltre autore di musiche per il cinema e cercherà poi sionista» alla campagnadi estetizzazione della politica che consisteva nel
di ottenere prestigio anche nel «mondoclassico», provandoa far circolare diffondereallegorie amorose,statueconil profilo della coppia, unasfilza di
le sue opere da camerae per orchestra, alle quali appone tassativamenteil massimeilluminate. Un fugace periodo da scrivano al servizio di un manda-
numero d’opus, anche quandosi tratta di semplici esercizi assegnatigli dal to, la Lealtà, che non può essere compresoaldi fuori della sua cornicestori-
suo maestro. Questo atteggiamento da musicista specializzato corrisponde ca e delle stesse inquietudini musicali di Piazzolla.
anch a un modelloap preso da Ginastera: quellodel compositore che si po- Nel 1947, l’annoincui il filosofo Carlos Astrada tiene una conferenza al-
ne aldli sopra delle con fngenz edel mondoe al quale non deve interessare af- l'Accademia Navale nella quale viene delineata per la prima volta la teoria
fatto©hi sia a pagare, pirché dspetti la sua arte. Un tipo di neutralità pro- della terza via, una Commissione Onoraria guidata da Dardo Corvalan
fessionale che, a quell’epoca, specie se paragonato al modoin cui venivano Mendilaharsu comincia a progettare un monumentoin onore del descami-
analizzati gli avvenimentipolitici, ricorrendo cioè alla lente della seconda sado, termineconcui venivanodefinitii sostenitori di Per6n. Nel 19 53 l’ini-
guerra mondiale e dell’antitesi fra nazismo e democrazia comechiavi di let- ziativa si sarebbe tramutata nel mausoleodi Eva: 137 metri d’altezza che do-
tura di qualsiasi cosa, risultava quantomeno problematico. vevanoerigersi dove oggisi trovanogli studi della televisione pubblica, in
Il peronismoè stato qualcosa di più che un fonte battesimale che cercò di Avenida Figueroa Alcorta, e davanti ai quali si immaginò che«Ie future ge-
nominaree rinominare quasitutto (perfinogli strumenti per misurareil tem- nerazioni argentine avrebberosfilato in segno di eterna gratitudineperi se-
po: ldologio p eronista). Icambiame nradical e cui si andò incontro con coli dei secoli».7° Il 1948 è percepito dall’élite culturale come una sorta di
l’asce@ al poter e del coloniflo è stato r&contato in modo magistrale da Ci- anagramma numerico dell’orwelliano 1984. Il ministro dell’Istruzione,
£
{ 88] [ 89]
Oscar Ivanissevich, quell’annoja nciale sue prime invettive contro la mo- mediisole Falkland. «Republica Argentina»si colloca su un gradino più in
dernità pittorica. «La mania dger eriade | cubismo,del futurismo,del fauvi- basso rispetto ad altre forme cantabili di accondiscendenza come «Oda a
smoe del surrealismo è la maga degl a udacie dei tipi strani che vogliono Per6n», interpretata da Alberto Marino con un accompagnamentodichi-
tarre nel 1947, «Evita Capitana», per la voce di Juanita Larrauri e un’or-
distinguersi a tuttii costi», sbraitò al l’inaugarazione del xxxvn Salone del- chestra diretta da Domingo Marafiotti, o «La Descamisada», una milonga
le Arti Plastiche.” La causa della sua collertaera stato Sol en el dngulo di Pet-
incisa da Nelly Omar. L’adesione di Piazzolla a questa corrente celebrativa
toruti. Ivanissevich aveva composto assieme a Catulo Castillo il «Canto al andrebbe forse considerata comeunpiccolo scivolone chelotirò fuori da un
trabajo», che debuttò il 25 novembre, eseguito dell’orchestra del Teatro
Colén diretta da Alejandro G6mezdel Barrio. Nel 1949, mentre Perònpre- momentodi ristrettezze economiche. E non sarebbe stato l’ultimo.
sentava al Congresso di Filosofia di Mendozail suo intervento da manuale La macchina simbolicae discorsiva del peronismo cominciò a funzionare
intitolato «La comunità organizzata», Ivanissevich soccombeva nuovamen- pressoché a pieno regimeagli inizi degli anni Cinquanta, mentr har”
te alla propria passione per la canzonee scriveva il testo della «Marcha Pe- cava vie alternative al tango. Duelibri testimonianogli intenti pedagogî!
ronista». Un grido accorato gli esce dal petto nell’edizione successiva delSa- del partito egemonico. La nacibn argentina. Justa, libre y soberana è un ma-
lone delle Arti Plastiche almomento di determinare gli orientamentidel gu- nuale di ottocento pagine piene zeppeditabelle, statistiche, diagrammie im-
maginisull’operato del peronismo, dovesi nota l’influenza della propagan-
sto di Stato. «Adessoi falliti, quelli che desiderano essere ricordati senza da sovietica e affiorano i fondamenti del costruttivismo e del futurismoita-
sforzo, senza studio, senza morale e a qualsiasi condizione, hanno unrifu-
gio: l’arte astratta, l’arte morbosa,l’arte perversa, l’infamia dell’arte». I suoi liano tanto ripudiati da Ivanissevich. L’artista plastico Daniel Santoro, au-
adepti sono «tipistrani, ispirati dalla cocaina, dalla morfina, dalla marijua- tore di un’opera che abbordain chiavecritica e ironica l’iconografia di que-
na, dall’alcol o dallo snobismo», e vengonostrumentalizzati dalle «forze di- gli anni, arriva a parlare di «blando stalinismo». La lotta di classe, dice, dà
sfattiste dell’estremismo senza Dio e senza Patria» che cercanodi privareil luogo alla certezza di un presente propizio,il pugno chiuso diventa una ma-
notesa,l’espressione severa un sorriso benevolo.”
popolo anche «dell’ultimo rifugio spirituale: quello della bellezza». Il di- Il secondolibro avrebbe assunto fa valenza di un vangelo.
scorso del ministro, che sarebbe tornato in scena durante il governodi Isa- La ragionedella mia vita (1951) è l’«autobiografia» di Eva, nella qualeil
bel Perén e José Lépez Rega, dovette far accapponare la pelle all’artista modello retorico imperante giunge alla sua massima «raffinatezza». «Il suo
amatoriale Dedé Wolffin Piazzolla.
animo è appunto ciò che non si può descrivere, esattamente comeilsole.
Fin daallora, Piazzolla ha un APPOrto quantomeno ambiguoconil go- Non è nemmenopossibile guardarlo. Bisogna accontentarsidi sentire checi
verno. È vero che, come ha semp"© detto, evitò di partecipare a unfestival di scalda la pellee ci illumina il cammino». Così «parla»l’autrice mediante la
beneficenza della Fondazione Eva Perénchesi tenne al Luna Park. Mala sua penna infervorata di un ghostwriter, Manuel Penella de Silva. La ragione
assenza nonera dovutaa ragioni di tipo ideologico. Avevasciolto l’orche-
stra. La stessa con la quale nel 1948 aveva registrato un branosu misura del della mia vita è «un’opera di Stato e del cuore».* Un tipo di apologia che
Primo Piano Quinquennale, con untesto che attestaval’euforia distributiva. cercherà un corrispettivo nella musica «colta». Pe-rén. Duesillabe. Un rap-
«Yo tengola suerte de ser argentino] vivir en la patria mds linda y feliz» [«Io porto accentuativo da anacrusi che cade su un tempoforte. Un loop inter-
ho la fortunadi essere argentino/ di vivere nella patria piùbella e felice»], minabile su una battuta di 6/8.
Il 17 ottobre del ’45, da un balcone della Casa Rosada,il colonnellosi
cantava Alberto Fontin Luna. «Republica Argentina», il valzer composto compiace nel «vedere» l’inno cantato dalle masse che l’hannoriscattato («il
da Santo, Lipsker e Reinaldo Yiso e arrangiato da Piazzo Ila, nonsolori-
specchia quelP temperie, ma va a rafforzare la campagnadi sensibifzzazio- popolo aveva messo tacere la macchina del lavoro», annotò a proposito di
ne su UN femaChe, prima del peronismo,era oggetto di disc ussionesolo nei quella giornata Cipriano Reyes).Ventinove anni dopo,affacciato allo stes-
so balcone,il generale ormai moribondodirà nel suo ultimo discorso pub-
circoli intellettuali:”* si trattava della propaganda «malvinista» — «Nuestras blico, quasi fosse un testamento, che il suo udito serba ancora il ricordo
islas, pedazo de patria que se alza en el mar» [«Le nostreisole, un pezzo di
patria che emerge dal mare»], dice il brano —che mirava a instillare nell’opi- «della musica più straordinaria», la parola del popolo. Inizioe fine di un ci-
nione pubblica la rivendicazione della sovranità argentina sulle isole Malvi- clo, scanditi in sordina dal suo rapporto con l’arte combinatoria dei suoni —
ne, che, a livello ufficiale, facevano invece parte del RegnoUnito,con il no- e deisilenzi.
X
[91]
[90]
Per quantoil peronismosia in ter-
sempre stato legato di più al folklore,Du spobladasde ensuefto | y abrazandola causa detu lider» [«Quandola patria
. . era prigioniera/ di quell’angustia che trasformatutto/in vita priva di palpi-
mini musicali viene immediatamente associato alla «marcetta», ossia l’inno
a cui diede voce proprio un uomo di tango - Hugodel Carril — e che venne tazione o in un sordopalpitare / arrivasti camminandoperle strade / ormai
inciso su un vinile con lo scudo delgiustizialismo sul quale si stagliano due privediillusioni / e abbracciandola causadel tuo leader»], si leggeall’inizio
mani giunte in un saluto da patto sociale. È a quella marcia che sembrari- del testo. «Para cantar la gloria de tu nombre / nos faltan las palabras / y nos
dursi lo spettro sonoro di un’intera epoca. «A volte ascolto Bach e altre queda un silencio que nosdice: iplena eres de gracia!» |«Per cantare la glo-
Beethoven. Ma la musica popolare sempre», confessa Per6n a EstebanPei- ria del tuo nome/ ci mancanole parole/ ci resta solo un silenzio checifa di-
covich.* Eva, invece, svelò in qualche occasione la sua passione per Debus- re: sei piena di grazia!»], concludeil panegirico.
sy e Chopin, nomi propri che facevano parte della discografia selezionata La sinfonia drammatica «A una mujer»è rimasta negli annalidella storia
dalla pianista amatoriale Victoria Ocampo. della musica come l’unico tributo a una guidaspirituale elaborato con gli
x x 8
Perén era convinto che «la cultura o è popolare o non è cultura». Du strumenti della cultura «alta». L’astuzia,il senso dell’opportunità o forse
rante il suo governofuronoestesii diritti lavorativi di interpreti e composi- una segreta avversionee il peso diobiettivi più stringenti fecerosì che Piaz-
tori, venne formata l'Orchestra Sinfonica Nazionale, nel 1948 fu fondatoil zolla venisse escluso dalla classificain cui figurava soltanto «quella donna»,
conservatorio nazionale L6pez Buchardoe, nella fattispecie, vennero finan- Le affinità tra la partitura della Calcagno ed Epopeya argentina. Movimien-
ziati gli studi della pianista Martha Argerich a Vienna, con Friedrich Gulda, to sinfonico para narrador, coro y orquesta, scritta da Astor Piazzolla e pri-
mentre all'ambasciata argentina della città improvvisarono un posto da so- va di numero d’opus,induce a parlare di opere in qualche modosiamesi. La
vrintendente economico per suo padre e uno da segretaria per la madre.Il primaa esserescritta e pubblicata fu quella del bandoneonista. Nel 1952,
peronismo rafforzò l’opera di divulgazione nelle scuole. E poi, con grande l’anno della morte di Eva, la sua Epopeyaesce grazie all’editore Sarraceno.
tripudio popolare, adibì il Teatro Colén a incontri sindacali e a concertidi L’opera era basata su testi di Mario Nufiez, l’autore del «Soneto a las manos
massa, come quello del cantante e ballerino spagnolo Miguel de Molina. La de Eva Per6n», incluso nello stesso canzoniere sul peronismo a cui aveva
leggendaria vedette nera Joséphine Baker, invece, sali sul palcoscenico per contribuito Mende Brun.
tenere una conferenza dedicata alla Portabandiera degli Umili. l’adattamento per pianoforte di Epopeya fu realizzato da Piazzolla stes-
Pochi mesi dopo la mortedi Eva, nell’agosto del 1952,al fine di «traman- so. È stato riesumato percaso dal fondodella Biblioteca Nacional. La sco-
dare» a «imperitura memoria»il suo «magnifico e impareggiabile operato», perta risale al 2003 ed è opera di un gruppodi musicologi argentinitra i qua-
la municipalità di Cordoba indisse un concorso musicale denominato «Pre- li figurava Pablo Fessel. «Non avrei mai pensato che potesse ricomparire.
mio Universidad Nacional de Cérdoba, doctor Horacio Ahumada». Nella Pensavosi trovasse fra le opere che aveva distrutto perché non gli piaceva-
categoria «opere strumentali» vinse Elsa Calcagno con la sua Sinfonia no... Ricordo bene quantol’avesse rinnegata», ha dichiarato Diana Piazzol-
drammatica «A una mujer». Lei, la vincitrice, lavorava come insegnante di la sulle pagine di Clarin." In quell’occasionela figlia ha raccontato che era
musicainistituzioni del Consejo Nacional de Educaciòn — probabilmentein stato un certo Nuîfiez, che «era amicodi papàe consigliere di Per6n», a com-
scuole primarie della capitale nelle quali si insisteva sulle stilizzazioni del missionargliela (Astor e il Generale legati da una grigia figura della consu-
folklore rurale in quanto manifestazione emblematica della «patria». Si de- lenza di palazzo). «Papà voleva comporre una specie di inno, maalla fine
dicava anchealla critica musicale per la rivista La Mujer. Adepta del nazio- non gli piaceva e impedì chefosse usato ed eseguito». Una mera questionedi
gusto personale? Semplice insoddisfazione rispetto alrisultato finale?
nalismo musicale più pué'ile, che non andava oltre i ve nti precetti armonici
La partitura denota un sinfonismo elementare;la ritmica è quadrata, co-
dell'Ottocento, nel 19509%VEVA €S eguito perla prima v olta al Teatro Colén
me imponeva l’occasione, predominanogli accordi di quarta, l’«accordo
il suo Concierto en do menorpara cello y orquesta. «A una mujer» rappre-
Petruska», che sovrapponeduetriadie che era ormaitrito ritrito già allo-
sentò il suo massimo riconoscimento pubblico. La Calcagnoutilizzò un te-
ra, e le figure modali. La voce narrante,a differenza di quanto succede nel-
sto di Mario MendeBrun, del 1951, recitato per la prima volta in occasione
le passioni barocche, non presenta alcuna notazione.Il tono del racconto è
delle feste folkloristiche in onore della guida spirituale della nazione:
simile a quello dell’opera di Calcagno.Il 17 ottobre come simbolo della Ge-
«Cuandola patria estaba detenida | bajo esa angistia que convierte todo|
nesi è ricreato da Piazzolla con una nota pedale sulla qualesi inserisce l’a-
en vidasin latir o en latido sin eco | Ilegaste canmnandop or las rutas | de-
,
[92] 193]
giografia. Alla battuta 106 dell’Andante maestososi dice: «;Una fecha, una di Ginnasteràe che mostr a sile €e )
pagina degloria! Y una nacibn en busca de sus claros destinos... El dia de su n più sc@ll stici
gnameenti .
o unee somigl ianz conil
sco Carl Orff
redese ina», dicon
comienzo, la atmosfera presagiaba — con singular pergeio — el estallido de «Epopeya a78eRt le chenon 12 Azzi e Collier, £. uscitò
serto interes i Li : ;
las grandes conmociones, apartàndoseasi del camino envejecidodel error» lait la Proepalnre vc îmnoa Perén» ARPAdicano”lanp,
[«Una data, una pagina gloriosa! E una,zionein cerca dichiari approdi... eseguito."
Il giorno della suaascesa,l'atmosfera facg, pres agire—colsuo aspettesin- L’opera che Piazzolla aveva tenu __ta, così Ila della Cal-
golare — l’esplosione di grandi emozioni,jjonta Nandosicosì dall’obsdeta era in linea congli obiettivi O MaAScos | sec COME qug Quinquen-
cattiva strada»]. L’Allegro energicointer;gca l apologia: «Y abi, ubiado cagno, con È culturali“ |. i d
nale. La loro pubblicazione sembrava dro parte di unp RN su più larga
en su lugar, altura de su impostergabj, realidad, inicamente ahi, por sen- scala. Nel 1952 la rivista Mundo Peronista annunciò la creazione dell’Or-
tencia inapelable de la providencia» [«E lì, fermo al suo posto, dall’alto del- chestra operaia della Confederazione generale dei lavoratori. L'articolo non
la sua ineluttabile realtà, un, amentelì, per sentenza inappellabile della fa riferimento néal futuro direttore né alle opere sulle quali questa avrebbe
provvidenza»]. A quel punto;, narratore è chiamatoal silenzio, l'orchestra
favorato. Si sottolinea soltanto che con questa formazionesi vuole cercare di
comincia a scenderedi registr,, scale d terzine che finiscono nuovamente in mettere in chiaro che anche la musica classica è alla portata dei lavoratori.
sentire la vocedi chi riporta ì Nonè azzardato pensare che Epopeya argentina fosse stata pensata come
accordi di quarta, mentre, n superficie, si fa
Gr ; ido de Dios» parte del repertorio di quel progetto poifallito.
fapsno deaa SetaagstoE pra, da Dio»], Piazzolla rinnegò l’opera, destinandola a languire per annineisotterranei
per poi arrivare” ©' sezio?” di battute irregolari(4/8, 3/8 e 2/8) che sfocia della Biblioteca Nacional prima che potesse essere ripulita dai detriti dei
in un'altra sent ‘09 ]] c0.0 accompagna la voce narrante: «Un pueblo quali l’aveva ricoperta l'oblio. Riscattarla, pur nella sua riduzione — il for-
enza. sunumen creador» [«Un popolo pos- matotascabile della letteratura musicale — presuppone ovviamente un eser-
pujante que acta y marcha segurode: e»], e concluderi-
sep
pe
pia peisc
isce
e e marcia fiducioso nel suo nume tutelar
parola lealtà. i l
cizio che appartiene al campodelleipotesi. Il breveflirt di Astor con l’im-
maginario ideologico statale del «peronismo classico» ebbe luogo mentre
Jady, che non aveva an Juan José Castro era esiliato a Montevideo e dopo che Ginasteraera statoli-
Soltanto il movimento lento è dedicato alla first
. : - «Abona do t
el esfuerzo desiintere- cenziato dal Collegio Militare. Non era qualcosa di innocenteaderireal pro-
rcato la soglia della santificazione.
£L48 VESFRO rocio Gue anuncia el candor y la pdleza de la flor amanecida I la grammaestetico di un movimentochefu ingiusto perfino con Hugodel Car-
sonrisa, el renunciamiento, la comprension y latitud de una fe olimpica» ril, la Voce della Marcetta, quando censurò la sua versionee affidò una nuo-
[«Garantito lo sforzo disinteressato /comer ugada che annunciail candore va incisione del Canto (al) Generale a Héctor Mauré(per la direzione di Do-
e la bellezza del fiore appenadischius _, / il sorriso,il sacrificio, la compren- mingo Marafiotti, come in quella precedente,e con il supporto del coro di
- ‘4 di . Pica»], , dice il narratore.E il coro repli- p Fanny Day), come punizioneper aver accettato di esibirsi, durante il lungo
sionee l’immensità di una ifede olimpica»)
‘gl de su augusta bandera consagrada...
ca: «Evita, bandera de su ideal e dEGE Gue Ce 1iSsag lutto disposto per la morte di Eva che aveva sospeso ognisorta di spettaco-
Oy, mana onancias de ecos infinitos» [«Evita, bandiera del suo lo, nella quasi nemica Montevideo.*
È ta es na res e A .
Es deale del la sug gusta bandiera consacrata... Tale è oggi, € e doma-
GO)
ideale e 1 n
amo
epilogoo riprer i g ndeil 7 richi
ni sarà risonanza di e chi infiniti»]. Il solenne te
) e si chiudecon il carat
unilaterale alla «lealtà» (all’unisono, ovviamente
) " n
ristico amen. lo
...S0 un anno prima che Pierre Boulezi visi- _
Epopeya argentina fu scrittà' .
5 Aires come membro della compagni p a tea-
tasse per la prima volta Bueno
Le Dartea sans maî-
trale di Jean-Louis Barrault, mentré!ava ARA il suo pri-
Kagel imbastiva
tre, la sua opera inaugurale, e mentre Mauricio
un'esposizione patrocinata
mocontributo sonoro pubblico, nell’ambito di
era che riassumegli inse-
dal governonella provinciadi Mendoza. È un’op

[94] [95]
— TTT"

del suo desiderio di istituire un’arte «semplice», che fosse espressione del
«carattere nazionale», il Padre dei Popoli attaccò per primacosaleartivisi-
ve e la musica. Lady Macbeth deldistretto di Mzensk, l’opera di Dmitrij
Sostakoviò, trionfava da ben due anni quandoil dittatore andò a vederla al
Bolshoi dal suo palco privato. Il 28 gennaio del 1936, Sostakovié aprì la
Pravda, l’organoufficiale del partito, e s’imbatté in un titolo agghiacciante:
«Caos anziché musica». Come:se non bastasse,l’autore 4ell’articolo sirite-
neva offeso dalle sceneerotiche dell’opera. La Pravda era implacabile: accu-
sava il compositore di essere formalista e piccoloborghese. «Il pericolo di
questa tendenza nella musicasovietica è evidente: la bruttezzasinistroide nel-
l’opera hala stessa origine della bruttezza sinistroide nella pittura, nella poe-
sia, nella pedagogia e nella scienza». Secondo Solomon Volkov,** fu Stalin in
personaa scrivere la stroncatura anonima,nella qualesi parlava di «cacofo-
nia» e «scabrosità», e che diede inizio al calvario del compositore. Il caso
Sostakoviè ebbe unforte effetto inibitore sui compositorie gli interpreti.
In Germaniale cose non erano diverse. Michael Kater ricorda ad esempio
che, prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale, un quinto dei musi-
cisti professionisti era affiliato al partito nazista.* Lo stesso valeva per un
terzo dei componenti della Filarmonica di Vienna, spinti da motivazioni
ideologiche ed economiche. «Se un musicista dimostravatalentoe lealtà al
regime in parti uguali, il successo professionale era virtualmente assicura-
uovepocimidaradatigantitsomunaue, dev'essere invrpretrae co
tte di un campo diforze ne! qua
to».?° Ad ogni modola musica era un elemento di estrema importanzaperil
musica giocava un ruolo determinante:“f sistema di relazioni che avevaca- nazismo, al punto che esistevano ben due agenzie che la regolamentavano.
ratterizzatoi totalitarismi europei sconfitti, e che vigeva ancora dopo la se- La prima, la Lega d’Azione per la Cultura Tedesca (KDFK,l’acronimo tede-
conda guerra mondiale, ebbe un corrispettivo anche in America Latina. I le- sco), fu creata dal partito di Hitler nel 1929, nel pieno della Repubblica di
gami tra la musica e lo Stato emersero con maggiore chiarezza in Messico e Weimar, per far fronte alle spinte moderniste. Ebbe come mentoreideologi-
in Brasile piuttosto che in Argentina. Il compositore messicano Carlos Ch4- co Alfred Rosenberg,il filosofo del nazismo. Unavoltaal potere, la Camera
vez istituì fondazioni artistiche durante il governo di Lazaro Cardenas (1’°I- Musicale del Reich (RMK), controllata da Goebbels, ebbe come primo edef-
stituto nazionale di belle arti, la Scuola di danza) e fu consigliere di ministri fimero presidente Richard Strauss. Poi toccò a Peter Raabe.
e presidenti. Heitor Villa-Lobos, figura cruciale per la musica brasiliana, La «nazificazionedella musica»fu portata a termine dall’Orchestra Sinfo-
amicodi Edgard Varèse e di Arthur Rubinstein, era funzionario dell’«Esta- nica NazionaleSocialista, dal Festival di Bayreuth e dal coro della Gioventù
do Novo»di Getilio Vargas.Il suo biografo Vasco Mariz ricorda cheil pro- Hitleriana, con l’obiettivo di metterla al servizio di un’idea: la questioneraz-
lifico autore di bachianas e choros, e di straordinarie opere orchestrali e per ziale. «I tedeschi sonoi soli ad avereil diritto di definirsi musicisti», diceva
chitarra, fu anche colui che introdusse l'insegnamento della musica e del Wagner.«Un popolo che annovera maestri come Bach e Beethoven non
cantocorale nelle scuole di Rio de Janeiro, allora capitale del paese.” perderà maila guerra», arrivò a dire Fritz Sein, un pastore esperto di musica

modelliedota
to plannerperennie Trento presi
basati osull’ambi
di agdottabasar
sacra, nemico giurato del jazz e della cosiddetta «musica degenerata» (ex-
tartete musik).Si contano più di ventimila branicreati perfinipolitici nei
valenza, la simulazione,la resistenza, eequivocità. Stalin era umelomane, diversi organismi di regime (Gioventù Hitleriana, sA, ss, esercito, scuole,
appassionato di opera russa e italiana. Le purgh è e le incrimtàzioni dei teatri, radio, luoghi adibiti a cerimonie, conservatori), ed è l’entità di questa
membridella vecchia guardia bolscevica investiron o ancheglialti. Invirtù produzionea fare la differenza tra peronismoe nazismo(a dispetto dell’assi-
z
[97]
[ 96]
= |

regimi argentini, di esibirsi neiteatri ufficiali durantele dittature militari di


milazione nazi-peronista operata dai comunisti argentini). Come ricorda
Alejandro Agustin Lanusse e di Jorge Rafael Videla, di rallegrare conil suo
Andrea Giunta,” nonostante le espressionidi intolleranza, non c’è equipa-
di op e- Quinteto una festadell’autoc rate osservante Juan Carlos Onganja comeha
razionepossibile coni regimi totalitari europei . Non ci furono roghi raccontato Oscar Lépez Ruiz,o di suonare nella Cuba castrista. Durante la
all’asta le
re, nonvennerovietate esposizioni di arte dege nerata né si misero guerra delle Malvine, Piazzolla presentò a Buenos Aires un brano dedicato
di auto-
collezioni, Ciò non significa che nonsi tentasse di limitare la sfera ad Alfredo Astiz, alias Gustavo Nifio pergli sgherri della EsMA (la Escuela
nomia dell’arte e che non si attuassero politiche di calunnia e cooptazione,
non fu de Mecanica de la Armada,passata tragicamente alla stbria come centrodi
alle quali Piazzolla non fu del tutto estraneo. Il suo caso, peraltro, detenzione e tortura durantele dittature che si susseguirono dagli anniSet-
Comeno nè stato poi così innovativo il
nemmenoparticolarmenteoriginale. tanta in poi), e meglio conosciuto come «Angelo della morte». Quando ven-
antiperon ista a distanza di
tentativo di riscrivere la sua biografia in chiave ne a conoscenza della sua raccapricciante fedina penale, Astor soppresseil
anni. Orff, inizialmente influenza to da Stravinski j e composito re di brani ba-
suo nomee, con unastraordinaria capacità d’astrazione, misela partituraal
sati su testi di Bertolt Brecht all’epoca della Repubblica di Weimar, con Car-
servizio di unodei film più emblematici dell’era post-dittatoriale, Tangos.
mina Burana, del 1937, finì per diventare una figura importante nell’ambito
L'esilio di Gardel, nel qualeil regista FernandoSolanasgi diletta a tracciare
musicale del Terzo Reich. «Il suo diatonismo primitivista fu una delle rare
una genealogia nella quale fa confluire il generale San Martin, Gardel, il ma-
forme di modernismo accettate», dice Kater.?* Orff arrivò a sostenere, una
te e Per6n.”° Infine,il talento musicale che sfodera Piazzolla dopo la caduta
voltafinita la guerra, di essere stato perseguitato dai nazisti per «indole po-
del peronismo è ciò che lo separa dai «compositori professionisti» come
co tedesca»della sua musicae per la sua simpatiapergli ebrei. Assicurò per-
Norbert Schultze. Questo musicista tedesco ful’autore della canzoneinto-
fino di essere stato membro della Rosa Bianca di Monaco,un gruppodiresi-
nata in tutte le trincee della prima guerra mondiale, «Lili Marleen» — che
stenzail cui leader fu giustiziato nel 1943. «La storia di Orff fu un’accorta
molto tempo dopo sarebbestata anche la canzonepreferita di Pinochet.Si
montatura», segnala Kater propendendo quasiper l'assoluzione. «Non fu
mise poi al servizio di Joseph Goebbels e scrisse numerosi Jingle del nazismo
nemmeno un “becero nazista” ma un “opportunista politico-culturale” ».
come «Bombesull’Inghilterra» e la musicadei filminidi reclutamento della
Standoalle sue parole, detestavail regime, ma visi adeguò.”
Luftwaffe,tra le altre cose. Quandofinì la seconda guerra mondiale, nasco-
AIdirettore del settimanale Extra, Bernardo Neustadt, che a novembre
sto a Parigi sotto falso nome, compose la marcia perle forze alleate IE
del 1965 gli chiedeva un parere sul peronismo,all’epoca defunto, Piazzolla
dal generale Patton, che aveva conosciuto in un bar. Schultze ha negatodi es-
risponde: «La prima presidenza di Per6n credo che passerà alla storia come
sere stato nazista: scriveva solo musica. E la marcia «alleata» era, secondoil
una tappa decisiva dello sviluppo storico ed economico del paese. La secon- suo autore, «esattamente ugualea tutte le altre».*
— un ve-
da presidenza, invece, in futurosarà considerata — come già succede
tut-
ro caos, Loodioil caos». Più tardi Piazzolla radicalizzò il suo ripudio per
to il decennio. Ma è probabile che quanto pensavanel 1965 corrispondesse
al vero e chefosse stato in base a quella logica che nel 1952 aveva avviato i
primi contatti con la «comunità organizzata», aspettandosi qualcosa in
cambio. Conil passare degli anni, comunque, Piazzolla non perderà occa-
sione per prendere le distanze da quel commento controverso. «Non è da
escludereche il ferreo antiperonismo del maestro abbia avuto origine in que-
sta forzata esperienzaestetica», diceil saggista Federico Monjeau.
Eppure c’è qualcosa che Piazzolla inaugura chiaramente durante il pero- * Su Schultzeè statogirato un documentario tedesco, Hai vendutol'anima al diavolo, di Arpad
Bondy e Margit Knapp.Il film comincia conl'immaginedi un signore anziano seduto comoda-
nismo: una tendenza all’immunitàcritica che lo avrebbe portato a scrivere mente in poltrona, in una stanza quasi buia. Ha ottant'anni e, mentre suona il pianoforte, rie-
la colonna sonoradi Codice 21 5: Valparaiso non risponde (197 5), di Helvio voca tutti i suoi contributi musicali per il nazismo: «Battesimodi fuoco», composta in occasio-
Soto, un film che esalta la figura di Salvador Allende, senza però nasconde- ne dell'invasione della Polonia, 0 «Verso Est», Schultze lo dice senza mezzi termini: quelle col-
poni nonsoloeranoben pagate, ma gli avevano anche evitato di doversi arruolare nel-
re una certa simpatia peril suo carnefice, Augusto Pinochet. Una disinvolta esercito.
elasticità che gli consentivadi essere il musicista delle «cancellerie» di due

[98] [99]
10 Secondo Diana Piazzolla, suo padre mandòla partitura al concorso chesi
teneva a Indianapolis, dove Sevitzky dirigeva la propria orchestra sinfonica.
Mail certamen,che la mitologia piazzolliana chiama «famoso concorsoin-
ternazionale Fabien Sevitzky», comese quella del 19 53 non fosse stata l’u-
nica edizione di un concorso ufficiale argentino, ma l’ennesimadi una cele-
bre competizione di fama mondiale, a onor del vero non varcò maii confini
della capitale argentina. E nella giuria nonsolo figurava Ginastera, che per
giunta aveva aiutatoil suo allievo a ritoccare la composizione che avrebbe
poi dovuto giudicare, ma anche Luis Gianneo, che aveva fatto parte del
gruppodi «notabili» che aveva premiato Elsa Calcagnonel 1952.’* Piazzol-
la vinse con Buenos Aires (tres movimientos sinfénicos). Il secondoe il ter-
zo postoseli aggiudicarono F/ ruisefior di Carmen Garcia Mufioz (chela ri-
vista Buenos Aires Musical, dando prova di un’accorta politica di genere,
presenta solo conle iniziali) e Variaciones para orquesta 1953, di Eduardo
Ogando.
Il premio principale consisteva in una certa sommadi denaro”e nella pos-
sibilità di eseguire l’opera sotto la direzione del maestro che davail nomeal-
la competizione. Buenos Aires colpì soprattutto per la presenza di due ban-
doneon. Leopoldo Federicofu tra i musicistiscelti per il concerto del 13 ago-
sto. «Primadiiniziare le prove, Sevitzky volle ascoltare il suono del bando-
Il concorsodi composizione Fabien Sevitzky è considerato un puntodi rot- neon, perché non lo conosceva», ricorda lo strumentista.
tura nella carriera di Piazzolla. Uno iato che alimenta per un attimoil sogno
di evadere dal perimetro dei «due quarti»e della scrittura occasionale di mu- Ungiorno con Piazzolla andammonel suo hotele il direttore ci chiese di suo-
siche di scena. Il resocontodeifatti riguardanti la presentazione dell’opera narglile nostreparti. Sevitzkyfinì per portarein scena l’opera dopo averla pro-
premiata nel Salòn Presidente Peròn da parte dell'Orchestra Sinfonica di vata pochissimo. Durante una prova, il direttore domandòai musicisti della fi-
la deiviolinichi fosse in gradodieseguire la parte della lija, un piccolo violino
Stato, raccontato comese avesse avutolostessorilievo della primadella Sa-
chesi suonavasfregandole cordesottoil ponticello con un effetto simile al ver-
gra della primavera a Parigi nel 1913, ha finito per mettere in ombrail cu- so della cicala. «Ah, se la sono portata dal cabaret!», ricordo che disse qualcu-
rioso rapportodi Piazzolla con le politiche pubbliche del peronismo.In tem- no. Un altro avrebbe voluto suonarla, ma nonci riusciva. Piazzolla lo correg-
pi in cui vigeva la censura, oltre a unarigidità ideologica che bersagliava in- geva in continuazione. E così, a tentoni, arrivammoalla prima. Giàalla quarta
distintamente Borges e Libertad Lamarque, Osvaldo Pugliese, Atahualpa battuta, una parte dell’orchestra era smarrita. Il problema che avevamonoi
Yupanqui e, comesi è visto, perfino Hugodel Carril, è difficile credere che bandoneonisti erano le battute di pausa. Alcune battute erano pure irregolari,
quel riconoscimentopotesse essere stato conferito a qualcunoche non aves- Noneravamoabituatia simili cambidi ritmo né a suonare con un direttore che
non conoscevamo nemmeno,
se un curriculum immacolato.
Il premio Fabien Sevitzky fu organizzato dalla Radio di Stato, che dal Federico assicura che i bandoneonisti sapevanole loro parti a menadito,
1946 era sottoposta a una ferrea politica di controllo. «Housatola radio co- main più di un’occasione sbagliaronoa entrare, erano fuori tempo. «Ciaf-
me nessun altro», si sarebbe vantato Perén nel suo trattato Conduecién fidavamo agli altri orchestrali. Loro ci dicevano “tranquilli, ascoltate cosa
Politica. Rail Apold, l’ex capodell’ufficio stampa di Argentina Sono Film facciamo noi”. Ma quello che facevano era sbagliato. Perfino Abelardo
che, attraverso l’agenzia di intelligence statale, cominciò a gestire la comu- Alfonsîn ed io ce ne accorgevamo»..
nicazione peril governo, disponeva di un piccolo studio proprionella resi- Nelle sue conversazionicon Speratti, Piazzolla racconta che «l’opera era
piaciuta molto, ma avevafatto scalpore perché gli accademici erano indi-
denza presidenziale.”
[ 100 | [ ro1 ]
inp ersonasecondo Piazzol-
nati dA Fesenza dei bandoneo,, Sevitzky La composizione non venne mairegistrata da Piazzolla. Dev'essere stata
. alla fine de I concerto.per ché salutassee il pubbto. Piazzolla salì la sua natura di «opera di formazione»a relegarla nel silenzio, malgrado
ila, lo enieno
l’inchino, vide che la gente
I alco inbllicte E. mentre stava facendo quella sua aura «mitica». Un disco,in cui figura accanto a un branodi Luis
mani, comesefosse su un enormering». Doma 190 ndòal Bacalov, per la direzione dell’uruguayana Gisèle Ben-Dor, l’hariscattata a
«iniziiava ASSO1
“iniz ‘alle.
«Non si preoccu-
dipe he 6959 SUuegse succedenglo e questi lo rassicurò. posteriori." L'ascolto permette di riscontrare l'impronta della Sagra della
dente . La presu nta battaglia primavera e della Suite Scita di Sergej Prokof'ev, che risaltano orgogliosee si
PEC%E è Bona pubblicita», gl IS: tutto sorri
campdl stata ricordata con UNA.le intensità solo da Piazzolla. «[Uncri- mescolanoalle reminiscenze ravellianefiltrate dal cinema americano chei
tico] sf ra infervoratoa tal punto.je diede un’ombrellata in testa a uno di
critici giudicano più prossime a Gershwin.Il giorno della prima di Buenos
i ruolo ant Aires alla Facoltà di Diritto, la Commissione Nazionale della Cultura, gui-
quei quattrocchi».
” " 100

La Prensa, che aveva or maiperso 1 il ruolo anta data da Ignacio Pirovano,discutevadeifuturi concorsi musicali, finalizzati,
i 1
o la prima,
i Soia qei Pd ra strettamente controllata dalla Confederazione ge- secondo La Prensa,alla produzione «sinfonica, autoctonae di tango,nel ri-
gonista
i di un tempo ede
. .°,. dedicò un’estesa recensione, senza fare riferimento a spetto delle linee guida del Secondo Piano Quinquennale».. Lo stesso giorno,
nerale dei lavoratori, gli -_ 4; progettiisolati, si può notare comele
di a
unaseriecert E ; al Teatro Colén veniva riproposta Aurora, l’operain italiano di Héctor Pa-
‘ni. «Dopo
incidenti di sorta. abbandonati pregiudizi, prestino maggiore atten- nizza da cui anni doposarebbestata tratta una canzone per le scuole, basa-
zioni, abba SI (Sa
IO n sicali del tango, ampliandosul penta-
dina
iengalle proprietà 2
squisitamente mu ‘teristico, ta su unadelle suearie. Dilì a due giorni, nella stessasala, fu la volta di «A
PIA x le numerose possibilità of-
pe
ferte daPI! all’interno del ritmo caral panta una mujer» di Elsa Calcagno.
SI la najira; i un genere che ha sempre goduto di una predilezione co Il «trionfo»al concorso Sevitzky generain Piazzolla unasorta di sconvol-
sì SPta» eri eri, anonimo, b;azzolla, «che è divenuto popolare so- gimentointeriore: il suo orizzonte si profilaoltreil recinto della città. Corre
pratt ‘me dirett delle orchest._ .;rniche». aveva SAPUtO organizzare l’anno 1954 e nuove passioni infiammano pericolosamente l’Argentina. È
lì putto co +, Ore I . ., Te tipiche», I * .
gli e tematici ; modoorigin.j,, e con un’orthestrazione «riccae anche l’annoin cuiviene pubblicato I/ sogno degli eroi di Adolfo Bioy Ca-
ibui va a «creare un'at ” mosfe e ndo co È
iata».a». Seco
fi ra appropriat sares.'°* Durantei festeggiamentiper il carnevale del 1927, dopoaver giro-
.contribui
colore ì
ita» chesta . dovrebbe essere considerato un
‘co didi piazzolla#90) vagato pertre giornie tre notti ubriaco, Emilio Gaunaè folgorato dall’im-
stui, sa«l’esp;importan, sinfo nico
_: fi dell erarc©” hizzazione del tango». i Daparte sua, maginedella fine della sua vita nel Parque Tres de Febrero del quartiere Pa-
contributo te aifini della g”
” . .__o nism o moder ato, co a soltanto
dedic na un
lermo. A partire da quella visione,il personaggio intraprende unalotta in-
La Naci6n, portavoce di un antipoiraa
iziia della co SB del Premio i Sevitz ky. Nonri
itzky. p cessante contro il destino. Tre anni dopo, a carnevale del 1930, Gaunari-
paio ri
io didi righea lla notiz
os Afree Mysical, invece, è In- percorregli stessi luoghidell’itinerario seguito in quell’occasione. Presagisce
nemmenoi nomi deivincitori. La VISTA Buen un
Jd8® baldasarr e parla di
3 e

curiosita dall'operae,il 1° settembre, Eduardo fatali pericoli, , maj


‘ htende ri‘ a appropriiarsi
arsi ; azione perduta. Piazzol-
Una musica di estrazione la non è Gauna. Econvinto cheil Psuo della rivel
«laborioso e lodevole progetto» che «mira a creaf fu aa tto della stessa sostanza
ione per cui vi troviamo
nettamente locale, eppure lontana cd folidere n salto i degli avventi più propizi. Nonlo sa ancora, ma è unaltro fiume chelo chia-
3 : con un a i ma,nell’alveo del quale verrà battezzato conle stesse acqueche cerca di la-
finità.con Gershwin».Ibandoneon conteris
RupeAffinità ponGe e una «trovata un po’ ingenua». Ciò che più ap- sciarsi alle spalle.
è 4 è er Nr è ‘ . a è .
prezzaè «il ri P°'che dà vita» al primo movimento. Dicechegli altri dueri- Nel film-biografia già citato, Gershwin, dopol’esito della prima di Rbap-
.« to n ;
sentono «più altro di una realizzazione poco suggestiva» e che l’orche- sody in Blue, sentiva che «quella roba» non faceva per lui e che doveva an-
5 che ,.;. < È ) 7
strazione «de ? abilità nell’elaborazione, ma poca destrezza nel risolvereil dare a «studiare a Parigi». Piazzolla giungeva alla stessa conclusione, ma a
nota
rare abilità e insieme scarsa destrezza?). Pftire da circostanze quasi opposte. Nonil mancato successo, perché quel-
noro» (comesi può most
.
problema so Buenos| Aires Mus
P ical sentenà che : Buenos Aires (tres 1movii- Piazzo] a l’aveva ottenuto, mala constatazione cheil successo, con il tan-
È
- : dellgPerimentazione», il che dà un'i- go o con le musichedafilm di cassetta, era una cosa già nota.E che nell’am-
Da uitimo»
mientos Dori
sinf6nicos) non elude in
« aitt de
O t mA parte l’esagerazione,
a testa pia l’autore bito della musica classica si limitava soltanto a qualche accenno fugace e
dea di; cosa era azzardato secon
fetico. L®SISONA lità di Pia/2Ma, dice, «rive
del trafiletto èò a suo modo d profetico. condiscendente sui giornalie all’invenzionedi un accesissimodibattito este-
. ista formu la».
argli tro vare «la gitt tico che in realtà non era tale. Piazzolla, che voleva essere il Gershwin inter-
la espedienti interessanti» che possono 8

[ 102 ]
[ 103 ]
Note della seconda parte
pretato da Robert Alda, si trovava a fare i conti con una città ancora al-
quantoprovinciale, ben distante da una metropoli come New York, che lui 1. Natalio Gorin, Astor Piazzolla. Memorias, Alba Editorial, Barcellona 2003 (Astor Piazzol-
conosceva tanto bene e che era avida di novità e capace di individuarle, ol- la, Di Giacomo Editore, Roma 1995, traduzione di Hugo Aisemberg, Cecina Cutini e Luisa
tre a saperne riconoscereil valore all’istante. Questo lo indusse ad «accan- Majone).
2. Ivi.
tonare il bandoneon» e a guardare altrove. Il mondodella musica classica 3. Ezequiel Martinez Estrada, Radiografia de la Pampa, Losada, Buenos Aires 1961.
nonera poi migliore di quello del tango, ma era più organizzato e rispetta- .Ivi.
bile, menonotturno e, ovviamente, menodeditoal gioco, alle relazioni oc- È Claude Lévi-Strauss, Tristes tropiques, Librairie Plon, Parigi i (Tristi tropici, Il Saggia-
tore, Milano zo11, traduzione di.Bianca Garufi).
casionali e alle droghe. Un mondoche magari, se fosse andatoa studiare al-
6. Florencia Garramutio, Modernidades primitivas. Tango, samba y nacién, Fondo de Cultura
l'estero, l'avrebbe guardato con maggiorerispetto. Prima fece domanda per Econémica, Buenos Aires 2007.
una borsadi studio a Berkeley per prendere lezioni da Copland. Sperò in un 7. Jorge Luis Borges, Evaristo Carriego, in Obras completas, Emecé, Buenos Aires 1974 (Eva-
esito positivo augurandosi che a Dedé potessero piacere gli Stati Uniti. Ma risto Carriego, Einaudi, Torino 1999, a cura di Paolo Collo e Jaime Riera Rehren).
8. La disputafra slavofili e «francesizzati» è magnificamente documentata da Orlando Figes,
non andò a buonfine. In quale altra città poteva tradurrein realtà il proprio nel suo Natasha's Dance: A Cultural History of Russia, Metropolitan Books, New York 2002
destino se nona Parigi, la stessa in cui andavaa studiare il Gershwindelfilm (La danza di NataSa: storia della cultura russa (xvi-xx secolo), Einaudi, Torino 2008, tradu-
e dove afargli da guida sarebbe stata.entemeno che unapittrice? zione di Mario Marchetti).
9. Manuel Galvez, E/ diario de Gabriel Quiroga.Opiniones sobre la vida argentina, Alfagua-
ra, Buenos Aires 2001.
to. Edgardo Cozarinsky, Milongas, Edhasa, Buenos Aires 2007.
Ir. Ivi.
12. RaùlScalabrini Ortiz, E/ hombre que esté solo y espera, Editorial Biblos, Buenos Aires
2005 (L'uomoche è solo e attende, Bompiani, Milano 1934, traduzione e prefazione di Atti-
lio Dabini).
13. Sintonia, 29 ottobre 1936.
14. Alberto Speratti, Con Piazzolla, Galerna, Buenos Aires 1969.
15. Ivi.
16. Julio Cortàzar, «El perseguidor», in Cuentos completos, Alfaguara, Barcellona 1998 (Il
persecutore, Einaudi, Torino 2003, traduzione di Cesco Vian).
17. Le incisioni corrispondono alle matrici 9326 e 9327 e attualmenteesiste soltanto un’edi-
zionein cui figurano come bonus track su cd, quella pubblicata dal quotidiano Pdgina/r2 con
il titolo Troilo con Angel Cérdenas y Roberto Goyeneche. Questa raccolta in due volumi in
realtà è l’unica a riunire tutte le registrazioni dell’orchestra per l’etichetta Ode6n, tra cui, oltre
a questi due brani,tutte le incisioni realizzate nel periodotra il 1957 e il 1959.
18. Natalio Gorîn, Astor Piazzolla,cit.
19. Ivi.
20. Marfa Susana Azzi, Simon Collier, Le Grand Tango. The Life and Music ofAstor Piazzol-
la, Oxford University Press, New York 2000.
21. Ezequiel Martinez Estrada, La cabeza de Goliat: microscopia de Buenos Aires, Losada,
BuenosAires 1983.
22. Roberto Arlt, «Corrientes por la noche», in Aguafuertes portefias, Carlos Lohlé, Buenos
Aires 1981.
23. DianaPiazzolla, Astor, Corregidor, Buenos Aires 2005.
24. Ivi.
25. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit.
26. Marfa Susana Azzi, Simon Collier, Le Grand Tango..., cit.
27. Pola Sufrez Urtubey, «Dificil sincretismo de folklore e indigenismoen la matriz europea de
la misica argentina», in Temas de la Academia, n. 2, Academia Nacional de Bellas Artes, Bue-
nos Aires 2000.
28. André Boucourechliev, Igor Stravinsky, Fayard, Parigi 1982 (Stravinsky, Rusconi; Milano
1984, traduzione di LorenzoPellizzari).
z
[105]
{ 104 ]
ca argentina», in Latin Ameri- 64. Il resto del rango era stato scritto «a Homero Expésito e fu cantato da Héctor Instia.
29. Omar Corrado, «Igor Stravinsky y la constelaciòn ideolégi
(2005). 65. Natalio Gorin, Astor Piazzolla, ci
can Music Review, vol. 26
o. Citato da Omar Corrado, ivi. 66. Coloro che riflettevanosul tango,perfino quelli che lo facevano in modo benevolo, in ge-
a cultural. Maestras, nerale lo consideravano come una realtà omogenea, senza soffermarsisulle profondedifferen-
1. Beatriz Sarlo, «Victoria Ocampoo el amor dela cita», in La mdquin
tradu ctoresY vanguardias, Ariel, Bugros Aires 1998. n ze stilistiche tra una certa orchestrae l’altra o tra diversi cantanti.
Edicionesde la Flor, Bue-
2. Juan Carlos Paz, Alturas, tensiones, ataques, intensidades, tomo1, 67. Julio Cortàzar, La vuelta al dia en ochenta mundos, Sudamericana, Buenos Aires 1967 (1/
nos Aires 1977. giro del giorno in ottanta mondi, Alet, Padova 2006, traduzionedi Eleonora Mogavero).
33. Peter Osborne, Philosophy in Cultural Theoy, Routledge, Oxon 2001. 68. OrlandoFiges, Natasha” Dance... cit.
34. Allison Brewster Franzetti, The Unknotvn Piazzolla, Chesky Records, New York 1999. 69. Marfa Susana Azzi, SimonCollier, Le Grand Tango... cit. ‘
35: Diana Piazzolla, Astor,cit. zo, Julio Nudler, Aldo Delhor, Laureano Fernandez, Astor Piazzolla... cit.
36. Natalio Gorin, Astor Piazzolla, cit. 71. Natalio Gorîn, Astor Piazzolla,cit.
37. In compenso,loincise Piazzolla nel 1956 perl’etichetta TK, con voce di Jorge Sobral, un’or- 72. Horacio Gonzalez, Peron, reflejos de una vida, Colihue, Buenos Aires 2007.
chestra di strumenti a corda e un bandoneonsolista. 73. Cfr GuidoIndij (a cura dì), Per6n mediante. Grafica peronista del periodoclasico, La Mar-
38. Peter Szendy, Ecoute, une histoire de nos oreilles, Les Éditions de Minuit, Parigi 2001. ca, Buenos Aires 2006.
39. Citato da Peter Szendy,ivi. 74. Horacio Gonzalez, Pern..., cit.
40, Federico Monicau, La invencion musical, Paidés, Buenos Aires 2004. 75. Gitato da Horacio Gonzàlez, ivi. Astrada, nelle aule della esMA, si richiama anche a! PIO-
41. Adrian Gorelik, Miradas sobre Buenos Aires, Siglo xx1, Buenos Aires 2006. gramma che permetta di aumentarela qualità della vita della popolazione con «energic® poli-
42. Ezequiel Martinez Estrada, La cabeza de Goliat..., cit. tiche sociali finalizzate al miglioramentodelle condizioni abitative e lavorative», oltr£ al po-
43. Sintonia, 12 novembre 1936. tenziamentodell’igiene, degli sporte degli esercizifisici in generale, per combattere in tal modo
44. Citato da José Pablo Feinmann, «La cicatrizajena», Pdgina/r2, 5 marzo 2005. «le malattie sociali e di razza».
45. Susan Buck-Morss, Walter Benjamin, escritor revolucionario, Interzona, Buenos Aires 76. MundoPeronista, agosto 1953.
2005. i 77. «Los discursos de Oscar Ivanissevich», contenutonel dossier Estética(s) del peronismo, Ra-
Il manoscritto di Brodie, mona. Revista de artes visuales, n. 17 (ottobre 2001).
46. Jorge Luis BOr8eS, Obras completas, Emecé, cit. («L’indegno», in
Adelphi MilaD0 2001, traduzione di Lucia Lorenzini). 78. Vicente Palermo, Sal en las beridas, Sudamericana, Buenos Aires 2007.
47. Citaro nel volume a cura di Fermin Chavez, La jornadadel 17 de octubre por 45 autores, 79. Guido Indij (a cura di), Perén mediante... cit.
Corregidor, Buenos Aires 1994. go. Horacio Gonzdlez, Perdn..., cit.
48. Ivi. 8r. Cipriano Reyes, Yo hice el 17 de octubre. Memorias, Centro Editor de América Latina, Bue-
49. Adolfo Bioy Casares, Jorge Luis Borges, «Lafiesta del monstruo». Il racconto venneporta- nos Aires 1984.
to a termine nel 1947 e circolòclandestinamentefinché, nel 1955, uscì sul settimanale Marcha 82. «Fragmentodeentrevista con Esteban Peicovich», contenutonel dossier Discursos y otros
(Montevideo). Infine venne pubblicato nel volume Nuevos cuentos de Bustos Domecg, Li- relatos pochisticos, Ramona. Revista de artes visuales, nn. 19-20 (dicembre 2001).
breria de la Ciudad, Buenos Aires 1977 (Nuovi racconti di Bustos Domecg, Mondadori, Mila- 83. Mundo Peronista, giugno 1952.
84. Clarin, 14 agosto 2005.
no 1991, traduzionedi Tilde Riva).
85. Marfa Susana Azzi, Simon Collier, Le Grand Tango..., cit.
so. Natalio Gorîn, Astor Piazzolla, cit.
86. Si veda Julio Nudler, «La marchita», in Diego Fischerman (a cura di), Musica argentina. La
si. Ivi. 7
mirada delos criticos, EUDEBA, Libros del Rojas, Buenos Aires 2004.
52. Diana piazzolla, Astor,cit.
87. Vasco Mariz, Villa-Lobos. O homene a obra, Francisco Alves, Rio de Janeiro 2005.
53. Natalio Gorin, Ast0, Piazzolla, cit.
VI 88. Solomon Volkov, Shostakovich and Stalin: The Extraordinary Relations;;p Betivasn The
‘ AlbertoSperatti, Con Piazzolla, cit. Great Composer and The Brutal Dictator, Knopf, New York 2004 (Stalin » $ostakovi&!°
oggettoa sé stante. Fu straordinario rapportotra il feroce dittatore e il grande musicista, Garzanti, Milano 2006,tra-
6. Ellingtonin realtà fu un pioniere nel mododi pensareil disco come
tecnici delle regi-
per AUesto che a uncerto puntorico rse a duebatterie, per compensarei limiti duzione di Bruno Osimo).
89. Michael Kater, The Twisted Muse. Musicians and Their Music in the Third Reich, Oxford
trazioni.
Oxford University Press, University Press, New York 1999.
° 7. Simon Frith, Performing Rites. On the Value of Popular Music,
Òkford 1995. 90. Solomon Volkov, Shostakovich and Stalin..., cit.
Alfagua ra, Barcellona 1998 91. Michael Kater, The Twisted Muse..., cit.
58. Julio Cortàz ar, «Las puertas del cielo», in Obras completas,
(«Le porte del c ielo», in Bestiario, Einaudi, Torino 20905, traduzione
di Flaviarosa Nicoletti 92. Ivi.
93. Andrea Giunta, «Las batallas de la vanguardia entre el peronismo y el desarrollismo», in
Rossinie Vittoria Martinetto).
José Emilio Burucda(a cura di), Nueva Historia Argentina. Arte, sociedad y politica, vol. 11, $u-
59. Ezequid Martinez Estrada, La cabeza de Goliat..., cit.
damericana, Buenos Aires 1999.
60. AlbertoSPeratti , Con Piazzolla, cit. i
i 94. Michael Kater, The Twisted Muse..., cit.
61. Natalio Gorîn, Astor Piazzolla, cit. Edi-
Piazzolla, el tango culminante, 9s.Ivi.
62. Julio Nudler, Aldo Delhor, Laureano Fernindez, Astor
96. All’inizio il branoeraintitolato «Los lagartos», poi fu ribattezzato «Vista aérea» per chia-
ciones Pigina/12, Buenos Aires 2001.
marsiinfine «Tanguedia».
63. Noticias Grdficas, 1° agosto 1947.
{
[ 106 ] [107 ]
opol'in diamento di Perén, sul Boletin Oficial viene pubblicato un ma-
97. Circa tre mesi d econdîf quale qualsiasi cosa si intendesse mandare in onda, speciesesi
nuale di istruzionis Il ere prima presentataperiscritto «presso uffici non troppo loca-
trattava di opinioni, doveva esS ari non semprevisibili» (Carlos Ulanovsky, Juan José Panno,
lizzabili e occupati da funzion 4320-1959, Ediciones de la Flor, Buenos Aires 1998). Il manuale
Marta Merkin, Dias de radio 1 uno di questi si segnalava che «nei brani folkloristici non biso-
era composto da 307 punti. In gi “un, due, via”», La radio limitava le esibizioni dei musicisti
gnava dire “un, dugsstagta BEEN ruolo di primopianoa quelli nazionali, sia in programmi musi-
stranieri, mentr iodramm Solo il trenta per centodella programmazione radiofonica doveva
calbioliepneichad a musicalregistrata.
98. Gli altri membridella giuria del$ | zky eran Franci sco Giacobbe, Pedro Valenti Co-
sta, Bruno Bandini, Angel Lasala e£‘!" ique La? Juan Fr
jog i‘ Pinsi sosia roque.
quel denaro che il musicista poré
R al SEd ano sul fatto che fu grazie a ‘ibile sull’ammontare esatto del
IR
j
igi dilìlì a poco, ma non esiste a Icuna fonte attend
andare a Parigi piut-
reso su navi merci, farebbe pe nsare a unacifra
premio, per quanto il tipo di viaggio, intrap
tosto modesta. i lac o De
100. Alberto Speratti, Con Piazzotta,cit.
i
De
TERZA PARTE: 1954-1955
of Tango , World Premi ere Record ings,
dos (Sansa Petkra SyIPhenH Orches tra, The Soul . Mosalini:
+ ni bandoneon;‘Lui lov:
Luis Bacalov:
a a ASTRO :ce,d? - Tuanijo
pianoforte; Virginia Tola: sofesrieecporchestia;Jh Bucerto 0, gp andoneon, Piano and So-
prano e Theme fromIl Postino, oltre aP!P os Aires(tres movini,, tos sinfonicos) e Oblivion (PARIGI)
"ne compaber solo bandonconista | posto dei due bandoneon
di Piazzolla. In quesiaiyersio LCIUD i l
isti Ila € i sogno degli
héroes, Emecé, Bueno s Aires 1954 (Il
PoO nnt: EI suefio de los
di Livio Bacchi Wilcock).
eroi, Bompiani, Milano 1968, traduzione

[108]
«Mio padre voleva essere un musicista serio», dice a distanza di annisuofi-
glio Daniel, ricordandoil periodo duranteil quale Piazzolla era ossessiona-
to dall’idea di emigrare. Per lui il tango rappresentava ormai un mondori-
stretto e sempre più estraneo. Oltre la frontiera, più che un territorio,si ce-
lava una promessa. Se la tradizione testuale del genereesaltavagli scenari da
sobborghi,il circuito «classico» presupponeva nonsolo un gusto più «ele-
vato», ma anche una posizionesociale diversa: essere «serio», rispettabile,
senza l’ombradella dissolutezzae della superficialità delle sale da ballga
Parigi era il campodi battaglia culturale più incandescente dè Nerra
fredda:artisti e intellettuali si schieravano da unaparte o dall’altfa del mu-
ro — la «libertà formale»si trovava agli antipodirispetto all’«impegno» ci-
vile — arse@BiNiAdei dettamidella loro coscienza o delle occasioni. Ma per un
magipaitango, Parigi era anche — o soprattutto — la g dell’im-
‘ più fossilizzato del genere. Veniva nominata in seicento
esti. Parigi comecittà d’adozionee inevitabile rito di passaggio. Piazzolla,
rò, non voleva imboccare quella via ormai abusata. Nemmenoquella per-
corsa da Julio De Caro,chenella capitale francese aveva acquisito unostile
raffinato. Piazzolla ha detto di essere approdato in Francia grazie al-
uto del governo argentino, ma nonesistono documentiufficiali in cuisi
ia riferimento a qualche borsa di studio, e quel presunto aiuto è stato

[xx1]
tendenzialmente confusocon il premio.xo al concorsodi BuenosAires. Su certo. Parigi. Gershwin, Quale sarebbestato il posto del bandoneonista nel-
questo puntole testimonianzesi intersee . e si smentiscono a vicenda. Da Ja città in cui un altro argentino, Julio Cortàzar, si era trasferito da pocoin
questa nebulosità deriva l’impressione ch ja, ZOlla nopy esse troppeer- cerca della tranquillità necessaria per potersi godere Bart6k? Parigi avevail
tezze su quello che avrebbefatto a Parigi.) nevasolgi duebiglietti di merito di essere alquanto lontana dal «rumore» delle grancasse peroniste di
pn ochi soldi, a quantosi può intuire dal fatt_, ch e viaggias
Igias a bordo del'o- cui si lamentava lo scrittore. Malì, la diffusione di Barték o anchedi Ger-
racero, una nave merci.#Peraltro, la SU
È
tabella di. marcia
.
cambiò
n
appena shwin in quegli anni era menofortuita che nella remota Buenos Aires. Piaz-
scoprì, come ha poi raccontato,di aver deidiritti d'autore da riscuotere a zolla non avrebbe tardato ad accorgersene, A Parigi avi&bbe scoperto anche
Parigi, relativi a certi suoi tanghi composti nel decennio precedgte, Il resto che l’ombra che cercavadilasciarsi alle spalle era la sua.
fu determinato da un entusiasmotravolgente che si confondeva gnil suo bi-
sognodi rinnegare sato. Attraversò l'Atlantico insiemeallamoglie, co-
o » as ù È o .
meil protagonista! DO a sceneggiatura dal final aperto. Tempo addietro a
;
Buenos Airesera >
# rato Un americanoa Die
Parigiradotto . spagnolo come
in
Sinfonia de Paris}; fusical di Vincen, Minnelli ispirato al brano omoni-
mo di Gershwin (Ar Americanin Paris), al quale aveva contribuito, insieme
, . . mo è .
all’orchestra della MGM, il complesso di Benny Carter. È improbabile che
Piazzolla — assiduo frequentatore delle sale cinematografiche — se lo fosse
con unaserie di immagini emblemati-
perso. Un americano a Parigi
Farigi si apre
APT :
£oricampo, quella di<A
Gene Kelly.
che della città sovrapposte a una Voce
Questa è Parigi, io sono un americano c e vive qui. MichiamoJerry Mulligan,
sono un ex combattente. Nel ’45, quan o l'esercito miinvitò a trovarmiun im-
piego, rimasi in Francia, ed eccovi la ragione: faccioil pittore, tutta la vita non
ho sognatoche di dipingere. E che cosasi può chiedere di più per studiare e co-
me fonte di ispirazione e mododi vivere, di questo paradiso. Parigi! Tutti gli ar-
tisti che ci sono venuti l’hannoeletta a loro patria [...] In America sostenevano
che non avessi nessun talento. Può darsi che lo dicano anche qui, ma in france-

se suona meglio.
Mulligan (Kelly) è un pittore tradizionalista: dipinge scorci sulla Senna e
vicoletti a Montmartre. Ripudia l’arte astratta. Una donna facoltosa (Nina
Foch) si innamoradi lui e gli organizza una mostra. Ma Jerry ama la fidan-
zata di un cantante di cabaret, Lise (Leslie Caron, che più avanti avrebbefi-
rato tra gli attori di nostra. comincia d i nott£0N un altrdGerry
gulligan, il musicista Gazz più vi Q da Piazzo {ja in ifa sua) . «Méonsi-
Moil bambino prodi © più vec © del mondo , dic@in0 de | suoàmici.
Fl pianista, sognadi diVèntare com e Gershwin e di suonareil suo Concer-
to in fa. «Non è musica, è barbarie, è baccano! », gli gridano a un.certo pun-
to. «È chelei è un adoratoredel valzer», si difende.I dialoghi di Un ameri-
cano a Parigi erano degni di certi discorsi dello stesso Piazzolla. Un musici-
sta che non ha più un’età da studente. Il sogno di un orizzonte gershwinia-
ca . ba Bere la musica. Il cabaret e la sala da con-
és
no. Il dissidio su cosa sia 0 debba
[ 113 ]
prevenzione della crudeltà sugli animali — e visse in un ambienteliberale che
comprendeva,fra gli altri, anche Jules Verne. Ernestsi sposò con Raissa My-
schetsky, una donnachesi dichiarava discendente dell’aristocrazia russa e
con la qualesi trasferì in un quartiere di artisti e prostitute che avrebbe im-
portato dal Sud una musica travolgente. «Colina de locura | borracha de
bandonedn| si el tango matò tu calma | te trajo un alma con su emocién»
[«Collina di follia / ebbra di bandoneon/ se il tango LÉ ucciso la tua tran-
quillità / ti ha dato un’anima con la sua emozione»]: così descrive Mont-
martre Catulo Castillo in un tangoscritto insieme a Enrique Delfino.
Musica. Famiglia. Tradizione. Tre parole che avrebberoinfluito non po-
co su Nadia,primafiglia di Ernest e principessa fasulla, e sulla sua lotta per
ritagliarsi uno spazio in un ambiente borghese e maschilista. Nadia, così co-
me sua sorella Lili più tardi, crebbe sotto lo sguardo severo della madre.
Léonie Rosenstiel, autrice di un’esaustiva biografia di Nadia Boulanger,' so-
stiene che l'origine slava di Raissa Myschetsky avesse impresso un carattere
autoritario all'educazione delle figlie. Nadia si distinse per la sua perseve-
ranza. Lili, invece, aveva un talento innato. Nadia emanavaseverità. Sua so-
rella un fragile fascino. A Nadia toccò essere la prima a infrangere le con-
venzioni. Fu ammessa prestissimo al conservatorio e dimostrò di avere ta-
lento comepianista e organista. Si imposesenzasforzo in concorsi disolfeg-
a improbabi-
Tuttavia, prima di accantonarele sue velleità di appartenenza gio, organo, in accompagnamential pianofortee fughe. Accorseal richiamo
amento. Al-
li lignaggi, Astor Piazzolla dovrà varcare la soglia di un appart del sangue: voleva essere compositrice e studiò con Gabriel Fauré e Charles-
unaprecisione de-
l’interno, troverà un’anziana signora chelo scruterà con Marie Widor,
. tomografo Il 14 aprile del 1900, a mezzogiorno, Ernest Boulanger morì davantiai
gna di un 3 . .
Nadia Boulanger nacquea Parigi il 16 settembre del 1887. La sua fami- suoi occhi. Stava discutendo conlafiglia su questionidi estetica. Quel gior-
lia, OE poch..simealtre, affondav:a le proprie radici nella tradizione mu- no si inauguraval’Esposizione Universale di Parigi, dove un’opera del padre
. 3
sicale francese. RO Mart JU1E Hallinger, studiava violoncello al era stata selezionata per rappresentare la musica francese, mentre l’Argenti-
9
che domi-
Conservatorio Reale, dove aveva conosciuto Frédéric Boulanger, na era intenzionata a mostrarsiagli occhi del mondo comeunasorta di Eu-
strume nto. Ernest Boulan ger, suo figlio, co-
nava brillantemente lo stesso ropa trapiantata nella pampa.Il padiglione argentino fu costruito da un ar-
Studiò pianofo rtee compos izione . An-
minciò il conservatorio a sedici anni. chitetto francese. All’interno non c’era musica né un passato daesaltare. So-
Rome, il massi mo ricono scimen -
cora molto giovane,vinse il Grand Prix de lo materie prime, metafore dell'abbondanza.
nove anni, viaggiò per
to che potesse ricevere un musicista. All’età di dician Quandoperse il padre, Nadia cercò la protezione del pianista Raoul Pu-
Toussaint
l'Europa e l’Africa. Il suo gusto esotizzante rimase impressoin gno,all’epoca unacelebrità. Insieme lui, a quattro mani,si fece conoscere
leader nero
L'Ouverture, un’opera contesti di Alphonse de Lamartine sul in tutta Europae riuscì a ottenere in modo precoce un certo successo. Non
che scacciò i
che, infervorato dalla rivoluzione francese, guidò la rivolta aveva ancora diciotto anni quando cominciò a insegnare,e già allora sem-
per le sue
francesi da Haiti agli inizi dell'Ottocento. Ernest era apprezzato brava più vecchia di quanto nonfosse, coni suoi occhialie i suoiabiti scuri.
ise la sua passio ne per la musica con
opereliriche e le pièce corali. Condiv «Era straordinariamente formale e riservata per gli standard parigini. Nem-
e Saint-S aéns. Eccelse anche come
Charles Gounod, Jules Massenete Camill menoi suoi vecchi compagnidi classe le davano del tu», scrive la Rosen-
Belle Ar-
professore al conservatorio ed entrò far par te del Accade miadi stiel.* All’inizio dava lezioni base di pianoforte e di accompagnamento. Poi
iazion e frances e perla
ti. Fu un ecologista ante litteram - imbro de |pAsgc cominciò a insegnare anche armonia, contrappunto,fuga e organo. Ma non
£
[114] [xx5]
pitati iscritti al concorso armoniedi estremadifficoltà. Da parte sua è stata
ll’illustre corso di composizio- vera . cx .
sarebbe mai arrivata a ottenerela cattedrade una mancanza di umanità», scrisse Le Bonnet Rouge. Il solfeggio era
crescenti trionfi, quell’obiettivo
ne del Conservatorio di Parigi. Malgrado i trattato suiCl: come una questionedi interesse nazionale
non sarebbe mai andato a buonfine. Rab i ati De avevano combattuto la prima I guerra mondiale al fianco de
. La sua ambizione denotava
Nadia voleva vincere il Grand Prix de Rome gi g sio vi rancesi. Pol in qualità dialleati, gli americani furono molto
in esi . . . «x « .

finalista con un’opera dalle tinte


7

un'insolita audacia. Al primo tentativo fu ispontbili al momentodi conced edere aiuti


iuti economici ici a un a Franciasull’orl
i
una fuga vocale a quattro parti.
impressioniste. La seconda volta presentò del collasso. . La Francia, ia, in
i quello scambio io impari,
i ari, sisi offrì,
offrì tra le al re cose.
tto. Avevano deciso di eliminar-
La giuria le contestò la spigolosità del sogge gloria», scri- dii fondare una scuola a didi musica i per studentist stat itensi a Fon‘cainchleza
atunitensi i i
tte tutte lefrontiere della
la. «Finalmente una donna che abba Lì, laiBoula
Boulangereresse kla sua fortezza. Nadia sentiva che la A america-
no 1 908. Le strapparonola vit-
veva infervorata la rivista Feminail 15 giug na p riprendere il volo proprio comeera successo alla musica russa nel-
stato, fra gli altri, Saint-Saéns, un ; .
toria dalle mani. A fare pollice verso era I Ottocento. E si proposediesseretragli artefici di quella ri
un evento mediatico popolarein
vecchio amico di Ernest.Il Grand Prix era tainebleau — co à comedalle sue lezioni duranteil succes 1 ivoesllici
SHIO Da Pon
Neg; Sta-
repassò nuovamente i confini gra-
tutta Europae il nome della Boulangerolt ti Uniti, ) che durò dalla vigilia c 5 agire
rò dalla vigilia della seconda guerr, mondiale fino a qu
‘ l a 6
«L'affaire fuga».
zie a quello che al tempo venne denominato nonfufinita — gsarebbero
erousciti
usciti diversi
diversi nomi fond,mentalii dell’eclettic
ico
per la prima volta L'uccello di
Nel 1911, mentre Stravinskij presentava n ricano: Aaron Copland, Walter Piston, Elliott Carter,9 Leonard
martre, Nadia provvedevaalla
fuoco e AngelVilloldo si aggirava per Mont
one ame i a i {

Bernstein, Philip Glass, Ned Rorem e Quincy Jones, per citarne solo alcuni
ava all’ascesa sociale. Cominciò a
formazione musicale di sua sorella e punt Nadia era estremamente abilenelrifinire un brano nei minimidett i"A
l'ala protettrice della principes-
frequentare gli ambienti aristocratici. Sotto lezione amava analizzare La Passione secondo Matteo di Bach, Bori Cod
tà decadente, il che l’aiutò a pe-
sa di Polignac entrò in contatto con la nobil nov di Modest Musorgskij, Pelléas e Mélisande di Claude De bi omiS a
anni dopo sarebbe stata una del-
petrarenell’universo dei Balletti Russi. Due niadi salmidi Stravinskij, le opere dj Guillaume de Macha x ua SO
della Sagra della primavera, l’o-
le poche privilegiate ad assistere alla prima al Théa- teverdi, Guillaume Dufay, Jean-Baptiste Lully, Heinrich Schity “Ai sa dot.
e a memoria. Quella sera
pera che Piazzolla si vantava di conoscer denti dava il meglio di sé, ma pretendeva unacieca fiducia. Gu vi n
tre des Champs-Élysées, Nadia c’era. Fu Pierre Monteux a dirigere l’orche-
abbigliamento, scelte sentimentali. Malgrado le sue convinzioni, llediDone
del fagotto — destabilizzò gli ascol-
stra che,fin dalla prima battuta — l’assolo raccomandava ciò chelei non si concedeva: avere degli amanti Der.alleggeri.
o. «Il culto della falsa nota»,
tatori. In sala c'erano personechesi agitaron re il cari i sE c° .
lia, era tutto im-
anger ignorò l’invettiva: per la anta co wr Amici, religione, rapporti con la famig
scrisse Pierre Lalo su Le Temps. Ma la Boul biogr afa. Ques to apelit o totali zzantesi fece più
progresso. Era, insomma, un porta nte perlei , dice la sua
prima e forse unica volta stava dalla parte del intenso negli anni a ridosso della seconda guerra mondiale, durante i quali
adombrata solo dalla figura
personaggio della Parigi moderna; un’artista simpatizzò coni fascisti dell’Action Frangaise, «Il ferreo cattolicesimo di
il Grand Prix de Rome e una
della sorella. A Lili sarebbe toccato in sorte Nadia la portavaasoste nere che tutti gli ebrei erano moralmente responsa
, ma morì molto giovane, ancor
maggiore considerazione come compositrice bi li della crocifissione di Gesù» 5 sy ccedeva spessoche i suoi alunnipiù libe
. Fino ai suoi ultimi giornidi vi-
prima chefinisse la prima guerra mondiale raf ia a a bocca aperta pel sentirla declamare le virtù della monar.
chele dettava.
ta, Nadia non smise di annotare con cura ciò ia. suoi valori rImaser i i _
ncese che non aveva contratto
Superatii venticinque anni, una donnafra una si- ne della famiglia reale dePmetO dianoquando ni
ereligioso era considerata
matrimonio e non sieraaffiliata a un ordin in Nella contesa Stravinskij-Sch6nberg, i due pilastri sicali della prima
entu@va un aspetto poco attraente
gnora anziana. Nadia Boulanger «acc nti» :4 Il suo oriz zont e metà de l secolo, ovviamentesi schieròcon il primo, = gioni ae
e dd pretende
modo da scora ggiare la maggior part segnamento. Moltisuoi alun-
li-la sua amicizia conil russo — ed estetiche. Era consi, che il neclaniici
contemplavasoltantoi concerti, la madre l'in smo di cui Stravinskij aveva fatto la sua bandierafin dagli anni Venti
esclusivo circolo di eletti. Ma sa-
ni ne erano rapiti. Leili introduceva in un tis se un camminosic uro rispetto al crocevia che pfesunpanera laro
rsodilettura musicale a prima
pevaessere anche molto crudele. In un conco la tonalità. Il suoO; tetto era una ragionedi fede incontrastata. « È SS
partecipanti. «La criminale del
vista scelse delle prove chefecero star malei le cose che arrecmo all’intelletto quel tipo di appagamentoche Psi
r, che ha sottoposto ai malca-
giornoè stata Mademoiselle Nadia Boulange A

[117]
[ 116]
eexe_—iee

discepolo chiedeva soltanto di dare il megliodi sé in linea con i parametri


molto benegli amanti del contrappunto: quelli che hannorilettogli antichi
esteticiche perseguiva, una raccoma ndazion£he, in qualche modo, avreb-
maestri del Rinascimento e Johann Sebastian Bach».” Tuttavia, la Boulanger
non disprezzò mai apertamente né Schénbergné i suoi discepoli Alban Berg be replicatoin altri casi analoghi. L'interesse per le intersezioni fra «alto» e
«basso» nonsi sarebbe esaurito con l’esperienza negli Stati Uniti. Il Coy-
e Anton Webern. La sua riprovazioneera piùsottile. Pensava che quella mu-
sica fosse incapace di suscitare emozioni e di divertire. cierto para cuatro cornos y orquesta, del messic
ano Carlé Ch avez ef °P°
re di Manuelde Falla avrebbero ricevuto l’app +. Che
Con Béla Barték ebbe un atteggiamentodiverso. Intorno agli anni Venti rovaziop e a Barro PON
gli scrisse una lettera con una serie di domande moltodettagliate su svariati era mal'stata concessa. :
Ritornònegli Stati Uniti prima che scoppiasse la seconda guerra mondia-
aspetti musicalie filosofici. La lettera erascritta in francese. Bart6kle rispo-
le. In parte, trascorse gli annidiesilio a stretto contatto congli Stravinskij,
se in tedesco, comese in quella replica ci fosse in gioco qualcosa in più. L’au-
tore di I/ castello del principe Barbablù suddivideva la «musica moderna»in oltre a dare lezioni di compogdzione,analisi e contrappunto. Rientrò a Pari-
gi nel 1946. Fu accolta con tutti gli onori, tranne che al conservatorio. L’in-
due ampie categorie: da un lato, l’opposizione al romanticismoe,dall’altro,
segnamento di composizione era nelle manidi Olivier Messiaen. La Boulan-
una tendenzain cui si combinavano nazionalismo e neoclassicismo, dovesi-
tuava Stravinskij come massimoesponente. Bart6k esprimevapoile sue per-
E
ger ammiava il suo
cnarden
- tecat
cetolinn
cesii, DIR.Nutr
utriv
i a scarsissim
issima a simp
si atia
plessità rispetto ai «sistemi meccanici»di scrittura musicale. La lettera, per 3 nonle aveva solo prec!’ so definitivamente
la possi-
la sua laconicità, suscitò l’ «indignazione»della Boulanger, che solo dopo la |bilità di ottene re ] a cattedra tanto sospirata.
SET ; : c mbiato
Er? tutto. «Mai, nel-
a storia della Francia, si era assistito a una trasformazione così raditale
morte del compositore acconsentì a inserirlo nei suoi corsi come oggetto di
Una nuova generazion® emergeva letteralmente dal P
analisi. Alcuni degli «ultimi studenti» — sostiene la sua biografa — rimaneva- ombraSiovani uomini
e donne che entravano
entravano ‘a far parte del mondolettera rio (e an” edi
no quantomeno«perplessi» nel constatare che la maestra cambiava argo- altri mon-
mento ognivolta che il nome del compositore ungherese veniva fuori in una di) soltantoin virtù dei loro trascorsi intre
pidi e militanti. U i
discussione. i
più vecchia e altre
shy ttanto O impe
i gnat a era cond anna ta al purga
d torio
i »,e dice
L’avversione per Bart6k, in un certo senso, era un paradosso. Perché,fra erbert Lottman.? è Sulla miti ale . ì
ca Rive Gauche parigina i club di jazz proli 7

ravanosotto forma di caves, quasi fossero fe-


gli altri motivi, la Boulanger noneradel tutto contraria alla possibilità di la- catacombe. «Mentrei primi cri
stiani si accontentavano di cantare inni a Dio,
qui gli inni devonoessere an:
vorare con materiali «popolari», né era poi così devota ai generi allo stato
zati. E Dio non statoinvitato», dice lo scrittore e musicista Boris Vian nel
puro. «Era particolarmenteinteressata all’idea di Gershwin di combinareil
libro La Parigi degli esistenzialisti.° Anche la musica seria fu investita dal
jazz conle formeclassiche, come avevafatto in Rhapsody in Blue», assicu-
vento del cambiamento. «Allo stesso modoincui certi pittori nella tela non
ra la Rosenstiel.* L’attrazione, peraltro, era reciproca. Gershwin le si avvi-
vedono solo una superficie piana, masi ingegnano per scoprire un nuovo
cinò su indicazione di Maurice Ravel. «Nonposso insegnarle nulla», gli dis-
corrispettivo della nozione di prospettiva abolita, così la musica deve trova-
se (il cinema avrebbeattribuitoil consiglio all'autore di L'Enfant et les sor-
re una nuova maniera dj distribuire i possibili sviluppi di un’opera, senza per
tilèges, e ciò sarebbe rimasto impresso sullo schermo come verità). Ger-
questo fare ricorso anozioni formalio all’architettura del passato», annun-
shwin, tuttavia, ha sempre preso quelrifiuto come un complimento.Il jazz
ciava Pierre Boulez,'" come un sommopontefice. La buona novella derivava
la incuriosiva dal suo primo viaggio negli Stati Uniti, nel 1921, lo stesso an-
dal dominio ditutti i parametri del suono:altezza, intensità, durata. Ma non
no in cuiil suo volto illustrò le pubblicità dei pianoforti Baldwin sui pro-
grammi di sala dei concerti. Trai suoiallievi, c’è chi l'avrebbe ricordata im- era una questione che riguardava sol Ogli strum
enti da quel °!9$ i
provvisare su «Tea for Two». La nascente élite musicale americana riservò trattava di «ascoltare in mododiverso ”*diistituîr € es 1 ai emo
alla Boulanger un trattamentotalmente privilegiato da concederle perfinodi scontinuo», uncriterio di sviluppo «n “quale il
c Icy, china. ono, È
nica soluzione».'
do ie e * Il suo modello n compositore
dirigere la New York Symphony Society. Negli Stati Uniti, Nadia fu la mae- o
era l’ultimo Debussy, più
stra di Robert Russell Bennett, l’arrangiatore della suite orchestrale di Porgy a o A iscepolo di Messiaen, cullava
era un’utopia
and Bess e di numerose commedie di Broadway. Secondo la Rosenstiel, la : intendeva «polverizzare le consuetudini
» di un « pas-
maestrasi accorse ben presto che la supervisione e la guida che occorrevano Sato» che era anche sinonimodiorrore, Perfino
Stravinskij dovette rived
1 suoi :paradigmi. Nel 1954 debuttò
a Russell Bennett non eranoquelle di un allievo qualunque. Al suobrillante In memoriam Dylan Thomas, da anin cui
i

[1x8]
[119]
di Vienna, destabilizzando la sua vec-
vampirizzava i precetti della Scuola
a contesa con Schònberg.
chia amica, che l’aveva tanto difeso nell
el, era ancora «soggiogata dall’a-
La Boulanger, secondo Léonie Rosensti
e riporta undialogo tra Boulez e Car-
vanguardia». È per provarlo, l'autric -
k Philharmonic. Moseley voleva sape
los Moseley, managerdella New Yor -
ta. «Nodi certo», rispose seccamen
re se il direttore l'avesse mai conosciu
cia c'erano solo due nomi di rilievo:
te. Per Boulez, dopo il Ride jp Fran
lo del suo maes
quelccoche tro € "e “Dowitz ? il compositore, dira oregag gista
pola divu lgò la t ecni ca dacca fo nica tra i giovani my; cistiSar ebbe
a
enberg a c Onstatare] deckio dell
stato il critico americano Harold Scho scri sse nel-
è più forte come un tempo»,
Boulanger: «La sua influenza non
Per Nadia «fu un processo lungo e do-
l’aprile del 1950 sul Musical Courier. e
ue non siarrese. Continuò a insegnar
loroso», dice la Rosenstiel. Comunq i-
ere gli allievi a scrivere secondoglist
ciò che riteneva più giusto e a costring le crit iche seve re, se
re favorevo leal
li che le erano più congeniali. Era semp ribe llar ono. Altr i sì
i, alla lunga,si
aiutavano gli alunni a migliorare. Molt granf ati ca a ca-
madrina. «Faceva una
rassegnarono ad averla come eterna
suoi studenti».Per mantenerei contat-
pireil bisognodi indipendenza dei
ispondenza. Si appuntava la data di
ti avviò una sterminataattività di corr
dei matrimonio della nascita deifigli
ogni compleannoe,in qualche caso,
Un articolo scritto da Maria Modrakowska e pubblicato da Le Monde mu-
deisuoi discepoli.
sical negli anni Trenta descriveva l’appartamento della Boulanger calato in
una «penetrante atmosfera luttuosa». Dalle pareti, i pianoforti, l’organo
portativo e l’immaginedi Lili sembravanorivolgersi ai ea Ogniri-
tratto, busto o fotografia era accompagnato da un mazzodifiori freschi «È
comeun mausoleo, si parla a bassa voce e si camminain puntadi piedi» È
Con il passare degli anni, vennero solo aggiuntealtre foto, quelle viste da
Piazzolla: Stravinskij, André Gide, Paul Valéry. La tabella di marcia che lo
condussein Rue Ballu 36 dovette essere determinata da un insiemedicirco-
stanze fortuite. Il contatto che aveva in Francia è avvolto nel mistero. Simon
Collier e Marfa Susana Azzi affermano che «Alberto Ginastera De dato
ad Astoril nomedi qualcunoa cuifare riferimento» °° ma non diconochisia
questa persona. Lo stesso bandoneonista ha confessato a Goriîn: «Per poco
non prendevo lezioni da Olivier Messiaen».!” La figlia Diana sembra con-
fermare la casualità della scelta successiva quando racconta che Piazzolla
appenaarrivato, «viene a sapere» che la Boulanger dà lezioniprivate.” Spe
ratti sottolinea che la maestra abitava molto vicino a dove AO lui.
La figura della Boulanger, al di là delle apparenti casualità, non doveva es-
sergli sconosciuta: era amica di Stravinskij e maestra di Copland, lo stesso
che era andato da lui una sera, dopo aver ascoltato la sua dA di «Se

[ 120] [x21]
sua Sinfonietta. La Azzi e Collier propendono per Buenos Aires (tres movi-
tango è musica», gli avreb-
arm6» al Tango Bar. «I miei complimenti. Il suo mientos sinf6nicos).1 biografi concordanosulfatto che la Boulanger,nell’e-
analogo aveva conosciuto
be detto, secondolo stesso Piazzolla.* In modo saminaregli spartiti, sentisse la mancanza di «qualcosa»che Piazzolla, ri-
Markevitch. Per cui, la deci-
un altro boulangeriano della prima ora, Igor cordandol’episodio, chiamò «sentimento». La maestra sembrava sapesse
definitiva, poteva essere stata
sione di scommettere sull’anziana maestra, in da semprediche cosasi trattava e un giorno, comedisfuggita, gli domandò
imperativo curricolare.
determinata da queiricordi piuttosto che da un che musica facesse in Argentina. Lui, imbarazzato, «perché per lei ero un
che aveva « adottato» il tango al
Piazzolla si ritrovò di colpoin unacittà cervellone,l’intellettuale sudamericano»,disse «tango»E lei, una signora
tempi in cui gli argentini rig; come fa notare Nardo Zalko,"' l'avevano
. e en > è . « di Montmartre, tutt'altro che scandalizzata, gli rispose elettrizzata: «Che
scelta per riprodurvi ciò che, pg uenos Aires era ancora malvisto. Ricardo
bello!» Volle sapernedi più, ad esempio quale strumento suonava,il che ob-
Giiiraldes, l’autore dell’a Polia rurale Don Segundo Sombra, era stato uno
forma- bligò l’<intell ettualesug&mericano» a «confidarle» finalmente il segreto che
deisuoi più grandidivulgatori. Il tang o prospera fra gli aristocratici custodiva nel l'armadio,<Bandoneon», confessò. Allora la maestra gli chie-
ti dalla Roulanger e, secondo Zalko,v !Y il suo momentodi massimo splen-
se di suonarle uno dei suoi tanghi al pianoforte. Piazzolla attaccò con
ore nel or anno della Sagra della pri mavera, divenendo a ddirittura
«Triunfal». Nel raccontare la scena, Collier la ritrae così rapita, sull’orlo
una ques.né di stato quando,ad aprile ;] presid&te Raymond Poincaré,
dell’estasi, che arrivati «all’ottava battuta» (le avrà contate?) descrive la
ACCOMPa, to galla moglie, partecipa 4 un balloall’Institut Agronomique.
maestra che prende le manidi Piazzolla per dargliil migliore consiglio pos-
giovane Nadia unvessillo,
La rivista Femina, la stessa che aveva fatto della sibile. «Questa è la sua musica. Nonla abbandoni mai. pazzolla è questo»
a dan-
riproduce a scena con un’enormeincisione. Il furore che scatena quell . Ù
gli avrebbe detto, a quantoassicura da parte suala figlia
ni ,

za porta alcuni a tracciare nuove genealogie. Il tango,dice la rivista La Vie sana. «Quella fu
parisienne, ha avuto untale successoa livello mondiale «che c’è chi sostiene la granderivelazione della mia carriera musicale», ha ric0°95 to Piazzol-
la davanti a Gorîn.
sia approdatoanche a Buenos Airese che gli argentini stiano incominciando
Tutti sottolineano l’epifania racchiusain quell’incontro, caratterizzato da
a ballarlo».* Il 25 ottobre,il dibattito sulle sue potenzialità arriva all’A-
dialoghi, peraltro, alquanto simili a quelli tra il Gershwin impersonato da
ga le sue
cadémie Francaise. Il poeta e dramMaturgo Jean Richepin ricolle conti un di-
Aldae il suo maestronelfilma lui ispirato. Lo scambio tra Piazzolla e la Bou-
origini a delle statuine proven ienti dî Tebe. Richep in,in fin dei
metafi sica tangue ra, ed langer, x ogni caso, potrebbe essere raccontato in modi diversi, senza che
fensore del tango, si domandavase nO" esistes se una
questo debba sminuire i protagonisti. Piazzolla — si potrebbeipotizzare .,
tare e consumaretutte le
elogiava la capacità tipicamente pè rigima di fagoci po-
stra
mostra i SuoiSuoi Tres movinti
Tres movimientos IA
sinfonicos,infin i ha
dei- conti° l’opera conxcu,..
o, la mazurka
forme di danza: la contraddanza inglese, ;1 valzer tedesc vinto un concorso. La Boulangerla esamina con il consueto acume. Indivi-
re non an-
res , ilboston americano. È vero che al relato
lacca, la polka unghe dua alla svelta uno scarso dominio delle grandi formee della disposizione
uatroppo giùla sua filiazion argentjna, n? neanche quel genoma lo im-
dei pianidell’orchestra. Le sue fonti sono antiquate e vengono impiegate sul-
pa poi tanto, fra le altr e©0S€ Perché «nOi franc esizziamo tutto e la
la scorta dell’intuizione più che della padronanzatecnica. Ben presto si con-
qnza checi piace ballare si tra forma in una danza francese»?
vince cheil suo allievo argentino, anche con una profonda immersione nel-
necessaria perri-
Il tangosi dileg'° ON le due gue rre, ma avevala forza la tradizione accademica, non può avere un futuro in un mondoper pochi
i torna rono a tacere.
nascere dalle speS©UON quando le pombe e gli ululatnse»,
comequello della musica «seria».
Quando iazzol |, arrivò a ParigiSCOPI c he«Prepare scritto nel 19 52,
arte de repertorio delle dgchestre qitango francesi. I diritti d’aut ore Re la situazione potrebbeessere vista da un’ottica più pragmatica.
faceva p 1 | a 5 Gol azzolla le sottoponela stessa opera. Lei, europea e conservatrice, giudica
Gobe Ilo,
lo aiutarono a finanziarsi il soggiori?* !" utt ettera inviata a José
n) . è: si x
orgo- argentino sulla base di preconoetti, loassocia all’esotismoe lo esorta a de-
mostr ava sorpr eso — ma anche
tata 16 dice bre 19,54, Piazzolla si dicarsi al tango senza alcunaesitazione.
da no n credere quanto si balla il tango a Pa-
‘115 Ò " È
Tuttavia, esiste anche un’altra possibilità. L'insegnantequasi settantenne,
.
glioso— di quellasituazione. «Etango
.

rigi e quantopiace, e nonsoloil di una volta, ma anchequelli nuovi» .°*


che aveva apprezzato certe sperimentazioni di Chavez e, probabilmente, d
Quando I iazzolla e la Boulanger 5; ritrovaronofaccia a faccia, lui aveva
‘ Diary, » |e + ‘e O î !

Villa-Lobos (magari aveva sentitoil suo Choros ro; del 1926, incui il bisaisi ”
trentatré annie lei sessantasette. Pe . farsi accettare come allievo, dovette
liano aveva cannibalizzato Le nozzedi Stravinskij per ricavarne tutt'altro) ”
do Diana,le presentò la
mostrarle quanto aveva fatto a Buenos Aires. Secon £
,
[123]
[ 122]
to la partitura eave "Otla fila dei bandoneon, non ha di del musicista accademico. Mentresi attribuisce un prestigio quasiesoteri-
dopo aver esamina co al fatto di «conoscere la musica» — il che per molti musicisti popolari e an-
crede pa bisognodello stesso aiuto
dubbi su dovecollocarlo. Piazzolla — che peril loro pubblico equivale semplicemente a dominarela letto-scrittura
Il Bepett. Innanzitutto
9 deve studiare
1
che a suo tempo aveva fornito a Russe musicale europea — i musicisti classici vengono spesso stigmatizzati perché
è la prima — e unica —
e imparare a dominare le tecniche mimetiche. Questa sono considerati «senz'anima», «freddi» o «meccanici», Il racconto di Piaz-
a Gorîn, nel corso
cosa che faranno. Piazzolla, al quale, cc the ha raccontato zolla, da questo puntodivista, ha la stessa matrice cinematografica della sce-
una fuga «neanche sgobbando co-
delle lezioni con Ginastera non riusciva neggiatura delfilm sulla vita di Gershwin,il quale arriva a dire: «Voglio stu-
ia diesercizi. «Ho tra-
me un mulo», si vedrà infliggere un’estenuante batter
eo loco menodi un amino con Na a, € hostudiato moltissimo, in parti- diare ancora, ma quandolo chiedo a Ravel,lui ride». Ciò che affiora dal mo-
colare? contrappuntoa quattroparti.) mi faceva uscire di senno. Qual- do in cui Piazzolla racconterà la sua esperienza con la Boulangerè l’illusione
che vga credodi aver piantodalla rq.pja ; era veramentedifficile». Diana che un grande musicista dell’Accademia possa ravvisare nel musicista popo-
lare non una scarsa conoscenza, ma un altro genere di conoscenza, già ben
vedessero tre volte alla setti-
Piazzolla sostiene che suo padre e la maestra si definita e che non richiede alcun apprendistato. Comunque,oltre a legitti-
di questi studi « rivelato
mana. 0 ni incontro durava tre ore. Mal’efficacia mare in qualche modosestesso conil racconto di quello scambio, Piazzolla
di ciò che oggiin-
E n liore dei casi, fu ©St©MPOlnea, pari a quella fa una cosa più importante:segue il consiglio, E se sulle prime tergiverserà, a
arrivò ad Amsterdam il 24 settembre
t CAETANO. n «workshop». Piazzolla Cora- partire dalla formazione dell’Octeto proverà a mettere in pratica, suo mal-
giorni a bordo del
del 1954, dopo averviaggiato per quarantacinque grado,il migliore consiglio della Boulanger: raggiungere quel punto di pos-
Nonsi diresse subito in
cero, e rimase in Europa fino al 24 marzo del 1955. sibile intersezione fra generi «alti» e «bassi», partendo da quanto conosceva
A Parigi, oltre a studiare,
Francia, prima viaggiò diversi giorni per l'Olanda.
compose, arrangiò, provò e incise unaserie di tanghi. I dischi devono aver- meglio, da ciò che aveva cercato di abbandonare, ossia le tradizioni popola-
gli portato via non poco tempo,fra trattative e altre incombenze. E c’era an- rie, per l’esattezza, quella più «bassa»ditutte, il tango.
che sua moglie. Inoltre, sempre stando a quanto afferma Collier, alla fine di È anchevero che parecchi anni dopo, quando era ormai un musicista po-
. Î n vacanza conl’amico Edouard Pecourt polare di spicco,il bandoneonista non perse occasione per riprovarci con la
febbraio del 1955 Piazzolla andò in *°tl” SOG X
per piùdi tre sértimane,il che permer!® di fare un calcolo che dà comerisul- scrittura di sinfonie e musiche da camera. Le opere commissionate da figure
tato poco meno di quattro me,; gi lezioni, grazie ai quali dovette raggiunge- di primo piano, comeil violoncellista Yo-Yo Ma,gli avrebbero consentito,
re un livello da studente mejo del conservatorio. La studiosa Gabriela sulfinire della sua carriera, di prendersi una specie dirivincita rispetto a co-
ca Î fa Boulangere loro che l’avevano ripudiato nella Buenos Aires degli anni Sessanta. L’inver-
Mourifio ha analizzato l'agenda delf SI ha appuratoche il nome
OOSARE no europeo del 1955, tuttavia, non offriva garanzie di notorietà e nessuno
di Piazzola V! compariva c Odici volte, compresiil primoe l’ultimoincontro.
i Piaz ale i potevaassicurargli quel riscatto tardivo. Piazzolla dovette adeguarsiai con-
. stesso riconosceval'esiguità di quell’apprendistato in un’altra let-
Piazzolla sigli di una maestra che,in un certo senso, aveva provato a smascherarlonel
bello: «Avrei bisogno almenodi due anni per imparare tutto quel-
tera a Go i chiedergli chi fosse veramente. Stando alla versione di Diana Piazzolla, sem-
si proponevauncer-
lo che mi serve». E, tempo dopo, con un aneddoto che bra proprio che le parole della Boulanger avessero un tono quasi mistico:
rio, Piazzo lla ha raccontato
to scopoe arrivava a dimostrare l'esatto contra «Non demorda. Faccia ciò che hannofatto Ravel, Bart6k, Stravinskij. Loro,
rati in un aeropor-
che unavolta, qualche decennio più tardi, si erano incont la loro musica nonè forse essenzialmente popolare? Ascolti Chavez e Villa-
con un insegnante in
to lei l’aveva riconosciuto. Chiunqueabbia studiato Lobos, o Manuelde Falla. Hanno trasformato la musica del proprio popo-
stupirebbe mai di es-
modoapprofonditoe per un periodo prolungatononsi lo in qualcosadi bello, e per far questo bisogna avere un donochelei ha già:
si sarebbero mai me-
sere riconosciuto da questo. Né C&land né Bernstein la grazia di Dio».?° Quelche è certo è che dopoil verdetto della Boulanger
loro. E a questo da-
ravigliati del fatto che Nadia Boulangersi ricordasse di Piazzolla non fu maipiù lo stesso. «Tutto ciò che avevo dentro era esploso
ivo: in nessu na biogra fia della pedago-
to se ne aggiungaunaltro, più oggett di colpo. Non c'erano più dubbi». La Boulanger, dice Speratti, «gli aveva
cati succe ssiva mente compare il
ga e in nessunodeiricordie discorsi pubbli fatto vedere» che «in fondoin fondo» era un musicista di tango. E che per
i n
benché minimoriferimento a Piazzolla. quanto«il resto» — la sua appartenenzaa quelconsessodieletti tanto sospi-
ricorr entetr a i musici -
Nella scena Boulanger si materializza una fantasia rato — fosse «importante», non faceva perlui. A struggersi per vestire quei
tempos tesso i mo-
sti della tradizione popolare, che rifiutano e invidiano al
E
[ 125]
[ 124]
panni «era unaltroio, cerebrale, fasi, 7 Alla ricerca della verità su se
stesso,si rinchiuse a comporreconil bagoneon. Comunque, non smettedi
stupire che l’uomoripossedutodalla sy ombra dimenticata non abbia de-
dicato neppure un tango alla sua guida spirituale. In compenso,scrive e 'ri-
scrive in modofebbrile invocandoaltri nomi, tutti teoricamente trascenden-
- - cioni i- «Picasso», , «Luz y sombra», ò «Tzi-
tali e alcuni francamente insignificant
ron y azul» — per omaggiare una
gane», «Rfo Sena», «Chau, Parîs», «Mar
che lo aveva obbligato piut-
città in cui era arrivato con spirito di conquista e
ta lacuna
i djetra, a tornareal punto di partenza. Ques
tR mmarcia
a fare OSSIDI ità dì unsenso di «gratitudine» 0 di «reverenza» nè
confronti della maestra. Piazzolla, in quei tanghi «francesi» — o almenofran
cesizzati — non è poicosì diverso da quello che voleva smettere di essere{
brevi contrasti di seconde nel pizzicato all’inizio di «Nonino» ricordanoi
hé indicare una nuova rotta, men-
suoi studi a Barracas con Ginastera anzic
al passato 0 a una sua si
tre «Guardia nueva»fa pensare a un omaggio
Se questo Piazzolla cene
ra più che a una possibile visione del futuro).
Quaranta — con l'aggiunta de-
«alla maniera Piazzolla» della fine degli anni
— e quasi coprasse Sé stesso per-
gli incarichi come compositore peril cinema
nte per sfregio al tango,
ché incalzato dall’anziana maestra 0 sempliceme
che congetture, ma, come in
avrebbe potuto dirlo sololui. Il resto non sono
comp lementari o perfino i in-
altri casi di questa storia, questesono spesso «Nel 1954, mentre ero a Parigi, ho avuto occasionedi ascoltare molti com-
che raccontoai giorna isti»,
dicativerispetto aifatti. «Non credere maia ciò plessi di jazz moderno, tra i quali l’Ottetto di Gerry Mulligan», scriveva
suo costante gioco elusivo
ha assicurato una volta a Gorîn, confermandoil Piazzolla nelle note che compaionosulretro di copertina di uno deidischi
fatto di mezzeverità. incisi con l’Octeto dopoil ritorno a BuenosAires. Il gruppo di Mulligan gli
ade sso chi sono? Quello di
.
un tempo?», avrebbe i potuto benissimo aveva fatto scoprire «il piacere individuale nelle improvvisazioni, l’entusia-
pensi Piazzolla in quelle ore di conf sione a Parigi. Lui stesso ha raccon-
« S s
smocollettivo nell’eseguire un accordo, insomma, una cosa che finora non
ante, si abbandonava alla
tato SPERIR chesi sentiva «demore lizzat. o, titub. 29 er
diffi
avevo mainotato nella musica e nei musicisti di tango». Questo particolare
ca di qualc osa». Non è
città, ne percorreva le strade sempre alla ricer è stato riportato da numerosireportage e datuttii libri scritti su Piazzolla. Il
Senna per lui c'era a
cile immaginare il suo smarrimento. Sulle rive della bandoneonista raccontavadi aver sentito Mulligan a Parigi, dove avevavis-
un'orchestra di strumenti a cor ae suto tra la fine del 1954 e gli inizi del 195 5. In effetti, Mulligan si trovava a
zio solo come musicista esotico, con
i .
igc0 ancor p piùinternazi onale
un’arpache con ie suoi arpeggi. Gonferisse un té Parigi più o menoin quel periodo, anche se suonavaconil quartetto che ave-
lo strumentobastardo =“ cheera porta to & Buen
che os Aires , va formato insieme al trombonista Bob Brookmeyer(che in realtà suonava
Il bandoneon, quel
. il s uo Ss Jvacondot to gr tornar e? Era
un cland sempr
gravveni
estino all’a esta il trombonea pistoni e non quello più comunea tiro). In precedenza,nel
verò: I «fat re trionfale si poteva avée accesso soltanto
al «futuro». p__. 1953, Mulligan aveva messosu il suo Tentette, nomedi difficile traduzione
dosii le mil! ifinoin fondo. Ma qu esta constatzione non sarebbe
sporc chesi riferisce a un gruppo compostoda dieci membri, dove alla trombac’e-
andos
stata definitiva stima nonavesse sentit ; cosa si s@mava nelle cave di ra ancora Chet Baker (che era uscito a sua volta da un quartettocalifornia-
svelato un nuovo arcano.
Saint-Germain-des-Prés, doveil jazz gli avrebbe no) e che sopravvisse soltanto a dueincisioni realizzate a Los Angeles, per-
ché Mulligan fu poi arrestato per una faccendadi droga. Poi, nel 1956, fece
parte di un sestetto che comprendeva Zoot Simsal sax tenore e Jon Eardley
alla tromba. In effetti, ci fu un ottetto dalla vita brevissima (che consisteva
i
é

[126 ] [ 127]
. Lu e ritmica, senza pianoforte) chea di- mania. QuandoPiazzolla arrivò a Parigi — era sbarcato ad Amsterdam,co-
in realtà in una fila n e angiati da Bill Holman, e che vedeva mesi è già detto,il 24 settembre del 1954 —- Mulligan se n’era già andato da
conahuedettz Israeli oOAden Éager e Zoot Simsal sax contralto e teno- almeno due mesi e quandotornò, quasi due anni dopo,il bandoneonistasi
re, AI Cohn al tenore e al baritono insieme a Mulligan, Freddie Greenalla trovava ormai da tempo a Buenos Aires (si imbarcò ad Amburgoil 24 mar-
chitarra, Henry Grimesal contrabbassg DaveBailey alla batteria.E or- zo del 195 5). Main Europacircolavanoi suoidischie, con ogniprobabilità,
mai negli anni Sessanta, dopoaverlavo,0 abbondantementeconil quar- la registrazione del quartettò alla Salle Pleyel. L'ipotesi che Piazzolla avesse
tetto (con Brookmeyer o Art Farmeralla fomba e al flicorno), Mulligan sentito il quartettoin cui figurava Brookmeyerpiuttost@ che l’inesistente ot-
fondòunaltro gruppoallargato, un nuovQestetto, con Farmere, alla chi- tetto è plausibile, specie se si tiene conto dell’enfasi sul contrappunto e del
tarra elettrica, Jim Hall. Studiare la discrepanza fra quanto sosteneva Piaz- modoin cui Mulligan e Brookmeyer (grande quanto Mulligan comearran-
zolla e i dati a disposizione, quindi, è interessante per ricostruire nonsolole giatore) riuscivano a improvvisare canti e controcanti, sulla falsariga delle
fonti di ispirazione del musicista di Mar delPlata, i suoi ascolti e le influen- invenzioni a due voci bachiane. Questi elementi sembrano corrispondere
ze, ma anchei suoi meccanismi di omissionee sintesi e la sua tendenza a fon- esattamente non solo alla descrizione di Piazzolla, ma anche allo stile che
dere, più o menointenzionalmente, Va; racconti in uno, forse per ottenere avrebbe cominciato a sperimentarecon il proprio Octeto. Per di più, ci sono
un maggioreeffetto simbolico. Specie èalla luce delriscontro coni datiesi- quelle note di Delaunayriferite al piacere con cui suonavano i componenti
stenti, sì scopre cheil bandoneonista Nn ha maipotutoassistere a un’esibi- del gruppo, che sembranoesserericalcate da quelle scritte da Piazzolla peril
igan dal . suo disco — «il piacere individuale nelle improvvisazioni, l'entusiasmo col-
zione di Mull uonò co! na Salle Pleyel, nell’ambito delfestival lettivo nell’eseguire un accordo». È anche possibile, naturalmente, che aves-
«SMolligonjizz», al Lerici preso parte anche Thelonious Monk, se sentito il Tentette su disco e chei duericordisi siano poi mescolati — dan-
Mary Lou Williams e Don Byas, oltre a diversi musicisti francesi come Mar- do luogo, con l’ottetto, a una mediatra il numero dei componienti dell’unae
tial Solal e, alla guida della propria orchestra,il pianista Henri Renaud, che dell’altra formazione. O che, avendo ascoltato la registrazione newyorkese
avevasentitoil gruppo di Mulligan al Blue Note di Philadelphia e lo aveva del Tentette insieme a quella parigina, avesse pensatosi trattasse dello stes-
invitato a partecipare. I concerti del CO mplesso di Mulligan furonoil 1°, il 3, so disco e dello stesso complessoe, non essendo particolarmente avvezzo al-
il s,il6e il 7 giugno(il 2 suonavain S.rizzera, a Basilea). L’etichetta Vogue, le consuetudinidell’universo del jazz (in fin dei conti le orchestre di tango
creata da Charles Delaunay,* registi., ufttro concerti e fece uscire quasisu- duravano decenni), si fosse inventato un ascolto dal vivo inesistente per le-
lezionedi quel Materiale. Nelle note di coperti na, gittimare il proprio racconto e gli sembrasselogico che il gruppo fosselo
di
bito un disco con unaAIselezcontrariodi mof! musicisti moderni... imembri del stesso della registrazione di un anno prima. O che avesse scelto l’ottetto al
Î ‘« contr 7 È
Delaunay scriveva nano, mostrano un evidente piacere». solo scopodi far accettare un altro ottetto. Tuttavia, può anche darsi che a
quartettodi a luglioMull8?" si esibì al primofestival di Newport, causare l’errore sia stato un altro gruppo,i cui legamistilistici con il Piaz-
È assodato
de Island lu;
che il 17 lt bettistalOY Fruscella e con Billie Holiday. Ad zolla del 1955 sono altrettanto evidenti: l’ottetto formato da Dave Brubeck
jRhode Island, con il tromLx x -@mpagn ava nel 1956, con il quale incise un brano significativamente intitolato «Fugue
Charlie sempre
eo in quella città, lavorò nell'orchestra che 1 ST n on Bop Themes».
St tetto (co sardiey alla
embrevi si esibì insiemeal quartetto Ro Ca
Parker A nov ‘ iziò una toliee negli Stati Uniti. Tornò in Europa C'è un altro elemento contraddittorio nel raccontodi Piazzolla, e anche in
iniziò È quelli dei musicisti che lo accompagnarono durante quella tappa fonda-
tromba) e a sceMbre del 195% Quando intraprese un tour che com-
arzo ; ì mentale per il suo nuovostile dopoil rientro dalla Francia, ed è l’allusione
solo fra febbraio e m poli, Genova, Bologna e Milano), la
ne Co Ponta Versailles,il 1° marzoall’O lympiadi alla chitarra elettrica, uno strumento che non era ancora troppodiffuso. Le
E l
Ì
(dove si esibì ll 2
Francia registrazioni di Jim Hall, Wes Montgomery o Kenny Burrell, che divennero
il 14 a Roubaix), il Belgio e la Ger
Parigi, il 7 dello stesso mese a Rouen e piuttosto popolari nonsolo nel mondo del jazz, sono successive al 1956. Era
lo spirito del tempo, senza dubbio, ma c’era anche una percezione molto lu-
* Delaunayerail critico di jazz che nel 1936 avevaconiato la parola disco gia» con la jhbli-
cazionedel suo Hot Discographie, e che, prima, era stato nientemeno chei [gptorei ntettera- cida, da parte di Piazzolla, rispetto a qualcosa che cominciava allora a di-
le del Quintette du Hot Club de France, con Django Reinhardt al fianco d j@hane Gropli. ventare «il suono del momento». La chitarra solista non poteva ancora van-

2

[128]
[ 129 |
e.

Un musicista come Freddie Green, che come André Hodeir, discuteva coni tradizionalisti facendo di Dizzy Gille-
tare unastoria fertile a quell’ epoca. spie una bandierae scrivevadijazz sulla rivista Hot Jazz, ma suonava anche
suonava con l'orchestra di Count Ba
sie, si limitava ad assolverea una mera
. pene ; mento rinviava a Django la tromba, oltre a comporre pezzi di successo come «Le déserteur», inciso
TRZIARE dei 17 é nesloRi” perarrivare a Barney Kessel e a nel 1955, cheera frutto di quella nuova cultura bohémien.
Jimmy Raney — uno dei fondatori dellg;;je «moderno»della chitarra elet- Tra i musicisti chesi esibivano a Parigi c'erano jazzisti legatia stili diver-
trica— e al suoepigono, Tal Farlow, dug,usicisti dei quali l'etichetta di De- si, ma Piazzolla, a quanto si può dedurre dalle fonti a disposizione, preferi-
launay pubblicò alcuneregistrazioni nel 954. Non è da escludere che De- va le forme più eleganti: gli arrangiatori competenti, gl strumentisti virtuo-
launay, che commissionòa Piazzolla un serie di dischi per il marchio Vo- si e, soprattutto, quelli che mostravanole loro conoscenze classiche in musi-
gue,gli avesse passato qualche album y.;to nello stesso anno, come quello che di tradizione popolare. Un’estetica chiave per Piazzolla è quella del cool,
del quartetto di Mulligan dal vivo allag.jje Pleyel, quello del quartetto di una parola che originariamente,nel gergo del jazz, significava «fine» e «ac-
Jimmy Raney con Sonny Clark al pianoe quello del sestetto di OscarPet- curato», ma che già allora era spesso associata al «jazz bianco» e al «Jazz
tiford insieme a Tal Farlow. Questo gruppo sembra in realtà una delle Bnti freddo». Moltiintellettuali parigini rivendicavano la negritudine e un certo
dispi razioneiù probabili di Pia zzolla, nonsolo per la presenza dellachi- carattere selvaggio del jazz — come del resto avevanofatto negli anni Venti
ta assu- con la deificazione di Joséphine Baker. Questoculto per il primitivismo — che
tarra , ma ancheperla fu NZ ne contrappuntistica che ques
ento di un violoncello — quello si può riscontrare anche nelle sculture «africaniste» di Picasso — fu inizial-
meva all’interno del gruppo e per Pinserim i mente legato alla resurrezione del dixieland, ma con gli anni Cinquanta la
e in considerazione
o Pettiford - uno strumento che Piazzo Ila pres
dellostess presunta rinascita del jazz antico aveva luogo a Londra, mentrel’intelli-
per il suo Octeto. ghenzia parigina prediligevai ritmi spezzatie scattanti del bope dei suoi ere-
che allora era all'altezza di tutti i
Horacio Malvicino, un o strumentista mondo e poteva van-| di immediati: l'hard bope il cool.
in giro per il
hitarri
i ch comincia van o a emerg©"©
inciavan m
ico p persinopiùù elev2!0 È (sebbene i suonasse nel Bop Club di
n ° tecnico Vian, una persona dai gusti diametralmente opposti a quelli di Piazzolla
° MATTI
un livello
‘ioniero di uellido), sostiene che lo strumentoche (trovava che Mulligan fosse «di una freddezza insopportabile»), scrisse sul-
Buenos Aires e fosse prigioniero di q
Fare
1 ; ; = o) - la rivista Hot Jazz: «il cool sta al bop come Chicagostava all’hot». La frase
x I » | > si CÈ :.ir mCcis n
nirir i I i li Milt Jack
ol ì a ave V a ln
i t fosse il Ù ibré
mente
i
Piazz
] 5 eneera prova f lt- allude alla perdita di una certa intensità originaria. Maaldilà delle polemi-
Quartet risalg
son con il Modern Jazz
_ ° rmò nel 1959 a New York. «Piazzolla che francesi, delle letture ideologiche dei diversi approccistilistici e della
i usò nel Quinteto che n °
to che poilo Q se improvvisare, e nel mondodel tango scarsa veracità del racconto di Piazzolla, ciò che conta è la constatazione di
cercava uno strumentista che sapes enovibrafonisti, perciò pensòalla chi- un climaestetico, quello dell’hard bop e del coolche,in realtà, erano duedi-
NOP CE DOGESiascoltarmi al Bop Club», ha raccontato. Eppu- verse sfumature di una stessa forma piuttosto che duestili contrastanti, co-
tatè improbabile che l’idea fosse sbucata dal nulla, semplicemente scartan- me è dimostrato dai frequenti passaggi di alcuni musicisti — Art Farmer,
© strumenti e strumentisti. Anche ammettendo che Piazzolla non avesse Sonny Clark, lo stesso Miles Davis — da una spondaall’altra. Un clima este-
0 pio che avesse sentito «molti complessi
ì tico che non solo coincise con il soggiorno del bandoneonista in Europa, ma
ascoltato Mulligan dal vivo, è indu che ebbe innegabili ripercussioni sulla sua musica posteriore. Piazzolla, a
rno» ancorche attra dischi, , che lì circolavano in modo
verso 1i dischi
1j ?a Buenos |. partire dall’idea dell’Octeto che formerà a Buenos Aires, individueràil nu-
di jazz mode Aires . ) O o
i più flnido che _. si, cleo della sua attività creativa in quei piccoli gruppi, compostidasolisti, pla-
ca» dei music isti statu niten
ass! più fui anni Cinquanta, era la «Mec
Pari8boloro che in patria dovevanofare i conti conil razzismo da unla- smati dal cool jazz e pensati per contesti di ricezione simili a quelli del cool
specie dè squadre «antidroga»dall'altro. Un’intera generazionedi intellet-
—1 piccoliteatri, i club e, naturalmente,i dischi — che lascerannoun segnoin-
a ive olse I con entu MTA peff È ndo di trovare nel jazz 4 l'esatto corri- delebile nel campo della musicaartistica di tradizione popolare.
tuali c ni Il e proprieie ricerche eSUIS ° ne. Jeann-Paul Sartre i e Simone de Beau- In un romanzopoliziesco — e la ricostruzione del mondoestetico di Piaz-
che aprivano
dei club di jazz baia o giorTNOno(dopo zolla vi somiglia parecchio, con i suoi racconticristallizzati e ripetuti a sa-
voir erano assidui frequentatori altro 2
a
attività inntal
tal
il l furo nder ; gli anni di maggioreea zietà, con le sue omissionie contraddizioni — si direbbe senz’altro che c’era-
Ì eili
©.1 non
giorno (i 1954 Vian lo
1955 solo n ngesti va uno, prod ucev adisc hi di music isti no il movente e l’occasione. E non solo. L’indiziato tornò a più riprese sul
senso), e Boris #
È.

{ 130] [131]
andamentotesoall’improvvisazione,i Note della terza parte
o del delo, come dimostrano 1’
1 CONtrAEè le melodie spigolose nelle sezioni iniziali delle sue composi-
TorRefl culto del contrappunto baro cco. U n luogodel delitto che ; del resto 1. Léonie Rosenstiel, Nadia Boulanger: A Life in Music, W.W. Norton, New York 1998.
zioni,i 2. Ivi.
apo Piazzo la: la
consentiva comenessunaltrodi riunire i tasselli del rompic 3.Saint -Saéf avrebbe manifestar&P ert ament
e la sua disapprovazione anche cinque anni do-
tango e l’idea che una musica dovesse essere rappre sen-
sua conoscenza del po, qua ndo$ ne andòdalla prim!£ Ila Ha Sagra della primavera indignatodal fatto
che il tema
tativa di unfuogo e di una culturain particolare, i primi studi con Ginaste- iniziale fossé tato affidato ai fastilS i semiacutidel fagott
o invece cheal registro medio di un
ra, gli insegnamenti della Boulangere, soprattutto, l'esigenza di coniugare co rnoinglese. . £
4. Léonie Rosentiel, Nadia Boulangér..., cit.
tuttociò con l’immagine gershwiniana del musicista difronte, capacedi sal- 5. Citaroin Léoit Rosenstiel,cit.
l’erudizione ac- 6. Ivi.
vare al tempostesso la musica popolare, arric chendola con 7. Citato in Léonie Rosenstiel,cit.
contat to con I
il sapere popolare
cademica, e la musica classica, mette ndola a g.Ivi.
sterile. i
indispensabile per non farla diventare un esperimento 9. Herbert Lottman, The Left Bank: Writers, Artists and Politics from the Popular Front to the
diretta a Monte vi-
Piazzolla si imbarcò ad Amburgosulla nave Yapeyd
Cold War, University of Chicago Press, Chicago 1981 (La rive gauche. Intellettuali e impegno
della B Oulanger nella quale si vede anchelui. politico in Francia dal Fronte popolare alla Guerra fredda, Sylvestre Bonnard, Milano 2010,
deo, e portò con sé una foto traduzione di Ettore Capriolo).
«Sperodi rivederla presto da queste p arti, caro Astor», fu il suo saluto d’ad- ro. Boris Vian, Manuel de Saint-Germain-des-Prés, Éditions du Chene, Parigi 1974 (La Parigi
ina, scrisse una lettera alla
dio, a quanto ha raccontato. Arrivat 9 !N Argent
degliesistenzialisti. Manuale di Saint-Germain-des-Prés, Editori Riuniti, Roma 1998, a curadi
Daria Galateria).
maestra descrivendolela gioia prova! nel rivederei suoifigli: la famiglia, la 11. Pierre Boulez, «Recherches maintenant», in Relevés d’apprenti, Seuil, Parigi 1966 («Ricer-
tradizione. che ora», in Note di apprendistato, Einaudi, Torino 2007, a cura di Paule Thévenin).
12. Ivi.
13. Léonie Rosenstiel, Nadia Boulanger..., cit.
14. Ivi.
15. Citato da Léonie Rosenstiel,ivi.
16. Marfa Susana Azzi, Simon Collier, Le Grand Tango. The Life and Music ofAstor Piazzol-
la, Oxford University Press, New York 2000.
17. Natalio Gorîn, Astor Piazzolla. Memorias, Alba Editorial, Barcellona 2003 (Astor Piaz-
zolla, Di Giacomo Editore, Roma 1995, traduzione di Hugo Aisemberg, Cecina Cutini e Luisa
Majone).
18. Diana Piazzolla, Astor, Corregidor, Buenos Aires 2005.
19. Alberto Speratti, Con Piazzolla, Galerna, Buenos Aires 1969.
20. Diana Piazzolla, Astor,cit.
21. Nardo Zalko, Paris/Buenos Aires: un siglo de tango, Corregidor, Buenos Aires 2001.
22. Citato in Nardo Zalko,cit.
23. Citato in Nardo Zalko,cit.
24. Marfa Susana Azzi, Simon Collier, Le Grand Tango..., cit.
25. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit.
26. Diana Piazzolla, Astor,cit.
27. Alberto Speratti, Cox Piazzolla,cit.
28. Ivi.
29. Quebranisiria
Fei face ; Banti i
hase al + intitolato The Gerry Mulligan Songbook, uscitop È
book, c ana n = Dr + nta per la Blue Nore nel 1996 con il nome Son ta

Dave Bailey e un trio composto da VIOLINOPVOTOhSO Îo LehitarrigteReme:Patniasivitbanc,


che suonava l’ultimodeitre.

[ 132] [133]
QUARTA PARTE: 1955-1958

(BUENOS AIRES)
Piazzolla era stato un «compositore di tango». E un orchestratoreditutto ri-
spetto. Al di là degli occasionali eccessi nella scrittura probabilmente osteg-
giati da Troilo,i suoi brani facevanoparte del repertorio delle orchestre più
importanti degli anni Quaranta e Cinquanta — quella di Troilo stesso, quel-
le di Francini-Pontier, Basso, Fresedo o Pugliese — e tra i suoi precedenti non
solo vantavala direzione di un’orchestra propria a partire dal 1946, ma an-
che l’esserestatoil direttore musicale di un cantanteclassico come Francisco
Fiorentino. Man manochela sua carriera si andava consolidando, aveva
studiato composizione con Ginastera, eppure nel 1954 Piazzolla era più che
intenzionato a «rompere»conil passato. Decisedi ricostruirsi una vita, che
nonfosse quella del compositore classico rispettato che avrebbe voluto es-
sere, ma nemmenoquella del musicista di tango cheerastato. Il mondo ac-
cademicogli aveva oppostopiù resistenza di quella che avrebbe potuto im-
maginare, a cominciare dalla stessa Boulanger che, a differenza di quanto
era successo a Gershwin con Ravelnelfilm citato a più riprese («quandogli
chiedo di farmi da maestro,ride»), gli aveva detto che di cose da imparare
ne aveva eccome. Eppure,al di là delle falsità riguardo all’estasi boulange-
tiana tramandatedai suoibiografi, nel commentare quella batosta Piazzol-
la ne riconoscevail valore iniziatico. Perché, dopo unapiccola parentesi con
le orchestre di strumenti a corda, bandoneone pianoforte — un progetto non
#
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iciste—i ò unavia del tutto nuova,il cui tendeva fare un tango spontaneo, «così comeviene», eliminando «qualsiasi
ro.da yelleiTE lassiciste- imboccò u influenza esterna»(su questo punto, sembravaanticiparela retorica dei suoi
Ancipartenza fu FScfeto Buenos Aires.
Il gruppoera formato,oltre che da Piazzolla e Leopoldo Federico al ban- futuri detrattori). Il gruppo, composto da solisti, non aveva un direttore.
doneon, da Francini e Baralis al violino, Atilio Stampone al piano, Malvici- Contemplava «soltanto» una «conduzione musicale». Il quinto punto del
. , al violoncell o e Hamlet Grecoal con- decalogo chiariva che il repertorio avrebbe contenuto opere dell’«attualità»
itarra elettrica, José Bragato È
ngalera : o. ;J Vasallo. Piazzolla usava paragonar e l’av- e della «Vecchia Guardia». Nonci sarebbero stati cantanti, salvo rare ecce-
poisostituito da Juan... , ‘ st >
viamente It, . vi di un’invasione militare. «Ero scesodal- zioni. Il settimo cercava di prendere le distanze dal fassato in modo più
dell’Octeto ai preparati esplicito: non eranopreviste esibizioninelle sale da ballo. «Il complesso», si
- 4; ie} ni mano»,nihadettoa sua figlia Diana.
la nave con un carico di dinamite in 0g sottolineava, «dev'essere soltanto ascoltato».
la miccia di uno «scandalo na
Era tornato da Parigi pronto ad accendere Lachitarra elettrica, ossia il suo asso nella manica, per Piazzolla non fa-
che vigevano in Argentina».
zionale» e a «rompere tutti gli schemi musicali ceva parte delle «influenze esterne». E men che meno,gli effetti percussivi, E
di un linguaggio
i jon fl u Ilo «sbarco» attingeva al retaggio i per quantorivendicasse un tango «così comeviene», proponevaal suo pub-
Lasirio tfiAtderio di risalire al Edozero della storia ), ma permet
te anche di percepire un’altra logica domj,ante nel’55 e negli anni successi blico una nuova pedagogia. Siccomei brani denotavanoin realtà «un’im-
vi: quella della «Querta » come appende della politica. Prima della sua ap- postazione moderna», dovevano essere «spiegati in anticipo»per «facilitar-
plicazione all’arte, l’espre n © VANEgarde era associata a una dottrina ne così l’immediata comprensione». Poiché la sua scrittura era ormai im-
strategico-militare: quella degli 2Y2MPosti e delle forze speciali dei conflitti munedalle cancellature di Troilo, oltre a esserestata affinata a suondi rigo-
bellici moderni. A colpire, Ile £VOCAZIoNi rosiesercizidi stile, Piazzolla sentiva che le sue opere mostravano «il mag-
né ‘onipia“zzolliane degli | esordi dell’Oc-

; Ì - due si, G g ti, che tracc ia un p paral lelismo giore livello di perfezionamento musicale» a cui si potesse aspirare nell’am-
teto,è il ricorrere ) del terminene i, gnifica!»
. di4. v lolenz storia. Quando de Piazzolla
azz al ri- bito di quel genere. Sperava che questo scarto fosse apprezzato dagli «esper-
costante con altri frangenti lenz, della Storia e
della disfatta. A giugno le ti più esigenti». Perché l’obiettivo era innanzitutto quello di «elevare» la
tornò a Buenos Aires, il peronismo era sull’orlo contro Per6n qualità del tango, di «persuadere» coloro che non ne riconoscevano «il va-
a e che si erano sollevate
1955, le forze dell'Aviazione Nava lore indiscutibile» e di attrarre al tempo stesso coloro che «amavanoesclu-
ndo più di 5 trecento morti. AL
b b d 1 (wi
civile? - provoca
ombai arono la popolazione
Ila Casa Rosada per de-
sivamente le musiche straniere».
affacci” al bal o
cune ore dopo » il presidente SI
Era un compito arduo e ambizioso.
ce ne sarai nno cinque dei
clamare la sua risposta: «Per ogni nostro caduto, I piazzolliani della prima ora usano descrivere la presentazione alla Fa-
dramma, Piazzolla stavaf
Nel.cerso di quel orman do il suo persona e
loro». coltà di Leggealla fine del 1957 come un’apoteosi. Ritornava come «musi-
c8FRS PER ano otto carri armati», assicurò a Speratti). Anni do-
po,riferendosi allo stesso momento, avrebbe usato una metafora ancor più cista popolare» sullo stesso palcoscenico in cui aveva creduto di sancire la
esplosiva. «Sembravamousciti dall'Esercito Rivoluzionario del Popolo... propria appartenenza al mondo «classico». Lì, in quell’università ormaili-
Ottoguerriglieri sottole luci della ribalta! Sembrava che ognuno,al posto di bera dal peronismo,chesi era ripresail diritto di assembleae la libertà dias-
unostrumento, avesse un bazooka». sociazione, Piazzolla trovò parte del suo pubblico. Il gruppoincise due dischi
periodo di di$orsi € proclami segnati da una sete di tra enormidifficoltà: uno di media durata, con solosei brani, uscito per l’e-
?5< inaugura un £
n 35 di Di 3 promes .6 di valsa. Nonera passato neanche un me- tichetta Allegro nel 1956 e intitolato Tango progresivo, e l’altro, più esteso,
vendetta di classe o prodotto dalla Disc Jockey nel 1957 e intitolato Tango moderno.' Rispetto
.
4 a bordo diuff cannoniera razzo]
i paraguaiana,, che Piazzol-
di> Perén
a all’innovazionestilistica, è pocoil materiale composto da Piazzolla. Nel se-
se dalla fug L’Argentina pullulava di manifesti di
la diffpacdeSL"ORTOTELLL'ora della spada» di Leopoldo Lugo- condo disco compare, con un nuovo arrangiamento, «Marrén y azul» (un
©8!Hler arriv CONgrammi letterari, pittoricie politici). ll primo segnodi pezzoscritto a Parigi e che figurava già nelle registrazioni realizzate nella ca-
NeSvament SA ito del tangosiinseriva in quella genealogia. L’Octetosi pitale francese), mai dati più interessanti riguardanoil primo. Anchequic’e-
FEfl&gev a infiafizittitto »fini«artistici», che lasciassero «in secondo piano ra un unico branodi Piazzolla, che primadiallora era stato inciso soltanto
dall’orchestra di Francini-Pontier,*nel 1954, e che sarebbe diventato unodei
Nersant ommerciale» I musicisti avrebbero cercato di dedicarsi esclusi-
ia».
ficacia». Piazz olla in-
Piazzo più importanti del suo repertorio degli annia venire. Il pezzo si chiamava,
i
imaef
|vamente asaquel progetto, per dotarlo della «mass
[ 139]

L
[138]
con tutta la carica premonitoria che Piazzolla era capace di associare a ogni
titolo, «Lo que vendrà», quello che verrà. Se si considera l'evidente influen-
za di Debussy nel temainiziale (che, comesi vedrà, negli arrangiamenti suc-
cessivi non si troverà più all’inizio) e che la registrazione di Francini-Pontier
risale al luglio del 1954, un mese prima della partenza di Piazzolla per Pari-
gi, il titolo del tango poteva benissimoalludere al viaggio imminentee alla
città in cui l'americano sperava di trovare se stesso. Una volta tornato, ar-
rangiò il pezzo per l’Octeto e nel 1956 lo incise con quel gruppo e anche con
la stessa formazione che aveva adottato a Parigi, e che avrebbe riproposto
l’anno dopo a Montevideo:’ strumenti a corda, piano e bandoneon concer-
tante. Il compositore avrebbe eseguito anche altri arrangiamenti per orche-
stra, come quello destinato a Troilo, che lo incise nel 1957 con l’etichetta
Odeòn.
In «Lo que vendrà», a prescindere dalle notevoli differenze che emerge-
ranno dal confronto tra la versione dell’Octeto e quelle posteriori, si deli-
neano molti deitrattistilistici che sarebbero stati centrali nella produzione
successiva di Piazzolla — quel tema incisivo, dalle accentuazioni asimmetri-
che, fortemente ritmato, che diventerà quasi un marchiodi fabbrica;il ruo-
lo assegnatoai solisti. Un tratto saliente, peraltro, è il motivo francese che,
nella versione per l’Octeto, apre il pezzo con tre entrate consecutive,a cari-
co di Francini, Baralis e Bragato, intervallate da accordi di tutto il gruppo. Occorreva riscattare il tango dalla monotonia che lo avvolgeva, armonica
Nella registrazione dell’orchestra di strumenti a corda, piano e bandoneon, quanto melodica, ritmica ed estetica. Il fatto di dotarlo di una gerarchia musi-
cale e di far risaltare in modo diverso gli strumenti è stato un impulso irrefre-
quel motivo non è che un’introduzione sommaria, dopo la quale attacca im-
nabile. Insomma,farsì cheil tango entusiasmasse anziché stufare l’esecutoree
mediatamenteil tema «ritmico», La versione scritta per Troilo è quella che l’ascoltatore, senza smettere di essere tango. F che fosse, più che mai, musica.
denota maggiori differenze. Il temalirico, tipico del tango — che nell’arran-
giamento dell’Octetoera solo il pretesto armonico per le improvvisazioni
della chitarra elettrica — è in primissimopiano, e il motivo francese appare Così teorizzava Piazzolla nelle note di copertina di Tango moderno. Che
fugacemente in coda a questo, fungendo da ponte conil tema ritmico. Pe- sia tango e sia musica, sottolineava, mostrandodiessere vittima delle stesse
raltro, vi compare un controcanto chiaramente scandito in quattro tempi, categorie a cui cercava di opporsi. Al tango mancava unacoscienzaartisti-
che dissimula (0 lo inserisce in una cornice piùdigeribile per il grande pub- ca. I musicisti — specie alcuni compositori e direttori d’orchestra come
Osvaldo Pugliese o Julio De Caro — protestavano semmaiper la mancanza
blico) il ritmo additivo della voce principale. di un riconoscimentoserio per quanto facevano, usando generalmente come
argomentazione la popolarità delle loro musiche all’estero (come se poila
vicinanzaalle metropolie la serietà fossero la stessa cosa) o i giudizi positivi
di certi musicisti classici di spicco. Persino il pubblico colto che ascoltava
tango inquadravatale preferenza in un settore diverso — prossimoal senti-
mento più che alla ragione — da quello che poteva occupare la loro passione
per la musicaclassica o addirittura per il jazz. La situazione, almeno su un
punto, non era molto diversa da quella del jazz: tutti i manualie gli studicri-
tici scritti sul genere nel ventesimo secolo tendonoa speculare sulla serietà
%
[ 140] [14x]
del jazz 0, per essere più esatti, sulla sua «valenza artistica». Alcuni, come Nella Barcarola di Chopin,oltre all’evocazione dell'immagine di Venezia, ciò
Joachim Berendt' o Ted Gioia,’ ricorrono spesso a criteri che si rifanno alle che è particolare irripetibile è più essenziale dei tratti generali che l’accomu-
autorità (Ravelo Stravinskij e il loro apprezzamentoperil jazz, Ernest An- nano ad altri brani dallo stesso nome. Il concetto di genere non è più prescritto
sermete il suo commento «profetico» riguardo a Sidney Bechet e alla «nuo- dalle singole opere, ma si attenua in un concettoastratto più generale.
va via» da lui inaugurata) e ad argomentazioni come la complessità ritmica
del jazz, in contrapposizionealla complessità contrappuntistica di Bach, per Con il predominio del «principio di originalità», i tradizionalisti furono
dare legittimità artistica anche a generi che erano ancora analizzati alla luce tacciati di essere soltanto «imitatori» ed «epigoni»£ Nel 1739, Johann
di impostazionicritiche precedenti alla loro apparizione — un po’ come se un Mattheson, il compositore, critico e pedagogo tedesco, nonchéfautore del-
veterinario cercassedi assistere il parto di un mammifero con un’attrezzatu- la «teoria degli affetti», pubblica una sorta di manuale del perfetto maestro
ra ostetrica pensata per i dinosauri. Comunque,negli Stati Uniti si era co- di cappella (Der vollkommene Capellmeister), nel quale elenca i fondamen-
minciatoa riflettere — e a scrivere e discutere — sulle musiche legateall’indu- ti della preparazione necessaria a essereincisivisia a cortesia al servizio del-
stria dell’intrattenimento — e ovviamente anche sul cinema — fin dalla sua la Chiesa. Ma nell’Ottocento, secondo Dahlhaus, quel manuale è conside-
stessa apparizione, o quasi. A Buenos Aires, Enrique Santos Discépolo ave- rato un insulto. Tutto si rinnova e si trasforma. «Non c’è nessun’arte che
va scritto un saggio sul tango e sui suoi rapporti conil concetto di identità; metta fuori uso tante forme, e così presto, come la musica...», avverte in pie-
Sintonia e più tardila rivista Qué avevanoraccolto 0 avevanocercatodisti- no romanticismo Eduard Hanslick, in I/ bello musicale” La musica si evolve
molare qualche tipo di dibattito; Ernesto Sabatosi era interessato agli ubi- in un campodiforzetra il particolaree il generale. C’è una sorta di compul-
qui rapportiesistenziali tra il tango e l’inafferrabile concetto di essenza na- sione a ottenere sempre qualcosa di nuovo, maal tempostesso vengono con-
zionale.E altri, prima, avevanoripudiatoil ballo. Quantoagli aspetti musi- servatele opere del passato.
cali, tuttavia, non c’era stata unariflessione esaustiva, malgrado l’impor-
tante tradizione dei tanghi strumentali e delle elaboratefinezze degli arran- Il fatto che l’espressione musicale sia unicae irripetibile spiega la sua tendenza
giamenti e delle esecuzioni. In tal senso, Piazzolla è forse il primo «teorico» alla trasformazione; il fatto che perfarsi capire l’espressione musicale debba ri-
del tango, nella misurain cui introduce uno schemadilettura nuovo,più af- petersigiustifica il mantenimentodelpassato. Il progresso e la memoria storica
fine al suo apprendistato newyorkese che al generein sé, al quale attinge per si riguardano a vicenda comele due facce della stessa medaglia.
selezionare i nomidi coloro — De Caro, Vardaro, Orlando Gofii, Maderna,
Troilo, Salgàn e, con qualcheriserva, Pugliese — che non devonopiù prestar- Comesi è già osservato, l’idea del valore che contamina la musica po-
si a essere ballati, ma ascoltati. polare determina in qualche modo un sistema di ascolto che Piazzolla fa
La musica popolare cominciava a essere contaminata dalle nozionie dal- suo. Un’idea dalle sfaccettature discutibili, in quanto presuppone che il
le categorie che nell'Ottocentosi erano radicate in Occidente come unasor- piacere, riferito a ciò che è popolare,sia fugace, mentre nel mondoclassi-
ta di dogma. La questionedell’ascolto era una di queste «verità». Dalle sale co si dà per assodato unaltro tipo di appagamento,più elevato. La frui-
da concerto affiorava la convinzione che, come spiega Carl Dahlhaus, «la zionedi ciò che è «alto» comporta l’ostentazione di una superiorità socia-
contemplazione, l'abbandono incondizionato a qualcosa» fosse «la norma le. La critica adorniana della cultura popolare e la rivendicazione dell’ «au-
di comportamento più appropriata a un’opera d’arte».° Quell’idea ha dato tonomia» della grande arte filtrano anche nella Weltanschauung che a fa-
luogo a un processodi trasformazione fondamentale: il passaggio dalla mu- tica comincia a formarsi il musicista popolare, che reclama per sé un altro
sica «funzionale» a quella «autonoma». O, detto altrimenti, la transizione tipo di attenzione.
dall’artigianato all’arte. C'è stato un tempoin cuil’opera non era qualcosa L'Octeto sifa forte di quell’immaginario. Le note introduttive scritte da
di chiuso: l’esempio di un genere era ancorato a unatradizione,si nutrivadi Piazzolla, che analizza ogni singolo brano comesestesse parlando dell’ope-
una sostanza storica che gli permetteva di instaurare con l’ascoltatore un ra di qualcun altro o di un disco chefa già parte del canone,imitanolo stile
rapportoche favoriva la comprensione. A partire dal Settecento,i generi co- dei testi dei programmida concertoe deicritici di musica classica dell’epo-
mincianoa perdere «sostanzialità», per dirla con Dahlhaus. ca. Su «Haydée», ad esempio,scrive:
=

[142] [143]
Comp oneli e . . dall’Octeto Buenos Aires nel 1957. La pri- una formazione orchestrale come questa. Non bisogna dimenticarechesi ri-
È 935 inciso su disco
ma p2° (Romantica accordi di quarta giustapposti[...] Dopoil sente di un tremendosquilibrio per Ja penuria di strumenti a corda: con due
valzd!© a maniera ycomineia con o riprende la primapartee il tangosi con- bandoneon, un pianoforte, la chitarrae il contrabbasso ci vorrebbero alme-
Call“ <“’©’1Ravelilbran
S ol maggiore-Re maggiore (G-D). no sei violini, una viola e un violoncello, perciò, disponendosolo di due vio-
elude con un rallentandosull’accordo
lini e un violoncello, bisogna concepire per loro delle tessiture anomale».
«l’unico obiettivo dell’Octeto Quella che segue, comunque,è una vera lezione su un mestiere appreso più
Alla fine del testo Piazzolla dichiara che
preservare | essen con la pratica e l’ascolto che con lo studio accademicé e che, per quanto
Airesè uello di rinnovareil tango popolare, di
: ,

Buenos
TA pur intro udendo nuoviritmi, NUOY armonie, melodie, timbri e forme» Piazzolla sostenesseil contrario, è uno deisuoitratti distintivi:
e che «soprattutto, non intendiamoded...rci alla cosiddetta musica colta».
Quello che invece sembrasi voglia otteere è una musica popolare contutti Per esempio, quando inserisco effetti ritmici e voglio ottenere forti sonorità,
gli attributi di serietà — notedi libretto CQnprese — della musicaclassicae, in impiego i due violini sempre nella tessitura bassa e il violoncello, il più delle
particolare, conla sua stessa funzionalità,redominante. La musica dell’Oc- volte, nella stessa tessitura dei violini, soprattutto negli unisoni («Neotan-
teto non è concepitaperil ballo: richi&je unadiversa inclinazione. L’oppo- go», «El Marne», «Arrabal»). Per effetti delicati e melodici impiego tessiture
medie («Anoné»). Le doppie corde sonoutilizzate per conseguire una mag-
in causa da Piazzolla ri-
izione frajascolto e ballo era già stata chiamata giore sonorità armonica (due violini, violoncello e contrabbasso nella secon-
Yiardo agli arrangiamentiperl'orchestra del,946, quando parlava di «suo-
da parte di «Marrén y azul»). E il contrappuntosulle corde rende più sugge-
nare perchéle personeascoltassero»e sostermneya di aver composto, «a talfi-
stiviitemioriginali («Arrabal», assolo di violino). Ancheper gli effetti di per-
ne», i brani «Villeguita» e «Se armo». Ma già allora si percepiva soprattut- cussione entrano in gioco gli archi: il primo violino imita il tamburo, il se-
to unaglorificazionedella difficoltà ©; si sarebbe ripresentata nelle note condola ija, il violoncello il rullante, e il contrabbasso picchiettato dal pal-
scritte per il disco dell’Octero, ad €S6mpio nella descrizione del lavoro dei mo della mano sulla parte posteriore ricorda il suono della grancassa
(«Marrén y azul»).
bandeneon: «Si trovano quasi semprea realizzare accordi diquattro, iL
Perfino uoni ciascuno(“El Marn,») E anche variazioni sul tema in
© qintine, sel Se e financhesettiminedi biscrome oggiin disuso per la loro A parteil discorso di Piazzolla sulla propria musica e il contrappunto
“ifficoltà SoonICa (“Anoné”)». L'altro pandoneonista del gruppo, Federico, ben più elaborato di quanto nonfosse abituale nel genere, ciò che emerge
che i migliori musielsi con l’Octeto è una nuova tendenzalegata all’improvvisazione - malgrado
racconta peraltro che era proprio per tale difficoltà
rta di
re insieme a Piazzolla. Era considerato unasoesso» in realtà, a parte la chitarra elettrica, noncene fosse — e all’idea del grup-
di.tango volevano suonagruppiin cui «si scriveva in modo così compl . po disolisti. E più che di un’orchestra ridotta, comepotevaesserestato in
Sivate o far parte dei
Ovviam ente, se si pensa chequelle «grrimine di biscrom coggi in disuso per quegli stessi anni il gruppo Los Astros del Tango, diretto da Argentino
j Klavierstiicke di Galvan, o, molto tempo prima, il Sexteto Mayor il Sexteto Tango, in que-
lero difficoltà» sono contempof? © a opere come
secondolibro di Struc- sto caso si trattava di un gruppoin cui ogni membroavevadelle partidi ri-
Raro S6ckhause, de 11952 e 1953, 0 comeil lievo - che assomigliavanoagli assolo del jazz, per quanto fosseroscritte
dopola
pouradue
tunesvisita pianos 9 56) di Pierre Boulez — composto due anni
sua Buenos Aires — l'affermazione appare quatomenoi ngenva. Ma nei minimi dettagli. Quella concezione,in realtà, mostrava qualche analo-
speravad i gran lunga gia con il mododi suonaredelsestetto di Julio De Caro del 1926 e con il
è anche vero che,in effetti, quellivello di difficoltà gruppo in cui erano confluitiil violinista ed Elvino Vardaro, Los Virtuosos.
fino ad allora, el orizzon-
quello di qualsiasi altro pezzoscritto per il tango Mail toccofinale, dato da quel senso di urgenza che trasmetteva la musi-
vasto rispetto al suoi
te estetico di Piazzolla, per quanto” otevolmente più ca e dall’impressione di un’esecuzioneal limite delle possibilità tecniche(il
i
hi, era quello del tango.
: la? anche , seppur . cornbn tono
t o n un po’ la-
un:pe corrispettivo estetico della «vita spericolata» dei neri americanie dell’«im-
ni a 1
Il bandoneonista nel testo parla
3 nonostanie tutto,i una del \erigliori virtù tù didi rale
ta pegnocivile» degli esistenzialisti francesi), deriva dal jazz. E verrebbe da
mentoso, diì quella che è, pensare che sia tornato al jazz, se si considera che quella musica veniva
lesi enza dgontenimento.
ivi: l'esig «pept tener eil ieo
diffic ile
gruppo e deisu i ccessivi:
o ci sono voluti due annie resta ancora molto da suonata soprattutto per il pubblico di quel genere e in luoghi dove Piaz-
equilibrio sonoro dell’ Octet
a qualcosa in più su zolla condivideva il palcoscenico con EnriqueVillegas, detto «Mono», os-
scoprire», spiegava. «In ogni arrangiamento si impar *
È

[ 144 ] [ 145]
sia scimmione, coni fratelli Rubén e Leandro
«Gato» Barbieri e con Ser-
se deljazz piano man, 1 cut
gio Mihanovich, una stran a versione bonaeren
Hall, Art Farmer, Bill Evans e
brani finirono poiper esser e suonati da Jim
Stan Getz.

A parte l’Octeto, Piazzolla lavora con un’orchestra di strumenti a corda per


Radio El Mundo,conla qualesi procurai soldi che il suo gruppo nongliga-
rantiscee nella quale, peraltro,si notanoechi delle sue meditazioniparigine.
Astor stesso racconta che agli inizi del 1955 e a partire dalle parole della
Boulanger avevascritto un’infinità di nuovi tanghi, che aveva registrato ac-
compagnato da un pianoforte e dagli archi dell’OpéradiParigi. Il progetto,
favorito dalla mediazione di Yves Baquet, un manager delle Éditions Uni-
verselles che Piazzolla aveva contattato su indicazione di Eduardo Parula -
il rappresentante del marchio a Buenos Aires — si tradusse in unaserie didi-
schi, a 45 € a 33 giri, perle etichette Festival, Vogue e Barclay, per un totale
di otto pezzi.* Poi, pubblicò alcune registrazioni per la TK e la Ode6n a Bue-
nos Aires e per la Antar/Telefunken a Montevideo,con brani propri (oltre a
«Lo que vendrà», una nuovaversione di «Marrén y azul») e altrui («Van-
guardista» di Bragato e «Negracha»di Pugliese, fra gli altri). Quel periodo
culminacon duedischi, cheriflettono entrambila formazione francese (cor-
de, piano e bandoneon). Uno, di media durata (era un vinile dadieci polli-
ci), uscì a Montevideo; secondo alcune fonti venneregistrato in Uruguay in-
siemeagli strumenti a corda dell'Orchestra Sinfonica del s.0.D.R.E.,”e si in-
titolò Lo que vendrà.'° Oltre alla stessa orchestrazione del pezzo omonimo
registrata da Piazzolla a Buenos Aires un anno prima,vi compariva, accan-
£
[ 147 ]

L
[ 146]
to ad altri tanghi («Miedo» di Vardaro, Oscar Arona e Francisco Garcia la ralidad» come una gida: riuscire a fr stare nei tre minu ;di un tango
Jiménez, «Sensiblero» e «Noche de amor» di Fernando Franco e Luis Ru- quela specie di affres coquasi sinfoni co- quantomeno nella fyma espres-
binstein, «La cachila» di Arolas, e, con la voce di Jorge Sobral, «La tarde del sivavagamente ampo]]ga — degno di ynargentino appenato ,,pto da Pari-
adiés» di Francisco Lépez e Roberto Lambertucci e «Yo soy el negro» di gi. Vi si scorge infatti un tonoa tratti magniloquente che, più che alla musi-
Piazzolla e Carlos Gorostiza), la primaincisionedi «Tres minutos con la rea- ca classica, va ricollegato ancora unavoltaalla lettura della musica classica
lidad». L'altro disco venne registrato a Buenos Aires conil titolo Tango en diffusa da Hollywood — e ai suoieccessi — chesiripresent rà ogniqualvolta
Hi-Fi," e anche lì compare quest’ultimo brano. La qualità timbricaè la stes- Piazzolla si cimenterà — o avrà la possibilità dilavorare _ con formazioni
sa delle registrazioni francesi, anche se la versione incisa a Montevideo in- estese e che invece andrà scemando quando,a partire dall’Octeto, comin-
clude le percussioni, in particolare uno xilofono — in «Tres minutos con la cerà a misurarsi con gruppi dalle dimensioniridotte. È con questi comples-
realidad» — che accentua ancora di più la somiglianzatra il ponte che con- si più circoscritti, magarisorti anche a causa dell’impossibilità di assicurar-
duce al temaliricoe il Bart6k di Musica per archi, percussionee celesta. La si una certa rendita con orchestre più numerose,e in particolare con l’es-
formae il trattamento ritmico, invece, si discostano notevolmente da tutto senziale Quinteto formato nel 1960, che emergeil Piazzolla migliore, quel-
quello che Piazzolla aveva fatto fino a quel momentonell’ambito della mu- lo che trova finalmente una traduzione possibile della grande lezione della
sica popolare. Si trattava anzi del tentativo di inserire in quella cornice Boulanger.
(un’orchestra di tango stilizzata, con strumenti a corda, bandoneone pia- Nelle registrazioni parigine, malgrado l’aspetto formale, assai legato al
noforte concertanti) un contenutoclassico (i suoi esercizi di composizione tango tradizionale (forse per ragioni commerciali), si notano già elementidi
del periodo con Ginastera). «Tres minutos con la realidad» è una specie di novità, a cominciare da brani come «Nonino» e «Bandé»che, pur con ar-
Rbapsody in Blue in miniatura e passata peril filtro di Bart6k (soprattutto rangiamentidiversi, avrebbero continuatoa far parte del suo repertorio po-
nella prima parte e nel citato ponte), più che un pezzo popolare.Il titolo ren- steriore. Il dato più importante è però rappresentato dapiccoli tratti distin-
de esplicita la tensione tra la realtà — l’attualità — e il tango. Tale tensione tivi, sintetizzati in un impulso ritmico fuori dal comunee in un vero talento
sembra rappresentata innanzitutto dai ritmi additivi dell’attacco, dall’asso- per il controcanto, che comparivano già in brani come «Villeguita» o altri
lo bartokiano del pianoforte di Jaime Gosis e dalla scala ottofonica cheri- che pure continuerannoa far parte del repertorio piazzolliano, ad esempio
corda Stravinskij o la prima Sonata para piano di Ginastera — espedienti or- «Triunfal» e «Preparense», l’unico pezzo della fase precedente a figurare
mai antiquati nell’universo della composizione classica, ma estremamente nelle registrazioni di questo periodo. Tango en Hi-Fi, però, era un’altra co-
innovativi nel contesto scelto da Piazzolla — che dovevano alludere alla sa. Nel secondobrano, «Melancélico Buenos Aires», compare, sovrapposto
realtà sulla quale incombevail presente. Un gesto, un battito che, con qual- a unaspeciedi rielaborazione del motivo di «Nonino», l’uso di colpi d’arco
che variante — i ritmisi faranno più prevedibili e regolari nell’arco della sua sulle corde e una percussione non tradizionale adattata sulla base di alcuni
carriera — ritorneranno ogni volta che Piazzolla vorrà rappresentare musi- procedimentiintrodotti da Bart6ke dalle scuole classiche del dopoguerra. Si
calmentela città, adottata comesoggetto,e che finiranno peressereidentifi- sente anche, nella variazione del bandoneon che riprende la prima parte,
cati con Buenos Aires ancheda partedialtri, perfino dei suoi detrattori. una melodia estremamentespigolosa peril contesto del tango. Inoltre, come
Se a un’estremità deltitolo c’era questa «realtà», all’altra si facevariferi- già succedeva in «Tres minutos con la realidad», risalta un altro elemento
mento ai tre minuti che costituivano la durata abituale di un tango, dettata che rico rrerà in tuta la produzione di Piazzolla: una struttura impostata su
dai 78 giri di ognilatodi un disco(e poi da quelli di un disco semplice a 33 duesezi oni contrastanti, dovela ricerca di modernità e perfino gli ammicchi
giri, su ognilato del quale veniva inciso un solo brano) e dai canonidelle a un certo sperimentalismo si trovano semprenella prima, mentrela secon-
trasmissioni radiofoniche. La contraddizione fra tango e modernità era san- da, ben più convenzionale, si muovenel solco della musica per il cinemade-
cita daltitolo stesso dell’album:lì, uno dei due poli della contrapposizione gli anni Quaranta e Cinquanta o del tangostilizzato alla maniera di Hol-
era il termine Hi-Fi, che indicava il presente tecnologico e rappresentava la lywood. In tale suddivisione, ad ogni modo,si riscontra una notevole ana-
porta di accesso al futuro (senza dimenticare che quelli furono i primi due logiastilistica con l’opera dim ariam Mores, che è statoforse;] composito-
lp a 33 giri della sua carriera, con otto braniin un casoe diecinell’altro). Si re di tango più gershwiniam, oltrea essereil principale bers,glio di Piaz-
potrebbe ancheipotizzare che Piazzolla avesse concepito «Tres minutos con zolla ogniqualvolta doveva hd icare n modello da nonseguig,
e

Di
[148] [ 149]
Oltre ai due braniiniziali — e iniziatici — e a «Tango del Angel», il disco Tuttavia, il critico si dimostra poco lungimirante e si domanda «se abbia
comprende una nuovaregistrazione di «Preparense» (con la stessa orche- senso» sperimentare «vie che portanoalla frantumazionedella nostra musi-
strazione della versione parigina, anche se il contrabbasso è suonato con ca, senza alcunrisultato degnodistima» per quanto riguardail tango, «e al-
l’arco e conil classico portamento da milongapiazzolliano, al postodelpiz- trettanto discutibile nell’ambito della musica» (anche qui, per inciso, emer-
zicato che raddoppiavai bassi del pianoforte nella registrazione francese), geva l’opposizionefra tango e musica). Di «Tres minutosconla realidad»si
una composizione di Osvaldo Tarantino —- «Delbajo fondo», il cui attacco dice che è un «tango hot», che «per definizione nonè néjazz né tango», che
sembra opera di Piazzolla — «Loca bohemia», «La cumparsita», «Inspira- stufa con tutte quelle «infiorettature» del bandoneone seffve solo a Gosis per
ci6n»e due tanghicantati da Jorge Sobral, «SiempreParis», dei fratelli Ho- mettersi in mostra con «un caos vagamente spropositato». Per finire, Qué
meroe Virgilio Expésito, e «Fuimos», di Manzie José Dames, che Piazzolla sferra il suo sermonepaternalista. «Forse è giunto il momento di ammonire
avrebbe inciso di nuovo nel 1962 insieme a Roberto Yanés. Altre peculiarità l'illustre compositoree direttore. I suoi tanghi appartengonoalla sfera del-
evidenti nel disco sono, da un lato, una maggiore sobrietà e un lavoro sui l’informe. E l’informe è la negazione dell’arte». Per quanto venissero ap-
propri pezzi meno effettistico di quello impressoai brani altrui — come se in prezzati tanghi come «Preparense» o la versione di «Flores negras» di De
questi ultim; pjazzolla avesse sentito il bisogno di dare un maggiorerilievo Caro, «Tres minutos conla realidad» sembrava soltanto «l’eco di una bol-
agli elementi che riteneva lo distinguesserodagli altri —e una singolare prag- gia qualsiasi, come quella che si sente alla stazione Once de Septiembre
maticità, quasi alla manieradiEllington,nel valorizzarele virtù dei suoi mu- quandoarriva un treno pienodi giapponesio quella cheil sabatosera si crea
sicisti e nel dissimularnei limiti. L’assolo del pianoforte, in «Tres minutos nella pizzeria Las Cuartetas». Quel Piazzolla, alle orecchie di Qué, suonava
conla realidad», è pensato per Jaime Gosis (che suonòin queste registrazio- come «un gravepericolo».*
ni e fece parte della prima formazionedel Quinteto), e di fatto, conaltri pia-
nisti, Piazzolla smisedi far eseguireil motivofinché non diedevita al Sexte-
toin cui figurava Gerardo Gandini, un altro strumentista che riteneva in gra-
do di interpretare«in stile» passaggidi quel tipo.
È opinionediffusa che l’Octetofossestato del tutto ignorato dalla critica
eche il Piazzolla «orchestrale» fosse stato oggetto di una considerazione più
favorevole. Ma c’è anchechiritiene chei due progetti fosserole facce di una
stessa medaglia, alle quali bisognava guardare con lo stesso scetticismo. In
tal senso, è interessante leggere una recensionedel settimanale Qué, unari-
vista di opinionelegata al frondizismo — il movimento antiperonista che fa-
ceva capo ad Arturo Frondizi — nella quale si profilavanoalcuni elementiche
in seguito avrebberocaratterizzato pubblicazioni come Primera Plana, And-
lisis, Panorama ed Extra. I canonidella rivista andavano per la maggiore e
possono essere considerati una preziosa testimonianza dei gusti di un certo
settore legato alla cultura dell’epoca. Agliinizi di ottobre del 1956, Piazzol- * Le reazioniche suscitava l’opera di Piazzolla possonoessere in parte attribuite al suo modo
la si era riproposto con l'orchestra di strumenti a corda. «Il tangosotto for- di essere e al suocaratterelitigioso. Di fatto, le novità introdotte daaltri «riformatori»del tan-
madi assemblea?», si domandavala rivista associando il bandoneonista al- go di quel periodo, come Horacio Salgan, o da Waldo de los Rios e Ariel Ramirez nel campo
del cosiddetto folklore, erano accolte in modo entusiasta. Del resto, il rapporto del bando-
l’ondatadi scioperie conflitti sindacali che stava investendoil paese. I servi- neonista coni suoipari, e perfino coni suoi amici, è sempre stato conflittuale. Speratti, nel
zi che uscivano su Quéin genere non eranofirmati, main questo caso l’ano- 1968, lo interpellerà riguardo al legameche instaurava con loro. «Chiti conosce dice cheusi
nimato era dovutoalprincipio di autorità: a «pronunciarsi»erala rivista di gli altri», lo punzecchiava. E la risposta del bandoneonista, in effetti, non lascia spazio ad al-
cun dubbio. Nominadiversi individui che considerava amicie dice: «Persone di fiducia, sulle
Rogelio Frigerio,il braccio destro di Frondizi. Sul numerodel 16 ottobresi quali posso contare. Lo dico perché gli amici per me sono coloro che sonoin gradodiesporsi
riconosceva che il bandoneonista era tra coloro che si eranoassunti <il lo- per te in qualunque momento... Un altro buon amico è Victor Oliveros, che è anche un mio
devole compito diarricchire il tango, affrontandolo con sapiente talento». ammiratore sfegatato».
&

[ 150] [151]
de-]Ti-

se di Piazzolla. La cosa certa è che Dizzy e Astor l@arono immediatamente


Avevano in comunecerti dettagli biografici: un esordioin senoalla tradi.
zione, sottol’egida di un personaggio celebre, e il bisognodi cercare nuov:
orizzonti. Queste,le analogie. Il tango aveva però uno zoccolo duro Dro
damente conservatore che non è maistato l’approccio predominante nel
jazz. Piazzolla cercò di evangelizzarlo tramitepochi disc epoli—a volterestij
Gillespie, invece, malgrado -il suo protagonismo, faceva parte di un movi.
mento generazionale che apprezzava, al di sopradi tutto, la «novità». Lo
studioso e saggista americano Ira Gitler'* ricostruisce, a partire dalle di.
chiarazioni di numerosi protagonisti e testimoni, quel momento cruciale
caratterizzato da una sensibilità che si discostava nettamente da quella del.
la Buenos Aires post-peronista. «I giovani musicisti neri, stufi della ripetiti-
vità deiriff dettati dagli arrangiamentie della mancanzadispazi per gli as-
solo nelle grandi band, cominciarono a dare forma a una nuova musica che
non potesse essere appannaggio esclusivo deileader bianchi». Unodegliin-
tervistati, il sassofonista Jimmy Heath, ha affermato che a quel tempo si
sentivano «costretti» come «i piedi fasciati delle bambine nell’antica Cina».
Il bop nonfu solo un attodi volontà, era anchefrutto delle improvvisazioni
ormairituali che si prolungavano per ore e ore dopoil «lavoro». Per questi
musicisti, la jam session era «unostile di vita», nella definizione di Dexter
Dizzy Gillespie non ebbe un’impressione altrettanto apocalittica. Era stato Gordon,oltre che il campoin cui mettere a punto «nuove sperimentazioni».
a Buenos Aires nelluglio del 1956. Il sindacato dei musicisti tentò di ostaco- Quest’onda di espansione si propagavain diverse parti degli Stati Uniti, ma
lare la sua esibizione adducendoche portavavia dei posti di lavoro. Non fu trovò la sua forma pressochédefinitiva in locali di Harlem comeil Minton’s
l’unica difficoltà per il visitatore. Per un breve e spettrale momento,il Sud e il Monroe’ Uptown House e poi sulla Cinquantaduesima Strada. Per
del continentesi trasformò in una propaggine locale del Sud razzista statu- quantola rivista Life l'avesse screditato e un presentatore televisivo, Ted
nitense. «I’amministrazione di un noto hotel del centro», riportava con un Steele, chiedesse a gran vocedi proibirlo perchéistigava i giovanialla «de-
certo stupore la rivista Qué,si rifiutò di dare alloggio al suo complesso generazione», per molti il bop ebbela forza di unarivelazione. «Oh, man,
quando vennea sapere che «nelle suefile figuravano per la maggior parte that's it», dicevano tutti in coro secondo il sassofonista Budd Johnson.
uominidi colore». A parte l’eufemismo cromatico,il settimanale dedicò un «Quandoho sentito Charlie [Parker] e Dizzy insieme non mi sembravave-
paginonealla visita del trombettista, sottolineando le «concessioni» che fa- ro», ha detto Red Callender. «Quello sì» che era sinonimodi cambiamento,
ceva «al tradizionalismo» malgrado la sua propensione a cambiare «conti- secondo Max Roach. «Non facevamoche pensaretutti al nuovo stile, cer-
nuamente tonalità» durante le improvvisazioni. cando di abituarci a suonarlo», ha commentato da parte sua Oscar Pet-
Malvicino ricorda ancora lo straordinario impatto che ebbesulla sua ge- tiford. A Mulligan, poco più giovane di Gillespie, è venuta in mente l’im-
nerazioneil concerto di Gillespie al Bop Club Argentino. Senza contare che magine di una mappasu cuierastata tracciata una linea di demarcazione in-
il trombettista aveva suonato insiemeall’orchestra di Fresedo. Dizzy aveva valicabile. Da un lato c’era la musica «considerata come unideale». E dal-
solo quattro annipiù di Astor e si racconta che quando andòa sentirlo ne- l’altro, la musicada lui definita «ordinaria».
gli studi di Radio El Mundone rimasecosì colpito che abbracciò il bando- Il tango, proprio comelefasciature ai piedi delle dame cinesi, stava stret-
neonista in preda all’emozione. Altri assicurano chesi sia trattato di una to anchea Piazzolla, che associavaalle orchestre tipiche, al loro mondo — e
semplice stretta di mano, anchese quella di Gillespie era la stessa che, qual- alla rappresentazione di quel mondo — lo spirito di «un corteo funebre, un
che decennio prima, per poco nonaccoltellava Calloway, l’idolo newyorke- ritrovo di gente addolorata»! A pochi decenni dalla sua formazione allu-

[152] [153]
vionale, il tango aveva creato un mito sul mito di se stesso. Al contrariodi pre avulsa dalla realtà storica. Cosa significava «ballare» tango nellacittà in
quantoaccadeva negli Stati Uniti — probabilmente anche per l’entità del cui l’Octeto tentavadi spiccare il volo? A BuenosAires era già arrivato Elvis
mercato — i margini di espansione dello spettro generazionale erano at Presley. «Rock, un intruso nella famiglia del jazz», titolava Qué attribuendo
quantoridotti alla fine degli anni Cinquanta. La concezione del mondoche il seguito che il nuovo genere riscontrava alla mancanza di «senso critico»
era alla base del tangosi reggeva su fragili accordi lavorativi piuttosto che degli ascoltatori, che non eranoin gradodi «distinguere ciò che era genuino
su un’esperienza vitale (da casa al cabaret e dal cabaret a casa), il che mina- da ciò cheeraartificiale». Le ragioni del declino della milonga, ovviamente,
va la sua stessa capacità di rigenerarsi. Quanti eranoi giovani che volevano non possonoessere ricondotte solo all’«invasione stranieta». Era già sul via-
suonare tango nel 1957? In quanti presero per buonoil racconto dei loro le del tramonto ancor primadella fine del peronismo. Nel 1940,il tango era
immediati predecessori? Molti di questi, forse, finirono per convincersi che il ballo di massa per eccellenza: lo si trovava nei circoli ricreativi e nei club
la matrice ottocentesca da postribolo li avrebbe obbligati a condurre unavi- sportivi, nelle sale da ballo e da tè, nei cabaret e nelle case private. Basta pas-
ta sempreal chiuso. Non c’era penicillina che tenesse per curare la paura del sare in rassegnai quotidiani di quegli anni per rendersi conto del ruolo ege-
«contagio». mone che assumevanelcircuito dell’intrattenimento. A carnevale del 1946,
Perfino nell’ambito del cosiddetto folkloreil dibattito era stato avviato il giornale E/ Mundo conteneva trentasei pagine di annunci pubblicitari.
senza raggiungerei livelli di insidia e provocazionedel tango. Ariel Ramîrez Nonc'erano solo spettacoli di tango, ma anche orchestre di jazz. AI Club
insisteva sull’esigenza di salvare il genere dalla pura «intuizione» e dalla Royal, al numero 700 di Calle Helguera, il «Carnevale con consumazione
«totale mancanza di interesse armonico e contrappuntistico».'' Ramirez, un gratuita» non proponeva musicisti dal vivo ma «le miglioriregistrazioni» di
sostenitore di Frondizi, usava parole simili a quelle del bandoneonista, ma Troilo, Di Sarli e Pugliese. Erano tempiin cui ogni orchestra vantava schiere
in un contesto menointransigente. Riteneva che parecchia gentesi sbaglias- di «tifosi» che seguivanoi propriidoli fin nei quartieri più isolati della capi-
se a pensare che «quantopiù incolto fosse il compositore, tanto più purosa- tale. Un’epocain cui nonerala stessa cosa ballare con DiSarli, Pugliese, Fre-
rebbestatoil prodotto». Per il futuro autore della Misacriolla,il folklore era sedo o Troilo, né tantomenoin locali come l’Atlanta o il Chantecler o il Ma-
unafontea cuiattingere per procurarsiritmi, formee «l’essenza delsuo spi- rabi. Sottili differenze che configuravano unavera e propria tassonomia dei
rito». AI resto provvedevano i compositori, «a seconda della ricchezza del ballerini, i quali adottavanocriteri per nulla evidenti agli occhi dei profani.
linguaggio personale di ciascuno». Al momentodi identificare un modello, Nel 1952, l’anno della morte di Evita, le pubblicità dei balli di carnevale su
Ramîrezsi ritrovava in Bart6k perché «non ha maiinserito nella sua musica EI Mundosi riduconoa cinque pagine. Erano ancora parecchie, ma nel cor-
il violino primitivo e stonato del suonatore zigano, mail suo spirito». In so dell’anno gli annunci diminuiscono in modo sintomatico. L’ «alluvione
realtà, su questo c’era una certa confusione, giacché Bartékneisuoi scritti zoologica» aveva determinato anche un terremoto coreografico d’altro tipo.
dissertava proprio sulla differenza tra «l’autenticità ungherese»e l'essenza I balli da sobborgo avevano cambiato ambientazione e la loro colonna so-
zigana ridotta a una pittoresca immagine da cartolina. La via del rinnova- nora non era più quella delle sale da ballo clandestine, ma era formata dalle
mento nell’ambito del folklore era già stata imboccata anni prima da «La zambas, dalle chacareras e dai chamanés dei «cabecitas negras» ."° Il grande
oncena», il brano di Eduardo Lagos, e sarebbe stata percorsa in lungo e in successo discografico degli anni del peronismo nonfu un tango,del resto, ma
largo dal primo Waldo delos Rios, definito da Qué, nel gennaio del 1957, «Elrancho ’ela Cambicha», un branofolkloristico inciso da Antonio Tormo
comeunartista «in gradodi sottoporre a una profondarevisione i vecchi nel 1950, che vendette cinque milioni di copie in un anno.
modelli considerati definitivi» e che, pur senza trascurare il «contenuto pre- A ottobre del 1956, nella sola Buenos Aires,il tasso di disoccupazione dei
gnante»deitesti del repertorio popolare, «cercava di valorizzarne l'essenza musicisti si attestava, secondole stime del sindacatodicategoria,sul settan-
più intima e di arricchirla con nuovi apporti armonicie ritmici, al fine di ta per cento. La chiusura di altre importanti sale da ballo - La Enramada,
rafforzare il genere e rompere definitivamente con un localismo limitativo e Palermo Palace — aveva lasciato senza lavoro circa trecento musicisti. In pro-
deleterio». Ma a questi tentativi non venne mairiservato unrifiuto così net- posito, la rivista Qué commentava:
to come quello che venneinflitto a Piazzolla.
Il riferimento al «ballo»è unaltro cliché abitualmente usato per decreta- Se a questosi aggiungechele sale ricreative cominciano a rimpiazzare le orche-
re la mancata appartenenzadi Piazzolla al tango. La questionerisulta sem- stre con registrazionisu disco in virtù del rincaro che subisconole loroattività
t
[154] [155]

du
glii nterprét©0 minciné studiare e che studino seriamente».'* Per Piazzol-
sono soggetti a imposte
commerciali... che i balli organizzati dai club privati la, 1 ‘’essenzale! tango AV2 nel ritmo e non «nel sottofondo del bandoneon
che si parla già della chiusura
che superanoil quaranta per cento del ricavato e
i di ordine morale , il panorama non po- che è un mero elemento ornamentale». Andava preservato, ma anche a
di luoghisimilia quellicitati per ragion
trebbe essere meno rassic urante . chito con «i nuovi apporti della musica contemporanea, dei quali peraltro
non bisogna aver paura», bensì «conoscerli e saperli impiegare».
Humberto Costantini, nel racconto lungo Hablenme de Funes," descrive Il bandonconista, ancora una volta, offriva il destro all’antipatia nei suoi
unasituazione che potrebbe rispecchiare quella di parecchi musicisti di tan- confronti, con il suo disprezzo.per i ballerini e con l’espticitazione di un ca-
go. Juan Paladino, unodei narratori, dice: «Dodici anni a penare, ad anda- nonein cuil'ascolto occupava un gradino superiore in terminievolutivi. Il
re in giro di quae di là, a suonare solo in qualche bar, in qualche club, in tema della ballabilità del tango nascondeva senz’altro questioni diverse
qualche discoteca, a fare lavoretti saltuari per qualche complessino,e sone Ceranoaltre orchestre che suonavano pezzi che non si ballavano e, come ri-
deafissa di poter rimettere in sesto la mia vecchia orchestra; la ricorda la vec- corda il bandoneonista Rodolfo Mederos riguardo al periodo in cui faceva
chia orchestradi Juan Paladino, che aVeva avuto il suo momentodi splen- parte dell’orchestra di Pugliese, «quando entravanoin scenai cantanti, la
nel racconto, è un maggior parte delle persone smettevanodi ballare e ascoltavano». I I
dore al teatro EI Nacional o a Radio Splendid...» Funes,
tra. Sembra una sti che suonavanoinsiemea Piazzolla in quegli anni ricollegano la faccenda
artista in grado di trasformareil suono di un’intera orches
ente delle sa le da balloe viene chia- almeno per quel che concernele reazionidegli altri musicisti, a un problema
specie di Orfeo calato nel mondo decad
esa la contr addizi onefra arte e me- di ordine strettamente professionale. «Se lo stile di Piazzolla fosse arrivato a
mato «il musicista», un elemento chepal
imporsi», dice Federico, «la maggior parte dei musicisti di tango sarebbero
stiere cheil tango reale non avevarisolto.
anodiversefi- rimasti senza lavoro, perché non sapevano suonarequel tipo di musica. Era
Nell'ottobre del 1956, al Teatro Presidente Alvear si riuniv
emblemadel una musica molto difficile da leggere e molto difficile da assemblare nell’e-
gure del tango. A convocarleera stato Julio De Car®, Un tempo
musica che, secondo secuzione. Noi dovevamo provare tantissimo per riuscire a suonare come
gran rinnovamento,con l’intento di «valorizzare» una
neva De Caroera suonavamo». In gioco c’era anche una questione di competenza.
la rivista Qué, si trovava <a un crocevia». Ciò che propo
, Salgan, Francini Bisogna ammettere che Piazzolla, nei suoi nuovi arrangiamenti, aveva
formare un’orchestra di autorità — sotto la guida di Troilo
strume nti tradiz ionali, adottasse estremizzato i procedimenti di sovrapposizione e dissoluzione delle forme
e Pontier, fra gli altri — che, oltre a usare
attrar re ascolt atori diversi da tradizionali del genere. Tuttavia, non superò maiun certo limite né arrivò a
strumenti a fiato e percussioni in modo da
rinnegare del tutto le proprie origini. La «resistenza» che incontrava va at-
quelli consueti.
tribuita in parte all’ambito simbolico. La sua musica,in effetti, urtava chi
né con il pianoforteo il preferiva vedere nel tango una possibilità per configurare un’identità cri-
Ricordiamoci cheil tango non è nato con il bandoneon
a suo tempo questi venner o introdo tti con l’obiettivo di va- stallizzata nella nostalgia. E per quanto gli elementi di rottura inseriti da
violino, e così come
gliare nuovepossibil a INterprI etativeA, 0o gpi lo faccia
ità. mo con nuovi strumenti, 20) Piazzolla nonfossero cosìtanti né così radicali, era evidente che la sua mu-
. . E
. . aziealc
o entusia sta di profess ionisti argentini
che verranno aggiunti gî le al CONTFIDUL sicaera considerata unarottura sia dai seguaci che daidetrattori: gli unie gli
quest o hanno smesso
che per la maggior parte si dedicano al jazz, ma non per altri basavano la loro adesione o rifiuto proprio sulla soggettività di quel
di aver a cuore la nostra musica e intel dono darne prova.
punto di vista. E, a quanto si può dedurre dalle cronache dell’epoca e dai
di usarela chi- commenti del pubblicoaffiliato all’unao all’altra fazionetrala fine degli an-
De Caro, comunque, non contemplava certo la possibilità
al momen to della ni Cinquantae l’inizio dei Sessanta, in molti casi i giudizi non si basavano
tarra elettrica. Due nomibrillarono per la loro assenza
e a quella di De nemmenosull’ascolto. Ancora oggici sono appassionati di tango tradizio-
convocazione. Pugliese e Piazzolla, la foto del quale, insiem
hie: Astor era nale che non sanno spiegare cosa rifiutassero esattamente della musica di
Caro, accompagnaval’articolo, stabilendo involontarie gerarc
afica che lo im- Piazzolla. E succede spesso che gli ascoltatori di Radio de Tango di Buenos
più in alto, e guardava con aria di sfida la macchina fotogr
riteng o cheil tango non abbia biso- Aires, un’emittente espressamente dedicata al genere (la «2 x 4», nome che
mortalava. «Non ci sono andato perché e lino
|; come mu-
. ssere rivaluta dta.de
norf IN dec iuapne uCnduebe tipico del tango), parlino dell'argomento
gno di € aluta Lo, ma rinnovato... Il tango x
I come genere: la strada per riscattarlo dal ristBN0 IN cuii versa è che
: piaceva affatto, suppongo perché nonsi po-
sica, né 6
Fr

[ 156] [ 157]
teva ballare, ma adesso sì» o «nonso perché non mipiacesse, ma quando ho Proposero un nuovo canonedella letteratura argentina, nel quale la centralità
di Arlt veniva sancita definitivamente. Oscar Masotta scrive su Arlt alla luce
iniziato ad ascol tarlo mix piaciuto».
Il rifiuto che s USCItArQO lOcteto e l’orchestra di strumentia corda diret- delle teorie di Sartre e Merleau-Ponty. E nello scrivere, confessa, «mi sentivo un
po’ esotico»a intersecare «sistemi simbolici che avevano ben pocoa che vede-
ta da Piazzolla non puòessere interpretato a prescindere dal clima ideologi-
re gli uni congli altri».?°
co e culturale dell’epoca. La caduta del peronismo aveva portato l’Argenti-
na a rapportarsi al resto delmondo in mododiverso. E anche il mondo co-
minciòa essere guardato da un’altra prospettiva: con sospetto, con diffiden- Piazzolla, contornista senza saperlo, esotico senza pfoporselo, cercò di
za, ma ancheconinteresse, dettato dall’apertura di una finestra che era sem- stabilire gerarchie e classificazioni diverse all’interno di un genere impuro
pre rimasta chiusa e aveva ottenebrato il gusto. La cosiddetta RevoluciGnLi- che, in nomedella purezza, si levava in armiper difendersi dalla modernità
bertadora — ossia la fase che seguì al golpe del 16 settembre del 195 5 con cui arrivata da Parigi. Era sceso da una nave cometanti padri fondatori, ma ve-
venne deposto Perén, e che di fatto diede luogoa una dittatura militare che niva visto come un nuovotipo di immigrato: quello che voleva imporrela
durò fino al 1958 — aveva introdottoil paese nell’orbita dell’eMI e da quel propria lingua. La piccola contesa territoriale sul tango, in tal senso, sem-
«fuori» arrivava quindi, per gli sconfitti del ’5 5, l'imposizione di un nuovo brava «parlare», comela tragedia nazionale,il linguaggio paranoico della
ordinamentoe di investimenti stranieri. guerra fredda. Il 13 novembredel 1955, un altro scontro di palazzo toglie-
L'Argentina era un paese contraddittorio, sull’orlo dell’abisso, in cui si va il potere al generale Eduardo Lonardi. I cosiddetti liberali avevano scon-
percepiva, per quanto manifestata in modi diversi, una sensazione di falli- fitto i presunti nazionalisti. Al suo posto prendeva il comandounaltro ge-
mento. Come segnala Beatriz Sarlo nel prologo a La batalla de las ideas nerale, Pedro Eugenio Aramburu. Nelsuo primo messaggioal paese assicu-
(1943-1973), coloro chesi identificavano con la Revolucién Libertadora rava che le forze armate si erano sollevate contro un «regime nemicodella
vivevano «un momento che era al tempostessodi chiusura e inaugurazione tradizione», Intorno a Lonardi c'erano «gruppiinfluenti» che erano favore-
— comeerastato nel 1852 o perfino nel 1810». Non eranosolo le élite poli- voli a «un estremismototalitario». Quei nuclei avevano «cercato di farsi
tiche a cercare di imporrela loro supremazia. Anchela disputa in ambitoin- scudo della bandiera della nostrareligione cattolica per perseguire meglio i
tellettuale fu intensa. I radicali intransigenti, da parte loro, cominciavano a loro scopi». Secondo Aramburu, con «l'adesione conclamata alla Revolu-
prendere le distanze dalla Libertadora. Qué avrebbe fatto da portavoce a ciòn Libertadora» era stata messa in atto «un’insidiosa infiltrazione» nelle
quel movimento, che nonsi proponeva la «deperonizzazione» delle masse posizioni chiave del governo per «manipolarela volontà unanime del popo-
ma«la loro integrazione attraverso una nuova guidapolitica e ideologica». lo e delle forze armate».°* Nessunoera quello che sembrava. Pochi annipiù
Frondizie i suoisostenitori avrebberoassegnatoall’ingressodi capitali stra- tardi questa confusione sarebbe degenerata. John William Cooke,il delega-
nieri un ruolo determinante per fare dell'Argentina un paese più simileai to di Perén a BuenosAires, gli avrebbe mandato unalettera in cui assicura-
suoisogni di permanente grandezza. Sul versante opposto,la cosiddetta re- va che «i comunisti siamo noi» perché «non siamo una minaccia teorica, ma
sistenza peronista e la sinistra — soprattutto comunisti e trotzkisti, prima che concreta». Cooke, a sua volta, sarebbe stato considerato «trotzkista» dal
scoppiassela rivoluzione cubana — parlavano di infiltrazione stranierae dif- frondizismo. Se la politica metteva in scena la propria pagliacciata, ancheil
fidavano di ogni manifestazione culturale d’importazione — dal cinemasta- tango, nel dare prova della propria purezza,si dotava di simulacri. Malgra-
tunitense alla Coca-Cola, passando per la musica e persino peril noir, riva- doil suo decalogoe la volontà di rottura, Piazzolla cercava per l’Octeto una
sorta di «certificato di origine controllata» chelo legittimasse agli occhi al-
lutato solo negli anni Sessanta — che potesse nascondere al suo interno una
specie di conio di Troia «imperialista». trui. Fu OsvaldoPugliese ad avereil compitodi giudicare il complesso. Mal-
In questocontesto di bilanci, gli intellettuali che gravitavano attornoalla vicino ha ricordato che, dopo aver suonatoal cospetto dell’autore di «Ma-
rivista Contorno; inizialmente legati al frondizismo, operano una profonda landraca», imusicis ti avevanoatteso conansiail suo verdetto. E quando Pu-
analisi critica della «vicenda peronista» nel luglio del 1956. Quel mododi gliese avevadetto di sì, che quello che facevanoera tango, erano «tuttial set-
intervenire nel dibattito pubblico e ideologico, affermala Sarlo, avrebbese- timo ciel o». Il verdetto, tuttaviamonbast Ò a dissipare i dubbi d; guardiani
gnato i decennisuccessivi: dell'orto dossia. Piazzolla per log non era che un altro infiltrato.) siae
di sovvertire la tradizione. SEI

[158] [ 159]
«Eravamo otto e avevamoil diavolo in corpo, come avevadetto un com- zioni anonimedel popolo», esaltava — proprio comela Boulanger— l’espe-
mentatore», ha raccontato a suafiglia, senza sapere che l’avversione per le rienza diVilla-Lobos e di Carlos Chavez.?
influenze straniere e la disputa restaurazione-progresso avevano un prece- Nonapparteniamoa un paese neoindigeno o ispano-creolo, che debba espri-
dente faustiano oltre che musicale nella letteratura argentina: il quarto can- mersi musicalmente ricorrendo a forme indigene o provenienti dalla musica
to del po ema Sagos VegadRa fael Obligado.J] pr otagonista por tavoce dei ispanica o coloniale, comeil Messicoo il Cile, ma apparteniamo, da più di tre
presunti valoritr,gi zionali vie ne sconfitto inyna competizime d i payada— quarti di secolo, a un paese cosmopolita, che assorbe quel che gli è offerto dal-
ossia un? strofet., ; n rimaacc ompagnata dala c hitarra chei ga uchos im- la civiltà occidentale, in terminispirituali e materiali.
provvisavanonelle occago ni speciali — dal rivale «Juan sin Ropa», l’incar
nazione del diavolo nella, ampa, che porta nascoste sottoil ponciole peri Questo era quanto diceva dal «campo»dell’avanguardia musicale Juan
colose idee della moderni; e della scienza. Santos Vega rappresenta «la mu Carlos Paz, che già allora contestavail serialismo che, dai pulpiti della scuo-
la di Darmstadt, veniva eretto a giudice supremodel «progresso». Essendoil
sica indistinta che si sente sulle linee di confine», «la dolente chitarra che
suole farti piangere», «la chitarra melodiosa dei canti argentini». Il suo ri- principale teorico musicale argentino, Paz era l’unico nomechesi contrap-
vale, invece,si fa chiamare «forestiero». I due sonocoinvolti in un duelloal- poneva a quello di Ginastera, il grande punto diriferimento piazzolliano.
l’ultimo sangue. Satana suonaalla chitarra un «dolce accordo che incanta- L’autore di Dedalus, secondoil compositore e saggista Martin Liut,erail ti-
va» e poi, «modulando la voce», canta «tristes mai ascoltati» e «cielitos pico bonaerense che guardava con disprezzoalla vicende internedel suo pae-
sconosciuti» che «dispensavano l’ebbrezza dei sensi». Santos Vega viene se e si considerava a buondiritto cittadino del mondo.E dalla remota Bue-
sconfitto e, conlui, «tramonta un’era», mentre prende il sopravvento «l’Eu- nos Aires aveva affidato al marei suoi messaggiin bottiglia. Boulez, Ernst
ropa» della quale «Juan sin Ropaera senz'altrola scienza fatta persona».#* Krenek, René Leibowitz, Alois Hiba, Henry Cowell, George Perle, Edgard
Nel 1954, tra i tanti che riprendonoquella controversia, c'è Héctor Mure- Varèse e Luigi Dallapiccola sonosolo alcunidei tanti che furonoedotti sulla
na, conI! peccatooriginale dell'America. «Abitavamo in una terra fecon- sua esistenza. Insospettabile amante di Porgy and Bess («una delle poche
data dalloSpirito, che si chiama Europa; poi d’un tratto ne fummoespulsi, opereperle quali nutro un vero e immutato entusiasmo») e della musicadi
cademmoin unaterra diversa, terra allo stato grezzo, vuota di spirito, che Gershwin, non mostrò maialcuninteresse per ciò che faceva Piazzolla. Nel-
le sue memorie annotò gran parte degli avvenimenti culturali del suo tempo,
cominciammoa chiamare America»,” scrive. Per Murena,rispetto agli in-
tellettuali legati al peronismo, «noi» rappresentiamo l'Europa, c'è un am- con una ferrea vocazione mandarinesca. L’unico riferimento a Piazzolla è
bito del sapere che è «nostro», perciò, essendo «la stessa cosa», nonc’è co- evasivo e si può desumere dall’allusione a «tutta questa musica sofisticata,
lonizzazione possibile. Per Arturo Jauretche, in compenso,le élite illumina» mezza popolare e mezza colta — jazz metafisico, tango con innesti di Barték,
te sonodisinteressate alla realtà nazionale e pensanoalla luce delle idee del- Ravel, Stravinskij o di chiunquealtro possa concedere l’imprescindibilee so-
l’Impero. Era in esilio a Montevideo quando pubblicò Los profetas del fisticata licenza di cultura e modernità».?“
odio. «Ai nostriintellettuali importano solo i problemi esteri e quandoin-
tervengono suquelli nazionali lo fannodastranieri».* Poco tempo dopo,
un suo discepolo, Juan José Hernandez Arregui, avrebbe radicalizzato quel-
le posizioni in Imperialismo y cultura e in Nacionalismo y liberacibn. Se-
condoArregui, il colonialismo, oltre a incidere sull'economia, è un fenome-
no «mentale» che porta a inquadrare «la vita nazionale entro parametri eu-
ropei», presenta l’arretratezza come qualcosa di «atavico» e promuove la
«novità straniera» in virtù del suocarattere inimitabile. Il ceto medioè quel-
lo che «sopra ogni cosa desidera ammantarsi di queste categorie» perché
ambisce a essere europeo. Arregui provava a estenderele proprie teorie al-
l'ambito musicale. Convintochefosse «il folklore a caratterizzare la cultu-
ra nazionale» e che «le operedegliartistiillustri si alimentano delle crea-

[ 160 ] [161]
tarsi con il terreno della musica. Non ballavano più - o lo facevanoin occa-
sioni diverse — e si sentivano più a loro agio in luoghi da ascolto che nelle
grandi sale da ballo e nei club di quartiere. Una certa musicae i piaceri che
ne derivavano, negli anni Cinquantae all’inizio del decennio successivo, co-
minciavano ad averea chefare conla sofisticatezza, l'esclusività e fto la
segretezza. Erano troppo giovaniperil tango degli anni Quaranta, troppo
vecchi per il rock°n°roll e troppo «fini» pergli idoli pépolari. Quello erail
pubblico di Piazzolla. FE non solo, Erail pubblico che ricorreva a Piazzolla
per dotarsi di una bandierae sventolarla nelle discussioniconi più vecchie
in un secondo momento,ancheconi più giovani.
È comprensibile che Piazzolla, formatosi esteticamente a New York —
benché da una posizione marginale — rifiutasse un ambiente chiuso come
quello, che declamavala propria rappresentatività con quell’impostazione
da recita scolastica tanto diffusa neifilm dell’epoca. Ed è comprensibile che
i musicisti di tango si sentissero minacciati da quel bandoneonista cheli
guardava sempre un po’ dall’alto in basso, chescriveva cose che loro nonsa-
pevano suonaree che nonla smettevadi dire a gran voce quantofossero me-
diocrie privi di orizzonti. Il resto, la magniloquenzadegliuni e deglialtri, le
invocazionialla patria e l’equiparazionedel dissenso a una formadialto tra-
dimento, va imputato alle modalità consuete di un paese(e di unacittà) do-
In una città come la Buenos Aires di allora, che era teatro di imminentidi- ve nessunosi stupiva che un personaggio come quello interpretato da Julio
sfatte politiche e di esperienze che emergevano dalla variegata — e disgrega- Sosa nel film Buenas noches, Buenos Aires diretto da Hugo del Carril nel
ta — scena culturale, l’universo del tango, sempre più incline al provinciali- 1963, davantia dei ragazzi che ballavanoil twist, concludessela frase «seil
smo, era avvezzo a cercare le cause dei propri mali altrove. Se neitesti era presidente fossiio, tutti questi...» con un gesto ambiguo della mano destra
semprel’altro (o meglio, l’altra) ad andarsene e c’era ben pocospazio per che poteva benissimosignificare «li mettereitutti in galera» o alludere a me-
l’autocritica (mentre ce n’era sempre per le lamentele), i musicisti e il pub- todi più crudeli di repressione politica che con gli anni sarebberostati al-
blico ricorsero a un immaginario analogoper spiegare qualcosadi naturale l'ordine del giorno. Era un paesenel quale un gruppo formato damilitari e
comeil fatto che fosse semplicemente passato di moda. In un’epocanella civili aveva appena bombardato il centro della capitale e nel qualela rivolta
qualele differenze culturali tra generazioni erano molto spiccate, in cui non successiva, chiamata da quello stesso gruppo Revolucién Libertadora. ave-
solo padrie figli ma fratelli maggiori e minori non ascoltavanola stessa mu- va sancitoil divieto di pronunciare il nomedi Perén e aveva dato luogo 7 una
sica, veneravanodiversiartisti del cinema, della radio o della televisionee se- giunta chesostenevadiessersi insediata perfarla finita con l’«olocausto»ei
guivano modelli di condotta sociale a volte perfino opposti,il tango era re- «campi di concentramento». Lo stesso paesein cui,dilì a poco, duefazio-
legato al contesto di coloro che lo ballavano ancora e dei vecchi ammiratori nidell’esercito che si erano autonominate «rossi» e «blu»si sarebbero scon-
di certe orchestree di cantanti dalla carriera ormai consolidata. I giovaniche trate pensando di combattere una guerra civile inesistente e nel quale l’in-
avevanofra i venti e i trentacinqueannialla fine degli anni Cinquanta, che tolleranza era abbastanza radicata nella quotidianità da consentire all’uru-
avevanoscoperto il cinema europeo, d’autore, cheall’epocainiziava ad ar- guayano Sosa — o al suo personaggio — digiustificare la propria reazione al-
rivare anche a Buenos Aires, che cominciavano a vestirsi come gli esisten- l’affronto del twist conil merofatto di essere «uncittadino per bene, un bo-
zialisti francesi o i beatnik californiani e conoscevano le nuove forme, arti- naerense dalla testa ai piedi».
stiche, del jazz, non si sentivano più rappresentati dalle vecchie orchestre e Se c'è un romanzoche descrive efficacementela città alla fine degli anni
dai cantanti di un tempoe, soprattutto, cercavano altri modi per confron- Cinquanta, è Dar la cara di David Vifias, pubblicato nel 1963 e ambienta-

[ 162 ]
[ 163]
to all’epocadell’ascesa al potere di Arturo Frondizi, nel 1958. Al suo inter- Note della quarta parte
no non compaionoquesti «cittadini per bene», magli individui del post-
peronismo. Versola fine, uno dei personaggistringe fra le braccia un disco r. Entrambi sonoinseriti in Piazzolla Completo. 1956-1957, Lantower (2009). Tango moder-
di Piazzolla (Tango en Hi-Fi, si direbbe dalla descrizione della copertina, n0 è stato poiriedito conil titolo Astor Piazzolla. Octeto Buenos Aires dalla Diapasén e anche
dal quotidiano Pagira/r2. Il repertorio dei due dischi dell’Octeto associa a tanghiclassici — al-
sulla quale si vedono «le mani del bandoneonista»). Vifias conclude Dar la cuni particolarmente datati, come «El'entrerriano» di Rosendo Mendizabal, uno dei pochi mu-
cara con unadescrizione toccante quanto profetica: «Nonerail centro del sicisti neri che il tango possa vantare— pezzi come «Loque vendra» di Piazzolla e composizio-
ni degli altri membri del gruppo. In Tango progresivo figurano,oltre gl brano piazzolliano, «La
mondo, maunacittà immensae cupa. E alla fine della strada, dietro a que- revancha» di Pedro Laurenz, «Tema otofial» di Francini, «Boedo» di De Caro e Dante Linye-
gli edifici tetri, si intravedevano dei bagliori. Buenos Aires di notte era un ra, «Mi refugio» di Juan Carlos Cobin e «Taconeando» di Maffia e José Horacio Staffolani.
bivacco. Poco più in là cominciavail campodibattaglia».** Tango moderno è compostodalcitato «El entrerriano», «Haydée» di Héctor Grané, «Los ma-
Piazzolla era uno di queibagliori nella notte. Il «suono» di questacittà, reados» di Cobifn e Cadicamo, «Neotango» di Federico e Manuel Flores, «El Marne»di Aro-
las, «Anoné»di Baralis, «Tangology» di Malvicino, «Arrabal» di José Pascual e «A fuego len-
che cercava «pericolosamente»di aprirsi un varco troppovicino all’orlo del to» di Salgan.
precipizio. 2. Francini-Pontier, Francini-Pontier. Grandes del tango 22, Lantower(2005).
3. Uscì perl’etichetta Tx,all’interno di un disco a 78 giri che comprendeva anche una versi one
di «Sensiblero»di Julin Plaza. Entrambii pezzi furonoincisi nuovamentecer l’album Lo gue
vendri, uscito a Montevideonel 1957. Le due versioni sono contenutenell raccolta Piazz olla
Completo. 1956-1957,cit.
4. Joachim Berendt, Das Jazzbuch: von New Orleans bis in die achtziger Jahre, a cura di
Giinther Huesmann, Kriger, Francoforte 1989.
5. Ted Gioia, The History ofJazz, Oxford University Press, New York 1998.
6. Carl Dahlhaus, Musikdsthetik, Gering, Colonia 1967 (L'estetica della musica, Astrolabio,
Roma 2009, traduzione di Riccardo Culeddu).
7. Eduard Hanslick, Vom Musikalisch-Schònen. Ein Beitrag zur Revision der Astbetik der
Tonkunst, R. Weigel, Lipsia 1854 (I! bello musicale, Aesthetica, Palermo 2007, traduzione di
Leonardo Distaso).
8.1 brani «Marrény azul», «Prepirense», «Imperia], e «S-V.P.», registrati per l'etichetta Fe_
stival, hanno comepianista Lalo Schifrin. Nelle incisioni successive, per la Vogue e per la Bar
clay, fu sostituito da Martial Sola], raccomandato dallo stesso Schifrin, a quanto racconta nel.
l’intervista con Pierre Lafargue riprodottanelle note di una delle edizioni discograficheesisten-
tisucde intitolata Tivo Argentinians in Paris (Sony-BMG, 2005). L'edizionedelle registrazioni
parigine del 1955 più facile da reperire in Argentina è quella che corrisponde al numero 18 del
la collezione Grandes del tango, pubblicata dall’etichetta Lantower nel 2006. Comprende an-
che trentuno dei trentadue pezziregistrati per la Odeén dall’Orquesta del ?46 e uno deidischi
a 78 giriincisi per la TK nel 1950, formato da «Chiqué»e «Triste».
9. Acronimodi Servicio Oficial de Radiodifusion del Estado Uruguayo, che ancora oggi pos
siede una radio che trasmette soltanto musica «classica». Secondo quanto racconta Horacio
Ferrer, fu lui a gestire le registrazioni realizzate da Piazzolla a Montevide,, dove vantava _ e
vanta tuttora — una piccola schiera di ammiratorisfegatati. È statoil musicologo urug!ayano
Coritin Aharonin a sostenere che l'orchestra fosse formata dagli strumenti a corda di quella
del s.0.,p.R.E, Secondol’eccellente discografia di Mitsumasa Saito, inclusa in Omar Garcia
Brunelli (a cura di), Estudios sobre la obra de Astor Piazzolla, Gourmet Musical, Buenos Aires
2008, almenoi solisti di ognifila — Elvino Vardaroal violino, José Bragatoal violoncello e Juan
Vasallo al contrabbasso — eranoargentini, così come Jaime Gosis, che suonava il pianoforte.
10. È contenutoin Piazzolla Completo. 1956-1957, cit. Esiste anche un’altra edizione, benché
sia una delle tante uscite conil titolo Adiés Noriro, e riconoscerla è quasi un'impresa. Il disco,
prodotto da una casa discografica chiamata Grafisoundper concessionedella p&D, contienei
seguenti brani: «Adiés Nonino» (si tratta della registrazione realizzata a Montevideo nel
1961), «La cachila», «Noche de amor», «Lo que vendri», «Triunfal» (anch'esso regi Strato nq
1961), «Miedo», «Sensiblero», «Tres minutos conla realidad», «Yo soy el negro», «Band6;

‘ [ 164 ] [165]
{che appartienealla serie di registrazioni parigine del 1955), «La tarde del adiés» e «Contra-
stes» (altro estratto delle incisioni di Parigi). Le tracce 2-4, 6-9 e 11 corrispondonoal disco Lo
que vendra di Montevideo. L'ordine originale dei brani è questo: 4, 6,9, 7, 8, 3, 11 e 2. Per po-
terlo distinguere è bene tenére a mente chesi tratta dell’unico disco di Piazzolla che contieneil
brano «Miedo»,
rr. Anche questo fa parte di Piazzolla Completo. 1956-1957, cit. Esiste anche un'edizione del»
l'etichetta D&D,intitolata Inspiracion e senza alcuna informazione supplementare. A far pen-
sare chesitratti dello stesso disco sonoi titoli dei brani che contiene.
12. Ira Gitler, Swing to Bop. An Oral History ofthe TransitioninJazz in the 19405, Oxford Uni-
versity Press, New York 1985. ;
r3. Tutte le dichiarazioni sono tratte dara Gitler, ivi.
14. Il commentoè tratto da un'intervisy 4; Guillermo Saavedra,uscita sul giornale uruguaya-
no EI Paîs a ottobre del 1988.
15. Qué, ottobre 1956.
16. L'espressione «alluvione zoologica» fu impiegata durante un dibattito parlamentare dal de-
putato antiperonista Ernesto Sammartino perriferirsi a una delle manifestazioni peroniste in
Plaza de Mayo. «Cabecitas negras», letteralmente «testoline nere», 0 «cabecitas» fu l'appellati-
vo concuicisiriferiva a chi aveva la pelle di un colore che indicava la sua origine indigena o me-
QUINTA PARTE: 1959-1967
ticcia e, per estensione, fu usato perriferirsi a tutti gli immigrati del nordeste del nordovest del-
l'Argentina e, più avanti, del Paraguay e della Bolivia.
17. Humberto Costantini, Hablenmze de Funes, Centro Editor de América Latina, Buenos Ai- (NEW YorK-BuENOS AIRES)
1983.
res
18. Roagrlt citazioni sonotratte dalla riviS!9 Qué, ottobre 1956.
ona 2001.
19. dI, Sarlo, La batalla de las ideas ("943-1973), Ariel, Barcell
20. Ivi.
militares, Editora/12, Buenos Ai-
21. Horacio Verbitsky (a cura di), Mediosiglo de proclamas
[és Rafael Obligado, Santos Vega, Colihue, Buenos Aires 1995.
22. Héctor A. Murena, El pecado original de América, Fondo de Cultura Econémica, Buenos
23-65 2006 (Il peccato originale dell’America, Irradiazioni, Roma 2007,traduzione di Leonar-
YCammarano).
24. Arturo Jauretche, Los profetas del odio, Pea Lillo, Buenos Aires 1967.
25. Juan José Hernindez Arregui, Nacioralismo y liberacion, Pena Lillo-Ediciones Continen-
te, Buenos Aires 2004. La prima edizione dellibro è del 1969, mavisi ritrova la linea di pen-
siero sviluppata nei testi del decennio precedente.
26. Juan Carlos Paz, Alturas, tensiones, ataques, intensidades, tomo 1, Edicionesde la Flor, Bue-
Aires 1977.
N°Citato da Horacio Verbitsky (a cura di), Medio siglode..., cit.
27» » n
2g David Viîias, Dar la cara, Jame ana, Buenos Aires 1963.

[166]
a
Nel 1958, Piazzolla era senz’altro una derivazione sonoradelleillusionidi
modernità incarnate dal frondizismo. Tuttavia, l’anno in cui Arturo Fron-
dizi assunse la guida del governo, il bandoneonistasi trovava già a New
York, la città dei suoi primi passi in campo musicale, dovesi era trasferito
con la moglie e i duefigli: Diana, di sedici anni, e Daniel, di quattordici.*
Aveva creduto chel’Octeto potesse scuotere uncircuito incancrenito come
quello di BuenosAires. Le sue aspettative eranostate frustrate, quindi ave-
va optato per unafugain avanti. Avevabisognodiunpretesto, e lo trovò in
un biglietto da visita che aveva conservato. Era di un certo George Greeley,
arrivato a Buenos Aires insieme ai Platters, un gruppo vocale americano
che godeva diun certo seguito. «Una sera era venuto a sentire l’Octeto,gli
era piaciuto e in camerino midisse di essere un alto dirigente del reparto
musicale della Metro Goldwyn Mayer (MGM). Milasciò il suo numerodi
telefono pregandomidi chiamarlo se mifossi maideciso ad andarea lavo-
rare negli Stati Uniti. Tra una cosae l’altra, saranno passatiall’incirca tre
anni». A parte il tempo, che cancella le parole o le altera, Piazzolla fece
troppo affidamento su quella chiacchierata informale riesumata dalla sua

* Piazzolla si era sposato con Dedé Wolff nel 1943; Diana nacque lo stesso anno e Daniel nel
1945.
#

[ 169 ]
La se

memoria quando s’imbatté nelbiglietto da visita. «Decisi di giocarmela».° giatura. La musica nel cinema è come un falso esperanto, dice Michel
Una volta scartato l’imperturbabile orizzonte dell’Accademia e ridimen- Chion.' Tutto può servire. Perfino le tecniche dodecafonichee l’atonalità li-
sionato il proposito di «rifondare»il tango, per Astorla possibilità di di- bera. La nascita dell’«eclettismo» si può rintracciare nel cue sheet, che era
ventare un musicista di Hollywo@d doveva significare qualcosa di più che una specie di prontuario sul quale si basavanoi pianisti per scegliere le mu-
un Semplicejavoro. siche di accompagnamento delle immagininei film muti. Era formato da
Intorno 4] cinemasi stava generando, a pochidecennidall’avventodelso- versioni ridotte delle partiture classiche, da usarsi a seconda delle circo-
noro, un genere musicale a sé. Privata di una sua funzione autonoma, utiliz- stanze: un inseguimento, una scena appassionata, mflinconica, drammati-
zata comesottofondoe relegata ad anello più debole di una vasta catenadi ca, spaventosa, esotica. Il cue sheet fu anche un primo cantiere in cui me-
significati, la musica che accompagnava le immagini, semprein lotta per tro- scolare «alto» e «basso». Si trattava di un catalogo transgenerico. E trans-
vare una propria specificità, finì per dotarsi di un’identità. Il cinema era un genico. Modificò geneticamenteil ruolo della musica. L’annoin cui Piaz-
bancodi prova, un canale che assorbivatutte le tecniche compositive in vo- zolla arriva negli Stati Uniti, esce nelle sale La donna che visse due volte,il
ga e permetteva di contemplare le strutture e le gradazioni più disparate,di terzo film di Alfred Hitchcock chesi avvale del contributo fondamentaledi
spaziare da un’orchestra sinfonica a un theremin. Piazzolla aveva già dato Bernard Herrmann, un compositoree direttore d’orchestra che avevagiàla-
provadi una certa abilità come compositore di musiche di scena. L’elenco sciato il segno in Quarto potere di Orson Welles, del 1941, e che nel 1960,
dei suoi contributi, almomentodella partenza, era considerevole: Cor los con Psyco, avrebbe ottenuto uno dei suoi maggiori successi. L'impiantote-
mismoscolores e Bélidos de acero di Carlos Torres Rios, del 1949 e del 1950 matico di Herrmannera formato da brani che spaziavano da Barték a De-
rispettivamente, Accadde a Buenos Aires di Enrique Cahen Salaberry, del bussy, dall’Ottocento al jazz. Nel vademecum di Piazzolla figuravano gli
1954, Los tallos amargos di FernandoAyala, del 1956, Marta Ferrari di Ju- stessi nomi propri. Era la provadefinitiva del fatto che Hollywood caldeg-
lio Saraceni, dello stesso anno, Continente blanco di Bernard Roland, Una giava migrazioni del genere.
viudadificil, sempre di Fernando Ayala, Historia de una carta di Julio Por- Mal’offerta di Greeley che doveva condurrealla fabbrica dei sogniin cui
ter, e Violencia en la ciudad di Enrique de Rosas,tutti del 1957. A BuenosAi- lavoravafinì per ridursi in una commediadegli equivoci. «Ero rimasto con
res, non avevaesitato a usare un’orchestra di strumenti a corda per conferi- un pugno di mosche, non trovavo lavoro come musicista cinematografico,
re pathose intensità a unastoriasul calcio interpretata da Mario Boyé e AL che era ciò a cui ambivo».i Pur comeucronia, è possibile ipotizzare quale de-
fredo Di Stéfano. In proposito, avrebbe ricordato: stino avrebberiservato a Piazzolla quell’ambizionesesi fosse concretizzata.
Magarigli sarebbe toccata una sorte analoga a quella di Lalo Schifrin, che
La mia musica non avevaniente a che vedere conil soggetto delfilm;io di cal- nel 1966 raggiunse la fama internazionale con le sue colonnesonoreperla
do non ho mai capito granché. Ma avevoa disposizione settanta individui e televisione, prima conla serie Mannix e poi con Missione impossibile.
0 la musica potevofare quello che volevo. Contutta quella gente,il risultato
Piazzolla uscirà di nuovo vittorioso da quella sconfitta. E lo farà proprio
ga strepitoso. Godevodi una libertà assoluta, potevoscrivere qualsiasi cosa e
j musicisti ne erano ben contenti. Certo, poi sullo schermosi vedeva Mario
a Manhattan.Lacittà, per com’era nel 1958, dovette sconcertarlo. Quando
aveva lasciata nel 1937, era imbevuta dello spirito keynesiano del New
Boyé chetirava un calcio al pallonee nella colonna sonorasi sentiva una musi-
ca sinfonica che non c'entravaniente. Maio ascoltavo l'orchestra e non vedevo Deal, dello swing dei grandi complessi, del patrocinio modernistadi una cer-
nulla, neanche un’immagine.? ta aristocrazia e del realismo grafico. Ventun anni dopo,circolavano giàle
primecarte di credito e il consumo irrompeva come non maiin tutti gli am-
E allora, chissà cosa avrebbe fatto alla MGM contutti i mezzitecnicie fi- biti della vita quotidiana, guidato dal predominio di una logica pubblicita-
nanziaridi cui poteva disporre. 3 ria, Gli Stati Uniti erano l'emblemadella «società opulenta», comel’aveva
Nelcinemapotrà fare a meno diunapartitu ra unitaria, basata sulle con- definita John Kenneth Galbraith nel titolo di un saggio polemico del 1958.
venzioni formali ottocentesche. Semmai, tornerà indietro di qualchesecolo, L’espressionismo astratto imperversava. Le opere di Jackson Pollock e di
fino al Seicento alla teoria degli affetti, per dotare di una nuova apertura Mark Rothko furonoil trampolino di lancio per la conquista statunitense
lo stile deglistili nell'era del montaggio industriale. Un discorso costruito dell’egemonia culturale, mentre Hollywood non faceva che opporreresi-
sulla base dell’eterogeneità e a partire dagli sviluppi previsti dalla sceneg- stenza. Serge Guilbaut® osserva che, a parte la supremazia economica, tec-

[ 170] [x71]
“A

nologica e militare, gli Stati Uniti stavano disputandoa Parigiil suo prima- Alla Columbia pensavano che ness porutò ne quella partitu-
to comecapitale della cultura. Ed era a Manhattan che veniva forgiato un ra: era troppo deprimente, si. { usoeccessivo dei tritoni, c'erano così
nuovouniversalismo secondo standard americani: la televisione era a colo- tante parole nelle canzoni, € unataffzYne come «Maria», con un'estensione
ri e le registrazioni musicali erano di una qualità inaudita. L’avanguardia melodica che la rendeva troppodifficile da cantare. La Columbiainizialmente
respinseil progetto, maalla fine cambiò idea. Fu davvero un colpodi fortuna:
newyorkese permise agli Stati Uniti di detenerela leadership culturale in pie-
l’album ebbe un successo clamoroso, malgradononfosseil tipico discodi can-
na guerra fredda, malgradoil paese fosse sottoposto alla pertinacecaccia al- zoni da Broadway.” t
le streghe condotta dal senatore Joseph McCarthy attraverso il Comitato
per le Attività Antiamericane. È in questa New York che muovei primi pas-
.
si il gruppo Fluxus, nelle aule dei corsi di composizione sperimentale della La storia dell,’opera sembrava conc . .
epita a Immagine e somiglianza
New Schoolfor Social Research tenuti da John Cage, un ex discepolo di antasie piazzolliane: una proposta delle
audacee un inizio tortuoso che si conc
Schénberg che il maestro considerava «dotato più di inventiva che di genia- de nel migliore dei modi. All’età di lu-
lità»; è qui cheil musicista jazz Sun Ra camminaperle strade con la sua aria i
sti consolidati. Il dipguadoATI 160184cANi; Astor era un uomodai gu-
stravagante e che quel genere musicale, comesi vedrà, compirà un nuovo,
. . 9

*
delegazione “—
argentina 2Il’onu,loricordain
> una] } all’epocafaceva partedella
È
straordinario salto nel vuoto; ed è sempre qui che Andy Warholaffinale ar- dischi «classici»: Ravel P©bussy, Brahms, Bach, F °Partamento ben fornitodi
sigenza di correre dietrisalle novità. Non sappiam*art6k. Nonsentivapiù
sà È , SI . N
mi che consacrerannoil pop, Truman Capotescrive Colazione da Tiffany, e l’e-
mentre The Twilight Zone (Ai confini della realtà, con musiche di Herrmann Masenz'altro
i si1 procurdildiscoel o ascoltò a oltre 9 SC avesse visto il musical.
e Jerry Goldsmith) introduce nella televisione la fantascienza,la fantasiae il inza. Altrimenti nonsi spie-
gherebbe
a l’ossessione Pf eWest Nido REPrs6
assiltafo Steg lgga 1i dga diri
terrore. Se è vero chela città è una tramadelle diverse forme del sapere, che di ricavarne
una versione
I
— che l’avreb RE
tipo di osmosi avrebbe presupposto per Piazzolla un ambiente del genere? Gémez e Piazzolla ayîY2DO l'abitudine di; vagar anni S
AMSessanta.
Il diplomatico però nor! serba alcun
Quante cose avrebbe assorbito dal 202 della Ventiduesima Strada Ovest? Nemmeno Dari pi olla, che purericordo rigu:© tra un Jazz club e l’altro.
viveva a © 3rdo a dovesi trovassero.
Si vedevanofacce nuovee intrecci diversi. Lo slang era cambiato. Un mu- Nemm AZZ New York,
sical del 1957, che avrebbe totalizzato 732 repliche, documentava quelle questo aspetto, se non in modo approssimatiyghÈè in grado di far
trasformazioni urbane. Si trattava di West Side Story, il famosorifacimento cheavesse
il pianista haioltvianbbabi
cli fatodEnrique
q w Vill egas, che
he all al ’ cpoca VIVeXgxieno
di Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Il soggetto era di Arthur Lau- È dr fermento a creativo,
a guida attraverso quel circuito i tor
rents, le liriche di Stephen Sondheim,unallievo del compositoreseriale Mil- ove aveva cercato diinserirsi per
a . «
lavorò come arrangia-
vie traverse. As
»

dete T.
*

ton Babbitt, e le musiche di Leonard Bernstein, un discepolo della Boulan-


î

E
:

tore per orchestre lati


atine come quella
ger. Le coreografie, invece, erano a cura di Jerome Robbins. Popera debuttò
dii Noro Mo harlie Parker, o peril Trio
Mope
5 ° amoso Machito, che aveva
è

suonato con C ? .

il 26 settembree segnò unarivoluzionenel genere. Il progetto originario ri- 0s Ban idos e il cantante Fernandoi Lamas. Questi incarjghj «idagrofessio -
saliva al 1951 e in quella versioneil conflitto scaturiva dalla storia d’amore nista» Incisero senz'altro sullo stile
del bandoneonista, v ervavaali impone
tra un ragazzo di origine ebraica e l’amata cattolica e italiana. In un certo ino una scrittura
. CS
molto più morigerata
i i
di quella cheris cale
suoi com 7
senso, rispecchiava meglio la Manhattan che aveva conosciuto Piazzolla. plessi
es o a quelliI per cuiI aveva scritto
partiture
i su misura agli inizi del decen i
Manel 1957 l’isola aveva accolto altri soggetti. Maria era perciò diventata n

10, che esaltavano la «difficoltà»


.

sbandierandola come un valore e


n è

unadi
7

una portoricana appenaarrivata in «America». E Tony,il suo spasimante, strazione di qualità. A New York
mo
. su

c’era un mercato di gran lunga più


un italo-americano. C'erano due bandecontrapposte: i Jets (gli americani) e este-
7

so, ma lul non era conosciuto


né giudicato in nessun modo parti
gli Sharks (i portoricani). West Side Story sancisce una svolta epocale per bene néné male. Era un musicist
ici a dii professiionenel luogo che
Broadway. La danza avrebbe smessodiessere soltanto un commentocineti- ;va i que sto genere diI figure — e che meglio conosce-
x _ ; ne aveva inve
i ntat o, per cosìd ire, il proto-
co della trama. La musica avrebbe introdotto nuovilivelli di complessità. La H ° iginale e dall’assunzi| one di. Li OT
quegli incarich i dip end eva nientemeno
critica si mostrò inizialmente ostile a quelle novità. Il trionfo dell’opera si che il sostentamento della sua fami
glia.
dovette in gran parte alla fortuna riscossa a Londrae all’audace versionedi- pa Piaz sona non parlava della mus
ica
I , della sua «cucina», dei suoi
metodi o
scografica: cipi. Non si conoscono che luog o
hi comuni.i Come documenti| « tempor
ghi
a-
[ 172]
[173]
an)
li» e fonti esgte, disponiamodeidischie delle partiture. Eppure, c’è anche formerannoil disco Piazzolla... o no? Bailable y apiazolado che avrebbe in-
una Scrittura, minore» che, a questo punto, reclamaunalettura diversa. Tra ciso due anni dopo. In entrambii casi,il fatto che i brani in questione obbe-
l'Octetoe il famoso Quinteto successivo (0 tra gli anni Cinquanta e i Ses- dissero a una presunta logica commerciale («ho venduto l’anima al diavo-
santa) intercorre una distanza assai maggiore di quella comunemente rile- lo», si è trattato di un «peccatocapitale», dirà Piazzolla a Speratti) sembra-
vata, oltre a un Quinteto precedente, che funge da anello di congiunzione va invalidare qualunque considerazione musicale. Più che offendere l’udito,
fondamentale e al quale nessuno, nemmeno lo stesso Piazzolla, ha concesso in realtà, quelle registrazioni non fanno che aggiungere una suggestiva nota
l’importanza che meritava. Da unlato, il distaccotra il bandoneonista il a più di pagina al racconto romantico che Piazzolla ha $critto su se stesso. O
mondodel tangosi sarebbe fatto sempre maggiore, almenoa parole (su en- meglio, è proprio tale debolezza(e il conseguente patto diabolico), combi-
trambii fronti). Il che è avallato da un dato inconfutabile: non avrebbe più nata con la ritrattazione successiva (la redenzione), a dar corpo a quella nar-
compostoper le orchestre di tango né le avrebbe più considerate una possi- razione. In questa immaginedell’artista divorato dalla sua stessa ispirazio-
bile risorsa lavorativa, per quantotali formazioni continuassero, per loro ne, sempre pronto a recludersi conil suo bandoneonal primo segnalediri-
scelta, a includere i suoi pezzi nel proprio repertorio. Dall’altro lato, l’espe- sveglio del suo vulcanointeriore, non c’era posto per riconoscimenti parzia-
rienza newyorkese del 1959, e quel primo Quintetocosì sottovalutato,gli li né per valutazioni meditate e razionali. A dirla tutta, il fallimento non fu
consentirono di sperimentare una concisionenella scrittura che avrebbe fi- musicale, ma commerciale. Piazzolla aveva dichiarato sulle pagine di Clarin
nito per configurarsi come unadelle scoperte migliori e più durature di Astor che l’idea di combinare il jazz e il tango avrebbe permesso «al pubblico sta-
Piazzolla. tunitense di apprezzare la nostra musica», Il problema fu semplicementeche
La Azzi e Collier ricostruiscono la formazione del Quinteto Yei-Te (forma il gruppo,chein realtà suonavacose troppo jazzistiche o comunque troppo
storpiata di J er, le in;ziali di jazz e tango,traslitterate secondo la pronuncia vicine al latin jazz — e di quello a New York ce n’era parecchio e di qualità —
nella lingua d’origine di ciascunodei due generi, stando a una battuta cheil non ottenneil successo sperato. Piazzolla ambiva a conquistarela città del-
bandoneonista fece ajl’amico César Marquez) in questo modo: la sua giovinezza, ad ammaliarla, a folgorarla con una nuova musica che
pensava di saper plasmare meglio di chiunquealtro, giacché conoscevai se-
Piazzolla consegnòalla storia alcuneversioni davvero atroci di ranghi tradizio- greti dei due punti cardinali della sua mappapersonale: la New York della J
nali, da «EI choclo» a «Derechoviejo»; ma anchealcuni classici del jazz come pronunciata «yei»e la Buenos Aires della t pronunciata «te». Invecefu l’ar-
«Sophisticated Lady» (di Duke Ellington), melodie popolari come «Laura» e gentino del «yei-te», quello del progetto commerciale (venale, nella mitolo-
«Abril en Parîs» e creazioni personali come «Oscar Peterson», «Boricua» e
gia posteriore) e fallimentare, che dovette tornare sconfitto non tanto, come
«Dedita». Di queste versioni si può dire al massimo che sonodi pocosuperiori
al livello mediodella «musica funzionale». L'Argentina rimase fortunatamente
si suoldire, a casa dei genitori (che poteva trovarsi a Mardel Plata o proprio
a Manhattan), ma alla sua amata (o sofferta e dimenticata) Buenos Aires,
all’oscuro del jazz-tango, anchese il quotidiano Clarin riuscì a saperne abba-
che bene o male lo considerava uno dei suoi musicisti più importantie l’a-
stanza da poter affermare che «J-T [era] JaZZ meno TANGO». Si può dire che
fosse anche «menojazz».È vrebbe accolto — proprio comeaveva fatto con MonoVillegase tanti altri —
comecolui che «aveva conquistato la Grande Mela».
Gli autori di Le Grand Tango. The Life and Music of Astor Piazzolla di- Il Quinteto newyorkese del 1959, oltre a siglare l’apprododi Piazzolla a
spensano critiche perfino nell’appendice dedicata alla discografia del ban- quel numerocabalistico che l’avrebbe legato a uno dei grandi gruppichefa-
doneonis ,, «Le registrazioni di tango-jazz del periodo newyork ese sono cevano musicaartistica di tradizione popolare negli anni Sessanta, ossia il
state riscattate dall’oblio, per quanto fosse meritato», sottolineano. Avran- quintetto di Miles Davis, fu una palestra per ottenere un’essenzialitàstilisti-
no davveroascoltato quelle registrazioni,il cui peggiordifetto,fra le tante ca nuovaper lui e vitale per il gruppo al quale sarebbe stato destinato, a fa-
virtù, era l’uso della percussionelatina? Gli saranno davvero sembrate pes- si alterne,il nucleo della sua creazione nel corso del decennio successivo. Un
simee inascoltabilio si saranno £Mplice mente lasciati guidare dall’anatema decennio che peraltro sarebbestato il più importanteditutta la sua carriera
lanciato in prifis da P jazzolla? La domanda dovrebbeessere piuttosto: per- e quello in cui si sarebbero consolidati i tratti essenziali della sua scrittura.
ché Piazzolladetestav a quelle registrazioni al punto da condannarleal di- Se nonfosseesistito il Piazzolla posteriore al 1960,la sua traiettoria come
menticatoio? C'è qualcosa chele lega, da questo puntodivista, a quelle che orchestratore e compositoredi tanghi sarebbe bastataa collocarlo tra i mu-

[174] [175]
sicisti fondamentali del genere, al pari di Maderna,Pugliese, Galvan,Julian do della musicaperil cinema — è stata forse unadelle sue migliori alleate, ma
Plaza o Salgàn. Mail Quinteto di Piazzolla riscrive una biografia che sem- anche uno dei suoi peggiori nemici nel momentoin cui degenerò in formule
brava ormaidefinita e compiuta. Tutto ciò che è venuto prima, unastoria di successo che Piazzolla, quasi alla maniera dei musicisti barocchi, avrebbe
abbastanzaricca da bastare a se stessa, diventa «preistoria». Così come ciò finito perriutilizzare in modo standardizzato.
che viene dopo, con momentibrillanti perfino nei progetti più fallimentari —
i gruppiitalianie la loro versione «da tournée» o l’Octeto Electrénico — po-
trebbe essere considerato una «storia postuma»: l’eco, ancora dirompente,
di un fenomenalee irripetibile big bang.
Le differenze tra la versione newyorkese del Quinteto e quella bonaeren-
se sono comunquesostanziali. A cominciare da questioni timbriche. Il pri-
mo comprendeva,oltre al bandoneondiPiazzolla, la chitarra elettrica (suo-
nata prima da Al Caiola e poi da Barry Galbraith?), il vibrafono (al qualesi
alternarono Eddie Costa e Tito Puente), il pianoforte (Carlos Rauch) e il
contrabbasso (Chet Amsterdam e George Duvivier), a cui bisognava ag-
giungere le percussioni di Willie Rodriguez o Johnny Pacheco (non è casua-
le che le percussioni non fossero considerate parte integrante del gruppo,
perché altrimentisi sarebbe trattato di un sestetto o di un settetto, a secon-
da dei casi). Nel Quinteto formato a Buenos Aires nel 1960il violino pren-
devail posto del vibrafono e, ovviamente, erano escluse le percussioni. Pe-
raltro, nella base da milongasulla qualesi inserisce la breve melodia del pia-
noforte in «Oscar Peterson», o nel ritmo di «Dedita», così nel suostile — per
la melodia iniziale in 3+3+2 — vale a dire in quel quintetto cattivo, emergo-
no alcunitrattistilistici di quello che sarà il quintetto buono. Difatto, nel-
l’introduzione aggiunta a «Contratiempo» figura lo stesso motivo che più
avanti sarebbe diventatoil soggetto del fugato di «Fuga y misterio». Ma, al
di là degli elementi timbrici, se c’era una differenza tra i due complessi con-
sisteva né più né menonel ruolo di Piazzolla comestrumentista. Perché nel-
le performanceeffettuate a New York il bandoneonista faceva qualcosa che
non avrebbe maipiù replicato: improvvisava in modojazzistico, ossia sulle
note di ogni accordo. Questo dato, a prescindere dal suo significato concre-
to (è interessante sentire Piazzolla in quel ruolo: non è il miglior musicista
jazz possibile, ma come improvvisatore è a dir pocoincisivo,e i suoi assolo
in «Laura» o «Sophisticated Lady» sono estremamente originali), aiuta a
constatare un aspetto che non sempreviene percepito con chiarezza. Piaz-
zolla non faceva sempretutto quello che sapeva fare: selezionava, ometteva,
decideva. Insomma,sapeva benissimo chestrumentiutilizzare e quando far-
lo, e il suo criterio di efficacia — lo stesso che aveva messo in campo per con-
cepire unostesso tango con variazionicalibrate su orchestre diverse — lo gui-
dava conprecisione. Questaabilità nell’individuare cosa funzionasse o me-
no a secondadel contesto — un’attitudine peraltro ricollegata spesso al mon-
“=

[ 176] [177]
peri diritti civili ben presto sarebbero state al centro dell’agendapolitica.
MaPiazzolla avrebbeassistito a quelle battaglie iniziali con unacertaindif-
ferenza. Quando Astorarrivò nel sofisticato club, G6mez prese per il brac-
cio Stravinskij «quasi fosse un cameriere» e lo portò dal bandoneonista.
«Nelvederlo, Piazzolla iniziò a tremare: non gli veniva nemmenounaparo-
la in inglese». Stravinskij lo salutò. «Malui niente». Alla fine, standoalri-
cordo dell’ex diplomatico,riuscì a confessargli di esserefun suo discepolo «a
distanza». Poi girò i tacchie «fuggì in preda al terrore». Era stato sopraffat-
to dalla timidezza. Stravinskij era ancora unacelebrità in grado diaprire del-
le strade. Quello stesso anno, a Tokyo, aveva stretto la mano a un giovane
compositore giapponese, Toru Takemitsu,e quel saluto avevasignificatoil
decollo di una carriera di rilievo internazionale. Stravinskij aveva sentito
«per caso»il suo Requiem si era presoa cuoreil compositore.'° G6mez or-
ganizzò un nuovoincontro fra Piazzolla e l’autore della Sinfonia per stru-
menti a fiato, forse spinto da una speranzadel genere. «Riuscii a fare inmo-
do che Astor andasse a trovarlo in hotel e che avessero un colloquio di
mezz'ora. Allora riuscirono a conversare tranquillamente e Astor gli mostrò
alcune partiture». Il racconto di G6mezfiniscelì, con il presuntoingresso di
Piazzolla nella stanza. Cosa poteva avergli mai fatto vedere, se fu davvero
così? Le stesse opere respinte dalla Boulanger? I suoi tanghiparigini? Gli ar-
Festi-
Nel1959, Victoria Ocampo arrivò negli Stati Uniti per promuovere il rangiamenti dell’Octeto? Non poteva esserciincontro più forzato. L’uomo
Tra le attività organiz - che Astor aveva davanti nonera più quello che lui ammirava, lo Stravinskij
val del Cinemachesi sarebbe tenuto a Mardel Plata.
aci fu un incontr o del «periodo russo», E nemmenoquello bachianoe neoclassico che aveva vi-
zate in suo onoredalla delegazione diplomatica argentin
tra la direttrice di Sure i suoi amiciillustri. Fra questifiguravano Arthur Mil- sitato l'Argentina nel 1938. Stravinskij era nel pieno della frenesia della sua
ler e Waldo Frank (che aveva vissuto a Buenos Aires negli anni Trenta su ultima fase vampiresca: il controllo delle altezze. E in quel periodo, Piazzol-
consiglio della Ocampoe consideravail tango«il ballo popolare più profon- la era francamente deluso dalla via imboccata dal suo «maestro a distanza»,
do del mondo»), e ovviamente Stravinskij, che viveva in California. Il rice- forse per influenza della Boulanger. All’epoca, la maggior parte deicritici
vimentosi tenne nell’esclusivo Metropolitan Club, tra la Quinta Avenuee la preferiva suddividerei periodistilistici di Stravinskij in una gioventù carat-
Sessantesima Strada. Gémez, che partecipava all’organizzazione del vernis- terizzata da un’esuberanzatipica dell’età, un’elegante mezzaetà,e, perfini-
sage, decise di invitare alcuni musicisti e artisti argentini che vivevanoin re, una deludente e sperimentale senilità. I musicologi Charles Wuorinen e
città. Alcides Lanza, alle sue prime incursioni nella musica elettroacustica, Jeffrey Kresky"' spieganotuttavia che l’adozione dei principi dell’organizza-
Mario Davidovsky, che proveniva dalla scuola di Juan Carlos Paz, e «ovvia- zioneseriale, in realtà, dev’essere considerata come un ampliamentodi tec-
mente invitai ilmio amico Astor Piazzolla». Il Metropolitan Club negò l’ac- niche che già si intravedevano nelle sue opere diatoniche. Ci sarebbe una
cesso alla celebre contralto nera Marian Anderson. Alla fine degli anni
Cin- continuità, dunque, in tutti quei cambiamentistilistici. Pieter C. Van den
quant, |a altura afroamericana potev gessere oggettodi rivendicazione e Toorn"* concordasulfatto che dalla rigida impostazionedegli intervalli, dal-
9 . . . . . x
anche godereli uncerto seguito. La que stone razziale continuava peròa es- la scala ottofonica conle sue trasposizionilimitate fino alla serie, emerge
sere U | temadlelicato. Le cose noneran cpoitantodiverse da quanto acca- uno Stravinskij uguale e diverso al tempostesso,che sfugge alle consuetepe-
riodizzazioni. QuandoStravinskij intrattiene con Piazzolla quella brevee in-
devanel lontano Cotton Club spiato dal bandoneonista, dove i neri poteva-
no suonare { PIUTOSE o dovevano suonare, essendo la massima attrazione
nocente conversazione che solo Gomezhariportato alla luce, sta lavorando
musicale delMOMENtO ) ma non potevano @trare co mespettatori. Le lotte
a Movements, una composizioneper pianoforte e orchestra nella quale, seb-

[178] [ 179]
beneutilizzi le serie, stabilisce altresì dei chiari centri di riferimento: il suo
punto di partenzaè l’organizzazioneseriale, ma orientata verso il mondoto-
nale. Il compositore Milton Babbitt, che fu un testimoneprivilegiato dell’e-
laborazione di quell’opera, lo vide cambiare rotta più volte e modificare la
scaletta iniziale. Stravinskij gli diceva che, innanzitutto, continuavaa farsi
guidare «dalla logica del mio udito». L’udito di Piazzolla gli indicava al con-
trario che quei materiali non si addicevanoai suoi propositi. Non riusciva a
rispecchiarsi in quella statua vivente e camaleontica,forse perché non l’ave-
va mai compresadel tutto 0, semplicemente, perché nongli interessava altro
all’infuori di ciò che potesse servirgli a raggiungere i propri obiettivi. Da-
vantia lui c’era il musicista che Piazzolla aveva voluto essere. Il russo dovet-
te congedarlo con la consueta cortesia aristocratica. Piazzolla aveva incon-
trato un fantasma,quello di se stesso.

Semprenel 1959,fra le altre cose, Piazzolla lavorò insiemealla coreogr


afa
AnaItelman,* al ballerino di tango Juan Carlos Copese alla sua compagna
Maria Nieves. Si esibì con loro e la Compafifa Argentina Tangolandia
al
Club Flamboyandi Porto Rico, dovegli toccò travestirsi da compadrito, ne-
gli abiti tradizionali dei ballerini di tango. Lo spettacolo riscosse un tale
suc-
cesso che Piazzolla si vantò di aver «dato una lezione» al suo rivale Maria-
no Mores, anchelui in cerca di fortunain quelpaese. Poi, ormaiagliinizi del
1960, fu la volta delle esibizioni allo Starlight Roof Garden del Wal ott
Astoria (chissà se Astor aveva notato l'analogia con il proprio nome) © degli
accompagnamenti, nellostessohotel, PerAngel CArdenas (chearriva ‘? dal-
l'orchestra di Troilo, nella quale cantiva in coppia con Roberto Goyene-
che). I due momentifuronointervallati dalla notizia della morte del padre,
alla quale è legata la composizione di «Adiés Nonino », raccontata così tan-
te volte contoni elegiaci. «Fu soloallora che, forse attorniato da angeli,
riu-
scii a scrivere il brano più bello che abbia mai composto in vita mia»,
disse
nel 1980 in un documentario per la BBC.” Secondo quanto raccontato
alla

*Ana Irelman è stata una delle grandi figure che hannorinnovatola danzaargentinae, per quan-
to nonle sia mai statoriconosciuto,fu la vera artefice di ciò che sarebbe diventatoil Ballet de
Danza Contemporaneadel Teatro San Martin, che ebbe come primodirettore Oscar Ardiz.
7

[ 180] [181]
figlia Diana d fe, l'episodio r
dopoch eil tragitto dall’a toa casaghi aveva ric to la
N
#1a infanzia. Era con la moglie, Dedé, a sorelladaguesta, Po , che
Pranzo, il musicis ta chiesgg &essere lasdiato so-
era venuta a trovarla. Dopo
lo. Loro andarono in cùsffà ‘e da lì lo sentiro no «gemer e e singhio &zare».
suonav
Poi, il silenzio e, poco doseRTenpre del bandoneon. Piazzolla
Win at-
nino», il brano energico, po&fesiano, che avevascritto a Parigi. Prima
che — per pura € inci-
timo disilenzio, poi quella melodia dall'andamento
clandeft ini
denza 0 come amaroretaggio degli ascolti radiofonicie di quelli
second o
durante le prove dell’orchestra sinfonica — sembrava ricalcare il
motivo del primo movimentodella Sinfonia n. 9 di Bruckner. «A quel punito

i singhiozzisi feceroterribili. Io non l'avevo maivisto piangere, né così
nessun altro modo», disse Dedé a suafigli a.
ma
Poi, tutto diventò precipitoso. Piazzolla aveva un lavoro a New York,
aveva sognato . Era co-
comesi è già detto, era ben diverso da quello che
stretto a esibirsi tutte le sere, era un musicista da hotel. Era anche un discre-
tan-
to arrangiatore di musica latina. Del resto, nemmeno i musicisti jazz che
to ammirava erano delle star, per quantolui nonlo sapesse. Si mantenevano
suonando nei locali per un pubblico il più delle volte esiguo. A Mingus
alla stra-
avrebbero dato lo sfratto facendogli trovare il pianoforte in mezzo
tar-
da, mentrel'appartamento di Monk, un musicista che solo due annipiù Il Quinteto Nuevo Tangofu la grande invenzionedi Piazzolla. Di fatto, non
neanche stato pre- solo resistette a svariati scossoniinterni, visto che, per convinzione o per
di avrebbe conquistato la copertina di Time, non sarebbe
so in considerazione dalla famiglia Piazzolla. A parte Ellington, Kenton, convenienza, Astor vi tornava dopo ognitentativo «allargato» (ottetti, or-
Brubeck e, ovviamente,i direttori delle grandi band commerciali,
non c’era chestre, persino un nonetto) e vi trascorse i periodi più lunghie stabili della
e. suacarriera, ma finì anche per diventarela formazione classica della musica
jazzista che arrivasse a sfiorare il successo che Piazzolla credeva possibil
di essere destina to a un altro tipo di ricono- argentina di tradizione popolare e, cosa impensabile per Piazzolla nel 1960
Malui nonlo sapeva. Sentiva
scimento e decise di tornare. Ancora una volta, arrivò a Buenos Aires
a bor- di ciò che nel ventunesimo secolo viene ancora chiamato tango.” La ones
dodi unanave. Il Rio Atuel salpò nel giugno del 1960 e giunsea destinazio- el gruppo va ricondotta, oltre che al complesso del 1959, sia all’Octeto
ne ai primidiluglio. uenos Aires sia a una certa devozioneper il quintetto come formato che ri-
«Duefatti insidianoil suo futuro: a) la città ha cominciato a trasformar- carte nel jazza partire dal bebop. Nonchenon esistessero quintetti nell’am-
trascrivereil bito del jazz prima maniera, a cominciare dagli Hot Five di Louis Arm-
si; b) la città ha cominciato a dimenticarlo», dice Speratti"* nel
ce str@ng, ma la natura dei quintetti degli anni Venti e Trenta era molto diver-
ricordodi Piazzolla riguardo al proprio arrivo. Il bandoneonistasi stabilis
conla famiglia in un appartamento di Calle Libertad, al numero 900 €,sic- sad quella dei gruppi formatidasolisti inaugurati da Charlie Parker, Dizz
comehabisognodisoldi, «accetta»(l’impiego di questo verbo denota un’e- Gille ie e Miles Davis. I gruppidella fase precedente — proprio O le pri.
di
vidente concessione, unaspecie di atto indebito) di partecipare a unaserie e orchestre di Firpo o Arolaso il sestetto di Julio De Caro — avevano
programmiinsiemeall’orchestradi archi di Radio Splendi d. Manell a sua te- ito più collettivo, puntavano a un suonoorchestrale 0 cercavanodi
sta c'è un’altra avventura, la più ambiziosa e la più feconda. Nei gruppi sorti sulla scia del bop — e anchenell’Octetoe poi nel
Quintet di Piazzolla — invece,risaltava l'indipendenza delle voci, comprese
quelle tradizionalmente destinate all’accompagnamento, come il contrab.
basso 0, nifl caso del jazz, la batteria. In realtà, se c’era Pea un quintetto che

[ 182] [ 183]
vr
il jazz ’ fil Quin- sofonisti John Coltrane e Cannonball Adderley, oltre a colui che sembraes-
; invesgit
Y tut to
anticipa V a l’enfasi1 soliì sta
che a V rebbe pol
. Reine St éphane fa ppelli. sere stato la vera mentediquelle sessioni, Bill Evans, e che alterò per sempre
tergo FobedsitiAIAReo SUss siva diuesto gruppo gr iferico il campodel possibile relativo al mondodeljazz. Si era ancora ben lontani
(non solo in senso geografico) sono sempre passate inosservate, oscurate dalla cultura fagocitante del rock. Le novità, nel jazz, duravano parecchio.
com'erano dal presunto nomadismogitazo del complessoe dall’aneddotica Alla fine degli anni Cinquanta si consideravano ancora «moderne»le regi-
relativa al chitarrista, a cominciare dalla prodigiosa menomazione della ma- strazioni di Parkere Gillespie realizzate dieci anni prima. Ed era anche mag-
‘nutilizzabili — a causa di un incendio gioreil tempodicui aveva bisogno un nuovodisco per «entrare»nelcircui-
no — copgiugydita rimaste attaccate € | to giustoe farsi conoscere. Nel 1959, comesiè detto,uscirono,oltre a Kind
nella POcterdìfamiglia. . mpensabile senzal’esperienza parigi- of Blue, Mingus Ah Um di Charlie Mingus e GiantSteps di John Coltrane.
nèee i gruppil@ tear See tolo ai dischi prodotti da Delaunay,il Nello stesso periodo, cominciarono anchea circolare un'infinità di dischiec-
Quinteto Nuevo Tango è inconcepibile senza tener contodellospirito che, cellenti di Gerry Mulligan, Stan Getz, Thelonious Monk, Coleman
seppur da lontano, Piazzolla non poteva nonaver percepito nella New York Hawkins, il Modern Jazz Quartet, Wes Montgomery, Benny Carter o Dave
del 1959. Dave Brubeck, il Modern Jazz Quartet(e lo stile di John Lewis, Brubeck, fra i moltissimi. Ma Kind of Blue, Giant Steps e Mingus Ab Um, a
pianista e compositore della maggior parte dei pezzi del gruppo: concisoe ri- parte la bellezza della musica che cont hanno aperto strade, creato
engono € menodeitre dischi più im-
goroso, colto e al tempostesso carico di swing), Bill Evans, Oscar Peterson linguaggi, trasformatoil jazz. Si tratta
(che omaggiò in un brano), Miles Davis, John Coltrane, Charles Mingus. portanti della storia del genere e uscir0fi@titti nel 1959, proprio mentre
Più che di gruppi e musicisti particolari e di influenzericonoscibili, si tratta- Piazzolla si trovava negli Stati Uniti. Il bandoneonista e melomaneli avrà
va di un veroe proprio Zeitgeist. Esisteva una musica colta e popolare al ascoltati? Di sicuro nonli ha mairicordati come puntidi riferimentoe, d’al-
tempostesso, proprio come sognava Piazzolla, e questa musica era suonata tra parte, stando alle diverse testimonianze, né Davis né Coltrane né Mingus
dapiccoli gruppi, di tre, quattro e cinque strumentisti, e non dalle orchestre. hanno maifigurato fra i suoi preferiti. I tre dischi vanno però considerati
AI di là dell’esperienza di Miles Davis insieme a Gil Evans in Miles Ahead non solo comecausadi ciò che il jazz sarebbestato poi, ma comeeffetto di
(1957), che a quantopare Dizzy Gilles :e fece ascoltare a Piazzolla presen- ciò cheil jazz era stato primae diciò che, senza alcun dubbio,si sentiva nel-
tando Davis come«il migliore musicist _ del mondoe il migliorearrangi ato- la New York del 1959. Quei dischieranoil risultato — non l’unico, beninte-
so — di unaserie di ricerche mirate a trovare alfabeti che potessero situarele
aieligihbarg njsta fefinì «musica celestiale»,'° la rivoluzione avve tradizioni popolari sullo stesso piano della musica astratta, ossia quell’am-
frasi rl Li î ABFANEtT Vans, co n Davis o nei suoi progetti individuali,
e più avanti Bill Evans con Don Sebe .j _ o ancora, Oliver Nelson, Quincy bito artistico che fino a qualche anno primaera stato appannaggioesclusivo
Jones e Kenton — una vecchia conosce za — potevanoricorrere a gruppipiù della musica classica. Certe musiche popolari competevano con quella della
numerosi e perfino a orchestre sinfoniche, ma il percorsoera inversorispet- tradizione europea e scritta per conquistarsi un posto nel firmamento
to a quello ipotizzato peril tango. In queicasi il punto era cercare (come ave- dell’«ascolto». E in molte occasioni, come nel confronto con la musica
va già fattoil nonetto di Davis versola fine del decennio precedente e nelle «contemporanea» che in quegli anni prendeva forma in laboratori come
registrazioni conosciute come Birth of the Cool) una scrittura e un suono Darmstadt o Colonia, riuscivano a penetrarein quel regno dorato. La musi-
«orchestrale» che,oltre a discostarsi da quantofacevanole big band da bal- ca che ascoltavano i giovani americani«colti», a eccezione degli studenti più
lo, potessero dar voce, formato diverso, e più «ambizioso», alle espe- aggiornati, non era certo quella di Stockausen o di Boulez. E nemmenoquel-
rienze dei piccoli grupp !" Uldarsi che l’importanza di Kind of Blue, il disco la di Milton Babbitt, Elliott Carter o John Cage, che eranoforse tra coloro
rivoluzionario che intr “? il concettodi improvvisazione modale, cioè chegli si avvicinavanodipiù. Ciò che ascoltavano,ipnotizzati dietro ai loro
ca ogni accordo, e che scartava il modello occhiali, con le loro dolcevita nere o i giubbotti da aviatore della seconda
ie di note e non SW. ; : 3 guerra mondiale, era quel jazz definitivamente affrancato dall’incombenza
basata su una seri i forli ispirazione,sia stata riconosciuta pa-
are come i 2 del ballo, per quantosi potessero benissimo associare a una danza quei mo-
della canzone popo — erroretrarre qualsiasi conclusione dalla
vimentiritmati della testa o quei palmi che battevanoil tempo su una gam-
recchio più tardi. Sarebbe però UAt: pi zzolla a New York e l’apparizione
°
inci il soggiorno
ra ba o un tavolino. Leonard Bernstein,il 16 ottobre del 1955, teneva unale-
mera coincidenza t SS 'ol'eme a unsestetto che comprendevai sas:
del disc o inci so da Mile s Davis insi
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zione sul jazz in televisione,all’interno del suo programma Omnibus. Can- fine, fu quello lo strumento del Quinteto bonaerense. La chitarraelettrica,
tava una canzoneafricana, suonavail pianoe,perillustrare la propria dis- peraltro, era unarisorsa già collaudata (era servita Proprio a! mpiazzi® il
sertazione, aveva accanto a sé il gruppo di Miles Davis e quello di Louis vibrafono sei anni prima); funzionava e per di più p oteva af!e l'effer? di
Armstrong. Inoltre, vestendo i panni di un carismatico disc jockey, faceva una dichiarazione di intenti. Un gruppo conla chitarra elettrica, Let 1960,
ascoltare registrazioni di Bessie Smith e spiegaval’idea del «colore», del tim- era di per sé un gruppo moderno. Il resto — violino, bandoneon,pianoforte
bro nasale del jazz, ereditato secondolui dal blues e proveniente prima an- e contrabbasso — era la riduzione di un’orchestra di tango ai suoi minimiter-
cora dall'Africa centrale. L’aria che fece in modoche Bernstein e la televisio- mini espressivi. La sintesi era massima. Da unlato, c’era &in solo arco perti-
ne parlassero del jazz era la stessa che respirò Piazzolla. Il jazz era «serio». po, in mododa coprire un ventaglio che comprendeva"! ch iara voce?!”
Aveva raggiuntociò che Piazzolla si era affannato di ottenere nel tango fin per iore— il violino — e una vocedi basso il contrabbas®7 P!!" tre strunf®”
dai suoi esordi come arrangiatore. E proprio quella sarebbe stata la matrice tia nfibi cheoltre a eseguire accordi potevanospaziare a Vero mel rdicp a
del suo nuovostile. Non avrebbeattinto all’armoniadel jazz se non in mo- suoniacuti a suoni gravi. Dall’altro, c'erano le emblematiche note di colore
dosporadico, non avrebbe adottato l’improvvisazione comeprincipio crea- - 0 di ideologia estetica — conferite da due di questi strumenti, la chitarra
tivo (anzi, l'avrebbe scartata, benché ne mantenesse lo spirito e una certa elettrica — modernità — e ilbandoneon - tradizione. La massima funzionalità
parvenza) e non ne avrebbe nemmeno importato gli strumenti, eccetto la raggiunta a partire da elementi ridotti al minimofu, in questa nuova fase
chitarra elettrica, peraltro già sperimentata in precedenza. Si sarebbe piut- piazzolliana,il corrispettivo della vecchia gommapercancellare di Troilo.
tosto appropriato del sensodi anticipazione, di urgenza,del groove che, per L’indole esuberante, a volte troppo tesa a dimostrare sapere e competenza,
lui, si sarebbe tradottonella tecnica del walking bass, nell’uso delle sincopi era contenuta per forza da una scrittura essenziale. Per finire, consolidava
e degli accenti in controtempo. alcuni elementi già presenti nell’Octeto: lo spessore e la concretezza dell’in-
Nel quintetto newyorkese figurava il vibrafono, uno strumento da cui terpretazionee l’effetto dirompente degli attacchi, accentuati dall’esecuzio-
Piazzolla era affascinato — una reminiscenza del Modern Jazz Quartete for- ne solistica e per «sezioni».
se dei gruppiridotti di Benny Goodman, nei quali era suonato da Lionel Piazzolla poteva avere dei dubbi riguardo alle qualità timbriche che sa-
Hampton — che avrebbe voluto usare già con l’Octeto e che impiegò ancora rebbero risultate da quell’organico. Ma era sempre stato certo di volere un
con il Nuevo Octeto del 1963 e con l'ensemble che incise Maria de Buenos quintetto, «formatoin basealcriterio concuisi forma un gruppo da came-
Aires. E al rientro in Argentina, fu quella la sua prima scommessa, tanto che ra: con strumentisti dotati di una solida e profonda formazione musicale e
arrivò a suonare in un programma speciale di Canal 9 intitolato Welcome che al tempostesso non siano indifferenti allo spirito che alimenta la musi-
Mr. Piazzolla con un gruppoa cinque, benchési trattasse semplicemente di ca popolare di Buenos Aires».Nelcorso ditutto il decennio,il nucleo sta-
unaversione locale che riproduceva quello americanoperl'occasione,per la bile fu composto da Astor e dal contrabbassista Kicho Difaz. Enrique, o
quale venne anche «ricostruita» l'orchestra del 1946.* Mala verità è che,se «Quicho», come veniva soprannominatonei primidischi, l’aveva conosciu-
all’inizio desiderava davveroinserire un vibrafono,la possibilità di disporre to ai tempi dell’orchestra di Troilo. Insieme avevanoscritto per lui «Contra-
ca- bajisimo» e, più avanti, Piazzolla gli avrebbe dedicato un branointitolato
in modo continuativo di un vibrafonista era remota. Era uno strumento
ro, poco usato (eccezion fatta per l’orchestra di Osvaldo Fresedo, strava- semplicemente «Kicho». Il pianista Jaime Gosis, un musicista «con swing»,
gante già all’epoca) e a Buenos Aires erano pochi i musicisti che lo suonava- secondo i canonidello stesso direttore, fu un altro pilastro fin dagli esordi.
no. Il violino, in compenso, poteva costituire un ponte conil tango e d’altro A quanto racconta Gustavo Beytelmann, Gosis sarebbe stato capace «dileg-
cantoi suoi migliori amici (Baralis) e i musicisti che stimava di più nell’am- gere persino la Bibbia in aramaicose gliel’avessero messa sul leggio». Il vir-
bito di quel genere musicale (Vardaro, Francini) eranoviolinisti, sicché, alla tuosismo di Gosis, allievo di Vincenzo Scaramuzza, derivava da una parti-
colarità che suscitava stupore, oltre che una certa perplessità, nei musicisti
che lo circondavano. In casa non avevail pianoforte, ma studiava su unato-
© Il programma, nel quale Piazzolla si trovò anche a recitare e a interpretare se stesso che arri- vaglia cerata sulla quale eranodipintii tasti. Quantoalla chitarra, Piazzolla
vava negli Stati Uniti esspiegava a un funzionario della dogana che cosa fosse un bandoneon,
può essere consideratoil primo dei tanti omaggi — in questo caso piuttosto prematuro — e spe-
chiamò prima Horacio Malvicino, che aveva già fatto partedell’Octetoe se
ciali che gli furonodedicati nel corsodella sua carriera, ne sarebbe andato appena qualche mese dopo,per essere sostituito da Oscar

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Lépez Ruiz e tornare soltanto in occasig, di qualche apparizione fugace del eseguita insieme a un’orchestra di strumenti a corda alternandovidelle cz4r-
grupponegli anni Settanta, dai fini SEPE,mente remunerativi, nella fase fi- das ungheresi). Tuttavia, in quel quintetto oliato comeun ingranaggiodi al-
nale dell’ultimo Quintetoe nel successiyesxreto. Lépez Ruizall’epoca ave- tissima precisione,dai ritmiincisivi e dalle melodie spigolose,il suo lirismo,
va ventun anni ed era appena uscito dfesperienza con Los Cinco Latinos, necessariamente contenuto, non raggiungeva unlivello eccessivo. L’incon-
un gruppo commerciale del momento,; riscuoteva un enormesuccesso tro fra Agri e Piazzolla, peraltro, secondoil ricordo di Malvicino,si svolge
persino fuori dal paese, Aveva suonaton Lalo Schifrin, Gato Barbieri e in uno scenariotutt'altro che sinfonico."
suofratello Jorge, un noto contrabbasg,a dell’ambiente jazz di Buenos Ai . £

res. Spiccava per la sua «petulanza» Reteo alla vecchia guardia del tango Andammoa sentire il musicista di Rosario nel suo ambiente abituale. Suonava
nel tipico cabaret dell’epoca,all’interno di uno show nel qualesi esibiva una ve-
e anche adalcuni musicisti che suonay_ o nel Quinteto stesso. «Hai un bel
ra leggenda, meglio conosciuta come «Ritala selvaggia». Sembravaun film di
po’ di swing», gli disse Piazzolla quand|, convocò. Fellini. Il posto era da commedia all’italiana e lo show della Selvaggia con ad-
Il primoviolinista a cui si rivolse Piazzolla era Szymzia (cimé n) Bajour, dosso uno straccetto leopardato, inenarrabile. Poi comparve l’orchestra, ma,
che un annopiùtardi partì alla volta di Cuba e vennesostiuito da Elvino per nostra grande sorpresa, il musicista in questione suonavala fisarmonica: il
Vardaro. Si racconta che Astorl’avesse convinto ad accettag con unalette- violinoera il suo secondo strumento.
ra (un’altra lettera, come negli anni Trenta), a dispetto della sua salute pre-
caria e del fatto che fosse molto più anzianodegli altri componenti del grup- Il repertorio del Quintetoall’inizio si suddivide tra nuovi arrangiamenti
po: aveva più di cinquant'anni e lo vedevano comeunvecchio. Vardarori- di braniscritti per altri complessi — «Prepàrense», «Triunfal», «Lo que ven-
mase con loro un anno,finché nonsi trasferì a Cordoba per entrare nell’or- dr», «Contrabajeando», «Bandé», «Nonino» — e pezzi nuovi, che a poco a
; re accantoa
prende rnedail posto e aÈ rimane
poco rimarrannoi soli. I primi concerti sono ormaientrati a far parte della
ì
i ovinci ale. A
inciale.
tradizione del pregiudizio. Malvicino ricordail debutto al Jamaica, un pic-
chestr
; a sinfonica pr
i n al
si alternarono
quattordici anni, int utti i complessi che i
ratio erat ima versioi..red sel suo BIUE gruppo elettronico a metà de- colo locale notturnoincuisi suonavajazz. «In quei giornisi esibivail trio di
gli anni Settanta,fu Antonio Agri, al qualealcun; studiOsi attribuiscono una successo di Baby Lépez Furst con il Negro Gonzalez e Astarita.?° Quando
stagione nell’orchestra sinfonica di Rosario €, dopo pabbandonodel grup- stavamo per cominciare, i tre musicisti, in segno di protesta per la nostra
po elettronico nel 1976, l’ingresso in una fanto matica «Orche stra Sinfonica presenza nella programmazione,si alzaronoe se ne andaronosenzadire una
del Teatro Colòn», Su questo punto, come spessoaccade, esistono versioni
> p 9
parola. Loro ascoltavanosoltanto jazz».** Il produttore ecuadoriano Ricar-
contrastanti. Oscar L6pez Ruiz descrive Agri come un autodidatta brillan- do Mejfa”* doveva essere tra il pubblico una di quelle sere. Mejfa era stato
i spartito,si stentava a credere che fosse trasferito nella filiale argentina della rcA Victor. Lì ideò il programmatele-
te. «La prima voltab che leggeva uno
he stesse agifrando unalingua sconosciuta. La se- visivo E! Club del Clan,si sposò con unadelle sue vedette, la cantante Jolly
i : rava che s i Land,e lanciò sul mercato un pop beceroche,per i più tradizionalisti, non
lui a suonare: sem09 x saveva memorizzato». Non sembra plausibi-

condavoltaera già strepitoso, lifcoltà nella lettura potesse aver fatto parte faceva che acuire la distanza tra i giovanie ciò chesi pensavafosse la musi-
le shorePeamilidi prescindere dall’attendibilità delle diverse ca a loro più «congeniale». Mejfa sentìil Quintetodi Piazzolla e lo ingaggiò
ditimonianze, nonci sono dubbisulle sonorità piene, espressive, cariche di per la rcA. Questo fatto non è riportato da nessuna biografia. Il nome del
t&maturee sul raffinato fraseggiodel violinista,* Comesi può notare dalle produttore sembra essere legato alle peggiori leggende sul tango. Una di
rfistrazioni effettuate da Agri senza P ;abolla, queste caratteristiche p_ote- queste riguarda il rogo nel quale presumibilmente vennero bruciatii nastri
vano anche giocare a suo sfavoree indu facilmente all’esagerazionee per- delle registrazioni di tanghi posseduti dalla casa discografica. Maciò chei
fino alla pacchianeria (comenell’interp rAzione di «Yesterday» dei Bea tles, seguaci di Piazzolla non gli hanno mai perdonato è di aver «obbligato»il
bandoneonista a incidere un disco «commerciale», con la promessadi far-
“Il bandoneonis Juan José Mosalini, che suonò insieme ad Agri, racconta cheil violinista, in gliene poi registrare un altro, quello vero, quello «artistico». Entrambele
effetti, aveva fat tparte della Filarmonica di Buenos Aires alla fine degli anni Settanta. Per storie sono false, almenoin parte. Per quanto riguarda la prima, Mejfa in
quantoriguarda t@a capacità di lettura a prima vista, ricorda che Agri partecipava assidua- realtà usò le copie master diquelle registrazioni, che erano ormaifuoricata-
mente a sessioni fagistrazione di ogni genere,nelle quali gli spartiti venivanodistribuiti solo
di logo perché invendutenegli anni precedenti, per incidervi sopraaltre cose.
qualche minuto prima di iniziare.
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Nortutte andaronodistrutte e comunquenonci fu nessuna scena simile a] tratto per i duedischi fosse stato stipulato di comune accordo. Il produttore
rituale rogodeilibri praticato dainazisti (o a quella delfilm di Truffaut ispi- dovevaavergli suggerito di fare un disco «ballabile» per dimostrare al pub-
rato a Fahrenheit 451 di Ray Bradbury), masolola decisione obbligata del blico del tango che Piazzolla non era un orcocattivo (cosa chedifatto avreb-
dirigente di una multinazionale guidata da logiche strettamente commercia- bero sempre pensatonelle case discografiche che lo ingaggiaronoinseguito)
li. Un dirigente che, d’altra parte, era abbastanza lungimirante da pensaredi e quella possibilità doveva averallettato il compositore. O può anchedarsi
far rientrare nel suo piano editoriale sia Piazzolla sia F/ Club del Clan. che fosse stata un’idea del bandoneonista e che intendesse usarla come mo-
Quantoal disco ballabile — un disco che ancoraoggiè tutt’altro che brutto — neta di scambio nel caso di unpossibile rifiuto da parte del marchio disco-
riesce difficile immaginare Piazzolla che lo incideva con unapistola puntata grafico. Di certo sappiamo solo cheil Quinteto non funzionò come gruppo
alla tempia. Di fatto, quandouscì, il bandoneonista pensòcheil complesso da ballo (e rispetto al tentativo di provarci non si può imputare alcunché a
potesse funzionare, oltre che nei luoghi «da ascolto», anche come gruppo da Mejfa) e cheil disco «vero» vendette più dell’altro.
ballo. A tal fine, avrebbe solo dovutoalternare duestili leggermentediversi «Piazzolla è avvolto da un silenzio che denota ignoranza», si legge sul re-
e, a quanto avevapotuto verificare, decisamente compatibili: quello di sem- tro di copertina, dove si vede anche,a chiare lettere e comefosse un aut aut,
pre e un altro un po” più regolare nei tempi e con il timbrodella chitarra elet- la parte più provocatoria deltitolo: Piazzolla... o no? La congiunzioneo ac-
trica un po’ attenuato. In questo consistevano le differenze. Piazzolla... 0 centuala differenza tra le duepartidel titolo e presuppone un’alternativa. Il
no? Bailable y apiazolado è composto da tanghiclassici, tra cui «PrepAren- «no» è sottolineato e scritto in maiuscolo. Chiamail pubblico a emettere un
se» e «Triunfal», due braniscritti da lui, e comprendeinoltre: «Tierrita» di verdetto. Piazzolla, si precisa, è un musicista che ha perseguito. «costante-
Agustin Bardi, «Maria» di Troilo e Catulo Castillo, «Bandoneén arrabale- menteil rinnovamentodi un genere comeil tango, che però è affetto da una
ro» di Juan Bautista Deambroggio, «Redencién» di Alfredo Gobbi, «Don terribile paralisi». La RCA rimarcainoltre che, per la prima volta dal 1950,
Juan» di Ernesto Poncio, «El arranque» di Julio De Caro, «Chiqué» di Ri- Astor «incidesu disco dei tanghi da ballare», senza per questo dover scen-
cardo Brignolo, «La casita de mis viejos» di Juan Carlos Cobian ed Enrique dere a compromessi,visto che, dopotutto, Piazzolla sente «il tango d’oggi»,
Cadîcamo, «Cristal» di Mariano Morese José Marfa Contursi e «Quejas de lo veste con «i panni della gente del nostro tempo,di cui parla la stessalin-
bandoneén»di Juan de DiosFiliberto. Il nucleo del problema non riguarda- gua interpretandonei gusti». Si tratta, in definitiva, di una «necessariae lo-
vail repertorio. Perché il punto non eraseeseguire pezzi proprio altrui, un gica evoluzione della nostra musica popolare».*
cliché cheil rock avrebbe trasformatoin principio di autenticità, ma come Questa marcia ascendente si poteva comprendere meglio con l’altro di-
interpretarli, ad esempio con un’enfasi sulla regolarità ritmica più o meno sco. Piazzolla interpreta a Piazzolla fu inciso in due momenti, il 28 e il 30
accentuata. In questo senso sonoindicative le due versioni di «Triunfal» in- gennaio del 1961, conil contributo di Bajour, Diaz, Malvicino e Gosis.* È
cise lo stesso annoe con lo stesso gruppo: una è compresa in Piazzolla... 0 l’unico disco di questo primo periodo del Quinteto nel quale non c’è nem-
no?, mentre l’altra fa parte di unaserie di registrazioni effettuate a Monte- menoun brano cantato — forse perché Piazzolla... 0 no? compensavaa do-
video per l’etichetta Antar.” La prima è moltopiù lenta, regolare, senza con- vere questa mancanza — e, con l’eccezione di «Berretin», tutti i pezzi sono
tare cheil timbrodella chitarra elettrica è completamente diverso, comese creazioni originali del bandoneonista. Visi ritrovano molti dei trattistilisti-
in questa versione si cercasse di dissimularne la distorsione —- che faceva ci che caratterizzeranno tutta la produzione successiva: gli elementi temati-
senz’altro pensare a qualcosa di estraneo al tango — e nell’altra la si volesse ci fortemente contrastanti, l’uso di doppie corde nel contrabbasso e le ca-
accentuare. denze romantiche al pianoforte,il fugato, l’accentuazione tipica della mi-
Piazzolla portò il Quinteto a suonarein unasala da ballo, quella della pa- longa adottata come principio ritmico. Sulla copertina del disco figurano
sticceria Nino diVicente L6pez,e ciò che lo indussea ritrattare le propriein- due foto del bandoneonistae i due volti sono separati da una linea che vor-
tenzioni non fu il presunto tradimento estetico, mail fatto che il pubblico rebbe essere chiarificatrice e definitiva: solo Piazzolla può interpretare Piaz-
presente in sala non voleva ballare, bensì ascoltarli. Chi ancora ballavail zolla. Perché è statolui, si sottolinea delresto sul retro di copertina, a «bat-
tango sapeva cosa scegliere: D’Arienzo, De Angelis, al limite Pugliese. Chi tersi per migliorare una musica popolare dall’anima genuinamente naziona-
seguiva Piazzolla cercava altro. Più che un’improbabile «libbra di carne» le e a adattarla alle esigenze dell’epocain cui viviamo». Si concede poi un’en-
pretesa da un impresario senza scrupoli, sembra più plausibile che il con- fasi particolare al fatto chesi tratta di un disco con dodici brani «di tango da

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ascolto». L'altra grande novità è che non è stata amplificata solo la chitarra Violino e bandoneonsi spartiscono le variazioni nelle due occasioniin cui
ma anche il bandoneon. «L'idea dell’amplificazione mirava ad amalgam ar- comparela sezionelirica, ma nella seconda questa si conclude con una va-
lo meglio al suonodella chitarra», dice L6pez Ruiz,e la decisione era azzec- riazione sul tema debussiano: una concatenazionediaccorditipica del jazz
cata. Un Piazzolla elettrico, a sua volta depositario dei ritrovati più moder- (una sequenza di dominanti).
-
ni possibili per uno studio di registrazione argentino. La RCAricordaall’e La versione originaria di «Adi6s Nonino» è molto diversa da quella che è
ventuale acquirente che tra le mani ha un album « brillante e realista» . Potrà divenuta celebre. Visi intravede unacerta idea narrativa, quasi alla stregua
comprarlo «senza alcun timore che in futuro possa risultare superato dal della musicaperil cinema, che.negli arrangiamenti postériori sarebbe scom-
puntodi vista tecnico». Piazzolla offre «la sua verità a chi vuoleascoltarla». parsa. C'è un tema iniziale che presentail padre ed è tratto dal tango omo-
l’autore anonimo del panegirico riconosce che «sono in molti a essersi ar- nimo: energico e ritmato, attinge parecchioallo stile di «La yumba»di Pu-
ruolati nelle sue file, perché si identificavano in tutto e per tutto con il suo gliese — unostile chei suoisostenitori definivano «aggressivo» e «dramma-
punto di vista». Ma anche che sono «in molti a non condividerlo». tico». Questo motivo sarebbe stato ripreso in «Verano portefio» e nella
Un brano, «Lo que vendr», l’unico a essere passato dal repertorio del- «Toccata rea» di Maria de BuenosAires. Il motivolirico è quello dell’addio
POcteto e dell'orchestra di strumenti a corda a quello del successivo Quin- della morte del padre. Ogni'apparizione del tema di Nonino è seguita dal
teto (almeno su disco), testimonia il cambio di estetica e, in particolare,l’ef- motivo dell’addio, ripetuto duevolte, e ciascuna presentadifferenzedi stru-
ficacia, la precisionee la sintesi caratteristiche del Quinteto, ancorain nuce mentazione e di caratterizzazione. All’ultima è riservato un significativo
nel più affettato Octeto e invece già presenti nello sventurato gruppo cambio di tempo. La prima volta che compareil tema dell’addio, al violino
newyorkese. «Lo que vendra», nella versione incisa nel 1956 dall’Octeto, nell’accompagnamentocollettivo e, soprattutto, nel controcanto del er
ostentavail retaggio debussianofin dall’introduzione, nella quale spiccava- neon,si sovrappongonoelementi ritmici del motivo di Nonino. Nella ripre-
elettri-
no comesolistii dueviolinistie il violoncellista, mentre alla chitarra sa, il motivo è eseguito dal pianoforte mentreal violino è affidato un con-
ca eranoaffidate copiose improvvisazionialla maniera del bop. Nella nuo- trocanto ormaiscevro da qualsiasi traccia di yumba,e il contrabbasso scan-
va versione, registrata il 28 gennaio del 1961," è tutto condensato. Il brano disce regolarmente le battute. La sezione si chiude con una cadenzasolista
si apre con unacadenzadelviolino, introdotta da un accordodella chitarra del pianoforte — che sarebbe poistata la basedell’introduzione aggiunta nel-
elettrica che confluisce nella sezionelirica, che qui funge, proprio comenel- la versione del 1969 — che fa da ponte con la nuovavariazione sul temadi
l'arrangiamentoscritto per Troilo, da prima sezione — in quella dell’Octeto, Nonino.Il tema dell’addio è ripreso dal bandoneon,già più lento, conil con-
questa era la sezione B, che seguiva al «tema ritmico». Dopo un controcan- trabbasso che segue un’accentuazionepiù vicina a quella della milongae la
to della chitarra elettrica, cominciail motivo debussianoche, come succede- chitarra che suonagli accordi mentre, nella ripresa finale, gli ornamenti del-
va semprenella versione per Troilo, fa da ponte con la seconda sezione. Ma la melodia e una maggiorelibertà ritmica accentuanoil lirismo. L’accompa-
quest’ultima, preludendo a molto di lo que vendrà, ossia ciò che verrà, ap- gnamento ritmico (Nonino) si è via via stemperatoe, alla fine, rimane sol-
pare segmentata in più scaglioni. Si potrebbe affermare che è in quel motivo tanto l'addio.
suonato dal contrabbasso — all’inizio con l’arco e subito dopo con un pizzi- Il brano potrebbeessere letto comeil contrasto tra i due temi, quello ener-
cato — e poinelpiccolo fugato della chitarraelettrica, chesi nota per la pri- gico e quello lirico, inizialmente sovrapposti, finché uno dei due svanisce
ma volta una certa familiarità con i rudimenti del contrappunto alla manie- progressivamente man manochel’altro prende il sopravvento determinan-
ra barocca, del tutto assenti nella sua produzione precedente. «Lo que ven- do il carattere generale dell’opera. Il graduale predominio del temalirico su
dr», in questa primaversioneregistrata dal Quinteto, è un vero compendio quello ritmico,del resto, lo ritroviamoin tutte le versioniregistrate nell’ar-
dello stile di Piazzolla, concentrato in appena quattro minuti e ventisei se- co della carriera di Piazzolla. Pur conlo stesso arrangiamento,già in quella
condi, e con unafluidità e una naturalezza inedite fino a quel momento. Ma incisa dal vivo nel 1963,” la componentelirica è molto più forte che in quel-
c'è un altro elemento ancorachesarebbestato crucialeneldelineareil profi- le precedenti e l’impronta di Pugliese è praticamente scomparsa dallo stile
lo del Quinteto di quegli anni e che deriva dal periodo newyorkese:il interpretativo. E possibile che questi cambiamenti siano determinati dal mo-
walking bass che accompagnal’entrata di insieme del «terna ritmico», suo- do di suonare di Agri - ben più romantico di Bajour o Vardaro — o si debba-
nato la prima volta dal contrabbasso e la seconda dalla chitarra elettrica. no semplicementealfatto cheil Quinteto, dopo tre anni come gruppoe rin-

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francatodalla stima degli ammiratori, si fosse ormai consolidato, oltre a es-
sere più avvezzoal contesto del concerto e menoinfluenzato dall’obbligodi
fare tangotipico dell’epocaincui il pezzo era stato registrato per la prima
volta. I due motivi di «Adiés Nonino» potrebbero ancheessere associati ai
duepoli tra cui si dibattevail Quintetonei primi anni: il ballo e l'ascolto. In
fin dei conti, i due dischi paralleli per la RcA Victor non fannoaltro che in-
carnare questa contraddizione.E sei tratti più tipici della tradizione del bal-
lo, ancora presentiall’inizio, sarebbero scomparsidallo stile di Piazzolla, lo
stesso sarebbe successocon l’evoluzione di «Adiés Nonino», dove non solo
si sarebbe persa l’idea narrativa originaria (la tensionefra il motivo del pa-
dre e il motivo della morte), ma il tema lirico avrebbe finito per diventareil
motivoiniziale nonché il più importante dell’opera. Curiosamente,il disco
Piazzolla interpreta a Piazzolla include anche «Nonino», il brano dei giorni
dell’epifania parigina da cui Piazzolla aveva preso spunto per «Adi6s Noni-
no». Malgrado la sua potenza, sembra quasi una replica sul lato B del disco.
Forse sarebbestatopiù logico far cominciare l’lp* con «Nonino»e lasciare
l’«Adiés» per ultimo. Invecesi optò per l’alternativa opposta e questo, in un
certo senso,incidesull’equilibrio globale dell’«oggetto disco». E rivela pre-
N cocemente una caratteristica problematica del compositore: l’abusodi certi
materiali distintivi. Un tipo di produttore capacedi intendereil disco come
un’unità sintattica e competente quanto quelli di cui disponevail jazz — Teo Nelpreludio di «Lo que vendra», il contrabbasso ricorda vagamentei pe-
Macero, Nesuhi Ertegun, George Avakian*—lo avrebbeaiutato a evitare ta- dali caratteristici delle Suites per violoncello solo di Bach, che il catalano
li eccessi che, con gli anni, sarebbero divenuti semprepiùpalesi. Pau Casals avevainciso fra il 1936 e il 1939 e alle quali aveva dato unari-
sonanzainattesa. Ma è in «Calambre» che Astor costruisce per la prima vol-
ta la sezione iniziale di un motivosulla base di un fugato. «Calambre»è un
chiaro battesimo, oltre che un esercizio di sintonia con il «paradigma Ba-
ch», che in quegli anni nonsolo si impone sul mercato come un'autorità,
ma, dalla sua condizione di musicista celestiale, arriva a oltrepassare i con-
fini della stratosfera. In 2001:Odissea Nello spazio
?romanzodi c ulto nel ge-
nere della fantascienza, a UNmembro dell'equipaggiodella navi cella chesi
inoltra nell’ignoto, Arthur Clarke fa trovare «la serenità, com'era accaduto
a moltialtri, nelle architetture astratte» di Bach. Bisognavaestenderealsi-
stemasolare le conquisteterrestri. Il ventesimo secolo è senz'altro di Bach,
a partire dal momentoin cuiviene effettuata la prima ed enciclopedica di-
saminadella sua enorme opera(così sterminata che Juan Carlos Paz imma-
ginavachedietro a un solo nomesi celasse un veroe proprioesercito di ghost-
writer). Albert Schweitzer, nel 1905, pubblica J.S. Bach: il musicista-poeta
ed elaboraun autentico dizionario enciclopedico dei motivi, dei nucleie dei
significati della sua musica. Il primo «ritorno a Bach» da un puntodivista
strettamente compositivo lo compieStravinskij, a metà degli anni Venti, con
#
[ 194] [ 195]
la sua Sonata perpiano. A farlo diventareper la prima volta un musicista ac- tamenteche la sua musica «esprimeva l’evoluzionedell’uomo moderno,che
clamato dalle masse, però, era stato il nazismo, in collaborazione con la non aveva nulla a che vedere con la malinconia». Grazie a Rodari, e poi a
Chiesa Confessionale, un gruppo protestante che vedevain Hitler la possi- Miguel Angel Merellano, Piazzolla tornò a suonarealla radio. «Il mio entu-
bilità di un rinascimento per la musica sacra luterana e si opponeva alla siasmoeratale che lui faceva battute dicendoche eroil suo agente. Era un ti-
«forza corrosiva del liberalismo e dell’individualismo» di stampo ottocen- po pungente, con la risposta sempre pronta,a volte offensivo,e in altri casi
tesco. I festival organizzati nella seconda metà degli anni Trenta sortirono superficiale». L’idea che ha Rodaridel Piazzolla che ritorna dagli Stati Uniti
l’effetto restauratore desiderato. Michael Kater mettein risalto la profonda è quella di un nome che rimanda al Nomeper eccellenzà: Gould. «Parlava in
affinità tra la musica reinventata dalla chiesa e la Gioventù Hitleriana.?° continuazione di quello che faceva lui», ricorda Rodari. «Ascoltammoin-
Heinrich Spitta, nipote di Julius August Philipp Spitta,il famoso musicolo- siemeil quintetto di Davis e Mulligan. E anche Wes Montgomery. Era affa-
go e biografo di Bach, era uno dei referenti della crociata bachiana condot- scinato dal fatto che suonasseottave alla chitarra». Mail grandecentro di
ta dai nazisti. Autore,fra le altre composizioni, di «Der Fiihrer hat gerufen» gravità del giradischi erano le Variazioni Goldberg,” uscite solo due anni
(«Il Fùhrer ci sta chiamando»), era guidato da un pensiero che combinavail dopoil debutto di Gould a Manhattan. Il frutto di quegli ascolti condivisi,
riformismopolifonico, l’adorazione per Hitler, la restaurazioneliturgica e delle conversazioni riguardo al «valore d’uso» Bach-Gould non è menovi-
la crociata antiromantica e che culminò con l’adesione al Movimentodegli vo nella memoria di Rodari. Piazzolla gli avrebbe dedicato nientemeno che
Organisti, anch’esso promotore di un «ritorno a Bach»e soprattutto inten- «Calambre», il brano cui aveva iniziato a lavorare a Manhattan.
zionato a recuperare la funzionalitàe il suono dell’organo baroccoin oppo- Di Gouldsi è detto che era un uomodel Rinascimentotrapiantato nel ven-
sizione ai nuovi strumenti che venivano usati per emularecerti effetti del- tesimo secolo. Nonfusolo unpianista fuori dal comune,dai gusti assaiete-
l’orchestra sinfonica. Il parossismo cui conduce questo culto per Bach è rogenei: da Webern a Hindemith, da Bizet a Richard Strauss (e Bach, ovvia-
quello che porterà Hitler a progettare la costruzionedell’organo più grande mente, al centro di tutto). Fu anche un compositore,fece incursioni nel cam-
d’Europa. Sarebbe stato costruito a Norimberga,il teatro deiriti di massa po della musicologia, della teoria e rimase affascinato dalle nuove formedi
del partito. Un organo Walker con sedicimila canne e 220registri diversi, comunicazione. Gould capì meglio di chiunquealtro che la tecnologia stava
amplificato da enormi altoparlanti. Albert Speer, l'architetto di Hitler, fu minando semprepiù l’«unità distile» e che in futuro la commistionesareb-
coinvolto personalmente nel progetto. be stata inevitabile per la musica. Ciò che Adorno poteva vivere in modo
Il «ritorno» a Bach proclamato da Europae Stati Uniti nel dopoguerra av- apocalittico, in lui suscitava entusiasmo. Bach era per Gould un simbolo
vienesulla scorta di un'effettiva e crescente devozione (a Buenos Aires, la So- dell’«atemporalità». Non c’era niente di meglio che un'incisione, che elude-
ciedad Bach e il Collegium Musicum si dividevanofrail culto quasi segreto va l’imprevedibilità del concerto, per mettersi al suo servizio. Tra il 1956 il
e la pedagogia del Barocco). Il jazz della fine degli anni Cinquanta avrebbe 1965 registròin studio,oltre alle Variazioni, le Partite, L’arte della fuga il
offerto a Piazzolla una nuovalettura di Bach, diversa da quella della sua in- Clavicembalo ben temperato.
fanzia. Unalettura adatta alle sue possibilità. Nonsi trattava più del ritorzo Il caso Mulligan dimostra quanta attenzione prestasse Piazzolla al retro di
a Bach accademicodi Stravinskij, Hindemith o del GruppodeiSei francese copertina dei dischi che lo appassionavano. E Gould aveva approfittato di
che probabilmente la Boulanger aveva cercato di inculcargli. Non era quel- quello spazio per mettere nero su biancola sua lettura del Barocco, ma non
lo di Honeggerné di Milhaud; e forse neppure dell’anziana maestra chegli solo. «La musica è sempreastratta, non ha connotazioniallegoriche», scris-
avevaconsigliato di tornare al tango. Era il Bach guardato congli occhidi se. Ed era sotto quella luce che giudicava le Variazioni. Riscontrava una
Lewis e Brubeck. Ma, al tempo stesso, o forse al di sopradituttele riletture, «sconcertante incongruenza» fra la «grandiosità» delle variazioni e la mo-
c’era «il» Bach di Glenn Gould. destia della sarabandasulla quale eranocostruite.?* Il tema, sostiene Gould,
Carlos Rodari ebbe un ruolo determinante nella formazionedel gusto se- non sembraaffattotra i più adatti alla trasformazione. Difatto, viene siste-
lettivo degli ascoltatori radiofonici argentini alla fine degli anni Cinquanta e maticamente dimenticato nell’arco dell’opera. Non c’è elemento che lo di-
per tutti gli anni Sessanta, prima con il programmaE!reinodeljazz e, più mostri meglio del precipitoso esplodere della prima variazione, che inter-
avanti, con E/ arte y la cabeza e Saludos, amigos. Il giornalista e conduttore rompedi colpo la calma precedente. Con la terza variazione hannoinizio i
fu il primo divulgatore di Piazzolla e il più impegnato. Comprese immedia- canoniche diverrannoricorrenti. La sarabandaritorna come un «bravo ge-
P
[ 196 ] [ 197 ]
re» per delizia |a scoltatore con «la luce riflesa di un’aria ol da ca
nito mente bachiano,purfiltrato dal bandoneon,siripete tre volte in progres-
po» Nonè un casope il grande ciclo si concluda inques to modoè i ndica
sione armonica, finché subentra la risposta degli altri strumenti. Piazzolla
TA della «natura &sen zialmente incorporea» dell’pera e simbolggia il ri
affinerà notevolmente questa modalità compositiva fino a trasformarla in
fiuto di un impulso generativo. La sua «analisi tecnica» lo porta alla con- unasorta di «sottogenere»: il tema fugato.
clusione che non c’è «compatibilità tra l’aria e la sua progenie», e che la pri- Astor ha sempre chiamato «fughe» i propri «fugati», conferendo al tema
ma è sprovvista della «coerenza architettonica» delle variazioni di Brahms o un’aria di superiorità. La fuga comecredenziale illuminata, un modello in
Beethoven. E che cosa lo affascina allora? «La fondamentale ambizione di miniatura del rapporto dell’uomoconil mondo, un mofimentodi ampiore-
quest'opera perciò che riguarda la variazione non va cercata in una costru- spiro che, dotato di una tecnica specifica (soggetto, controsoggetto, episo-
zione organica, ma in una comunità di sentimento. In essa il tema nonè ter- di), consente di pervenire a un finale (lo stretto). Una delle grandi metafore
minale ma radiale, le variazioni percorrono non una retta ma una circonfe- della musica universale è soggetta a svariati tentativi di recupero nel corso
renza, un’orbita in cui la passacaglia* ricorrente costituisceil punto focale». del Novecento: Ravel con Le Tombeau de Couperin, Stravinskij con Sinfo-
Questa è per Gould una musica senza un vero punto culminante e senza una nia disalmi, Sostakovié conla suaserie di 24 preludie fughe, Bart6kall’ini-
vera risoluzione, ma che, comelui stesso afferma, si adagia sulle ali del tur- zio di Musica perarchi, percussione e celesta, Max Reger(Variazionie fuga
bineintelligente. sopra un tema di Mozart), Richard Strauss (Così parlò Zarathustra) e Leo-
Contrariamente a quel che succede con la fuga, il Bach delle Variazioni nard Bernstein con Prelude, Fugue and Riffs, per citare solo qualche caso.
mostra una «sdegnosa indifferenza per il rapporto organico fra la partee il «Le fughe sopravvivono persino in questa nostra epoca strenuamente an-
tutto», secondo Gould. E proprio in questa qualità Piazzolla trovò un mo- tiaccademica, suonate a pieni polmoni da orchestrine jazz, improvvisate o
dello: un qualcosa chesi esaurisce in se stesso, ma dotatodi una potenza suf- imbastite secondoi principidell’alea, o addirittura sperimentateentrola to-
ficiente a fargli acquisire un sensodi unità. «Un’unità che le viene dalla per- nalità nonorientatadella scrittura seriale», dice Gould.?* Ed è per questo che
cezione intuitiva, un’unità che nasce dal mestiere e dalla rigorosità, che è anchelui si fa guidare dall’imperativo dell’epoca, pur-cercandodilasciare
ammorbidita dalla sicurezza di una maestria consumatae che quisi rivela a ironicamente unatracciadi sé nella stirpe degli uominiillustri.
noi, come avviene tanto raramente in arte, nella visione di un disegno in- Gould scrisse anche una fuga «televisiva», So You Want to Write a Fu-
conscio che esulta su una vetta di potenza creatrice», sottolinea Gould. Le gue?, e la eseguì per la prima volta davantialle telecamere. Il testo accom-
yariazioni sono «un pretesto per elaborare un'infinita varietà di tecnichedi pagnòpoiil lancio di una registrazionedel Juilliard String Quartet nel 1964.
secuz ione, . Piazzolla lo interpreta a modosuo, come qualcosacheantici- In quel pezzo,l’«idea fuga» giunge al parossismo. «Il dischetto che trovere-
a La Sua selza scrittura. Un «pre-testo». Piazzolla non ricerca la «totalità», te fra le pagine di questarivista è in realtà un annuncio pubblicitario canoro
ma ul gesto accennato. Bach smette qi essere l’autore di un’opera che per di cinque minutie quattordici secondi». Il presentatore formula la doman-
Goulf è fatta di «momentiinscindibil ;,, e, nelle mani del bandoneon ista, di- da «So you wantto write a fugue?» [«Vuoiproprio scrivere una fuga?»]» La
venta una delle componenti del suocircuito integrato. La decima variazione domanda viene prima enunciata dal basso, e la melodia che proponeè, na-
è una fughetta (un poco animato). Il soggetto in sol espandeil proprioregi- turalmente,il «soggetto» della fuga. Via via chele altre voci «rispondono»
stro per poi contrarsi nella risoluzione, che risponde con un accordodi quin- o ripetono la melodia in successione ascendente (tenore, contralto, sopra-
ta (sulla nota re). La terza entrata ritorna al sol e l’ultima, che dà avvio a una no), nasce una discussione sulle qualità richieste da questo particolare tipo
modulazione di quinta, irrompe con unla. Questo è il modello concentrato di scrittura. Il basso suggerisce subito che ci vuole una certa dosedi corag-
che Piazzolla sembra riprodurre in «Calambre». Il motivo, ancoraesplicita- gio: « You've got the nerve to write a fugue, so go abead»[«Sehaiil fegato di
scrivere una fuga,fai pure»]. Il tenore pensaall’impiego del prodottofinito:
«So go ahead and write a fugue that we can sing» [«Fai pure, mascrivi una
* Passacaglia e ciaccona sono termini usati per indicare brani nei quali una successione di ac-
cordi si ripete invariabilmente, Molte ciaccone erano al contempo sarabande (una danza lenta
fuga che noi possiamo cantare»]. La contralto, pur mantenendo un’inecce-
in tre tempi), come quella famosa composta da Hiindele usata da Stanley Kubrick nella colon- pibile condotta contrappuntistica, caldeggia un metodo audacee antiacca-
na sonora di Barry Lyndon, che ha lo stesso schemaritmicodell’Aria delle Variazioni, Ecco per- demico: «Pay no mind to what we've told you, give no heed to what we've
ché in questo casosi alludeall'aria senza distinguere tra sarabandae passacaglia.
told you,just forget all that we've told you andthe theory that you've read»

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[«Non badare a quello che ti abbiamodetto, non pensare a quello che ti ab-
biamodetto, scordati tutto quello che ti abbiamodettoe le teorie che hai let-
to»]. Di fronte a quel punto di vista, la soprano, pur mantenendosialtret-
tantoligia alle buone normedella fuga, corre a darle manforte. Le esorta-
zioni — «Non badare, non pensare»e via dicendo — costituisconoil contro-
soggetto del tema fondamentale, «So you want to write a fugue?», chesiri-
presenta orain varie tonalità per dispensare unaltro consiglio: «For the onty
way to write one îs to plunge right in and write one, just ignore the rules and
write one, bave a try» [«L’unico mododi scriverla è saltare il fosso e scrive-
re: lascia Perdereleregole e scrivi, forza, provaci»].
Gould Vede inRichard Strauss l’esempio di un uomoche «arricchisce la
ropria epoca perché non le appartiene », e che parla per ogni generazione
erché non s’identifica con nessuna. È « una supremadichiarazione di indi-
yidualità: la dimostrazione che l’uomo può creare una propriasintesi del
temposenzaessere vincolato dai modelli che il tempo gli impone». Il piani-
sta sembra quasi parlare a Piazzolla, alla sua dialettica tra lo stare «fuori dal
tempo» e, insieme,l’essere «moderno». «Bada di evitare ognisfoggio di bra-
vura», avverte Gould nella sua fuga pedagogica,riferendosisia al soggetto
iniziale sia al materiale secondario. Piazzolla agì di conseguenzae, grazie a
tale consapevolezza,si discostò da Brubeck, che nel 1956 registrò con il pro-
prio ottetto «Fugue on Bop Themes» di David van Kriedt, un compositore Nel 1959, Cortàzar pubblica Le armisegrete,libro con il quale entra defini-
che aveva lavorato per qualche tempo comearrangiatore di Stan Kenton. Le tivamentea far parte del firmamentodegliscrittori degli anni Sessanta, e che
differenze tra «Fugue on Bop Themes» e «Calambre» sono notevoli. Piaz- comprendeuntesto fuori dal comuneper il panoramaletterario argentino.
zolla si allontana da un modello canonicobasato sul principio di «variazio- La musica è la grande protagonista della biografia apocrifa di Charlie
ne costante». Anzi, «espone» appena. L’«orecchio» di Astorgli indicail con- Parker conosciuta comeI/ persecutore. Cortàzar è stato perle lettere argen-
fine tra un sapere scolasticoe le sue esigenze personali. Si discosta anche,nel tine il corrispettivo melomanedi Piazzolla. Di sette anni più vecchio del ban-
mododi usare quei materiali, dal Modern Jazz Quartet che, nei dischi Pyra- doneonista, ne condivideva i gusti e la mania di accumulare una grande
mid e Lonely Woman, del 1960 e del 1962,si diletta con procedimenti imi- quantità di dischi già prima di instaurarvi un’amicizia chesi ruppepoinegli
tativi in pezzi come «Vendome»e «Fugato». Il metodo piazzollianoè chia- anni Settanta, a causa dei contatti dell’autore di «Calambre» conil dittato-
ro: unavolta finite le presentazioni del tema, subentra l’omofonia, per poi re Jorge Rafael Videla. Barték e il jazz erano i punti in comunedelle rispet-
passare al tema contrastante. Ha trovato una nuova qualità nella potenza tive collezioni enciclopediche.
dell’allusione. In La fascinacién de las palabras, un libro di interviste rilasciate all’uru-
guayano OmarPrego,” Cortàzar ricorda la precoce epifania cheil jazz si-
gnificò per lui e le «grida di terrore della mia famiglia, che naturalmentelo
considerava musica da negri». Quei battibecchi riproducevanosu scala fa-
miliare la controversia sul gusto che dilagava in quegli anni a BuenosAires.
«Io cercavodi sintonizzarmi su un canale di jazz e loro cercavano tanghi».
Nonche Cortazar non apprezzasse questi ultimi, matra i due generi musi-
cali ravvisava una «differenza qualitativa». «Il tango è molto poverorispet-
to al jazz», sentenziava, in modoforseprecipitoso. Il tango, a suo parere,era
;
[ 200] [ 201 ]
ancoratoalla scrittura (il, come SAPPifo, noner 2 del tutteero), men- era più un artista della RcA, ma della cBs. E anche il Quinteto cambiava
tre il jazz era «basato À " rincipio 0Pgsto, sull’i MProvvissione». Per aspetto con l’ingresso di Agri al violino e Osvaldo Manzial pianoforte. Ri-
, «pis 9 .

una musica a spetto al disco precedente, Piazzolla inseriva in questo tre brani cantati da
Cortizatil jaxziera Mieg lente del$rrealismo in musica,
istintivo era q qual-
) altro elemento dis Héctor de Rosas, «Rosa rio», scritto dallo stesso Piazzolla con Juan Carlos
cui non occorreva nessuna partitura». L
o: lo swin g. La Madrid, «Todo fue», con musica del bandoneonistae testo della figlia
cosa che anche Piazzolla apprezzava molt
Diana,e la classica «Milongatriste», di Sebastian Piana e Homero Manzi.
La spi ione più sommaria è che se c'è un tempo n quattro quarti, il musici-
Manonsarannocerto queste le ragioni per cui Nuestko tiempo col passare
sta df84Z anticipa o ritarda istintivamentegli inte valli che secondoil metro-
HOBIR rebbero essere uguali. [...] Il vero ascolta ore di jazz sente quel jazz e degli annisarà oggetto di una profonda e meritata devozione.
ov . x . mne Questa volta è Piazzolla a rivolgersi direttamenteall’ascoltatore sul retro
. . , questo È quello che io ho se
subit o una tensi one. E, muta tis muta ndis
avverte di copertina. Il testo, in prima persona, elimina la mediazione anonimadei
pre cercatodi fare nei miei racconti. precedenti. «Noncredodiesserein possessodella verità. Ciò checercodi fa-
rendistato_ ntra
di tal ° in gioc ‘ ecutore, ritratto
; o nel Pers re in realtà è interpretare la logica evoluzione del tempo palpando le emo-
-
i tale a
D a PP assi onev o] di unarti sta profe tico, mortoa trent
i a- zioni dell’attualità». Astor si professa ammiratore delle orchestre di De Ca-
I insieme com
estas iato CI Job e » un «angelo ammalato»al quale il nar- ro, Fresedo, Vardaro, Calò, Pugliese, Troilo, Francini-Pontier, Stampone,
quattro anni. Johnny renza
; > ore»; è deposi? tariounedi una «diffe Federico e Salgan. L'intera categoria dei «due quarti», alla quale aggiungeil
e invidia «tutto salvo il suo dol nsore di
ratore ictariiosa». Il Il sa ssofonista vive in un «asce
invitante perché4 mister proprio nomealfinedi distinguersi. «Nonsonoin gradodiscriveree senti-
segreta,i
in piena tormenta,il
rmenta, desiderio i
de « lo spin- re come loro perché non posso né voglio imitarli». Confessa quindi un’im-
tempo», attaccatioaun para fulmine tri del jazz
negandoin i antic ipo i facili incon possibilità. Il passato lo induce a guardare avanti («Quella realtà è defunta»,
ge a procedere oltre, a cercare,

————@È
; e corpo
P durante una «nuovaincisio- dice al tempostesso sulle pagine di Clarin).? Le parole tempo (accompa-
tradizionale». E questo conflitto prend
Ì . , tratto Johnny allontana il sax dalla gnata nel titolo dal possessivo di prima persona plurale, a indicare che il
ne» insieme a Miles Davis. Tutt'a un J y dai -
suonando domani». Cortàzar parla compositore non è solo) e attualità, che rimanda al suo legameconil pre-
esto lo sto
Bormida PRESASersbnaggio, Un critico musicale parigino chedice di sente, appaiono fondamentali nel suo programma. Il primo lustro degli an-
poter «vivere soltanto di prestiti, dell e novità e delle decisionialtrui» e che ni Sessantaè, per Piazzolla, almenosul piano retorico,il più intransigente.
rimaneintrigato dai «modi di vedere quello che io non vedo» di Johnny, un L’invocazione al tango è quantomenotiepida. Il bandoneonista crede chesi
artista conil quale ha in comunefra l;_jtro l'ammirazione per Bach e Char- sia arrivati a un puntodirottura conil passato secondo un normale proces-
so «evolutivo», un momentodialettico che, a quanto predice, verrà prima o
così reale, si fischietta «un tema di poi superato, tanto che «in un futuro prossimo, sarà considerato antico».
nella Parigiim rh a e insieme
. MI pa mele " ace e icriti ci musicali sono conservatori. Co- L’altra parola chiave appartiene all’ambito della controversia. Risuona con
sVaralfia sgres He? «in base a critel PIÙ che putrefatti». Non capiscono che tutta la carica delle dispute passate. Si tratta di giudizio. Comesesi trovasse
sta portando un genere music ale alf “SU©€5 tremepossibilità». La sua è una in un tribunale immaginario, Piazzolla assegnaagli ascoltatoriil compito di
musica «che nonsoffre orgas mi né? rovoca nostalgie». Johnny «ignora» 0 emettere un verdetto. «Il pubblico,cheè il giudice supremo, è coluiche do-
î for me.Il critico ha scritto vrà avere l’ultima parola». L’idea era già presente in Piazzolla interpreta a
i rezza sovranamente» |i cultorii delle vecchie
«disp
à l’edizione in spagnolo: sàBg Piazzolla, quandoil disco veniva presentato comeun «testimonea caricoin
unlibro sulla vita di Johnny€ presto uscir
come se sapesse quali saranno un processo»che era nelle mani del popolo sovrano: vox POPULI, Vox DEI,
nos Aires non suonano solo, _ », dice,
nitori del Quinteto. Loro, cin si leggeva a caratteri cubitali. Formule che non possono non sembrare para-
suoilettorieffettivi: i precoci * 854 erriti soste
ano allo stesso sistema di valori dossali se si considera che nell’Argentina dell’epoca una maggioranza elet-
un certo senso anche Piazzolla, si appellav
tratti dionisiaci e autolesionistici. torale come il peronismoera proscritta e l'ordinamentoistituzionale era ve-
del Persecutore, pur senza condividernei
Piazzolla non aveva forse asse gnato al
tango una data di scadenza? Nonera nuto menoper l’ennesima volta nel 1962, quando Frondizi venne espulso
Nuestro tiempo. Con quelti- dalla Casa Rosada dopo che Andrés Framini aveva trionfato alle elezioni
un caso cheil suo disco del 1962 si Intito lasse . Non
tolo Piazzolla sanciva l'assoluta caducità del genere. Tutto cambiava amministrative nella provincia di Buenos Aires. La musica riproducevale di-

[ 202 ] [ 203 ]
zza dell’elettorato per diri- anama, il sobborgo), ma comincia a cercare delle equivalenze fuori dal
vergenzepolitiche. Astor confidava nella sagge campo della musica.
nia negli anni Trenta). Ma, co-
mere la controversia ( sulla falsariga di Sinto I punti di contatto con Brubeck nonfiniscono qui. Questi, come Piazzol-
di tang 0-Il Rane
mesi è detto, il Piazzolla di qui gli anniè restio a pa rlare soJ
conc entr o di una s OStaN Zanes sa al Servizio la, era nato nel 1921, a una cinquantina di chilometri da San Francisco.
go nonè che un’ «essenza», er questo, anchese il suo complesso si chiamerà Mentre studiava, Brubeck lavorava in orchestrine country californiane. Poi
di unascrittura superiore. P tutto questo periodo, preferisce la denomina- si inserì nel mondodeljazz. Le sue sperimentazioni, nel usava spesso
Quinteto Nuevo Tango per enos Aires», forse senza saperedell’esistenza di due tonalità diverse, suscitarono però l’avversionedei le quali Gli diceva-
ziongNYSE Mîasica de Bu co
ca
, che, sotto la guida di Juan Carlos Paz, no che nonavevasolide radici in quel genere. Nel 1942 fallegliolato nell’e-
un taura un i iama to Nue va Musi
. nel mondo «classico». Una musica che sercito come membrodella bandamilitare, in un reparto di Los Angeles. An-
ins ibattito quasi analogo
à, «effervescente quanto Parigi ° che lì i musicisti lo disdegnavano. Molti pensavanoavesseidee troppo radi-
non può essere concepita chein questacitt cali. Una volta, concepì un arrangiamento che nessuno riusciva a suonare.
me una valenza speciale peri
New York». Quel triangolo geografico assu
città, come Firenze, Londra o Lo portò a Stan Kenton. «Riportamelo fra una decina di anni», gli disse.?”
bandoneonista, tanto che, riferendosi ad altre Dopola guerra, cominciò a studiare con Darius Milhaud. In quel periodo,
antica», «triste» e «ritrosa».
Berlino, sceglie aggettivi inconsueti come «rom fu sul punto di abbandonareil jazz per immergersi in un’altra tradizione, a
co ineertina ddi Nuestro tiempo nonc' è più la sua foto. Piazzolla pre-
Sulla mas
fetiim i un quadro astratto j; Vicente Forte. La scelta va ricon- causa degli ostacoli incontrati sul proprio cammino. «Pensavocheil jazz
dotta al periodo newyorkese esi collo,sulla stessa linea di Time Out, di non fosseil posto giusto per proporre le mie idee. Era un circolo molto ri-
Brubeck, il disco uscito per la Columb,,, nel 1959 che, con «Take Five», un stretto». Fu Milhaud, curiosamente e in modo molto boulangeriano, a con-
temain5/4, inauguraval’irruzione del; metriche irregolari. Ce n’era anche vincerlo a insistere nel mondodella musica popolare. Gli disse che se voleva
unaltro, «Blue Rondoà la Turk», in 9/8, un ritmo ternario. Masoprattut- rappresentare la cultura del suo paese,il jazz ne era parte integrante. «Fului
aveva contribuit o alla diffu- a spiegarmichetutti i grandi compositori avevano espresso la propria cul-
to Time Out rompevacon lostile grafico che c ; . .
tura medianteil folklore,e il jazz erail folklore d'America». E fu così cheri-
dei disch i jazz. Brub eck aveva scelto un dipinto dell’hawaiano Neil
sione ì a
‘ta , a all ora ar {director della c8s. . «1122 2 richiede astra3 zione e una buon trovò l’interesse peril jazz. Il resto è storia ormai. L’altro omaggio segreto
Fujita o diepittori moderni», avrebbe spiega- che Piazzolla gli rende a distanza con Nuestro tiempo, un tempocheera lo
i stilizzazione, conil contribut , RIN
dosedi st ” che le copertine dei dischi di Gould e di stesso di Brubeck, è l’uso occasionale di battute irregolari.
’artistazii ghe aveva progettato an . È
SOLARee: Vopera î nonfiction di Truman Capote,oltre al poster Astor comunica con il proprio pubblico medianteil retro di copertina, lo
originale del Padrino di Francis Ford coppola. La decisionediprivareil di- credeistruito e, usandoil linguaggio dei programmida concertoclassico che
sco di Brubeck di qualsiasi riferiment concret o lasciava perplessii dirigen- lui leggeva così spesso, gli offre qualche spunto su quanto troverànel disco,
commerciale. Time Out ven indicando le modulazioni, i cambidi ritmo, i procedimenti. Il basso ostinato
ti della c8s, perché temevano un fallimento alla manieradi una passacaglia barocca,a carico del contrabbasso e della chi-
e (come in tante altre occasio-
dette oltre un milione di copie, e una di quest tarra elettrica, e l’entrata a scaglioni del bandoneone delviolino in «Intro-
cinò a tal punto che Forte
ni) capitò fra le manidi Piazzolla. L’idea lo affas ducci6n al Angel», oltre al fugato di «La muerte del angel», sono forse una
z6NOe Nuestro tiempo
stentasanto sia aggior n to»
«ispira _LSui musica
dallaproced imenti tipicieonist
del bandon a. Pia
dell perfor-
laygrà su delle più precise dichiarazionidi principi che si possano trovare, per l’appun-
mance Epreressante notare gui vieneutilizza ta una nuéa forma to, al principio di una sua opera. Lospirito del xv1 secolo diventa «tangue-
artistic ?”** “egli Stati Uniti si chi amad@etionpainting ”. l’artistapelriela- ro» e in questatrasfigurazione cambianoil tempo,le articolazionie i registri,
achen conil violino che intonala lenta e dolente melodia abbellita da gruppetti già
De nasuggestione sonora, la proietta sulla tela». Piazzolla non aveva
CERAUNARAZA qualunque. E-per questoche inserisce nel disco una no- introdotti dal bandoneon.Il tema procedesenza perdereunità, per recupera-
è biografica su Forte. Nell’elencare i riconoscimenti ottenuti dall’artista re nella coda la calma che gli occorre per concludere. Lo splendore è così in-
Premio Presidente de la Nacién, Premio Extraordinario del xvi Salén de tenso che qualunque reiterazione risulterebbe pleonastica. Ma Piazzolla,
sì Artes, Premio de Honordel 51° Salén Nacional), il bandoneonista non estasiato da quella formula, non smetterà di ricorrervi. Altre volte, le trovate
lampione, il borsalino i del bandoneonista vengonolimatecon gli anni. «La muerte del 4ngel» è uno
Ss i & il

solo sopprimetutto l’immaginarié!® tango (il


£ ° I È
. i
. .

v
V

[ 205 ]
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dei casi in cui si supera addirittura l’originale («Calambre»). Piazzolla scrive da candombe della melodia. «Imagenes 676» è anche un tributo allo scena-
un soggetto più elaboratoe incisivo. L'entrata delle voci è più chiara. Anche rio nel qualesiesibisce il Quinteto. Nel locale di Calle Tucuman 676,a po-
la transizione al tema B è più riuscita e consente di metterne meglio in risalto chi passi dalla Facoltà di Lettere e Filosofia, che allora si trovava in Calle
il carattere lirico e contrastante. L’ammicco bartokiano che precedel’ultima Viamonte 400, tra Calle San Martin e Calle Reconquista, c’era postoperset-
presentazione del tema, ormai trattato con un procedimento omofonico, ne tanta persone al massimo,chelo affollavano sempreper ascoltare la miglior
stempera la radice colta e dota «La muerte del angel» di unavitalità travol- musicachesi stesse facendo a Buenos Aires. Aprivaalle novedi sera e chiu-
gente, facendone uno dei momentipiù sublimi della sua opera.** devasei ore più tardi. Rodarifu ingaggiato come coordinatoredelle attività
«Noson los angeles que cantan |! no son los pdjaros ni el mar | es un sefior e maestro di cerimonie. Al 676, com’era chiamatoin gergo, debuttò il chi-
Ilenode cielo | el senorJuan Sebastian» [«Nonsonogli angeli a cantare / non tarrista e cantante brasiliano Joào Gilberto. Vi suonarono il Modern Jazz
sono gli uccellini né il mare / è un signore pienodi cielo/ il signor Johann Se- Quartet, Stan Getz, Friedrich Gulda,e le principali figure del jazz argentino.
bastian»], scrive a metà del decennio Maria Elena Walsh. Questa canzonci- Il quotidiano Clarin del 16 aprile 1962 parla dell’inaugurazionedel «club».
na per bambini si configura come un duplice omaggio: a Bach, naturalmen- Il cronista descrive Piazzolla mentresi apre un varco «in mezzo al fumo»e
te, ma ancheallo spirito barocco che Piazzolla diffonde a Buenos Aires e che alla «gente» dell’ambiente artistico (Osvaldo Fresedo, Graciela Borges, Ro-
sarà sottoposto a una stucchevole esaltazione nella pubblicità di un cognac dolfo Kuhn, Mabel Itzcovich, Walter Vidarte, Duilio Marzio, Eduardo
di produzione nazionale.” L’eco di «Introducciònal ingel» risuonanel ter- Fal). Aggiunge che la sua musica «non stonava»coni quadri — nonfigura-
zo e nel nonobrano di Nuestro tiempo. Dei due, «Milongatriste» è l’opera tivi, ma astratti, oltre ad alcuni collage — appesi alle pareti. «Tutto ciò non è
che denota un maggiore e quasi forzato inquadramento barocco. Per Piaz- piovuto dalcielo: rispecchia una BuenosAiresdiversa e con nuovi problemi,
zolla il pezzo scritto da Piana e Manzi «apparentemente» non aveva «mai più attiva, più difficile, con una gioventù che secondole prospettive più di-
offerto molto». La sua versione rispondeva «all’esigenza di farne un arran- sparate sta imponendovia via la sua presenza,le sue concezionie i suoi gu-
giamento da camera, con un’ambientazione tipicamente medievale, e pro- sti», spiega Astoral giornale.
prio conil classico trio strumentale del Medioevo, formato da violino, chi- «Quello che guadagnavamoal 676 ci bastava a malapena per sopravvi-
tarra e contrabbasso in accompagnamentoalla voce».'° AI di là della confu- vere, sempre che non avessimo pretese da nababbi», assicura Oscar Lépez
sione di generi e periodi (uno sfoggio di presunzione che conil passare degli Ruz.4*
anni sarebbe riapparso di frequente), qui si sente la mancanza della gomma
Era un posto raffinato, si notava una grande affinità generazionale tra quelli
per cancellare di Troilo. La bellezza sporadica di certi passaggi non basta a
chelo frequentavano. Ci sentivamo parte di un’élite, e ci piaceva. Ricordoil de-
rendere giustizia alla canzone. «L'inserimento della voce non risponde af- butto di Agri. Vedevo Piazzolla come un pontetra il jazz e il tango. Quandosco-
fatto all’intento manifesto in tutta la musica popolare chesi fa in città, ossia prii che aveva studiato con Ginastera e la Boulanger ebbi confermadella posi-
quello di trovare un elementosuggestivo di sicuro effetto. Al contrario, la zione gerarchica chegli attribuivo. Lui e Cortàzarsonostati due delle mie pas-
mia intenzione è semmai quella di farla suonare come uno strumentoin più, sioni giovanili.
di attenermi cioè a un criterio strumentale» .' De Rosas, però, non accoglie
quell’indicazione e canta soffocato dall’eccesso di linee del pentagramma. Questo il ricordo di Sergio Renàn,regista di cinema,teatro e d’opera,
L’impronta bachiana in Nuestro tiemposi esaurisce con il corale di «Sin re- nonché attore di culto del «nuovo cinema»sortoagli inizi degli anni Ses-
torno». Il battito accelera, come in «Introducci6nal angel» e, per quantori- santa e cheinterpretò,fra le altre cose,il sassofonista del Persecutorenelfilm
mandi alla propria matrice, con l’aggiunta di passaggi cromatici avulsi dal tratto dal testo di Cortizar da Osfas Wilenski, anch’egli compositore. «Lì
nitore armonico del temainiziale, il portentoso assetto melodicocostruito vedevi semprefacce conosciute. I musicisti consideravanoPiazzolla la gran-
da Piazzolla fa sfumare qualsiasi analogia. de promessa bianca. Aveva swing, era intelligente e moderno. Il suo pubbli-
«Imagenes 676» si regge sulla preponderanza di un walking bass cui il co era compostodaverifan, che conoscevanotuttii suoi pezzi. Io sonoarri-
compositore ricorrerà ogniqualvolta vorrà descrivere i ritmi frenetici della vatoa lui attraversoil jazz», dice un altro regista cinematografico, Rafael Fi-
città: il cromatismo conferisce nuovamente al tema una profondainstabi- lipelli. Rodari avrebbe cominciato a invitare gli artisti a dipingere mentre
lità. La sequenza ritmica 3+3+2 diventa esplicita, e mette in risalto il sapore Piazzolla suonava,* e la musica avrebbe convissuto ancheconsfilate di don-

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Jamandreu e con dibat- brillato il Gordo [Troilo] e Osvaldo», avrebbe detto Piazzolla la sera del suo
ne vestite (molto poco) coni capidellostilista Paco debutto al 676.” E, solo qualche giorno più tardi, l’autore di «Responso»
ventisette anni, rio
titi sui diversi eventi culturali. Filipelli, che allora aveva avrebbe varcatola soglia del club come una mummia. Sarebbestato un assi-
viejos, un film di Ro-
corda un’accesa discussione riguardo a Los jovenes duo frequentatore e non sarebbe passato inosservato in quel gioco delle par-
so un certo successo. nl
dolfo Kuhncheera uscito da poco e che avevariscos ti che lo contrapponevasottilmente a Piazzolla. «Pichuco era capacedi but-
uenos Ales a CIVtra gli anni Cinquanta e Ses-
regista cercava nella B
della Dg., )j ta digg]lini, del 1960.Il film è unaffre- tar giù anche l’acquadeivasidifiori e per di più non disdegnava la cocaina.
santa gli stessi soggetti Curiosamente, noi musicisti di jazz argentini, per quanto imitassimo tutto
trgo le giornate tra l’apatia
palla e sen-i
sco su un gruppo di giovani che trasco ciò che facevano gli americani, eravamoriusciti a evitare quelvizietto, e per
di ribelli, perché
sazione diessere dei mortiviventi. «Non è una generazione fortuna!», dice L6pez Ruiz.** Il chitarrista riporta un aneddotochela dice
avanti, mentre questa gente sta troppo
la ribellione ti spinge ciecamente inii . 4 sa lunga su Troilo e sulle condizioniin cui versava: «A quel tempola sua capa-
Plana.* Nel film c è
bene dovesta per farlo», commentò la rivista Primera cità di reggere l’alcol era pressoché nulla, così, dopo essersi seduto esatta-
interessante: «E7 q uando> tua madre scoprirà che nonsei
un dialogo piuttosto DS i n = TA a
ra mente di fronte a noi, ordinò si scolò un whisky che bastò quasi a farlo
al quarto anno[di università]?», dice A. «Pensa al presente, fa’ comei
7 Î
BAZZIO ; tranieri...», gli risponde B. E csottolinea che «passanoil ubriacare, peraltro in modopiuttosto evidente». Quandoil Quintetofinì di
tempo dire che è stata la guerra a ridurli così». A] che B risponde cheal- suonare, Pichuco si alzò e andò ad abbracciare Piazzolla. Poi gli chiese di
meno hannoavuto la guerra. «Ma cosadici, en S€i pazzo?»,
o si in- suonare «Adiés Nonino». Quandoebberofinito, Troilo gli chiese dirifarla.
in Europa «Gato, aspettami, non suonare unasola nota finché non torno», gli disse, e
IUSHMCAFSI. Manoi
nervosisce A. «Almeno loro possono uSare la guerra per g si precipitò in bagno. Sarebberitornatoin uno stato pietoso, conclamando
care cosa?», lo provoca A.
cosa possiamo usare?», domanda B. «Pergiustifi
capro espiatorio. «Usiamo la propria dipendenza.
«Giustificare...», ripete B. E c sembra frovare un Secondo Lépez Ruiz, «dueo tre giorni» dopo questo episodio, Troilo fu
e». Quella serail di-
Perén, è la cosa più comodae in effetti ha influito eccom intervistato da un giornalista chegli chiese un parere su cosa faceva Piazzol-
ela», disse qualcuno
battito sulfilm si prolungò più del dovuto al 676. «Finit la nel locale di Calle Tucuman. «Eh no, ragazzo, quello non è tango», rispo-
Piazzo lla», chiese qualcun altro.
tra il pubblico. «Sì, vogliamo ascoltare se, come un Johnny Carter vittoriano. Con il personaggio di Cortàzar a quel
ERRO PiazzOlla aveva quarantun anni. Era unviejo-joven, un vec-
punto aveva in comunesoltanto l’attitudine autolesionista. «Lui vive per
chio-giovane.Il suo gFdore travolgente NON corrispondeva a quello del tipi- gente d’altro tipo, frequenta persone che a me noninteressano: amici del
modelli cali-
co «uomo maturo» che, secondoi par@Metri di un'epoca dai quartiere, giocatori d’azzardo, ubriaconi», avrebbedetto dilui Piazzolla.‘
piccole incombenze
brati su ogni tà, aveva già dei figli ed era oberatodalle
quotidiane, padre di i
Mafalda avrebbe presto incarnato quell’archet po Sapevaessere perfino crudele con coluiche l’aveva assunto come bandoneo-
nel popolare fumetto di Joaquin Lavado,alias Quino. Lavitalità di Piazz ol- nista e arrangiatore. Quandounavoltagli fu chiesto se avrebbe mai potuto
la trovavail suo contraltare in Troilo, che era poco più vecchiodi lui. A_di- suonare comePichuco,risposedi sì, maa patto chegli legassero la manosi-
Buenos Aires que- nistra alla schiena e gli spezzassero due dita della destra. In una certa occa-
cembre del 1961 si esibirono insieme nel programma Mi sione, la rivista Extra, in un’inchiesta intitolata «Dos Buenos Aires»,'° che
«alla ricerc a del tempoper-
rido, trasmesso da Teleonce. Fu un rendez-vous voleva offrire una spiegazione esaustiva dei poli contrapposti che i due in-
teleca mere, dimen-
duto», secondoil quotidiano E/ Mundo.8 Difronte alle carnavano,rivolse a entrambile stesse quattordici domande. «Le interessa
»e invitò l’au-
ticarono «screzi» e «dissapori». Troilo suonò «Lo que vendrA il jazz?» era unadiqueste. Troilo afferma di aver apprezzato il primo jazz
per ritrovarsi. È
tore del brano a unirsi a lui con il bandoneon. «Unaserata nero e, occasionalmente, Glenn Miller. Piazzolla risponde chegli interessa
a da un primo pia-
un simbolo, la stretta di manofra Troilo e Piazzolla, carpit tutta la buona musica. Ciascuno doveva esprimere una valutazionesull’al-
tango che ritorna.
no magistrale degli operatori di Teleonce. Il simbolo del tro intervistato. Piazzolla, dice Troilo, è un grande musicista, un composito-
portar lo avanti . Speria mosia così».*
Quelle manisono le più indicate per re ispirato. «L'unica cosa che midàfastidio è che a volte vuole spaventarela
entale , le loro strade si erano
Tuttavia, al di là di quella pantomima sentim gente con arrangiamenti strampalati. Mi fa solo ridere chi crede che do-
con la mia musica la
ormaidivise. «Ciò che miinteressa di più è interpretare vrebbelasciare il tango e darsi alla musica sinfonica». Anche Astor alterna
si o sentita da De
Buenos Aires d’oggi, che non è quella ritratta da Contur le maniereforti a quelle dolci. «Troilo è in unasituazionedi stallo. Ma con-
o nel quale hanno
Caro, e nemmenoquella del tango concui hoiniziato io
?
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insieme ricca, 0
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Go rdo triste» o nel disco elett i
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sfociati i canzone come «I che an
C'er a semp re un non detto, un qualcosa in più
sfociato, dei I 97 5, in cui Troi lo gli tirò uno
aggio. Rodari lo capì il gior no
davaoltre il lingu
ificava con il Quinteto, mi assestò
schiaffo in piena faccia. «Siccome mi ident
alcun motivo». Il destinatario di
un ceffone clamoroso senza chece ne fosse
essere un altro.
quella sberla, ovviamente, avrebbe dovuto

«Nuestro tiempo»è il titolo del sesto brano dell’lp omonimo,ed è un com-


pendio,collocato proprio a metà deldisco,ditutti gli espedientiutilizzati da
Piazzolla in precedenza. La vocazione di un «noi» collettivo si concretizza
nell’inserimentoall’interno dell’lIp di «Simple», del pianista Osvaldo Man-
zi, che Piazzolla definisce «uno stacanovista del nuovo tango». Il bando-
neon ha un ruolo secondario, quasi pudico, comese con quella rinunciacer-
casse di non confonderele diverse identità. L’ammicco di apertura sarà in
realtà il preludio di un’imminente chiusura. Piazzolla non solo smetterà ben
presto di includere in qualità di autori i membri del suo Quinteto, ma sarà
anche distaccato e altezzosonei confrontidialtri «stacanovisti» del «nuovo
tango». Prima di unirsi al Quinteto, Manzi aveva una propria ed effimera
formazione, con la quale aveva inciso, fra le altre cose, alcuni brani di
Eduardo Rovira. Il nome di questo compositore resterà per sempre associa-
to al fallimentare tentativo di ampliare o emulare la strada inaugurata da
Piazzolla. Era quattro anni più giovanedi lui e proveniva da una famiglia
operaia. Aveva fatto parte delle orchestre di Cal6, Fiorentino, Gofii, Mader-
na, Basso e Gobbi. Oltre al bandoneon, Rovira se la cavava bene anche con
il pianoforte. Ebbe una formazione autodidatta. Se aveva qualcosa in co-
munecon Astorerala suggestioneesercitata su dilui daglistessi autoridiri-
ferimento della musica «colta»: Bach, Mozart e Barték. Si spinse anche un
?
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po” più in là,fino a Schénberg. L'entusiasmoper le possibilità della serie dor fornito il jazz, Piazzolla sarebbe stato una sorta di Rovira). E quella man-
decafonicagli fece comporre un tangobasato su quel mododiregolarele al canzafinì per connotare la sua musica. «Fa mostra di una modernità forza-
tezze (che negli anni Sessanta era già una matrice superata dalle avanguar: ta, al di là del fatto che abbia scritto qualche tango accettabile fierfino di
die del dopoguerra). Nel 1959, Rovira mise su un proprio ottetto, e non è qualità», pensa a distanza di anni Rodolfo Mederos.?* A suo parguovira
difficile ricollegare quell’iniziativa e quel numero,l’otto, al primofrutto del «aveva voluto imprimere nel tango la sua erudizione, ma invano. Per mele
periodo trascorso da Astor a Parigi. sue operesonoaride... Piazzolla era spuntato comeun pozzo petrol
Due annipiù tardi, Rovira dirigeva la Agrupacién de Tango Moderno, qualcuno pensava che Rovira potesse essere la stessa cosa, ma poi t
conla quale debuttò in dicembre nell’aula magnadella Facoltà di Medicina rono ed estrassero tutt'altro». Negli anni Sessanta, Mederosera unostrenuo
della uBA. Confusotra gli studenti, c’era Piazzolla. Secondola ricostruzione difensore di Astor, e cercò anche di trarre qualche vantaggio personale dai
dell’episodio effettuata da Julio Nudler, quandoil pubblico se ne accorse, giacimenti che il bandoneonista rappresentava. Quarant'anni dopo, l’ex
iniziò ad acclamarlo, «comela tribuna di uno stadio acclamerebbe un cam- leader del gruppo Generacién Cero pensa cheil «piazzollismo», sempre che
pione». Rovira invitò Astora salire sul palco e gli cedette il proprio ban- sia esistito, fosse «l’esito più viziato e patologico del movimento inaugurato
doneon,con un gesto di riverenza assoluta. L’invitato improvvisò per qual- da Piazzolla». Ma è davveroesistito il «piazzollismo», 0 non è stato altro
che minuto «Los mareados». Poiuscì di scena senza dire una parola, mentre che un tentativo a beneficio di una sola persona? Negli anni del 676, Mede-
Rovira si dilungava con il suo fueye in abbondanti variazioni sullo stesso ros, con il suo ottetto (!) Guardia Nueva, cercò di unire le forze a sostegno
tangodi Juan Carlos CobiAn. Era comese, con quella continuità tematica,sì della crociata dell’autore di «Tres minutos con la realidad». Piazzolla verso
potesse stilare un programma comune. Tuttavia Piazzolla se ne andò dalla di lui fu più accondiscendente che con Rovira: quandolo sentì suonare a
sala, escludendo ogni genere di complicità conl’anfitrione. Parte della musi- Cérdoba, lo invitò a tentare la sorte a Buenos Aires.
ca presentata da Rovira quella sera alla Facoltà di Medicinasarebbe stata in- Rovira, che curiosamentearrivò a incidere dischi con l’etichetta di La Ro-
serita in Tango BuenosAires, unasuite per balletto che intendeva presenta- sa Blindada,la rivista di una corrente gramscianachesi era scissa dal comu-
re al Teatro San Martin,con liriche di Fernando Guibert(la collaborazione nismo,unavoltasi trovò a condividere con Piazzolla il palcoscenico del 676.
con i coreografi formatisi nelle scuole dei tedeschi Otto Weber e Renate Accadde nel 1964, e l’occasione nonfece che palesare ciò che nell’audito-
Schottelius o dell’americana Martha Graham,e non conballerini tradizio- rium della Facoltà di Medicina era già sottinteso. Il Quinteto Nuevo Tango
nali, era un altro modo nonesplicito per avvicinarsi al modus operandidi diede inizio alla serata. Alla Agrupacién Tango Moderno, che amplificava
Piazzolla). Rovira approdò in unostudio di registrazione grazie all’appog- già tutti gli strumenti, toccò un'esibizione accidentata; che non sembrasia
gio di Eduardo Parula, che presiedevail Circulo de Amigos del Buen Tango stata frutto del caso. «Mandateli via!», cominciaronoa gridarei piazzollia-
ed era stato nientemenoche l’agenteartistico di Astor. Il disco uscì sul mer- ni, capitanati da Villegas (i fan facevano con Rovira quello che la «Vecchia
cato quasi contemporaneamente a Nuestro tiempo. La suite rievocava lo Guardia» aveva fatto con Piazzolla e con loro). I membridel Quintetogli
stesso immaginario di Piazzolla: il mondo notturno,gli uccelli (che in que- diedero il colpo di grazia abbandonandoil 676. Malgradoquesti preceden-
sto caso, però, non si erano persi comeinvece succedevanel brano «Pajaros ti, due annidopocifu un nuovoincontroal vertice. «Dopodiecianni di osti-
perdidos»), il conventillo (ossia la tipica casa popolare dei sobborghi), ilti- lità, i due giganti del tango d’avanguardia sonotornati a confrontarsi», scri-
tolo in chiave futurista («supers6nico»). Fedele all’«effetto Bach», Rovira veva El Mundoil 13 marzo del 1966. Secondoil giornale,il seminterratodi
inseriva nell’album anche un fugato, «Pasos en la noche», e un brano alla Calle Talcahuano 300, dovesi trovava il Gotan, era gremito. «Nessuno vo-
maniera di Vivaldi, «Conventillo». Ricorreva anche al walking bass (in un leva perdersi il momentoin cui — dopo tanti anni di avversione reciproca —
caso lo adattò alla scala per toniinteri) e ai temi fortemente contrastanti, con Eduardo Rovira e Astor Piazzolla sarebberosaliti sullo stesso palcosceni-
il corrispondente momentoliricoal violino. I risultati sono qualitativamen- co». Ognunosi era portatola sua claque. «E sa com'è... Quici sono due fa-
te diversi da quelli di chi, in pratica, avevaistituito un sistemacriptato,il zioni... Può venirne fuori...», avve tiygno il cronista. E/ Mundo ricorda che
«fattore Piazzolla». A Rovira, a prescindere dal suo impegnoe dalla bravu- l’affronto di Villggaatbaticia” Pane JR una delle due fazioni. Il Quinteto
ra dei musicisti che lo accompagnavano, tra i quali figurava Hugo Baralis, Nuevo Ta conchisa SUA Peo. Dopo quarantacinque minuti
mancava lo swing di Astor (in altre parole: senza quel groove chegli aveva diede per la ance. «Questa serata di tango sarà indi-
È
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menticabile per tutti noi. Perché questa sera abbiana ] ‘onore da vere tra noi
Astor Piazzolla», disse Rovira entrando in scenaJj] giornalec hiariva che
Astor «se n’era andato appena Rovira aveva finitodi suonaral primo tan-
go, e anche i musicisti del suo quintetto».
Rovira non ha mai avuto fortuna in termini commerciali. E nemmenoa li-
vello di reputazione, nonostante la sua audacia gli avesse fatto ottenere in
qualche occasionedeirisultati apprezzabili, come nel disco S6rico, del 1968,
dove accostava al bandoneon amplificato i pedali di una chitarra elettrica.
Nel 1973, durante la breve amministrazione provinciale di Oscar Bidegain,
diresse il Teatro Argentino di La Plata. Lavorò anche per la banda della po-
lizia di Buenos Aires. Morì nel 1980, quasi dimenticato. «Astor ha sempre
ignorato Eduardo, ma Eduardo non ha fatto lo stesso con Astor», ha con-
statato dispiaciuta Mabel, la sua vedova. Nudler parla senza mezzi termini
di disprezzo. Dietro alla denigrazionesi cela forse qualcos’altro, o perlome-
no sorge spontaneo un interrogativo. Astor è mai stato interessato a essereil
leader di un movimentooa fare da mandarinodella nuova musica urbana?
L’inserimento di «Nuestro tiempo» di Manzinel proprio discoe l’omonimia
tra il titolo del brano e quello dell’album sembravano inaugurare un rappor-
to trasversale coni suoi musicisti. In realtà, questa fase si chiude nel 1964,
dopo l’incisione di «Noposepe» (di José Bragato) e «Ciudad triste» (di
Osvaldo Tarantino) con il Nuevo Octeto Buenos Aires. Le lamentele media- Tra marzo aprile del 1963, il Quinteto incise Tango para una ciudad, con
tiche di Piazzolla sulla situazione distallo del tango erano commisurate al- gli stessi musicisti del disco precedente. Seduto con le gambeaccavallate e
l'indifferenza che suscitava in lui l'impegno di colleghi o epigoni (pur con vestito tutto di nero, Piazzolla sorride in copertinasicuro disé. Stavolta il
qualchelieve gesto di approvazione che nonfaceva che confermarela regola poeta Juan Carlos La Madrid a prenderela parolasulretro del disco. Lo de-
del disinteresse). Dubitava della qualità degli altri compositori o prendeva finisce un musicista che dota il tango di una patina «avanguardista» e «con-
atto in modorassegnato di un momentodi aridità? A metà del decennio,il ri- quista melomanie cultori eruditi», scatenando al contempo «le reazionidi
flettore sarebbestato puntato solo sudi lui. Non ci sarebbepiù stato «il no- coloro che beneficiano degli interessi di casta e dei convenzionalismichein-
stro tempo»: tutto sarebbestatoscritto in prima persona singolare. terferiscono con l’evoluzione del genere». La Madrid crede checisi trovidi
fronte a una vera e propria «epopea», e se da unlatola colloca sullo stesso
piano dei rinnovamenti poetici,pittorici, visivi e del «miglioramentodel be-
nessere», chiede l’attenzione di coloro che ancora rimpiangonoi giorni in
cui Avenida Corrientes «era angusta», un elemento chenonfacheriflettersi
nella musica stessa. Ma non lasciamoci ingannare troppo dal panegirico: La
Madrid è il ventriloquo di Piazzolla. L’intestazione delretro di copertinari-
porta unacitazione di Stravinskij: «Nonsacrificherò mai quello che amo e
ciò a cui aspiro per soddisfare le aspirazionidi coloro che, nella innata ce-
cità, non si rendono conto che m’invitano semplicemente a fare macchina
indietro [sic]. Che lo sappiano, ciò che vogliono non fa per me e acconten-
tandoli farei violenza su mestesso». La fraserisale agli anni Trenta, quando
Stravinskij veniva criticato per essersi distanziato dal «periodo russo»a fa-
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voredi un neoclassicismo che,a dirla tutta, non convinceva nemmenoAstor, maginario”hainizio lì, in quell’armonizzazione politonale, nei ritmiforti,
«Dopo Lasagra della primavera è peggiorato,e solo per stare al passo coi marcati — l’“eccitazione febbrile”. Il tutto nella cornice di un pianismotota-
tempi, per smetterediesserese stesso. E per me, da quel momento è morto», le dove potesse esserericreato lo spirito della musica nazionale» .5* Ginaste-
avrebbedetto a Speratti.' Un atto di leggera impostura. Nonfosse altro che ra esaltava «l’importanzadel folklore nel nostro continente», ma deplorava
peril fatto che Tango para una ciudad è semmaidebitore di Bartòk e Gina- la «semplicità della sua armonizzazione,l’innocenza elementaredell’elabo-
stera. Il riferimento a Stravinskij è meramente strumentale: consenteallea- razione, la mancanzadiun solido sviluppo strutturale». Bart6k, diceva, era
der del Quintetodiporsi rispetto alla «Vecchia Guardia» come un antago- colui che gli aveva permessodi superare quella dicotomi4. Piazzolla elaborò
nista illuminato. Astor, se da unlatosi identificava coni pittoriastratti, dal- unasintesi personalissimadella linea che aveva collegatoil quartiere di Bar-
l’altro continuava tuttavia a reclamare al mondodella tradizione un ricono- racas a Budapest negli anni Trenta. Sebbene Piazzolla, o meglio,i suoi ese-
scimento impossibile, o una generosità che lui per primo non dispensava af- geti abbiano decantato i brevi studi con la Boulanger, tentati dall’aura di
fatto. Sebbene usasse sostenere cheil suo pubblico era «la gioventù» 0, per prestigio del contesto parigino e dai nomidi alcuni suoi alunni del passato,
la precisione, gli amantidel jazz del dopoguerra,si ostinava a cercare un’ac- se C'è un compositore classico che ha davvero influito sul bandoneonista è
clamazione senza senso. senz'altro Ginastera. I materiali delle sue prime due sonate per pianoforte
Tango para una ciudad puòesserevisto, sotto molti aspetti, come la con- incidonoin particolar modosulle decisioni prese da Astor quandoscegliedi
tinuazione di Nuestro tiempo, ma è ancheundisco nel quale Piazzolla mo- infrangere le convenzioni. È un barlume e insieme unindizio di quanto fos-
stra una maggiore vicinanza conil jazz. La città immaginata dal composito- sero radicatein lui le lezioni del suo maestro. Il fugaceutilizzo simultaneo di
re richiede un aggiornamento di queltipo. Il jazz si insinua nelle sincopi, in campidiatonici formatidaitasti neri e bianchi in «Tango para una ciudad»,
certe accentuazioni e nell’uso del walking bass, ma anchenelle progressioni ad esempio, sembratratto dalla Segunda sonata. Il riflesso di quelle partitu-
armoniche e nelle melodie costruite sugli accordi. Il disco si apre con unodi re sarebbe diventato più evidente in seguito, in un brano come «Vayamosal
quei rarissimiincipit — giusto quelli di Mingus Ab Um e di Kind of Blue di diablo» o nel malamboutilizzato in Maria de Buenos Aires. Ginastera non
Davis — che, per la loro veemenza,lasciano paralizzati. Il brano chedàil ti- influenzò Piazzolla solo conil suo stile giovanile, ma attraversola stessa ex-
tolo al disco è suddiviso in due parti: «Tango para una ciudad 1» e «Tango ciclopedia che l’aveva determinato, o con quanto potevaessere trapelato nel
para una ciudad ni». La prima condensagli espedienti che poi, come una corso delle lezioni private. I riferimenti «classici» di Piazzolla — Stravinskij,
bomba a grappolo,si disseminanopertutto llp. La seconda parte sembra Bart6k, Ravel — sono quelli indicati da Ginastera. In quegli anni, la ricerca
quasi unosviluppodi «Tres minutosconla realidad», calibrato sulle esigen- di una musica insieme «moderna» e «nazionale» era un elementocheli ac-
ze dell’eccezionale virtuosismo del Quinteto. Per l’esattezza,si tratta di due comunava, benché non volessero ammetterlo (soprattutto Ginastera) e no-
minuti e trentadue secondi che cominciano con un tema basatosulla scala nostante vi fossero giunti attraverso percorsi diversi. All’inizio degli anni
esatonaledi cui si avvale Debussy nel secondodei suoipreludi per pianofor- Sessanta, il maestro di Piazzolla era uscito dalla fase «oggettiva» (Panambi,
te e con alcuni passaggi che denotanol’influenza di Barték (il movimento Estancia, le prime sonate). Era finito anche il periodo del «nazionalismo
con un’aria da «toccata»), mentre le concatenazioni conclusive ricordanoil soggettivo», durante il quale aveva abbordato il sistema dodecafonico.
Ravel di Le Tombeau de Couperin. Se «Tango para una ciudad u» è in un Spinto da «profondeesigenzespirituali», Ginasterasi era immerso,fin dal-
certo senso una nuova messa a punto di «Tres minutos con la realidad», si l’inizio del decennio, in una fase «neoespressionista», come la chiamò lui
potrebbe anche dire che la versione di quest’ultimo pezzo eseguita dal Sex- stesso. La sua Cantata para la América Migica, del 1961, sperimentava un
teto alla fine degli anni Ottanta, con Gandinial pianofortee conil ritornodi ferreo serialismo, ricorreva a quarti di tono e a ritmi dai valori irrazionali
Malvicino, sia una sintesi di queste due composizioni gemelle. (settimine, quintine, nonine). La recensione uscita su La Prensa, firmata da
Serge Moreuxconiò l’espressione «folklore immaginario» per descrivere Leopoldo Hurtado, aveva evidenziato il modoincuil’uso di un linguaggio
la seconda stagione compositiva di Bart6k, compresatra il 1905 e il 1923, del tutto contemporaneoconsentisse paradossalmente di recuperare lo spi-
come un’evoluzionedel «folklore autentico»degli esordi.’ Ginasterala usò rito primordiale dell'America.’ L’opera prevedeva un arsenale di strumenti
per parlare delle proprie Danzas argentinas para piano, del 1937, e rappor- a percussione provenienti da diverse regioni del continente. Non ci sono
tarle all’Allegro barbaro del compositore ungherese: «Il mio “folklore im- fonti che attestino che Piazzolla l’avesse sentita, ma non sembra improbabi-
X
[216] [ 217]
le. Di fatto, è proprio in quel momento che Astor cominciaa inserire sempre mento dei rapporti gerarchici tra le note. Piazzolla non ha mai pensato di
più spesso effetti percussivi nei pezzi del Quinteto, comesi evince chiara- collocarsi al di fuori della tonalità. Le sue deviazioni dal centro di gravità
mente dal confronto tra la versione di «Lo que vendrà» registrata in studio non sono che momenti di tensione che confluiranno poinell’atteso riposo.
a gennaio del 1961 e quella incisa dal vivo tra agosto e settembre del 1963. Astor nonaspira a una simile opera di ingegneria per la sua musica. E nem-
È semprein quel periodo che arriva ad aggiungere strumenti a percussione — meno alle modulazionio ai tratti melodici che ne derivano. Si direbbe chesi
i piatti, lo xilofono — a quelli abituali per il gruppo, come avevagià fatto nel- trattasse solo di un ornamento, che non andavaoltre la superficie, il che non
la registrazione di «Tres minutoscon la realidad» eseguita a Montevideo. vuol dire necessariamente chefosse «superficiale». IL’adazionedi questi pro-
Ladistillazione piazzolliana di Barték successiva agli studi con Ginastera cedimentistratificati da parte di Piazzolla, da un certo puntodivista, non si
attesta soprattutto un mododi ascoltare. L’«orecchio» (un senso molto pra- discosta molto da quanto fa Herrmannin Psyco: un espedientein tutto e per
tico) sembra essere il mezzo più efficace per l'assimilazione. Piazzolla non tutto funzionale(e una delle due facce della medaglia chesta alla base del suo
applica a un’intera operala politonalità, e nemmenoi cosiddetti pitch-class patrimonio: un’opera con dei prototipi accentuativi immediatamente rico-
sets (insiemidi suoni), le permutazioni, le scale pentatoniche(tranne che con noscibili). Piazzolla non avrebbe potuto essere più saggio. La mimesil’a-
l’Octeto elettrico, main quel casoil riferimentosarà il rock) o i cicli di quin- vrebbe trasformato in un alunno esemplare dell’Università Cattolica Argen-
te nello stile del compositore ungherese (la sua fonte per le concatenazioni tina degli anni Sessanta. D’altronde, la Boulanger l’aveva messo in guardia,
armoniche è chiaramenteil jazz). Non elabora nemmeno schemiformali ba- invocando l’importanzadell’autenticità.
sati sulla successione di Fibonacci(la «sezione aurea» che struttura la Sona- La licenza di passare da unostile all’altro e lasciare traccia delle sue pre-
ta per due pianoforti e percussione di Bart6k) né attinge, se non comedetta- ferenze (quelle «classiche», del jazz e del tango) è riscontrabile, ad esempio,
glio coloristico, al vasto repertorio di attacchi e colpi d’arco sulle corde. Il nella versione di «Lo que vendra» del disco Piazzolla interpreta a Piazzolla,
«tritono» bartokiano, riconoscibile al primo ascolto, oltre a essere un mate- in cuiil violino imitail Barték del Quartetto n. 3 (la ripetizione di un breve
riale essenziale per l'articolazionedi scale simmetriche, non è affatto un ele- motivoconregistri diversi, le note doppiee il lieve portamento); o in un pas-
mentocostitutivo dello stile del bandoneonista. saggio di transizione di «La muerte del Angel», nei glissando e nel suono del-
le cordesul ponticello di «Tango diablo» 0, ancora,nella fisionomiadella se-
Poiché le costruzioni armoniche e melodiche in Bart6k contemplano pratica- conda parte di «Tango para una ciudad». Di tantoin tanto questi materiali
mente tutte le combinazioni possibili di modelli di intervallo, le funzioni dei «bartokiani» sonousati a discapito della tenuta della struttura generale. Ma
quali variano a seconda del contesto,lo studio isolato di semplici frammentiri- il rischio di una coesionedeficitaria trova quasi sempre una compensazione.
schia di indurre a un’eccessiva semplificazione e a un’interpretazionedistorta. Il groove del Quinteto, la potenza dell’esecuzione è ciò che contribuisceine-
quivocabilmente a rendere compatto tutto l’impianto; è un elemento unifi-
Questo è quanto afferma il musicologo statunitense Elliott Antokoletz,” catoredello stile piazzolliano e riesce a mimetizzare, e perfino a nascondere
per poi aggiungere che «Barték era consapevole che conla dissoluzione del- certe sbavature. Quando Piazzolla è meno «letterale», nei momentiin cui
le tradizionali funzioni tonali stava emergendo una nuova concezione dei Bart6k o Ginastera diventano un’«astrazione»(nel caso di Stravinskij, que-
rapporti che configuravano il continuum cromatico». La sua tendenza a sto si traduce nel modoin cui vengonoripensatele sue strutture additive), i
equiparare i dodici suoni diede luogo a un sistema privo di centro tonale, ed risultati sono straordinari. «Fracanapa», il brano che chiude Tango para
è questo il punto su cui converge con Schònberg, malgradole differenzesti- una ciudad, attesta questa maestria. Il pezzo è un capolavorodisintesie di
listiche segnalate da Antokoletz, che definisce Bart6k un compositore «post- compressione espansiva, se può passare la contraddizione. La sua origina-
tonale». Tuttavia, il modoin cuisfrutta i pitch-class sets «ne costituisce l’a- lità deriva dalle combinazioni e dalle sovrapposizioni metriche e sonore
nello di congiunzione» (un buon esempio è l’ottava Bagatella op. 6 per pia- (3+3+2 su unpiede di 4/4). Piazzolla sfumai segnidistintivi della milonga(a
noforte). Nelle due Sonate per violino e pianoforte (1921 e 1922), Bartòk si cominciare da una sincope), ma questa, via via che si attenua, risalta ancora
avvicina, più che in qualsiasi altra opera, a un cromatismo atonale estremo. di più. «Fracanapa» mostra una melodia-ostirnato costruita a sua volta sul-
Il Quartetto n. 4 (1928) è una delle sue composizionipiù astratte, in cuiil la base di un pedale, che si ripete man manoindiverse tonalità. L'armonia è
principio di simmetriae il libero impiego dei modi comportanol’indeboli- elementare, ma passa in secondo piano, travolta dall’impulso ritmico. Gli
r
[218] [219]
tri strumenti si adeguano, sono incalzati da quel materiale. L’arpeggio del-
a chitarra e il pianoforte ripetono anch'essi certi patterns che non arrivano
a costituire degli elementi motivici, mentre il contrabbasso mantiene il pro-
prio ostinato. Sec un’opera che rappresenta una «ripetizione con differen-
za» è questa, una elle pochein cui Piazzolla non ricorre a un «temas». Il
violino introduce) ‘unico elemento «lirico» e contrastante. Note lmghe,
rein line con l'accordo, e sporadici elementi di anacrusi cle per-
quasi semp b
enza Perderei suoitratticostitutivi.
mettono al PIANO 4 procedere s
come «Cafetin de Buenos Aires»
L'inserimento di un pezzo malinconico mo
un effetto sconcertante. Il manieris
in Tango para una ciudad provoca è Stato depurato e la canzone ha più
he cagatterizzava «Milongatriste»
‘brio. genere però nonsi addice granché a Piazzolla. «EI mundo de los
dos», canzone con uninsipidotesto del diplomatico Albino G6meze una fu-
gace voce femminile all’inizio (la scheda tecnica sul disco non specifica chi
sia la cantante), inaugural’epoca dell’ostizato vocale.Il secondo tema ren-
de piùgiustizia all’inventiva melodica di Piazzolla, in modoquasitrionfale.
La bellezza «musicale»di questa parte della canzone è un debutto ma anche
un 85° limite. «racundo» e «Buenos Aires hora cero» presentano lo stesso
Iking bass, m, seguonotraiettorie diverse. In comune hanno ancheunal-
elemento ch, sarà centralenello stile di questo periodo: un certo gusto
Da rumorismo (JohnCage, un personaggio troppo esoterico per Piazzol- Eppure, bisognerà aspettare. Piazzolla è tentato da altri sogni di grandezza
Nel 1961 era uscito a Buenos Aires Sopra eroi e tombe, il secondo re
la, fu colui che enfatizzò di più l’esigenza di liberare la musica dalla tiranni-
di Ernesto Sabato, che aveva riscosso un enorme successo commerciale. Se-
ll’armonia, approfondendo un’inqui I etudine che aveva accomunato1
de de «l nos condola leggenda diffusa dai biografi, Piazzolla, inmodo significativo; vi-
ca e|lettroNi] ca e concretaa). ). «Bue
futuristi italiani, Edgard Varèse e la musi li anni sareb- de nell’opera la possibilità di realizzare la sua versione bonaerense di West
del lato x del disco. Cong
Aires hora cero» è collocato a metà il tapp eto Side Story. AIdi là delle banalità esistenziali («Il mondo fa proprio schifo».
rtori opiazzolliano nonché
be diventato un pezzo classico del repe cato dal Martin reagì. «No, Alejandra! Nel mondoci sono anchecose belle!» Op-
addioaltranvai. Lozero evo
musicale della città che comincia a dire pure: «Voi giovani d’oggici credete dei reazionari. Eppure,e lei certamente
o di fondazione. Il tema rimarra sem-
titolo (cero) è il punto di partenza, l'att se ne stupirà, ai miei tempiero socialista»), il romanzo permette al suo au-
versioni successive. Analogamente a
pre fedele a se stesso, in quasi tutte le tore di dirimere controversie personali e di discutere di politica, metafisica
avesse fatto Piazzolla. La spinta pro-
«Fracanapa», dimostra quanta strada letteratura e anche di musica. Parlando di Borges, nel tredicesimo capitolo
are nuoviterritori da occupare.
pulsiva del Quinteto invogliava a sogn della seconda parte, un personaggio di nome Bruno dice: «È untipico pro-
dotto nazionale. Certo,il suo europeismo è tipicamente argentino. Un eu-
ropeo nonè europeista, è europeo e basta», Sabato nutre non poche per-
plessità sulla natura del virtuosismo borgesiano. E per questofa dire a Bru-
no: «Si dicono molte sciocchezze su quello che deve esserela letteratura ar-
gentina. L'importanteè che sia profonda. Tutto il resto non conta. E se non
; profonda è inutile che metta in scena i gauchos». Riguardoalla negazione

MALIAO
querandi della cac-

{ 220]
[221]
cia allo struzzo. Tutto il resto sarebbe imitativo e antinazionale[...] Noial- bato ostenta la sua capacità di assemblare e chiosare tutto quello che è stato
tri, per esempio, siamo argentini anche quandorinneghiamoil paese, come scritto sulle origini del genere. Si passa da Discépolo ad André Gide, dal na-
fa spesso Borges». zionalista Carlos Ibarguren a Macedonio Fernandez, da Borges, natural-
Tuttavia, nel trattare il tema del tango, non mostra tantaelasticità. Se ne mente, a Miguel Cané. E quandosi degna di esprimere un’opinione perso-
parla nel sedicesimo capitolo della prima parte, quando D’Arcangelo, un nale, sostiene che «un napoletano che balla unatarantella lo fa per divertir-
immigrato italiano che usail linguaggio dei film dell’epoca, ascolta su un si; il bonaerensechesi fa un giro di tangolo fa per meditaresull’esistenza».
vecchio grammofono «Alma en pena», di Anselmo Aieta e Francisco Garcia A giugnodel 1963, la rivista Panorama annuncia l’ustita dell’edizioneta-
Jiménez, e si abbandonaai propripensieri. Gardel lo fa commuovere. «Caz- scabile di Sopra eroi e tombe. Fa sapere inoltre che Sabato e Piazzolla, che
zo,tutti quelli che sono venuti dopo facevano cagare». Il tano — appellativo hanno dieci anni di differenza, stanno preparando una versione musicale
con cui gli argentini si riferiscono abitualmente agli italiani - domanda a del romanzochesi chiamerà Suite portefia. Saulo Benavente curerà l’alle-
Martin se gli piaceil tango e lui ovviamente rispondedisì, cosa dicui l’im- stimentoscenico, All’inizio si era pensato di proporre ad AnaItelmandi oc-
migratosi rallegra, approfittandone per lamentarsi di come stannole cose in cuparsi della coreografia, ma poi l’artista non aveva potuto unirsi a quel-
quel momento. «Orati sarò sincero, la nuova generazione non nesa niente l'impresa. «Una coreografa di Parigi ha espressoil desiderio diidearele se-
di tango. Solo fostrò, bolero, rumba,e tutte quelle stronzate. Il tango è una quenze di danza. Sabato si domandase una francese riuscirà a capire lo spi-
cosa seria, profonda. Parla all’anima, ti fa pensare». Lafilippica, natural- rito bonaerense», riporta la rivista. La Suite portefia era un progetto ambi-
mente,finisce per chiamare in causa Piazzolla: «E quando unodi quei pa- zioso. Si pensava di farla debuttare contemporaneamente a Buenos Aires e
gliacci pretendedi fare tango nuovo... non ne parliamo,sarà meglio. Il tan- a Parigi. Sulle prime, Piazzolla sembrava aver trovato nello scrittore il mi-
go dev'essere tango o niente». D’Arcangelo, però, è dotato di una bonaria gliore alleato possibile. Ecco cosa dichiarava Sabato sulle pagine di Claria
saggezza. «Capace che Piazzolla e quei ragazzi di adesso fanno musicaseria, il 22 settembre:
comeil valzer di Esstrau. Non dico mica di no. Mail tango, quelchesi dice
tango, è tutt’altra cosa». Il romanzo è ambientato nel 1954, all’alba della co- Il vecchio tango sta morendo. A questo stato di cose hanno contribuito diversi
siddetta Revolucién Libertadora, quando Piazzolla era a Parigi, lontano dai fattori: il cinema americano, il jazz, la formazione di una nuovaidentità cultu-
riflettori. Sabato intercalava con un pizzico di malafede le argomentazionie rale a Buenos Aires, ecc. O nasce un nuovo tango o non c’è niente dafare. E que-
le invettive con le quali anni dopo venneroaccolti l’Octetoe il Quinteto. Si sto è ciò che sta accadendo. Conequivoci, ingiustizie reciproche e mutuerecri-
minazioni, con qualche eccesso, eppure sta nascendo, In questo senso bisogna
potrebbe pensare chelo scrittore prendessein giro gli inquisitori del bando- riconoscereil coraggio dimostrato da Piazzolla anche solo nell’aver portato la
neonista. Ma, al di là della finzione romanzesca, si era già pronunciatori- situazione alle sue estreme conseguenze.
guardoalla posizione e alla discendenza di Piazzolla. La voce di D’Arcange-
lo non si discosta poi molto da quella del Sabato in carne e ossa,che, nel set- Male cose non erano così semplici e il legame sarebbe degenerato in un
tembre del 1963, disse: gioco ambiguo. Nellostesso trafiletto, don Ernestorivelavagiài limiti della
sua adesione al progetto.
Provo una grande ammirazione per Piazzolla e per tutti i musicisti che stanno
facendo qualcosa di nuovo con il tango. Macredochea volte, a furia di pole- Noncondivido del tutto le sue idee musicali, ma lo ammiroe lo stimo, e penso
miche e contrapposizioni, si facciano prendere la manoe chein certicasiil ri- che abbia un’ispirazione notevole. Però credo anche che la polemica chesi è in-
schio sia quello di perderei tratti essenziali che caratterizzanoil tango. Il tango nescata l’abbia spinto a estremidai qualidifficilmente potrà sorgere il nuovo
è sentimentale per natura e questo elemento, ad esempio, non può andare per- tango. È giovane e primao poiarretrerà su posizioni meno radicali che saran-
duto. no decisive per il nuovo linguaggio del tango. Inutile dire che non do ragione
nemmenoai nemicidi Piazzolla. È assurdo che costoro pretendanodifare tan-
Sabatosi cra già espresso a dovere in Tango, discusién y clave, un libro go oggi comelo facevano nel 1920.
uscito proprio nel ’63 in cui esponeva quali erano, erano state e dovevano
essere a suo parere le proprietà che definivano la musica di Buenos Aires.’ È poi ne approfittava per rivolgergli un monito: «Piazzolla non devescri-
Tango, discusibn y clave è composto da unacatervadicitazioni, in cui Sa- vere pensandoaisuoirivali, non deve contraddirli per forza, la sua vera mis-
,
[ 222 |]
[223]

Li
sione è operare una sintesi tra il vecchio tangoe quello del futuro. Spero an- descrivono Sabato come «unintellettuale che oscilla tra Ernesto Guevara e
che che lo aiuti un grande poeta».°° Un consiglio quantomenocurioso. Al- Mariano Grondona», un giornalista di destra cattolico e filoamericano, e
l’inizio degli anni Sessanta, Sabato incarnava ormaiil modellodello scritto- sostengono che ha sempre evitato di schierarsi in modo netto. Sebbeneri-
re tormentato. David Vifias, in De Sarmiento a Cortàzar,dice che l’autore vendicasse posizioni di parte, Sabato si era costruito una «facciata di neu-
del Tunn el aspirava a «diventare una moneta sacra,un simbol o oggettodi tralità» che incise anche sulla questione Piazzolla. E quandosi sbilanciò lie-
vemente in una controversia sulla modernità del tango,si allineò con l’auto-
culto, un corpospiritualizzato
sa al
se massimo». Se3 nel 195.1 Sabato compie 3una
re di un’altra Suite. . e
riflession e critica sulla centralità delle macchine (Hombres y engranajes),
con El otro rostro del peronismo. Carta abierta a Mario Amadeo, del 1956,
Unavolta hosentito la sua esecuzione di «Ciudad triste» di Tarantino e ho avu-
provaa intervenire nel dibattito in corso in quella società confusa. to modo di confermare una vecchia perplessità che continuo a nutrire riguardo
alla musica tradizionale di Buenos Aires e che ha a che vedere con la malinconia
uella sera di settembre del 1955, mentrej nsiemea dottori, lati fondisti e altri
drammaticachesolo il bandoneon riuscito a esprimere. Questo miinducea ri-
scrittori festeggiavamo in modo fragoroso1 a caduta del tiranno, dalla sala vidi
petere una cosa che ho già detto a suo tempo, ossia che, a furia di polemiche e
in BN cantuccio davanti alla cucina le due ragazze indigene che lavoravano Èì
contrapposizioni, gli innovatori del tango, opponendosi giustamenteal senti-
con le lacrime agli occhi. E anchesein tut !! Quegli anni avevo meditato sul tra- mentalismo,si sono spinti troppo in là e in certi casi hannofinito per ripudiare
gico dualismo che spaccavail popolo arg®NUno,in quel momento mi apparve il sentimento stesso, dando luogo a una musica fredda o cerebrale. Questo at-
nella sua forma più commovente. teggiamentorischioso non è raro nella storia dell’arte; ad esempio, al romanti-
cismofine se stesso si oppose una poesia glaciale. Ma la soluzione vincente è
Unascena «quasi esemplare», conclude. Sabato riconoscediessersi dato stata di certo quella di artisti come Stendhal,che era riuscito a diffonderelo spi-
allo scherno alla beffa anziché approfondire cosaci fosse di buono e ge- rito romantico usandounlinguaggio austero. Dev’essere questa grande formu-
nuino nel peronismo, aldilà delle «migliaia di canaglie risentite». La paro- la a risolvere la falsa antitesi tra una musica cerebrale e un tango lacrimoso. La
la risentimento è usata come un passe-partout dall’autore argentino. La viscerale ma severa emozione che proviamo con la musica di Eduardo Rovira è
la prova migliore della falsità di un dilemmadeltutto superabile.
adopera anche in Tango, discusiòn y clave per definire la tipologia dell’uo-
moditango: «Il risentimentoversogli altri è la manifestazioneesteriore del
Piazzolla si sentì chiamato in causa e raccolse la provocazione. Quell’en-
rancorenei confronti di se stessi».
Il peronismoaffiora anche in Sopra eroi e tombe, ma è improbabile che comioesaltato rivolto a un musicista che lui disapprovava rimase una spina
quella trama nascosta, che si palesa un po’ di più nelle scene delle chiese in- nel fianco di Astor per parecchi anni. «C’è un commentodi Ernesto Sabato
cendiate, potesse attrarre Piazzolla. È piuttosto indicativo che Piazzolla cer- nel quale ti accusa di dimenticare che il tango è essenzialmente sentimento.
casse la complicità di unoscrittore in fase di piena adorazione per Sartre. In poche parole, dice che sei molto freddo...», lo incalza Speratti.«Tutta
Questi, diceva Sabato, era un uomoche «ogniqualvolta abbia dovuto con- questa storia mi sembra assurda, la trovoridicola; la trovo davveroridico-
frontarsi con la realtà, l’ha fatto mettendosiin gioco, animato dall’impegno la, perché in termini musicali pensodiessereil tipo meno freddo del mondo.
civile».Era il «prototipo» dell’intellettuale del Novecento, che sembrava Per me, stare con il bandoneon è comestare con una donna che mipiace».
«più completo» di Albert Camusperil fatto di aver adottatospesso,fra le Il progetto del musical tratto da Sopra eroi e tombe rimase incompiuto(si
altre cose, «posizioni antipatiche». Sartre non temeva di esporsi in prima era perfino pensato di realizzarlo in un capannonedi Barracas, in tono con
persona. E forse era questo che, su un piano menotrascendentale,si aspet- l'ambientazione del romanzo). Sabato si trovò molto meglio con Eduardo
tava Piazzolla da Sabato. Che si mettesse davvero in giocoper la sua causa. Falù. Un anno più tardi i due concepirono Romance de la muerte de Juan
Lavalle, in cui una giovanissima Mercedes Sosa cantava la canzonetta
MaSabatoera semprealla ricerca di un equilibrio impossibile. In politica si
«Guarda millanto». Piazzolla avrebbe detto che il suo mancato partner in
schierava di norma nel campodel«ni». Secondogli storici Guillermo Korn
e Marî , pia [9Pez, a seconda dei momentie degli interlocutori, fac eva «mo- realtà non sapevascriveretesti di canzoni. L’universo piazzolliano,le dispu-
stra di n inPegnorivoluzionario che contrastava con un pensiero solita- te che il personaggio stesso suscitava avrebberoofferto ulteriori spuntialla
mente modeftt0» 0 propendevaper«il liberismo frondizista o per la como- penna di Sabato, che stilò un suo personale inventario degli anni Settanta
con L'Angelo dell’abisso (1974). Il bandoneonista irrompenelle pagine del
da — per nondirefelice — accettazione del golpe militare». Korn e la Lépez
x
è

[ 224 ] [ 225 ]
di Héctor de Rosas. Oltre a Sabato,
romanzo, Solo come comparsa,fra gli strali scagliati dall'autore controSar- Jorge Baroneal flauto, nonchéla visaeuna poesia di Diana Piazzolla in
tre, Victoria Ocampo, Marx, Perén, il Che. Sabato in persona, tramutatoin apparel’attore Alfredo Alcén, cheaasfixia bélica de noches despierna-
personaggio, chiede al «signor Robbe-Grillet» di «nonvenirci a dire come si «Réquiem para un malandra». «Embizzate»], declama Alcén,alla pre-
fa un romanzo». Questo Sabatofittizio è lo stesso che incontra Piazzolla in das» [«Nell’asfissia bellica di notti gnchestra-vocerecitanteoscillatrail
Avenida Corrientes. Sta per fermarsi a parlare con il bandoneonista quando senza austera dell’ottetto. La formuba le musichedi scenain sottofondo.
si accorge chesi tratta di «una specie di caricatura». Allora fa per cambiare
strada. «Che c’è? Ti spaventa la mia barba?», lo apostrofa Astor,e gli pro- radiodramma e i soliloqui del cinenialino che avevausato nel 195 5, inse-
Questo ottetto, al posto del secondo vostituito dalla peycussione. Il grup-
ponedirealizzare insieme un nuovo lavoro, una «Messa bonaerense», un al- risce il flauto, e il secondo bandoneonè del conduttoretelevisivo Nicolàs
tro progettoirrealizzabile.
Tango contemporaneo, il terzo e ultimo disco inciso da Piazzolla conla
PO si esibì nel boliche La Noche,il Itscnbte di copertina, parla di «un rin-
Pipo Mancera. Lostesso Piazzolla, meangiatore». In realtà nel disco com-
css (e il secondo registrato nel 1963), contiene almenoun breve assaggio ma
della collaborazione tra Sabato e il bandoneonista. «L’opera sarà senz'altro paionomolti ipraledshaniaatilacmensia
una maggiore enfasi sulla performance a punto conil Quintet”!
il tentativo più originale che sia mai stato compiutonel nostropaese, e finché si nota
del flauto in «Divagaciòn»e nelfinale strumentale, per esempio ct
nonverrà messa in scena, questa introduzione servirà a dare un’idea dell’at- dibRar
que vendrà», dove l’autore riconosce di diginsY@lto a ianpiane 2 »
mosfera generale chevi si respirerà», spiega Piazzolla sul retro di copertina.
iandosi
ziandosi dalla i i
primaversione per «esigenze dii temp 6 un na oméliflo
altmooi È
Il compositore descrive lo scenario chesi intravede di notte:il casermonedi
Barracasin cuisi svolge il dramma. E, parlandodi sé in terza persona,dice; cedeva con il primo Octeto, ci sono stranamente PO era menta»
«Piazzolla arriva a ricreare magistralmente,conflauto, violinoe violoncello, Piazzolla — solo quelli cantatio recitati — e, oltre ai targgiiglassici {i Recuer-
quella realtà nobile e antica nella realtà odierna,in cui il bandoneondescri- dos de bohemia» e «Milonguita»), vengono inseriti, comesì è fis détro, bra-
ve, in modosobrio e malinconico,la solitudine del protagonista e il mistero ni di altri autori contemporanei: «Noposepe»di Bragato, « Ciudadtriste»di
della notte e dell'amore sventurato». La «Introducci6n a héroes y tumbas» Osvaldo Tarantino — che in seguito avrebbe fatto parte del Quinteto e del
ha un attaccoin cui si riconosconoi materiali di «Introducci6nal angel». Fin Conjunto 9 comepianista — € « Sideral», di Emilio Balcarce.”° Questa versio-
dall’accelerando e dal violino cantabile in un registro superiore si intravede ne estesa del Quinteto sembravaessere la formazioneprediletta per le opere
la somiglianza con quell’antecedente. Anche la ripresa ha la stessa gravità. - 0 abbozzidi opere — finalizzate alla scena, come dimostra il gruppo molto
di
Tantoche si potrebbe considerare una riscrittura di quel brano così pregevo- simile — con la sola aggiunta di un percussionista, addetto agli idiofoni —
le. La sensazione di trovarsidi fronte alla stessa composizionea tratti è atte- Maria de Buenos Aires. L'ampliamento del Quinteto implicò per Piazzolla
nuata dalla potenza del gruppo, ma poi ritorna puntualmente la parvenza di unasfida irrisolta. La presenza di otto musicisti non arrecava particolari be-
qualcosa di già sentito ed è impossibile ignorarla. È l’entrata di Sabato, do- nefici in termini formali né timbrici. Il surplus quantitativoincidesoloin ter-
po una transizione al piano, a introdurre una componente melodrammatica mini di spessore, main generaleresta la sensazione di trovarsi di fronte a un
che differenzia il brano dal suo modello. «Ob, Dioses de la noche / de la me- complesso dalle potenzialità poco sfruttate. La scrittura piazzolliana, a quel
lancolia y del suicidio / oh, dioses de las ratas y las cavernas / de los murcié- punto, aveva raggiunto untale livello di concentrazione e finezza che qual-
lagos, de las cucarachas» [«Oh,dèi della notte / della malinconia delsuici- siasi aggiuntafiniva per nuocereall’enorme potere della formazioneridotta.
Cinque, La sezione aurea.
dio / oh, dèi delle cavernee deiratti / dei pipistrelli e degli scarafaggi» |], dice
loscrittore. «Ob, violentos inescrutables dioses del sueîo de la muerte / 0h,
dioses de las tinieblas, del incesto y el crimen» |«Oh, dèi violenti e imper-
scrutabili del sonno della morte / oh, dèi delle tenebre, dell’incesto e delcri-
mine»], aggiunge per poi congedarsi ripetendo le ultime parole.
In Tango contemporaneo, discoin cui si ricorre di nuovoa un artista pla-
stico — Osvaldo Romberg — perillustrare la copertina, al Quintetosi aggiun-
gono José Bragato al violoncello, Leén (o Leo) Jacobson alle percussioni e

{227 ]
| 226]
19 norità brillanti, l'intonazione perfetta,i glissandoe il timbro sporcatoaifi-
ni di una maggiore intensità, che ricordavanospessolo stile di Grappelli,
conferì al Quinteto degli anni Sessantail suo carattere definitivo. Per quan-
to riguarda gli attacchie il grado di essenzialità raggiunto dallo stile del
Quinteto, è sufficiente paragonarele loro versionidi certi brani con quelle
eseguite da orchestre più ampie,in cuile voci non sonopiù soliste, ma sud-
divise in sezioni. Lì, naturalmente,gli attacchi sono té&mperati, hanno un ef-
fetto meno percussivo,e le frasi musicali perdono quelcarattere energico, a
volte perfino violento. Se nel Quinteto Nuevo Tango non c’era improvvisa-
zione, o almeno noneraquella tipica di un gruppojazz, e le variazioni tra
un’interpretazione e l’altra di uno stesso tema potevanoridursi a questioni
di ordineagogico,difraseggio, a qualche ornamentoin più, altempo al ru-
bato, il grado di mimetismotra opera e performance era paragonabile sol-
tanto a quello di gruppi comeil Modern Jazz Quartet,il quintetto di Miles
Davis, il quartetto di John Coltrane o quello di Dave Brubeck. Sebbenefra
l’interpretazione di «Adiés Nonino» del Quinteto di Piazzolla e quella di
qualunque altro gruppo ci fosse una distanza apparentemente minore di
quella riscontrabile tra le versioni di uno stesso tema eseguite da musicisti
jazz diversi, il senso di trasformazione era molto simile. Solo il Quinteto di
Piazzolla suonava comeil Quinteto di Piazzolla, proprio in virtù del fatto
«Sul palcoscenico, mentre eseguiva i suoi pezzi con il bandoneon appoggia- che solo Piazzolla suonava come Piazzolla, e i suoi brani eranoeseguitial
to su un ginocchio, Piazzolla... era Gesù Cristo! E non esagero. Manellavi- meglio solo quandoa farlo era quel gruppostraordinario. Ascoltare la for-
ta ditutti i giorni era un tipo pressochéirrazionale», sostieneil suo produt- mazione ormaiconsolidata del Quinteto, quella degli anni tra il 1962 il
tore discografico degli anni Settanta, l’italiano Aldo Pagani.Tale descri- 1965, con Agri, Lépez Ruiz, Diaz e Gosis o Manzi, significa confrontarsi
zione, quasi mistica, avrebbe dovuto essere estesa anche ai musicisti che lo con un gruppoindissolubile, come per magia, dal pensiero del suo composi-
accompagnavano. La tradizione dei «boliches con musica dal vivo» che era tore e, per quell’epoca, è qualcosa che ha dell’incredibile. Negli stessi anni,
stata inaugurata dal Jamaica ebbeil suo momento di splendore conil 676 e Davis iniziava un nuovopercorsocon il suo secondo grandequintetto, for-
proseguì poi con locali come Nuestro Tiempo, La Nochee Sî, permettendo mato da Wayne Shorter, Herbie Hancock, Ron Carter e Tony Williams,
al gruppodi Piazzolla di sfruttare al meglio le proprie potenzialità. In una mentre anche nel campodeljazz si facevano largo le primeincursioni ato-
formazionenella quale in pochi dovevano fare moltissimo,il peso dello sti- nali e i procedimentidi rotturadipiediritmici più o menoregolari che avreb-
le di ciascuno,il respiro del fraseggio, il modoin cuisi aspettavano,si tro- bero dato vita a ciò che conosciamo comefree jazz. Fuori da quel mondo
vavano, acceleravanoo si arrestavano assunse unacentralità paragonabile nonsuccedeva ancora granché, e a Buenos Aires il panorama era ancorpiù
a quella degli assolo di jazz dell’epoca. «Calambre», «Adiés Nonino» o «Lo ristretto. C'erano solo presunti epigonidi Elvis Presley e Paul Anka,di no-
que vendrà» erano i successi che erano proprio perché venivano eseguiti da mePalito Ortega e Johnny Tedesco; traduzioni di «successi» italiani consa-
quel gruppo. Perfinole diverse interpretazioni di uno stesso brano,nelle va- crati da festival come Sanremo;un jazz locale pregevole con qualche bravo
ric fasi del Quinteto con nuovi musicisti, mostravanountale livello di origi- solista — ad esempio Gato Barbieri — benché privo di una cifra personale e
nalità che in un certo senso finivano per sembrare dei pezzia sé. Sono note- suonato da musicisti con gravi carenzetecniche;superstiti del tango che imi-
voli le differenze tra il violino di Bajour, impeccabile dal punto di vista tec- tavanose stessi.
nico ma menoportatoperil fraseggio, quello di Vardaro, espressivo ma dal L’ammirazionee la stima dei musicisti jazz che arrivavano a Buenos Aires
suonopiù povero,e quello di Agri, che, a partire dal 1962, con quelle sue so- e sentivano quel Quinteto è comprensibile. Nessuno meglio di loro poteva
7
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[229]

l'i
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rendersi conto di quanto fossero eccezionali. Nel 1962 0 1963 al mondoc’e- Vivaldi, ad esempio, contengono pochissime informazioni:
sono opere ch
rano ben pochigruppiin gradodi suonare comeil Quinteto. E anchein que- vanno arricchite con l’ornamentazione per tutte le linee
sto caso scindere fra interpretazione e composizione è virtualmente impos- melodiche e con Pin
venzione armonica per l’accompagnamento. Nelle rare operein
sibile. Quelle sonorità prodigiose si dovevano a quel gruppo che suonava cuiil mae
stro aggiungeva qualche indicazionein più al basso cifrato, scriveva
quella musica. La stessa di «Tango para una ciudad», con le sue sincopial a mar-
gine: «Peri coglioni», riferendosiai «noniniziati », ossia
bandoneon,i controtempialla chitarra elettrica, il contrabbassojazzistico, coloro che ignor
vanoi codicidell’interpretazione.
pienodi energia. Il gruppo e la musica che suonava erano untutt'uno. Sen- n
Che cos'è l’interpretazione?, si domandava il E
za che questo debba sminuirele versionidei brani di Piazzolla realizzate da René Lei-
bowitz. Se dueinterpreti di pari bravura possono dare a unaste
altri musicisti di tango.* Si potrebbe dire, estendendo quantosiè riscontra- ssa partitu-
ra Interpretazioni anche solo un po? diverse, sosteneva,è lecito
to in Piazzolla al tango in generale — e approfittandone per individuare nel domandarsi
se quella partitura possiedala verità assoluta0, al contrario, offra
bandoneonista una matrice che curiosamente è sempre stata messa in dub- unaverità
diversa a seconda dell’esecutore. E che cos'è una partitura per
bio — che la natura dell’interpretazione in quel genere è determinante quan- Piazzolla?
Un’unità indivisibile o un canovaccio da affinare mediante
to nel jazz, malgrado ciò si manifesti in modo menoevidente. Nel tango le le prove di n
gruppo di musicisti esperti? Sonoquelle deviazionisottili o lampant
note non cambianopoitantoe,al di là del fatto che qualche versione possa i, in de-
finitiva, a rendere più suggestivetali opere: il loro carattere
aggiungereo eliminare una parteo inserire delle variazioniparticolari,il te- TE ri-
spettoal testo (la scrittura cometerreno di piccoli equivoci).
maè sempre riconoscibile — o almeno moltodi più che nelle versionidei bra- Ci sono casi
come quello di «Milonga del ingel», in cui il bandoneon non
ni jazz. Non ci sono differenze paragonabili a quelle di questo genere, nel entra de
mai al momento previsto: a volte lo anticipa e opta per una nota
quale, a parte lo schema armonico — e a volte nemmenoquello, giacché gli tenuta fino
alla risoluzione della tensione. In altre occasioniè il violino a smussa
accordi possono tramutarsi in altri complementari — spesso nonc’è nientein rele in-
dicazioni sul tempo. Del resto, i portamentie i glissando, che regola
comunetra unaversionee l’altra. Eppure, comenel jazz, nel tango ogniin- no l’in-
tensità, venivano stabiliti durante le prove ma non erano segnala
terpretazione è unica e, per quanto noncisia la stessa consapevolezza, può ti nella tra-
scrizione compiuta da Bragato, che è semprestato l’addetto a
essere considerata a buondiritto un’opera a sé stante. Ciò che favorisce un questa man-
sione, oltre a dover completarein basealle indicazionidi Piazzo
tale livello di particolarità va ricondotto soprattutto all’ambito del fraseg- lla gli spar-
titi da distribuire ai membridel gruppo. In genere, sono gli strume
gio. Ed è proprioin questo che il Quinteto di Piazzolla eccelle. Da unlato, nti che
eseguonoil tema ad avere maggiore gioco, mENUe CONE,passo
applica al tango l’idea del gruppo disolisti tratta dal bop e dal jazz imme- pianofor-
te e chitarra, a menoche nonsia stato deciso altrimenti O
diatamente successivo che si ascoltava in quegli anni, ma anchedaisuoi an- più da vi-
cino la partitura, anche se contribuiscono a creare E
tecedenti più remoti: il Quintette du Hot Club de France,i trii e i quartetti di linea meri-
diana di frizione. Cosa sarebbe «Milongadel Angel»se l’inter
Benny Goodman,il trio di Nat King Cole,i gruppiridotti di Lester Young e pretazionesi
attenesse soltanto a quanto scritto sul pentagramma? Quella
Coleman Hawkins. E questo contrabbandodigeneri,di fatto, verrà apprez- flessibilità,
chiar amente,non doveva oltrepassare un certo limite. Lépez Ruiz
zato soprattutto dagli appassionatidi jazz. Dall’altro lato, però, insinua in ebbe mo-
do di accorgesene.
quel complesso che sembra jazzistico, che sembra improvvisare, un tipo di
soggettività e un senso dell’interpretazione che derivanodal tango: quelli del Un
Una volta > ene cii esibivam
esibi oinÎ un locale dii Buenos Aires,
i mii venne la ma-
fraseggio e del rubato. Da questo punto divista, Piazzolla può essere anche igurata
ur idea di fare uno scherzo musical i e mentre suonavamo. Volevo essere
associato all’interpretazione della musica in epoca barocca. Le partiture di spiritoso, insomma, e iniziai a su ci PS gioco una ma NANA
di "Se che nel
lo sparti
si tito non c » erano. Astor mi: fulminòcon lo sguardo (anniÌ dopo,
virtù di.
quelle occhiatacce, si sarebbe aggiudicatoil soprannome «Laser»
) e per poco
nonci restavo secco.$
* Nonci riferiamoalle versioniscritte da Piazzolla appositamente per altri musicisti negli anni
Quaranta e Cinquanta, ma a quelle eseguite nei due decennisuccessivi da orchestre comequel-
la di Troilo, Federico? Pugliese a partire da pezzi ormai consacrati dal Quinteto, come «Adiés Giù dal palcoscenico,il pubblico, anche quello più preparato, nonrius
ci-
Nonino»o «< Alba ortefio», che comunqueerano spesso arrangiate da Piazzolla stesso. È il vaa distinguere il sottile confine tra quantoerastatoscritto e ciò che
caso, ad esempio, della versione di Troilo del secondo branocitato. era sta-
to concordatoin seguito, soprattutto in caso di musicisti navigat
p
i del calibro
[ 230]
[231]

iL
di Jim Hall o Tommy Flanagan. «Tuttelesere si alzavanodai loro tavolini 11.
per venire a vederei nostri leggii e verificare se improvvisavamo o stavamo
leggendo la musica», dice Malvicino riguardoai concerti al Jamaica.
Nel 1963, Pierre Boulez tiene un corso a Darmstadt, in Germania: un
evento imperdibile per i compositori occidentali del dopoguerra, dal mo-
mento che verteva sutre concetti basilari che a quel punto presupponevano
nuove sfide: tempo, notazione e codice.’ Boulez ricorda l’importanza del
passaggio alla notazione proporzionale, che aveva permessoditener conto,
«al di fuoridella fisicità della carta», della realtà delle durate. Un composi-
tore concepisce unastruttura e la cifra secondo un codiceprestabilito. L’in-
terprete deve decodificarla perpoirestituire la struttura che gli è stata tra-
smessa.Il romanticismo,dice Boulez, fu lasco nelle sue codifiche: restituiva
il messaggio «con un margine di approssimazione più o meno ampio». Nel
corso degli anni si è pervenuti a codifiche di maggioreprecisione. Stravinskij
si interessò particolarmentealla questione: voleva cheil suonofosse coeren-
te con quantoerastato codificato. L’irruzione di nuove tecniche, comequel-
la dell’alea, basata suprincipi di casualità, e al tempostesso lo sviluppo del-
l’improvvisazione, specie nel jazz (dai workshop di Mingusalle trasforma-
zioni di Ornette Coleman), ampliavail raggio d’azione. È in questo periodo
che Boulez parla delle possibilità offerte «dalla discrepanza tra notazione ed
esecuzione,di cui bisognaservirsi[...] per generare un giocotra il composi- L'entomologia del tango eludeva la sostanza del
discorso. Tutta via Il
tore e l’interprete». La codificazione,dice l’autore di Éclat — tra le sue opere esce era sufficiente perverificarnelo stato
di purezza. Dall’Olanda,En.
forse quella più guidata dal caso — in definitiva, «è una complicità». Può an- da ue Cadicamo sentenziava nel 1962 che gli
europei «non potranno ndi x
che essere «volutamente ambigua», maincidere in modopositivosull’inter- cettarele.cose che SI stanno provandoa fare
da noi all’insegna della n
prete(il doppio del compositore). Piazzolla, nel mettere a confronto questi nità». L autore di «Garda» continuava ad
appellarsi all’«autenticità»
due aspetti, è comese leggessese stesso, è un lettore che nasce laddove l’au- me biglietto davisita in un continente nel
quale i gusti musicali saba
tore è morto (Roland Barthes dixit). E che cos'è un interprete se non colui cambiati vertiginosamente proprio quell’anno
, con l'uscita di Plesso PI »
che comprendee sa dar vita a unaretedisignificati? Se, comesi è detto, il mi- Me, il primo Ip dei Beatles. Cadicamo riven
dicava un tango «genuino. srl
glior Piazzolla è stato quello delle esibizioni dal vivo (Piazzolla interpreta plice, che arrivasse direttamenteal cuore».
Cercaredi snaturarlo aa
Piazzolla), le sue partiture restano un lascito vagamente impreciso, sonoil equivaleva ‘a «stroncare qualsiasi possibilità di un maggiore
nostra musica nella ridente Europa». L’invocazi
tio n della
complemento,la guida che occorrealle registrazioniai fini di un’emulazio- one era formulata sì ] | ;
ne postuma. L'esperienza di avervisto e sentito il Quinteto «in diretta» il gica di un funzionario degli Affari Esteri (il
sobborgotipico del tang< È i
vero plusvalore Piazzolla che ormai è appannaggio di pochiprivilegiati. Nel commodity). Quello stesso anno, in un prog
rammatelevisivo, il nr
loro ricordo vibra quell’istante sublimee irripetibile. Jorge Vidal credeva di aver trovatoil perchédi
quella deperierazione e ci
sava Piazzolla di non sapere cosa fosseil tango
. Intornoalla fi e di Atos
$i scatenavanoinfatti polemiche rissose o
discussioni sensi I o
“ retrograda e unilaterale di un fenomeno
come quello del Liana =
.TO senz ombra di dubbio — a quel punto
non faceva che precludere even-
a mia Si arricchimento. Nel r962i
n Italia era uscito Opera aper-
o ggt0 di Umberto Eco che non avrebbe tardato a conq
uistare anche al-

[ 232] [ 233]
cuni intellettuali argentini. Il libro proponeva un nuovo rapportodialettico intesa non solo ne, ma a roccamento). Richie-
tra l’oggettoestetico e il suo fruitore. All'epoca Eco era in stretto contatto leva agli ascolta SR conchiiju, nei Nche come ativerso cheera estra-
coni compositori Luciano Berio, Bruno Maderna, Henri Pousseur e André nea alla cultura"gelriunadisP9azzolla voleenEati delto come una mona-
Boucourechliev, fra gli altri, con i quali aveva lavoratoalla Rai di Milano.Il de dell’universo musicale bonaerense, ma con un’indole diversa. La limita-
sodalizio con Berio sarebbe andato oltre: collaborò con lui a uno dei suoi tezza allegorica del tango, con la sua «poetica dell’univoco», di fatto re-
brani elettroacustici per la radio, Thema. Omaggio a Joyce, un fugato etero- stringevail suo raggio d’azione.
dossoil cui testo è basato interamentesull’episodio delle sirene dell’ Ulisse. Piazzolla non era un iconoclastae, per quanto avesse ricorso allo «zero»
Questa esperienza fu uno degli spunti peril saggio. Eco trova nella «nuova per fatnela cifra della rifondazione del genere, non rinnegò o nonsi disso-
musica» il modello più compiuto di una tendenza comunea diverse arti: l’a- ciò mai deltutto dai suoi predecessori. Mail suo spirito innovatore era co-
pertura e l’indeterminazione, l’ambiguoe il plurivalente,il disordine e la rot- munque sproporzionatorispetto all’effettiva soglia di tolleranza dei suoi
tura degli schemi tradizionali che si credeva fossero immutabili e offrissero contemporaneinei confronti della novità. Nella prima metà degli anniSes-
una struttura «oggettiva» del mondo. Opera aperta non parlava solo di mu- santa prendeva piedein tutto il mondo la messa in discussione dei canoni
sica, ma anchedi fenomeni chefino ad allora erano pocotrattati, comela te- tradizionali. Opera aperta nonera frutto del caso.
levisione e altre forme di cultura popolare. Secondo Ecosi era aperto un I generi erano sottoposti a contestazioni e a cambiamenti vertiginosi. Le
«nuovo orizzonte epistemologico».?* Irrompeva un nuovo mododi «vedere, incomprensioni e i malintesi andavanoaldilà di Piazzolla, magli attribui-
di sentire, di capire e accettare un universo in cui i rapporti tradizionali so- vanola stessa originedialtri fenomeni. Il 17 marzo del 1964, la rivista Pri-
no andatiin frantumi e in cui si stanno faticosamente delineando nuove pos- mera Plana esprimeva unacerta perplessità riguardo alla musica pop.
sibilità di rapporto». Il panoramadell’arte si stava ramificando. Accantoal-
le strutture astratte esistevano quelle che le avevano precedute, ma i due Questa proliferazione di totem che hanno sdoganatole urla, gli attacchisel-
campi non necessariamente si negavano l’un l’altro. Al contrario, ampliava- vaggidiisteria, le voci onomatopceichedella serie yeb-yeb, eh e ohohob, sta fa-
no lo spettro delle possibilità. Di fronte a questo vincolo ampio e comples- cendo riflettere molte persone: perché nelle esplosioni collettive suscitate da
questi miti è insito una specie di respiro animale? Perché sono riusciti a insi-
so, l'autonomia interpretativa era un «invito a una libertà che, esercitata a
nuarenegli adolescentidi questa generazione uno stesso mododigesticolare, di
livello della fruizione estetica, non potrà che svilupparsi anche sul piano dei muoversi, di pettinarsi, di scherzare? Perché, insomma, sonoriusciti a ridurreil
comportamenti quotidiani, delle decisioni intellettuali, dei rapportisociali». tangoe altri ritmi ben definiti, chesi trattasse di milonghe, cielitos 0 cuecas, al-
L’apparizione di Opera aperta suscitò accese reazioni in Italia; la teoria di la stregua di una musica minoritaria?
Ecoeracriticata,fra le altre cose, per la rivendicazione della lettura polise-
mica di qualsiasi poetica, e per aver concessoa chiunquela licenza di inter- Primera Plana esigeva una spiegazione. Non trovò niente di meglio che
pretare in modo soggettivo, ammettendoquindil’impossibilità del giudizio consultare Ginastera. Il maestro di Piazzolla si schermì. Per l’autore di Pa-
unanime. «L'arte, più che conoscere il mondo, produce dei complementidel nambiquello «era un argomentodeltutto irrilevante». Quattro mesi dopo,
mondo,delle forme autonome che s’aggiungono a quelle esistenti esibendo Juventud, l'organo della Federazione Giovanile Comunista, ritornava sulla
leggi proprie e vita personale», avrebbe risposto Eco nel prologo di un’edi- questioneaffrontandola in chiave stalinista. In unalettera al «compagnodi-
zione successiva. Il semiologo basava la sua tesi su due brani fondamentali rettore», il lettore Placido Calma,senz'altro uno pseudonimo,sosteneva di
per l’introduzione della nozione di caso: il Klavierstiick x1 di Karlheinz avere qualcosa che «non mi va giù» e che «non mifa respirare». Che cos°e-
Stockhausene la Terza sonata per piano di Boulez.Si trattava di composi- ra? Erano, per megliodire,i falsi Fab Four, il cui arrivo a Buenos Airesera
zioni che, a suo parere,istituivano una «rete di relazioni inesauribili» di let- annunciato comesesi trattassediquelli veri.
ture che confluivano nella «poetica dell’univoco», mentre il pubblico colla-
borava alla creazione dell’opera. Le ambizioni di Piazzolla erano più mode- A me nonpiacciono gli american beetles [sic]. Non perché siano yankee, ma
ste. Anchelui, nel suo piccolo, lontano dalle ricognizioni militari nei circoli perché sono scarsi, non sannocantaree gli hanno messoin testa che potevano
delle élite musicali europee e ancorato a unacittà dimenticata, avevalettoil fare soldi a palate grazie ai «nativi del south america». Mifa rabbia che questi
capellonifaccianoi pagliacci e rendano pubblichele loro idiozie per servire me-
| tango «apertamente» e non comesesi trattasse di un discorso di chiusura

[235]
{ 234]
rettori diradio,° tv, agen-
i di
oveno:i produttori, gli agenti,ue un processo chesi realizzava «mediante l’alterazione delle nostre consuetu-
gl io quelli cheliman
iari
zie pubbli citarie, che nq sonoaltro che coviabitati dai rappresatanti delleoli- dini». Il documentosiintitolava «A proposito di invasioni...», e spiegava
garchie più retrive! che esistono diverse maniere per invadere un paese. Unadi queste è strango-
larlo dal puntodi vista economico in modochesi sottometta imploranteal-
L’autore della lettera se la prendeva anche con il pubblico. la sovranità dell’invasore. Un’altra è quella di «attentareal suo folklore, mi-
nando la sua essenza nazionale e spingendo le nuove generazionia farsi tra-
I poveracci che oggistrillano per tutta Buenos Aires non sono che una copertu- scinare dalle correnti straniere che investono la musicafla moda e i costumi,
ra per quelli che lavorano nell’ombra a favore del golpe, della speculazione e del in mododa trasformarlein qualcosadi ibrido, senza personalità», In tal sen-
fallimento della lotta [...] Penso che nonsia giusto permettere a chi vuole rin-
so, la Confederazione faceva appello «a tuttii ceti sociali della nostra pa-
cretinirei nostri giovani di farlo impunemente. È uninsultopergli stessi argen-
tini il fatto che certi compatrioti remino contro e tirino su una bolgia pazzesca tria» affinché contribuissero a rinsaldare «tutte le nostre tradizioni cultura-
per questi quattro imbecilli, mentre alla gioventù davverodotataa livello arti- li» al fine di consolidare «la vocazione argentinae la specificità del nostro
stico nonviene data la minima possibilità di sfondare. popolo». Nel momentoincuiil dibattito sul mododi rapportarsi ai grandi
centri di produzione verteva sull’imperiosa dicotomia fra PATRIA e coLOo-
Juan José Hernandez Arregui si ostinava a ricollegare questa folgorazio- NIA,gli appassionatidijazz e perfino Piazzolla potevanoessere assimilati al
ne beat all’imperialismo.* C'era, a suo mododi vedere, un rovesciamento «fronte nemico».
dell'immagine dell’Argentina nella percezione del paese da fuori, da parte Era la medesimacittà in cui Borges era chiamato «Georgie» con sarcasmo
degli Stati Uniti o dell'Europa. Dalla loro prospettiva, la patria si rimpiccio- nazionalista. Lo stesso Borges che, secondo Graciela Speranza, scorge,at-
liva, l'entità dell'America ispanica veniva sminuita e tutto ciò non faceva che traverso gli occhi di Marcel Duchamp, una svolta concettuale che si mate-
creare «una barriera psicologica opposta alla liberazione» .”? In questo mo- rializza in «Pierre Menard, autore del Chisciotte», racconto che la studiosa
dosi favoriva «un’idolatria ottusa per la supremazia culturale delle metro- considera «la pietra angolare dell’arte forbita della riproduzione,della fal-
oli, soprattutto nella gioventù, che è l’età dell’emulazione per eccellenza». sificazionee della copia».”? Menardscrive un Chisciotte che coincide, paro-
La cultura argentina è Ispanoamericana. E la componente europea nonspa- la per parola, con quello di Cervantes. L’opera, dice Borges, arricchisce l’ar-
gnola, «un supplementotardivo, sovrastatoalla fine dalla cultura origina- te incerta e rudimentale della lettura mediante la tecnica «dell’anacronismo
ria». Non andava affatto bene. HernAndez Arregui citava in proposito un deliberato e delle attribuzioni erronee». Secondo la Speranza, usa il lin-
comunicato della Confederazione generale dei lavoratori che risaliva al guaggio duchampiano della Gioconda con i baffi. La letteratura di Borges
1965, nel qualesi «mettevain guardiala gioventù dall’invasionestraniera», metterà in gioco, in qualità di procedimenti, limitazione, il plagio, l’ana-
cronismo,l’inversione temporale dell’asse ereditario,il bilinguismo che de-
riva dalla duplicità connaturata alla traduzione, il paradosso dell’omoni-
* La condannadi stampo sfizionalista del nuovo pop è inSinton ja con una poesia intitolata
«Miîsica Beat» composta i nfQuegli annida uno dei padri fordatori del tango, Enrique Cadica- mia. Borgesfa dell’originalità un esercizio tautologico. Il suo maestro è Ma-
mo. Eccocosa dice: «Unos fantas amigos ine invitaron/ aeseuch gr discos a un luga' pituco,/ cedonio Fernandez, che già nel 1926,sulla rivista Martin Fierro, affermava:
mesirvieron un whisky y comenzaron / a darlelena a un tango de Pichuco. / Era para que en- «l’originalità scarseggia a tal punto che ogginon resta che quella del primo
trara por el aro / porque poco después puso un cretino / canciones de los Beat's yles declaro /
que las sufri como un'tormento chino./ Era un ruido de cuerdas que mataba,/ un tono y domi- copista di un nuovo autore».?* La prima copia comesottogenere derivato
nanteinsoportable, / el cantor era un rope que ladraba /y todos lo encontraban formidable./ dall’originalità. Macedonio proclamala libera appropriazionedei prodotti
Esa moda que a mi me reventaba, / a ellos les baciaerizar la piel... / 5Ningunodeestos turros— dell’ingegnoe della genialità, «la socializzazione dell’intelligenza». La mu-
yo pensaba—/ habra escuchado tor disco de Gardel...?» [«Quei furfanti dei miei amici mi han-
noinvitato /a sentir dischi in un posto per damerini, / mi han versato un whisky e han comin-
sica si spingerà cosìlontanosoloalla fine del Novecento, prima con il remix
ciato/ a far la festa a un tangodi Pichuco. / Ed era solol’inizio / perché di lì a poco un cretino e poi con i campionatori, arrivando a mettere definitivamente all’angolo il
ha messo su/canzoni dei Beat's e vi possogarantire /che per me è stata una torturacinese. / C'e- concetto di autorità. Eppure, anchesea latere,il problemasi porrà sempre,
ra un rumoredi corde che uccideva, / un tono e una dominante insopportabile,/ il cantante era
a mo’ di interrogativo, per i compositori. Ad esempio, sorgerà daltipo di
un cane che abbaiava/ e tutti lo trovavanoformidabile. / Quella moda che a me davasui nervi
la quelli li mandavainvisibilio... / Nessuno di questi idioti — pensavo io—/ avrà sentito mai un rapporto che instaureranno dalla loro posizione marginale con la tradizio-
disco di Gardel?»] ne e coni portidacuisi irradianole novità. Benché,al loro arrivo,queste sia-
7
[ 236] [237]
12.
ssime alla scadenza nell’altro emisfero. In questo gioco di velokità,
di assimilazioni a metà, letture trasversali, circuiti precari, mestieri quasi
amatoriali, l’arte della periferia globale si doterà di una sua agenda perso-
nale. Nell'ambito della musica popolare, Piazzolla era stato allievo a distàn-
za di questescuole, pur senza sapere di appartenervi.

La precarietà delle condizionilavorative del Quinteto,l’abisso che divideva


il suo programma musicale dalle reali possibilità di farsi conoscere costrin-
gevaPiazzolla a spostarsiper tutto il paese. I gig sono sempre estenuanti per
i musicistie, presto o tardi, diventano il motivo scatenantedelle divisioni dei
gruppi, oltre a dar luogo a rancori duraturi. Malvicino lasciò il Quinteto
usandola stessa, ormai mitica, scusa che viene attribuita a certi mariti che
abbandonanola famiglia. Stavano suonando a Radio El Mundoe il chitarri-
sta aveva già deciso che quel giorno sarebbe partito per Lima,in Perù,insie-
mea un gruppo vocale. Il Quinteto portò a termine la prima sessionee, nel-
intervallo, Malvicino andò da Piazzolla per dirgli che usciva a comprarele
sigarette. «Torno fra cinque minuti», assicurò. Siccome gli strumenti che
avevausato noneranosuoi,li lasciò negli studi della radio e prese un taxi per
‘aeroporto internazionale di Ezeiza. «Il tano mi aveva messoin unasitua-
ione di merda».” L’aneddotoè esilarante oltre che eccezionale per la casi-
stica dei contratti basati sulla fiducia che Astor stipulava con i propri musi-
cisti. Va detto che da questo puntodivista, se si esclude qualche piccolo in-
toppo, Astor fu relativamente fortunato: riuscì a mantenere per molti anniil
grdsso della struttura portante del gruppo. Quando Kicho Diazdecisedi an-
dar$ene, aveva collezionato molti successi, ma era anche stremato datutte le
ore Nassate on the road. La prima tournée «importante»di Jimi Hendrix ne-

[ 239]
[238]
gli Stati Uniti, alla fine degli anni Sessanta, cominciò in un punto all’estre- musicale Augusto de Camposassicura che l'apparizione di Chega de sauda-
mità ovest del paese e continuò prima a Washingtone, successivamente, per de, l’atto di fondazionedella bossa, fu uno scossone per la musica popolare
altre migliaia di chilometri, percorsi sempre a bordo di un pulmino. Viaggi brasiliana.?* Le reminiscenze del bebope del cool,l'adozione di un’armonia
interminabili, certo, ma almeno avevano come scenario le autostrade del instabile, stridente per l’epoca, l'abbandonodi melodie orecchiabili, lostile
New Deal americano. Nell’Argentina degli anni Sessanta, la qualità degli cameristico,il personalismo limitato,il contenimentodegli accessitipici del-
spostamenti era ben diversa. Dopo aver inciso Bailable y apiazolado,il l’operalirica grazie all’inserimentodelcanto nei brani, la messa al bandodi
Quinteto, standoal ricordo di L6pez Ruiz, partì per Rio Gallegos. Il viaggio effetti prevedibili, la valorizzazione della sincope e deigilenzi (che portano
attraverso la Patagonia fu compiuto in «condizioni di trasporto estrema- De Campos stabilire un insospettabile parallelismotra Gilberto e Webern)
mente dure».7° Dormivanoin stanze d’albergo senza bagnoprivatoe allafi- e l'apporto sonoro della parola stessa impressero nel genere un marchiodi-
ne tornaronoa casa con pochissimi soldi in tasca. In circostanze analoghe stintivo e originale.
andarono a Cérdoba, Mendozae a Rîo Hondo, dove presero parte a un fe- La cosainteressante è che, indipendentemente dalla polemicain corso, la
stival di cinema per poi continuare in direzione di Santiago del Estero, una stampasi fosse presa la briga di analizzare il fenomeno. Cosa che Piazzolla
provincia che nei primi anni Sessanta era sinonimodi arretratezza economi non riuscì mai a ottenere, visto che nel suo caso la disputa si riducevaal-
ca € SOciale, Le trasferte erano insopportabili, duravano «un’infinità di ore». l’invettiva o al panegirico. Tra ottobre e novembre del 1960,il musicologo
Viaggiavano a ottanta chilometri all’ora, a volte sull’auto del bandoneoni- Brasil Rocha Brito spiegò in unarticolo uscito in tre parti sulle pagine del
sta, «che aveva quattroaffari che assomigliavanosolo molto lontanamente quotidiano Correio Paulistano la portata di quantostava accadendo. «La
a degli pnéumatici».?” Solo un'enorme convinzione, quasifossero degli evan- rivitalizzazione delle caratteristiche regionali del nostro repertorio popola-
gelizzatori musicali, poteva sostenere un progetto del genere, che rischiava re avviene a prescindere dall’adozione di procedimenti tratti da altre cultu-
costantemente di andare in fumoper questioni strettamente lavorative. re musicali o anche dalla musica erudita», ricorda De Campos. Gli espe-
La vastità del territorio argentino era inversamente proporzionale al nu- dienti di importazione furono però adattati alla bossa, vennero «adeguati
merodelle sale disposte ad accogliereil Quinteto. Ben presto, Piazzolla capì alle sue esigenze o servirono semplicemente comeispirazione per creare
che era necessario dare battaglia fuori dal paese. Neicorridoisignorili della procedimenti omologhi». Sonostati pochi, insiste, i casi di merotrasferi-
cancelleria argentina trovò una via d’uscita e anche un nuovo modus viven- mento. Inoltre, la bossa non aveva unospirito «iconoclastao ostile rispet-
di. La Prima occasione arrivò nel 1965, quandoil governodel radicale Ar- to a una tradizione che continua a essere viva proprio perché è stata inno-
turo Illia limandò in Brasile in qualità di ambasciatori culturali. Astor ave- vativa a suo tempo». Anche Anténio Carlos Jobim riteneva che la musica
va già avuto mododi conoscere alcune delle figur® più importanti del paese. popolare tendesse a uniformarsi alla musica erudita conil passare degli an-
Al 676 avevasentil0 Per la prima volta un uomodi poche parole che canta- ni. Rocha Brito, discepolo di Hans-Joachim Koellreutter, era impressiona-
va con unfilo di voce. Dalla sua gola era scaturita una melodia difficile da to dai testi di «Desafinado» e «Samba de uma nota sé», scritte da Men-
memorizzare. L'armonia era a tratti dissonante. La chitarra scandivail rit- donga. Quelle parole «veicolavano idee» che erano agli antipodi rispetto
mo in modoaltrettanto strano. «Se vocé insiste em classificar / meu com- alla «concezione del tango», diceva, vedendo nel tango un modello sorpas-
portamento de anti-musical / eu mesmo mentindo devo argumentar / que sato e nienteaffatto espressivo. Le affinità riguardavanopiuttosto l’ambito
della poesia concreta.
isto é bossa-nova, isto é muito natural» [«Se insisti nel classificare / il mio
@mportamento come antimtisicale /io, anche mentendo, devo rispondere/ Alle parole di RochaBrito si unirono qualche anno dopo quelle di Julio
dhe questo è bossa nov a, cheè molt onaturale»]. Era Jo io Giberto. Rodari Medaglia, compositore che aveva studiato all’Università di Friburgo e ave-
ga andatoa Rio de Ja neiro&ppost a per cercarlo. Quel la canzone era — è — va diretto l'Orchestra Sinfonica brasiliana e quella di San Paolo. Nel sup-
«Desafinado». I suoi autori, Antònio Carlos Jobim e Newton Mendonea, e plementoletterario di O Estado, il 17 dicembre del 1966, diceva: «Suonare
il suo timido interprete furonoal centro di unastorica controversia che ave- menoe farsi sentire di più». Era questa, secondo Medaglia, la formula della
va il suo epicentro nella città che era riuscita a far @nvivere la spiaggia con bossa. Sottolineò che Gilberto non si era mai preoccupato di prendere una
il cemento. È musica? È samba? È originale? Eranodomand e simili a quelle posizionein merito alle discussioni che lo riguardavano. Si esibiva in televi-
sione, alla radio, nei locali. Dopo aver suonato, metteva via la chitarra e se
rivolte all’Octeto di Astor alla fine degli anni Cinquanta. Il poetae critico
s
î

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ne andava. «La suafiducia in se stesso derivava dalla serietà e dall’intenso entusiasmo che la sua musica suscitò in loro ci obbligarono, dopo svariate ri-
lavoro di ricerca che stava portando avanti».?? chieste, a eseguire altri brani. Credo che quello sia stato l’inizio di una relazio-
Comunque non mancavanole proteste di chi voleva ristabilire la supre- ne amorosa tra Astore i brasiliani che sarebbe durata per moltissimo tempo.
mazia assoluta delle tradizioni popolari. Dal dibattito intellettuale, però,
emersero voci provvidenziali che stavano sempre dalla parte di Jobim e Gil- Il paese vicinoe insieme lontano divenneunodei luoghiin cui Piazzolla fu
berto. Anche quellediartisti esordienti. «Dire cheil sambasifa soltanto con più apprezzato. Lalista degli amm iratoriera sterminata: da Vinfcius de Mo-
la frigideira [un utensile da cucina a volte usato come percussione], il tam- raes a Milton Nascimento, daElis Reginà a Egberto GiSmonti, da Hermeto
burello o la chitarra senza settime e nonenonrisolveil problema», disse nel Pascoale Gilberto Gil a Ney Matogrosso, Edu Lobo, Caetano Veloso e Chi-
1966 un Caetano Veloso pressoché sconosciuto." A suo parere, Joào Gil- co Buarque. Furono questi ultimi due, durante uno spettacolo insieme al
berto aveva inaugurato una via straordinaria, si era permesso di usare «i bandoneonista alla fine degli anni Settanta, ad annunciarela sua presenzain
contenuti della modernità musicale per ricreare, rinnovare, per dare una termini trionfali. «La nostra è una generazione preceduta da grandissimi
svolta alla mpB».8' Era tutto possibile, senza per questo dover rinunciare a musicisti. Questa sera è qui con noi unodei più grandi musicisti del mondo.
una «linea evolutiva». Ed è sudamericano», disse Veloso di fronte a una platea sterminata.
L’aspetto saliente del caso Jobim-Gilberto è che, secondo Augusto de Piazzolla aveva trovato in Brasile gli interlocutori che gli mancavanonel-
Campos, la proposta «in poco tempo fu compresae assimilata» (mentre nel la suacittà. E, per di più, un’ossequiosa devozione. «Astore il Brasile ebbe-
casodi Piazzolla ci volle molto più tempo). A partire dalla bossa nova, «gli ro una relazione d’amore reciproco», dice Lépez Ruiz. Nel programmadi
accordialterati cominciarono a essere usati abitualmente»e si smise di dare sala che Medaglia in persona (nientemeno) scrisse per il concerto di Piazzol-
importanza «al fatto che la nota principale dell'accordo fosse al basso o la a Rio de Janeiro nel 1972,si sottolinea come Astor abbia saputo cogliere
no». La bossa rinnovò anchela grafica dei dischi, attenuandol’eccesso di co- il «carattere straordinariamente espressionista, patetico e decadentista» del
lore.I titoli introducevano nuoveistanze. Novas estruturas, A nova dimen- tangoe sia riuscito a farne «la materia prima di una composizione musicale
sio do samba, Samba nova concepgào, Evolugào, Avanco, Impacto, Esque- moderna». Avendo coniugato il tango con le istanze della modernità, ag-
ma 64 furono i nomidi alcuni lp, giunge, Piazzolla è «il musicista più emozionante e coerente dell’America
In Brasile c’era stato un golpe militare nel 1964, ma la censurae la bruta- Latina». Medaglia era convinto che l’arrivo del bandoneonista in Brasile sa-
lità dilagaronosolo cinque anni dopo.Il paese si sarebbe presto invischiato rebbe servito da esempio per i musicisti locali in un momentonel quale gli
nelle proprie diatribe (bossa nova e MPB controil yeh-yeh-yeb, canzoni di anni Sessanta erano «ormaistoria» e non bisognava smettere di «guardare
protesta contro tropicalismo). Eppure Piazzolla fu acclamatoquasi da tutti, avanti».In parteci avevavisto giusto. La capacità da parte degli artisti bra-
fin dal primoconcertonel 1965. «Il tango tradizionale puzzava di vecchio e siliani di assimilare le novità nel corso degli anni Sessanta non erastatafrut-
quella gente si stava godendo la bellissima rivoluzione musicale appena co- to della spontaneità. Nel 192.8, il poetae filosofo Oswald de Andrade aveva
minciata», dice L6pez RuiZ ancora colpito da quanto era successo la sera presentato il suo «Manifesto Antropofago», nel quale prospettava, in chia-
del debutto insiemeadaltri artisti locali.* ve modernista, l'assimilazione rituale e simbolica del patrimonio culturale
europeo: cannibalizzarela civiltà per cimentarsi in unascrittura decoloniz-
Le personeche frequettavanoquel teatro avevano famadi essere amanti della zata. «Miinteressasolo ciò che non è mio. Legge dell’uomo. Legge dell’an-
buona musica, ’ e forsefl
À per questo che, , di fronte alla locandinachele invitava
tropofago [...] Senzadi noi l'Europa non avrebbe nemmenola sua misera di-
ad ascoltare tanghi cominciarono ad andarsene lentamente,visto cheil tango
chesi ctOSsceva in Brasile era soltanto quello tradizionale e non avevanola più chiarazione dei diritti dell’uomo». Amico di Erik Satie e di Heitor Villa-
pallida idea che in Argentinaesistesse qualcosa di nuovoin quell’ambito.5 Lobos, De Andrade diceva di Wagner che «scompare di frontealle sfilate
delle scuole di samba di Botafogo» 8
Il Quinteto attaccò con «Muertedel ngel» e si compìil miracolo. In Brasile, i compositori reduci dal loro battesimo a Darmstadto che fa-
cevano parte dell’ensemble Nova Miîsica creavano strutture che consenti-
Davanti ai nostri sguardistupiti ed estasiati, il pubblico che se ne stavaandan- vano di accogliere altre forme espressive. Quelle aperture gli permisero di
do tornò via via a sedersi. L’ovazione che riservarono ad Astor e l’incedibile
entrare in contatto, al momentoe nel posto giusto, con il meglio della bos-
/
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P Duprat non rinnegava unatradizio- A partel’inclinazione di Shelton a vedere esotismi brasiliani dove non ce
sa, del tropicalismogdalaRoseto uito, a Cage,solo perchériuscivaa la- n'erano, l’articolo ebbe per Piazzolla la forza di una conferma molto attesa.
ne che lo legava 2 oddisfacent@ | berto Gil e gli Os Mutantes. Così co- L’importanza concessa alla sua esibizione doveva essere documentata, a co-
vorare in modo s . con Ù uncia o una debolezzail fatto di scri- sto di falsificare leggermentele prove: il risultato fu il disco Concierto de tan-
me Medaglia non considerava unarin corda della canzone «Tropicalia» di go en el Philharmonic Hall de Nueva York. Il concerto «vero» non era stato
vesdianaRAMA tuteprestazioni «professionali»che li invoglia- registrato, ma l’etichetta discografica del produttore Santos Lipesker — di-
vano a spaziare fra aree così diverse. È, ;l senso del meticciato a consentir- rettore dell’orchestra di un canale televisivo che, con lo fseudonimodi Vin-
gli di stringere sodalizi specifici e di trovare zone di accettazione reciproca. cent Morocco,eseguiva versionidi braniin linea conil repertorio di gruppi
A BuenosAires,l'assetto gerarchico della musica «erudita» faceva vivere i melodici europei come quello di Frank Pourcel — ideò una specie di disco
. . a, avulsa datuttoil resto. Il Brasile, da commemorativo dell’evento, che potesse dare la falsa impressione di essere
musicisti in unasorta s. i °°tazzolla un riconoscimentoal quale non una registrazione dal vivo. La copertina della prima edizione, con unafoto
questo puntodi inse tributava a che esisteva un’altra formadi ascolto. leggendaria del Quinteto che suonava su un palcoscenico davantialla scrit-
era abituato. È ce Un . teto approdò per la prima volta anche ta a caratteri cubitali PHILHARMONIC HALL DI NEW YORK, sanciva quel-
n piastranale giriIR. mpia delegazione culturale che com- l’impostura. Le registrazioni furono eseguite nel 1965 in unostudio di Cal-
prendeva Edmundo Rivero, gli Huanca Huae il compositore Mario Davi- fe Cérdoba, tra Calle Maipi e Calle Florida, a quanto ricorda Oscar Lépez
dovsky. Si esibì a Washington, aMounvernon,in Virginia — un concerto ri- Ruiz. Tuttavia, per quantoil titolo fosse un piccolo bluff, la musica era no-
preso dalla televisione — e poialla Ph. jrarmonic Hall del Lincoln Center, a tevole e assolutamente originale. Con Jaime Gosis di nuovo nel Quinteto,
Manhattan. Era un concertodi beneficenzaa favore dell’Associazione ame- per la prima volta compaiono nonsolo pezziscritti esclusivamente da Piaz-
uante cose erano cambiate a New York zolla, ma anche nove composizioni di cui non esistono versioniné registra-
ricana per la lotta cont. roi tumo ri. Q zioni precedenti,il che forse era più significativodi qualsiasialtra cosa (in fin
. .-_ ni, Il gruppodi Astorsi trovavaall’api-
citanpaPiazagta Affiinofiiéisione che scoprìdi essere oggetto di un dei conti per lui l’arrangiamento era sempre stato un modo per appropriar-
culto segreto da parte di alcuni grandi jazzisti: Cannonball Adderley, Jim si di un pezzoaltrui). Il già citato «Tango diablo»(in cui Gosis interviene sul-
Hall, Connie Kay. Quell’ammirazione occulta e ossequiosa dovette fargli le corde del pianoforte, cercando uneffetto piuttosto insolito), «Romance
acquisire non poca sicurezzae, al tempostesso, mise definitivamente a nudo del diablo» e «Vayamos al diablo», «Canto de octubre», «Mardel Plata 70»
i limiti di un contesto come quello argentino persviluppare il suo progetto. (uno strano esercizio premonitore che Piazzolla avrebbe replicato con «Mi-
maggio, i ew Yo 4 pnes affidò il servizio sul concerto a Ro- chelangelo 70», inciso nel 1969), «Todo Buenos Aires», «Milonga del an-
Quel 26),il giorn Na che “A scoperto Bob Dylan e” Joan Baez, e che gel», «Resurrecci6n del Angel» e «La mufa» formavano undisco liminare,
,, Frank Zappa. Eccoil resoconto pub-
alis sten £ avev“di
bert Shelto,jo dei»- pri7 also interpretato da un complessoin stato di grazia. «Milongadel angel» era do-
mi itorl
era stato u tata, ben più ditutti gli altri brani, di un senso di durata che l’ha resa «clas-
blicatoil giorno dopo: sica» all’interno del repertorio piazzolliano. Ogni pezzo musicale rimanda a
. n esempio di tango contemporaneoo d’a- una fase precedente, a qualcosa di già sentito, o prelude a una via non anco-
Il pubblico è stato conquistato da til gruppo di AstorPiazzolla. Il suoideato-
ra percorsa. In «Milonga del Angel» si possono rinvenireresti fossili degli
rvsnguardisangbanaleLicinio della famiglia della concerrina, con un
eccellente accompagnamento di pianoforte, violino, contrabbasso e chitarra adagidei Concerti brandeburghesi o del Concertoin sol per pianofortee del
elettrica. La sterminata inventiva di questo gruppo, così come il ricorso a tim- Menuet sur le nom d’Haydn di Ravel: schegge di ascolti rubati. Il resto, va
bri strumentali poco comuni, hannofattosì che la performance non fosse mai da sé, è milonga, ma pur sempre passata per l’insigne setaccio di Piazzolla.
monotona. A seconda dei momenti, il Quintero suonava come un'orchestra da La ripresa del tema principale viene solitamente ricordata dai suoiinterpre-
ballodegli anni Venti, come un modernogruppodi jazz simile a quello di Chi-

«n LOI AA.
ti come un momento sublime. Astor rivedeva costantemente la propria ope-
co Hamilton e Fred Katz, per sembrare infine un quintettoclassico in grado di
ra. «Lo que vendr4» e «Adi6s Nonino»sonostate tra le composizioni più
spaziare dalla musica da cameraalla bossa nova. Insomma, il Quinteto del si-
gnor Piazzolla non assomiglia a nessuno se nona sestesso,il che ci sembra già soggette a modifiche. «Milonga del Angel», invece, è sempre rimasta fedele
più che soddisfacente. a se stessa, ma ciò non vuoldire che fosse sempre identica. Nonostante l’a-

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derenzaallo spartito, ogni versione aveva qualcosa di nuovo da comunica- Piazzolla confessa a Primera Plana quanto sia orgoglioso della sua Serie
re. Nella prima si nota dipiù il ritmo da milonga/habarera. In quella del de tangos 1963 (poi meglio conosciuta come Tres movimientos tanguisticos
1983, il pianoforte di Pablo Ziegler è più etereo e la chitarra di L6pez Ruiz portetos).#” La suite per orchestra sinfonica debuttò al Teatro Coliseo, ese-
si prende maggiorilibertà. Quella del Quinteto del 1986 è un po” più lenta e guita dai musicisti dell’Asociacién Amigosde la Miisica. Secondola rivista,
in entrambesifa sentire l’assenza di Agri, sostituito al violino da Fernando nel leggere a prima vista la partitura, il direttore d’orchestra polacco Paul
Surez Paz. Il mododiscivolare sulle note è molto diverso. Anche alcuni Kletzki si trovò davanti qualcosa che era più di un tango. «È la prima volta
controcantisi discostano parecchio dalla versione originale. Il Sexteto del che miviene voglia di ballare una fuga», disse al cronista {helo intervistava.
1989 determina una nuovasvolta nell’interpretazione. La velocità continua AIdilà dell’apprezzamento e del fugato in questione, l’opera nonera affat-
a diminuire leggermente. Non c’è piùil violino,e il violoncello, insieme ai to quella che meglio rappresentava Piazzolla: era solo unatrasposizione, la
due bandoneon,le conferisce un altro colore. In questo caso, Piazzolla non moltiplicazionedelle voci di qualcosa di già sperimentato, che trovava la sua
predispose un nuovo arrangiamento né un’orchestrazione calibrata sulle ragion d’essere nel formato cameristico. E c’è di più: Serie de tangos 1963
possibilità del complesso: ripartì solo diversamente le voci. Comunquesi era una composizione profondamente conservatrice non solo nella gestione
senteil tocco fugace di Gandiniin certi passaggi. A quell’epoca «Milonga dell’organico, ma nel trattamento generale. La poetica di Piazzolla, sotto-
del angel», malgradoil suo tonoelegiaco, è ormai uno dei pezzidi punta del- posta a unasimile trasfigurazione, neuscivasvilita.
la scaletta e Piazzolla è così consapevole del suoeffetto inebriante che i nuo- L’annoin cuiuscì, aveva apertoi battenti il cLaeM (Centro Latinoameri-
vi dettagli servonosolo a tracciarne la genealogia. Il punto di partenza, Con- cano de Altos Estudios Musicales), che finoagli inizi degli anni Settanta fu
cierto de tango en el Philharmonic Hall de Nueva York, documenta un pa- un vero polo d’attrazione per i compositori di punta della regione. Patroci-
radosso che negli anni a venire avrebbe cominciatoa farsi semprepiù pale- nato dall’Instituto Di Tella, il CLAEM portò a Buenos Aires anche numerose
se. «Milonga del Angel» è il settimo brano dell’Ip. AI secondo posto, Piaz- figure dell'avanguardia europea e americana, da Luigi Nono a Earle Brown,
zolla decise di collocare «Romancedel diablo», un altro brano bellissimo, passando per Iannis Xenakis e Olivier Messiaen. Ginastera nefuil diretto-
ma estremamente simile, quanto al tono e alla forma, senza contare certe re. A Piazzolla quella geografia risultava comunqueestranea. Gli sembrava
concatenazioni armoniche e alcuni assetti melodici, alla «Milonga». Sem- anomala quantolo era la sua Serie de tangos 1963 per coloro che gravitava-
brano fatti con lo stampino. Dovevanofar parte dello stesso disco? Sebbene no intorno al cLAEM. Continua a sembrare un paradosso chesia il Teatro
siano separati da quattro pezzi molto diversi, quando arriva il momentodi Coliseo sia il 676, il «bunker» del Quinteto,si trovassero a pochiisolati da
«Milongadel Angel» è impossibile non vedere un legametrai due. Alla lun- quelcentro distudi. La distanzacheli separava,però, non si misuravadi cer-
ga, Astorfinì per scegliere quest’ultimo. «Romancedel diablo» vennesacri- toin metri.

ficato nei programmideiconcerti dal vivo. Già in quel disco affiorava una Nel 1966, i cinquant’annidi Ginastera furonofesteggiati pubblicamente,
prima avvisaglia del rischio connaturatoalla facilità con cui Piazzolla era in al Teatro San Martin,con i contributidei suoidiscepoli. Il Quinteto del suo
grado di riprodurre una stessa matrice: la possibilità di rimanere intrappo- primo ex allievo suonò, malgradola diffidenzainiziale deglialtri invitati, la
lato nelle maglie di una prevedibilità che avrebbe attenuato l’impatto della sua Serie del diablo. Un altro adepto, Gerardo Gandini, senza immaginare
sua musica. che più di vent'anni dopo avrebbefatto parte di una nuovaversionedi quel-
Quel neo diventava più evidente aldi fuori del Quinteto. lo stesso gruppo, era molto colpito: «Nessunosi aspettava una cosa del ge-
nere, era di una potenza formidabile». Quello scetticismo era ricambiato.
Tutto ciò che sono, che sento e che reclamoderiva dal tango. Per meil tango è es-
senzialmente ritmo, e a questo non voglio rinunciare. In tal senso, la mia ultima To nonhola sensibilità giusta per capire le nuove tendenze. Quello che fannoal
opera è la più sincera, quella che mi rappresenta e interessa maggiormente. So Di Tella, per esempio, queltipo di ricerca milascia indifferente... Ascolto John
benecheil folklore gode del favore della stampa ed è ben accetto ai compositori Cage e non è come ascoltare Barték. E sento Edgard Varèse ed è completamen-
che cercano un’inflessione nazionale per le loro opere. Anzi, il tango è associato te diverso da ciò che provo nell’ascoltare Stravinskij o Hindemith. Conosco le
da molti a un contesto frivolo, volgare, melodrammatico e stucchevole. Ma tut- cose di Pierre Boulez, Luigi Nono, Dallapiccola, ma continuo a parteggiare per
te queste connotazioni sono frutto di percezioni soggettive e pregiudizi, anziché Bart6k, Prokof'ev, Hindemith.
derivare da un esame oggettivo dei valori strettamente musicali del tango.

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Il perimetroche delimitava l’apprendistato giovanile di Astornell’ambito riconoscersi a vicenda? Il mondooccidentalesi trasfigurava. Il consumoe la
della musica classica non ammetteva integrazioni né aggiornamenti. Il mo- tecnica alteravanoil protocollo. Le categorie di «progresso» e «restaurazio-
do di esprimerela sua perplessità, le argomentazioni addotte per giustifica- ne» erano ormai palesemente abusate. Nel 1963, la rivista Sur traduce un
re i suoi limiti personali non possono che sorprendere in un artista come saggio provocatorio dello scrittore e poeta tedesco Hans Magnus Enzens-
Piazzolla, così avvezzo alla dissertazione estrosae persinoalla litania. berger. Si intitola «Le aporie dell’avanguardia».
Pierre Boulez, direttore del Domaine Musical, rimarcava in un program-
madi sala che certe «penne inopportune» avevano cercatodi spiegarela ri- Indubbiamente la metafora «avanguardia» non esclude l’tdea stantia che si
sonanza di quei concerti parigini degli anni Sessanta riducendoil loro pub- debba gettareil passato tra i ferri vecchi. Eppure essa non puòessereridotta al-
la volgare adorazione della «novità». In essa è implicita l’idea della non-con-
blico a una massadi snob,di giovani scorbutici, di persone di mondo,fana-
temporaneità del contemporaneo: precursori e continuatori sono presentiin
tici, perfinodipolitici. «La loro colpa principale è quella di ostinarsi a pen- ‘ogni momentodel processo. [...] Len avant dell’avanguardia vorrebbe, in certo
sare che Webern sia più importante di qualunquealtro musicista, per quan- senso,realizzare il futuro nel presente, precorrereil corso della storia.
to ragguardevole». La musica del dopoguerra era considerata esoterica,
quasifosseil capriccio di un’ «intellighenzia intemperante», il frutto di «pas- Per Enzensberger,il capitalismo aveva trasformatole arti in una concreta
sioni depravate», oltre che un valore stimato solo da «recidive mentiastrat- realtà economica.
te». Quelle erano opere «eccessivamente complesse, più ambiziose dello
stretto necessario», che «non avrebbero mai convinto un uomoperbene, de- Porta l’opera d’arte al mercato. Oltre a essere ridotta a merce fra merci, l’ope-
dito alla chiarezza e al sentimento».Le stesse accuse che, nell’ambito del ra d’arte entra in concorrenza conaltre opere d’arte. La garastorica per la po-
tango, ricadevano sul Quinteto, ma delle quali Piazzolla si era appropriato sterità si trasforma così in competizione commerciale con la conquista della
contemporaneità. Il meccanismo del mercato — affannoso, modellato approssi-
a sua volta perriferirsi alle novità musicali che si facevano largo a Buenos
mativamentesull’economia aziendale, rivolto a una rapida svendita — imita, in
Aires, dentro e fuori dal CLAEM. dimensioniridotte, il corso divorante della storia. Il momentoanticipatore del-
Eppure Piazzolla non era il solo a nutrire queste riserve, nelle quali si l’arte si traduce in speculazione; si quota il suo futuro comequello di un’azione
confondevano competenzae pregiudizio. Cortàzar dedicò un intero capito- in borsa.
lo di I/ gioco del mondo”alla presa in giro di una musicae di certe pratiche
che, per la prima volta, l’avevano fatto sentire vecchio. La scena è questa: L'esperimento come concetto estetico è da tempo penetrato nel lessico
Oliveira vaga per Parigi. Piove a dirotto e come riparo nontrova di meglio dell’industria della coscienza... Experimentum significa «ciò che è esperito».
che un concerto per pianoforte di Berthe Trépat nella Salle de Géographie. Nelle lingue moderne, aggiunge Enzensberger, questo terminelatino indica
Non c’è quasi nessuno «a parte alcunisignori calvi, altri barbuti e altri en- un procedimentoscientifico per verificare teorie e ipotesi tramite l’osserva-
trambele cose». Una ventina di personein tutto. Il concerto comincia con i zione metodica degli eventi naturali.
«Tre movimenti discontinui», il brano di un’allieva della Trépat che aveva
trovato la sua ragion d’essere nella «reazione provocata nello spirito del- L'evento da chiarificare deve poteressere isolato datuttigli altri. L’esperimen-
to ha senso solo se le variabili in gioco sono notee definite. Si aggiungala se-
l’artista dal colpo di una porta chesi chiude violentemente». I trentadue ac-
guente ulteriore condizione: ogni esperimento deveessere ripetibile e, se ripe-
cordi che formano il primo movimento sono «altrettante ripercussioni di tuto, condurre a unoe a un solo risultato univoco. Cioè: un esperimento può
quel colpo sul piano estetico». Naturalmente, il modesto pubblico finisce riuscire o fallire solo in rapporto a unfine esattamente definito in precedenza.
per abbandonarela sala alla spicciolata, finché Oliveira rimane da solo di Presuppone dunqueriflessione e implica un’esperienza diretta. In nessun modo
fronte alla patetica pianista con la faccia da «bambola di stoppa», la com- l'esperimento può essere considerato comefinein sé: di per se stesso nonhaal-
patisce, la accompagnaa casa, ma poisente di volerle mettere un «piede sul- cun valore. Teniamo inoltre presente che un esperimento autentico non ha nul-
la faccia, schiacciarla come una cimice, farla scoppiare come un contrab- la a che vedere con l’audacia. È un semplicissimo e indispensabile procedimen-
to d’indagine sulla conformità degli eventi a una legge. Richiede, in primo luo-
basso che cada dal decimo piano». go, pazienza e penetrazione, prudenza e diligenza. Quadri, poesie, rappresen-
Ebbene, quanti significati doveva avere la parola avanguardia per essere tazioni teatrali non soddisfano queste condizioni. L'esperimento è un procedi-
sulla bocca di impostori, dilettantie artisti situati agli antipodi, incapacidi mentoper la produzione di conoscenzescientifiche, non di opere d’arte. [...] ’e-
#
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sua stessa dialettica. Fin doveci si può spingere? Quandoinizieràil logora-
sperimento-bluff giocherella con il metodo scientifico e le sue pretese, ma è ben
mento?
lontano dall’impegnarsi su questo piano. [...] Si è così dimostrato che questo
concetto è assurdoe inutilizzabile. [...] L’avanguardia non è affatto disposta ad Il concerto alla Philharmonic Hall, in tal senso, andrebbe letto comeil se-
attenersi alle esigenze metodologichecui lo scienziato deve sottostare.” guito di un processo di sutura iniziato un anno primae che dureràfino al
1967. Conil disco 1944-1964. 20 aftos de vanguardia con sus conjuntos,
Più che altro per ragioni epidermiche, Piazzolla era immune da queste Piazzolla riscriveva la propria storia, fissava un canonedise stesso. Tre an-
pratiche. La sua modernità seguiva un calendario diverso. Su quello stesso ni dopo, conla raccolta in più volumi Historia del tange, avrebbe ripercor-
so il genere dalla «Vecchia Guardia» all’attualità.?* In tutti questi dischisi
numerodi Sur dovevaaverletto e sottoscritto in pieno le remore di Leonard
Meyer, discepolo di Coplande autoredi saggi come Emozionee significato nota l’esigenzadi essere ascritto a una certa genealogia. Il Doppio A(stor) re-
nella musica (1957) e The Rbythmic Structure of Music (1960), fraglialtri. clamavatantoil ruolo di musicista classico quanto quello di avanguardista.
Piazzolla poteva sentirsi o anche essere un artista minoritario, male case di-
Meyer non nascondele sue perplessità rispetto all’irruzione nella musicadi
elementi incidentali del tutto soggetti al caso. Analizza Music of Changes, di scografiche, in questo caso Philips e Polygram, assecondavanoognisuo de-
siderio. Il disco 7944-1964 richiese una produzione dispendiosa, con la par-
John Cage,e il Klavierstiick x1 di Stockhausen — così apprezzato da Eco — nel
tecipazionedi svariati musicisti assortiti in mododiverso a seconda dei bra-
quale l’esecutore può cominciare da qualsiasi pagina della partitura. Per
ni, che quindi esigevano di volta in volta un’incisione particolare. L’album
Meyer, con Barték si era chiusa l’era del senso teleologico di una composi-
sintetizza una parabola personale, traccia una linea temporale che va dalle
zione, della suafinalità. La musica d’avanguardia, sosteneva, non tende ver-
origini a un presente prolifico, dall’orchestra tipica e da quella di strumenti
so punti culminanti, nonsi prefigge obiettivi da raggiungere. «Noncrea al-
a cordaall’Octeto e al Quinteto. Piazzolla mette in moto un grande impian-
cuna aspettativa, se non forse quella ovvia che primao poifinirà». Non
sorprende nemmeno. «Una volta checi si è abituati ai suoi suoni, non è to narrativo, registrando l’evoluzione che l’ha portato a questa meta crucia-
le. Il Quinteto non erapiù il protagonista assoluto, doveva convivere conal-
neanche così imprevedibile». Meyer crede che l’empirismo radicale che ne-
tri gruppi. Neltitolo stesso del disco c’era una lieve imprecisione: il primo
gail principio di causalità stia negandola possibilità della forma stessa. Per
arrangiamentofirmato da Piazzolla, «Inspiraci6n», che era preso come pun-
questi empiristi radicali, spiega in tono di condanna, il rinascimentoè finito.
to di partenza, risaliva al 1943 e non al 1944, ma questo dato non avrebbe
Anche Adorno avrebbe lanciato un campanello d’allarme. Nel saggioin-
consentito un anniversario fondo. Del resto, era tutto da dimostrare che
titolato «Invecchiamento della musica moderna», il filosofo constatava, già
quegli anni come arrangiatore di Troilo potessero essere considerati «d’a-
all’inizio degli anni Sessanta,il venir meno del ruolo del creatore, una mi-
vanguardia». Ad ogni modo,la cosa interessante era che comprendeva nuo-
naccia che a suo parere aveva cominciatoa insinuarsi prima della seconda
ve incisionidi «El recodo» e «Orgullo criollo», eseguite da un’orchestra che
guerra mondiale. «Bisogna veramente credere ciecamenteal progressoretti-
riproduceva quella del 1946 ed era formata da Piazzolla, Leopoldo Federi-
lineo in se stesso per non vedere quanto pocosisia progredito dopoi primi
co, Abelardo Alfonsin ed Ernesto Baffa al bandoneon, Atilio Stamponeal
anni del ’20, quantosi sia perduto e quanto la musica chesi scrive oggisia
pianoforte, Hugo Baralis, Antonio Agri, Domingo Mancuso, Andrés Rivas
divenuta mansueta e in molti aspetti anche povera rispetto ad allora». A
e Carmelo Cavallaro al violino, Cayetano Gianaalla viola, José Bragato al
suo giudizio, l’«invecchiamento» della musica moderna nonsignifica altro
violoncello e Kicho Diaz al contrabbasso. Per «Preparense» e «Imperial»,
che la gratuità di un radicalismo che si manifesta nellivellamento e nella
due braniincisi a Parigi, soppressela fila dei bandoneonriservandosila fun-
neutralizzazione del materiale, e che non costa più nulla. E «non costa più
zione concertante, sostituì il pianista con Osvaldo Manzie inserì quattro
nulla spiritualmente, in quanto, impiegando questi accordisenza la precau-
violini in più, un’altra viola e un altro violoncello, oltre alla chitarra di L6-
zione con cui venivanoscritti e goduti allora, si toglie loro anche ogniso-
pez Ruiz (una piccola trasgressione rispetto al modello parigino, benché fi-
stanza, capacità espressiva e relazione col soggetto; e materialmente, dal
nalizzata a rimpiazzare l’arpa). Sia in «Orgullo criollo» che in «Imperial»,
momento che nessuno oggipiù si scandalizza della dodecafonia», che è la
infine, introdusse unaserie di campane tubolari.
via di accesso a ognisolennità musicale.
Il viaggio dell’autore iniziato con «Prepàrense»esaurisce tutte le tappe del
Mentreè in corso questo dibattito, abbastanza enigmatico per Piazzolla,
percorso. Il Quinteto esegue «Lunfardo», «Caliente», «Contemporaneo»e
il bandoneonistasi trova a fare i conti con una contraddizione insita nella
îy
[251]
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i

«Bandoneén,guitarra y bajo» — in quest’ultimo naturalmente figurain ver- za... unatristezza pudica. Accidenti, inventano un milione di combina
zioni di
sioneridotta — mentre per Tango ballet — una suite in tre movimenti, «Intro- suoni, di modi di cantare, distili nuovi... E poi si somiglianotutti.
Avremo sba-
gliato a scegliere di dedicarcialla scrittura?
duccién-La calle», «Encuentro-Cabaret» e «Soledad-Calle final» — venne
riunito l’Octeto del ”5 5, ma con Kicho Diaz al contrabbasso. Nella primase-
zione di «Lunfardo» avrebbecollezionato,coni glissandodelviolino e del- Borges si pone quest’ultima domanda dopoaver ascoltato musica jazz a ca-
la chitarra elettrica opposti a un ostinato del piano, il maggior numero di sa di Bioy Casares,il 18 febbraio del 1964. L’amico annotò quel commento
dissonanzeditutta la sua carriera artistica. L’ultima parte di Tango ballet, nel monumentalediario in cui vengonoriportati gli inc6ntri di cinquant'anni
dove venneinserito uno strumento a percussione — un idiofono — era untri- d’amicizia.”” «Musicalmente,il tango non deve essere importante;la sua uni-
buto a Musica per archi, percussione e celesta di Barték, proprio come ca importanza è quella chegli attribuiamo», sostienetuttavia in Evaristo Car-
«Contemporàneo», nel quale spiccavano uno xilofono ed effetti percussivi riego (1928). E Piazzolla dovette forse tenerne conto al momentodi instaura-
creati dagli strumenti del gruppo.?° In quel brano, peraltro, troviamo unri- re quel sodalizio creativo. Secondo Lépez Ruiz, in fase di composizione,
mandoalpiederitmicotipico della chacarera, che da questo punto di vista Astor invitava spesso Borges a casa propria per fargli ascoltare i brani a cui
va ricollegato ai piatti e agli altri elementi percussivi di «Vayamosal dia- stava lavorando, le milonghe incui figuravanoi suoi versi («Jacinto Chicla-
blo», dove, grazie alla sequenza di battute in 3/4 e in 3/8 si ottiene una spe- na», «Alguienle dice al tango», «EI titere» e «A Don Nicanor Paredes»). «In
cie di malambo «immaginario».L’ultimo pezzo segnala fine di un ciclo. quelle occasioni, Astor si sedeva al pianoforte e Dedé, la sua prima moglie,
Nonc’è avanguardia che duri vent'anni (un lasso di tempoperaltro cosìsi- cantava i brani conil suo accompagnamento». Il 30 marzo del 1965, a Mar
gnificativo, che richiama da vicino i «vent'anni dopo» del romanzodi Du- del Plata, Borges va a trovare Bioy. È arrivato conil treno delle 19.40. Non si
maso il «veinte aftos no es nada» di «Volver»). La rivoluzionee la duratasi vedono da mesi. E la prima cosa che racconta a lui e a Silvina Ocampori-
escludono reciprocamente. Infatti, dopo essersi appellato tanto alla stirpe guarda proprio quegli incontri. A quanto pare, a Borges erano bastate quelle
del genere, Astor avrebbe chiuso via via un altro cerchio. Con le creazioni prime prove per parlarne con estremodisprezzo. «Mel’avevanodetto chei
peril Quinteto era arrivato al culmine della modernità. musicisti non hanno orecchio. Piazzolla non sa leggere i versi. Crede che ora
Piazzolla, non pagodi quell’omaggioa se stesso, continuò a cercare nuo- comincio a cantare sia formato da novesillabe. Non ha mai sentito parlare
ve formedi consacrazioneal di fuori della musica. Ci aveva provato con Sa- della funzione della sinalefe. Se vede un punto a metà di unversocrede chesi
bato. Adesso era giunto il momentodi sondareil terreno con coluiche veni- tratti di dueversi scritti per errore sulla stessa riga».* Bioy annotaaltre cose:
va presentato, forse a torto, comela sua antitesi. Dopo estenuantitrattative,
Dice che Gustavino gli sembra più bravo di Piazzolla. Che ha nel portafogli un
Borges acconsentì a collaborare con lui. La decisione rispondeva senz'altro biglietto da visita di Julio De Caro:forse costui può fare un lavoro migliore. Af-
a esigenze mediatiche. Altrimenti non si spiegherebbeil modoin cui andò a ferma: «La musica della milonga che Piazzolla ha composto per Paredes, sicco-
finire quel connubio. «Sono nato a Marienburg, nel 1908. Due passioni, ora me questo è defunto,è tristissima. Capirai bene che se Paredes è morto negli an-
quasi dimenticate, mi permiserodi affrontare con coraggio e anzi conletizia ni Venti o giùdi lì, mi è difficile essere afflitto per la sua morte. Oltretutto, Pa-
molti anni infausti: la musica e la metafisica. Non posso menzionaretuttii redes mi è sempre sembrato un personaggio anonimo. Io mi ero immaginato
miei benefattori, ma ci sono due nomi che non mi rassegno ad omettere: una milonga allegra, anzi grandiosa: questa è una lagna. Piazzolla diceva che
era la prima volta che in una milonga venivanoinseriti i canti gregoriani. E co-
quelli di Brahms e di Schopenhauer», scriveva Borges in «Deutsches Re-
sì è stato. Ha pure unfinale da cante jordo. È una porcheria. Le altre non sono
quiem», unodei racconti che compongono L’Alepb, e nonparlavadise stes- poi così male. Piazzolla non aveva mai sentito la parola garifo, voleva che la so-
so.? Se c'è una grandeassentenell’opera omnia di Borges, questa è la musi- stituissi con «presuntuoso». Gli ho detto chese volevascrivere sutemi tipici ar-
ca, sia come sottofondo che comeoggettodiriflessione. Ciò che si «sente» gentini era meglio che impiegasse espressioni tipiche. Non ha mica capito,"
nel leggerlo è un barlume quasi impercettibile.
*Lo s carso orecchiodi Piazzolla per la poesia viene confermato da Amelit Irar, la qua
Comesonostrani gli americani. In altri paesi si cantano situazioni comuni. Ne-
conta che in diverse occasioni aveva dovutofargli notare che chiudeva un$ ?* e musicalé£ 18°
gli Stati Uniti no. Nonsi sa bene chicanta e la musica sembrascollegata dalle do ilc ontenutodel verso nonera ancora esaurito. «E comefaccioio a fint'5, frase se | VAN
parole. La musicaè allegra e quello che diceil cantante è di un’enormetristez- ca è giàfinita?», racconta di avergli detto più di una volta.
rela

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be

Il 23 settembredel 1965, i due amicisi rincontrano a Buenos Aires. E Bor- que ya no son?» [«Dove saranno?, MPlora l’elegia di coloro che nonci
so-
ges torna a parlare del disco in preparazione: no più»], dice Luis Medina Castro2CCompagnato da unaserie di effetti di
fondo: i colpi sulla cassa del bandof9”il suonodellalija e i glissandodel
Piazzolla ha suonato dei tanghi suoi. Mia madre credeva fosse musica brasilia- violino. L'orchestra ha il compito di $Parare i diversi enunciati. La notazio-
na, finché non halettoun titolo, «Lunfardo». Così, di per sé la parola non sem- ne bartokiana, omofonica, è ormaiN9tà. «Se acuchillaron» [«Si accoltella-
bra un titolo da tango. E nemmeno «Calambre». «EI Calambre», sì, ma lui pre-
rono»], declamala vocerecitante e Piazzolla, nello sfoderare cluster al pia-
ferisce «Calambre». È un inetto e per giunta è così vanitoso... Un altrosi chia-
ma «Melancélico Buenos Aires». Ti rendi conto di che razza di animale è? Non no peralluderealla zuffa, è più cinenf!0gra fico che mefi. Ogni immaginedel
sono né tanghiné niente delgenere. Il tango si sente nel corpo. Ascolti un tan-
raccontorichiede materiali diversi: Ja melodia sincopa ta, una milonga, un
go e cambisubito postura,ti contrai un po”. Lui li chiama tanghi solo perché se ostinato, e un’altra bella melodia, amo’di chiusura («el tango crea un tur-
[i presentasse come semplice musica i musicisti lo sbranerebbero: invece, come bio pasado irreal que de algiin modoes cierto», «il tango
innovatore del tango lo tollerano e lo fomentanopure. crea un torbido
passato immaginario che in qualche modoè reale»), che Astor
avrebbe ri-
preso in Prélogo (tango apasionado), un disco degli anni Ottanta.!° «Jacin-
Il vero pensiero di Borges — a livello musicale caratterizzato da luoghi co- toChiclana» è una riuscitssima jonga cheimpone
va la massimasobrietà, "
muni, arbitrarietà e una scarsissima cognizione di causa — emergerà chiara- assicurata in parte attere 4-l’inte tazione 1. p-
mentein pienafase di incisione. L6pez Ruiz lo ricorda sedutoin silenzio nel- inte che diib di Èlir cmRipe Nivero, La pnesenza
la cabina diregia dello studio, mentre assisteva pazientementeai noiosi pre- però
parativi, alle prove e alle diverse sessioni. Avevano già effettuato una prima
l’effetto. L'universo borgesi i
gesiano rimand CUtFarizza
a a°uN passato irrecupe rabilee ilquel-
suo-
no Piazzolla fa invece appello al sud rapportoconil presente e al rifiuto
registrazione del brano «A Don Nicanor Paredes». esplicito del costante ricorso alla malinconia. I due poli entrano incoll
isio-
ne. In «Alguienle dice al tango», Rivero e Piazzolla trovano un
EdmundoRivero cantava con l’inflessione che solo lui poteva infondere a un terreno co-
mune. Tuttavia, non si tratta che di una convergenza passeggera.
pezzo comequello, una milonga tipica del sud, dal sapore tarnguero, e siccome «A Don
se la cavava piuttosto bene con la chitarra, ad Astor venne in mentedi fargliela Nicanor Paredes», eseguito dal Quintetopiù lo xilofono e l'oboe,è
un eser-
suonare durantel'incisione. Alla fine della terza o quarta sessione, e mentreria- ciz1o contro natura. Piazzolla non sembrava affatto interessato
a ciò chesi
scoltavamo quello che aveva suonato soprattutto per vedere com'era l’effetto diceva né a comesi diceva. In tal senso, era lo specchio di Borgese della
sua
finale, Borges restava impassibile. Astor noncela faceva più e, girandosi verso indifferenza per la musica. In «Oda intima a Buenos Aires», che tra
dove era seduto senza dire una parola, glielo chiese. «E Borges? Cosa ne pensa?
il coro e
l'orchestra era ben pocointima, Rivero è condannato a un recitat
Le piace?» Borges, imperterrito, alzò a malapena lo sguardoe, rivolgendosi ad ivo inve-
rosimile. Il tono esaltato di Luis Medina Castro, con l’orche
Astor con quella voce flautata così particolare e con un tonoaristocraticoe in- stra in sottofon-
do che ha unacaricatrionfale frenata da un coro femminile con un
sieme da primodella classe, rispose: «Macerto, è ovvio, però cosa vuole chele «Ah...»
dica, Piazzolla, a me piaceva di più come la cantava la ragazza...» Scoppiammo concentra in pochissimi minuti tutte le contraddizioni del disco. «El
Re
tutti a ridere, Rivero compreso, e in un modocosìfragorosochei vetri della sa- de la esquina rosada» è unasuite di diciotto minuti. La blue note,
che Piaz-
letta dello studio per poco non andavanoin mille pezzi. Faticammonon poco a zolla in genere dissimulava, qui è presente all'ennesima potenza.
Il tema ca-
ricomporciper affrontare una nuovasessione.’°' ratteristico è forseil più riuscito di tuttoil disco. «El ta LO bacfa su.volun-
tad con nosotros] ynos arriaba y 10%) erdia» [«Il tango faceva di noi 10 che
eîra . + “è . é Cc
Alla fine, aggiunge Lépez Ruiz, Piazzolla dovette arrendersi all’evidenza: voleva / e ci inondava e ci smarriva»] Ciò che canta Riveroin qual emo-
«Borges era un tipo stranissimoe distaccato e aveva gusti musicali che Astor do è quanto succedenella realtà. Dilì, poco si giunge a uneccesso se za via
non capiva né tantomeno condivideva». Maal di là delle incompatibilità, d’uscita. L’immaginazionedi Piazzolla è di un’incontinenza priva di
degli universi simbolici paralleli, ci è rimasto il disco, che incorreva negli obietti-
vi chiari. Il compositore cinematografico non trova un supporto
stessi errori della collaborazione con Sabato 0, peggio, li amplificava. «EI drammati-
co. La solennità di Rivero, attenuata dagli strumenti a cordae dallo
tango», pezzo che dàil titolo all’album, ha un incipit misterioso e instabile xilofo-
no, finisce per sembrare una caricatura (e una scappatoia) hollywo
che cedesubitoil passo al tema principale, appena un passaggio che annun- odiana,.
In questa suite emergonogià, come un’avvisaglia, i limiti di Piazzolla afdità
cia l'apparizione del narratore. «sD6nde estaran, pregunta la elegia de los dell’improvvisazione o di quei tre minuti che dominava in modo
cos ! !°98"
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strale. È un’accozzaglia di momenti sconnessi. Com'era prevedibile, la col- 13
laborazione fra Borges e Piazzolla non andò a buonfine. Lo scrittore, av-
vezzo a usare l’ironia come un pugnale, lo soprannominò «Pianola». Nem-
menoAstorlesinò gli epiteti e si arrogò il merito di essere stato l’unico ad
aver avutoil coraggio di ripudiarlo. Loscrittore morì nel 1986, acclamato a
livello internazionale. Queldiscoerail risultato dell’incontro-scontro fra un
musicista a cui non interessavano le parole e uno scrittore al quale non pia-
ceva la musica, anche se Piazzolla avrebbe tratto una nuovafontedi ispira-
zione dalla lettura del racconto di Borges «Il Sud». A volte, anche lui sapeva
perdonare un affronto.

Gli anni Sessanta. Quanti ce ne sono stati? Il decennio è come un gioco di


scatole cinesi, un racconto fatto di periodizzazioni sovrapposte. Gli anni
Sessanta rievocano troppi nomie troppecircostanzetutti insieme. L’Argen-
tina si adeguòviavia alla scaletta del pianeta e diede luogoadaltrettantesi-
tuazioni pienamente originali. Gli anni Sessanta fanno subito venire in
mente lo storico momentoin cuiil socialista Alfredo Palacios diventò sena-
tore, l’esplosione del boom latinoamericano, con Cortàzar in primalinea,
la cadutadi Frondizi, il teatrino della guerra tra Rossi e Blu, duefazionidi
uno stesso esercito, ma di diversa ispirazione antiperonista, la successiva
elezione di Arturo Illia, dell’Unién Civica Radical (UcR), come presidente,
l'apparizione della guerriglia guevarista a Salta. In quel paese turbinoso,
Perén cercava di tornare e lo tenevano confinato in Brasile. Fra lo stesso
paese dell’Instituto Di Tella ed era lo stesso in cui imperversavano le melo-
die del Club del Clan (Nicky Jones, Billy Cafaro e Lalo Fransen sarebbero
divenuti, solo qualche anno dopo quell’esplosione, dei pezzi da museo 0
meteore dimenticate); era il paese che dava vita alla Nueva Canci6n e che
presenziava al momentoin cuiil furore esistenzialista cedevail passo a nuo-
ve radicalizzazioni da partedi unsettoredel ceto intellettuale. Piazzolla, nel
primolustro degli anni Sessanta,si fece guidare da una bussola personalis-
sima. La ricerca del nord lo portò a navigare in acquefino ad allora scono-
#
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ai
sciute per la musica popolare. La sua audacia è rimasta impressa in dischi nista cercò costantemente un modopersaltare lo steccato che avevanofinito
unicie innovativi. per rappresentarei locali in cui suonava(ecco perché Sabato e poi Borges, sim-
La cosiddetta rivoluzione argentina, che a modosuosi credeva anch'essa boli di ricercatezza a Buenos Aires). Lì trovava un pubblico fedelee irriduci-
un’avanguardia illuminata (dalla croce e dalle lezioncine di catechismo), si bile. Mala sua devozione nongli bastava. Voleva penetrare in altri ambienti.
impose nel 1966 rappresentandoun puntodi rottura, non solo in ambito Da un sondaggio della sociologa Regina E. Gibaja, sottoposto a quindici-
istituzionale, ma anche nel campodella cultura. Il regime del generale Juan mila persone nell’arco di svariati mesi al Museo Nacionalde Bellas Artes e
Carlos Ongania affilò le unghie alla svelta. La «notte dei lunghi bastoni» — pubblicato sulla rivista Panorama nel dicembre del 1464, risultava che al
durante la quale i militari ssomberaronoa suon di manganellate cinque fa- sessanta per cento degli intervistati piaceva la musica classica, mentre l’un-
coltà della uBA occupate da studenti e professori — la censura preventiva di dici per cento preferiva quella popolare, con un’ulteriore suddivisione: il
Bomarzo, l’opera lirica di Ginastera e Manuel Mujica Lainez,' l'accani- folklore era prediletto dal trentacinquepercentodegli intervistati, il jazz dal
mentonei confronti dell’Instituto Di Tella, un controllo preistorico esercita- ventinove per cento e il tango («Poveretto!», si legge nell’articolo) dal di-
to sugliusie i costumi(sul ruolo del corpoe deivestiti che lo cop rivano) eb- ciassette per cento, Il sondaggio, patrocinato dall’Instituto Di Tella e dalla
bero l’effetto di suscitare una certa resistenza e contribuirono a far sorgere casa editrice universitaria Eudeba, era lacunoso, e lo dimostrava chiara-
nuovisoggettipolitici e culturali. A partire dal’66, e perla confluenzadi fat- menteil predominio della musica classica. Ma l’inchiesta poteva ancheesse-
tori esternie insiti alla realtà argentina, il corso degli eventi precipitò su tut- re indice del fatto che in quella fascia sociale si trovava parte del pubblico di
ti i fronti. Le trasformazioni coincidono con il momentoincui la locomoti- Piazzolla o una frangia che l’aveva abbandonato. Le dimensioni dell’indu-
va Piazzolla comincia a mostrare segni di cedimento. In gioco ci sono anche stria culturale argentina erano comunquecospicue, se paragonate ai merca-
questioni private. «Misono separato perché una donna avevafatto irruzio- ti del resto del continente. Nel 1966, in Argentina si pubblicavano3 500li-
ne nella mia vita in un modocosì intenso, così impetuoso, che miavevaste- bri all’anno. Solo nel 1965, Sopra eroi e tombe aveva venduto cinquantami-
so. Cred. o che in parte mi abbia rovinatola vita, , ha rovinato la mia sensibi- la copie. Eudeba lanciava sul mercato, principalmente universitario, seicen-
lità, tutt, quanto... Sonostati anni terribili, durante i quali non riuscivo a tomila copie dei suoititoli. Sempre nel 1965 avevano debuttato settanta
scrivere giente. Ero come inebetito, mi aveva stregato», disse a proposito opereteatrali, viste da due milioni e mezzodispettatori. Il Registro della
. o. ” . . . . .

della sua appassionata relazione con la cantante Egle Martin.'*Il caso costò proprietà intellettuale fu inondato nello stesso anno da 2145 nuovidischi;
alla cantante e ballerina una reclusione quasi monacale fuori dallacittà per 4300 nuove opere musicali richiesero il copyright, tredici delle quali erano
sottrarsi alla fo, di gravità del bandoneonista. L'episodiofu trasformato sinfoniche. Solo la RCAin dieci giorni vendette mille esemplari di un album
dall? stampain pa telenovela. Ma, al tempostesso, Piazzolla doveva farei chiamato La historia deljazz. La Misacriolla di Ariel Ramirez fu acquista-
conli condilem pjdi ordineartistico. All’alba del 66, la sua produzione era ta da trentamila persone.
scarsa. Piazzolla aveva ormaiofferto il meglio della sua musica (cheera sta- Il tutto era alla portata delle tasche della middle class. Alla fine del 1964,
ta copiosa). I prototipi pia zolliani erano chiaramente riconoscibili nei no- Primera Plana situava al primo posto della classifica dei best seller Bueros
tiziari e anche nelle pubbli cità. Una réclamedel Pefiaflor, un vinoda tavola Aires, vida cotidiana y alienacién. Juan José Sebreli, un ex militante di Con-
molto popolare all’epo&® imitava spud oratamenteil suostile per promuo- torno, si considerava un «marxista solitario». Il suo trionfo commerciale su-
vere il «sapore»della città. «Non fanno dhe chiedermi se èmio, e non è mio, scitò una diatriba che, vista a posteriori, assume tinte grottesche. Eliseo
è di un tizio che mi ha ©Piatola tecnic a delle quattro battute», si lamenta Verén e Oscar Masotta gli rimproveravano la mancanza dirigorescientifi-
con Speratti a proposito deljingle. co. Il successonelle vendite era la prova della sua debolezza teorica nell’am-
Le stoccate verbali di Piazzolla erano ancora indirizzate alla «Vecchia bito del materialismodialettico. E il colmoeracheil libro era stato compra-
Guardia». «Continuano a suonaree ad ascoltare cometrent'anni fa. Perché? to dalettori del ceto medio che non avevano nulla a che vedere con la sini-
Perché nonsi sono evoluti. Si asserragliano dentroil mito del tango e non ne stra. Le categorie strutturaliste e della psicologia lacaniana venivano inqui-
escono, non sonocoinvolti dal cambiamento generale chesi sta verificando nate dalla prossimità del registratore di cassa. «Questi libri contengonogli
tutt'intorno» © Intorno a cosa? A chi? Piazzolla era un vortice o un buconel- atti dell’analisi marxista, ma non pervengonoairisultati concreti checisi
l’acqua? Uno zenit o un repentino nadir? Qualera la sua cifra? Il bandoneo- aspetterebbe; per di più, comesi vedrà,la loro apparizione rappresenta l’i-
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| 258] [ 259 ]
stituzionalizzazione del mito dell’analisi marxista nel nostro ambiente cul-
grado lasua «legg enda nera», potesse rientrare, anchese a piccole dosi in
turale. E comesi può constatare, è un mito chefa vendere», segnala Ver6n.'°° categori@Popolari , È
«Veròn contribuisce a rintracciare nei miei lavori l'ennesimo mito: il mito Nell’arco del decennio, l'industria culturale moltiplica l’offerta e la tele-
dell’analisi marxista. Su cosa si basa? Sull’approvazionedei mieilibri da par- visione assorbe sempre più spazi della vita quotidiana. Al punto che Piaz-
te dell’ordine costituito», si difese Sebreli sulle pagine del settimanale uru- zolla stesso comparein una pubblicità: «Per me il mate è comela vita. È fon-
guayano Marcha, ampiamenteletto dagli intellettuali di entrambe le sponde te di sensazioni vitali», sentenzia mentre è intento a comporreal pianoforte,
del Rîo dela Plata e sul quale il compositore e musicologo Coritin Aharoni4n «Perunavita da bere. Fermati e beviti un mate», si senfe poi in un fermo im-
aveva formulato in tempi nonsospetti un’accorata difesa di Piazzolla. «Af- magine. Alla fine del 1966,le riviste di Buenos Aires sonoinfarcite di com-
ferma più di quello che sa davvero: è del tutto improbabile che Sebreli cono- mentie recensioni dei diversi happening. Da Primera Plana a Gentecisi sen-
scale linee teoriche dominantinei circoli accademiciin cui si muove Verén», te in dovere di informare su quanto accadenelle stradeo nelle gallerie d’ar-
intervenne Masotta.!” te. «È Carnevale tutto l’anno», titola Parzorama a febbraiodel 1967 riferen-
AnchePiazzolla avevai propri miti: in particolare, quello di essere la ver- dosi al «desiderio di non passare inosservati» che sorge spontaneo «in mez-
sione tecnologica del cantore di payadas perseguitato,il bersaglio di invetti- zo al caos,la confusionee il disordine». Quali sonole parole d’ordine? «Mi-
ve di qualsiasi genere. Era così? Nel 1965, gli autori e i compositori argenti- nare il campoestetico», «sovvertire il ruolo dell’interprete», «mescolare di
ni guadagnarono attraverso la sapaic, la Società Argentina di Autori e nuovol’arte e la vita». È tuttoribaltato. Il drammaturgo Peter Handkescri-
Compositori, intorno ai 680 milioni di pesos,che per l'epoca erano una for- ve Insulti al pubblico, un’opera con la quale spingegli attori a provocaregli
tuna. Palito Ortega mise insieme circa sei milioni e mezzodi pesos. A Piaz- spettatorie a riflettere sul teatro e sul senso stesso della performance. «Ac-
zolla non andò poi male: 754.000 pesos, più del dieci per cento di quanto cendi un falò davanti al pubblico. Devi farlo con un violino pieno zeppodi
avevaricavato il cantante di «Lafelicidad». Le royalties accumulate impon- fiammiferi imbevuti di cherosene. Si possono spegnerele luci. Finchéil fuo-
gono almenodi ridimensionare l’entità della sua sfortuna e la sensazione è co rimane acceso,chi l’ha appiccato può sedersi a contemplarlo, e così per
che la sua battaglia per riuscire a imporsi assomigliasse più che altro a un’u- tutta la durata della composizione. In questo modootterresti un’opera den-
topia (nel senso più stretto del termine, un «non luogo»). I dischi del Quin- tro l’opera che viene suonata», consiglia a La Monte Young a propositodel-
teto si vendevano in mododiscreto e questo, al di là del limitato prestigio, la seconda delle sue Compositions 1960. Young lavora al tempostesso sul
consentiva al suo leader di negoziare con le case discografiche condizioni che fronte teatrale e concettuale.
non erano necessariamente svantaggiose. In pochi anni, Astor cambiò eti- «Quelle ricerche non miinteressano », prende nettamentele distanze Piaz-
chetta tre volte. E tutte dovevano in qualche modoaver pensato che fosse un zolla. Il suo disa gio può definirsi quello di un tradizionalista? Alla fine del
buonaffare averlo nel loro catalogo: c’era un pubblico che aspettava l’usci- 1966 arriva nei negozidi dischi argentini Revolver. Nei primi tredici giorni
ta delle novità o che eraall’inizio della propria educazione sentimentale («Io vengonovendute diciassettemila copie. I Beatles erano diventati musicisti da
sono tra quelli che hanno compratoi suoi primi dischi», ha raccontato Se- studio (e da studiare) e sancivano uno spartiacqueall’interno della musica
breli). La rivista Confirmado, il 22 dicembre del 1966, apporta un altro da- pop. Anche questa avrebbe reclamato un ascolto «intelligente». «Regalano
to interessante: si tratta di un quadretto realista, a tutta pagina. Una ragaz- momenti molto gradevoli; la loro allegria è complementare a quella di Bach,
za, giovanee bella, entra in un negoziodidischi. «Che cosa avete di tango o con rispetto parlando», afferma Juan Carlos Paz nel commentareil disco.'*
folclore {sic]?», domanda. E un commesso zelante le chiede se stia cercando «Quandoli ascolto miviene voglia di saltare: li ammirocosì tanto ch o in-
un'antologia di pezzi o di interpreti. E finisce per proporle il «doppio al- serito alcune loro fotografie nel mio albumdeiricordi», racconta Manuel
bum»della Philips. Nel primo Ip ci sono Los Fronterizos, Eduardo Fal, Mujica Lainez. Per Primera Plana si tratta dell’«apice del successo musicale
Horacio Guarany e Ariel Ramîrez. «E nell’altro?», chiede la cliente. E legge peril gruppodi capelloni». Sono ancora gli esperti di una certa età ad ana-
ad alta voce: «Pugliese, Salgin-De Lfo, Piazzolla...» «Fantastico», esclama, lizzare e sviscerareil fenomeno(l’aggettivo capelloni evidenzia la distanzadi
ed è ancora più contenta quandoscopre che può averli entrambial prezzo di chi fa ancora uso frequente della gommina, che a sua volta rinvia a un certo
uno. L’inclusione in una raccolta di «grandi successi» colloca Piazzolla in codice di comportamento). Se c’è una prova dell’impatto che i Beatles ebbe-
una zona ambigua. Qualcuno,alla Philips, doveva aver pensato che, mal- ro sull’Argentina, visto congli occhi di un adulto, è Mafalda. l’importanza
7
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che vieneattribuita ai Beatles nel processo di creazione di paradigmiinediti smostorico: le cose devono &mbiare. Passano gli anni e Mafalda
è sempre
è tale che Quino, l’autore del fumetto, dedica la sua terza serie al quartetto ugualea se stessa, ma anche pù sarcas tica, È lo spirito del ceto medio istrui-
inglese. Mafalda era apparsa per la prima volta nel 1964, sulle pagine di to (o presuntotale, con velleità intellettuali che spaziano da Topo Gigio a
Gregorio, il supplemento satirico della rivista Leopldn; poi, nello stesso an- Carlos Fuentes) trapiantato nel corpo di una bimbetta cheascolta la musica
no, venne pubblicata da Primera Plana, per passare nel 1965 al quotidiano elettronica con un’ espresione disgustata («Ecco qua! Come gstruggere
El Mundoe infine, nel 1968, al settimanale Siete Dias. I suoi personaggi(co- l’arte») o che prend e in mino una trombae, dopo aver provato aSuonarla,
pensa: «Che strano ... Crelevo cheil jazz fosse più intéressante » La stessa
sì comei lettori) cresconoletteralmente insiemeai Beatles. Le vignette che vi
alludonosono corredate da note musicali o dalle parole delle loro canzonia che considera «musica da vecchi» un brano annunciato alla radio in «una
caratteri cubitali. Attraverso la radio o le voci di Mafaldae dei suoi amicisi vecchiaregistrazione della Wiener Bohème-Orchester».
«sentono» «I'm Looking Through You» (Rubber Soul, 1965), «Yellow Sub- La volontà di rottura in ambito musicale trova unterrenofertile sia in una
marine» (Revolver) o semplicemente un «yeab-yeah-yeahb» che ormai non frangia del mondo accademicosia all’interno della musica popolare a parti
suscita più il clamore di qualche anno prima(durante unalezione sulla sto- re da Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band e dalle sperimentazioni nel
ria nazionale, Mafalda e i suoi compagnidi classe rispondonoaffermativa- campodei«nuovi folklori» che imperversano in Inghilterra, negli Stati Uni-
mente alla maestra con questa allegra esclamazione onomatopeica). Ci sono tiein luoghi periferici rispetto al tronco centrale del mercato, comeil Con-
altri riferimenti musicali in Mafalda. Arie d’opera e boleri. Per quantol’as- go (la Missa Luba) e l'Argentina. Viene tracciato un nuovo spartiacquet,,
senza del tango debbaessere letta comeriflesso dei gusti di Quino— in fin dei ciò chesi intende per progressoe ristagno, per nondire reazioneverae pro.
conti non vi compare nemmenoil folklore, che in quegli anni era esploso pria, e in proposito è il caso di citare ancora una volta Gould: l’annodell’.
completamente — rivela anche un aspetto della cultura che, conil passare de- scita di Sgr. Pepper's Lonely Hearts Club Band,il pianist, scrive unarticjo
gli anni,si sarebbe palesato sempre più confondendoi piani della discussio- «The Search for Petula Clark», nel quale esprimetutto jj suo disprezzo er
ne. La contrapposizioneche,in pieni anni Settanta, sorgerà tra «rockers» e un’«élite musicale» che, sostiene, usa e abusa dei peatles 4llo stesso mod;
«tangueros» (con questi ultimi intenti ad avvertire gli «sbarbatelli» che la cui «gli intellettuali da bar» discutevano, «ingannando sestessi», di Charlie
passione per la vera musica di Buenos Aires gli sarebbe venuta a qua- Parker negli anni Quarantae di Jennie Tristang pegli anni Cinquanta. ca
rant’anni) in Mafalda è rappresentata da quella trai fan dei Beatles e i loro condo quella logica impaziente, jl «presente» è praticamente già «pasg,_
detrattori. Mafalda consegnaalla maestra un lavoro sulle invasioniinglesi to».'°? A BuenosAires,il compositore Mariano Frkjn fa un’osservazione ,;_
che è costituito da alcuni disegni di hippie con i manifesti dei Beatles e dei mile. «Prima si poteva sperarein un riconoscimento tardivo, in un debutto
Rolling Stones. Manolito, dal canto suo, ne parla comedi «stupidi capello- posticipato. Oggiè tutto diverso, perché l’anno prossimo magari non mi in-
ni». «Alla tua età ti devonopiacere i Beatles», lo bacchetta l’amica. In effet- teressa già più quello che sto scrivendo adesso», diceva a un giornalista di
ti, la posizionedel figlio del droghiere spagnolo, che allora era simbolodi Primera Planail 2 aprile del 1968.
una grossolanità che ispirava tenerezza, sembrerebbe esprimere un punto di Chiè Piazzolla una volta superati i quarantacinque anni? Cos'altro può
vista più vicino a quello degli adulti, tanto che prende John Lennon per una essere ancora? Per lui è in serbo un’altra rottura ora che la parola avanguar-
donnaa causadeicapelli lunghi. dia è ormaiconfluita nel calderonein cui si mescolanotutti i discorsi? «Una
Nell’Argentina di Onganfa non ci sono più «giovani vecchi» come quelli chacarera dodecafonica?», domanda un intervistator della rivista Confir-
del film di Kuhn. Nel settembre del 1966, lo stesso Kuhnsostiene di appar- mado ai membridel gruppofolklorico Los Arroyetios uo E ; fratelli ]ychau-
tenere a una generazione di «registi sprecati», al pari di Leonardo Favio, sti, fondatori del complesso che considerano un «gruppo d’avanguardia»
Manuel Antîn e Lautaro Mura. Troppo vecchi ormaiperciò chesi profila sottolineando che nonsi vestono «da gauchos», rispondonoin coro: «SÌ,
all’orizzonte. E non abbastanza perviveredi ricordi. Essere giovaniè un’al- perché no? Tutto SI dalla formae dalritmo. Si può impiegare AURICTE
tra cosa. Mafalda è una testimonianza delle dinamiche di questo scontro ge- si sistema musicale, purchéci sia sempr ità i I
nerazionale, anchesolo negli aspetti più innocenti. Al padre di Mafalda pia- Ogni stagione culturale ridefingce ‘Tegronii IRRRE
ce Bing Crosby. «Se la mia generazione diventa comela tua, siamofritti», il passato e delinea un futuro a partire da un presente che è sentito comepio-
borbotta suafiglia, e in quella rimostranzasi intravede unasortadi ottimi- n ieristico. Quest’ottica permeò inmo doradicale gli anni Sessanta. Il nuovo
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credo fu accolto con devozione e opportunismo. E il mercato non intendeva possibile fondere la «rivoluzione» con!’ «avventura», due emblemi chei gio-
certo restarne fuori. Alla fine del 1967, la Columbia aveva lanciato dicias- vani, perla lorovitalità e disponibilità, riescono a esprimere al meglio (per-
sette dischi di musica contemporanea, da Webern a Stockhausen, passando fino morire giovani assumerà un valore sacrificale, eroico, wagneriano). Il
per Cage e Pousseur. «Vi auguriamo UN Natab all’insegna della dodecafo- connubio fra «avventura»e «rivoluzione» attecchisce anchesull’immagina-
nia», diceva una pubblicità della casa discografica sul Time. La réclame,se- rio, con la sua carica tragica, edonistae frivola. L'IMPOSSIBILE LO TROVATE
condoil brasiliano Augusto de Campos,era qualcosadi più che un sintomo. SUL 9, annunciail canaletelevisivo omonimo. «Avventura» e «rivoluzione»
Il saggista ed esponente della poesia concreta, nonché strenuo difensore del possonoesseretuttoe il contrarioditutto,fino alla caricftura. La Chiesa cat-
movimentotropicalista, all’epoca aveva portatoall’estremo la contraddi- tolica latinoamericana si «rivoluziona» al Concilio di Medellin. Bach, suo-
zione fra progresso e regressione nella musica. In un articolo del 1968, nato da Wendy (già Walter) Carlos conil sintetizzatore Moog viene presen-
«Informagào e Redundancia na Miisica Popular», De Campossi opponeva tato come «unarivoluzione». «La rivoluzione più ambiziosae violenta della
al «servilismo a un canoneaprioristico» che garantiva «una comunicazione storia del jazz», si legge su Primera Plana a proposito degli ultimi dischi di
immediata conil pubblico» perchési trattava, più chediarte, di un «sistema John Coltrane, Ornette Coleman, Archie Shepp, Cecil Taylor e Sun Ra.!!*Ed
di confezionamento»nel quale l’unico sconfittoera il fruitore, dal momen- è così che anche Malvicino sceglie come «alias»per le sue iniziative più com-
to che il suo «repertorio di conoscenze» rimaneva immutato. Il brasilianori- merciali il nome d’arte Alain Debray.* Delon il francese incendiario vengo-
vendicava l’ «anticonformismo»e 1’ «imprevedibilità» come principi.”!' Per nofusiper dar luogoalla figura di un compositore di musica funzionale — un
tornarea noi,nelfilm argentinodi Julio Porter E/ mundoes de los jovenes, immaginario tango argentino secondo un immaginario tipicamente europeo
con Susana Giménez, Cacho Castafia, Gina Marfa Hidalgoe il catalano — da diffondere negli studi medici, nei ristoranti, in ascensoree, certo, anche
Dyango,la Hidalgo, che interpreta un’insegnante di musica, dice a Dyango, nelle case. Il successo di Alain Debray sorprese lo stesso ex chitarrista del
il suo allievo hippie, che deve «ascoltare Schònberg». Quinteto Nuevo Tango. E tutto ciò accadeva mentre Piazzolla si trovava nel
«Rivoluzione», «rottura» e «avventura», nel 1967, l’anno dell’assassinio pieno di un dilemmaesistenziale. AllPalba del r968 stava per tirar fuori un
di Ernesto Guevarain Bolivia, fanno ormaiparte del lessico quotidiano ac- nuovo coniglio dal cilindro: un’opera drammatico-musicale pensata come
canto a una vecchia e analoga nomenclatura. Il ’67 è l’annoin cuiarriva nel- un passo avantiche in realtà avrebbe rappresentato unsalto nel vuoto,oltre
le sale dei cinema di Buenos Aires I tre avventurieri, il film diretto da Robert a sancire il momentodelriflusso e a costringerlo a pensare a un modoper an-
Enrico e interpretato da Alain Delon, che all’epoca era già una grandefigura dare avanti, accettando la contraddizione di puntare al nuovo senza rinun-
del cinema MONdIA|g, ] tre AVventurieri rispecchia curiosamente un ethos, ciare alle conoscenze acquisite. Origine e divenire, Essere, al tempo stesso,
seppur nella sua variante SC©NOBIafica. Nello stesso periodoin città circola avanguardista e conservatore.
anche Rivoluzionenella rvoluzione?, il saggio focolaista di un altro france-
se che aspiava alja fama, Régis Debray. Il libro diventò ben presto un ma-
nuale perdtivo per la presa del poterealja Jucedell’esperienza della rivolu-
zione cuba. Ne; Treavventurieri, i protagonisti partonoalla ricerca di un
carico di diamanti in un paese lontano,che scopriremoessere il Congo, do-
ve il Che aveva provato a esportare il modello insurrezionale del castrismo
nel 1965. Roland - Lino Ventura — comunica con qualcuno via radio, ma
non è chiaro che cosa stia pianificando. Enrico e Debray prospettano, cia-
scuno a modosuo, qualcosache aleggia nell’aria: l’idea diliquidare una vol-
ta per tutteil concetto dell’«impossibilit à». Che tutto sia possibile è dimo-
strato nelfilm dall'amore confe$ato da Laétitia — Joanna Shimkus — a Ro-
land sulfinale, che rompeconil cliché della bella donnachesceglie il bel te-
nebroso,e sancisce unavolta per tutte la «defeticizzazione» dei rapporti in- * Horacio Malvicino era piuttosto avvezzo agli pseudonimi. Alla fine del decennio precedente
terpersonali. È il terreno dell’immaginario, ma anchedel concreto,in cui è aveva diretto un’orchestra commerciale facendosi chiamare Don Nobody (Signor Nessuno).
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Notedella quinta parte José Marquez e Oscar Zito, «Cuesta abajo», «Sur» e «Malena»). Ci sono anche quattrobrani
registrati a Montevideo(il citato disco prodotto dalla Antar/Telefunken) e, sebbene nonesist.
no informazioni precise sulle date delle registrazioni e sul disco venga erroneamenteindicato
1. Natalio Gorîn, Astor Piazzolla. Memorias, Alba Editorial, Barcellona 2003 (Astor Piazzol-
la, Di Giacomo Editore, Roma 1995, traduzione di Hugo Aisemberg, Cecina Cutini e Luisa comechitarrista Jorge Lopez Ruiz(fratello di Oscar e contrabbassista), risalgono senz'altroal-
lo stesso periodo.
Majone).
2.5. Di questa prima fase esiste un’altra registrazione, imprescindibile sotto molti aspetti, che
2.Ivi.
3. Alberto Speratti, Cor Piazzolla, Galerna, Buenos Aires 1969. corrisponde a delle prove a casa del musicista e produttore discografico Eduardo Lagos, che le
incise con un impianto che avevain casa, unregistratore Geloso 140, provvisto di un solo mi-
4. Michel Chion, La Musique au cinéma, Fayard, Parigi 1995.
crofono. La formazione del Quinteto è un mistotra le due che figuravanonelle registrazioni in
5. Natalio Gorîn, Astor Piazzolla..., cit.
studio del 1967, infatti al violino c'è già Vardaro, maalla chitarra c’è ancora Horacio Malvici-
6. Serge Guilbaut, How New York Stole the Idea ofModern Art: Abstract Expressionism, Free-
no. Anche se la testimonianza di Lagos destinata alle note di copertina colloca la registrazione
dom, and the Cold War, University of Chicago Press, Chicago 1983.
in un periodo compreso «tra la fine del r960egli inizi del 1961», il disco fuinciso senz'altrotra
7. Keith Garebian, The Making of West Side Story, Mosaic Press, New York 2000.
le sessioni di Piazzolla interpreta a Piazzolla (che risalgono al gennaio del 1961, con Bajour) e
8. Marfa Susana Azzi, Simon Collier, Le Grand Tango: The Life and Music ofAstor Piazzolla,
quelle di Piazzolla... 0 no? (aprile dello stesso anno, con Vardaro e senza più Malvicino), ossia
Oxford University Press, New York 2000.
tra febbraio e marzo del 1961.
9. Barry Galbraith fu uno dei musicisti più attivi nell’ambito di un tipo di jazz assimilabile al
2.6. Poici sarebberostate altre registrazioni, con piccole varianti, comel'aggiunta della percus-
cool, e partecipò, fra le altre cose, alle storiche registrazioni dell’orchestra di George Russell
sione alla bottoniera del bandoneon,oltre all’entrata della chitarra elettrica nel «motivo ritmi-
con un giovanissimoBill Evansal pianoforte.
co», compresa nella registrazione dal vivo realizzata negli studi di Radio Municipal nel 1963 e
10. Peter Burt, The Music ofToru Takemitsu, Cambridge University Press, New York 2001 (La
uscita per l'etichetta Melopeaconil titolo Introduecion al angel. Vol. 1 (i dissaporitra gli eredi
musica di Toru Takemitsu, BMG-Ricordi, Milano 2003, traduzione di Livio Aragona e Gio-
di Piazzolla impedironochegli altri volumi previsti vedessero la luce).
vanniBietti),
27. Oltre alla versione compresa in Piazzolla interpreta a Piazzolla, esistono altre tre registra-
11, Charles Wuorinen, Jeffrey Kresky, «On the Significance of Stravinsky?s Last Works», in
zioni di questo primo arrangiamento: quella registrata nello stesso anno a Montevideo(inclu-
Jann Pasler (a cura di), Confronting Stravinsky: Man, Musician, and Modernist, University of
sa in Piazzolla, Salgan, Rivero, De Rosas, Diapason 1992), quella delle prove a casa di Eduar-
California Press, Berkeley 1987.
do Lagos (Ensayos, Random 1995) e quella incisa dal vivo a Radio Municipal nel 1963 (Intro-
12. Pieter C. Van den Toorn, «Octatonic Pitch Structure in Stravinsky», in Jann Pasler (a cura
duccibnal angel. Vol. 1, Melopea 1993).
di), Confronting Stravinsky..., cit.
28. La sigla Ip, che com'è noto è l'abbreviazione di long Playing o long play, all’epocadi Piaz-
13. Astor Piazzolla in Portrait, BBC-Opus Arte (2005).
14. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit. zolla era usata abitualmente per indicare i dischidi lunga dur, ta e a 33 giri e 1/3 al minuto che
oggi i collezionisti chiamano «yjnili».
15. Il primo epigono nonsi fece attendere. Già nel 1960,infatti, Horacio Salgin formòil Quin-
teto Real a immaginee somiglianza del Quinteto di Piazzolla, con il qualesi alternava nella pro- 29. Ossia i produttori di Miles Davis, Coltrane, Ornette Coleman, del Modern Jazz Quartet
e
grammazionedel Jamaica, dove suonavain coppiacon il chitarrista elettrico Ubaldo De Lio. di Charles Mingus in quegli anni. i
16. Marfa Susana Azzi, Simon Collier, Le Grand Tango..., cit. 30. Michael Kater, The Twisted Muse: Musicians and Their Music in tbe Third Reich, Oxford
17. Intervista apparsa su Buenos Aires Musical, 1962. University Press, New York 1999.
31. Nell’incisione uscita per la Columbia nel 19.56.
18. Oscar Lépez Ruiz, Piazzolla loco loco loco: 25 arios de laburo y jodas conviviendo con un
32. Glenn Gould, «Liner Notes from Columbia ML 5060, 1956, in The Glenn Gould Reader,
genio, La Urraca, Buenos Aires 1994.
acuradi Tim Page, Vintage Books, New York 1984 («Le Variazioni Goldberg», in L'ala del tur-
19. Horacio Malvicino, E/ tano y yo, Corregidor, Buenos Aires 2008.
bine intelligente: scritti sulla musica, Adelphi, Milano 2001, traduzione di Anna BassanLevi).
20, Il pianista Rubén «Baby» Lépez Furst, il contrabbassista Horacio «Negro» Gonzaleze il
batterista Néstor Astarita contribuirono attivamente ad animare l’ambientedel jazz bonaeren-
33. Glenn Gould, «The Art of the Fugue», in The Glenn Gould Reader,cit, («So You Want to
Writea Pugue?», in L'ala del turbine intelligente..., cit.).
se tra gli anni Sessantae i Settanta.
34. Omar Prego, Julio Cortézar: La fascinacién de las palabras, Aguilar, Madrid 1996.
21. Horacio Malvicino, El tano y yo,cit. \
35. Clarin, 19 aprile 1962.
22. La mitologia creata attorno alla figura di Mejfa è dovuta in parte alla sua nazionalità, che,
36. Steven Heller, «Waxing Chromatic: An Ir; ew with S. Neil Fujita», http://www; NE
a seconda delle fonti, sarebbe ecuadoriana (quella più probabile), dominicana, portoricana o
con tent.cfm/waxing-chromatic-an-interviewsyith «sneil-fujita, 18 settembre 2007.’ ga.
messicana.
37. Frank Alkyer, John McDonough (a cura gi), Down Beat; 60 Years ofJazz, Hal
23. La versione su cd, prodotta dall’etichetta Diapasén,si intitola Grabacion cumbre, e com- Leonard,
Mil waukcee 1995.
prende,oltre ai quattro branieseguiti dal Quinteto di Piazzolla — «Triunfal», «Adiés Nonino»,
38. Secondoi suoi biografi,il rema fu concepito inizialmente a New York,il che induce a pen-
«Nostalgias» e «Por la vuelta», gli ultimi due cantati da Héctor de Rosas — altri quattro pezzi
sare chelostesso possa valere per «Calambre», almeno in una fase embrionale e sempresottoil
registrati nel 1957 dall’orchestra di Horacio Salg4n- tra cui «La tiltima curda» e «La casita de
duplice influsso di Gould e John Lewis. «La muerte del Angel» fa parte della cosiddetta «serie
mis viejos», cantati da Edmundo Rivero. Da notare la presenza dell’unica incisione di «Re-
del angel», che si sarebbe conclusa nel 1965 con «Milonga del angel» e che era stata inaugura-
sponso», realizzata da Salgàne dalla sua orchestra.
ta da «Tangodel angel», un brano incluso in Tango en Hi-Fi. Questo pezzo, insieme a «La muer-
24. Lesessioni con Elvino Vardaro al violino e Oscar Lépez Ruizalla chitarraelettrica peril di-
te del angel», faceva parte delle musica dell’opera teatrale E/ tango del angel, di Alberto Rodri-
sco «gemello» ma «commerciale» Piazzolla... o no? Bailable y apiazolado furonoregistrateil
guez Munoz. La suddettaserie, in realtà, non è mai esistita. «Tangodel ingel» non è mai stato
3, il 7 e il 17 aprile del 1961; il 9 giugno lo stesso gruppo suonò insiemeal cantante Daniel Rio-
registrato una seconda volta. Egli altri brani sarebberostati suonatiin serie solo dall’ultimo
lobos («Garta» e «Uno»), e il 7 dicembre insieme a Héctor de Rosas («Enamoradoestoy»di
7,
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Quinteto, formato nel 1978, cheli eseguì in quel modoin svariati concerti. «Introducci6n al in- Points de repère, a cura di Jean-Jacques Nattiez, Éditions du Seuil, Parigi 1981 (Puntidiriferi-
gel» compare insieme a «La muerte del Angel» in Nuestro tiempo (1962) e nelle registrazioni mento, Einaudi, Torino 1984, traduzione di Giuseppe Guglielmi).
realizzate negli studi di Radio Municipalnel 1963 (Introduccibn al angel). «Milongadel angel» 70. Citato in Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit.
figura accanto a «Resurreccién del Angel» all’interno del disco Concierto de tango inciso alla 71. Umberto Eco, Opera aperta, Bompiani, Milano 2006.
Philharmonic Hall di New York nel 1965, e fu registrata nuovamentein studio nel 1986 e inse- 72. Juan José Hernindez Arregui, Nacionalismo y liberacién, Ediciones Continente, Buenos
rita in Tango: Zero Hour. Dei cinque brani, «Resurreccién del Angel» è semprestata associata Aires 2004.
a «La muertedel ingel» 0 a «Milonga del Angel», e i tre pezzi formanounaspecie di suite che fu 73. Graciela Speranza, Fuera de campo: Literatura y arte argentinos después de Duchamp,
eseguita dal vivo a Lugano nel 1983 e al Teatro Roxy di Mardel Plata nel 1984. Anagrama, Barcellona 2006. e
39. La musicadella réclame era un arrangiamento del secondo movimentodella Sonataa tre in 74. Citato in Graciela Speranza, Fuera de campo... cit. i
do maggiore di Johann Joachim Quantz. 75. Horacio Malvicino, El tano y yo,cit.
40. Buenos Aires Musical, 1962. 76. Oscar Lépez Ruiz, Piazzolla loco loco loco..., cit.
41. Ivi. 77.Ivi.
42. Oscar L6pez Ruiz, Piazzolla loco loco loco..., cit. 78. Augusto de Campos, Balanco da bossa e outras bossas, Perspectiva, San Paolo 1974.
43. Probabilmente è questa l’origine del riferimento all’«action painting» sulla copertina di 79. Riportato in Augusto de Campos, Balango da bossa... cit.
Nuestro tiempo. 80. Citato in Augusto de Campos, Balanco da bossa..., cit.
44. Primera Plana, 20 novembre 1962. 81. Musica Popolare Brasiliana. La sigla era usata per designare tutta la musica che non fosse
45. EI Mundo, 7 dicembre 1961. strettamente folkloristica.
46.Ivi. 82. Oscar Lépez Ruiz, Piazzolla loco loco loco..., cit.
47. Clarin, 12 aprile 1962. 83. Ivi.
48. Oscar Lépez Ruiz, Piazzolla loco loco loco..., cit. 84. Ivi.
49. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit. 85. Jùlio Medaglia, Masica impopular, Global, San Paolo 2003. Il libro è unaraccolta di suoi
so. Extra, novembre 1965. articoli su Webern, Schònberg,il tropicalismo, Charles Ives, Villa-Lobos, Stravinskij, la bossa
51. Pagina/r2, luglio 2000. \ nova, la musica elettronica e Gunther Schuller e la «Terza Corrente» nel jazz.
52. Julio Nudler, Aldo Delhor, Laureano Fernandez, Astor Piazzolla, el tango culminante, Edi- 86. Oswald de Andrade, Do Pau-Brasil a antropofagia e as utopias: manifestos, teses de con-
ciones Pagina/12, Buenos Aires 2001. cursos e ensaios, Civilizagào Brasileira, Rio de Janeiro 1978 (La cultura cannibale. Oswald
53. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit. de Andrade: da Pau-Brasil al Manifesto antropofago, Meltemi, Roma 1999, a cura di Ettore
54. Serge Moreux, Béla Barték: Sa vie, ses oeuvres, son langage, Richard-Masse,Parigi 1949. Finazzi-Agrò e Maria Caterina Pincherle).
55. Alberto Ginastera, «Homageto Béla Barték», Tempo (Londra), n. 36 (marzo 1981). Cita- 87. Primera Plana, 11 agosto 1964.
to in Antonieta Sottile, Alberto Ginastera: Le(s) Style(s) d’un compositeur argentin, L’Harmat- 88. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit.
tan, Parigi 2007. 89. Pierre Boulez, Points de repère,cit.
56. Citato in Pola Suarez Urtubey, A/berto Ginastera en cinco movimientos, Victor Leri, Bue- go. Julio Cortàzar, Rayuela, Sudamericana, Buenos Aires 1963 (Il gioco del mondo. Rayuela,
nos Aires 1972. Einaudi, Torino 2006, traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini).
57. Elliott Antokoletz, The Music ofBéla Bart6k. A Study ofTonality and Progression in Twen- 91. Hans Magnus Enzensberger, «Die Aporien der Avantgarde», in Enzelheiten, Suhrkamp,
tietb-Century Music, University of California Press, Berkeley 1984. Francoforte sul Meno 1962 («Le aporie dell'avanguardia», in Questionidi dettaglio. Poesia,
58. Citato in Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit. politica e industria della cultura, elo, Roma 1998, traduzione di Giovanni Piana).
59 Ernesto Sabato, Tango, discusion y clave, Losada, Buenos Aires 1963. 92. Ivi.
60. Clarin, 22 settembre 1963. 93. Leonard Meyer, «The End of The Renaissance?», The Hudson Review, vol. 16, n. 2, 1963.
61. David Vifias, De Sarmiento a Cortdzar:literatura argentina y realidad politica, Siglo Vein- 94. Theodor W. Adorno, «Das Altern der Neuen Musik», in Dissonanzen: Musik in der verival-
te, Buenos Aires 1971. teten Welt, Vandenhoek & Ruprecht, Gottingen 1956 («Invecchiamento della nuova musica»,
62. Guillermo Korn, Marfa Pia L6pez, Sabato o la moral de los argentinos, América Libre, Bue- in Dissonanze, Feltrinelli, Milano 1991, a cura di Giacomo Manzoni).
nos Aires 1997. 95. Della raccolta venneroincisi due volumi completi, La guardia vieja e Época romdntica. Del
63.Ivi. terzo furonoregistrati soltanto quattro brani, «Uno», «Sur», «Malena»e «Percal». Unariedi-
64. «Rovira abbordail tango, ma da una prospettiva chiaramente tangenziale», dirà nel 1969 zione di entrambii dischi, con i quattro pezzirestanti suddivisi tra i due come bonus track, è
la rivista Panorama riguardoal disco Sérico, uscito per la Show Records e conle parole di Sa- stata annunciata dalla casa discografica Universal Musicperla sezione Seminal, diretta dal pro-
batosul retro di copertina. duttore Gustavo Santaolalla, ma al momento della pubblicazione di questo libro è uscito solo
65. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit. il primo.
66. Il Nuevo Octetoincise anche, a Montevideo,il pezzo «Bragatissimo», per la gloria del vio- 96. Le percussioniinserite nel Quinteto furono suonate da Leo Jacobson, così come avveniva
loncellista. Il brano, uscito comepartedi un singolo insieme a «Ciudadtriste», non è mai stato nel brano «Vayamosal diablo» di Concierto de tango en el Philharmonic Hall de Nueva York,
masterizzato su cd perchéi diritti non sono di proprietà della Sony-BMG Argentina. sebbene questo dato non figurasse tra quelli forniti in codaal disco.
67. Natalio Gorîn, Astor Piazzolla..., cit. 97.Il malambo, comealtre danze americane, presenta una successione di accenti binari e ter-
68. Oscar Lépez Ruiz, Piazzolla loco locoloco..., cit. nari, che talvolta appaiono simultaneamente. Sonotipichedi tuttoil folklore latinoamericano
69. Nel 1980, Boulez riscrive la sua dissertazionee la include in una nuova edizionedel libro le emiolie determinate dall’alternanza di battute di 6/8 (un ritmo binario in cui però ciascun
#
[ 268 ] [ 269 ]
temposegue uno SChema rernario)e di 3/4. Piazzolla, nel suo malambo,al posto di un ritmobi-
nario con tempi tripartiti (6/8), opta per uno in quattro tempi, ripartito secondoil classico
3+3+2. L'effetto, anziché essere quello di una sequenza alternata di due tempilunghi, ciascuno
suddiviso a suavolta in tre corti, e tre lunghi (che ad esempiosiritrova anche nella canzone
«America» di West Side Story, con un ritmoche potrebbe suonareall'incirca cometa-ta-ta / ta-
ta-ta | taa-taa-taa, dovele sillabe sottolineate sono quelle accentate), è quello di una successio-
ne di otto tempicorti (accentati secondolo schema 3+3+2) seguiti da tre lunghi(ta-ta>ta / ta-ta-
talta-ta | taa-taa-taa).
98-Inuna conferenza a cui ha partecipato unodegli autori del presente libro, chesi è tenuta nel-
Laula magnadella Facoltà di Lettere e Filosofia — cheall'epoca, cioè nel 198 4; si trovava anco-
ra nell'edificio di Calle Marcelo T. de Alvear — Enrique Pezzoni, il preside del corsodi laurea in
Lettere, domandò a Borges quale fosse il suo rapporto con la musica e, in particolare, con
Brahms, che veniva citato in duesuoiscritti, il racconto «Deutsches Requiem» e la poesia «A
Johannes Brahms». La risposta dello scrittore, priva di qualsiasi ironia, fu questa: «Quandomi
trovavo con Bioy per lavorare, Silvina metteva sempre su della musica orrenda, con la quale
nonriuscivamo a pensare. Era Debussy. Di fronte alle nostre proteste, lei ha iniziato a mettere
dell’altra musica, che era piuttosto gradevole e nonci disturbava. Le ho domandatocosafosse SESTA PARTE: 1968
e mihadetto chesi trattava di Brahms. Da quel momento nutro un grandeaffetto per quel-
l’uomo».
99. Adolfo Bioy Casares, Borges, Destino, Barcellona 2006. (BUENOS AIRES)
100. Ivi.
toI. Oscar Lépez Ruiz, Piazzolla locolocoloco..., cit.
102. In questo disco, Piazzolla suona insieme a Suiirez Paz e a Pablo Zinger, che non va confu-
so conilsolito Pablo Ziegler. La formazione è composta anche da Paquito D’Rivera, al sax con-
tralto e al clarinetto, Andy Gonzalez al contrabbasso e Rodolfo Alchourron alla chitarra.
103. L’opera venne proibita ancora primadel debutto, che fu boicottato per ordine espresso di
Ongania al suo intendente,il colonnello Eugenio Schettini.Il caso è stato documentato a dove-
re © raccontato in modo magistrale da Esteban Buch in The Bomarzo Affair. Opera, perversion
y dictadura, Adriana Hidalgo, Buenos Aires 2003. Quella censuraricevette una condanna una-
nimee furono moltissimigli attestati di solidarietà nei confronti di Ginastera da parte di musi-
cisti e intellettuali di tutto il mondo,tra cui Luigi Nono,chea livello ideologico si trovavaagli
antipodi rispetto al compositore argentino. Tra tante voci, brillò per la sua assenza quella del
suo primoallievo, il bandoneonista Astor Piazzolla.
104. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit.
105. Panorama, agosto 1966.
106. Eliseo Veròn, Conducta, estruciura y comunicacién, Jorge Alvarez, Buenos Aires 1968.
Citato in Beatriz Sarlo, La batalla de las ideas, 1943-1973, Ariel Historia, Barcellona 2001.
107. Citato in Beatriz Sarto, La batalla de las ideas,cit.
108. Primera Plana, 8 novembre 1966.
109. Glenn Gould, «The Search for Petula Clark», in The Glenn Gould Reader..., cit.
110. Confirmado,3 aprile 1969. i
111. Augusto de Campos, Balanco da bossa..., cit.
112. Primera Plana, 27 dicembre 1966.

[270]
Il 68 inauguròunafasediopereliriche, cantate e oratori pop. Il sognodi da-
re legittimità a certi generi popolari ricorrendoa quella che per tutto l’Otto-
cento era sembrata la forma più complessadi spettacolo e, peril senso co-
munedi allora, quella a cui più potevano essere conferiti gli attributi del-
l’arte «alta», risultava particolarmenteallettante in un periodo nel quale, a
partire dal rock ma ancheinaltri generi, il ricorso alla multimedialità stava
prendendopiede. Prima la grafica — in una competizione costante a rendere
ognidisco un oggettovisivo unicoe irripetibile — e poigli effetti luminosi —
con i primi concerti dei Pink Floyd nel club uro di Londra - sommatialla
naturale componenteistrioniica che aveva sempre contraddistinto il venta-
glio di espedienti di molti musicisti di tradizione popolare (e non solo), con-
tribuivano a creare un brododi coltura nel quale non erano secondarii ten-
tativi di combinare la musica popolare con la danza,le proiezionidi filmati
e testi di ampio respiro. C’eranoi lavori dei Kinks e degli Who — rispettiva-
mente, Arthur (Or the Decline and Fall of the British Empire) e Tommy,
compostiquell’annoe usciti entrambinel 1969 — la Cantata de Santa Maria
de Iquique del cileno Luis Advis, incisa dai Quilapayn solo nel 1970,* e il

* Nelle note di copertina,il compositore parla della legittimazione del genere popolare per mez-
zo della musica alta, usando argomentazioni moltosimili a quelle che eranocircolate a proposi-
to dell’opera di Piazzolla, benché conunlinguaggio nettamente accademico. Ecco cosa dice:
£
[273]
musical Hair, ai quali di lì a poco Si Sarelpero aggiuni i pro dotti dellapre- Diede però un taglio diversoa tutto l’insieme. «È venuta fuori un’altra cosa,
miata ditta Webber & Rice, a c OMiNCIZE da JesusChrist Superstar del più poeticae fantasiosa, un po’ comele notti a Buenos Aires», ha racconta-
1971.Èin questa corniceche si inserisce, pur con presupposti diversi, l’ope- to. Comea dire: Maria,sì, però non quella del West Side, quella di Buenos
ra pop di I iazzolla. Aires. Tuttavia, Amelita Baltar, che la interpretava, ha fatto riferimento a ra-
rima esigenzacra stata quella di dotarsi di un impianto narrativo per- gionid’altro tipo: «Ciservivano dei soldi. Non avevamoil becco d’un quat-
sonale. I destino vole che in questa ricerca Astor fosse affiancato dall’uru- trino. Piazzolla voleva escogitare qualcosa che potesse garantire all’opera
u 2Yano HoracioFerrer, che all’epoca avevatre ntaquattro anni ed era stto unacerta continuità nei teatri».* Qualcosadisimile ai varietà semiteatrali di
a Lore occasionale di saggi sul tango, poet e giornalista dell'edizionedi Calle Corrientes, nei quali imperversavail tango che Piazzolla considerava
M ontevideodi E/ Pais. Insieme concepironomg ria de Buenos Aires e la dfi- sorpassato, ma con una musica diversa e ambizioniletterarie d’altro tenore.
nirono un’«operina», comese conl’uso del diminutivoil genere potesse es- La Sala Planeta, gestita da Carlos Gandolfo con l’aiuto degli attori Jorge
sere relativizzato. La parola rimandavaperaltro all’idea dell’«opera popola- Mayore Arturo Maly, che oltretutto si trovava nel quartier colto e moderno
re», qualcosa di artistico quanto le opere maggiori, ma immunedall’elitari- di Buenos Aires, poteva essere un buon puntodi partenza. Ferrer sintetizza-
smoe dalle peggiori connotazioni borghesi del genere, oltre che strettamen- va il tutto così: «Un intrattenimentodiqualità».
te legato alla nozione di «autenticità», in questo caso nazionale e culturale. Maria de Buenos Aires sarebbe stato un viaggio dalle tenebre alla luce.
«Se l’Italia ha creatol’opera, l’Austria l’operetta, la Spagna la zarzuela e gli Inizialmente il personaggio principale doveva essere interpretato da Egle
Stati Uniti il musical, pensiamo che la nostra operina possaessere l’inizio di Martin, che aveva già incarnato unasorta di protomaria in «Graciela Oscu-
qualcosa di nuovo perl'Argentina», dicevanonelle note inserite nel disco. ra»,° una canzone basatasu un testo di Ulyses Petit de Murat — poeta dive-
Lo stessoFerrer ha ricordato cheall’inizio Piazzolla voleva comporre una nuto famoso per la sua assidua presenzanelle giurie dei programmitelevisi-
verSione bogerense di West Side Story.' Nel 1961 era uscito l'adattamento vi- e che abbandonòil progetto pervia del triangolo amoroso con Piazzol-
cin Matogr, co del musical di Bernstein e Sondhejm. Il film era diretto da la e il marito. In un’intervistarilasciata a Primera Plana poco primadel de-
Bert Wisc iN collaborazione conil coreografo Jerome Robbins. Evi reci- butto, Piazzolla assicurava che Maria de Buenos Aires era «la cosa più im-
tava Natalie Wood,nella parte dell’immigrata portoricana che si innamora portante» che avesse compostoin tutta la sua carriera. E con quella dichia-
di Tony, un membrodella banda rivale. Tra le molte scene degnedi nota, ce razione rendevanotele sue velleità classiciste. Immaginavachela sua «ope-
n'è una fondamentale: quella in cui lui va da lei e le canta una delle canzoni rina» potesse rappresentare su una mappa ideale un puntocieco in cui po-
più belle di West Side Story: «I just met a girl named Maria / and suddenly tessero convergere più ascoltatori possibili. «Sarà apprezzata dagli intellet-
that name will never be the same to me [...] Maria, Maria, Maria / all the tuali e dalle persone comuni», vaticinò. Sperava chegli unie le altresiin-
beautiful sounds ofthe world in a single word» [«Ho appena incontrato una contrassero nello stesso luogo ecumenico per comprendere chiaramentele
ragazza di nome Maria / e improvvisamente quel nome nonsarà piùlo stes- intenzionidell’autore. In Maria de BuenosAires si compivala «rivoluzione»
so per me[...] Maria, Maria, Maria / tutti i più bei suoni del mondoin una avviata tredici anni prima. Ai giovanifrondizisti (ormai sposatie padridi fa-
sola parola»]. L’universo delle zuffe giovanili aveva un valore particolare miglia) che avevano acclamato l’Octeto e l'avevano difeso a spada tratta, a
per Piazzolla, era una reminiscenza della sua iniziazione alla strada. Di tut- coloro che avevanoscoperto Piazzolla agli inizi del decennio, al Jamaicae al
to ciò probabilmente doveva aver parlato con Ferrer la prima volta che ave- 676, come leader del Quinteto, a quelli che erano influenzati dalle logiche
va bussatoalla sua porta. Anche l’uruguayano «adorava» West Side Story. del consumo popolare e lo vedevano come una «novità», a tutti loro, senza

* Il plurale usato dalla Baltar rivela che, nel momentoincui l’opera cominciò a essere concepita,
«Quest'opera[...] è stata scritta seguendo a grandi lince il modello di una Cantata Classica [le agli inizi del 1968, lei stava già insieme ad Astor, anchesela cosa non sarebbestata ufficializza-
maiuscole sonodi Advis]. Tuttavia, ci sono varianti dovute [...] ad aspetti stilistico-musicali: sen- ta prima della fine di quell’anno, comeriportanoi biografi di Piazzolla. Può darsi chela decisio-
za trascurare la tradizione europea, a questa sonostati accostati giri melodici diversi, modula- ne di tenere nascosta la relazione derivasse dal timore del bandoneonista che quella collabora-
zioni armoniche e nuclei ritmici di origine americana o ispanoamericana[...] Per quantoriguar- zione potesse essere ricondottaal loro legame affettivo e non ai meriti artistici della sua compa-
da gli aspetti narrativi, il Recitativo classico, cantato, è stato sostituito da un Racconto recitato, gna, che rischiavanocosì di venire sminuiti. In ogni caso,il dato la dice lunga sulla morigeratez-
che contiene tuttavia elementiritmici e metrici, in modo da non spezzare l'insieme sonoro». za che regnava ancora a Buenos Aires mentrenel resto del mondo esplodevail flower power.
Y
[274] [275]
alcuna distinzione,il bandoneonistaoffriva il suo tesoro più prezioso. «Sol- il 13 maggio 1968, disse che Maria de Buenos Aires era «l’opera più ambi-
tanto alla fine di aprile sapremosesi tratta di una chimera o no», fu il pru- ziosa e riuscita che Piazzolla avesse mai composto». La recensione portava
dente commentodi Primera Plana quando annunciò quella che definiva una la firma di pAYED, lo pseudonimousato in quel periodo da Napole6n Ca-
«Traviata canyengue» è brera.Il critico contestava — tutti prima o poisi sentivano in dovere difarlo
La trama dell’«operina» era questa: nella prima parte il Folletto — incar- - il fatto che venisse classificata come «opera» ed esprimevainoltre qualche
nato da Ferrer — evocala figura di Marfa, L’umile ragazza viene strappata al riserva sul lavoro audiovisivo di Adolfo Bronowski(«il fotomontaggio,sug-
proprio quartiere da forze misteriose e condannata a essereinizialmente un gestivo maproiettato in scala troppo ridotta, non è sufficiente a farne un’o-
elemento benefico, per poi trasformarsinell’esatto contrario quandofinisce pera scenica»). Le obiezioni principali, però, riguardavano Ferrer. Il suo
per essere «corrotta» dal bandoneon. Nella seconda parte Marfa muore, «componimento» abusava di un «lunfardo pieno di neologismi che ostaco-
compie la discesa agliinferi e la sua ombravagaperla città. A furia di giro- la la comprensione immediata che è indispensabile in qualsiasi testo che deb-
vagare arriva in un circo, dovesi fa psicanalizzare senza alcun risultato. In ba essere musicato».
mancanzadeltransfert sperato, sopraggiungerà una benedizione: il Folletto Anche Primera Plana considerava la musica un ulteriore progresso nello
chiamaa raccolta i suoi compagni,che si dannoalla ricerca forsennata di un stile del bandoneonista. L’articolo, pubblicato anonimo mascritto dal com-
«embrione», In cima a un’impalcatura,l’«ombra» concepirà e darà alla lu- positore Rodolfo Arizaga,'si intitolava «La logorrea nonl’avrà vinta». Per
ce una bambina. Proprio come la Maria biblica. Al miracolo, in questo ca- Arizaga, Piazzolla nella sua «operina» avevaattinto a tutti i generi della mu-
so, assistono le Donne che Impastanoe i Tre Muratori Magi. sica popolare di Buenos Aires,perinserirli in «strutture colte» e pervenire al-
Per Piazzolla e Ferrer, l’operina era un «tributo spontaneo»alla città, a la «sintesi che si prefigge da così tanti anni». Arizaga non ha dubbi: Piazzol-
quel luogo che coniugava l’anticoe il nuovo, l’europeismoe l’essenza ame- la «è riuscito a ottenere» quello a cui aspirava da sempre e «con un’esube-
ricana,la duratae la transitorietà. Perciò, in Maria de Buenos Aires — si leg- ranza travolgente riversa sul pubblico una ricchezza che a tratti sembra ine-
geva sulla copertina del disco qualche mese più tardi — «hanno potuto con- sauribile». A Ferrer rinfaccia di aver ricorso a una «simbologia strampala-
vivere pacificamente» un cantore di payadas e un Beatle, un analista e un ra- ta» che hafinito per costellare il testo di «elementiossidatie stridenti cigo-
gazzotto di quartiere, il ballatoio da casa popolare e l’impalcatura tubolare, Iii». L’uruguayanorecita «con pose da candidatoalle elezioniin cerca di vo-
«il valzerino dolcemente passato di moda e le forme ritmiche che rispec- ti». La sua aggettivazione «è così esorbitante e gratuita, che supera il muro
chianoil fermento della musica odierna di Buenos Aires». Piccoli valzer sti- del suonoe trafigge senzapietà l’udito del pubblico». Sulle pagine di Andli-
lizzati, un malambo, momentidi tipo incidentale, recitativi, canzoni e mi- sis si precisava: «[Ferrer] ha composto un testo dalle pretese fumose, stra-
longhesi concatenanocon un sensodell’unità più consonoal musicalo al ci- volto da una retorica farneticante che attinge, con ingenuadisinvoltura, al-
nemastesso cheall’idealizzato orizzonteestetico dell’opera. le cadenze di Carlos dela Pia, al Neruda meno genuinoe al Lorca più abu-
La sera del debutto la sala era gremita, dicono alcuni. Jorge Andrés, un sato... La sua presenza come voce narranteè sufficiente per annoverarlo fra
critico di musica popolare della rivista Andlisis, cominciavainvecela sua re- le manifestazioni più pure dell’estetica camp che si siano mai potute vedere
censione, pubblicata il 20 maggio, in questo modo: «Quandole battute del- a questelatitudini».
la “Pequefia misa zurda” hanno annunciatola fine di Maria de Buenos Ai- «Aria d’opera dal sapore di tango», titolò Genteil 25 luglio, accantonan-
res, l’“operina” di Astor Piazzolla e Horacio Ferrer che ha debuttato la set- do il diminutivo. L'autore del pezzo, Néstor Barreiro, considerava Maria de
timanascorsa, ho avuto l’impressione che lo scarso pubblico presente nella Buenos Aires un’«esperienza imprescindibile». A suo giudizio, Piazzolla
Sala Planeta e che avevaresistito alla tentazione di andarseneall’intervallo, continuava a dimostrare di «saper fare tabula rasa e riuscire semprea rin-
tirasse un granrespiro di sollievo» .4 Sergio Renn, dal canto suo,dice: «Ci è novarsi». Su quello stesso numero,il mondo del tango acclamava la crea-
sembrato un portento, un grandissimorisultato; è un’operaa tuttigli effet- zione dell’«eretico». Armando Pontier, riferendosi all’opera, descriveva
ti, un lavoro superbo, concepito non da un musicista popolare qualsiasi, ma Piazzolla come «l’uomo che ha l’enorme dono di tramutare il presente in
da colui che è sempre stato sinonimodi novità e che abbiamo ammirato al- passatoe il futuro in presente». Osvaldo Fresedo riteneva che l’«operina»
menoquanto disprezzavamoi suoirivali. A dirla tutta, però, a molti di noi avesse aperto «una nuovavia». Julio De Carola definì una «testa di ponte».
nonè piaciuta tanto quanto avremmovoluto». Il quotidiano Clarin, invece, Juan Carlos La Madrid, una vecchia conoscenza, diceva che «gli autori han-
#
[ 276 ] [ 277]
no reso un servizio al popolo», dal momento che hanno inaugurato «con
acen me
ita lit à sor pre nde nte » un genere che può determinare «un
unav ( enteya, da
ra di con cep irel ’ arte dra mm:
mma tic adella nostracittà...» Julian
nie rer - o quello che Ferrer aveva
| | lessicondieFera
parte sua, prendeva in prestito s è comn
: «C'i e une lavoro°
R sullo pera
preso in prestito da lui — per P g te i
omare c con una o», i gerpa
Sin olui,
vari orino linguaggi diceva. Il paroliere, second
aga
daAARfas
era «matto da legare». Aveva avuto la fortuna di incontrare Piazzolla, che
Centeyadicevadi nonriuscire a capire, «perché al Fracasi [il conservatorio
del quartiere] non ci ho mai messo piede». Anchese doveva riconoscere che,
con la sua musica,quella volta lo aveva «folgorato».

«L'opera più ambiziosa», «sintesi», «rinnovamento». «Futuro». «Nuova


via». Gli elogisi tingevano di connotazioniche rinviavanoal progresso.
Jean-Jacques Nattiez, in Il combattimento di Crono e Orfeo:saggidise-
miologia musicale applicata,‘ ricorda che lo stato di «perenne insoddisfa-
zione» rispetto a ognirisultato «ottenuto provvisoriamente»e il «desiderio
di inglobare ognisingola opera»all’interno di una cornice più vasta è stata
una costantein artisti tanto diversi come Richard Wagner, Marcel Proust e
Pierre Boulez. I tre hanno lavorato in modoprolifico a partire da «nuclei ge-
nerativi ridotti», in cerca di una «totalità» che sfuggisse al Tempo «delle
contingenzedel lavoro creativo»e che favorisse «unrisultato definitivo, per-
fetto e unitario». Mediante unaretorica diversa e a partire da una tradizio-
ne più ibrida, ma che condivideva, almeno a parole, alcuni aspetti di quel
pensiero, Piazzolla disse la stessa cosa alle «persone comuni»e agli «intel-
lettuali», ai suoi sostenitori di sempree ai suoi avversari: Marfa era la sua
summa.
All’età di quarantasette anni, pensava di essere arrivato a padroneggiare
la propria arte nel modo più completo. O, se ci atteniamoallibro di Sperat-
ti, che fu scritto nello stesso periodoin cui l’«operina» debuttava,sentiva di
aver superato la sua «incapacità di comporre nuoveopere», di essere scam-
pato a un «annullamentototale, a un sensodi sconfitta chesi attenuava giu-
£
[278] [ 279]
Pr

sto per consentirglidi rifinire una manciata di opere: “La mufa”, “Retrato rea» contiene un omaggioesplicito all’ultimo movimento della Sagra della
de Alfredo Gobbi”, “Revolucionario”...»
primavera di Stravinskij. Il tema di Marfa è un’estensione del tema 8 di
«Adiés Nonino», dal quale in seguito discenderanno anche «Los pàjaros
L’«operina» rappresentava «un passo avanti», main realtà era un insie-
perdidos» (pezzo nato comeintroduzione a quel brano, nella versione del
medi procedimenti già sperimentati e, in molticasi, con risultati migliori. Le
sequenze barocche che si concludono con una risoluzione sul sesto grado Noneto,che a sua volta derivava dalla Sezione 8 di «Vardarito») e «Afios de
della scala («Introducciénal ingel», l'arrangiamento di «Milongatriste» e soledad». Che Piazzolla avesse un rapporto molto particolare coni propri
materiali originari è fuori discussione. Eppure nonsi tfattavadi variazioni
«Sin retorno» in Nuestro tiempo, del 1962), i tremoli sul ponticello degli
strumenti a cordae i glissando facevano ormaiparte del suo inconfondibile su unostesso nucleo, ma di elementi ormai assodati, che era certo «funzio-
DNA. Così comeil walking bass del contrabbasso, che era già chiaramente nassero». In tal senso, sembrava procedere quasi nello stesso modoin cuisi
era cimentato negli interminabili esercizi di contrappunto a quattro parti
consolidato all’inizio di «La calle 92», in Piazzolla interpreta a Piazzolla
(1961). Con «Fugay misterio», ritornavail fugato a quattroparti, debitore che cercava di infliggergli la Boulangera Parigi, quando lo obbligavaa cer-
care più di una possibilità rispetto a un determinato canto. C’era in lui un
di «Calambre», contenuto in quello stesso disco fatidico, e di «Muerte del
senso del «mestiere» da intendersiin tutte le accezioni del termine (comein-
ingel», ancora in Nuestro Tiempo. In Maria de Buenos Aires confluiva an-
chela predilezioneperil gioco ornamentale, i controtempie quel rubato che carico, funzione e attaccamento a unrito), a dimostrazione del fatto che la
pratica non era stata vana (la mano chescriveva sul pentagrammaera più
sembra non si stabilizzi mai; lo schema ritmico 3+3+2, le anacrusi ascen-
denti tipiche di «Adiés Nonino» e «Verano portefio», i prestiti occasionali esperta di quella del Piazzolla tornato daParigi ed era quella del composito-
dalla musica classica. La concezione di Maria de Buenos Aires come un ex- re cinematografico più che del musicista tradizionale di tango). Si compone-
cursus stilistico non è estranea a quella degli show dei varietà di tango — e va in temporeale, senza cancellature. Lo spartito si era riempitodifigurecri-
ai film che li hanno resi immortali — in cui veniva sempre tratteggiata una stallizzate. Uno stile, ma anche un mododi misurarel’efficacia della musica;
sortadi storia del genere, dalla delinquenza della milonga diperiferia all’e- una competenzaa cui Piazzolla attribuiva un grande «valore». Non a caso
leganza delle sale da tè raffinate. Ferrer racconta che,sullibretto, gli aveva raccontava con orgoglio che Maria de Buenos Aires avevavisto la luce «so-
annotato «i suggerimenti delle musiche con le quali avevo letto ogniscenaai lo nel 1967» e che aveva impiegato menodi un’estate a scriverla, rivederla,
miei amici». È aggiunge: provarla e metterla in scena.”
A quel punto, nonsi poteva più parlare di «work in progress», quanto
piuttosto di calmapiatta. Nel 1965, Piazzolla avevaincisoil malambo gina-
Gli ho detto che era un compositore completo. «La gente crede chetu sia un au-
tore strumentale e qua dobbiamofare dei valzer diversi, milonghe lente, milon- steriano «Vayamosal diablo», che fa parte del disco Concierto de tango en
ghe campere, milonghe genuine; dobbiamofare delle romanze tango». E lui, ad el Philharmonic Hall de Nueva York. Tre anni dopo,nell’«Aria de los anali-
esempio, ha fatto la «Romanzadel duende» alla maniera di Julio De Caro, per- stas» di Maria de Buenos Aires utilizzava la stessa formula. Maria de Bue-
ché lì, nel libretto, c’era scritto quel suggerimento. Il «Poema valseado» è un nosAires era letteralmente conservatrice, ma era una formadi ristagno pur
valzer mezzo francese, lento, piuttosto calmo, molto profondo. Non è un val- sempreraffinata. Piazzolla non faceva tabula rasa del patrimonio accumu-
zerino da strada. È una cosa molto intensa. Marfa de Buenos Aires è un’opera
lato. Propendeva per la continuità di una struttura in auge, difendeva una
assai complessa. C'è di tutto; ci sonotuttiglistili di una volta e c’è anche della
musica molto moderna, come quella della «Toccata rea». Maria de Buenos Ai- convenzione, quella che aveva inaugurato e poi consolidato in tutti quegli
res è una specie di compendioe di ampliamentoditutta l’opera di Piazzolla. anni: lo «stile».
La glorificazione del rinnovamento, d’altro canto, era un luogo comune
O, si potrebbe dire, un «ampliamento» del «compendio». Nell'arco che destava anche preoccupazione. Glenn Gould, semprein controtenden-
dell’«operina»il compositorecita se stesso, si compiace delle proprie trova- za, credeva in un «temponondirezionale». Era convinto che le nuove scuo-
te, ricorda al pubblico chi è e che cosa ha fatto. E per quanto la musica non le non fossero necessariamente migliori di quelle precedenti. Piazzolla era
corrail rischio di stufare — anzi, alcuni passaggi sonodi una rara bellezza, ol- combattutto fra questi due modi di pensare. Innanzitutto si lamentava del-
tre a essere sempre suonati in modoeccellente — rinvia così tanto a una ma- l’arretratezza musicale che lo circondava: «Troilo suona sempre e solo “FI
trice preesistente che propriotale aspetto rischia di offuscarla. La «Toccata motivo”; Goyeneche continua a incidere gli stessi cinque tanghi... Ormai
7
[ 280 ] [ 281 ]
suoniamoperi turisti», avrebbe ribadito sulla rivista Gente nel 1972. Se lb- mette più rispostee fa sorgere ulteriori interrogativi. A BuenosAires c’era a
ie ro erano ancorati a un universo remotissimo, a una città che non suona quell’epoca qualcosa di più «avanzato» di Piazzolla o che fosse più in linea
più così, il suo bandoneon segnavaal contrario l’ora della modernità. Quel con le coordinate eterogenee appenatracciate? E soprattutto, una simile tra-
la costante dichiarazionedi intenti derivava da un senso di paradossale ac madi fenomenitrasversali e simultanei era pensabile in una città nella qua-
celerazione, legato al modoin cuisi poteva intendereil «progresso» a Pari: le il desiderio di stare al passo coi tempi conviveva con l’arretratezza tecno-
gio a New York nella seconda metà degli anni Cinquanta guardando da lon- logica, dove l’industria discografica non era che l’ombra non già di quella in-
tano un ambiente musicale come quello argentino, che bisognava far guari- ternazionale ma anche solo di quella brasiliana, ad esempio, e dove quelle
re dalla claustrofobia. Al tempostesso, però, Piazzolla non nutriva una gran novità (Pink Floyd, Hendrix, Berio, Davis) erano ignorate dal mercatoe per-
simpatia peri salti mortali senza materasso. fino dal ceto intellettuale? Buenos Aires, nel 1968, era unacittà in cuiil Mi-
Nell’universo del tango dominava chiaramente la nota della nostalgia. les Davis del 1955 era ancora una novità — oltre a essere osteggiato a oltran-
L’influenza del genere, per giunta, si attenuava sempre di più: insieme al za dai fanaticidell’hot jazz alla maniera di Armstrong — dovela frangetta dei
folklore, copriva il quindici per cento del mercato discografico, secondo Jor- Beatles faceva ancora discutere e i pochi che portavanoi capelli lunghi era-
ge Lapido, unodei proprietari della Plastigal, un’azienda che producevadi- no costrettia farseli tagliare «da un parrucchieredi questura», come avreb-
schi in vinile. Il suo pubblico di norma era composto da persone «anziane» be cantato due anni dopoil duo Pedro y Pablo in «Yovivo en una ciudad»,
che ingaggiavano scontri verbali con figli su questioni di gusto. Il mese in e nella quale coesistevano senza contraddizioni apparentisvariatilivelli di
cui debuttava Maria de Buenos Aires, usciva per l’etichetta Victor la prima modernità - quella della metà degli anni Cinquanta,dei beatnik e delle dol-
«antologia» di Troilo, che Primera Plana considerava «lo zio dell’avan- cevita nere, quella dei nuovi e sporadici hippie, che per la maggior parte era-
guardia», dal momentocheera statoil «patrono»di Piazzolla. Tuttavia,gli no ancoraartisti del ceto medio-alto, e quella dei bopper degli anni Qua-
apporti «validi» di Pichuco, diceva il settimanale, si esaurivano «alla fine de- ranta. Unacittà in cui l’idea di un classicismo basato su materiali popolari,
gli anni Quaranta». Negli ultimi quindici anni, Troilo aveva preferito «vive- comequella presente nell’opera messa in scena da Gershwin più di trent’an-
re della sua leggenda grottesca, dei trucchetti insegnati al proprio bando- ni prima o in un musical di Bernstein vecchio di un decennio, potevaessere
neon,di una pubblicità deleteria nella quale sono rimastiinvischiati tanti in- attuale — o così sembravanosperaregli autoridi lavori simili — quantoi nuo-
tellettuali argentini», Le incisioni raccolte nell’album sancivano «il suo de- vi modi di cantarela città di gruppi come Los Gatos — all’epoca ancorastili-
clino, la sua mancanza di audacia». sticamente lontani dal rock non commerciale che avrebbero abbracciato nel
Piazzolla poteva sottoscrivere quella recensione parola per parola. Non 1970- gli Almendra, i Manale Pedro y Pablo.
avrebbe forse detto a un giornalista di Gente, nel 1972, che «ormai nonsi Comunque,le canzoni di Maria de Buenos Aires possonoessere giudica-
può più cantare “Sur” », facendoil segno dell’estrema unzione? Quel reper- te in baseal loro valoreintrinseco e in rapporto al loro tempo. Piazzolla ha
torio,insisteva, era «morto». Bisognava «cercare altro». Continuavaa sen- composto moltissime canzoni, ma, nella maggiorparte dei casi, erano ben al
tirsi un «pioniere». Lo era ancora nel 1968? La risposta dipende dal conte- di sotto dei momenti musicali puri, anchese l’effetto conferito a tutte dal suo
sto geograficoa cuisi fa riferimento. Una visione strettamente legata al tan- mododi suonarele dota di un’innegabile qualità. Canzoniche, senzail suo
go — o estraneaai diktat dell’avanguardiae ai suoi sberleffi — può attenuare bandoneon, non sarebbero state molto diverse dalle tante musichedeifilm
o nasconderegliattriti fra la scrittura di Piazzolla e le sue dichiarazioni pro- argentini dell’epoca o dacerti successi del Festival di Sanremo. Per quanto
grammatiche, così evidenti in Marfa de Buenos Aires. Ma una prospettiva riguarda l’«operina» in generale, a Piazzolla riescono meglio i braniconrit-
più ampia imponeunalettura diversa. L’«operina» di Piazzolla poteva dav- mi da valzer — pensati per la voce di Amelita Baltar — piuttosto chegli altri
vero essere considerata «rivoluzionaria» nell’anno del White Album dei motivi cantati da De Rosas. Sono più appropriati a un genere(il brano da
Beatles, di Axis: Bold As Love di Jimi Hendrix, A Saucerful of Secrets dei lm e il musical) che l’autore conosce a menadito. Da quella formula deri-
Pink Floyd, Filles de Kilimanjaro di Miles Davis, la Sinfonia di Berio, Stim- erannobenpresto, e semprein collaborazionecon Ferrer, due dei suoi suc-
mung di Stockhausen, Dieci pezzi per quintetto difiati di Gy6rgy Ligeti, Un- essi commerciali più importanti: «Chiquilin de Bachin» e «Balada para un
cle Meat di Frank Zappa o Tropicdlia, ou panis et circensis di Caetano Ve- lèco» — in questa, conla ripresa del recitativo per ricordare il legame con
loso e Gilberto Gil? La domanda - dirannoi piazzollianiirriducibili — am- aria de Buenos Aires e, nella seconda parte, trionfale, con le stesse armo-

[ 282 ] [ 283 ]
un puov®o
Me
solo chi

nie della consolidata sezione lirica di «Adiés Nonino». A proposito po’ la lingua, per dotarla di suono. Inoltre, Spinetta si destreggia &
st’ultimo-brano, fra l’altro, bisogna ricordare che non ne era ancora \scita con il rubato comesa fare nato a Buenos Aires. In quest'ottica,
re _——Tincisione più famosa, quella del 1969, e la registrazioneesistenteall’ «Laura va» non soltanto unarivelazione nella carriera effimera degli Al-
mendra, ma puòessere vista come qualcosa che non avrebbepotutoesistere
senza l’effetto di Piazzolla sulla generazione successiva alla sua, che da un la-
to doveva molto alle sue conquiste, e dall’altro si inoltrava su un terreno che
il bandoneonista contemplavasoloaifini del discorso a favore della novità.
Tuttavia, il raggio d’azionedi Piazzolla si restringeva quando rinunciava Difatto, gli AImendra hannoraccontato diessere andati «in pellegrinaggio»
al ritmo ternario e concepiva la canzonea partire dal tango o dai suoi deri a diverse repliche di Maria de Buenos Aires.
vati. In questo caso,l’intento di trovare una «cornice moderna»per il vec Le canzoni di Maria de Buenos Aires sono deboli anche sotto un altro
chio genere dava luogo a operazionisuperficiali e a risultati troppo simili a aspetto: l’uso della batteria. Toms Gubitsch, che ha suonato con Mederos
unesercizio distile o alla composizionedi un Lied su richiesta di un profes- e Spinettae poiè statoil chitarrista dell’Octeto Electrénico di Piazzolla, di-
sore, che non eranoall’altezza delle creazioni dei grandi melodisti del gene- ce che «il tango è una delle poche musiche popolari che rinuncianoesplici-
re (Troilo, Mores, José Dames, Lucio Demare, Sebastiin Piana, Gardel). tamentealla percussione. Il rubato, da una parte, la rende impossibile. Ma
La canzoneera diventata nell’arco del decennio un vero e proprio labora- dall’altra, questo costringe strumenti che solitamente non sonodestinatia
torio. C’era un grande ottimismorispetto alle sue possibilità di emancipa- una funzione percussiva, comeil violino o il bandoneon,a un lavororitmi-
zione, che di lì a qualche anno trovò in «Lingua», di Caetano Veloso, una co— l’effetto della lija, i colpi sulle casse o sulla bottoniera — e avvicinail pia-
delle sue espressioni più provocatorie: «Se vocé tem uma idéia incrivel é noforte al suo lato più stravinskiano». In pochil'avevano capito comePiaz-
melbor fazer uma cancéo | està provado que sé é possivel filosofar em zolla con il Quinteto, insieme al quale aveva sviluppato elementi che com-
alemao» [«Se tu hai un’idea incredibile, è meglio creare una canzone/ è pro- parivano già nelsestetto di Julio De Caro. Tuttavia, Piazzolla diceva a Spe-
vato che è possibile filosofare solo in tedesco»]. Nel momentostesso in cui ratti che, mentre scriveva l’«operina», aveva tenuto presenti le sonorità
George Martin suonòil clavicembalo in «In My Life» (Rubber Soul, 1965), beat: «Hai ascoltato bene Maria de Buenos Aires?», domandail bandoneo-
le nuove combinazioni timbrichee strutturali — l’orchestra insieme all’orga- nista all’autore, «Lì c'è della musica beat, la batteria è usata comenel beat e
nico pop, strumenti orientali, nastri rovesciati e altre pratiche rese possibili a volte ci sonoeffetti sonoritipici di quella modalità. Io credo che i giovani
dagli studi di registrazione — contribuirono a disintegrare il piccolo forma- se ne siano accorti, altrimenti non ne sarebbero venuti così tanti a vedere
to. Non furono in pochi a domandarsi come avrebbero potuto comporre o Maria de Buenos Aires. È perché gli piace» .* AIdi là della valutazionedi que-
arrangiare dopo aver ascoltato le trentadue battute alla maniera di Stock- sto particolarealla luce dei suoirisultati — e come termine di paragonesi po-
hausen in «A Dayin the Life», il corno francese in «For No One» e il trom- trebbero prendere i primi dischi degli Almendra e dei Manal — può essere
bino in «Penny Lane». considerato soprattutto un indizio del fatto che Piazzolla prestasse unacer-
In tal senso, è interessante ascoltare «Laura va», dal primo disco degli Al- ta attenzione — selettiva e occasionale — a ciò chesi suonava intornoa lui. E
mendra, con arrangiamenti di Rodolfo Alchourron. La canzonesi avvicina on dimenticava mai che quell’«apertura»era ciò chelo distinguevadai suoi
ai Beatles — «She's Leaving Home» — quanto a Piazzolla. Ci sono strumenti ecchi compagni di cabaret. Alfredo Radoszynski — che aveva prodotto
a corda,legni il fagotto a cui sonoaffidatii bassi — e una chitarra che ese- aria de Buenos Aires per l’etichetta Trova - racconta in proposito un
gue brevi«trilli barocchi». E c’è un bandoneon, che compare due volte: una, aneddoto emblematico:
dopo le arpe, sostenendo l’armonia a mo” di corale; l’altra, sul finale, per
Tlisieme a Piazzolla e Ferrer abbiamo promossoil discoin tutto il paese. Siamo
chiudere conlo stesso trillo della chitarra di Edelmiro Molinari, nello stile di
stati a Mar del Plata, a Rosario e nella provincia di Buenos Aires. Una volta, a
«Tango para una ciudad». La voce di Spinetta canta a volte spostando gli ac- fa Blanca, nell’auditorium dell’Universidad del Sur, e prima di aver fatto
centi tonici di alcune parole — pocds (anziché pocas), afiòs (invece di dios), ltare la musica, Piazzolla usò l’espressione «tarnguero». Unodegli studenti
vidé (al posto di vida) — perché, a quanto ha raccontato l’autore, mentre che\aveva assistito alla presentazione alzò la manoe gli chiese se usasse quel-
componevala melodia, la canticchiava in inglese, ma anche per forzare un l’aggettivo in senso dispregiativo. Al che Piazzolla gli rispose che lui dicendo

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«tanguero»intendevariferirsi «alla tipica orchestra che va in Giapponeconlo . 3
smoking e le calze bianche, non ascolta altro che quello che suona e non mette
piede al Teatro Colén».

«Ahora quees la bora y que un rumor de yerba mora trasnocha en tu silen-


cio» [«Ora che è il momentoe unfruscio d’erba morella veglia sul tuo silen-
zio»], dice la voce narranteall’inizio dell’opera, con un tonoieratico cheri-
corda quello di Sabato nelle sue incisioni discografiche e anche quello dell’a-
sturiano Narciso IbAfiez Menta,il padre dell’horror televisivo argentino, che
all’epoca preparava per Canal 9 quello che sarebbe diventato uno dei suoi
grandisuccessi,la serie E/ hombre que volvié de la muerte. La voce di Ferrer
rievoca inoltre il radiodrammae il cinema argentino degli anni Quaranta.
Nonsembraesserci ironia in questa scelta — e neppurenell’enfasi dell’inter-
pretazione — ma piuttosto unacerta solennità e la convinzione di declamare
qualcosa di trascendentale. Secondola Baltar, a Piazzolla non piaceva quel-
l'intonazione, ma non osava dirlo a Ferrer. «Sembrava un adolescente, era
molto più timido di quel che dava a vedere; molto spessosi inibiva,si tratte-
nevae nonriusciva a dire ciò che pensava», racconta. Il paroliere, invece, ha
un ricordo ben diverso. «Questo lo puoi recitare solo tu», sostiene che gli
avesse detto Piazzolla, con il testo di Maria de Buenos Aires in mano. A fron-
te di queste versioni contrastanti, non ci resta che l’ascolto della registrazio-
ne. Dopo quell’introduzione molto teatrale, comincia il tema di Marfa.
Amelita Baltar canticchia con una chitarra timidamente amplificata in sot-
tofondo; canticchia in modospettrale, con un filo di voce, comese fosse ri-
£
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masta senza parole dopo l’interpretazione di Ferrer. Ma si potrebbe anche se la sua specialità non è il vetro temperato. Nella «Contramilongaa la fu-
supporrechela scelta di Piazzolla fosse deliberata e che derivasse dal gusto nerala», dalla scollatura di Marfa esce «una neblina negra y atada con la cin-
percerti dischi con unacerta auradirispettabilità che circolavanoall’epoca. ta sucia, que un raro Beatle destrenzabaa la sordina del luto misterioso de
Amelita come una nuova cantante degli Swingle Singers. A quella modalità sus twistes» [<«una nebbiolina scura e legata al nastro sudicio che uno stra-
canora avrebbe ricorso Burt Bacharach l’anno successivo per le musiche di no Beatle svolgevain sordina conil lutto misteriosodeisuoi twist»]. E, an-
Butch Cassidy. Ed era così diffusa sul mercato che perfino Luciano Berio se cora una volta, in queste allusioni non sembrano essercialtri propositi che
n’era appropriato nella sua Sinfonia. L’opera,scritta nel 1968 per le com- quelli di una logica promozionale.In quei giorni, l’azientla di impianti audio
memorazioni del 150° anniversario della New York Philharmonic,fu dedi- e televisori Noblex presentava un «nuovo» prodotto dicendo che «a volte,
cata a Leonard Bernstein. E se c’è un elemento chela contraddistingueè l’im- Gardel ascolta i Beatles alla radio». Martin Karadagian,il pioniere del cat-
piego della citazione musicale (da Berlioz a Bach, da Schénberg e Mahler a ch televisivo argentino, nel suo staff annoverava un lottatore soprannomi-
Debussy, da Stravinskij a Beethoven) e testuale (Joyce, Machado, Cum- nato il «Beatle francese». E il personaggio di Cuchuflito di Telec6micos -
mings, Lévi-Strauss, Beckett, graffiti sui muri di Parigi, appunti di lezioni di uno dei programmitelevisivi più popolari dell’epoca — aveva una frangetta
solfeggio...). La citazione — erudita o meno era in questo caso un procedi- simile a quella di George Harrison. Eppure, qualsiasi giovane degno di que-
mento compositivo e non un semplice orpello. sto nomesapeva benissimo che i «twist» erano roba di parecchi anni prima
Anche Marfa de Buenos Aires ricorre alla citazione, sebbene sitratti di e che gli «strani Beatles» ormai c’entravano pococonil ballo: gli archetipi di
un’annessione estemporanea. La sua protagonista passa dal cabaret alla Ferrer — i Beatles, gli hippie, le barbe della gentedisinistra, l’analista — era-
«distilleria appena aperta nel Barrio Norte» comesesi trattasse di un sem- no oggetti imbalsamati, sagomestilizzate da quadro naîf. Da ciò che Ferrer
plice cambio di location. In «Miserere canyengue», la voce narrantestrizza subodoravaaldi fuori del mondodel tango nonvenivanoelaborati nuovisi-
l’occhio agli appassionati di Bergmane allude a un «settimosigillo lunfar- gnificati, si trattava solo di rimandisuperficiali.
do». Nella «Milonga carrieguera» sfilano «due hippie dalla barba zurda» Malgradociò, quel coacervodiregistri, mascheree simboli rappresenta-
che insultano l’eroina (l’aggettivo zurdo, che nel gergo bonaerense è usato va peril paroliere un mododi «vibrare»rispetto alla città. La manierain cui
per alludereai militantidisinistra, è ricorrente in «Alevare» e, dopo due pez- lo evocava sembrava però quella di un turista in un parco divertimenti. Non
zi, nella «Balada para un loco... organito»). I barbuti di Plaza Francia com- dimentichiamoche era un signore «di unacerta età», perciò il suo desiderio
pletano il quadretto insieme a «suonatori di yumba», «chiromanti», «gio- di esserein sintonia con l’attualità lo portava a far «ballare twist» alle sue
colieri di strada», «ubriaconi», «inguaribili sognatori». A loro si unisce il creature. In quel periodo, Primera Plana, che aveva già acclamato Sgt. Pep-
«corodi analisti» che fa «acrobazie tra un sensodi colpae l’altro». C'è an- pers Lonely Hearts Club Band come unodei grandidischi del 1967, rende-
che Freud, qui e dappertutto. In Sexoandlisis, la commedia di Héctor Olive- va noto chein Inghilterra «Hey Jude»era stato un record di incassi. Sull’al-
ra chesi contende il pubblico con Marfa de Buenos Aires, e nell’Edipo re di tro lato del singolo c’era «Revolution», il pezzo di John Lennonincuiecheg-
Pasolini. Ma nessuno è comeFerrer nell’uso della vulgata psicanalitica in giavanogli ultimi avvenimenti europei: il Maggio francese e la Primaveradi
unacittà doveil mondopsico esplodeva in dispute tra freudiani, kleiniani, Praga. I ragazzi non portavano più la frangetta: si lasciavano crescere una
lacaniani, gestaltisti e paladini dell’acido lisergico: «Buenos Aires, Buenos barbairsuta.
Aires sacd los sueftos al sol que los suefios tienen filo, rataplin y rataplon» La combinazionedi una tematica più o menoidentificabile come popola-
[«BuenosAires, BuenosAires/ fa’ uscire i sognialla lucedelsole, ché i sogni re o da sobborgoconl’utilizzo di formeclassiche (la voce narrante,il coro
son lametaglienti, pum-pum-pum, pam-pam-pam»]. da tragedia greca), il sincretismo wagneriano fra la mitologia greca e quella
«Cisonotanti modidistare al passo coi tempi», dice la pubblicità di un’a- cristiana (l'Odissea accanto alla Bibbia,con tantodi scaldabagno,nella mi-
zienda di imbottigliamento, la Guillermo Padilla. Ma l’immagine non dice glior tradizione del tango, che fin dai tempi di «Cambalache» di Discépolo
nulla dei diecimila recipienti che riesce a produrre ogniora. Fa solo vedere accostavale Sacre Scritture a elementiprosaici della quotidianità) e un topos
un modello che ascolta la radio con la tv accesa. Ci sono un mangianastri comequello della discesa agli inferi — che compare in modo magistrale in So-
(cosa ascolterà? Il quartetto di Dave Brubeck? Il Modern Jazz?) e diverseri- pra eroi e tombe, trasposta nel viaggio in un mondodiciechi — sanciscono,
viste di attualità aperte. E Ferrer vuole rimanere «al passo coi tempi», anche fin daltitolo, la familiarità di Ferrer con il modello creato da Leopoldo Ma-
r
[ 288 ] [ 289 |

è
T
Adfn — cioè
rechal nel romanzo Adén Buenosayres. Con la differenza che
di un’altra
Adamo,padredi unastirpe — viene SOSHItUITO da Marfa — madre
oltre ad accent uareil rife-
- e la y di Buenosayres, che neltesto di Marechal,
rimento al mondo classico, rimandav ® 2 UNa radice ispanica, si trasformain
comePolifemo,
una più comune i. I personaggi del romanzo avevano nomi
il Giovane
il Cocchiere Magro, il Cocchiere Vecchio, il Mercante Siriano,
a Mariae al-
Taciturno e il Fiore del Quartiere, mentre nell’«operina», oltre
Vecchi Ladroni,
la sua ombra, troviamo il Passero Bonaerense Assonnato, i
payadas, il Folletto, gli Uomini Reduci
un Payador, cioè il tipico cantore di
Cose, gli Analisti, le Vecchie Ma-
dal Mistero, le Tre Marionette Ubriache di
dilegi ttimar e tematiche ed
dame, £ le Donne che Impastano. L'intenzione diverso da
tich e po nrinnesta ndole su schemi
Sea ] assici — niente di
este POPJari
nto in un
certo senso V oleva, o dichiaraya di vokrfare, Pi azzolla conla
sua MUSICA = era un luogo comuneche, oltze a Marechal-la cui pièce tea-
epi-
trale Antigona Vélez avevagli stessi propositi dell’Addn - annoverava
di un’opera di Juan José Castrointi-
goni come Omardel Carlo, librettista
dell’anti-
tolata Proserpina e lo straniero, nella quale trapianta i personaggi
di Buenos Aires. Perinciso,
ca Grecia — o i loro equivalenti — in unquartiere
organiz-
Del Carlo e Piazzolla avevano PA"tECIPAtO entrambi al vernissage
zato a New York dal diplomati®® Albino G6mez. E c’è un’altra coincidenza.
teatra- Maria de BuenosAires, però, è anche un’altra storia. Riguardoalla propria
Il bandoneonista aveva composto le musiche per la rappresentazione
collabora- incursione nel mondodel tango di Buenos Aires, Ferrer racconta: «E come
le del lavoro, pr°°©S©Nte alla versione operistica. Da un lato, la
premonitore rispetto a Maria de mi davanoretta! Avevo inventato qualcosachegli piaceva,il che non succe-
zione aveva quibdi avuto un significato
un limite: una scarsa attitudine per deva spesso. Ero comeunfilosofo del tango in miniatura. Conoscevo bene
Buenos Aires; ma dall’altro, esplicitava
parte di Juan José Castro. Troilo, De Caro, Fresedo... Gli interessava la mia analisi estetica del tan-
il teatro, nel caso di Piazzolla, e per l’opera, da
go»? Come nella barzelletta in cui uno spagnolo domanda a un argentino
appenaarrivato a Madrid se preferisce che gli parli dandogli «del tu o del
lei» e questo risponde «parlami di me», può darsi che per i musicisti della
vecchia guardia fosse in qualche modoirresistibile la figura di questo uru-
guayano dai modiun po’ affettati, che avevadelle teorie alla portata del lo-
rofanatismo per il tangoe cheera in gradodi parlargli della trascendenzadi
ciò che facevano. In fin dei conti, ad ascoltarlo con entusiasmo erano musi-
ca ormai sempre più vincolati agli show notturnie al cabaret che non al-
l’ambito della «musica da concerto», nel quale all’epoca dominavanoil jazz
o la bossa nova. E se a loro «piacevaciò che diceva»su di loro, con Piazzol-
la andò allo stesso modo. Aldilà delle fonti d’ispirazione a da Fer-
rer (Valle-Inclàn e la poesia in lunfardo di Carlosde la Pia, oltre al deside-
rio di immaginare una BuenosAiresal femminile, in opposizione al «Buenos
Aires querido» di Gardel) e dell’esaltazionedi certi stereotipi comei delin-
quenti e le prostitute, fortemente simbolici all’interno della mitologia del
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| 290 ] [ 291 ]
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ritto come l’omaggio supremodiunfan al proprio idolo. Questo uruguaya- «o perina» ,co! EI hi el o cu
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no era stato un indefesso sostenitore della prima orchestra di Astor, aveva
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fondato a Montevideo il «Club della Nuova Guardia»e, a suo dire, nel 1957 qui» [«Il ge
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avevareso possibile l’incisione di Piazzolla e l’orchestra di strumentia cor- o en l a ciudad
da del s.0.p.r.E. Inoltre, alla fine di un concerto, vent'anni prima del de- todoel hiel
butto di Maria de Buenos Aires, era arrivato a dirgli: «Lei ha un amico che
non si innamorapiù delle ragazze, non dormepiù la notte e non studiapiù,
pensandoalla sua musica. E quell’amico sono io». Era stato lui a consegna-
re all’uomoresponsabile della sua perdizione un libretto in cui si racconta-
va, in chiave mitologica,la nascita e la morte di un tango «traviato» e la sua
successiva resurrezione, ovviamente grazie all’opera di Piazzolla.
L’ostinazionedi Piazzolla e Ferrer a voler polemizzare con il tango tradi-
zionale forse gli impediva di vedere chele critiche da loro attribuite all’ec-
cessiva modernità dell’opera in realtà si dovevano soprattutto al ricorso a
modelli come l’esperpento”° spagnolo degli anni Venti o la poesia di Carlos
de la Piia, degli anni Trenta,oltre agli echi — forse inconsapevoli — di un te-
sto uscito nel 1948. Addn Buenosayres, per quanto negli anni Sessantafos-
se stato riscattato — il suo autoreerastato sbeffeggiato in quanto peronista e
questo, in tempiin cui «il Generale» e «il movimento» venivano mitizzati,
non era più malvisto — non venivacerto considerato un’operaletteraria em-
blematica,in grado di aprire nuovi orizzonti. L’impronta del ’68 si insinua-
va nella letteratura nazionale con il primo grande esperimento pop: Il tradi-
mento di Rita Hayworth di Manuel Puig. «Oggila letteratura analizza que-
sta mitologia, così comeil cinemacritica il suo stesso linguaggio i fumetti
alimentanolearti figurative. Non c’è indizio più chiaro per decretare la mor-
te di queste manifestazioni dell’arte popolare (o arte industriale, folklore ur-
bano, oppio dei popoli: i sociologi hanno l’imbarazzodella scelta): non re-
sta che afferrarne il mistero una volta svanito», dice Primera Plana il 9 lu-
glio. «Il tradimento di Rita Hayworth è il romanzodi formazione menotra-
dizionale, più doloroso e folgorantedi tutta la letteratura argentina».
Per cui, nel campodella cultura, a chi poteva sembrareinteressanteo in-
novativo un testo comequello di Maria de Buenos Aires? Ailettori di Julian
Centeyao a quelli che l’anno dopo avrebbero letto Los poemas de Sidney
West di Juan Gelman? E quelli di Juan José Saer, che aveva pubblicato Uni-
dad de lugar nel 1967 e che solo un anno dopo Maria de Buenos Aires avreb-
be dato alle stampeil fondamentale Cicatrices, potevano considerare anche
solo modernoun libretto comequello, in cui abbondavanofrasi come «stil-
lavano unassortoprestigio di glicine le piaghe del tuo fueye»? Era pensabi-
le che Marfa, dalle sue «rive desolate», con le sue occhiaie perenni e i suoi

[ 292]
[293]
andata a sbattere contro quella di Beethoven nel Museo della Paleomusica.
Dal «contrasto tra i due volti», l'Angelo della Morte avrebbecapito «la ve-
ra ragionedelcataclisma».
Se Marechaltrasuda pessimismo(le statue che si guardano, omologate da
un destino ineluttabile), Juan Carlos Paz, che nel 67 aveva compiuto set-
tant’anni, ha un’altra percezione di quel momento. Nelsuo diario persona-
le l’entusiasmo si mescola allo scetticismo. Paz può offrire un paradigma,
pur basato su criteri personali. Degli hippie dice che hannoil culto del ca-
meratismo, subisconoil fascino dell’abbigliamento e si oppongonoall’ag-
gressività e a unaciviltà dipendente dalle macchine con una mentalità da
«nuovi primitivi», non per nientesi cibanodifilosofia orientale. «Forse, do-
potutto, la concezione degli hippie può contribuire a modificare parecchio e
in modosostanziale la realtà a cui siamo sottoposti», si legge nel terzo volu-
medella raccolta di memorie Alturas, tensiones, ataques, intensidades. Sono
questi «nuovi giovani» ad aver «preso in manola situazione sul pianoarti-
stico, spinti da qualcosa che potremmo denominare tiranniadell’artificio».
Infrangono le consuetudini in campo moralee nei rapporti interpersonali,
introducendo «valenze inconsuete per l’oggetto artistico» e «suoni defor-
mati delle voci e degli strumenti, volutamente stridenti», con l’impiego di
«formediverse e simultaneedi diffusione e con l’intento di superarei limiti
Nello stesso annoin cui appariva Marfa de Buenos Aires, Marechal pubbli della percezione uditiva» e ricorrendo a «combinazioni formali inedite».
cavasulla rivista Femirama un racconto intitolato «EIbeatle final», nel qua- C'è improvvisazione, casualità, devozione per ciò che è aleatorio e grotte-
le immaginava un mondodistopico e privo di espressionee di poesia. «Gli sco, oltre che interazionefra gli elementi attinti «dall’arsenale a disposizio-
ultimidella fortunata serie furono quei beatles o quegli urlatori che solo tre ne delle diverse arti e discipline manuali». E anche se per Paz tutto ciò mira
secoli fa si assicuravano medaglie dai loro re, dollari dai loro sostenitori, e più a «sorprendere» che a «convincere», in quel mondo «dedito a un’indu-
l’isteria delle loro ammiratrici», diceva uno scienziato. E per recuperare quel stria dello scandalo e soggettoalla tirannia dell’artificio» vede una sovver-
senso perdutosi proponevadi «costruire un Orfeo», un «poeta elettronico sione disinteressata, che osserva con estremo interesse.
in scala gigante», un «beatle o urlatore meccanico abbastanza potente da Durante un soggiorno a Londra, scrive che non intende «rinchiudersi fra
riuscire a penetrare i timpani ormairinsecchiti» degli abitanti dellacittà. Il pareti secolari» e, sebbene ascolti affascinato Gruppen di Stockhausen, di-
robotsi chiamava Ringo. Suonavala chitarra e i suoi pezzi trattavano que- retta da Pierre Boulez, intuisce che «la magia della città»è fatta di «altre co-
stioni come l’inseminazioneartificiale, il piacere procurato dalle pasticche se». E le scrivein inglese: music art poetry black power madness revolution.
vitaminiche, l'approvazioneo il rifiuto che suscitavano gli ingranaggi ben La musicadella città, peri visitatori, è quella dei Beatles. Loro — e qui dice
oliati, gli ululati della cibernetica, l’aspettativa e l’angoscia di fronte all’e- qualcosa di molto simile a quanto osservavano Eco e Pousseur — «ci hanno
ventualità di un attacco nucleare dalle basi nemiche del Nord. Ringosi esi- atto prendereatto di una catastrofe nazionale»con il loro viaggio per fon-
biva davanti alle cineprese televisive con la sua «enormechitarra elettrica» i che spaziavano da Handelalla «musica evoluta della Polonia», con allu-
e «i telespettatori impazziti» correvano a diffondere la buona novella. Si sioni alla musica indù e al «jazz preistorico». Quello che fannoi Beatles nel
apriva allora l'Era di Ringo. A s (proprio come quella di Fritz oscilla tra «la sala da concerto,il Baroccoe il laboratorio elettronico».
Lang o di Superman) si erano res era ora di renderela scoperta di vi vede un’apoteosi del pastiche. Una «magnifica mistificazione». Da
dominio pubblico. Ma un’esplosione nuclgagerapelb be ben presto raso tut- quella musica emergono sperimentazioni sonore «così moderne che non
to al suolo. Persino il robot sarebbe stato sopraffatto, e la sua testa sarebbe sembrano di questo secolo»e si intravede «un’interessante, curiosae insie-

[ 294 ] [295]
me complessa strategia di scomposizione del suono, da cui scaturisce come co più fuorisi trovavano,oltre all’Instituto Di Tella e alle facoltà di Scienze
una superstite una delle più straordinarie mitologie odierne». Soltanto lo Esattee di Lettere e Filosofia, diversi teatri, alcuni bar e i jazz club. E la Sala
«spirito del tempo»poteva far entusiasmareperlo stesso disco Paz e Gyòrgy Planeta,in cui le repliche di Maria de Buenos Aires durarono quasi quattro
Ligeti. Le peculiarità in terminidi qualità del suono, materialità del timbro mesi, a dispetto di una platea mezza vuota. Un perimetro eccessivamenteri-
ed esplosione della forma di questo disco non erano maistate avvertite da dotto per così tagtaaeabizioni. Vi circolavanopittori, compositori di musi-
Piazzolla, che badava piuttosto — denotando un tratto tipico dell’intelli- ca classica conteggi delj ed esponenti del nascente pop argentino,attorie
ghenzia musicale bonaerense — alla quantità di accordi che poteva avere un autori teatrali, cul azz e di altre musiche nere fi trio Manalera tra
pezzo e all’abilità tecnica dei musicisti, come racconta il suo chitarrista questi) e i cineasti del cosiddetto Grupo de los Cinco (Ricardo Becher, Né-
Oscar Lépez Ruiz. stor Paternostro, Juan José Stagnaro, Raul de la Torre e Alberto Fischer-
«Non c’è mai stato un anno comeil ’68 ed è poco probabile chece ne sia man), quattro dei quali debuttarono coni primifilm tra il 1968 e il 1969."
un altro», scrive Mark Kurlansky.'* A Parigi, a Praga, in Messico, in Ger- Frequentavano quasitutti lo stesso caffè, il bar Coto,e si sedevano in zone
maniao in Giappone,la gente «si ribellava per le questioni più disparate». diverse. Si conoscevanodivista, ma spesso nonsi salutavano neppure. Bue-
Si respirava «un sentimentodi profondodisgusto peril totalitarismo in ogni nos Airesera suddivisa in gruppichein teoria eranoaffini, ma che, salvo ra-
sua forma». La generazione che ne fu protagonista, che era nata dopola se- re eccezioni, non avevano molti contatti gli uni con gli altri. Il vincolo, ad
conda guerra mondiale, «era così diversa dalla generazionedella guerra e da ogni modo,era sancito dal gusto del pubblico, che provvedeva a scegliere
quella precedente che la lotta per la ricerca di un terreno comunesarebbe piatti diversi dal menu.
stata costante». Quei giovani «non ridevano nemmenodellestesse battute». L'influenza di Primera Plana su tutti loro, a prescinderedal fatto che nel-
«Ne avevanofin soprai capelli di un’autorità frivola e indegna», avvertiva la pratica funzionassero come compartimentistagnivirtuali, era notevole.
lo scrittore americano William Burroughs." Poteva dedicare la copertina del 7 maggio a Paradiso, il polemico romanzo
I fatti che scuotevanoil «villaggio globale», come l’aveva chiamato in mo- di Lezama Lima, e raccomandareaisuoilettori, la stessa settimana del de-
do profetico Marshall McLuhan, iniziavanoa ridurre la distanza fra centro butto di Maria de Buenos Aires, di comprarel’altro grande romanzo cuba-
e periferia. Il 68, nell’Argentina di Ongania,è l’anno in cui i peronisti cer- no, De dénde son los cantantes di Severo Sarduy, Barocco e pop. O anche
canodi instaurare a Taco Ralo, in una zona montuosa della provincia di Tu- consigliare l’acquisto della Turandot incisa da Birgit Nilsson, Le nozze di
cumfn, un focolaio insurrezionale. È anche l’annoin cuisi accentuail radi- Igor Stravinskij, l’ultimo discodi Bill Evans o uno nuovo di Roberto Goye-
calismopolitico di un settore considerevole del mondoartistico e culturale. neche. E per quanto la rivista che aveva dedicato una copertina a Piazzolla
Rodolfo Walsh abbandonala finzione per rispondere al richiamo della sto- nel 1965" avesse concesso unospaziosignificativo all’annuncio del debutto
ria. Cortàzar acquisisce una nuova consapevolezza riguardo alla propria dell’«operina» e poi, qualche numero dopo, l’avesse recensita, non la no-
cittadinanza e, in una lettera indirizzata al cubano Roberto Fern4ndez Re- minò più e non la segnalò nemmenofragli eventi dell’agenda settimanale.
tamar, presidente della Casa de las Américas — che al tempo era ancora un L'indifferenza del grande settimanale della borghesia illuminata nei con-
luogodi incontropergli intellettuali di tutto il continente, affascinati dal ca- fronti di Maria de Buenos Aires contrastava con l’appoggio incondizionato
strismo — gli parla dell’incredibile sdoppiamentochesi trova a vivere: «Non che veniva dato a un’altra Marfa - Marfa Elena Walsh — e allo show nel qua-
ti sembra paradossale che un argentino consacrato quasidel tutto all’Euro- le si esibiva proprioin quei giorni. «Miracolo a Buenos Aires», dicevala ri-
pa, al punto da averlasciato ognicosa per venire in Francia da giovane, sen- vista riguardo a Juguemos en el mundo, aggiungendo che l’autrice «rein-
za un’idea precisa sul proprio destino, abbia scoperto qui, dopo un intero ventava» ognisera al Teatro Regina,e «di fronte a un pubblicoin delirio»,
decennio,la sua vera condizionedi latinoamericano?»È l’anno in cui Cage «gioie e malinconie» da musichall. Il settimanale lo definiva «un recital da
e Merce Cunninghamsi esibiscono al Teatro San Martindi fronte a una mi- manager», ossia per gente che passa «dalla poltronaall’aereo», «dall’harem
noranzain visibilio, che non potrà maipiù concepire l’arte allo stesso modo. all’eden», e che ha «il coltello dalla parte del manicoe fiorfior di quattrini»,
Il fermento culturale — e ciò che si cominciava a intendere per controcul- Marfa Elena Walsh vendette diecimila dischi in un anno e Primera Plana la
tura — era circoscritto a una zona non moltoestesa che la stampaetichetta- incoronò «regina di Buenos Aires»,
va come«il quartiere della follia». In quella parte del centro cittadino e po- Manonsitratta di contrapporre Sgt. Pepper's a Maria de Buenos Aires,
#
[ 296] [ 297 ]
che «hannoa cuoreil bene del pae-
personalitàè a
noil programma — imprese € » si sarebbe
Piazzolla ai Beatles, a Miles Davis e Berio, o Ferrer a Manuel Puig e a Saer, pagandistica. * «Fuga y misterio
quanto di esaminare l’«operina» a partire dalle sue strategie compositive, se», recitava una formula pro m i
bbe e i
meri tato un posto di-
, sebbene forse avre
quindi adattato alle dittature CUI VIB a la fami gerata
dalla sua ricezione e dal modoin cui cercava di dialogare con la modernità e dei «tempi nuovi» in
alla quale dichiarava di appartenere. Leggerla e ascoltarla alla luce del tan- verso da quello delle musich
go-o solo da quella prospettiva — significherebbe contraddire i presupposti «ley de fuga»."°
secondoi quali era stata concepita. La forza di gravità la situa comunquepiù
vicino al musical Buenas noches, Buenos Aires, rappresentato e poi filmato
da Hugodel Carril nel 1963, che a qualsiasi tentativo di crossover, da West
Side Story di Bernstein alle «opere rock» dei Kinks e degli Who.
Forse è statoa furia di ripetere le parole del loro idolo chei difensoria ol-
tranza di Piazzolla hanno continuato a considerare l’«operina» come un
momento culminante e donchisciottesco. Bisognerà almeno dargli ragione
riguardoalla sua circolazione come oggetto. Maria de Buenos Aires fu regi-
strata negli studi 10N,in fretta e furia e su quattro tracce- il massimo della
tecnologiaa cuisi potesse aspirare a Buenos Aires in quel momento — ma con
unaprecisione cheattesta l’enormetalento degli esecutori e la premurosaat-
tenzionedei produttori. Alfredo Radoszynski, proprietario della casa disco-
grafica, conferma che al massimo sarannostate fatte due sessioni per ogni
parte daregistrare. La scelta dell’etichetta Trova, però, sarebberisultata sui-
cida in base ai parametri del mercato odierno: fecero uscire il primo disco
doppio della storia argentina (sulla scorta del White Album), con una bella
copertina che riproduceva un disegno di Hermenegildo SAbat — estrema-
mente simile al ritratto di donna cheillustrava l’edizione uscita lo stesso an-
no delle Folk Songs di Luciano Berio, cantate dalla moglie, la mezzosopra-
no Cathy Berberian - e, secondo Radoszynski, l’album vendetteall'incirca
«350 copie». Sembra alquanto improbabile che un’edizione di quel genere —
una copertina «doppia» di cartone presupponevaun costo eccezionale per
l’epoca — potesse essere ammortizzata con una vendita simile. Può darsi che
la memoriae l’idealizzazione, come spesso accade, gli abbiano giocato un
brutto tiro." Comunqueil responsabile dell’etichetta ribadisce: «Di sicuro
ci siamoripagatile spese, e poici ha dato prestigio».
L’«operina» ebbe un’immediata appendice:il disco Pulsacién, che com-
prendevai brani strumentali di Maria de Buenos Aires (quasi un riconosci-
mento esplicito dei limiti del suo apparato testuale). E più avanti, uno di
questi, «Fuga y misterio», si sarebbe svincolato dagli altri diventandola si-
gla di un programmatelevisivo di politica dal titolo veramente piazzolliano:
Tiempo Nuevo. I governi sarebbero cambiati. E anche i canoni in voga. Ma
la trasmissione condotta da Bernardo Neustadt sarebbe rimasta immutata i pezzocon il
Lasimbiosi del —mmiat@rbgramma fu tale che il fugato venne riproposto come musica di
per più di vent’anni, tra adulazioni e congiure. E con lei «Fuga y misterio», sottofondo e dic i ranteil funerale di Neustadt, ancorché nella versione canticchia-
il sottofondo musicale che accompagnavai nomidi coloro che patrocinava- ta da un amico davantial feretro.
,
[ 298 ] [ 299]
Notedella sesta parte
eroi e
si è già detto, per la trasposizione di Sopra
1.tbmfardgSkbalnjzialmente pensato, come
2. La canzonefu incisa su disco nel 1967, ma era stata composta nel 1964 peril film Il sapore
del peccato, diretto da Daniel Tinayre, ed era uscita quindiall’interno della colonna sonora.
3. Primera Plana; 26 marzo 1968,
4. Andlisis in realtà fu la prima testata argentina ad avere un giornalista specializzato in musi-
ca popolare. All’epoca, infatti, non erano frequenti le recensioni in quel campo. Di normasi
pubblicavano annuncie trafiletti, e quando si trattava di un evento importantei servizi erano
affidati a chidi solito si occupava diteatro 0 di musica classica. Jorge Andrés faceva partedi
uno staff composto anche da Jorge Arioz Badî (musicaclassica), Héctor Grossi (cinema) e Ki-
ve Staiff (teatro), che in quegli anni si distinse come unodeipiùseri e preparatirispetto alle di-
scipline trattate. Jorge H. Andrés(chea voltesi firmava J.H.A.), in particolare, denotava,oltre
a una chiarezza e a un rigore informativo molto rari e a una prosa accurata ed elegante, una va-
stissima conoscenza del tango e del jazz. Fu anche uno deiprimi ad analizzareil fenomeno del
«rock nazionale», Un trafiletto uscito su Andlisis il 27 novembre del 1968, ad esempio, parla di SETTIMA PARTE: 1969-1973
uno spettacolo organizzato dalla neonata etichetta Mandioca,e vi si trovano osservazioni dav-
vero profetiche come: «tra tutta quella gente, la grande scoperta è un cantautore di ventidue an-
ni, Miguel Abuelo...» Oppure: «Il trio Manalsi cimenta in una musica potente, con una ritmi- (BUENOS AIRES)
ca primitiva sulla quale in modo quasi aggressivo si cantano — in lingua spagnola — le tristezze
degli abitanti della città». Nel 1971, molto prima che diventassero famosi, elogia «le eccitanti
costruzioni di volumisonori dei Vox Dei... un gruppo ucciso dall'indifferenza...». In seguito,
Andrés ha collaborato con il quotidiano La Opinione ha condotto programmiradiofonici or-
mai storici come Todavia lo llamanjazz, dedicato alle manifestazioni più sperimentali di que-
sto genere musicale. Anche se ormai non lavora più comecritico militante, continua a essere
uno degli osservatori più lucidi della musica di tradizione popolare.
s. Primera Plana, 14 maggio 1968. Il dato riguardante la paternità della recensioneci è stato
fornito da Ernesto Schéo,che allora era caporedattore della sezione di arte e spettacolo della ri-
vista.
6. Jean-Jacques Nattiez, Le combat de Chrono 1 d'Orphée. cssgis Éditions Christian Bour-
gois, Parigi 1993 (Il combattimento di Crono e difeo: SAgRÌ djsomidogia musicale applicata,
Einaudi, Torino 2004, traduzione di Francesca agnani).
7. Alberto Speratti, Con Piazzolla, Galerna, Bu erdS Aires 19 69.

R.Rwidar, 20 ottobre 2006.


ro,Stile letterario creato da Ramén del Valle-Incln chesi caratterizza per una deforma zione
espressionistica e a tratti grottesca della realtà e dei modelli e valorieroici, /r.d.t.}
rx. Mark Kurlansky, 1968: The Yearthat Rocked the World,Ballantine Books, New York 2003
(1968. L’anno che ha fatto saltare il mondo, Mondadori, Milano 2005, traduzione di Ma ssimo
]
Parizzi).
l
12. Citato in Mark Kurlansky, 1968..., cit. rì-
del trio jazz di Roberto Lar, mentre un terzo
carrela dobdirguesti film, la musica era quella
14. Piazzolla fu unodei due musicisti a cui Primera Plana dedicò una copertina. L'altro era Juan
Carlos Paz, e la sua foto era accompagnata dalla didascalia «Il meglio della musica argentina».
15. Questo è solo uno tra i tanti esempidelle difficoltà che si incontrano quandosi cercadi ri-
costruire in termini quantitativil'industria culturale argentina.
16. La cosiddetta «/ey de fuga» era un principio a cui ricorrevano i militari e in generale le for-
ze dell'ordine di diverse dittature sudamericane per poterfar fuocosui prigionieri simulando
chestessero fuggendo, in modo da noninfrangere, almeno formalmente,la legge, che concede-

. va di spararesuifuggitivi. [n.d.t.]
w

{ 300 ]
Sotto il segno dello Yin e dello Yang. O, ancora una volta, delle due A del suo
bandoneon.O di Astor, e del suo doppio;della dialettica fra il versante arti-
stico e quello commerciale. Una contraddizione, questa, che ha sempre ca-
ratterizzato la vita dei musicis!i professionisti argentini, e che a partire dal
1969 avrebbe inciso nonsolo sulle l6.ture, masull *FREPRE
della musica beat, che dij; | pocosi Sabbc chi ta rock naziont4 *Ssenza
rebbe suddivisa nettame,, in compiac TOS . ale e si sa-
Nel 1969 uscirono q chesi sarelf”° © ivelatii
scografici di Pi I ‘eli esplosi bero e due grandi successi di-
Cogratei di a Uno, . Vo e travolgente, con una canzone che
rielaborava le intuizioni del Y©°N9,); to farl
i
rone dei prodotti pensati peri festivaPeR AEenntonebfelde-
bracciavale leggi della compiacenzae le inquadravanella cornice progr@b-
va dell’autenticità e della purezza. Il 69 fu l’anno di Adios Nonino,' il dis!
chefinì per riassumere, come un comp. dio. il Di sco
ndio,il Piazzolla puro,e di «Balada

* Nel contesto argentino,il termine progressivo non aveva esattamente 0 stesso s


gli veniva attribuito in Europa, dove l’espressione «rock progressivo» indicavignificato che
zioni più astratte di quel tipo di musica per quanto riguardava i —guaggio. InlArganifesta-
vece, dove era opposto a compiacente, era il modoperriferirsi dilin rock «non commerciàn-
e comprendeva musicisti come Spinetta o gruppi comegli Ala80P anche Pappo o il due»,
vencia. ui Vi
#
[ 393]
SI
{
para un loco», epitomedella contaminazione. Questo brano, presentato a zolla,in cui il compositore,riferendosia ognunodei brani present
i neldi
novembreal Festival della canzone e della danza di Buenos Aires, fu, insie- Sco, spiega: I-

me a «Chiquilin de Bachîn»e a «Juanito Laguna ayuda a su madre» - com-


posti prima, maregistrati solo l’anno successivo — la scossa di assestamento I pezi reg strati ;questo| fann PA" della mia produzione del 1969, a cc-
di Maria de BuenosAires e del sodalizio compositivo tra Piazzolla e Ferrer, cene di «Adi giNonino ,
me . >
omB8t0 nel 1959 e riorchestrato quest'anno.
. cus È "; . ha ,

che il bandoneonista difese con convinzione per parecchi anni. E il disco del «Tagata filfo yOndina) » è unaStite da ballettoscritta per il coreografo
Quinteto arrivava dopo una lungacrisi con il gruppo. Difatto,il Quinteto Oscar Ardiz. «Adiés Nonino» è stardiarrangiato per l’eSigenza di sentire una
nuova versione del brano, perché anche noi musicisti ci annoiamo a suonare
vennericostituito proprio in occasionedel disco, dopoil gruppo ampliato di semprele stesse cose. «Oroîio portefio» è la continuazionedi unciclo sulle sta-
Maria de BuenosAires e l’estemporaneo Sexteto formato per suonare dal vi- gioni bonaerensi che completeròin futuro. «Michelangelo 70»è dedicato al ri-
vo i pezzidell’opera.* Le canzonicon Ferrere il lavoro del Quinteto, dunque, fugio musicale che il Quinteto ha inaugurato proprio quest'anno. È una sorta
vennero considerati rispettivamente come sinonimidi tradimento e di au- di esercizio musicale, infatti mi sono impostodi scriverlo usandosolotre note.
tenticità. Può anche darsi, però, che per Piazzolla rappresentassero il vec- «Coral» è forse il pezzopiù intellettuale di tuttol’Ip, composto senza partico-
chio e il nuovo, che vedesse il Quinteto come un formato che continuava a lari propositi e senza scendere a compromessi. Èstatoscritto per violino, chi-
dare buonifrutti, ma che da tempo non loispirava più — o lo intralciavaa li- tarra, contrabbassoe bandoneon, e fa parte di una serie di brani pensati espres-
vello pratico — e la canzone come un'alternativa più «professionale», meno samente per l’opera poetica Pedro Am? S i dn a Guiragossiane S tengo adi-
re che, a mio mododivedere, è il miolP PÎÙ riuscito,oltre che il mio preferito,
espostaaipiccoli diverbi, alle rivalità e alle proteste di un gruppostabile, e soprattutto grazie alle formidabili int!Pretazioni dei solisti Dante Amicarelli,
dotata oltretutto di maggiori possibilità in termini di riconoscimento di AntonioAgri, Kicho Diaz e Oscar LePt% Ruiz.
massa. Forse Piazzolla sentiva chei rapporti tra «pari» non facevanopiù per
lui (una orizzontalità che, come abbiamovisto, nei fatti non era maiesisti- Ben più importante delle parole di Piazzolla è forsei
ta); che i «carri armati» del ’55, che eranoarrivati per rivoluzionare la mu- l fatto che, grazie al
trattamentoelegiaco dell’ultima ripresa del temalirico
sica con tanto di manifesto, e i loro successori avevano concluso un ciclo. E di «Adi6s Nonino»
compare per la prima volta il famoso ritmo Piazz
il successivo corso degli eventi sembrerebbe confermarlo: il lungo addioal olla (3+3+2), accentuato
da un unicoaccordoe usatoin tono epico. Oltretutto,e
Quinteto si consumerà in menodi un anno. ciò si deve al merito
indiscusso di Radoszynskie del tecnico del suono Osval
Dopo Maria de Buenos Aires, Piazzolla incise il suo disco più famoso, do Acedo,si tratta
della prima incisione del Quinteto in cuila chitarra elettr
che contiene la versione di «Adiés Nonino»passata alla storia, e che, gra- ica non solosi sen-
te bene, masidistingue in modo nettissimo, ,
zie al fatto di essere uscito per una piccola etichetta, non è mai andato fuo- Adiés Nonino, nel suo insieme, da pRELO di icta
ri catalogo ed è tuttora l’unico semprereperibile. Nel 1969, al Quintetori- strumentale ripropone-
va l’atto dirivisitazione di Maria de BN08 Bios: un
manevaben pocodella vocazionedegli albori — anche se nel mondodel tan- giro su se stesso evi-
dente fin dal nuovoarrangiamento del brano che davail
go e del jazz argentino, soggettialle esigenze di sostentamentoe ai «lavori titolo al disco, ora
trasformato quasidefinitivamentein un pezzo «da ascolt
commerciali», questo aspetto è semprestato conflittuale. Le sostituzionial- o», senza la zavor-
ra dei vecchi tanghi di tre minuti, con la classica strutt
l’interno del gruppo erano frequenti. Dante Amicarelli, rimpiazzato poi da ; 19 dist
» fe ripetutee
itornello. Se il tango non era compost
eitomello:S . inati mal!!!
Osvaldo Manzi, incise un solo disco, mentreil chitarrista del 1970 non era 8 ° POSOsolo di determ eriali, ma era
anche caratterizzato
5 da un vero e pro. .
3 p prio protocollo creativo, nella nuova
uno dei duestorici - Malvicino e L6pez Ruiz — macolui che avevafatto par- versione di «Adiòs Nonino»quelle m{.J;tà erano sparite
te dell’ensemble di Maria de BuenosAires, Cacho Tirao. Il primo degliulti- quasi del tutto
C'erala realtà, ma non bastavanopiù}, minuti canonici
mitre dischi del Quintetosi intitolava Adiés Nonino, venneregistrato in cuirimandava un
tempo «Tres minutos con la realidad». Il °6 5; conle
due momenti, a marzoe a giugno del 1969, e uscì perl’etichetta Trova,la esplicite reminiscenze
ginasteriane che eranosopite dal 1 957 e quegli audaci
stessa che aveva prodottol’«operina»e che avrebbedistribuito Pu/sacidn, «tre minuti...», aveva
rappresentato un puntod’arrivo sotto moltiaspetti. Poi
un disco che conteneva la musica composta da Piazzolla per unfilm dell’ar- erano sopraggiunti
tre anni disemi P2 ralisig; antologie, retrospettive sulla storia
tista Carlos Paez Vilaré, con l’aggiunta dei pezzi strumentali di Maria de del genere mu-
sicale e autocel ©brazig;, Tre anni scarsamente produttivi. I biogra
Buenos Aires. Nelle note di Adiés Nonino troviamo un nuovotesto di Piaz- fi in par-
te attribuiscono la causa di quell’apparente smarrimento
alla crisi matrimo-
7
[ 304 ]
[ 305 ]
niale di Piazzolla con Dedé Wolff e all’attrazione per Egle Martin. Quel che ricercati nella musica classica o, senza spingersi troppo lontano,nellato B di
è certo è che Maria de Buenos Aires lo aveva scosso dal torpore. Non solo Abbey Road,con la suasuite di brani, nelle opere concettuali e nelle speri-
perché aveva contribuito a rimetterlo in movimentoe perché coincideva ton mentazioni del rock e del pop con formepiù estese — da Tommy alla Misa
la pubblicazione della sua prima biografia — il citato Con Piazzolla di Albkr- criolla, fino alla stessa Maria de Buenos Aires — ma soprattutto in brani co-
to Speratti — ma anche perché gli aveva indicato una nuovatraiettoria: quél- me «Color humano», del primodisco degli Almendra,registrato quello stes-
la del precocericiclaggio di se stesso. Di certo nonsi sarebbe più accollat so anno nel quale venivano concessi più di nove minuti all’improvvisazio-
rischi che aveva corso con la produzione del Quintetotra il 1960 e il 1965 ne del gruppo, comenelle registrazioni dal vivodeltrio ifiglese Cream.‘ L’in-
E nonci sarebbero più state novità paragonabili a «Calambre» o a «Tang tenzione era quella di flirtare con le grandi forme della musica classica per
para unaciudad», tutt’al più un concentratoditali creazioni, sicuro, carico approdareal ruolo di compositore «serio» e «colto» (due aggettivi che era-
di esperienza, di una solidità sconcertante, incarnato da nuovi brani che no associati frequentemente alla musica «classica») che non rinnegavale ra-
avrebbero avuto l’effetto di chiudere un percorso, più che di aprirne uno dici popolari. L'approvazione, però, era soggetta ai nuoviusi e costumidel
nuovo. Gli elementistilistici che a poco a poco erano apparsi nell’opera di pop, benché Piazzolla li considerasse ancoraalla stregua di una confusa co-
Piazzolla, da «Villeguita» con la prima orchestra, passando per i braniscrit- lonna sonora alla moda.
ti per Troilo, Basso o Francini-Pontier come «Triunfal», «Para lucirse» e Il nuovo arrangiamento di «Adi6s Nonino» per molti aspetti semplifica
«Lo que vendr4», o per «Nonino»con l’orchestra parigina e «Tres minutos l'originale. Da un lato, comesi è già osservato,sparisce il gioco basato sui
con la realidad», eseguito da formazioniche riproducevano quella francese diversi gradidi incisività ritmica nell’accompagnamentodel temalirico, ma,
a Montevideo e a BuenosAires,fino ai brani esemplari del Quinteto dei pri- dall’altro, viene anche ridimensionatoil protagonismodegli strumenti. Nel-
mianniSessanta,risultavano ora in qualche modo semplificati. Come in un la vecchia versione, violino, pianoforte e bandoneonsi alternavano nella
imbuto,i vecchiritmi additivisi riducevano gradualmente a un quasi esclu- presentazione del brano, mentre in quella nuovaè il violino a trattareil te-
sivo — e caricato — 3+3+2. Queldisco del 1969, con una copertina nella qua- madell’addio la prima volta, con dueesposizioni,e il bandoneonnesvilup-
le risaltavail fiweye aperto,il profilo concentrato di Piazzolla e accenno a pa altrettante la seconda volta, anchese, nell’ultima, con una voce superio-
unacerta visione del mondo, raffigurata da due lune o pianeti e da una spe- re ricamata nuovamente dal violino. Nel disco del 1969, però, c'è un’altra
cie di volo d’angelo, in un bianco e nero più tendente al nero (la copertina eco di «Adiés Nonino». La nuova stagione bonaerense, «Otofio portefio»,
era di Carlos Rolando), fu per molti versi il disco che sintetizzò l’opera di è quasi un’immaginein negativo del brano dedicatoal padre. La sezioneini-
Piazzolla. E si potrebbe dire che, a prescindere dalle politiche commerciali ziale è una variazione su quella di «Adi6és Nonino», e lo stesso avviene con
sopra menzionate — mentrealtri dischi andavanofuori catalogo, questo sa- la sezionelirica, sebbenein questocaso sia presentata la prima volta dal ban-
rebbe sopravvissuto — c’era qualcosa nella musica stessa che riusciva a tra- doncone poi ripresa dal violino. Eppure,nella bellissima — e semplicissima
smettere la sensazione di concentrare Piazzolla nel modo più completo pos- - melodia di questa sezione cantabile c’è un nuovo estratto di saggezza. Co-
sibile. In «Adiés Nonino» — quel brano del 1959 che a sua volta riprendeva me nella «Milonga del Angel» e, ovviamente, in «Adiés Nonino», Piazzolla
quello del 1954 — c’erail passato, o meglio, c’era unavisione retrospettiva di sa comeottenere il massimorisultato con il minor numerodi elementi. Que-
quel passato. Una visione che riepilogava unostile in cui la sfida era diven- sto motivo, unodi quelli a cuil’esegesi piazzolliana attribuirà il poteredi in-
tata una certezza, ogni giro armonico, ogni piede ritmico e ogni controcan- urre al pianto,* non è che una piccola scala cromatica ascendente, seguita
to eranostati provati un’infinità di volte e un autore precocemente canoniz- a una discendente.Il resto dipende dall’uso prevalente del registro grave
zato (quanti compositori argentini, classici 0 pop, avevano inciso proprie l violino e, ultimo aspetto ma nonper importanza, dall’interpretazione.
antologie e vantavano una biografia pubblicata prima di compiere cin-
quant’anni?) poteva permettersi di comporre unavirtuosistica rapsodia per
pianoforte senza provocare fratture. * Fprse per una scarsa conoscenza dei codici della cultura del tango, che i piazzolliani estre-
miz4ano spesso per dimostrare(a se stessi e agli altri) un’essenza «tanguera» ancora maggiore
La nuovaversione di «Adiés Nonino» durava più di otto minuti, una lun-
i quella dei detrattori del «troesma»(ossia il maestro), Marfa Susana Azzi e Simon Collier, nel-
ghezza insolita per l’industria discografica dell’epoca e, soprattutto, per la
musica legata alla tradizione popolare argentina. Gli antecedenti andavano

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nie
Anche «Michelangelo 70» presenta un modello consolidato: il walking «mettici un po’ di Skrjabin», come a indicarne la stravaganza. Con Malvici-
bass in opposizioneagli accordi sincopati del gruppo. Qui, tuttavia, oltre ai noalla chitarra potevanoesserci assolo sulla scorta del bop e con Cacho Ti-
magnifici commenti con cui Amicarelli risalta sul gruppo,affiora un’antici- rao 0 Lépez Ryi{m26peggi veloci, armonici e cambiamenti di ottava. Tutto
pazionedi quelli che sarannoi temisugli ostinati che Piazzolla comincerà a ciò avrebbe detexgjés il destino della rapsodia per pianofortescritta per
adottare con il Noneto e che diventeranno abituali a partire da «Libertan- l’introduzione di Nonino», che nella versione del Noneto sarebbe
go»e durantetutto il periodo «italiano». Dal canto suo, «Coral»è precisa- stata sostituita da un’ampia sezione per strumenti a corda, della quale era
mente questo, un bel corale, con gli strumenti che incedono in omofoniae protagonista Agri, e nell’Octeto Electr6nico da un’infprovvisazione della
unasezione intermediain cuila chitarra elettrica sviluppa il tema in opposi- chitarra elettrica, per riapparire, con alcune modifiche, nel Quinteto del ’78
zione a un basso alla maniera barocca, con una nota per ognibattito, men- e nel Sexteto.*
tre il bandoneon provvede alla melodia principale e la chitarra al contro-
canto. A quel punto, il contrabbassoinizia a essere suonato con l’arco — il
passaggio dalpizzicato all’arco nel contrabbasso si dimostrerà sempre una
delle migliori armidei gruppidi Piazzolla - con un cambiamentocheincide
sul carattere del brano, rendendolopiù affine al tango e preparandoilterre-
no affinché il bandoneon possa discostarsi dall’ «esercizio barocco» e tra-
sformarlo definitivamente in qualcosa di diverso. Sul finale, il brano ammic-
ca nuovamente a una modalità scolastica, rappresentata da una parodistica
«invenzione a quattro voci su un basso dato» che, ad ogni modo,grazie a
quelle voci in particolare — Agri, Piazzolla, L6pez Ruiz e Diaz — ottiene una
musicalità che ne fa quasi dimenticare lo schematismo elementare.
Lasuite intitolata «Tangata (Silfo y Ondina)», benchéfosse stata conce-
pita per un progetto in comune con Oscar Ardiz,e a dispetto di quanto di-
chiarato da Piazzolla sul retro di copertina (Astorsi ostinava a usare quel ca-
nale per esporre progetti che nonsi sarebberorealizzati), non venne maicor-
redata della coreografia di colui che un anno primaavevacreatoil corpo di
ballo del Teatro San Martin, dove aveva messo in scena il Magnificat,
Symphonia, La sagra della primavera e Romeo e Giulietta. Nemmenoil
modello di un primo movimento fugato, un secondo cantabile sotto forma
di milonga/habanera e un terzo di «tango moderno», ovvero piazzolliano, * Le variazioni più famose saranno quelle di Gandini conil Sexteto. In occasione del concerto
era nuovo. Comeinaltri pezzi del disco, qui compaiono,quasisi trattasse di di Amsterdam, insiemeall’orchestra di Osvaldo Pugliese, Piazzolla chiese al pianista di im-
unasilloge di espedienti assodati, le cadenze strumentali della chitarra elet- provvisare qualcosache potesse legare «Adiés Nonino» e «La Yumba». Quell’intermezzo do-
veva essere il segnale per l’ingresso di Pugliese, ma, secondoalcunetestilnwai@até, la confusio-
trica, del pianoforte e del bandoneone gli effetti percussivi, oltre al piglio
nedi fronte alla commistione musicale e allo scorporamento dei brani IdPipecallità di Gandi-
jazzistico di un assolo di piano improvvisato, che avrebbe costituito una ni — fu tale che l’autore di «Recuerdo» nonriuscì a entrare quando n altro episodio
nuovacaratteristica dello stile di Piazzolla. La musica era concepita in fun- degnodi notarisale al concerto conclusivo:di Ginevra, prima del qua a aveva reso no-
zionedi chi la interpretava, al punto cheinteri branio sezioni andavanoe ve- to che quella sarebbestata l’ultima esibizione del complesso. Gandini, in quell’occasione, in-
farcì i temi di «Adiés Nonino» concitazioni da Gli addii di Ludwig van Beethoven. Due furo-
nivano dal repertorio a seconda dei componenti del gruppo. Con Amicarel- no i commentiche vanno al di là del mero aneddoto. Il primo è quello di Piazzolla, che disse a
li, Osvaldo Tarantino o Pablo Ziegler al pianoforte, si potevano azzardare Gandini: «Cos'è quella schifezza che hai suonato, Gandini?» L'altro è di Malvicino che, dopo
improvvisazioni jazzistiche; con Gosis o Gerardo Gandini eranoleciti gli aversentito dire al bandoneonista che intendeva dedicarsi alla musica classica per suonare con
le orchestre, lo apostrofò così: «È comelasciare una ragazza favolosa per andare a vivere con
ammicchi bartokiani e, nel caso del secondo, persino i riferimenti al Mes- una bambola gonfiabile». L'opinionedel chitarrista non facevaaltro che aggiornare, in termini
siaen di «Buenos Aires hora cero», che Piazzolla sollecitava con la frase più prosaici, quella di Nadia Boulanger.
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val del Luna voteràil pubblicoe si esibirannoi grandi favoriti», smentireb-
be questa possibilità. Quel che è certo, invece, è che la «giuria tecnica» del
concorsoera formata in gran parte da amicie seguacidi Piazzolla, tra i qua-
li Eduardo Lagos, Horacio Malvicino e Albino Gomez. L'ex diplomaticori-
corda:

Mentre lavoravo comedirettore della programmazione a Canal 7, nell’ennesi-


motentativo fall mentare di trasformarlo in un’emittente culturale, fui nomi-
nato membro de lla giuria tecnica internazionale del Festival di danza e della
canzonedi BuenosAires chesi svolgeva al Luna Park, e condivisi questo ono-
re con Francisco Garcia Jiménez, Lucio Demare, Hamlet Lima Quintana,
Eduardo Lagos, Horacio Malvicino e Chabuca Granda. In occasionedelfesti-
val, Piazzolla presentò quella che sarebbe poi diventata la celebre «Balada pa-
ra un loco», scritta da HoracioFerrer e interpretata da Amelita Baltar. La can-
zoneera stata candidata dalla giuria tecnica per il primo premio, ma per vo-
lontà della giuria popolare perse, in favore del tango «Elultimo tren», di Julio
Ahumada. Quel tango venneinciso una sola volta, proprio in occasione del
concorso, mentre «Balada para un loco», come è risaputo, è diventata un suc-
cesso mondiale.

La testimonianza di Amelita Baltar è più prosaica:

Nello stesso periodoin cuiusciva l’lp chefinì per esserei/ disco per eccellen- Mentre cantavoil pezzo, durantele eliminatorie preliminari, la gente mi urlava
za del Quinteto,° Piazzolla, Amelita Baltar e Ferrer trasformaronol’infelice «bastarda» e cose del genere. Riuscivo a malapenaa sentire la mia voce, a cau-
formula dell’«operita» in una scenetta lirica sulla pazzia, sulla scorta di sa delle grida e degli insulti. Secondo alcuni, la faccenda del voto del pubblico
quella della Lucia di Lammermoordi Gaetano Donizetti, che, tra grida, sus- aveva a che vedere congli interessi di una casa discografica e col fatto chegli or-
ganizzatori erano stati pagati. Ci furono anche pressioni da parte di alcuni poe-
surri e declamazioni, sommati a un immaginario poetico volto a comporre
ti di sinistra, che aizzavano il pubblico, dicendodi non votare la «Balada» per-
unacartolina della BuenosAires dell’epoca,si affermò con un successo sen- ché era un tangooligarchico, che parlava dei quartieri «bene» di Callao e Are-
za precedenti. La canzone fu presentata in occasione di un concorso indetto nales. Fatto sta che,l’ultimo giorno, come giuria popolare nominaronoa casoi
dalla municipalità della capitale nell’ambito della «Semana de Buenos Ai- primi venti spettatori giunti sul posto, molti dei quali, suppongo, eranostati
res», chesi teneva dall’8 al 15 novembree che culminò il 16 dello stesso me- messilì appositamente. Tra questi c’era mia madre,che ascoltavale altre donne
se al Luna Park, con un concertoin cuisi esibivanoi finalisti del festival. Al- dire cose come: «Haivisto che bel ragazzo cheè Jorge Sobral?» Lei non voleva
far trapelare che io erosuafiglia, in modo che il suo votononfosse annullato,e
l’evento parteciparono gruppie solisti, oltre a diverse compagnie di danza
quindi rispondeva: «Non importache sia bello 0 no; bisogna pensare al valore
tradizionale, provenienti da vari paesi dell'America Latina. SecondoFerrer, della canzone», Non c’era niente da fare, quelle volevano votare Sobral perché
la giuria era composta per metà da rappresentanti del pubblicoe «critici ar- era affascinante. Quel che è certo è che quel voto mandò in maloratuttoil lavo-
gentini di primo piano», e per l’altra metà da «quattordici esperti prove- ro svolto per così tanti giorni da una giuria tecnica internazionalee seria.
nienti da tutti i pacsi sudamericani», Esistono versioni contrastanti sia ri-
guardoalla costituzione della giuria sia per quanto concerneil peso del vo- Larivista Andlisis dedicò a Piazzolla e alla sua ballata la copertina del nu-
to del pubblico. Moltedelle persone direttamente coinvolte, tra cui Amelita merouscito la settimana dal 25 novembreal 1° dicembre.Il titolo era «Bal-
Baltar, ricordano il voto del pubblico comeunripiegodell’ultimo momento, lata per unribelle», e quello dell’articolo, di quasi tre pagine, «Suonato, suo-
escogitato per strappareil premio a «Balada para un loco». Un articolo ap- nato, suonato», che rimandavaa unastrofa della canzone («Piantao, pian-
parso il 9 novembrea pagina 25 del quotidiano Clarin,intitolato «AI Festi- tao, piantao»). Nella recensione, Jorge Andrés raccontava nei minimidetta-
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ternativa a un raziocinio repressivoe il rifiuto di un linguaggio strutturato
gli che duranteil festival si erano susseguite «1300 canzoni, oltre a una no-
comeformadi oppressione. De Broca non era che un anello della catena che
tevole quantità di spettacoli folkloristici», il che denotava «una partecipa-
arrivava fino a Ferrer e che vedeva nel Doctor Faustus, il romanzoscritto da
zione massiccia, dovutaall’insolita generosità dei premi: cinquemila dollari
Thomas Mannconla consulenza di Adorno, uno dei raccordi più critici con
pergli autori del miglior brano di ogni genere musicale in concorso — tradi-
il razionalismo strumentale. «L'artista è fratello del delinquente e del men-
zionale, tango e internazionale — e 2500 per l’interprete». La dinamica del
tecatto. Credi tu che sia mai stata compiuta un’opera divertente senzacheil
concorsoera riportata con altrettanta chiarezza: «Alla finale del sabato era-
suo autore s’intendesse dell’esistenza dei delinquenti e dei pazzi? Non par-
no rimastiin lizza solo due pezzi per ognigenere[...] e una giuria sorteggia-
larmidisani e di malati! La vita, da quandoesiste, nonse l’è maicavata sen-
ta tra i primispettatori arrivati per la serata ha dovuto scegliere a chi desti-
za l’elemento morboso», spiega il Diavolo al compositore Adrian Le-
narei sospirati assegni». Quantoal verdetto, sembravacheil brano di Piaz-
verkuhn, primadi suggellareil patto che li unirà per sempre.
zolla e Ferrer avesse perso «per una manciata di voti — 9 su 25 — rispetto a
La BuenosAires in cuiFerrersi è insediato,e nella quale circolano nume-
“Hastael dltimo tren”, ritrita melassa presentata da Julio Ahumadae Julio
rose riviste divulgative (da quelle di meccanica popolareai corsi per corri-
Camilloni, dopo cheil rivoluzionario bandoneonista, insiemealla sua can-
spondenza su comediventare detective privati) da cui, in un certo senso,il
tante Amelita Baltar, aveva ricevutoil più grandeattestato di stima da parte
del pubblico di tutta la sua lungacarriera». paroliere prende in prestito la nonchalance ostentata nel diffondere mezze
verità, è anchela città in cui, negli stessi anni, Mauricio Goldenberg appor-
AIdi là del ripudio di «Balada para un loco», sul quale più avanti Piaz-
ta contributisignificativi alla psichiatria. Goldenberginiziò il suo lavoro nel
zolla esagererà — anche se torneràa interpretareil brano con cantantidel ca-
reparto di psicopatologia dell'ospedale Lands per poi estenderlo ad altri no-
libro di Milva — e degli eventuali dibattiti sul valore del pezzo, c’era qualco-
socomidella capitale. Era convintochei luoghidi ricovero non potessero es-
sa in quella canzonecheerain sintonia conlo spirito — con la sonorità — del
sere migliorati partendo dalla stessa logica che li aveva concepiti. Persegui-
?69 bonaerense. Con quella sua retorica ampollosa, con una drammaticità
va la «demanicomizzazione» sulla scorta dei programmidi salute mentale
quasi espressionista e quella specie di surrealismo a buon mercato adattati
più avanzati d’Europa. L’operato di Goldenbergsi sviluppò in parallelo a
da un uruguaianoalgergoe all’atmosfera di BuenosAires; con i richiamiai
quello di Enrique Pichon-Rivière, uno dei fondatori dell’apa* e poi della
nomidelle strade, i mezzi meloniin testa,i cortei di astronauti, i passeggeri
Scuola di Psicologia Sociale, che in seguito avrebbe pubblicato con Vicente
clandestini della prima spedizione su Venere — nel 1969 l’uomo sbarcò sulla
luna — e le bandierinedei taxiliberi tenute in mano, «Balada para un loco» Zito Lemail libro Conversaciones con Enrique Pichon-Rivière sobreel arte
rispecchiava in qualche modo la Buenos Aires di fine anni Sessanta, dove y la locura. Grazie a un altro testo di Lema, E/ pensamiento de Jacobo Fij-
man, 0 El viaje hacia la otra realidad, uscito lo stesso annoin cui imperver-
ben presto la parola loco, pazzo, sarebbestata sulla boccaditutti, diffusa
sava «Balada para un loco», emerge comeicona dell’alterità la figura del
dal gergo del nuovo rock come terminetutt’altro che offensivo, ma anzi po-
poeta Jacobo Fijman. Il tema del manicomio compare anche in «Fermîn», la
sitivo. In fin dei conti, Piazzolla, così come Sarmiento un secolo prima, era
soprannominato «el loco», e molte delle esegesi della sua opera iniziavano — canzoneincisa dagli Almendra nel 1969, e che anticipail disco Artaud, regi-
strato da Spinetta nel 1973.
e avrebbero continuatoa farlo — con «era un pazzo furioso». Ferrer confes-
«jViva! jviva! jviva! | ;Loco él y loca yo! | }Locos! jTodos! }Locos! | }Lo-
sa che all’originedeltesto della canzone c’erail film Tutti pazzi menoio (Le
Roide coeur), diretto nel 1966 da Philippe de Broca, nel quale una giovane co él y loca yo!» [«Evviva! Evviva! Evviva! / Pazzo lui e pazza io! / Pazzi! Tut-
tit Pazzi! / Pazzo lui e pazza i0!»]. Così si concludevala canzone, che, a mo-
e bella Geneviève Bujold capeggiavala liberazione di alcuni matti ricovera-
ti in manicomio. Alle musiche dello stessofilm si ispiravail valzerino «folle- do suo,in certi punti riusciva a dire cose cheil brano vincitore del festival,
mente» accelerato.” In unasocietà priva di valorispirituali e nella quale im- conuntesto che parlava diattese sulle banchinedelle stazioni, non avrebbe
peravail mercantilismo, i pazzi, esclusi da questo mondo,eranoi soli in gra- maipotuto esprimere.
La maniera in cui «Balada para un loco» perse quelfestival, pur riscuo-
do di capire davvero, di «sapere» veramente. A BuenosAiresil successo del
film, che veniva proiettato tutte le settimane al cinema Arte e che era ancora tendo un successo immediato, mostra con chiarezza il modoin cui prende-
vano formai consensie le critiche nei confronti di Piazzolla e, soprattutto, il
oggetto di culto in pieni anni Settanta,rilanciava alcuni dei motivicari alle
avanguardie del periodotra le due guerre: la scoperta della follia comeal- ruolo simbolico che il compositore aveva ormaiassunto. Duranteil festival
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ci fu anche chi dichiarò cheil brano non poteva essere considerato un tango, perché, in un certo immaginario bonaerense, i matti erano parenti stretti
de-
visto che per la maggior parte era un valzer” Mentre Amelita Baltar cantava gli artisti, e la follia poteva arrivare a essere perfino una provainconfuta
bi-
il pezzo nelle eliminatorie preliminari, si levaronofischi e applausi. Ma era le di talento. «Las tardecitas de Buenos Aires tienen ese qué sé YO... sviste?
stato il «voto del pubblico» a determinare ciò che altrimenti nonsi sarebbe Salgo de casa, por Arenales, lo de siempre: en la calle y en mi. Cuandodere-
maiverificato,ossia la vittoria di «Hasta el ùltimo tren», con musica di Ju- pente — de atrds de ese drbol — jse aparece él!» [«Le sere a Buenos Aires han-
lio Ahumada- il grande bandoneonista che Piazzolla aveva in mente quan- no quel nonsoche... Sai? Escodi casa, per Arenales, ed è sempretutto ugua-
do scriveva le orchestrazioni per Basso — parole di Julio Camilloni — unita- le: per strada e dentro di me. Matutta untratto, eccolé che sbuca da dietro
liano arrivato a Buenos Aires ancora neonato, che compose anche per Gob- all’albero!»], esordiva recitando a cappella Amelita Baltar, In quel momen-
bi, Pugliese e GalvAn,fra i tanti— e interpretata da un vecchio collaboratore to, insieme al mattodietro all’albero, affiorava un pianoforte, che accompa-
di Piazzolla, il cantante Jorge Sobral. gnavala descrizione con un valzer:
Il testo della canzoneiniziava così: «Amo los andenes de la espera, | la
poesia delos rieles | que la luna replantea[...]! Amo los andenes suburbanos Mezcla rara de pentiltimolinyera y de primer polizonte en el viaje a Venus: me-
| de estaciones patinadas / por el tiempo y los olvidos. | Amola garita y las dio melòn en la cabeza, las rayas de la camisa pintadas en la piel, dos medias
suelas clavadasen los pies, jy una banderita de taxilibre levantada en cada ma-
banderas, l amo eltren que se despide | y amo el tren en queti llegas» [«Amo
no! Parece que sblo yo lo veo... Porque él pasa entrela gente, y los maniquies le
le banchine d’attesa, /la poesia delle rotaie / che la luna ridisegna[...]/ Amo
guifian, los semdforos le dan tres luces celestes, y las naranjas del frutero de la
le banchine suburbane/ di stazioni scavate / dal tempoe dall’oblio. / Amole esquinaile tiran azabares!
bandieree la garitta, / amoil treno che parte / e amoil treno chearrivase a
bordocisei tu»]. È interessante ripercorrere la retorica del tango rispetto a [Strana combinazionedel penultimo vagabondo e del primo passeggero clande-
questo autore e confrontarla con l’evidente povertà del testo premiato. Sen- stino di rotta su Venere: mezzo meloneintesta,le righe della camicia dipinte sul-
za andar troppo lontano, Ferrer'° dipinge il paroliere come un «ammiratore la pelle, due mezzesuole inchiodateaipiedi,e in ogni manola bandierina di un
taxilibero! Si direbbeche io sia la sola a vederlo... Perché camminatra la gente
dei poeti della scuola di Boedodegli anni Trenta[...] autore di qualità, cul-
e i manichinidelle vetrinegli strizzanol’occhio,i semafori gli mandanotreluci
tore di unostile letterario diretto, che non disdegna l’uso di un profondolin- celesti, e le arancedel fruttivendoloall’angologli lancianofiori d’arancio!]
guaggio metaforico dalla genuina sensibilità bonaerense». Il giornalista e
curatore Gaspar Astarita afferma che <a partire dalla fine degli anni Qua- L'introduzionerecitata si concludeva con dei puntini di sospensione che
ranta le sue opere mostravano un pieno dominio della verseggiatura per la introducevanoil «Quereme asi piantao» [«Amami suonato come sono»]e,
strofa musicale, con il marchio inconfondibile di tutta la sua produzione: un sull’ultima parola, entravano gli strumenti a corda, con la successione ar-
linguaggio terso, ordinato e semplice, e un uso appropriato ed efficace della monica del temalirico di «Adiés Nonino»(che verrà ripresa anche in «Ba-
metafora». Del resto Camilloni, autore anche di «Amigo camionero» e lada para mi muerte»). «Ya sé que estoy piantao, piantao, piantao, | no ves
«Checolectivero» (entrambi con musiche di Pugliese), era conosciutoperil queva la luna rodando por Callao | que un corso de astronautas y nifios con
fatto di soprannominare«fratello grillo» chiunquesi dedicasse, comelui, al- unvals/!mebaila alrededor... bailé, veni, voli» [«Lo so che son suonato, suo-
la poesia. nato, suonato,/ non vedila luna che gravita su Callao / e un corteo diastro-
«Ho sempre nascosto una grandeinsicurezza dietro a quella maschera di nauti e bambini / mi balla intorno a passo divalzer... Balla, vieni, vola»].
fiducia in mestesso. Una volta mel’aveva detto anchel’analista...», confes- Nella ripresa del tema,gli strumenti a corda entravano con un controcanto
sava Piazzolla all'amico Bernardo Neustadt in un reportage realizzato da — sicuro, romantico, con ampiintervalli — mentre il bandoneon e le percus-
quest’ultimo per la rivista Extra.!" «L'analisi nonti toglierà quella dose di sioni davanoil via al 3+3+2, nella sua variante epica. «Loco, loco, loco,/
follia di cui hai bisogno per essere Astor Piazzolla?», chiedevail direttore del cuando anochezca en tu porteita soledad, / porla ribera de tu sébana vendré,
periodico, e il bandoneonista rispondeva: «Al contrario. L’analista nonti | conun poema y un trombén, l'a desvelarte el corazén» [«Pazzo, pazzo, paz-
cura dalla pazzia. Te la mostra... Tela tira fuori all’ennesimapotenza. Se poi zo/ quandocalerà la nottesulla tua solitudine bonaerense, / mi avvicinerò al
vuoicontinuarea essere pazzo perché ne hai bisogno, puoifarlo... Nessuno bordo delle tue lenzuola, / con una poesia e un trombone, /a ridestareil tuo
te lo impedisce. Tantomenolui». A volte, se gli artisti erano dei pazzi, era cuore»], recita il primoritornello, e vi troviamo un'importante novità nello
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[314] [ 315 ]
stile di Piazzolla, o perlomenonel suo approccio al genere della canzone.\I con opere considerate migliori. Quel pubblico di vecchi fan e sostenitori, per
commenti degli strumenti a corda rispondonoalla voce senza sovrapporsi quantofosse in calo sulfinire degli anni Sessanta, in qualche modosiaspet-
comenei vecchi arrangiamenti per Héctor de Rosas conil Quinteto. Nei mo tava la stessa cosa del suo idolo: una coesistenza impossibile. Le masse do-
menti di accompagnamento,le corde svolgono esattamente questa funzio- vevano riconoscere Piazzolla, ma il consenso doveva dipendere dalla sua
ne, senza competere con la melodia. Per quanto si possa ammettere che Piaz- musica d’avanguardia. Già Speratti aveva fatto trapelare un certo risenti-
zolla nel corso degli anni avesse acquisito unacerta concisione - cosacheil mento quandodichiarava:
sovraccarico arrangiamento di «Chiquilîn de Bachîn» smentirà — «Balada . £
Astor Piazzolla ribadisce che lui non componeper gruppidi neofiti. In una so-
para un loco» era stata concepita fin da subito per vincere un festival. Era
cietà che non fa alcuno sforzo per avvicinareil prodotto culturale al suo vero
una canzonefatta per essere cantata,e proprio per questo non sembrava un destinatario, questa affermazionesi scontra conla realtà dei fatti e denota un
«esercizio distile». Non denotava quella forzatura, quella trama lambicca- percorso accidentato: negli anni Cinquantala sua opera alimentava pruriti in-
ta, quella ricercatezza a cui erano scampatii brani strumentali del Quinteto, tellettuali imprescindibili. Poi, gradualmente, ha smesso di essere una fonte dia-
ma che erano semprestate parte integrante delle sue canzoni, a cominciare lettica del reale ed è finita nel limbo di una moda, diventando un prodotto di
da «Fugitiva» e «Pigmalién». Era anche una canzone che aveva moltoin co- consumo snob. Per quanto sia nata come un bisogno sociale, non ha tardato a
tramutarsi in un simbolodi prestigio agli occhi di quei gruppiperi qualiil solo
muneconi branivincenti dei festival più popolaridell’epoca, come quello di
fatto di parlare di Piazzolla equivale a paventareil rischio di una posizione so-
Sanremo,ed era senz’altro un pezzo ideato per entusiasmareil pubblico con ciale incerta. Ora [nel 1968] la sua musica risponde alle tendenze del momen-
la parte recitata finale e la «scena di pazzia», per quantosi trattasse di una to: è un piacere da neofiti, destinato a chi è disposto a sondare unavia d’acces-
«bella pazzia». In ogni caso, era un esercizio di un altro tipo distile. Tra i so esclusiva, carae difficile."
musicisti «bravi» era tradizione beffarsi dei successi facili, dimostrando di
poterli comporre in pochi minuti. Un esempiosonoi celebri fratelli Expési- «Balada para un loco» non era ancorauscita, mala critica di Speratti met-
to che,sotto il nomedi Sixto Poe (anagrammadel loro cognome), avevano teva già in luce le contraddizionidi un settore che, se da un lato rivendicava
contribuito con «Pity pity»al successo dell’effimerastella del rock locale Bil- un maggioresuccesso per Piazzolla, dall’altro non tollerava di aver perso l’e-
ly Cafaro, oltre ad aver scritto per i T.N.T. uno pseudo fox-trot intitolato sclusiva, in quanto pubblico privilegiato di una musica «difficile», che lo di-
«Eso» solo per vincere una scommessa, a quanto racconta Virgilio, uno dei stinguevadatuttoil resto. E il fatto di «distinguersi», nella BuenosAires del-
due. Eduardo Lagos, invece, aveva formato un gruppo, Los 4 Fuegos,conil l’epoca, era una prerogativa dei «dirigenti», dei professionisti di successo
quale incise qualche pezzo per una compilation di E/ Club del Clanintitola- che leggevano Andlisis, Primera Plana, Confirmado o Panorama,più che dei
ta Siguen las explosiones. Il musicista ricorda che «Ricardo Mejia, direttore vecchiaristocratici. «Sai cosa ti succede? Che adesso vivi un doppio conflit-
artistico della RCA, aveva una strategia molto curiosa: “E! Club del Clan lo to, Primaeriil musicista-tarnguero del pubblico raffinato. Di una minoranza
rifilo alle domestiche. E già che ci sono, voi vi sbolognoalle signore”. Non scelta. Che si dava “un tono” dicendo che apprezzava Piazzolla, che lo ca-
ci è andata poi così male. Ricordo di aver persino firmato degli autografi». piva. Chevi aveva a chefare. E che facevafaccestrane a ognigraffio del ban-
O ancoraSantos Lipesker che, apprezzato per le sue doti di orchestratore e doneon, a ogni colpo del pianoforte... Ora vorrestisia il Luna Park cheil
il suo talento comesassofonista, imitava l’orchestra di Ray Conniff facen- Teatro Colén...», spiegava Neustadt al bandoneonista nell’intervista appar-
dosi chiamare Vincent Morocco. Già all’epoca, inoltre, erano in vogai tan- sa su Extra. E Piazzolla concludeva: «Con “Balada para un loco” mi sono
ghi à la Valentino di Malvicino, alias Debray. «Balada para un loco» poteva inoltrato in un terreno sconosciuto. È stata scritta per essere cantata. Come
essere annoverato tra queste manifestazioni, per quanto Piazzolla oscillasse Maria de Buenos Aires. Non avevo maiscritto musica per canzoni... Ma poi
tra l’acclamazionee un’esecrazione dalui stesso ingigantita. «È il mio mi- ho incontrato Horacio Ferrer...» sennato
glior prodotto. Il fatto che sia semplice nonsignifica che sia mediocre», di- «Loco, loco, loco, | como un acrébata demente saltam&86bre el abismo
ceva «el loco» Piazzolla a Neustadt, difendendosi dalla critica velata con cui etu esegtadiasta sentir | que enloqueci tu corazéndelibertad, | ya vas a ver»
il giornalista esprimevail punto di vista dei vecchi piazzolliani, che si senti- datkezz0à pazzo, / come un funambolo dis salterò / nell’abisso
vanotraditi dalla semplicità e, si potrebbe anche azzardare;dal successo del- scollatura fino a sentire / di aver fatto re il tuo cuoredili-
la canzone. O dal fatto che stesse raccogliendo un consenso mai ottenuto rtà, / vedrai»], recitava la secondaesposizione di «Balada para un loco»,
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per poi cedere il passo a una nuovaparterecitata, con una versione orche- Primadella ballata, però, c’era stato un altro valzer. «In questo momen-
strale del valzer e con gli strumenti a corda che entravano sul secondo tem- to, più che altro, mi sto mettendo alla prova sul versante letterario, voglio
po di ognibattuta: « Y asîdiciendoel loco me convida a andar| en su ilusiòn aprirmi,e devi sapere che HoracioFerrer sta scrivendo cose nuoveintalsen-
siiper-sport, | y vamosa correr por las cornisas | con una golondrina enel so», raccontava Piazzolla a Speratti, già nel 1968.
motor. | De Vieytes nos aplauden: Viva, viva... | los locos que inventaron el
amor; | y un ingely un soldado y una nifia | nos dan un valsecito bailador. | Recentemente abbiamo scritto un brano, «Juanito Laguna ayuda a su ma-
dre», ispirato a un quadrodi Berni, e credo sia davvero sensazionale; volevo
Nossale a saludar la gente linda | y el loco, loco mio, qué sé yo, | provoca
provare quello che fanno i brasiliani, musica semplice e testi semplici, ma di
campanarios consu risa | y al fin, me mira y canta a media voz...» [<E così qualità. Poi c'è «Chiquilîn de Bachîn». È una bomba. Amelita l’ha cantata per
dicendoil pazzo miinvitaa salire / sulla suaillusione supersport, / e corria- la prima volta non molto tempo fa e la gente piangeva, piangeva per la forza che
mosuicornicioni / con una rondine nel motore. / Da Vieyetes ci applaudo- racchiude, perchéil testo parla dei bambini che vendonole rose di sera nei ri-
no: Viva, viva... /i matti che hanno inventato l’amore; / e un angelo, un sol- storanti,»
dato e una bimba/ ci regalano un valzerino danzante. / La bella gente esce a
salutarci / e il pazzo, il pazzo mio,o chesoio, / sfida i campanili con la sua Nella prima versione registrata dalla Baltar c’era un’introduzionein cui
risata / e alla fine mi guarda e canta a mezza voce...»] A quel punto tornava Ferrer raccontava, con le parole scontate di sempre, di come «il musicista e
il ritornello con le sue reminiscenze di «Adi6s Nonino», ora con un accom- il poeta» avessero composto la canzone. La versione di Goyeneche — e quasi
pagnamentodi arpeggi al pianoforte, che ricordavano una ninna nanna o un tutte quelle successive — per fortuna non comprendevanola parte recitata.
carillon, per essere ripreso, con tutta l’orchestra spiegata e più eroico che «Porlas noches, cara sucia | de angelito con bluvin, | vende rosas por las me-
mai, nell’esplosionefinale. sas/ del boliche de Bachin. | Si la luna brilla | sobre la parrilla, | come luna y
Tutti, perfino l’etichetta discografica, speravano che vincesse «Balada pa- pan de hollin» [«Alla sera, faccia sporca, / da angioletto coi blue-jeans / ven-
ra un loco», ma fu «Hastael iiltimo tren» ad aggiudicarsiil premio. Nono- de roseai tavoli / nella bettola di Bachîn / Se la lunabrilla / soprala griglia, /
stante i due testi sembrassero agli antipodi, si somigliavano. Benchéil pri- mangia luna e panedi fuliggine»|], recitava il pezzo,e, inevitabilmente,ri-
mo, in modosuperficiale e demagogico, fosse in linea con una sorta di im- chiamava alla memoria «Cancién para un nifio en la calle», che Mercedes
maginario emergentee l’altro no, entrambi mostravano l’artificiosità nella Sosa avevainserito in Para cantarle a mi gente, uscito un anno prima. Quel
quale erano scadutii testi del tango nell’arco del decennio. C'eranosolisti brano, d’altronde, non era certo l’unica coincidenza. Nello stesso disco era
che erano emersi proprio in quegli anni, come Goyeneche. C'erano vecchie racchiuso «Juanito Laguna remonta un barrilete», di Hamlet Lima Quinta-
orchestre che resistevano, come quelle di Troilo, Pugliese o Fresedo,e altre na e Ivan Cosentino,il che significa che le prime due canzonidell’accoppia-
che, pensate quasiesclusivamente per incidere dischi, come quella di Baffa- ta Piazzolla-Ferrer, «Chiquilin de Bachîn» e «Juanito Laguna ayuda a su
Berlingieri, mostravanounalto profilo musicale. C'erano gruppi nuovi, co- madre», cercavano di «adattare» al mondodel tangoe dintorniciò che i due
meil Sexteto Tango, creato nel 1968, o, più tardi, il Sexteto Mayor, del autori avevanoascoltato in quello del folklore.
1973, che eranonati in un climadifacili sbocchi professionali, ma che, pur «A esta bora exactamente, | Hay un nifio en la calle... | }Hay un niîto en la
senza apportare grandi novità stilistiche, mostravano unlivello altissimo, calle! | Es honra de los hombres proteger lo que crece, | cuidar que no haya
sia negli arrangiamenti che nelle esecuzioni. Salvo rare eccezioni, però,i te- infancia dispersa porlas calles, | evitar que naufrague su corazén de barco,/
sti non parlavano più da tempodella città, ma deisuoimitie deisuoicliché su increible aventura de pan y chocolate | poniéndole unaestrella en el sitio
da cartolina. Banchine vuote e nostalgia da un lato, pazzia macchiettistica e del hambre. | De otro modoes intitil, de otro modo es absurdo | ensayar en
«bella gente» dall’altro: né «Hasta el ùltimo tren» né «Balada para un loco» la tierra la alegria y el canto, | porque de nadavalesi hay un nifio en la calle»
riflettevano la «Buenos Aires Beat» che iniziava ad aprirsi un varco nelle [«Esattamente a quest'ora, / c'è un bambinoin strada... / C'è un bambinoin
canzonidi Pajarito Zaguri, Moris Birabent, e Pedro y Pablo. O chetrapela- strada! / È una virtù degli uomini proteggere quel che sta crescendo, / aver
va, in versione romantica, da Fuiste mia un verano,il disco di Leonardo Fa- cura che nonci siano bambini abbandonatiperstrada, / evitare che affondi
vio del 1968, che comprendeva,conil titolo di «Para saber cémoesla sole- il loro cuorefluttuante / la loro incredibile avventura di pane e cioccolato /
dad», il brano «Tema de Pototo» degli Almendra. mettendo unastella al posto della fame. / Altrimenti è inutile, altrimenti è as-
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surdo / provarela gioia e il canto sulla terra, / perché non ha nessun valore
se c'è un bambinoin strada»], recitava la primastrofa della canzone che An-
gel Ritro e Armando Tejada G6mez avevano composto a partire dal fram-
mentodi una poesia di quest’ultimo, apparsa primain undisco conparti re-
citate — Sonopoemasdel horizonte, del 1964 — e poinel libro Antologia de
Juan, del 1966. C'era la «stella al posto della fame» di Tejada G6meze la
«stella al contrario» che svegliava il bambinoall’alba di un 6 gennaionelte-
sto di Ferrer, In entrambic'eranoi riferimenti al pane (che sarebbero appar-
si anche in «Plagaria para un nifio dormido», incisa dagli Almendra nel
1969, dovesi alludeva alle «sue dita che diventano pane»), ma soprattutto
c’era una tematica che si poteva considerare «di sinistra» e che si radicava
nel sentire comune, raggiungendopersino un autore comePiazzolla, che nel
1968 dicevadisé: «Tutti pensano cheio sia sempre stato comunista. Io non
sono affatto comunista,o forse sì, sono il più comunistaditutti, visto chei
comunisti non fanno niente di quello che ho fatto io. Tutte le volte che ho
avuto un gruppo, è sempre stato come una cooperativa e non ho mai rubato
un centesimoa nessuno», L’idea percuigli artisti con un’estetica innovati-
va fossero «disinistra» e che in questa categoria rientrasse automaticamen-
te chi si vestiva da «intellettuale di sinistra» creò parecchia confusione in
un’epocanella quale gli archetipi delle trasformazionisociali erano così po-
co chiari da far credere che un’«hippie» e una «studentessadifilosofia» fos- Il contratto di incisione del disco che conteneva «Balada para un loco» era
sero la stessa cosa.'° stato stipulato con la css Columbia. Piazzolla, tuttavia, approfittò del suc-
cesso riscosso per contrattare il proprio ritorno alla RcA Victor, abbando-
nandoil suo fedele ammiratore Radoszynskie l’etichetta Trova. Il disco uf-
ficiale, con la versione del festival cantata da Amelita Baltar e «Chiquilin de
Bachin»sul lato 8 del singolo, sarebbe uscito agli inizi del 1970 per la Co-
lumbia. Il primo branofuinciso il 13 novembre, quando la manifestazione
nonsi era ancora conclusa,il che attesterebbe in qualche modola certezza
di averela vittoria in pugno. La canzonedellato B, invece, non sarebbe sta-
ta registrata prima del 16 marzodell’anno successivo. Nel frattempo, Piaz-
zolla si affrettò a incidere lo stesso disco, sebbene con la voce di Roberto
Goyeneche, per la RcA: la registrazione fu effettuata il 4 dicembre. Gli ar-
rangiamenti erano diversi rispetto a quelli del festival. Nel caso di «Balada
para un loco», dove peraltro Goyeneche assumevail ruolo dello squilibrato
cambiando leggermenteil testo — «Salis de tu casa[...] lo de siempre en la cal-
le y en vos[...] de atràs de un drbol me aparezco yo [...] Sélo vos me ves»
[«Esci di casa ed è sempretutto uguale: per strada e dentro di te. Ma tutt’a
un tratto, eccomi sbucare da dietro all’albero. Si direbbe chetu sia la sola a
vedermi»]- la presenza degli strumenti a corda era più massicciae si accen-
tuavail carattere «melodico» del brano. In «Chiquilîn de Bachiîn»l’arran-
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giamento era molto più semplice rispetto a quello per l’edizione della Co- conla fine della dittatura di Onganfa e costituì un puntodi rottura all’inter-
lumbia, senza il controcanto dell’oboe e con l'orchestra che batteva i tempi no del processo di mobilitazione politica che avrebbe datoil via alle orga-
iniziali di ogni battuta. Prima uscì il singolo della RcA, e pochi mesi dopo nizzazionidi lotta armata,oltre a creare le condizioni peril ritorno di Perén.
quello della Columbia,seguito dall’Ip Amelita Baltar interpreta a Piazzolla Nonsitrattava più di essere «moderni»o iconoclasti. L’invito all’azione co-
y Ferrer, che, oltre a questi due brani, presentava unaserie di canzoni nuo- minciava ad avere altre implicazioni. C’era rabbia e si protestava. Restare
ve: i cosiddetti «preludi» («Preludio para el afio 3001», «Preludio para la indietro significava perdere il treno della storia. Quell’anno, Luis Sandrini
Cruz del Sur» e «Preludio para unacanillita») e due nuove «ballate», «Ba- avrebbegirato E/ profesor hippie interpretan do un insggnante che, a dispet-
lada para mi muerte» e «Balada para él». Alcuni pezziregistrati in quelle to del suo parrucchino,era in gradodi battersi con la direzione della scuola
stesse sessioni, tra marzo e maggio, ma che non venneroinseriti nel disco, affinché gli studenti potessero realizzare un festival artistico. Era battersi,
andarono ad aggiungersia quelli incisi fra ottobre e dicembre, che uscirono dunque,il verbo diriferimento, Anche Ferrer, che era sulla cresta dell'onda
all’interno di un altro lp intitolato La bicicleta blanca, con il qualesi inten- della popolarità e non intendeva rinunciarvi, provava a coniugarlo (ovvia-
deva replicareil successo del disco precedente. Piazzolla, alla RCA, cercò an- mente a modosuo). E fu così chescrisse «Preludio para uncanillita»: «Gran
che difar fruttare le reminiscenze di «Balada para un loco» che echeggiava- bomba inventan, tan barata y tanto mata» [«Che grande bomba hannoin-
no in un album bizzarrointitolato Ex persona, nel quale Ferrer recitavai te- ventato, così a buon mercatoe così sanguinaria»], cantavala Baltar,!” con un
sti delle canzoni, mentre lui lo accompagnava al bandoneon. Nelle note di certo tono di protesta contro la guerra in Vietnam. A sganciarla erano «/os
copertina veniva riprodotto un presunto dialogofrai due: mismos que inventaron todo el bambre» [«gli stessi che hanno inventatola
fame»]. E «noi», la cantantee lo strillone cui alludevail titolo (canillita),
ASTOR: Pensa che bello sarebbe stato poter ascoltare la voce di Enrique Santos «los sabios del estbmago vacio» [«i saggi con la pancia vuota»]. Per Ferreril
Discépoloe il pianoforte di Mariano Mores, oppure il bandoneon di Pichuco quadrod’insieme era molto chiaro: da un lato, , «los «Os duerios del mu ndo que
con la voce di Manzi, o ancora Cobiàn e Cadfcamocherecitavanoi lorostessi negociaronel planeta» [«i padroni del mondochegi sono spartiti ;] piane-
brani... Non trovi?
HORACIO: Allora, primadilasciarci le penne, registriamone unonoi! ta»] e, dall’altro, quelli come loro, che andavano «por délares al yuere»
ASTOR: Senti, Horacio: se lo facciamo, va fatto in modo molto informale. [«in malora per colpa del dollaro»]. Bisognava intervenire. «Gritame un son
HORACIO: Sì, nonsi tratta di stupire nessuno con virtuosismi strumentali e in- de rebeldia, canillita | Para pelear alcanza y sobra con ser dos» [«Gridami un
terpretativi; bisogna fare come facciamo sempretra amici. cantodiribellione,strillone/ per lottare basta e avanza essere in due»], chie-
ASTOR: Esatto, improvvisando tutto quanto, e senza ricercatezze. dela Baltar, in chiave benedettiana, invitando a dare vita a «un motin de alu-
HORACIO: Prendiil bandoneon!
cinados» |«unarivolta di visionari»]. Il climax del procl&Maera una profe-
ASTOR: Inizia a recitare...
zia che sembravatratta da Las Bases,la rivista del peronista José Lépez Re-
Ed è così che abbiamoregistratoil disco: per sei ore consecutive,il pomeriggio ga: «Arriba hermano del retorno de los brujos: revolucién, revolucién»
di giovedì 22 ottobre del 1970. [«Tremate, fratelli, le streghe son tornate: rivoluzione, rivoluzione»]. La
canzonepresenta unfinalefittizio, il valzer ormaidiventato «tradizionale»,
La realtà, ovviamente, era un’altra. Il disco fu registrato in svariate ses- per concludersi in realtà con l’ennesimoinvito a «continuare a marciare»fi-
sioni, il 2, il 20 e il 23 ottobre (il pomeriggio del 22 non andarono nemme- no a raggiungereil paradiso perduto. Piazzolla apponesull’infiammatain-
no nello studio di registrazione), e le ore impiegate furono ben più disei. vettiva la sua firma, che a quel punto è già un marchio: note pedale, stru-
Quell’inno alla casualità e all’immediatezza (una versione da quartieri alti menti a corda sentimentali e l’accentuazione tipica del tango. È difficile im-
del mito di «La balsa», la canzone interpretata da Los Gatos che, secondola maginare che Astor condividesse davveroil sermoneferreriano, che nel di-
leggenda, sarebbe nata nel bagno del La Perla, un locale del quartiere Once) sco precede nie ntemenoche «Bala da para unloco». Unsimile sproJoquio di
stentava a mascherare scelte calcolate senz’altro in precedenza. circostanza esa sperava quela che sembrava &sere s empre stata Wa costan-
Nel maggio del 1969 scoppiòil cosiddetto «Cordobazo», un movimento te del bandoneonista: il totale disinteresse peril testo, la scarsa importanza
di protesta di portata epocale, che divampò a Cérdoba,unadellecittà più attribuita alla parola cantata.
industrializzate del paese. L’onda espansiva di quella sollevazione si esaurì

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dall’epico 3+3+2 ormaiinscindibile dallo stile di Piazzolla, convogliavanoil
tema a un assolo di bandoneon e a un finale «barocco»e festoso, con un’a-
ria da colonna sonora. «Primavera portefia»inizia con un classico fugato,
pur con un uso copiosodiespedienti percussivi, Il passaggio omofonico di
rigore comporta un rallentando che confluisce in un temalirico, sviluppato
prima dal bandoneone poidal violino, con commentidella chitarraelettri-
ca. Il nuovoingresso del fugato, con una specie di zafada (un’improvvisa-
zione,nel gergo dell’epoca) della chitarra elettrica e un’interpretazionelet-
teralmente furiosa del gruppo, spiegail fascino che all’epoca questo disco
esercitò su molti musicisti rock — e su buonaparte del pubblico. Peraltro,
quel tono quasi esasperato lo ritroviamo in «Revolucionario», un brano
che, al di là di una primasezioneche ripete coninsistenza lo schemavincen-
te del walking bass e dei controtempidel resto del gruppo, racchiude una no-
vità assoluta per Piazzolla: una sorta di improvvisazione a due, con un bot-
ta e risposta tra il bandoneon il piano che non si attiene a nessunatonalità.
Il finale, poi, sarà quello di rito: uno straordinario assolo di violino e un’en-
trata collettiva di grande effetto.
«“Posso morire in pace”. È ciò che mi son detto quandohosentito il mio
Quintetoin questaregistrazione dal vivo», scriveva Piazzolla sul retro di co-
pertina, per poi parlare anche del nervosismochesi respirava negli studidi
Per far ritornare Piazzolla alla casa discografica, la RCA non puntò su Sie registrazione: «Non abbiamo mairegistrato un branoal primo colpo,in cer-
quantopiuttosto sul Quinteto, con un disco che tradusse in realtà un'idea ti casi ci volevano oree ore perincidere un solotitolo», scriveva e, dopo aver
ambiziosa:si trattava della prima registrazione dal vivo mai fatta in Argen- nominato i cinque musicisti e aver dichiarato che non c’era «quasi» nessun
tina. Inciso al Teatro Reginail 19 maggio, presentavaperla prima volta tut- errore,* concludeva: «Non abbiamo maisuonato con questo “calore”, che
te le Cuatro estaciones portefias, compresi i due pezzi più recenti: «Inviern
o solo il pubblico checi ascolta e ci segue è in gradodidare[...] Sarà molto dif-
brani crano l’ormai classico ficile riuscire a fare la stessa cosa in uno studio». «Concierto para Quinteto»
portefio» e «Primavera portefia». Gli altri
“Buenos Aires hora cero», «Retrato de Alfredo Gobbi» e «Revolucionari
o» fu registratoil 3 dicembredi quell’annoe uscì nel 1971. Nelle note di coper-
- gli ultimi dueregistrati in studio e usciti in un singolo della Polydor uru- tina dell’album omonimoil bandoneonista riprendeva la parola,e iltono da
guaiana nel 1967 — oltre a «Kicho», un brano che ricalcava lo schema for- estrema unzione era lampante.
male di «Contrabajeando» - composto con Antbal Troilo nel 195S1-€ del
«Concierto para Quinteto» è stato composto appositamente come omaggio a
successivo «Contrabajisimo»: un accordo eseguito da tutto il Quinteto, con questi magnifici amici ed eccellenti musicisti, che mi hanno accompagnato ne-
una lunga cadenzadel contrabbasso e poi una sezione più veloce, nella qua- gli ultimi dieci anni. Credo, in tutta onestà, che se nonesistesseroi bravi inter-
le quest’ultimo strumento sviluppava la melodia, accompagnato dal resto preti la buona musica non potrebbeesistere. Esempio: un valzer di Chopin in-
del gruppo. I tre brani, sia detto per inciso, erano dedicati tutti allo stesso terpretato da Rubinstein è divino; lo stesso valzer eseguito da una nostra zia po-
al
strumentista, Kicho Dfaz. «Invierno porteio», con Agrialla viola anziché trebbe essere un inferno. La mia musica e i miei arrangiamenti possonoessere
violino, era basato, comei primidue branidelciclo, sull’opposizione dei due più o meno buoni, mavi assicuro che senza l’apporto del pianoforte di Osval-
temi, quello lirico e quello energico (che a loro volta rimandavano come
do Manzi, del violino di Antonio Agri, del contrabbasso di Kicho Dîaz e della

semprea quelli di «Adiés Nonino»), sebbene l'ordine fosse invertito e all’i-


-
nizio figurasse la sezione «melancolica». Una piccola cadenzadel pianofor * Malvicino racconta che Piazzolla, in privato, non elogiava maii suoi musicisti dopo un con-
te e il notevole assolo di Agri, che sfociava nell’ent rata collettiv a precedu ta certo o una registrazione, e trovava sempre qualche errore da segnalare.
,
[ 324 ] [325]
chitarra di Cacho Tirao sarebbero un disastro. Questo è l’omaggio del mio
«Concierto» a questi quattro virtuosi della musica di Buenos Aires, a questi ul-
timidieci annidi dura lotta, di incomprensionie attacchi.

Poicitava gli altri musicisti che lo avevano accompagnato e concludeva:


«Ungrazie tutti loro per essere stati miei amici e per aver reso la mia musi-
ca migliore». Il tono sentimentale del commiatoinsinuava l’ennesimo equi-
voco: quegli artisti avevano fatto qualcosa di ben più grande che abbellire
semplicemente untipo di scrittura o colorire una scaletta prefissata. Erano
stati le parti indivisibili di un tutto, che non avrebbe mai più suonato allo
stesso modo.
In queldisco, inoltre, non c'erano nuovi materiali, a parteil brano dacui
prendevail titolo, che elevava a un ulteriorelivello di perfezione le vecchie
formule e che, in appena nove minuti, mostrava un virtuosismo d’insieme
stupefacente. Il lato A dell’lp si chiudeva con le due stagioni bonaerensi più
recenti, «Invierno» e «Primavera», questa volta registrate in studio. Il lato B
racchiudeva invece sei braniclassici («La casita de mis viejos», «Mirefu-
gio», «Loca bohemia», «Flores negras», «En las sombras» e «Margarita
Gauthier») eseguiti in un giorno,il 22 dicembre, solo da Piazzolla, oltre a
«Recuerdos de bohemia», interpretato da un quartetto di bandoneon, com-
posto da lui, Leopoldo Federico, Antonio Rfos e Rodolfo Mederos. Nel n . o . .
Se c è una musica che caratterizza il passaggio tra gli anni Sessantae i Set-
1970, Piazzolla incise anche un paio di duetti con Anfbal Troilo, «Volver», tanta è il rock. Una parola che, in quel frangente,
era menospecifica rispet-
«El motivo»e un altro brano, che non comparenel disco," in cui la visione to agli albori del genere, quando era usata come
Dbreviazi e di rock'n’
retrospettiva del passato che denota il contenuto, la «Milongatriste» di roll, e rispetto al periodo successivo, quandosi sa
rebbe secon al po
Troilo e Manziche all’epoca di Nuestro tiempo aveva ritenuto non avesse indicare, oltre a un insieme di musiche legate da u ca PAREREs
ittia.
granchédaoffrire, si combinava con la tecnologia del presente. Neltentati- brica e ritmica, una certa gestualità e una presad
i posizioneestetica, alme-
vo di imitare i musicisti rock e pop — un anno prima Paul McCartney aveva no apparente, connessa all’idea di rotturae alrifi
uto del gusto DIA In
inciso il suo primodisco dasolista, suonandodasolo tutti gli strumenti — in realtà
cali , quell
Ji’opposizione tra music he e più
usich più o menq viscer
Î alii- — pi più
questa versione della milonga cantata da De Rosasnel 1962,che allora pre- tistiche, si direbbe sulla base di teorie estranee al rock = è seRip ie ERPpre--
sentava ornamenti bachiani (e non contemplavail bandoneon), per la prima sente all’interno del genere, ma non è mai stata del tutto chiara. La stessa
volta Piazzolla duettava con se stesso. Astore il suo doppio. parola pop negli Stati Uniti ha—0 può avere— unsenso diverso da quello che
ad esempio assume a Buenos Aires. Per il mercato statunitense Frank Sina-
tra è un cantante pop;allo stesso modo,sis Armstrong o
: uol dire che Loui ;
Sarah
ara) Vaughan,
Bota: a un certo: puntodella loro S smessoi pan-
carriera, abbiano
ni dei musicisti jazz per diventare SAfiti pop». Per AE
gnifica semplicemente popolare in termini commercial
i. Così come la Dop
art lavora con i materiali della cultura'di massa, la music
a popè quella vei-
colata dai canali dell’industria dello spettacolo. Il confin
e, beninteso, non è
netto nemmenoin questo caso. Un musicaldi Gershwin,i
concerti della Los
Angeles Philharmonic destinati alle colonne sonore deifi
lm — o, prima an-
#
{ 326]

dh
[ 327]
cora, la famosa Boston Pops Orchestra diretta da Arthur Fiedler — e, ovvia- res e che ricostituì a Parigi nel 1977. Il legameconil rock, o perlomeno con
mente, gran parte della musica che conil passare del temposiè via via tra- certi suoi elementistilistici, in realtà era iniziato prima. A tratti esasperato,
sformata in un prodotto diverso, molto più congeniale all’ascolto astratto, caratterizzato dalla mancata comprensionedi alcuni aspetti e dall’idealizza-
dopo aver cambiato funzione (chi ballerebbe oggi Elvis Presley o Frankie zionedialtri, aveva preso il via con Maria de BuenosAires ed era stato pre-
Valli?), condividonogli attributi del pope diciò che gli anglosassonidefini- sente, benché spesso in modovelato,in tutti i progetti di quel periodo — com-
scono «art music». La cosa certa è che nell’orizzonte estetico che iniziò a preso l’apparenteritornoalle fonti «pure» che rappresentò la brevericosti-
plasmarsi negli anni Sessantaa partire dal rhythm’n’blues — e poi dal blues tuzione del Quinteto — nei quali avevano fatto la lord comparsa,oltre alle
stesso — e dalle folgorazionireciproche, misteall’esigenza di distinguersi, tra «durate» del rock (gli oltre otto minuti di «Adi6s Nonino»o di «Concierto
Stati Uniti e Inghilterra, affiorarono musiche pensate dae per il mercato, an- para Quinteto»), gli ostinati, le improvvisazioni e soprattutto certe sequen-
che se in un secondo momentofuronocollocate altrove a causa dei cambia- ze di assolo, molto più affini a quelle delle performance dal vivo dei gruppi
menti nelle modalità di diffusione e nel gusto, e musiche che, quantomeno rock che al vecchio schemadel cool jazz cui aveva attinto sia l’Octeto Bue-
nelle intenzioni, cercavano di essere espressione di sentimenti unici e in- nos Airessia il Quinteto Nuevo Tango.
confondibili, avvicinandosi più alla concezione dell’arte forgiata dal Ro- In genere, l’esordio del «rock nazionale» viene ricondotto al singolo dei
manticismo che alle leggi del mercato. La distinzione tra musica commer- Beatniks del 1967, nel quale figuravano due branicantati in spagnolo («Re-
ciale e impegnata, compiacentee progressiva 0, al limite, d’intrattenimento belde» e «Nofinjas màs»). In realtà, fu il 1969 a segnareil veroinizio del
e artistica, al di là del fatto che tra l’una e l’altra potessero esserci svariati rock argentino, inteso come movimento musicale ampio, permeabilealle in-
punti di contatto, investì gran parte del dibattito di quegli annisulle musi- fluenze e impegnatoartisticamente. I diversi complessi che in seguito all’af-
che di tradizione popolare. E l’insieme di musicheclassificate come «rock» fermazione internazionale dei Beatles componevanocanzonisulla scorta dei
- o al limite come «pop rock» — si appropriò,oltre che del suono dell’epo- gruppi commerciali dell’epoca — disolito in inglese e, nel caso dei Los Gatos,
ca, di una parte considerevole del mercato. Ben presto, determinatistru- in spagnolo — non avevanonientea che vedere con il nuovospirito che emer-
menti — chitarre e tastiere elettriche, la batteria, ecc. — certi modidi cantare geva conchiarezza neidischi degli Almendrae, su un versantestilistico dia-
e una particolare enfasi nel beat — cioè nell’accentuazione — sconfinarono metralmente opposto, in quelli dei Manal. La stessa conversione dei Los Ga-
verso altri generi e finirono per trasformarsi in una sorta di lingua franca tos, che tra Seremos amigos del 1969 e Beat No. 1 del 1970 cambianoradi-
che oltrepassò le frontiere stilistiche e geografiche. Qualunque adolescente calmentestile — e composizione del gruppo, con l’ingresso di Pappoalla chi-
che impugnassela chitarra in qualsiasi parte del mondoe iniziasse a mette- tarra — indica chiaramente il momentoincui bisogna collocarele origini. Tra
re in musica dei versi — o, come spesso accadeva, a comporre versi su una quell’annoe il successivo ebbero luogoi primifestival, più o menodi massa,
melodia improvvisata — lo faceva attingendo a un linguaggio comunecrea- dedicati al genere musicale del momento, comeil «Rexina de la primavera»,
to dal rock e dalle sue diramazioni passate — country, folk, musica tradizio- organizzato dalla rivista Pin Up nell’anfiteatro accanto alla Facoltà di Giu-
nale degli Appalachi, blues, rock’n’roll- 0 future — le forme chefinirono per risprudenza,tra le macerie che, nel pieno delle opere di ampliamento di Ave-
essere considerate «sinfoniche» e che traevano origine dallo sperimentali- nida 9 de Julio, occupavano l'angolo delfuturo viale all’incrocio con Calle
smodeiBeatles a partire dal biennio 1965-66 e dalla musica psichedelica di Santa Fe, e la prima edizione di «BaRock», chesi tenne nel velodromodel
Londra e San Francisco dal 1967 in poi. Una musica che a Buenos Aires, per quartiere Palermo. In entrambii casi non si badavapiù di tanto alla «purez-
molto tempo, verrà chiamata «beat». za», dal momentochevi si potevano alternare gruppi come i Conexién No.
Astor Piazzolla aveva parlato del beate del ricorso alla batteria a propo- 5 oiLosIn— che cantavanoin inglese — La Barra de Chocolate — il gruppo di
sito della strumentazionee dello stile di Maria de Buenos Aires. Tracce di Pajarito Zaguri — gli Almendra e i Manal. Tali eventi, però, così comele pri-
questo elementosi possonorinvenire nelle canzoni «pop» del ’69, oltre a ri- meriviste specializzate, Pin Up e poi Cronopios, La Bella Gente, e più tardi
comparire nel lavoro del Conjunto 9 del 1972. In generesi parla di influen- Pelo, attestavano un crescente protagonismodel genere all’interno del mer-
ze rock e jazz rock nella sua musica quandocisiriferisce all’Octeto Electré- cato. O, quantomeno,la determinazione di alcuni produttori, che vi vede-
nico (chiamato così per spiegare un diverso voltaggio in termini quantitati- vano un'opportunità commerciale ancora inesplorata e miravanoa inserire
vi, trasformato in qualità timbrica) che creò alla fine del 1975 a Buenos Ai- il pop rock più impegnato nella mappaculturale di BuenosAires. I risultati,
i
[ 328] [329]
forse, non furonoparialle aspettative. In quegli anniil rock era molto ben- Litto Nebbia, avevano ottenuto una buona imitazione dei Traffic con
visto e il suo pubblico non era certo formato dai giovaniuniversitari del ce- «Cuando un hombre sélo ama a una mujer», per poi trasformarsi in una co-
to medio che l’editore Jorge Alvarez e il produttore Ricardo Alejandro pia dei Led Zeppelin (il riff della chitarra in «La calle principal» è lo stesso
Kleinman pensavanodi coinvolgere sulla scia di quanto era successo in In- di «Heartbreaker»). O come i Jarabe de Menta, anche loro in bilico tra
ghilterra o negli Stati Uniti. Il primo, che aveva pubblicatoi libri nonfiction quantodi lì a poco sarebbe stato considerato «compiacente», incarnato dal
di Rodolfo Walsh —- Operazione massacro e Quién maté a Rosendo — e pro- brano «Juan Goma», e il più progressivo «Tristezas de un flaco» — cheini-
muovevala rivalutazione del noir con unacollana diretta da RicardoPiglia, ziava con la frase «Yo me voya suicidar | con una copa Éle tango» | «Io misui-
ampliò i propri orizzonti con un’etichetta discografica chiamata Mandioca. ciderò / bevendo tango»] — 0, ancora, i La Joven Guardia, paradigma del
Per quel marchio, che comesottotitolo riportava la didascalia «La madredei beatnaîf con «El extrafio del pelo largo», che si convertirono al nuovocre-
giovani», uscì il primo disco dei Manal, di Miguel Abuelo, di Moris - uno do progressivo — benchéin una variante più politicizzata —- con «Los corde-
dei grandi fondatori del pop in lingua spagnola, con brani come «Ayer ros engafiados». Jorge Andrés, in un articolo apparso su Andlisis il 30 mar-
nomàs», inciso dai Los Gatos — dei Vox Dei, degli Alma y Vida, e anchedei zo del 1971 in cuiintervistava gli Arco Iris e gli Alma y Vida, raccontava che
protagonisti della ristretta scena psichedelica argentina, come la modella e «in menodisei mesi, una trentina di gruppi del tutto sconosciuti hanno ot-
attrice Cristina Plate, spesso ricordata per gli spettacoliall’Instituto Di Tel- tenuto un contratto esclusivo con qualche marchioo casa discografica indi-
la. Kleinman,invece, gestiva un programmaradiofonico sponsorizzato dal- pendente». Poicitavail talent-scout di un’etichetta secondoil quale «nella
la griffe di abbigliamento maschile di cui era proprietario insieme ad altri, capitale c'è almeno un gruppoper ogniisolato» e dichiarava: «Dopo due an-
che si intitolava Modart en la noche e nel quale gran parte della musica ni di usi impropri, l’espressione musica beat adesso arriva a comprendere
«commerciale» dell’epoca — Robin Gibb, uno dei componenti del gruppo qualsiasi tipo di complesso, purché i suoi componenti siano giovanie a pre-
australiano Bee Gees, diventato solista con «Saved by the Bell», Gary scindere dal fatto che portino avanti una rigorosa ricerca undergroundo si
Puckett & The Union Gap con «Woman, Woman», Bill Deal & the Rhon- dianoalle scempiagginipiù interessate».
dels («I've Been Hurt») o The Shocking Blue con «Venus» — conviveva con Piazzolla affrontò la crisi del Quinteto,il fallimento — più artistico che
le novità dei Jethro Tull, dei Led Zeppelin o dei Traffic, ancora inedite in Ar- commerciale, per quanto in generesi sostengail contrario — di Maria de Bue-
gentina. Fu lui a portare gli Almendra alla RcA e a produrre le prime regi- nos Aires e il successo — più commerciale cheartistico — di «Balada para un
strazionidegli ArcoIris, oltre a cercare di introdurre un nuovotipo di musi- loco», nel bel mezzo di questa crescente espansione. Se le riviste che aveva-
ca nel mercato giovanile. Fino a quel momento, la musica in spagnolo era no sempreintervistato Piazzolla un tempogli chiedevanola sua opinioneri-
semprestata considerata «mersa» (un neologismodell’epoca, che indicavai guardoal tango, alla sua presunta morte e alla spiccata resistenza dei suoi
consumideiceti bassi e medio-bassi e che si potrebbe tradurre con «dozzi- cultori, adesso era subentrato un nuovo argomento: «la musica beat». Piaz-
nale»), mentre i gruppi che cantavanoin inglese erano «raffinati». In effetti, zolla all’inizio la nega, non viritrova nessun tratto interessantea livello mu-
quei cantanti — che oltretutto avevano una discreta pronuncia — erano stu- sicale. Non coglie neppure la portata dello sperimentalismo formale e tim-
denti delle scuole private inglesi, comei fratelli Green, della Belgrano Day brico dei Beatles: gli sembrano soltanto canzonette da adolescenti, magari
School, che formaronoi Los In, o comunquegiovanidalle finanze sufficien- un gradinopiùin alto rispetto a Palito Ortega e a F/ Club del Clan, ma nien-
ti a poter comprare strumenti e apparecchiature. In tale contesto, la com- te di più. A poco a poco,soprattutto grazie all’ascendente che eserciteranno
parsa degli Almendra e dei Manaltra il 1969 e il 1970, così comel’uscita di su dilui i gruppiin cuiil virtuosismo strumentale degli interpreti ha un ruo-
un'infinità di singoli che spaziavano dal beat giovanile a quello che poco do- lo di primo piano — offrendo peraltro una prova tangibile di quel «sapere
po iniziò a essere chiamato «rock progressivo», determinarono una profon- musicale» che tanto lo ossessiona — il rock inizierà a essere, oltre che unrife-
da trasformazione delle sonorità bonaerensi. Persino i nascenti programmi rimento, un universo da sedurre e conil quale interagire. In ogni caso, per
televisivi destinati ai giovani, come Sétaro beat e Alta tensibn, nei quali Piazzolla non è secondaria l’ammirazionechegli dimostranoi musicisti rock
comparivano adolescenti che ballavano — e imponevanoi passi «alla moda» e nemmenoil fatto di rappresentare, per loro, la speranza in una sorta di
- e che cantavanoin playback i successi del momento, ospitavano gli Al- «modernità nazionale» e una via d’uscita per rimanerein sintonia coi tem-
mendra e gruppi come i Mentales, che all’inizio, grazie alla produzione di pi, pur senza abbandonarele proprie radici culturali.'? Il rock fa il suo in-
7

[ 330] [331]
gresso nella vita di Piazzolla quandol’insurrezione beat del 1969 si consoli- frasavail Bolero di Ravel proprio @Me avevanofatto i King Crimson con
da. È la musica stessa a dimostrarlo: la crescente durata dei brani, la strut- In the Wake of Poseidon, ma senzail mellotron. Nell’assetto formale del
tura delle sezioni giustapposte che collauderà conil Nonetoe,non ultimo,il nuovobeat trovava soprattutto unoSPUnto percerti giri melodici, piùvici.
modoin cui nei concerti dal vivo «Adiés Nonino»finirà per diventare il ni alla ballata cheal tango,per succesioni di lunghi assolo che, sebbene non
«brano di punta» del complesso, con una successione di assolo che conil lo fossero, sembravano più improvysati che mai, così comeperil ricorso
nuovo gruppoelettronico saranno improvvisati. E basta confrontarele foto agli ostinati. Senza contare l’autoriZazioneesplicita a inoltrarsi nel mare
di Piazzolla e dei musicisti contenute nella versione discografica di Maria de delle forme più estese che dominava©0n unacerta sicurezza: la suite e a ra-
Buenos Aires, in cui appaionoin giaccae cravatta, 0 quelle di Concierto pa- psodia.Il rock progressivo che avevaiNiziato a circolare a BuenosAires tra
ra Quinteto del 1970, dove hanno sempre la cravatta, ma vestono più ca- il 1970el 1971 si basavapiù sulla gà'Stapposizionedi sezionichesugli svi-
sual, con l’immagine del primo disco del Conjunto 9, Mzsica popular con- luppi tematici. Era frequente che un H'an0cheduravapiùdi dieci minuti ini-
tempordnea de la ciudad de Buenos Aires Vol. 1, dove ostentano una barba ziasse in un modo,continuasse in unaltroe si concludesse in unaltro anco-
incolta e la dolcevita. Piazzolla mette da parte la vecchia uniformedegliesi- ra. I pezzi composti peril Conjunto 9 — nemmeno la parola conjunto, con cui
stenzialisti e dei jazzofili del Jamaica e del 676, quella delle giacche nere e all’epoca si designavanoi gruppi rock, era casuale — mostravano esattamen-
delle cravattesottili, per avvicinarsi a unostile più in linea con quello chela te queste caratteristiche, e quelli più vecchi che venivano aggiunti al reper-
stampadiallora identificava con un look «hippie», I jeans sono l’indumen- torio, come «Adiòs Nonino», si adattavanoa quella modalità grazie
a nuo-
to per antonomasia,e la pubblicità della Lee del 1973 avrà la musica degli vi arrangiamenti.
ArcoIris — con la canzone «Sudamérica», che parla di qualcosa che «sta na-
scendo» — e con le immaginidelle rovine inca di Machu Picchu.In ogni caso
— e questoè il dato saliente — Piazzolla si discosta dalla modernità del «nuo-
vo tango»che veniva associato al nomedel Quinteto per rivendicare quella
della «musica popolare contemporaneadella città di Buenos Aires», che ap-
pareneltitolo di entrambii dischi del Conjunto 9. Sembra stanco delle po-
lemiche con i vecchi cantantie direttori d’orchestra senza lavoro; si mostra
più inclinea inserirsi in posti — e dibattiti — diversi. Nona caso, per la prima
volta accantonerà la parola tango nel parlare della propria musica.
Ad ogni modo,si direbbe chesia stato il rock a scegliere lui piuttosto che
il contrario. Prima del processo di rockizzazione, che da qualche tempo ave-
vainiziatoa farsi notare più nella formache nella timbrica dei brani del No-
neto, Piazzolla era già un punto di riferimento per alcuni di coloro che
avrebbero sviluppatoil filone miglioreall’interno di quello che sarebbesta-
to poi definito rock nazionale. Comesiè già detto, i componenti degli Al-
mendra accorsero comediscepoli ad ascoltare Maria de Buenos Aires. La
parte recitata di «Figuraciòn», la struttura di «A estos hombres tristes» e
perfino un certo immaginario deitesti di Spinetta è probabile che siano de-
bitori tanto di Piazzolla e Ferrer quanto degli Who e dei Procol Harum, che
insiemeai Beatles rappresentanoi riferimenti musicaliindiscussi dell’epoca.
Anchegli Arco Iris, in un passaggio di «QuieroHegar», il brano che apriva
il loro primodisco,si rifanno chiaramentea Piazzolla. Il bandoneonista, dal
canto suo, con il nuovo gruppo riprendevaa usare la batteria e, oltretutto,
presentava un branointitolato «Oda para unhippie», del 1970, in cui para-

[ 332] [333]

di
cién Masacre, tratto dal libro omonimo di Walsh sulle fucilazioni nella città
di José Le6n Suàrez all’epoca della Revolucién Libertadora, presentava un
film sul generale San Martin, Por los senderos del Libertador, finanziato dal-
l’Istituto di Storia Militare Argentina e, ovviamente, dal Banco Ciudad,e ba-
sato sulla sceneggiatura di Miguel Briante e Juan Gelman.’° Ad Alberto, nel
frattempo, veniva commissionatoil mura! di Plaza Roberto Arlt, tra Calle
Libertad e Rivadavia. E fu proprio Montero Ruiz a decidere che Piazzolla sa-
rebbe stato alle dipendenze della giunta municipale per due anni.
Il Noneto, ben più che in altre occasioni in cui Piazzolla aveva lavorato
con formazioniallargate, era un’estensione del Quinteto. La sua reincarna-
zione nell’economiadell’abbondanza. Il Conjunto 9, infatti, non faceva che
integrare il classico quartetto d’archi con un secondoviolino (Hugo Bara-
lis), una viola (Néstor Panik) e un violoncello (José Bragato) — il contrab-
basso svolgeva un ruolo diverso — oltre ad aggiungervila batteria (José Cor-
riale, che aveva già suonato in Maria de Buenos Aires). Sebbene la musica di
questo gruppo possa essere considerata una delle più belle ottenute da Piaz-
zolla, con gli strumenti a corda che eseguono passaggi memorabili, ad esem-
pio in brani come «Tristezas de un Doble A» 0 «Vardarito», il bandoneoni-
sta non cambiail suo mododi comporrené approfitta dei potenziali svilup-
L’origine del Conjunto 9 va ricondotta in larga misura a un contratto stipu- pi offerti dal maggior numerodi strumenti. Gli archi, eccettoil violino (i di-
visi tra Agri e Baralis in «Vardarito» sono meravigliosi) e qualche tema spo-
lato con la municipalità di Buenos Aires, che prevedeva un certo numerodi
radico assegnatoal violoncello, procedonoin blocco. Il lavoro di Piazzolla è
spettacolineiteatridella città, in particolare al San Martin e al centro cultu-
più da «arrangiatore»che distribuisce le voci per una nuova strumentazio-
rale annesso,e in alcunesale della provincia.amministrazione municipale,
ne che da compositore. Difatto, non scrive per il Noneto, comeinvece ave-
inoltre, creò le condizioni per unaserie di spettacoli a Roma. Fino al 1966 la
vano fatto alcuni musicisti jazz da lui ammirati, a cominciare da Gil Evans e
città di Buenos Aires, in quantocapitale dell'Argentina, era stata territorio
federale e dipendeva dal governo nazionale, che nominava direttamente il Quincy Jones, che sfruttavano ognipossibilità timbrica o di densità offerta
sindaco, senza elezioni. Le dittature militari avevano mantenuto questa da qualsiasi assetto strumentale,”" ma per un Quinteto allargato. Oltretutto,
si accentua l'inclinazione a unacerta pigrizia compositivae alriciclo diinte-
prassi. Nell’ultima fase della dittatura di Alejandro Agustîn Lanusse, che dal
re sezioni, comel’introduzioneutilizzata nelle versioni dal vivo di «Adiés
1966 detenevaillegalmentela carica di presidente,il prescelto non fu un mi-
Nonino»(il gruppo nonla registrò in studio) che farà parte sia di «Vardari-
litare, ma un civile, Saturnino Montero Ruiz. Governatore del Banco Ciudad
to» che del preambolo di «Los pàjaros perdidos», con il testo di Mario
- che ritornerà a dirigere duranteil mandato di Carlos Grosso,trala fine de-
Trejo. In tal senso, è interessante osservarele differenze e le analogie tra la
gli anni Ottantae l’inizio degli anni Novanta,sotto la presidenza di Carlos
musica del Noneto e quella successiva, che appartiene al periodo italiano:
Menem - MonteroRuizsi è candidato nel 2001 comesenatoreconunalista
l'era Libertango, che inaugurerà unatraiettoria europea più o menoregola-
menemista, ma è morto qualche giorno primadelleelezioni,all’età di ottan-
re e darà luogo dischi, incisi a Milano distribuiti quasi in tutto il mondo,
tacinque anni. Ad ogni modo, è da notareil suo interesse per la cultura o,
conosciuti da un pubblico sempre maggiore.Il classicismo degli strumentia
quantomeno,per alcuni esponentiin particolare. Ad esempio suo genero, il
corda del Conjunto 9 sembra agli antipodi rispetto al basso elettrico o al-
regista Jorge «El Tigre» Cedrén,così comei suoifratelli, il pittore Alberto e
l'organo Hammonddeigruppiconcuilavorerà in Italia. Eppure,oltre aile-
il musicista Juan, soprannominato «Fl Tata», che durante gli anni del suo
gamiformali segnalati in precedenza, è impossibile non vedere le due cose
mandato — tra il 1971 e il 1973 — attraversarono un momento di grande pro-
come parti di un unico processo: la fine del Quinteto. Come sempre, per
sperità. Jorge Cedrén, per esempio,nello stesso periodoin cui girava Opera-
+

[ 334] [ 335]
Piazzolla questo passaggio sarà contraddittorio e segnato da continuitira e Notedella settima parte
molla. In quegli anni arriverà a sostenere cheil Quintetofosse in realtà il suo
1. Si tratta del primo album pubblicato con questotitolo dall’etichetta Trova e
gruppo più amato, macheil pubblico chiedeva qualcosa di diverso. In certe non delle ny-
merose antologiee dei dischi dal vivo che in sgguito hannousatolostesso nome per sfruttare il
occasioni, per determinate esibizioni in Europa o per qualche ritorno mira- successo di «Adiés Nonino». Comeesempiodi tali politiche discografiche, potrebbe bastare Ja
to a Buenos Aires, avrebbe riformatoil gruppo, e la chitarra, comeagli esor- raccolta della Columbia(poi Sony), intitolataappunto Adiés Norino. Siccome l'etichetta, che
nonsi era ancora fusa con la BMG, non possedevai diritti di nessuna versionedel pezzo, nein-
di, sarebbe tornata a Horacio Malvicino. Ma, fra le altre cose, sarebbe stata
serì una eseguita dall’orchestra di Leopoldo Federico. Fortunatamgnte questa edizione è fuori
la prima volta in cui Piazzolla non si sarebbeesibito in pubblico con gli stes-
catalogo, main circolazione vi sono ancoradiversi Adios Nonino che noncorrispondono arac-
si gruppi concuiincidevain studio. Per i dischi c'eranoi turnisti «di profes- colte,e sui quali è opportunofare qualche precisazione. Dietro al primo, comesi è già detto, si
sione» e sembravanoncifosse più spazio per i gruppi composti da musicisti cela Lo que vendrd, registrato a Montevideo nel 1957, al quale sono stati aggiunti i pezzi stry-
mentali incisi dal Quinteto in quella città nel 1961 (tra i quali «Adiés Nonino», con Piazzolla,
che erano compagnidi scorribande e insiemealleati di una crociata perso- Vardaro, Lopez Ruiz, Gosis e Diaz) e alcune registrazioni francesi del 1955. Il secondo, pub-
nale, combinazione che aveva caratterizzato la sua esperienza fino a quel blicato dalla Warner/Milan Sur, è una registrazione dal vivo realizzata a Lugano nel 1983, con
momento. La crociata e chi ancora ci credeva erano diventati ai suoi occhi il Quinteto formato dal bandoneonista e Suarez Paz, Ziegler, L6pez Ruiz e Console,
2. Il gruppo, che non halasciato registrazioni, vedeva alla batteria Pocho Lapouble,alla chi-
estremamente antiquati e fuori moda. La preoccupazionedi Piazzolla era —
tarra Rodolfo Alchourrone al pianoforte Osvaldo Manzi e poi Gustavo Kerestezachi, Gli altri
continuavaa essere — rimanere al passo coi tempi. erano gli immancabili Agri e Diaz.
Il ?73 dovevaessereil secondo anno del Noneto, mail finanziamento pro- 3. Piazzolla non ha maispiegatoil motivo di quel «70» premonitoreneltitolo del pezzo.
messo dalla municipalità venne sospeso dalla nuova amministrazione.Il pat- 4. Il complesso, formato da Eric Claptonalla chitarra elettrica, Jack Bruce al bassoelettrico e
Ginger Bakeralla batteria, aveva inciso il doppio album Wheels of Fire, il secondo disco del
to tracivili e militari che il dittatore Alejandro Agustîn Lanusse aveva ideato quale erastato in parte registrato dal vivo al Fillmore di San Francisco e aveva rivoluzionato le
con il nomedi GAN (Gran Acuerdo Nacional) andòin frantumiper operadel leggi del mercato pop rock, grazie alle improvvisazioni prolungate che si potevano trovare in
peronismo,chealle elezionidell’rt marzo dello stesso anno ottenne al primo “Sposaice che durava AE: a eine», di 7°,ein «Toad», di 16'15”. Lo stessotipo di
materiali ricompariranno in Goodbye Cream (1969), anch’e i i n
turno il 49,5%dei voti, grazie a una formula caldeggiata da Perén, ancora dei concerti di Jimi Hendrix come Rondef soi LOTO. © O
proscritto, e appoggiata da Héctor CAmporae Vicente Solano Lima. L’op- 5. Neppure Tango Ballet, registrato dall’Octetoricostituito nel 1964, venne mai messoin sce-
posizione rinunciò al ballottaggio e l’amministrazione di Buenos Aires passò na. Piazzolla, a quanto pare, componevaqueste opere conla speranza che un coreografole al-
lestisse, senza un vero e proprio accordo prestabilito.
da Montero Ruiz a Leopoldo Frenkel. D’altro canto, la breve durata del suo 6. Questodisco, oltretutto, era l’unico autentico, il solo a possedere quello che sarebbe diven-
mandato — a malapena due mesi — e di quello del suo successore, Juan Debe- tato il bene più apprezzato sul mercato, il titolo Adiés Noriro, dall'alto potenziale commer-
nedetti, che rimase in carica venti giorni, denota quanto fosse burrascosoil ciale, di cui cercarono di appropriarsi decinedi raccolteillegittime e dischi pirata.
7.Il particolare è riportato da Marfa Susana Azzie SimonCollier in Le Grand Tango. The Life
frangentein cui si trovava il comunedi BuenosAires. Alla fine, José Embrio- and Music ofAstor Piazzolla, Oxford University Press, New York 2000. Ma può anche darsi
ni, un generale in pensione nominato dal presidente ad interim Radl Lastiri chevi abbianoinfluito le musiche composte da Nino Rotaperi film di Fellini. In tal senso, i per-
il 30 agosto e poi confermato da Perén,riuscì a rimanerein caricafino al gol- sonaggichesfilano nel delirio del pazzo della ballata non sonopoicosì lontani dal carosello fi-
nale di 8%.
pe del marzo del 1976. A prescindere dal nepotismo, Saturnino Montero
8. Asociaciòn Psicoanalitica Argentina.
Ruiz, pur spinto dall’influenza dei suoi familiari o dal proposito di favorirli, 9. Un certo Pedro Pérez arrivò a presentare un espostoufficiale, anche se non andò a buon fine,
aveva mostrato più affinità con uncertotipo di cultura che queltetro ex mi- e la notizia venne pubblicata da La Naciòn il 12 novembree da Clarin il 14.
litare, sotto la cui amministrazione maestri del calibro di Johann Sebastian 10. Horacio Ferrer, E/ libro del Tango. Arte popular de Buenos Aires, Antonio Tersol, Buenos
Aires 1980.
Bach iniziaronoa esseredefiniti «compagni» da Radio Municipal, probabil- tI. Extra, anno VI, n. 54 (gennaio 1970).
mente per un’errata interpretazione da parte degli speaker dell’abbreviazio- 12. Alberto Speratti, Con Piazzolla, Galerna, BuenosAires 1969.
ne «comp.», chein realtà si riferiva a «compositore». Giàall’inizio del 1973, 13. Ivi.
14. Il brano venneincluso neldisco di Amelita Baltar La bicicleta blanca (Columbia 1971), nel
pur avendoinciso il secondo volume di Mzisica popular contemporanea de quale Piazzolla figurava comedirettore musicale, oltre ad averscrittotutti i pezzi insiemea Fer-
la ciudad de Buenos Aires, Piazzolla riprese a suonare con il Quinteto. A rer. Nella Edicidn critica Sony-BMG del 2007 sono inclusi cinque braniincisi nel 1972 e usciti
quanto confessò sulle pagine della rivista Gente, era alle prese con un nuovo inizialmente su due singoli quell’anno e su un ep con quattro canzoni nel 1976.
15. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit.
bloccocreativo, «una specie di psicosi, di paura, di annullamento» .? 16, Succedeva ad esempio in «Yo en micasa y ella en el bar», una celebre canzone di Francis
E il 25 ottobrefu colto da infarto. Smith, interpretata dai Naufragose uscita nel 1968.
?

[336] [337]
1970, ripubblica-
17. Amelita Baltar, Amelita Baltar interpreta a Piazzolla y Ferrer, Columbia
tonellaPara nellasudderta Ediciòn critica, insieme aduetti regist rati comini-
balTroilo il rs luglio dello stesso anno, «El motivo» e «Volver». i i
A oil trasgressivo Billy Bondgli rese omaggio quandodefinì éperina» la proprivpe-
ra concettuale intitolata Tontos. . . i —
Secondo quanto affer-
20.1 prota ORSI gine IUfla «do dr dn) "in chiave militante.
destinare una
mano, l'ac FPAZUONEGRUPRMOGMuffic ARE REE il fm su San Martin permise di
la funestavi-
parte delle risorse di questo, compresii costumidi scena,al film che raccontava
ilazioni 6.
cpnda;dellefucilazipnidel1956... in cui venivanogy ddivisi i gruppi di strumenti a fiato o all’u-
so delle estensioni più gravi degli strumenti in Mj,; Ahead di Miles Davis e Gil Evans o in The
Quintessence di Quincy Jones. E a Grla Matari,yy disco dello stesso Quincy Jones che rasen-
ta il pop, dove i blocchi strumentalisi sciolgonogj continuo per cercare nuove combinazioni
timbriche.
22. Gente, 9 agosto 1973.
OTTAVA PARTE: 1974

(MiLANO-ROMA)
A

[ 338]
Nel novembre del 1973 il produttore Aldo Pagani, con il quale Piazzolla
aveva lavorato a Romainsieme al Conjunto9, si sentì dire da Amelita Bal-
tar: «Astorsta cercandoin tutti i modi di trovare un ingaggio all’estero». Po-
co dopo,in gennaio,il bandoneonista diceva sulle paginedella rivista Gex-
te: «Sono un nuovoPiazzolla. Posso garantirvi che questa è la tappa più im-
portante della mia carriera di compositore. Quello che mirattrista è il fatto
di non poter mettere in pratica le mie idee nel mio paese, perché gli argenti-
ni non sono ancora pronti per le creazioni audaci o spericolate. Perché me ne
vado? È evidente. Me ne vado perché a Buenos Aires non sonoche unodei
tantissimi disoccupati che riempiono le strade». A soli cinque mesidi di-
stanza tra un reportagee l’altro, e con un infarto di mezzo,il bandoneonista
diceva alla stessa rivista prima cheerain crisi e poi che quelloera il momen-
to più importantedella sua carriera. Per di più, nel riferirsi alla propria mu-
ica, ostentava un’audacia e una «spericolatezza» che non avrebbero trova-
o riscontro nelle incisioni immediatamente successive, oltre a sentirsivitti-
a di un’incomprensioneda parte del pubblico che, ovviamente, nonera ta-
. Coloro che avevano comprato con avidità «Balada para un loco» non
cercavanodicertoil linguaggio più intenso della sua musica strumentale.
è anche vero che quanti gremivano la Sala Leopoldo Lugones dove suo-
maya con il Conjunto 9 erano parecchi. E a loro, che in molti casi avevano

[ 341 ]
apprezzato pezzi come «Tango para una ciuda d»,
«Calambre», «Decarisi-
i
>] rensione
sare Pi ncomp
mo» o «Revolucionario», non si poteva certo addos
migliaia di disoccupati
della sua musica. Senza contarechetra Piazzolla e le
mente una distanza incolmabile.
che affollavano Buenos Aires c'era ovvia
Fatto,fip.che Paganinon ignorò quella richiesta di aiuto ea MO deli dit
avenne
gli per proporgli un accordo. Sa rebbesta, 1SUo;agente e:
guava:a
ro finmato,n contratto della durata di !"© anni] italiano el IRIpe
ura che
dargli la metà dei proventi ottenuti d] € venditeg i qualsiasi partit
e un appartamento a
venisse pubblicata, oltre a cinquecento dollari al mese
Roma,inn cambio di un iquindici per cento sul ricava to dei concerti europei
ta
b andoneonis andò a Roma. Nel corso
o PRESAA, lui per Piazzolla. Il
da una sonorità e da una serie di colla-
d AE Utsferta europea, segnata
Georges Moustaki o conregisti di sva-
borazioni più «internazionali», con
s sarebbe ricomparsoil vocabolo che a
riati film italiani e francesi minoritari
ualche tempo. Per quantoassociato
° al-
Buenos Aires aveva accantonato da q
voga — nel titolo del
la libertà — o alla liberazione, parola d’ordine tanto in
nato il termin e tango. Uno deitantiar-
suo primodiscoitaliano sarebbe ritor
quoti diano La Opini on documenta a
ticoli su Piazzolla usciti quell’anno sul
dovere la sua nuova carriera europea.
ni grande trionfo quello del ban joneon;sta argeNtino Astor Piazzolla e di sua Libertango uscì nel 1974 e rappresenta diverse cose al tempostesso. Innan-
mobi la cantante Amelita Balta, che si sonoesibiti davanti alle cineprese del-
zitutto, è stato il primo disco di Piazzolla davvero osteggiato dal pubblico
la elevisione francese mercoledì (cors;, 1 due sonostati gli ospiti d’onore del
argentino. Per gli ascoltatorilocali si trattava di un album commerciale. Al
S Chancel, unodei più fa-
programma Le Grand échiquier, prodotto da JacIUe punto che certi virtuosismi passaronodel tutto inosservati. «Adiés Nonino»
Partecipo avano ancheil
mosi conguffo i di varietà francesi. Alla trasmis$!one costituiva ancora una volta la prova del nove. E la maggior parte del suo
© orpo die Popo AF polacc o, , la famosa @ttist a france se Catherine Sauvage
di
AJ cel unidolo jella canzone tradiz?nale bretone.Piazzolla e la Baltar svolgimento era basata su un gruppo di bandoneon,sovraincisi da Piazzol-
e Alan
pubblico la con l’accompagnamentodelbassoe della batteria, mentre sul finale com-
hannoottenuto gli applausi più fragorosi cella serata da parte di un i-
chiaramente impressionato dalla maestria del bandon eonista e dalla straord pariva un organo Hammondche improvvisava su una breve sequenzafissa
. ie ja canta nte. La figura di Piazzolla e il suo particolare mo-
nariasipersonalità de di accordi, tratti dal temainiziale. I fueyes sono il corrispettivo più imme-
. ango co _. ciano pian piano a farsi conoscere anche a Pa-
do diinterpretare il ÈN8O CO mirf Re ; sua diato che si possa immaginaredelle tastiere di Keith Emersono di quelle di
rigi, soprattutto dopo che il cantautore greco-francese Georges Moustaki ha
provvedutoa diffonderei suoi dischi. E, vistoil successoriscosso in quella tra- cui si circondava Rick Wakemannelle performance insieme agli Yes o nel-
smissione televisiva, è possibile che P ;,zzolla decida di rimanere in Europa a l’allora famosissimasuite dedicata alle mogli di Enrico VIII, uscita nel 1973.
Libertango denotava un tocco rock che l’Octeto Electr6nico del 1976-77
lungo.®
avrebbe cercato di mettere a frutto, ma vi figuravano anche strumentia cor-
da internazionali, piatti, monotoni, che si possono annoverare fra le cose
peggiori di Piazzolla e che ritroviamoneglialtri due dischiitaliani, Persecu-
ta (un titolo quantomenoequivoco per un album uscito nel 1977, a un anno
dall’instaurazione di una dittatura militare che, in Argentina, avrebbe fatto
della persecuzione uno dei suoi principi) e Mundial 78 (difficile ipotizzare
un nomepiùinfelice). Tuttavia, per la perdita di intensità della musica di
Vecio

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Piazzolla c’era, secondo L6pez Ruiz, una spiegazione. A detta del chitarri- tratta da una poesia di Geraldo Carneiro,cheall’epocaerail paroliere di Eg-
sta, dopo l’infarto Astor non erastato più lo stesso. berto Gismonti. Da Rio de Janeiro La Opinidn, che seguiva il bandoneoni-
sta con unapassionesfegatata,titolava: «Dopoi successi europei, ora Piaz-
zolla approdain Brasile». L’occhiello sottolineava però un aspetto cheriflet-
Il dannoarrecato era ben più ingente di quello di qualsiasi attacco cardiaco...
Quel gran cuore nonfunzionava più come prima. C'era qualcosa di impalpabi- teva qualcosa di più di una semplice inclinazione temporanea: malgrado la
le che si era perso, era scomparso. Da quel momentohascritto parecchio e mot distanza, mentre è in viaggio Astor «continua a polemizzare coni suoi av-
to bene, conpezzi bellissimi come «Afîos de soledad» o «Libertango», ma l’au- versari». Nell’articolo,a partei riferimenti al «grande sut:cesso di pubblico e
dacia di un tempo non c’era più. Aveva perduto la capacità e la voglia diri- di critica» e ad alcune notizie piene di imprecisioni, venivano riportate di-
schiare, di sondare nuovi confini, di cambiaretutto, e l’impressione è che cer- chiarazionidi Piazzolla che contraddicevanoquelle rilasciate in Europa e poi
casse semmaidi consolidare cose già sperimentate, di rinsaldare l’Astor Piaz- negli Stati Uniti riguardo al «nuovo tango». Comesenel caso dell'Argentina
zolla di una volta nelle scoperte assodate; di raccogliere anziché seminare, Con-
tinuò a essere un musicista fantastico, eccezionale, fino alla morte, ma la magia
seguisse un copionediverso,il bandoneonista assicurava: «Il mio lavoro può
ormaiera svanita; si era dileguata tra le pieghe di quella ferita.* essere definito solo ed esclusivamente come musica contemporanea di Bue-
nos Aires. Nonhaniente a che vedere conil tango tradizionale. Tratta altri
Secondo Lépez Ruiz, che tornò a suonareconlui nella primafase del quin- temi. Per me l'importanteè il mododisentire della gente, e da questo punto
tetto formato alla fine del 1978, quello era un Piazzolla che «aveva perso la di vista il tango tradizionale non ha più sensoai giorninostri».
bussola» e che «ricorreva alle cose conosciute chelui stesso aveva creato». In Libertango,oltre al legame tutto europeo conil genere chein patria rin-
Che «cominciavaa leggerese stesso e a lavorare comeAstor Piazzolla». negava, al rimandoalla libertà, al basso elettrico che svolgeva quasi una fun-
Un brevetrafiletto pubblicato da La Opiri6n nel maggio del 1974 descri- zione da voceprincipale, agli strumenti a corda neutri (o neutralizzanti) e a
veva questa specie di vita sdoppiata: un bandoneonche sarebbe rimasto via via l’unica fonte di piazzollismo di
quella musica, comparivano altre icone del momento,specie neititoli dei
brani, che, secondo Piazzolla, gli erano costati più fatica della musica stes-
Astor Piazzolla figura ormai nel palinsesto della televisioneitaliana insieme a
Charles Aznavour, Mina, Ornella Vanonie Rita Pavone. Con la moglie Ameli- sa.’ Erano tutti una combinazionefra il termine tango e altre parole, sicché
ta Baltar, che ha cantatoin italiano e in spagnolo,è stato infatti protagonista di neldisco sfilavano sua moglie («Amelitango»), la tristezza («Tristango»), la
diversi programmi speciali della Radiotelevisione Italiana (RAI) nell’aprile meditazione («Meditango»), l’underground («Undertango»), la novità
scorso, MalgradoPiazzolla disponga attualmentedi un'orchestra composta da («Novitango») e, naturalmente, la violenza («Violentango»). Nel 1974,
quaranta musicisti, ha sentitol'esigenzadi ricostituire il suo Quinteto, forma- però, uscì anche Summit, o Reunion cumbre,* dove al gruppo che lavorava
to da Kicho Diaz, Agri, Tarantino e Horacio Malvicino, con i quali andrà in con Piazzolla in sala di incisione si univa Gerry Mulligan al sax baritono. Il
tournéepervari paesi europeia luglio. Inoltre, si trasferirà a Roma anche suo
figlio Daniel, di ventinove anni, che ha esordito comepianista e compositore
disco fu registratoin sette sessionitra settembre e ottobre di quell’anno,e se-
con un lavoropiuttosto interessante. Tra i paesi che Piazzolla visiterà nei pros- condo Paganila collaborazione era merito suo,visto che avevafattosentire
simi mesici sono l’Italia, la Francia, la Spagna,il Venezuela e il Brasile. La tra- Libertangoal sassofonista mentresi trovavain Italia. «È un fenomeno. Chi
sferta culminerà con un viaggio a Buenos Aires.* è?», aveva detto Mulligan al produttore; a quanto racconta Collier. Quan-
do si parlò del disco per la prima volta,l’idea era che metà dei brani fossero
Duranteil soggiornoin Brasile, Piazzolla incise due canzoni insieme a Ney operadi Piazzolla e l’altra metà di Mulligan, secondo unaprassi consolida-
Matogrosso: «1964», basata su untesto di Jorge Luis Borges, e «As ilhas», ta in occasione di «reuniones cumbres» comequella, ossia di incontri al ver-
tice, di summit, appunto. La ragione è piuttosto comprensibile: è un disco di
entrambi, pertanto i due musicisti coinvolti devono guadagnarela stessaci-
* LaOpini6n, xr maggio 1974. Il riferimento a un'orchestra di «quaranta musicisti», così come
le informazioni contenute in un articolo successivo scritto da Guillermo Piernes per lo stesso fra daidiritti d'autore. Neljazz, che è l’ambitoin cui questo generedidischi
giornale,in cui si sostiene che «inItalia si è aggiudicato il più importante premiodellacritica spe- sono più frequenti, la frontiera tra la composizione e l’ «arrangiamento» è
cializzata italiana per aver inciso i migliori dischi dell’anno nel 1973 e nel 1974,tra cui Tanga-
ta» e sì parla di «dueIpregistrati con Gerry Mulligan», contengonoevidenti imprecisioni, forse
estremamente labile. Nonostante le premesse, però, Piazzolla si presentò al-
generate dalle informazioni erronee diffus eda Piazzolla stesso 0 dai suoi amici e ammiratori. le sessionidi registrazione contuttoil materiale composto da lui. E quella fu
£
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TT

solo la prima di una serie di incomprensioni che,oltre a farsi notare nella grandi musicisti del Jazz. A prescindere dalla trasgressionealla regola dell’e-
musica, mettonoin risalto il divismo misto a provincialismochecaratterizzò qua ripartizionedei PEZZI composti da ciascuno, Piazzolla si presentò alle
la maggiorpartedei rapporti di Piazzolla coni suoicolleghiin particolare, e sessionidi registazione co n l’idea di riservare a Mulligan un ruolo non mol-
conil mondocircostante in generale. to diverso da quello di un semplice turnista. Una cosa cheperil sassofonista
Mulligan non era un nome qualsiasi. Faceva parte della stessa mitologia avrebbe anche potutorisu Irare offensiva L’interpr gione più plausibile
piazzolliana. Era né più né menocoluiche Piazzolla aveva eletto a mito ispi- della frase di Mulligan sull a letra è che jjpunto n p]ra che non sapesse
leggere: noneralì per legge re, sapeva fare fn altro.Ambito professiona-
ratore al momentodifondareil suo primo gruppo«disolisti», l’Octeto del
1955. E può anchedarsichecertiattriti nella commicazione fossero dovuti le, non si chiamava unastella del jazz solo per farle suonarele melodiescrit-
al timore del bandoneonista che la sua bugia di vent'anni primafosse di- te o pocoaltro. Perché era semplicemente unospreco. E Summit, per quan-
sdetta pubblicamente. Cosa sarebbe successo se Piazzolla avesse affermato to contenga pezzi di grande effetto come «Afios de soledad», con il valore
durante un’intervista in comunedi aversentito l’ottetto di Mulligan a Pari- aggiunto del magnifico suono di Mulligane del suo squisito fraseggio mes-
gi nel 1954 e il sassofonista avesse specificato che quell’anno aveva suonato so al servizio di qualche bella melodia, nonfa altro che mostrare,dall’inizio
solo conil suo quartetto e ben primacheil bandoneonista arrivassein città? alla fine, un aspetto che per i musicisti è un peccato mortale: unaserie di oc-
Comunque,dopola registrazionedel disco, descritta come turbolenta, nes- casioni mancate.

suno serbò rancore. Mulligan ha sempre messo in chiaro che stimava Piaz- Il disco si apre con «Haceveinte afios», un titolo che rimandaall’incontro
zolla e, in seguito, oltre a dichiarargli la propria amicizia, intitolò un brano mitico di vent’anni prima, che, per quanto nonsifosse svolto dal vivo e nem-
«Listening to Astor», che venneinserito nel disco postumo Dragonfly.” Ep- menonelle circostanze descritte da Piazzolla, era stato senz'altro decisivo
pure, la frase «se volevate un lettore dovevate rivolgervi a qualcun altro», per il futuro della sua musica. Mail ricordosi esaurisce conil titolo. Il bra-
presumibilmente pronunciata da Mulligan durante la registrazione per via no non giocasulle possibili intersezionitra gli stili dei due protagonisti, né
delle lamentele di Piazzolla riguardo alla sua incapacità di suonare quello fra quelli passati e quelli del presente. Mancainterazione, l’accompagna-
che c’era scritto sullo spartito, è corsa di bocca in boccae dilibroin libro co- mento degli strumenti a corda è puerilmente standardizzato e non c’è nulla
mesintesi di quel contrasto. che sconfinial di là della ballata con movenzeda tango,calibrata sul gusto
«Perché mai non mi avranno detto che questo tizio non leggeva?», fuil europeoe moltovicinaal tenore delle musichedafilm che Piazz0!!2 compo,
commento di Piazzolla secondo la Baltar. «Dovevate rivolgervi a Stan neva all’epoca e che — gli va concesso — furono un’altra sua iNVenzione
Getz», è la risposta che la Azzi e Collier attribuiscono a Mulligan. Ed è pos- «Cierra tus 0jos» si avvale sicuramente del tono caldo, del timbroe dell’es-
sibile che tutto ciò nonsia altro che l’ennesimadistorsionedei fatti. Mulli- senza cantabile di Mulligan, ma nondella sua capacità di improvvisaree, so-
gan nonavevaparticolari difficoltà con la letto-scrittura tradizionale. Al- prattutto, di improvvisarea livello contrappuntistico, una dote molto evi-
l’età di diciassette anni aveva già composto arrangiamentiper il gruppo ra- dentenei suoilavori con Paul Desmond, Chet Baker, Zoot Sims, Jim Hall o
diofonico di Johnny Warringtone a diciannoveera l’orchestratore ufficiale Bob Brookmeyer. L’unico elemento degnodinota è un controcanto della chi-
della big band di Gene Krupa. A venti scriveva per l’orchestra di Claude tarra elettrica. «Afios de soledad», che è l'ennesimariscrittura di «Adi6s No-
Thornhill e, un anno dopo,eratra gli ideatori delle strumentazioniperle in- nino», porta al parossismo l’espediente dell’entrata epica dello schema
cisioni di Miles Davis che in seguito sarebberostateriunite sottoil titolo di 3+3+2, mentre «Deus Xango» mostra di nuovo unascrittura piatta e mono-
Birth ofthe Cool. Difatto, agli esordi, quando suonava abitualmenteil pia- tonapergli strumenti a corda, che lascia almenounpiccolospazio per un as-
nofortee il sax soprano, era molto più conosciuto perle sue doti di compo- solo di Mulligan, benché sulla base di un ostinato più tipico del rock che del
sitore e orchestratore che di sassofonista baritono. Daniel Piazzolla ritiene jazz che gli impediscedi cimentarsi nella sua «specialità», ossia lo sviluppo
che potesseessere una questionedi codici, di interpretazionidiverse rispetto melodico di accordi con più di tre note. Anche in «Veinte afios después» c’è
ai sottintesi della scrittura di Piazzolla, il quale era abituato al fatto che un assolo di Mulligan, sebbenesia stato scritto da Piazzolla e sia composto
quantoerascritto non fosse interpretato in modoletterale. Comunque, dal- da ripetizionidi intere frasi che ancora unavolta non valorizzanoil sassofo-
l'ascolto di Summit si osserva innanzitutto una profonda incomprensione nista. L’unico branoscritto da Mulligan, «Aire de Buenos Aires», rivela che
da partedi Piazzolladi ciò chesignificava incidere un disco insieme a unodei questi si sforzò di entrare nell’universo estetico del suo socio molto più di
f
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aspettati dalla collaborazione tra due musicisti del genere». L’invito a una
quanto non abbia fatto Piazzolla conlui. Ad esempio, mantiene le due se-
maggiore audacia può darsi che avesse sorpreso Piazzolla, abituato com'era
zioni contrastantie il caratteristico 3+3+2. Eppurein questoci sono alcune
novità rispetto agli altri pezzi: accordi più ricchi e una maggiorefluidità rit- a essere considerato rivoluzionario a priori in Argentina.
mica. Eper la prima voltain tuttoil discosi sente un Mulligan più energico, Tuttavia, Jorge Andrés incolpava soprattutto il sassofonista. Dopo aver
comese fosse uscito dal torpore, per quantoabbia la delicatezza di nonfare delineato duetraiettorie più o meno parallele (gli arrangiamenti per le or-
un assolo«jazzistico». Quali erano state le condizioni non scritte dell’accor- chestre, la formazionedi piccoli gruppi che avevanointrodotto novità fon-
do con Pagani? Perché Piazzolla fece un disco commerciale, da «arrangiato- damentali nei generi in cui si muovevanorispettivamente, alla fine degli an-
re», e non «alla pari»? Come considerava se stesso il bandoneonista? Alla ni Cinquantae agli inizi del decennio successivo), affermava:
stregua di Michel Legrand* piuttosto che di Gil Evans? O di Quincy Jones,di
Piazzolla finora è sempre rimastocreativoe vitale e ha cercato instancabilmen-
cui nonsi stancava mai di ascoltare Gula Matari?* Nel disco, Mulligan non
te vie d’uscita diverse, cimentandosi con successo anche nella scrittura di pezzi
ha spazio. Dilui non rimane moltooltre al nome,Seil tocco di Piazzolla è in- cantati, che ha composto conregolarità. Gerry Mulligan, invece, ha preferito
confondibile, il ruolo del sassofonista si riduce a quello di un musicistasti- indugiare sulla comodità delle jam session a partire dal 1962, quando ha dovu-
pendiato.” «La ripartizione dei contributi nell'albumnonè equa, perciò chi to sciogliere l’orchestra allargata che ha rappresentato il suo apogeocreativo.
lo comprerà in cerca del Mulligan dominante dei bei tempi andatilo troverà Da allorasi è fatto ospitare da qualsiasi complesso, che si trattasse di forma-
pacato e ammirato da una musica che nonè la sua», scriveva Jorge Andrés zioni dixieland o di gruppi più moderni, per quantola sua dimorapiù frequen-
su La Opinion.'° La recensione pubblicata sul quotidiano, il cui ruolo nella te nell’ultimo lustrosia stato il trio di Dave Brubeck. All’età di quarantotto an-
ni— ne hasei in menodi Piazzolla — Gerry Mulligan è soltanto l’ultimo maestro
formazione del gusto diintellettuali e protointellettuali bonaerensi cresceva del sax baritono, uno strumento che ormai non suona più nessuno e che nem-
di giorno in giorno, occupava quasi una pagina intera, che comprendeva, ol- menolui ha saputo mantenere in vita, dal momento che non ha mai provato a
tre all’articolo centrale, un trafiletto riguardante l’eccellente presentazione diffonderlo in contesti diversi da quello del jazz.
locale del disco («migliore di quella originale, anchese è facilissimo battere
gli italiani su questo terreno») e un altro con la traduzione del resoconto Unatale severità per un musicista oggi canonicorisulta sorprendente. Ma
pubblicato sulla prestigiosa rivista francese Jazz Magazine del concerto al- bisogna considerare che gli anni Settanta furono un’epoca dura, nella quale
l’Olympia di Parigi con il quale Piazzolla e Mulligan avevano chiuso una l’impegno,civile o estetico, era preteso quotidianamente. Neljazz, erano i
breve série di spettacoli in Europa. In quell’articolo, Maurice Gourges se- tempi d’oro delfree jazz politicizzato di Chicago e della musica fusion. In
gnalava che «il sodalizio fra i due musicisti era caratterizzato dal palese pre- quel momento non c’era peccato più grave di fare una musica semplicemen-
dominio della componente argentina sulla musica di Mulligan. Laddove te «piacevole», che non problematizzasse alcunché, che fosse facile da dige-
avrebbero potutospingersi l’unonel territorio dell’altro e ampliare entram- rire o ricordasse un’epoca ormaisuperata. «Compiacente», avrebbe detto la
bi i propri orizzonti, non c’è stato altro che una sottomissione da parte del rivista argentina Pelo riguardo al rock. E la compiacenzaera proprio ciò che
sassofonista, che si è prestato, senza alcuna autonomia, al discorso del ban- veniva rinfacciato a musicisti ormai osannati comeil pianista Bill Evans,fra
doneon». Jazz Magazine, ad ogni modo, considerava la performance affa- gli altri, che buona parte della critica specializzata d’Europa e degli Stati
scinante, anche se non mancava di puntualizzare che il progetto non sem- Uniti vedeva solo come un musicista bianco che intratteneva altri bianchi
brava pienamente riuscito per «la mancanza di audacia che ci si sarebbe decrepiti in jazz club deserti. Al di là dei meriti che Mulligan ha continuato
ad avere come musicista, non bisogna dimenticare che il suo ultimo disco
pubblicato prima di Sumynit fu il «compiacente» Age of Steam, del 1971, €
* Dell’importanza che aveva quel discoper Piazzolla ha parlatosuofiglio Daniel. Ed è un dato che,in effetti, nel 1974 era piuttosto incline ad aggregarsi a qualsiasi pro-
rilevante perché si tratta di uno dei primi dischi improntati al pop e al soul piuttosto cheal jazz.
Come succederà anche all’interno della sua produzione successiva, vi suonano musicisti jazz — getto potesse avere un certo successo commerciale, per quanto ciò signifi-
tra cui Milt Jackson, Herbie Hancock e Hubert Laws — ina i brani oscillano fra il pop dai ritmi casse rinunciare a un ruolo da protagonista. Comunque, la recensione ap-
afro del pezzo che dà il titolo all'albume il rhythm®n°blues della notevole versione di «Bridge parsa su La Opiniòn, che stronca ancheil gruppo di musicisti italiani ingag-
Over Troubled Water» di Paul Simon, cantata da Valerie Simpson. Tuttavia, l’aspetto forse più
importante è che si trattava di un disco prodotto da Creed Taylor, nel quale l'approccio profes- giato per la registrazione — «compreso [l'argentino] Poncho Gatti, che è co-
sionisticoe la vocazione da «compositore popolare» eranoesibiti in modoesplicito. mese lo fosse» — è estremamente rappresentativa dell’immaginedi Piazzol-
I
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la diffusa allora a Buenos Aires, ossia quella di un musicista argentino ge-
niale, costretto all’esilio per mancanza di riconoscimento e di lavoroe in-
dotto dalle circostanze a impegnarsi in progetti con musicisti commerciali.
Andrés, da un lato, aggiungeva una nuova sfumatura quandosottolineava
chesi trattava di «un programmabello e senza sbavature[...] Benché pergli
argentini questi brani di Piazzolla non rappresentino una grandenovità,so-
nodotati dell’autorità ispirata che caratterizza tutte le sye creazioni». E, dal-
l’altro, concludeva:

Le persone che possonosuonareal meglio ciò che Piazzolla compone sono An-
tonio Agri, José Bragato, Kicho Diaz, Osvaldo Tarantino, Mario Lalli, Hugo
Baralis o Dante Amicarelli e vivono tutti a Buenos Aires. Agli esecutoriitaliani
selezionati per l'incisione mancanola sensibilità e le capacità intellettuali ne-
cessarie a trasmettere non solo la complessità, ma anchela misteriosa fantasia
che costituisce la parte più importante dell’opera di questo grandeartista.

Il 18 maggio del 1975 morì Anibal Troilo. Disoli sette anni più vecchio di
Piazzolla, lo aveva assunto e, soprattutto, avevafattodi luiil riferimento ob-
bligato dell’orchestrazione e della composizione nel mondo del tango. Per
anni era stato agli occhi della stampa — tanto che forse anche Astor avevafi-
nito per crederci — qualcosa comeil suo doppiotradizionalista. Troilo-Piaz-
zolla era la sigla di una contrapposizione fra tradizione e avanguardia che,
in realtà, non era mai statatale. La rivista Crisis, a luglio di quell’anno, pub-
blicavasotto il titolo «Grazie, Buenos Aires... Sopportami ancora un po’»le
testimonianzeraccolte duranteil funerale di Pichuco da Marfa Esther Gilio
e Vicente Zito Lema,nelle quali sussisteva ancora quella dicotomia, che al
tempo stesso ne generava altre: ballo-ascolto, ragione-sentimento. «D’A-
rienzo è l’ultima carta che ci rimanenella tria-pa del go-tan», diceva un pu-
gile di nomeSostaita seduto in un bar proprio accanto a D’Arienzo. «E Piaz-
zolla?», domandavanoi giornalisti. «Non lo capisco. È un’altra roba». Gli
inviati di Crisis al funerale di Troilo eranointenti a raccogliere testimonian-
ze su Piazzolla come se fosse qualcos'altro a venire sepolto quel giorno.
«Piazzolla non è tango». «Piazzolla il tango lo distrugge». «Se Piazzolla vo-
lesse, potrebbe fare tango. Ma non vuole», trascrivevano. «Senza ritmo la
melodia viene snaturata. E non è giusto. È una mancanzadirispetto. Il Gor-
do nel’40 suonava untangoritmico comequelloche faccio io. Midica,a lei
I
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piace Piazzolla?», chiedeva a sua volta D’Arienzo all’intervistatore. È con- fatto, questo brano potrebbe essere considerato a buon diritto comeil pri-
cludeva: «Piazzolla non lo capisco». L'articolo finiva con questo resoconto: model gruppoelettronico formatoalla fine di quell’anno.In altre parole,la
fase fusion di Piazzolla potrebbe essere intesa semplicemente come una ver-
Qualcuno aveva annunciato che stava arrivando Pugliese. Allora tutti si sono sione da tournée di quanto stava facendoin Italia, ma senza gli strumenti a
subito avvicinati a un signore magro che elargiva sorrisi malinconici perri- corda né quel suono commerciale così internazionale. Il pezzo apparente-
spondereaisaluti. «Maestro», «Maestro caro», «Pugliese è l’unica cosa checi mente cruciale, «500 motivaciones», a dispetto dell’esegesi di coloro che vi
resta». Ed ecco che qualcunohadetto di nuovo: «E Piazzolla?» «Macosac’en- hannovisto in nuce la via più audace che Piazzolla potésse imboccare,* non
tra!» A quel punto è ripresa l’ardentee inevitabile disputa.
«Il tango è da ballare. Se non si può ballare non servea niente».
era altro che una lungatirata sullo stesso ostinato, né più né meno che una
«Machil’ha detto? C'è anche del tango da ascoltare. È questo che fa Piazzolla. replica dello schema che aveva cominciato a sperimentare in Libertango.
To lo ascolto comesefossi a messa». Ma l’aspetto più importantedi quell’ottetto, che ebbe due formazioni di bre-
«Quale messa? Tu nonci vai mai a messa...» [...] ve durata, entrambefinite male, e che nonlasciò nessunaincisionein studio,
«Io credo che sia morto a furia di pensare tanto. Sono sessantunotasti. E lui eccetto quella in cui accompagnavail cantante José Angel Trelles e qualche
chiudeva semp,e plj o Cchi per concentrarsi e vedere se riusciva a cavargli fuori colonna sonoraa cui collaborò, è l'impatto che ebbe in Argentinae, in par-
dei nuovi suon; AdesS® chi comporrà un responsorio in suo onore come quel-
ticolare, nel mondodel rock.
lo chelui aveva fatto per Homero Manzi?»
«Ehm... Piazzolla».
«Tu credi?»

È probabile che i due interlocutori non sapessero che era stato proprio
Piazzolla a orchestrare per Troilo «Responso», il brano elegiaco con cui a
suo tempo aveva omaggiato Manzi. E non potevano immaginare nemmeno
chein effetti avrebbescritto lui il responsorio per Pichuco. L'idea erastata di
Pagani, secondola Azzie Collier. Piazzolla invece racconta a Gorîn: «La no-
tizia della sua morteè stata una batosta. Dopo pochigiorni, tutto l’affetto
che provavo per l’amico scomparso mihaspinto a sedermial piano per com-
porre quattro movimenti, ciascunoriferito a uno dei quattro amoriche ave-
va avuto il Gordo: “Bandone6n”, “Zita” (sua moglie), “Whisky” ed “Esco-
laso”(il gioco d’azzardo)».'! il disco,intitolato Suite troileana, basato su
uno schema non molto diverso da quello dei suoi dischiitaliani, contiene
quattro elementi che lo distinguono da questi in modosignificativo. Il pri-
mo,inestimabile, è il ritorno di AntonioAgri,a cui chiese di andarein Italia
appostaper prendere parte alla registrazione." Il secondo è l’imponenteas-
solo di bandoneonconcui Piazzolla aprela suite. Il terzo è che in quel disco
il bandoneonista rinuncia all’«internazionale» orchestra di cordee si limita
a un gruppoche, pur essendo compostosolo da turnisti, riunisce tutti 1 re-
quisiti di un complesso fusion dell’epoca. E il quarto è «Whisky», il brano
che esplicita queste particolarità timbriche e ne fa untrattostilistico, con
l’entrata a scaglioni del bandoneon,del violino, della chitarra elettrica e del
sintetizzatore, seguita dagli accordidella tastiera e dai suoi assolo successi- i brano,che tra i fan circola sotto formadi registrazione pirata, a quanto pare fu eseguito
da
vi, la prima volta su un ostinatocollettivo e la secondain contrasto con una lazzolla una sola volta, durante il concerto al Teatro Gran Rex di Buenos Aires «dedicato»a
l
melodia cantabile del violino,fino alla ripresa finale del temascaglionato. Di rock, del quale si parlerà in mododettagliato nel prossimocapitolo.

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Notedell’ottava parte

1. La Opiniòn, 19 ottobre 1974. .


2. Oscar Lépez Ruiz, Piazzolla loco loco loco: 25 afios de laburo y jodas conviviendo con un
genio, La Urraca, Buenos Aires 1994.
3.Ivi.
4. La Opiniòn,3 settembre 1974.
. Maria Susana. Azzi, Simon Collier, Le Grand Tango. The Life and Music ofAstor Piazzolla,
Oxford University Press, New York 2000.
6. Summit era il titolo dell’edizione originale per l'etichetta italian a Carosello, che sarebbe pa
stata riprodotta da svariati marchi piccoli o semipirata. Reunion cimnbre fu il titolo dell'edi
zione argentina, uscita perl'etichetta Trova, che acquisì idiritti di tutte le registrazioni di que
ji anni realizzate in]; a € prodotteq a Aldo Pagani .
7, Dragonfly (Telare 199 5) è l’ultimoaIbumregistrato in studio da Gerry Mulligan.È stato in-
ciso menodi un ann prima della su, morte e vi suonano,fra gli altri, John Scofield, alla chi-
tarra elettrica, e Dave Simnele, al vibrafono.
8. Michel Legrand fu autore di innumerevolie fortunatissime musiche da film, oltre a essere una NONAPARTE: 1975-1978
sorta di paradigma del «musicista professionista europeo» che Piazzolla, a quantopare, spera-
va di diventare. Legrand suonava ancheil pianofortee strizzava l’occhio al jazz. Tra i suoila-
vori riconducibili a quel genere c'erano le incisioni realizzare insieme a Miles Davis. Legrand,
tuttavia, comprendeval’eccezionalità di quell'occasione e avevalasciato al trombettista lo spa-
(BUENOS AIRES-PARIGI)
zio suggciente per poter improvvisare.
9. Second® Daniel Piazzolla, fu determinante, nella piega chepreseil progetto,il fatto che Mul-
ligan foss® «sempre ubriaco». Suo padre riteneva il suo debole per l’alcol né più né meno che
«una mancanzadi professionalità».
Lo. La OPÎnion, 19 agosto 1975.
tr. Natalio Gorin, Astor Piazzol[a, Memorias, Alba Editorial, Barcellona 2003 (Astor Piaz-
zolla, Di GiacomoEditore, Roma 1995, traduzione di Hugo Aisemberg, Cecina Cutini e Luisa
Majone).
12. Agri Partecipò anche ad altre sessionidi registrazione di quel periodo,e in tutte, specie nel-
le colonne sonore di Scene di un'amicizia tra donne e Codice 215: Valparaiso non risponde,è il
suo tocco, insiemea quello di Piazzolla, a far sì che nonsitratti di musiche del tutto anonime
ed effimere. In quelle incisioni, inoltre, il violino convive con una strumentazione più affine al
rock alla fusion che comprendeva ancheil sintetizzatore di Daniel Piazzolla, ed è ipotizzabi-
le che quella sia stata l'origine dell’Octeto Electrénico, di cui Agri fu membro, anche sesolo nel-
la prima formazione.

; [354]
Prima della formazione del complesso elettronico, Piazzolla aveva sempre
affrontato i concerti e le tournée conil Quinteto, che continuava a conside-
rare la sua formazioneprediletta, almeno standoalle interviste che rilascia-
va, in cui sembravachei suoi interlocutori volessero sentirsi dire proprio
questo. Ma,oltre ai suoi disturbi cardiaci e alle loro possibili ripercussioni
sull’esigenza di consolidare economicamente un prestigio che in Argentina
era ormaial limite delle sue possibilità, bisogna anchetener conto della mor-
te dei duepianisti che avevanoforgiato fasi alterne le sonorità del Quinte-
to degli anni Sessanta. Jaime Gosis morìil 26 febbraio del 1975, un mesepri-
madi compiere sessantaquattro anni.’ Osvaldo Manzi, che era stato anche
il primo pianista del Conjunto 9, morì poco dopo,il 18 aprile del 1976, al-
l'età di sessant'anni. L’altro pianista papabile, Osvaldo Tarantino, che ave-
va sostituito Manzi nel Noneto, secondo Piazzolla era poco affidabile per i
suoi problemidi alcolismo. Con la produzionedel periodoitaliano,forseil
bandoneonista aveva voluto soddisfare due obiettivi(e duetipi di pubblico).
Si considerava «progressivo», ma cercava di essere anche commerciale. La
ricezione della sua opera, almeno a Buenos Aires,fu legata più al secondo
aspetto cheal primo. I suoivecchi fan, per cominciare,si sentivano traditi da
queidischi, dei quali criticavano soprattutto la mancanzadi passionee l’in-
terpretazioneasettica da parte dei turnisti italiani. Nello stesso periodo, du-
,
[ 357]
|

rante il quale Piazzolla realizzò i tre dischi peggiori — o quantomenopiù ir- ria. Per un’intera generazione — o meglio, per
un certo settore socio-
regolari — della sua carriera (Libertango, Persescuta e Mundial 78, untitolo culturale di quella generazione — fu il luogodi svariate
scoperte: la Incredi-
opportunista che, quandosmisedifareal caso,fu sostituito da Chador*), vi- ble String Band,i Faust, i King Crimson,Peter Hammill,
i Gentle Giant. Il
de però la luce anche l’Octeto Electr6nico che, a dispetto del rifiuto dei mo- musicista e giornalista Pipo Lernoud, uno dei primi fautor
i della cultura
dernisti di un tempo, che adessosi appellavanoalla tradizione per opporsi al rock i n Argentina,
i ide in
vide in Piazzolla
Pi i
un artista î
che oteva, prentegre erfetta-
rock, e degli eventuali punti deboli a livello formale e tecnico, per molti fu mente negli ampi margini della musica trattata dal mensile. «All'epoca dei
leggendario. Il gruppo venne formatoalla fine del 1975 e lavorò pertutta ’e- Manal, era Piazzolla ad andare in onda». Intorno al 1975 lo intervistò per
state argentina in un locale di Mardel Plata chiamato La Botonera. In quel- una rivista colombiana: «Ci aveva letteralmente sedotti. Era una persona
la fase, l’Octeto era composto da Piazzolla al bandoneon, Agri al violino, esplosiva, contraddittoria, ma al tem '
P ’ ? po stesso strepitosa». Unostralcio di
Malvicino alla chitarra elettrica, Adalberto Cevascoal basso elettrico, Enri- quella conversazione fu riportato da un articolo pubblicato sul
primo nu-
que Roizner alla batteria, Juan Carlos Cirigliano al pianoforte, Santiago mero di Expreso. «All’estero mi vedono come un musicista latino
america-
Giacobbeall’organo elettrico e Daniel Piazzolla al sintetizzatore, oltre al no. Maio non honiente a che vedere con il tango. La musica
che faccio è
cantante José Angel Trelles. Le tensionifra il gruppoe il violinista, che cer- quella della Buenos Aires d’oggi. Quinon ci sono gauchos e neanche
struz-
cava di primeggiare sul palco coni suoi assolo e non facevaaltro chesotto- zi, né tantomenofurfanti a ogni angolodi strada», dice a Lernou
d. Un atti-
lineare la propria distanza generazionale e stilistica rispetto al resto del mo dopo, sta già stilando una nuovalista deisuoi artisti di riferim
ento: Mil-
gruppo, erano evidenti. E una volta a Buenos Aires, doveil grupposiesibì ton Nascimento, Edu Lobo, Egberto Gismonti, Hermeto Pascoal
. Lernoud
nel locale La Ciudad,ci fu la primasostituzione. Al postodelviolino — e del domanda ad Astorcosasappia dei gruppi rock argentini. «Li conosc
o tutti.
violinista — c’era il sassofonista e flautista Arturo Schneider, che aveva già Ma quisi fa una gran confusione,si parla di musica progressiva
e si chiama
fatto parte del gruppo di Marfa de BuenosAires. L’Octetosisciolse,fraliti e in causa Charly Garcia e non sopiù chialtro. La musica progressiva
recriminazioni, nel corso di una tournée in Brasile, durante la quale il ma- è un’al-
tra cosa. La musica d’avanguardia è quella in grado di combin
are Barték
nagersi dileguò e i musicisti, a fronte della mancanzadialtre prospettivela- con Schénberg e la musica popolare. Quello che fanno Chick
Corea, i
vorative, dovettero tornare a Buenos Aires e giurarono che non avrebbero Weather Report, il gruppo di Emerson, Lake & Palmer, quello
che fa Miles
maipiù suonato insiemea Piazzolla. In realtà, tennero ancora un concerto, Davis: è questo che miinteressa».
il 16 dicembre al Gran Rex,che, soprattutto grazie alla rivista Expreso Ima- A metàdel 1976,nell’Argentinadella repressionedittatorialee
nell’indif-
ginario, finì per coronare un lungo processo di seduzionereciprocafra Piaz- ferenza di Bran parte dell’opinione pubblica rispetto a IVANO
stava succe-
zolla e il rock argentino. dendo, Piazzolla assunse posizioni contraddittorie. In qualità
di ospite di
Nell’agosto del 1976 era uscito il primo numerodella rivista, che incar- Neustadt nella trasmissione 1fempo N“evo, Astor plaudiva l’arrivo dci
nava(e contribuì a formare) i parametri di un pubblico appassionato di un mi-
litari. Nel frattempo, Expres ®© Imaginari, 1, riproponevasul la SOPEEn
rock più colto (o più pretenzioso) e cosmopolita, oltre che meno under- a del
suo sesto numero. La nuovae lungaintervista trasudava ardore giovani
grounddi quello propugnato da Pelo. Expreso Imaginario arrivò a vendere le. In
quelle pagine veniva presentato come il nuovo ambasciatore della
musica
tredicimila copie e si trasformò in unarivista di punta, dopo aver rappre- argentina, nonché come difensore dei rockettari che qualche mese
prima
sentato un’odissea controculturale. Malgrado la sua essenza rockettara, vi meraTea stava cambiandoin Argentina, e non
erano solo
si potevanotrovarearticoli che parlavano di Sun Rao della musica aleato- e ford Falcon che sfrecciavano a notte . « i i
dro e così
ì via stanno scomparendo oa Retica gazzipon
coni carri
sar
* In realtà Piazzolla cambiò anche la maggior partedeititoli dei brani, comese volesse cancella- armatielettronici a fare piazza pulita. E sai perché fanno piazza pulita?
Per-
re le traccedi quell’omaggio. Forse è un caso, ma i nuovi titoli, che sembrano quelli di un thriller ché quelli stanno dicendo la verità al pubblico». Carri armati che fanno
cinematografico, non possonoche far venire in menteil terrorismodi Stato palesatosi durantei piazza pulita. Gente che scompare. Le parole tradiscono Piazzolla, così
mondiali di calcio che si tennero in Argentina. «Mundial 78» diventò così «Thriller», «Marca- co-
ci6n»si tramutò in «Panic», «Penal» fu rinominato «Tango fever(Penalty)», al posto di «Gam- me succedeva a moltiin quel periodo. Malui voleva parlare solo di musica.
beta» subentrò «Chador», «Golazo»si ridusse a «Goooal!», «Wing»fu sostituito da «Baires pro- Unaposizione ecumenica indifferente alla picana,ossia la tortura pratica
menade», «Corner» divenne «Milonga Strip» e «Campeén» fu soppiantato da «Tango Blues».
ta
con le scosse elettriche.
£
[358]
[359]

hi
zio-
Parlare di Piazzolla in quei giorniatroci, dimenticandole sue dichiara prendeva con i conservatori. Noi vedevamoil tango come unospettacolo pie-
ni politiche o semplicemente ignorandole, poteva anche diventare un terre- no dicantanti decrepiti.
no d’incontro, almeno per quei giovani lettori di Expreso. La rivista ap-
profondiva la sintonia tra questi e Astor, era il mezzo che metteva in contat- Secondo Rosso, Piazzolla non avevainfluito solo su Spinetta, «ma anche
to il vecchio innovatore musicale e le nuove generazioni. su Pino Marrone e su Charly, qualche influenza ad esempiosi trova nei La
Mfàquina de Hacer Pajaros[il primo gruppo che Charly Garcia, appunto,
In agosto, quandoè uscito il nostro primo numero con un ampio speciale su aveva formato dopo lo scioglimento dei Sui Generi$), ma anche su Sert
Astor Piazzolla, il rango e il rock erano ancora due mondi distanti. In tal senso Giran».
sono state profetiche le parole con le quali il compositore aveva consigliato ai
Piazzolla li guardava sempredall’alto in basso, comefosserole pedinedel
giovani di fare musica progressiva tipica di Buenos Aires. Un mese dopo, Spi-
netta aveva l’ardire di esibirsi al Luna Park di fronte a dodicimila persone ac- suo stesso gioco delle partiall’interno di un mercato piccolo, ma di grande
compagnatoda un bandoneon Nell’anfiteatro straripante del Luna c’è statoun valore sentimentale. «Credosia più positivo ciò che possonofare i giovani
attimodi esitazione, allora Lu s ha detto: «Bisogna chea priamo la mente, ra- che si dedicanoal rock chegli stessi musicisti di tango», diceva sul sesto nu-
gazzi». L’esorcismo era presto fatto. Da quel momento 'è stato il «boomdel mero di Expreso. «L'ho detto moltissimi anni fa che il futuro della musica
bandoneon». argentina era nelle manidei giovani musicisti. Il giorno in cui i ragazzinidi
sedici o diciannove anni studieranno musica e, una volta usciti dal conser-
Expreso lmaginario definiva que; musicisti Come «artisti che, continuan- vatorio, troverannola strada spianata, cominceranno a succedere delle co-
do unaricerca intrapresa annifa, € senza rinuNciare allo spirito caldo e sin- se. Ho l’impressione che gruppi comegli Alas, i Crucis e musicisti come Spi-
cerodel rock, assimilanotutte le possibilità offerte dalla loro città e dal loro netta e Garcia imboccheranno unadirezione cheli porterà verso la città. E
tempo» quella sarebbecerto la scelta migliore». Sotto la sua egida, stava comincian-
Quel flirt musicale ebbeil SUO MOMENto di massimaespansione nell’ulti- do una nuovaera.
mo concerto dell’Octeto Elettronico a] Gran Rex. Secondo Lernoud, che ne
scrisse una recensione per la rivista, era successo qualcosa di stupefacente. Sai quandoè stata l’ultima volta che il tango haofferto al pubblicola verità, da
La sala era «piena zeppa» di gente che aveva un’età media di vent’anni. Pri- un puntodi vista musicale? Nel ’40. All’epoca di Pichuco, Gobbi, Pugliese, dei
grandi poeti bonaerensi. E adesso è successo qualcosa che non avevo mai im-
mache il gruppoiniziasse a suonare «Aîîos de soledad», Piazzolla fece lette-
maginato. La musica del rumore, la musica che prima era solo di intratteni-
ralmente luce sul tipo di patto che intendevastringere con il rock in quella mentoè diventata espressione di bisognispirituali. Allora viene voglia di stu-
sede. Chiese chei riflettori illuminasseroil lato sinistro del palco «per dedi- diare, di lavorare insieme ed ecco che cominciano a succederedelle cose.
care questo concerto ai giovani artisti di Buenos Aires». Si videroi volti di
Spinetta, dei membri degli Alas e di Mederos. Quelfasciodi luce era effime- In fondoin fondo,il bandoneonista continuava a non capire molto bene
ro, ma fu creduto intenso. Comesela linea tracciata fra il palcoe il pubbli- cosa ci fosse di bello in quella musica, ma intuiva la presenza di qualcosa
co potesse congiungere qualcosa di più che semplici affinità strategiche. Al- che, pur non essendo maistato formulato con chiarezza, era stato una delle
fredo Rosso, che insieme a Fernando Basabru aveva creato Expreso Imagi- caratteristiche del tango e, in particolare, delle sue ricerche. «La musica che
nario e Ventil, viento a favor, una rubrica all’interno di un programmara- primaera solo di intrattenimento»stava diventando un’altra cosa. L’intrat-
diofonico che fu particolarmente determinante nella formazione di un certo tenimento tramutatoin arte.
gusto dell’epoca, ha un suo ricordo personale di quel momento: l’intervista a Piazzolla era il cuore di un progetto editoriale più ampio. Di
fatto, cra affiancata da un reportage su Rodolfo Mederosintitolato «Uncri-
Il mio primoincontro con Piazzolla fu tiepido. Avevo compratoil disco delle
terio costante», in cui questi faceva riferimento al proprio rapporto conil
Estaciones[si riferisce a quello registrato dal vivo al Teatro Regina], ma fatica-
rock (in particolare con gli Almendra, con i quali aveva inciso «Laura va»),
vo a restarne coinvolto. Fu per opera di Basabru, piùinserito nel circuito del
jazz, che tornai ad ascoltarlo. E proprio quandotendeva una manoal rock, ap- alla collaborazione con il gruppo Generaci6n Cero e naturalmente parlava
profittando della polemica rock-tango. Allora si diffuse l’idea che bisognava anchedel tango e del bandoneon.Sullo stesso numero figurava ancheil con-
ascoltarlo e leggerlo. I suoi scritti erano sempre i benvenuti da noi. Astor se la tributo di Daniel Binelli. L’articolo si intitolava «Scoprirela libertà»e il mu-
7

[ 360] [ 361]
pn

sicista raccontavail lavoro svolto insiemeagli Alas,il trio guidato dall’ex ta- son, Lake & Palmer, che arrivò in Argentina, come d’abitudine in quel pe-
stierista e trombettista degli Alma y Vida, Gustavo Moretto. Il complesso riodo, con svariati mesidi ritardo. Nell'album, l’organodi Keith Emersonla.
che aveva formato insieme al batterista Carlos Riganti e al bassista Alex vorava su schemiritmici e altezze che rinviavanoalle stesse fonti dicuisi era
Zucker aveva appenafatto uscireil suo primodisco, Alas, composto da due servito Piazzolla (le sonate del maestro). Sostituendo le tastiere con il ban-
pezzi molto estesi. Il primo, «Buenos Aires sélo es piedra», alternava i pro- doneon,il risultato non sarebbe stato molto diverso da quanto avevafatto
totipi dell’accentuazione piazzolliana, tornatidi moda dopola Suite troilea- Piazzolla anni prima in «Vayamosaldiablo». E l’affinità estetica con Emer-
na, a schemie sonorità più aggressivi. Ormainon era più un solo organo a son sarebbestata confermata,tre dischi più tardi, dall’&pifania costituita dal-
conferire colore e intensità, ma tutto un armamentariodi tastiere che, con il l’omaggio reso proprio a Ginastera,dicuil’inglese rielaborò un brano.
sintetizzatore Minimoog alla testa, caratterizzava i grandi gruppi di rock «Hanno un forte impatto su di me, ognivolta cheli sento corro a casa a
progressivoinglesi (specie il gruppo di Emerson, Lake & Palmer, gli Yes e i scrivere. Ma nona ripetere quello che fanno loro, vadoa scrivere le mie co-
Genesis). Per Moretto, che era stato allievo di Francisco Krépfl ed erafiglio se. Mi dannoforza», disse Piazzolla sulle pagine di Expreso Imaginario ri-
di Nelly Moretto, una compositrice che gravitava nell'orbita di Juan Carlos ferendosi al gruppo di Emerson, Lake & Palmer. Astor viveva in Italia, uno
Paz,gli Alas si erano formati per «riflettere» ciò che «in qualche modo era dei paesi europei dove gruppi comei King Crimson,i Gentle Giant, i Van der
argentino». Si insinuavanonel rock schegge di vecchie polemichein cui Piaz- Graaf Generatore il trio in questione avevano trovato un seguito molto più
zolla era stato coinvolto in modotangenziale. «Visto che nessunodi noivi- ampiodi quello suscitato a Londra. Il fenomenodel rock progressivoin quel
ve in campagna,la cosa più logica era sondareil folklore della città in cui vi- paese si manifestò in modo talmente vasto che perfino L'Unità, l’organo di
viamo. Abbiamo voluto concepire una musicachefosse riconoscibile come stampa del Partito Comunista Italiano, allora piuttosto influente, organiz-
qualcosadi tipico di BuenosAires». Il secondo pezzo di Alassi intitola «La zava festival musicali con i gruppi più rappresentativi di quel genere. Gli
muerte conté el dinero» e i materiali del tango sonosostituiti da quelli del Stormy Six, i Picchio dal Pozzo, gli Opus Avantra e la Premiata Forneria
folklore andino. A dispetto della tradizione che legava Moretto a Paz e al- Marconi(PEM) sono solo alcuni nomidelle band più popolari. La PEM fu in-
l’Agrupacién Nueva Mdsica, sembrava quasi una concessioneagli usi e co- gaggiata dalla Manticore,l’etichetta creata da Emerson, Lake & Palmer, Al-
stumidi un progressismo politico che in quegli anni aveva adottato il cosid- cuni dei turnisti che collaboravano con Piazzolla avevanotentato la sorte
detto «folklore» come la propria colonna sonora personale. Ma era anche anche con la musica «progressiva». La breve maintensa attrazione che Piaz-
un omaggio a Ginastera. E per estensione a Piazzolla, il musicista che aveva zolla provò nei confronti di Emerson racchiude buonaparte dei malintesi e
distillato le inquietudini del suo primo maestro nella musica popolare da degli abbagli sorti riguardo alla supremaziadel classico, osservato general-
ascolto. Moretto riconosceva espressamentel’eredità di Astor, pur passando mente dal mondo della musica popolare come unaspecie di traguardo. Se
perilfiltro di Keith Emerson. Ladifferenza andavacercataaldilà della scrit- c’era una cosa di Emersonche affascinava Piazzolla era la sua destrezza con
tura e delle interpretazioni. Per Binelli, lo scarto risiedeva nelle improvvisa- le tastieree il suo costantechiosarei riferimenti eruditi con l’organoelettri-
zioni «cheesistonosolo nel tango rock e non nel tango tradizionale. Lì non co. Piazzolla non aveva mai messo in dubbio la formazione accademica di
improvvisa nessuno, neanche Piazzolla,forse per i limiti imposti dagli sche- Emerson. Il modo portentosoin cui si destreggiava al pianofortee il conti-
miritmici». nuoricorsoalla citazione erano a suo giudizio indizi inconfutabili della sua
L’avvicinamento di Piazzolla al rock, in un primo momento,era stato le- formazionescolastica. Tuttavia, la storia è ben diversa e lo stesso Emerson
gatoai gruppidi turnisti con i quali aveva lavoratoin Italia, e alla versione l’ha raccontata con dovizia di dettagli in Lucky Man: autobiografia di un ta-
da tournée del complessochesiera sciolto al Gran Rex chesi sarebberifor- stierista rock.* Cresciuto in seno a una famiglia di estrazione medio-bassa
mato, con altri musicisti, l’anno dopo. Tuttavia, l'oscillazione che lo aveva della periferia londinese, avrebbe avuto un destino conformea quella pro-
fatto passare per l’organo Hammonde più avanti perfinoperil sintetizzato- venienza,se fosse stato peri suoigenitori: quello di impiegato delle poste.
re, suonato dalfiglio Daniel, con l'annessione definitiva della batteria e del Emerson avevapresolezioni private di pianoforte da un’insegnantedel suo
bassoelettrico e gli assolo sugli ostinati — tratto che non sarebbe andato per- quartiere e il suo principale trascorso da «concertista» era stata la parteci-
so conil successivo quintetto — diede luogo a unascoperta che merita un ap- pazione a un concorsodella British Federation of Musicin piena adolescen-
profondimento. Nel 1971 era uscito Tarkus,il secondodisco del trio Emer- za. Aveva appresoi trucchi del jazz mediante un corso per corrispondenza
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che «impartiva» Jules Ruben, patrocinato dalla rivista Melody Maker. ra piano di Ginastera,in cui l’orchestra dovevaesseresostituita da strati del
«Ogni settimana ricevevo una tabella di accordi con i quali memorizzavoil sintetizzatore Moog. Boosey & Hawkes,la casa editrice del compositorear-
ciclo delle quinte che era fondamentale se uno voleva destreggiarsi nell’arte gentino, lo avvertì che non avrebbe potuto inciderla senzail consenso del-
del jazz». Gli piacevano Thelonious Monk, Brubeck e Bernstein. Imparò i l’autore. Emerson allora gli telefonò a casa, parlò con Aurora Nitola, la
rudimenti dell’orchestrazione dal classico manuale di Walter Piston. Ma vi- moglie di Ginastera, e lei lo invitò ad andare a Ginevra, per cercare di con-
sto che gli toccò crescere nel periodoin cui imperversava la mania peri Bea- vincere il marito di persona. «Una governante ci accompagnòfino all’anti-
tles, dopoaversentito alla radio «Strawberry Fields Forever», decise che la camera dell’appartamento, doveil maestro ci aspettava per darci il benve-
sua specialità sarebbestato il rock, o un certotipodi rock. I Nice,il suopri- nuto. Non era affatto come l’avevo immaginato. Non assomigliava per
mo gruppodi una certa importanza, fecero parlare di sé per aver inserito niente alla sua musica. Si vestiva in modo molto tradizionale, mi ricordava
biecamente nei loro pezzi dei frammenti dei Concerti brandeburghesi di i dirigenti bancari del mio periodo alla Lloyds Bank». Emerson mostrò a
Bach,o di sinfonie di JeanSibelius, che venivano mescolati a Bob Dylan. Nel Ginasterala sua versione della «Toccata»e ricevette il benestare entusiasta
1968, i Nice proposero una loro versione di «America», uno dei brani di del compositore. «Allora ho domandatoal maestrose gli andava discrivere
West Side Story. Il primo trio di Emerson la eseguì per la prima volta alla due parole sul mio arrangiamentoperil disco». E Ginastera ovviamenteac-
Royal Albert Hall di Londra. Concluseroil concerto bruciando una bandie- consentì. «Keith Emerson ha colto perfettamentelo spirito della mia com-
ra degli Stati Uniti. Il fatto che Emerson avesse gusti musicali in parte simili posizione», assicurava sulla copertina di Brain Salad Surgery. Un apprezza-
a quelli di Piazzolla, malgrado appartenesseroa generazioni distinte, fa gra- mento che Piazzolla non ottenne maiperiscritto dall’uomo che gli aveva
vitare i due in una stessa orbita,che dialogava (o fingevadi farlo) conla tra- fornito alcuni dei più importantiferri del mestiere.
dizione della musica classica. Emerson componevaperfino fughe da autodi- In seguito,il nome di Emerson sarebbestato depennatodallalista dei mu-
datta (la seconda traccia di Trilogy e il suo Piano Concerto No. 1). E poi, sicisti preferiti da Astor, così come moltialtri che citava senza posa a metà
non bisogna dimenticare Ginastera. Emerson venne a sapere dell’esistenza degli anni Settanta. Ma questo si doveva semplicementealfatto che Piazzol-
del compositore argentino per caso, durante le prove di un pretenzioso fe- la aveva modificato di nuovoi propri progetti musicali e che, come sempre,
stival che si teneva a Los Angeles e che si chiamava «Pop Goes Symphony», le sue condannee rivendicazionieranofinalizzate alla legittimazione perso-
a ulteriore riprova di una chimera tipica dell’epoca, che mirava a ridurre le nale. Il bandoneonista dava la sua approvazione a qualcuno per tracciare
distanze tra i generi musicali. Il concerto fu diretto dall’indiano Zubin genealogie e alleanze. Parlare bene di certi musicisti del passato o del pre-
Methae tra i partecipantifiguravano anchei Jethro Tull, Ray Charles, Pin- sente era il suo mododiinserirsi insieme a loro in un canone immaginario.
chas Zukerman, Jerry Goodman, Daniel Barenboim e Jacqueline du Pré. E, dopole sue fallimentari avventure elettroniche, Piazzolla smise di voler
Ciò che Emersonsentì in quell’occasione era un frammento del Concierto far parte del mondodelrock. Il pubblico non andavain visibilio difronte al-
para piano di Ginastera, del 1964. E non l'aveva dimenticato quando formò la «modernità» del suo suonoelettronico,chein realtà, tra il 1976 e il 1977,
il trio Emerson, Lake & Palmer. Il modo in cui Emerson accedevaal reper- era ormai piuttosto standardizzato e nelle mani di gruppi comei Return to
torio classico, per poi spacciarlo come erudizione, era assolutamente acci- Forever raggiungeva livelli di perfezione nell’esecuzione inarrivabili per i
dentale. Una volta si trovava a Londra, a un concerto di cui non aveva letto suoi gruppi. Ciò che invece non smettevadi estasiare gli ascoltatoriera il suo
nemmenoil programma, e sentì per la prima volta Quadri da un’esposizio- bandoneon.
ne. Infervorato dall’opera, il giorno dopo acquistò la partitura per pia- La seconda formazionedel gruppo elettronico sorse per l’esigenza di af-
noforte di Musorgskij. E fu così che elaborò la sua versione «elettrica» di frontare unaserie di concerti previsti per gli inizi del 1977 in Francia,Italia
quella composizione monumentale, orchestrata da Ravel. Cos'altro sono e Germania. Daniel fu incaricato di occuparsi della selezione e i nuovi mem-
stati gli anni Sessanta e una parte dei Settanta se non un mododi trasforma- bri furonoil chitarrista Tommy Gubitsch — che aveva appenacollaborato al-
re degli ascolti occasionali in un’estetica? In Tarkus, il secondo disco di l’ultimo disco degli Invisibles come strumentista e compositore di uno dei
Emerson, Lake & Palmer, riecheggia soprattutto il secondo movimentodel- brani - il bassista Ricardo Sanz, Osvaldo Calé, ex membro dei Desconoci-
la prima Sonata di Ginastera. Nel quinto Ip del gruppo, Brain Salad Surgery, dos de Siempre,all’organoelettrico, Luis Ceravolo alla batteria nonchéil
Emerson pensavadi inserire una versione della «Toccata» del Concierto pa- pianista Gustavo Beytelmann, che viveva a Parigi. A quanto racconta Gu-
f

{ 364 ] [ 365]
bitsch cn loro Piazzgja parlava a malapena; semplicemente si aspettava sersi «stufato» della questionepolitica, lasciando intendere che nonerasta-
3 . . . .
che sg, ssero suonare | $ ua musica. Di fatto, il bandoneonista ha conside-
.
to un elemento dapoconelcorso della tournée. «Nonvoglio più sentir par-
rato q, 1 gruppo comeyn «passofalso».* Tra le due formazioni prediligeva lare di comunismonédisinistra. Mi hanno davvero scocciato questi “pivel-
li” irresponsabili che non sanno nemmeno dove andranno a parare. Fosse
di certo la prima. E raccontava:
per me, li mandercitutti in Russia». Con loro si accanisce in modo crudele:
Abbiamo suonato all’Olympia ottenendo un grande successo. Ma i francesi, «Tutti nelle camere a gas». Quello che meno sopporta di Parigi non è «la gio-
che conosconobenissimo la mia opera, in qualche modo mi hannoespresso le ventù bruciata» né la «coca © quel che è», mail fattofche «tuttosia politi-
loro rimostranze. «Cosa le succede, Piazzolla? Cosa ci fa con questo gruppo? Il cizzato». Nella lettera avverte che la Francia «sta andando semprepiù si-
mondoè pieno di chitarre e bassi elettrici, di sintetizzatori e organi. Così non è nistra, che è un modo per andarsene affanculo». Il risentimento nei con-
niente di che, ma per quantoriguarda gli strumenti acustici lei ha unodei mi-
gliori complessi al mondo. Torni al Quinteto». Ci ho pensatosu e mi sono det-
fronti del contesto europeosi mescola a quello chederiva dall’esperienza fal-
to: hanno ragione loro. lo sono Piazzolla, la mia musica ha a che vedere conil limentare di aver lavorato con personepiù giovanidi lui. «Per6n hadetto so-
lo unacosa giusta ed è la parola SBARBATI. Aveva ragione, questi sono pro-
tango. Cosac'entroio con la fusion?’
prio così». Nel concludere la missiva, Piazzolla dovevaessersi spaventatodi
Si era rotto l’incantesimo, per quanto le cause non fossero esattamente ciò chele dita, guidate da una mente sopraffatta dalla rabbia, avevano bat-
quelle raccontate dal bandoneonista, o comunquenon solo quelle. Nel re- tuto a macchina. Quindi, a penna, Astor aggiunse come commiato: «E non
socontodi Gubitsch, la posizione di Piazzolla rispetto alla dittatura finì per sono nazista».
essere uno dei punti di frizione piùcruciali di quel periodo.Il chitarrista so- Con buonapacedi Piazzolla, la situazione argentina non era una questio-
spettava che dietro la tournée francese dell’Octetoci fosse lo zampino del- ne irrilevante perla politica francese dell’epoca, dal momentoche, tanto per
l’esercito che, del resto, aveva avviato un’intensa attività di cospirazione e cominciare,i militari della EsMA avevano sequestratoe assassinato due suo-
spionaggio deidissidenti esiliati in Francia attraversoil cosiddetto «Centro re francesi insieme ad altre quattro argentine. E fu proprio a Parigi che la
Pilota»di Parigi. Gubitsch era forseil più politicizzato del gruppo. Durante campagnadi boicottaggio dei Mondiali del ’78 ebbe maggiore risonanza.
il concerto all’Olympia, riuscì a inserire furtivamente nell’introduzione di Nella capitale, perfino un’anziana monarchica come Nadia Boulangersi sta-
«Adiòs Nonino» la melodia di «Hasta siempre comandante», la canzone- va prendendoa cuore quanto succedeva in Argentina. Secondo Léonie Ro-
senstiel, la «fase più umana»della Boulanger durante la vecchiaia fu legata
tributo a Ernesto Guevara del cubano Carlos Puebla. La sua evocazioneal-
proprioaisuoi «sforzi a favore di un ex allievo che era stato arrestato».7 Lex
la chitarra venne soppressa nell’incisione. A Piazzolla doveva essere sem-
maestra di Piazzolla arrivò a scrivere unalettera (rivolta a chi? Alle autorità
brata una bowtadeintollerabile. Tuttavia, non era solo Gubitsch a far sorge-
re conflitti. Ben presto anche le contrapposizioni tra i rockettari e Daniel francesi? Al regime?) «per salvare quel ragazzo a cui era tanto affezionata».
Piazzolla, che disprezzavano come musicista,si fecero insostenibili. Il grup- Quel «ragazzo»era il pianista Miguel Angel Estrella, che era stato suoallie-
po, comeil precedente,finì per sciogliersi senza rimpianti, ma con una buo- vo nel 1965 e che era ostaggio dei militari. La Boulanger ebbe un motodi
na dose di risentimento. In una lettera del maggio del 1977, in cui Piazzolla compassione e audacia che Piazzolla, pur avendo unafiglia come Diana che
si firmava «l'ingegnere del bandoneon» e che viene commentata dalla figlia fu costrettaall’esilio per la sua militanza peronista, non arrivò mai adavere.
Diana in appendiceal suo libro, il compositore raccontavaall’amico Quito La maestrae il suo allievo estemporaneodel 1955 più avanti si sarebbero in-
quanto fosse contento diessersi sbarazzatodi «quei delinquenti». La lettera contrati, come già accennato, in un aeroporto internazionale. A_ testimo-
è scritta a macchina, pertanto il contenuto non dev'essere stato ponderato a nianzadi quell’incontro casuale sarebbe rimasta unafoto, nella quale Astor
fondo. Il tono della missiva è dettato da un impulso, da un bisognodi sfo- sembra emozionato, mentre la Boulangerè su unasediaa rotelle. Ciascuno
garsi che fa sì che quantodi solitosi dice soltanto negli impetidi collera, sen- avrebbe poi proseguito per la propria strada. E a Piazzolla non sarebbero
za mai renderlo pubblico, rimanga impresso sulla carta. Come musicisti, di- più capitatialti e bassi né nuovi imprevisti.
ce Piazzolla, i suoi ex compagni di viaggio non hanno nulla a che vedere con
Malvicinoe quella generazione, che, peraltro, «non era esterofila». L’unico
che si salva dalla sua condanna è Beytelmann. Piazzolla confessa anchedi es-

[ 366 ] [ 367]
Notedella nona parte

1. Questo datoè stato fornito dalla nipote ed è lo stessocherisulta dairegistri dell’amia (Aso-
ciaciòn Mutual Israclita Argentina).
2. Keith Emerson, Pictures of an Exhibitionist, John Blake Publishing, Londra 2004 (Lucky
Man: autobiografia dî untastierista rock, Nuovi Equilibri, Viterbo 2007, traduzione di Stefa-
no Pogelli).
3.Ivi. €
È
4. Natalio Gorîn, Astor Piazzolla, Memorias, Alba Editorial, Barcellona 2003 (Astor Piazzol-
la, Di Giacomo Editore, Roma 1995, traduzione di Hugo Aisemberg, Cecina Cutini e Luisa
Majone).
s.Ivi.
6. Diana Piazzolla, Astor, Corregidor, Buenos Aires 2005.
7. Léonie Rosenstiel, Nadia Boulanger: A Life in Music, W.W. Norton, New York 1998.
8. Ivi.

DECIMAPARTE: 1979-1989

(PARIGI-NEW YoRK-PARIGI-BUENOS AIRES)


da

[368]
I biografi parleranno di un secondo Quintetoe, in effetti, ci furono unaserie
di elementi musicali che lo differenziarono nettamente ga quello che l’aveva
preceduto, in tuttele sue versioni. La cosa ceftà, Però, è che i cambiamenti
furono obbligati. Agri, a detta di Piazzolla, «se ne andò, mise su un com-
plesso viennese e non tornò più»,* Diaz faceva parte del Sext©t0 Mayor,e;
pianisti storici, comesi è detto, erano morti. Li sostituirono Fernando Sud_
rez Paz, Héctor Console e Pablo Ziegler. E alla chitarra elettrica, come era
già successo,si alternarono Oscar Lépez Ruiz, che rimase fino al 1985, €
Horacio Malvicino, che restò fino a quandoil grupposisciolse, nel 1988, e
poi si unì anche al Sexteto, nel 1989. «Sono stanco dei musicisti, dei proble-
mi, dello stress che si genera. Ma nonsarei sincero se non riconoscessi quan-
to ha significatoil Quinteto negli ultimi dieci anni della mia vita, dal 1978 fi-
no a quando l’hosciolto», diceva Piazzolla a Gorîn nel 1990. Il bandoneo-
nista, nella stessa occasione, sosteneva anche che «ciò che avevo seminato
con Maria de BuenosAires e poicon il Nonetolo ha raccolto musicalmente
questo quintetto. Le sue sonorità sono diventate più ricche, grazie ai miei ar-
rangiamenti, e tutti abbiamoiniziato a volare. È in quel momento che è ma-
turato il fenomenoPiazzolla in Europa». Inoltre, parlando sempre con Go-
rin dei propri strumentisti, Piazzolla, che continuava a considerare Gosisil
suo miglior pianista e Diaz il contrabbassista ideale, affermava che come
?
É

[ 371]
violinista prediligeva senz'altro Fernando Suàrez Paz. «È più moderno,più sti potessero essere intercambiabili («di riserva») fa capire, tra le altre cose
attuale. Lasciandostare il lato umano,è il number one... Con Agri resta un chetipi di contratti venissero stipulati in quegli anni. Questo Astor che STA
rapporto fraterno moltobello. In questo senso sonodiecia zero, non c’è pa- il mondohauncentro e un capitale. L’aveva accumulato nel corso di decen-
ragone. Ad ogni modo,nella vita non sempresi valutano gli uominiin base ni. Avevacavalcatostili, provocato scismi, aperto frontiere. Il mondononsi
al loro mododi essere. Nessuno si domandase Beethoven o Brahmsfossero riduceva più al 676, al Teatro San Martin, al Gran Rex di turno, 0 a qualche
braveo cattive persone,li si giudica per la loro opera musicale». E Piazzolla trasferta sporadica. Un giorno poteva trovarsi ad Amsterdam, un altro a
apprezzava Su4rez Paz perché nonsolo «era bravo a suonare», ma aveva an- Tokio, quello successivo all’Avana o a Manhattan. E a duel punto, era tutto
che «una grandeespressività: ha molto intuito nel combinare gli elementi,i già scritto.
suoi fraseggi hanno abbellito la mia musica». Anche Agri l’aveva fatto, ma
adesso era il momentodella resa deiconti.
In effetti, questo quintetto, chedi fatto non apportava granchéin termini
compositivi, oltre a suonare con una potenzae un’incisività prodigiosee ad
avercilasciato veri e propri capolavori come «La camorra 1», godeva di una
libertà — di improvvisare «a volontà», si potrebbe dire — e poteva conceder-
si certe licenze impensabili nei gruppi precedenti. Non era solo Piazzolla a
essere cambiato. Le forme di ricezione e di circolazione erano diverse da
quelle del 1960. Il secondo Quintetofu fin da subito un gruppointernazio-
nale, con altre incombenze,codici, e altri onorari. Poi fu la volta del Sexte-
to. Il conflitto con SuArez Paz e i problemidi salute — un’operazione al cuo-
re con l’innesto di un bypass quadruplo nel 1988 — gli fecero pensare di aver
bisogno di un secondo bandoneonchelo sostituisse nelle parti da solista.Il
gruppo fu come un’ultima ripresa, ovviamente variata, prima della coda.
L’ultimo decenniodi attività, quello in cui ottenne i maggiori riconoscimen-
ti, almenodaparte degli americani,dei brasilianie degli europei, non fu che
un lungo,sicuro ed esperto sguardoa ritroso. Tre dischiregistrati in studio,
negli Stati Uniti, un altro dal vivo, e con Gary Burtonal vibrafono — lo stes-
so che vent’anni prima era rimasto sbalordito dalui al 676, dove era venuto
a suonare con Stan Getz — e numerosi concertie incisioni che vennero pub-
blicati dopo la morte del bandoneonista sonostatiil lascito di questo grup-
po. Unlascito che, ad esempio,attesta l’evoluzione di un brano come «Tri-
stezas de un Doble A», che arrivò a durare più del doppio del temporispet-
to alla versione originale e che, nella sezione intermedia, comprendeva
un’improvvisazionecollettiva sulla falsariga del free jazz. Il Sexteto lasciò
solo qualche branoregistrato in studio, e in alcuni venne successivamente
modificata la parte del contrabbasso, perché Piazzolla non era soddisfatto di
comeera venutal’incisione con l’esecuzione di Angel Ridolfi. Anchein que-
sto caso, molte registrazioni dei concerti uscirono su disco dopo la mortedi
Piazzolla. In molte,il violoncellista è Carlos Nozzi, mentreil contrabbassi-
sta è Ridolfi, che Piazzolla non ha mai smesso di considerare «due musicisti
di riserva, che rimpiazzavano Bragato e Console».* L'idea che gli strumenti-
Sy

[ 372] [373]
avevano consentito cose comela pesca allo squalo a PuntadelEste o unase-
rie di lussuoseauto sportive. Dal puntodi vista artistico sembranopiù inte-
ressanti Kip Hanrahan, che produsse la cosiddetta trilogia di New York —
Tango: Zero Hour (1986), The Rough Dancer and the Cyclical Nîght
(1987) e La Camorra: the Solitude ofPassionate Provocation (1988)? — e Ve-
ra Brandes, proprietaria delle etichette Verabra e, più avanti, Intuition, che
realizzò il disco conleincisioni del Sexteto e organizzò afcunedelle date del
gruppo in Europa.' In entrambii casi si nota la presenza di uno sguardo
esternoe, per quantofossero state fallimentarile sessioni del Sexteto — e non
certo per colpa della produttrice — sia in quell’album che nei tre newyorkesi
è chiara l’idea di un prodotto sostenuto da un criterio ben preciso, che era
mancatonelle precedentiversioni del Quinteto.

Gli ultimi dieci anni della carriera musicale di Astor Piazzolla sancirono un
cambiamento importante nel modoincui veniva ascoltato dagli altri. Sia il
nuovo Quinteto che il breve Sexteto successivo suonaronospesso neifesti-
val di jazz, davanti a platee che in molti casi conoscevanogià Piazzolla e che,
invariabilmente, lo ascoltavano in modoattento e ammirato,I rientri a Bue-
nos Aires, in quel periodo,si traducevanoin concertinell’ambito di rassegne
più o meno prolungate, come al Teatro Regina nel 1982, o in grandi teatri
comeil Gran Rex. Il bandoneonista continuava a lamentarsi della sua scar-
sa popolarità in Argentina, mala verità è che era unartista di culto,e,se si
considera chesi tittava di una musica «da ascoltare e non daballare», per
espressa decisione dell’autore, e di «musica non commerciale», almenoa pa-
role Ae! successo non era da disdegnare.
nigli ultimi due decenni di attività, Astorsi affidò a produttoridiversi,
Da peri contribuirono a consolidare la sua posizione all ’interno del merca-
to internazionale. Il primo di questi fu Aldo Pagani, che gli faceva da mana-
gerfin dal periodoitaliano e che,al di là delle accuse che gli sono semprepio-
vute addosso(l’aver piratatotutte le incisioni che poteva, l’aver venduto più
volte la stessa cosa a persone diverse cambiandoil titolo, e, di sicuro, la man-
canzadi canoniartistici edella minima finezza 0 buon gusto), aveva ottenu-
to per il bandoneonista r®!UNnerazioni in linea con le sue aspettative, chegli
[375]
[ 374]
to, potevano nonessereidilliaci — e, ovviamente, in seguito non fecero che
peggiorare — ma nonlo erano stati nemmenoquelli tra i membridi una del-
le orchestre più emblematiche deljazz, quella di Duke Ellington, nella qua-
le, ad esempio, lo scambiotrail direttoree il sassofonista Johnny Hodges,
che nonsi parlarono per anni, si limitava al segnale cheil secondofaceva al
primosfregandoil pollice e l’indice per ricordargli che riteneva di essere sot-
topagato. Tango: Zero Hour era in buona parte una rilettura, da una posi-
zione ormaiirrevocabilmente canonica, dell’ultima fase del Quinteto degli
anni Sessanta. Ne erano provale versioni, insuperabili quanto a concisione
e perfezione tecnica — e con una qualità di registrazione inconcepibile sedi-
ci anni prima, specie a Buenos Aires — di «Milonga del Angel», «Concierto
para Quinteto» e «Michelangelo 70». The Rough Dancer and the Cyclical
Night è, come altre opere destinate al cinema, una reiterazione estrema-
mente professionale di espedienti collaudati. E, comeinaltri casi, è l’inter-
pretazione — nella fattispecie, del bandoneonista e del sassofonista — a sal-
varla dall'oblio. Nell’opera, commissionata dall’Inter Hispanic American
Arts Center per la produzione di Tango apasionado, con la coreografia e la
regia di Graciela Daniele, non suonail Quinteto, ma un sestetto che com-
prende ancheil sax contralto del cubano Paquito D’Rivera. Del gruppoori-
ginario restano solo Piazzolla e Suàrez Paz, mentreil pianoforte è suonato
Il primodisco del nuovo Quinteto, Biy:zy4 (inciso nel 1979 e uscito l’anno dal coproduttore della registrazione, Pablo Zinger — la somiglianza conil
dopo), fu prodotto ancora da Pagani. Vi compaionodiverse composizioni nome di Pablo Ziegler è una stranissima coincidenza — la chitarra elettrica
nuove, che sarebbero entrate a far parte del repertorio abituale del gruppo, da Rodolfo Alchourron e il contrabbasso da Andy Gonzalez. Mail vero te-
come «Escualo» o «Chin Chin». In quest’ultimo, peraltro, figurava qualco- stamento del complesso è il ciclo La Camorra (formato da «La Camorra 1»,
«La Camorra 1» e «La CamorraI»), incluso nel disco omonimodove,co-
sa di diverso da tutto ciò che era stato fatto in precedenza: un assolodipia-
noforte che improvvisavasu un vaz1p' della chitarra elettrica. Il secondodi- me spiega Omar Garcîa Brunelli, il famoso motivetto del «canto della piog-
sco del gruppo, che uscì mentre Piazzolla era ancora in vita, era quello che gia» di Woodstock diventa la base della composizionee viene rielaborato in
riuniva alcuni concerti tenuti insieme a Roberto Goyeneche nel maggio del modi estremamenteingegnosinell’arco dei tre brani. Sebbene le tre compo-
19822! Teatro Regina, senza contare Jemusiche delfilm E/ infierno tan te- sizioni fossero state concepite come opere autosufficienti, tanto che Piaz-
mido del 1980, che furono anch'esse eseguite dal Quinteto. I contributi al- zolla, di fatto, non le suonava maiinsieme, mostrano un’unità tematica che,
le coPnne sonore di Volver, di David |pszyc, e di Tangos— L'esilio di G ar- fra le altre cose, la dice lunga sul rapportocheil bandoneonista aveva conil
del, di Fernando Solanas,risalgono rispettivamente al 1982 e al 1985, men- pubblico in quel periodo. Quel motivo di cinque note,ripetuto in coro co-
tre il primo disco newyorkese arriva nel 1986, con una straordinaria «Tan- me un loop, a Buenos Aires era una maniera per mostrare totale ammira-
guedia» comeincipit. Il brano, che aveva avuto un ruolocentrale nelfilmdi zione nei confrontidi un artista e di chiedergli un bis in modo più accorato
Solanas e che prima, conil titolo «Los lagartos», era già circolato fugace- -— e a misura di un pubblico che aveva ricevuto la propria educazionesenti-
mente come omaggio al terrorista di Stato Alfredo Astiz,all’epocain cui la mentale dal rock — che conil classico applauso o il semplice «bravo» di una
propagandaufficiale lo presentava comeil liberatoredelle isole Georgia du- volta. Ed era un motivochePiazzolla, in quegli anni, ascoltava in continua-
rante il conflitto nel sud dell’Atlantico, emanava una potenza che non la- zione, senza mai stufarsi.

sciava alcundubbio , Questo era un gruppo dal suono ultraprofessionalee,


al tempo ste$®CANI co di energia. I rapporti tra i componenti, comesi è det-

[ 376] [ 377]
e ho rielaborato alcune cose del Quinteto, ho adattatole partidi violino peril
violoncello. La formazione con i due bandoneon,il violoncello, la chitarra,il
contrabbassoe il pianoforte è stato un azzardo. Mi sembrava chepotesse esse-
re fenomenale, ma tutt’a un tratto mi sono accorto che non funzionava, specie
quandose ne sono andati Console e Bragato. C’erano troppe sonorità gravi.
Mancavaunviolino. È stato un errore.”

} €
Il gruppo, comesi è detto, non ha lasciato nessunaincisione, o comunque
nonne è uscita nessunafinché Piazzolla era in vita. Della prima formazione,
quandoil secondo bandoneonista era Julio Pane, è rimasta la registrazione
di una prova aperta che si tenne al Club Italiano nell’aprile del 1989.* Di
quella che potrebbeessere considerata, con le dovute precauzioni, la forma-
zione più stabile, o almeno quella di cui Piazzolla era più soddisfatto, con
Daniel Binelli come secondo bandoneonista prima che Console e Bragato se
ne andassero, sono rimastele incisioni alla BBC dicuisi è già parlato e quel-
le del 26 giugno ad Amsterdam.’ L'altra registrazionechesi conserva è quel-
la di un concerto a Losanna,del 4 novembre,e già con Nozzial violoncello
e Ridolfi al contrabbasso.'° Nonce ne furonoaltre.

Il fatto che il Sexteto, con le sue sonorità superbe e complesse, e quel tocco
«esotico» conferito dal pianoforte di Gandini, sia passato per ben tre forma-
zioni diverse in meno di un annodivita rivela quantofosse conflittuale. O
meglio, quanto fosse problematico per Piazzolla guidare un gruppo stabile
dopo l’intervento al cuore, ma anche dopo più di mezzo secolo di carriera.
«Il Sexteto era la ricerca di qualcosa di nuovo», diceva il bandoneonista a
Gorin.f La decisione di rivolgersi a Gandini, uno straordinario interprete,
con unaprodigiosa capacità di lettura a prima vista nonché un compositore
in gradodiarricchire con il proprio sguardo un’opera che era ormaiunosti-
le a sé (in Argentinasi scriveva «d la Piazzolla»), fu un azzardo che perfino
alcuni colleghi della «Vecchia Guardia» del bandoneonista faticarono a
comprendere. L’autore di «Mtisicaficciòn» sembravaquasiun clandestino a
bordodi quella nave. Gandini veniva «da un’altra parte», non era un turni-
sta e aveva un’opinione(e una scrittura) personale. L'esitodel suo incontro
con Astornonè stato dei migliori per motivi indipendenti dalla loro volontà
e resta il dubbio che potesse essere più proficuo. Piazzolla in seguito disse:

Dopoi quattro bypass del 1988, ho voluto mettermialla prova. Potevo ancora
suonare, comporre, allora ho cominciatoa scrivere comeun forsennato, a più
nonposso. Ho compostotutti questi brani, che sonopiù di mezz’ora di musica,

[378] [ 379]
re la rivoluzione ecumenicaci voleva un ultimofattore di tipo sentimentale.
Un incontrosegretotra tutti i musicisti di tango della sua generazione,i vec-
chi contendenti e protagonisti di dispute e arringhe, per sancire definitiva-
mente la pace. «Noncisono più state recriminazioni, solo abbracci», dice
ricordando quel concordato tardivo negli anni Ottanta, Leopoldo EEICnenI
il bandoneonista del vecchio Octeto dei carri armati, nonché custode della
tradizione. €

Doveva averla sentita almeno una volta: «Strange, he shadows me back


home, | Footsteps echo onthe stones...» Magaril’aveva vista in uno di quei
videoclip che a metà degli anni Ottanta costituivano unasorta di esperanto
visivo. Eccola lì, nerissima — comela protagonista di «Graciela oscura» -
mentrefinge di suonarela fisarmonica sotto a una pensilina. «Rainy nights,
on Hausmann Boulevard, | Parisian music, drifting from the bars». Grace
Mendozaera nata in Jamaica. Era stata una modella androginadi Elle, una
delle figure dello Studio 54, insieme a Warhol. Nel 1977 avevainciso il suo
primodisco, Portfolio. Macolei che a quei tempiera universalmente cono-
sciuta come Grace Jones raggiunse la fama solo nel 1981, con l’album Ni-
ghtclubbing. La sesta canzonesi intitolava «I've Seen That Face Before»:
ognistrofa cominciava con la parola strange, ed era interamente basata su
«Libertango». Il pezzo uscì di nuovo nel 1985 all’interno di Island Life, la
primaraccolta dei migliori branidella jamaicana,che in quel momentoera
anche una Bond girl. Un Piazzolla a ritmo di reggae, androgino, annuncia-
va nonsolo l’era dei grassi benefici del copyright, ma anche quella delle nuo-
ve e molteplici collocazionisugliscaffali dei negozididischi: dalla musica di-
sco al Kronos Quartet, passando per Al Di Meola,Iva Zanicchi; da Mstislav
Rostropoviè e «Le Grand Tango»agli arrangiamentiperil cinema di «Adiés
Nonino»realizzati da José Carli conil benestare di Piazzolla. Per completa-

[ 380] [ 381]
Il 5 agosto del 1990,Piazzolla cadde per terra nel bagno dell’appartamento Rimase in coma per dueanni.
di un residence parigino nel quale alloggiava. Fu ricoverato con un ictus e
nonsi rialzò maipiù.
Lo riportarono a BuenosAiresil 12 agosto.

[ 382] [ 383]
Pa
Note della decima parte

1, Natalio Gorîn, Astor Piazzolla. Memorias, Alba Editorial, Barcellona 2003 (Astor Piazzol-
la, Di Giacomo Editore, Roma 1995, traduzione di Hugo Aisemberg, Cecina Cutini e Luisa
Majone).
2. Ivi.
3. I tre dischi originariamente furono prodotti dalla American Clavé. Attualmentei diritti di
edizione appartengonoalla Warner, così comela serie di registraziopi dal vivo, inedita finché
Piazzolla era in vita, cheall’inizio era‘uscita per la Milan Sur.
4. La Intuition, nel 1996,hafatto uscireil disco 57° con la realidad, nel quale vengonoinclusi
quattro brani — «Tres minutos conla realidad», «Mumuki», «Sexteto» e «Adi6s Nonino» — in-
cisi in occasionedi un concerto perla BBC di Londra a giugno del 1989 e con la formazionedel
Sexteto preferita da Piazzolla, cioè ancora con Bragatoal violoncello e Consoleal contrabbas-
so. Il disco è completato da «Prelude to the Cyclical Night (Part 2)», inciso nel 1982 nel Radio
City Studio di New Yorksolo da Piazzolla (in realtà si tratta di un frammento di neanche un mi-
nuto) e da quattro brani — «Imagenes», «Milonga para tres», «BuenosAires hora cero», «Pa-
sajes obscuras dos estrellas» [sic] - registrati a novembredel 1989 dal Sexteto, ma già con Noz-
zi e Ridolfi. Nei primi due brani, peraltro, nel 1993 venneinserita una parte per contrabbasso
elettrico che fu assegnata a Andy Gonzalez,subentrato al posto di Ridolfi.
5. Si tratta di una breve sequenzafissa di accordichesi ripete comeun ostinato.
6. Natalio Gorîn, Astor Piazzolla, cit.
7.Ivi.
8. Tres minutos conla realidad, Milin Sur/Warner(1997).
9. Luna, EMI (1992).
10. The Lausanne Concert, Milin Sur/Warner (1993). Neldiscosi riscontranodiversi errorinei
titoli di alcuni pezzi. Quello che figura come «Reality»in realtà è «Sex-Tet», «Operaci6n Tan-
Nascereil 4 luglio era unatale provadell’essenza (nord)americana da aver go»è il titolo errato di «Luna» e «Camorra 11» quello di «Tres minutos con la realidad».
indotto Louis Armstrong a mentire e ad anticipare di un annoe di un mese
la propria nascita per poter dire di essere venuto al mondoil 4 luglio del
1900.Neltitolo di un film, dire «natoil 4 luglio», il giorno dell’Indipenden-
za degli Stati Uniti, equivaleva a trasformare un’effemeride personale in un
segno esplicito del destino. E Astor Piazzolla, che era un (sud)americano a
Parigi al momentodell’ictus e che aveva trascorso l’infanzia e l'adolescenza
a New York, morì nel 1992.
Fra il 4 luglio, e accadde a BuenosAires.
Lacittà di cui la sua musica è ancoraoggi il simbolo.

[ 384] [385]
RIEPILOGO E CONCLUSIONE

«Cheun individuo voglia risvegliare in un altro individuo ricordi che non


appartennero che a un terzo, è un paradosso evidente. Realizzare in tutta
tranquillità questo paradosso,è l’innocente volontà di ogni biografia», scri-
ve Jorge Luis Borges a proposito del «suo» Evaristo Carriego.Il fatto di
averlo conosciuto, afferma nel secondocapitolo sulla vita del poeta, non di-
minuisce «in questo caso particolare la difficoltà dell'impresa». Dilui esi-
stono «ricordidi ricordidi altri ricordi, le cui minime deviazioniiniziali si
sono oscuramente accresciute ad ogni nuova evocazione». L’avvertenza di
Borgessi addice a più d’uno deicalchi coni quali si è cercato di plasmare la
statua di Piazzolla. Alcuni dati personali, certi aspetti del suo apprendistato
musicale, della sua attività professionale e dei suoi rapporti, qualche data,i
momenti di sviluppo di una determinata trama sonostati trasmessi con
qualche lieve correzione rispetto alla loro prima e approssimata formula-
zione. Abbiamoritenuto che Astor richiedesse un’analisi trasversale, basata
su un riscontro incrociato delle informazioni, che diffidasse del racconto
agiografico, per poter essere osservato da unaprospettiva diversa. All’inizio
abbiamoparlato di «indagine poliziesca». E questo ci ha indotto a passare
in rassegna materiali minoritari, a esaminarecerti risultati alla luce di con-
testi più ampi, a indagarele partiture e, soprattutto, ad ascoltare la sua mu-
sica in «consonanza»conaltri paradigmidell’epoca.
+
É

[ 387]
Nella prefazione allo studio su Ginastera pubblicato dalla musicologa lo stesso modonécongli stessi parametri la musica barocca e quella roman-
Antonieta Sottile," Jean-Jacques Nattiezsostienechesitratti di un libro «de- tica o il jazz di New Orleanse il free jazz, ad esempio. E ciò che potrebbe
dicato a colui che, insieme ad Astor Piazzolla, purall’interno di un genere sembrare brutto o insoddisfacente come «musica classica» potrebbe invece
completamente diverso,è senz'altro considerato il più importante cOMposi- ammaliare se considerato come «musica popolare». O tutto il contrario. La
tore argentino». Il fatto che nel parlare di Ginasterasi rendanecessario l’ac- Création du monde di Darius Milhaud, una composizioneclassica che assi-
costamentoa Piazzolla a mo” di legittimazioneinverte del tutto le dinamiche mila materiali provenienti dalla tradizione popolare, risulterebbe assai po-
che avevanocaratterizzato la convocazione un po’ esotica del bandoneoni- vera come musica jazz e non potrebbe reggere il par&gone con qualsiasi
sta ai pubblici festeggiamenti del cinquantesimo compleannodi Ginastera al buon assolo di Benny Golsoninnestato su un blues di tre accordi. Nattiez,
Teatro San Martin nel 1965.Il fatto di aver invitato il Quintetoin quel caso pur essendo in qualche modo guidato da un certo interesse corporativo che
era stata una concessione. Un momento «divertente», «leggero», in mezzo a lo induce a non confonderela paglia con il grano, fa bene a situare Ginaste-
tanta musica «seria». La Serie del Diablo, tuttavia, era ben lungidall’essere ra e Piazzolla in due luoghi diversi, peraltro in controtendenza rispetto ai
una musicadi intrattenimento. In quella concezione,affioravalo stesso tipo diktat del mercato, che tendono a mescolare sempredipiù i generi. Per l’in-
di pregiudizio che aveva portato Carlos Vega,il pioniere della musicologia dustria, e per un certo «senso comune», Piazzolla è il «musicista classico»
argentina, a coniare per tutta la musica che nonera né folkloristica né acca- non riconosciuto dal suo tempo. La sua opera, come quella di Bach o
demicala definizione di «mesomusica». Nonè uno scenario molto diverso Beethoven — o quella di Villa-Lobos o ChAvez, se si pensa alla mitologia
da quello della musicologia anglosassoneodierna, che etichetta come «po- creata dai piazzolliani stessi — pone i materiali popolari sullo stesso piano
pular» ciò che non può rientrare nel campo dell’«ethnic», del «folk»o della della Grande Arte. L’attenzione concessa alla sua opera da partedi interpre-
«art music» (che è semplicementela musica classica con un altro nome). La ti come Yo-Yo Ma o Gidon Kremernesarebbela prova. In fin deiconti, chi
possibilità che Piazzolla facesse parte dello stesso ambitoin cui veniva col- è che suona oggii brani di coloro che a suo tempo disprezzavano Piazzolla?
locato Palito Ortega,oltre a essere un erroredi tipo concettuale, rivelava un Perfino Ginastera oggi è meno considerato dai musicisti classici e un saggio
mododi pensare la musica ancoratoalle forme di composizionee diffusione su dilui, per risaltarne l’importanza,si vede costretto a chiamarein causail
ottocentesche che, pur senza avere ancora trovato un corrispettivo sul piano bandoneonista.
teorico, avevanoperso validità da parecchio tempo. Néil jazz, né gran par- Eppure, in questa sequela di argomentazioni a favore della classicità di
te del tango, né la bossa novao il uovo folklore chestava sorgendo proprio Piazzolla, c'è un errore. Nonesiste una sola Grande Arte. Quella di Bach e di
in quegli anni potevanorientrarein tale visione. Il riferimento di Nattiez al Beethoven, ossia quella della tradizione con la quale loro e Villa-Lobos e
fatto che Piazzolla e Ginastera coltivassero «generi completamentediversi» Chavez dialogano, è una. Ma quella di coloro che partono dalle tradizioni
forse avrebbe sconfortato il primoe tranquillizzato il secondo. Maè verissi- popolari e lavorano principalmente (anche se non esclusivamente) con quei
mo. Per quanto la parola genere sia troppo «generica»e sia stata applicata materiali, è un’altra. Altrettantoartistica, certo, ma, comeintuisce Nattiez,
a troppecose nel corso della storia (cose che peraltro non potevano essere retta da principi diversi. A differenziare i due generi, o per l’esattezza i due
equiparate), rimanda con precisione a deipatti impliciti sul tipo di ascolto. grandi ambiti della musicaartistica, l’uno di tradizione popolaree l’altro di
Oltre a determinare una posizione teoricamente diversa sugli scaffali di un tradizione europeae scritta, sono i materiali, i procedimenti a cui quei mate-
negoziodi dischi(0 nel catalogo virtuale di Amazon, che a ogni buon conto riali sono sottoposti, e la circolazione successiva delle opere. Ciascuna delle
nonesita a collocare Piazzolla in tutti i settori possibili, perché non si sa tre variabili può provenire da ciascuna delle due tradizionie, alla fine, sarà
mai), la questionedei generi musicali ha una portata ben più vasta delle dia- dalla natura della combinazionedelle stesse che scaturiranno, in modochia-
tribe tra collezionisti maniaci, dal momento che parla di comeascolta chi ro per l’ascoltatore pur senzaessere esplicitate,le istruzioni sull’ascolto. Sarà
ascolta la musica. Potrà sembrare contraddittorio, ma la stessa persona, il rapportofrale tre variabili a fornire un sistemadi valori, un patto d’ascol-
benché nonci pensi o non sappia il perché, non ascolta nello stesso modo -— to. La musica di Piazzolla si avvale semplicemente di coordinate diverse da
nonsi aspetta di ascoltarela stessa cosa — quando sente musica di tradizione quelle della musica di Ginastera(e di Bach, Beethoven, Stravinskij o Chavez).
popolare e quandosi trovaal cospetto di opere provenienti dalla tradizione A partire dagli anni Novanta, quando ha cominciato a imperare ciò che
europeae scritta.I sistemi di valore sonoinsiti nell’ascolto. Nonsi valuta al- veniva definito «pensiero debole», Piazzolla è stato trasformatonell’emble-
i

[388] [ 389]
zione Questo è quanto stato scritto il 27 novembre del 2004 dal Guardian in
madi un altro malinteso. È diventato il simbolo dell’estrema persecu
e occasione del debutto londinese di Tango Maestro,il documentario di Mike
nei confronti degli sforzi prodigati dalle espressioni musicali più avanzat
da Dibb sul bandoneonista.
del dopoguerra. La carriera di Piazzolla è stata segnata per molto tempo
conseg uenza dd suo stesso impulso inno- Piazzolla a un certo punto è diventato la bandiera del «nuovo che avan-
polemicheartificiose, forse come
sareb- za». Bandiera che si è potuta innalzare con ariadi sfida perché, ovviamente
vatore. Probabilmente non avrebbe mai immaginato che il suo nome
a proposi to della cesuraf ra i esisteva la sua antitesi: la caricatura di un tango ormai imbalsamato. Astor
be servito da esempio nelle discussioni sorte
suo nome perdure ran- ha saputo esprimerelo sviluppo storico della musica di Buenos Airese, al
compositoriclassicie il pubblico. «La sua musica e il
usen e ai tempostesso, ha rappresentatogliusi, i costumi e le modedella tribù urba-
no moltopiù a lungodi quelli di altri compositori (penso a Stockha
na degli anni Sessanta. È chiaro che in quegli anni era praticamente impos-
suoiepigoni, ad esempio) chealla fine degli anni Settanta e Ottanta sembra-
ma- sibile concepire il fenomeno del Quinteto al di fuori di categorie faziose e
vanogli idoli della musica moderna. All’epoca Astor non figurava nei
suo nomene ha surclass ati molti altri, che mediatiche. La «novità Piazzolla» forse avrebbe dovuto essere indagata in
nuali di musica. Oggi inveceil
la verità del ventesi mo secolo» , dice un’altra direzione, cercando di comprendernele ragioni, ciò che aveva reso
trent'anni fa sembravano incarnare
rno possibile e chiedendosi se contenesse possibilità musicali ancora inesplora-
Osvaldo Golijov, un compositore argentino di grande successo all’inte
rail nume tute- te. Masi insinuò, da entrambele parti, un’idea di progresso, parzialmente
del mercato statunitense.” Se, già nel 1950, Anton Weberne
sa- riduttiva, che hafinito per nuocergli. Secondo Carl Dahlhaus,ciò che notia-
lare delle future conquiste in campo musicale, alcuni decenni più tardisi
riper- modi più mentre ascoltiamo qualcosa dipende anche da ciò che abbiamo
rebbe parlato senza mezzi terminidi «terrorismo modernista» e delle
sul letto a proposito di quell’oggetto. «Qualsiasi percezione musicale, anche
cussioni negative cheil culto della novità e della purezza formale ebbero
o tutta la vita al riconos cimento da partedi quella più imparziale, cosa che in realtà nonesiste, è permeata da remini-
pubblico. Piazzolla aveva aspirat
nza. scenzediciò chesi è letto».* Le esternazionidi Piazzolla su giornalie riviste
coloro che l'avevano infangato o avevano sminuito la sua importa
ciò che fino a poco tempo fa era alla radioe alla televisione, e il discorso sulla sua musica le Elo
Adessola sua musica, ascoltata alla luce di
are le file di un altro ca- che questa mostrava chiaramente, hanno condizionato non poco,oltre che
chiamato postmodernismo, ha cominciato a ingross
il bandone oni- amplificato, la percezione di coloro che sceglievanodi stare da un lato o dal-
nonedi restaurazione. Più che essere considerato «classico»,
o Nattiez,* l’altro della trincea. «Colpire e poi trattare» era stato il motto del sindacali-
sta è stato ammesso nel nuovo parnaso classicista, inteso, second
smoperonistaalla fine degli anni Cinquantae nei Sessanta. Astor partiva al-
comela nostalgia di un momento moltoparticolaredellastoria dellacomu-
l’attacco in modospettacolare e, in parte, lo faceva per poter discutere sulla
nicazione musicale nel qualeil destinatario comprendele intenzioni dell’e-
base di presupposti diversi la propria posizione, che non è maistata davve-
mittente e ne condivide il codice. L’avanguardiae il tradizionalismo sono
da ro osteggiata né tantomeno unavia crucis, checché ne dica il Guardian. La
stati fenomeni antitetici ma al tempo stesso curiosamente accomunati
o, da parte di entramb i, ad distanzacritica permette oggi di determinarela portata della ricerca di Piaz-
una convergenza non sempr® manifesta: l’anelit
zolla e dei suoicontributistilistici. Astor a volte usava indistintamentei ter-
acquisire prima 0 poilo status di «classico».
mini moderno e contemporaneo. Il filosofo Arthur C. Danto stabilisce una
pia- distinzione al riguardo che può essere chiarificatrice.” Secondo Danto, per
Per via del suo impegnonelrinnovareil tango in mododaporlo sullo stesso molto tempo l’arte «contemporanea»è stata semplicemente «l’arte moder-
i musicane lla seconda metà del secolo scorso, Piaz-
nodialtre forme avanzated
zolla fu prima virtualmente scomunicato dagli argentini. Adesso, invece, è en- na prodottanel presente». Il termine moderno implica uno scarto tra «pre-
trato a far parte del soundtrackglobale, e la sua musica è interpretata da Gidon sente» e «passato»: non avrebbe ragionedi esistere se i due concetti fossero
Kremer, Yo-Yo Ma, Daniel Batenboim, Richard Galliano, Joanna MacGregor esattamente o in gran partela stessa cosa. Il termine contemporaneo indica
e dal Kronos Quartet. Cinquant'anni fa lui ha significato per il tango quello che invece quel «presente» che non ha superato la prova del tempo. L’arte «con-
Charlie Parker, Dizzy Gillesp£ e Thelonious Monk avevanosignificato peril temporanea» non definisce un periodo, ma quello che accade «quandofini-
per
jazz quandointrodusserociò che fu considerato l’eresia del bebop e furono sce la periodizzazione della grande narrazionedell’arte; non descrive inoltre
questo oggettodi biasimo.
uno stile quanto un modoin cuigli stili vengono usati». Ci fu un tempoin
cui «moderno» e «contemporaneo»significavanola stessa cosa (la ragione
?
[ 390] [ 391]
della confusionedie su Piazzolla). Lo scarto cominciò a palesarsi quandola Astor è stato completamente riscattato a Buenos Aires. Perfino «Adi6s
rivista americana Life, intorno al 1949, avanzò l’ipotesi che Jackson Pollock Nonino» e «Vayamosal diablo» sono diventati ballabili, sia nelle artificiali
fosse il maggiorpittore vivente degli Stati Uniti. Gli inizi degli anni Sessanta «cene-show»perturisti sia nelle milorgas popolatedai visitatori stranieri e
sancisconola fine dell’espressionismo astratto e prospettano un abisso an- dai nuoviadepti de 1 ballo. Anchele opere del bandoneonista un tempo con-
cora maggiore. Secondo Danto,quindi, è possibile operare una distinzione
fra «moderno» e «contemporaneo». Il primo è unostile fiorito pressappoco
siderate problematiche sonostate rivalutate e dotate di un nuovo significa-
to, comprese quelle che denotavano maggiori pecche a livello formale.
|
tra il 1880 e il 1960. Ha acquisito pertantounsignificatostilistico e tempo- Trent'anni dopo esserestata incisa, Maria de BifN05 Al res non soloè stata
rale. «In ognicaso, la distinzione tra arte moderna e contemporanea nonsi rappresentata in numerositeatri d'Europa,Asia e Stati Uniti, ma si è potuta
è chiarita fino agli anni Settanta e Ottanta». L’apparizione del terminepost- riscattare dal punto di vista commerciale grazie a unaserie di musicisti eu-
moderno ha messo in crisi entrambele nozioni. La categoria di «post stori- ropei. Questa riesumazione, portata avanti soprattutto dal violinista Gidon
co» nonfa che accrescere la confusione. «Da un certo puntodivista, quello Kremer, merita qualche considerazione.
contemporaneo è quindi un periodo di disordine informativo, una condi- L’interpretazione è senz’altro una componente della musica nonsoloine-
zionedientropia estetica totale. È però allo stesso tempounafasedi libertà vitabile, ma anche auspicabile, almenoper tutti coloro che non hanno ade-
assoluta. Ogginonsi può più parlare di arte che ricadealdi fuori della sto- rito alle pratiche elettroniche o a quelle più prossime all’installazioneo al-
ria; tutto è permesso». l’opera concettuale, che fannodiventarel’udito dell’ascoltatoreil primoor-
Dantosiriferisce in particolare alle arti plastiche, mala suariflessionesi ganizzatore, e quindi compositore, di una serie di materiali forniti dall’au-
può applicare anchealla musica. A parteglialti e bassi, le bravate, le opera- tore. Nella cultura della musica artistica di tradizione scritta, il raffronto
zioni commerciali, le scopertee i labirinti, la sorte di Piazzolla è rimasta lega- delle versionie le diatribe riguardoalle diverse interpretazionidi unastessa
ta al concetto di «nuovo» anche quando aveva smessodiesserlo. Si trovò a composizione — che hanno comeconseguenzapiù lampanteil fenomenodel
declamarela propria «contemporaneità» non per definire un momento, ma collezionismo - assumonoun ruolo centrale nella definizione del valore di
per decretare l’era modernadel tango o della musica di BuenosAires,la fine un particolare oggetto e nella configurazione dell’identità dell’ascoltatore.
della quale si può ormai constatare con grande chiarezza nel presente, a più Tuttavia, comesi è detto, nelle musiche di tradizione popolare, l’interpreta-
di vent'anni dalla sua morte. Anche per via della loro canonizzazione,le di- zione è l’opera stessa. Gerry Mulligan, con «My Funny Valentine,,, nonin-
cotomie degli anni Sessanta hanno persovalidità. Molti musicisti giovani, terpreta un’opera di Richard Rodgers e Lorenz Hart, ma, a partire da que-
formatisi a volte seguendo le raccomandazionitecnichedi Astor, credono che sta, compone qualcosa di nuovo, che ha una valenza del tutto diversa da
il futuro del tango debba contemplareil ritorno al mondo dei sobborghi, pur quella della «versione» di qualcosa di preesistente e in qualche modo com-
mettendolo a confrontocon le tecnologie più avanzate: la commistionetra la pleto come potrebbe esserlo una sinfonia di Beethoven o una canzone di
musica da laptop e la technoe l’essenza canyengue della quale Grace Jones Schubert.
aveva abbozzato una primaversione caricaturale. Oppure rispolverandofor- La provaperstabilire quali elementi siano essenziali per definire un og-
mazioni ormaidatate senza doversisentire in colpa perchél’orologio è rima- getto è semplice: basta osservare comelo descrive la comunità chenefa uso.
sto indietro. Sono tempi, quelli odierni,in cuiil rock è in genere una formadi E risaputochegli eschimesi possiedono un’infinità di terminiperdefinire ciò
spensierato intrattenimento, estraneo alla vena polemica che a metà degli an- a cui tutti gli altri possono riferirsi con una sola parola, neve. Chi non è
ni Settanta l’aveva spinto a vederein Piazzolla un alleato strategico nella con- esperto — né interessato — al tango potrebbe accontentarsi di questa parola,
trapposizioneconil discorso arcaico che associava a un certo tango la natu- tango, perriferirsi a un'immensavarietà di musiche. E potrebbelimitarsi a
ra tout court. Santaolalla, un piazzolliano duro e puro negli anniin cui vive- dire «La cumparsita»per caratterizzaretutte le «cumparsitas» esistenti. Ma
va in una comunee fondavagli Arco Iris, quarant'annidopo, con il Bajofon- l’ascoltatore di tango più o menospecialista sa che, per rendereefficaceil
do Tango Club,è il produttore di punta del techno tangoe l’ideatore del Café proprio riferimento, devespecificaresesi tratta della «Cumparsita» di Troi-
de los Maestros, dovesi riunisconotutti i superstiti del genere, compresi co- lo, di quella dell’orchestra di Piazzolla, di quella di Salgan, di Alonso Mi-
loro che avevano suonato con Astor. Ed è ancheil curatore di unacollanadi- notto, di D’Arienzo, di Lomutoo deltrio di Cirfaco Ortiz, per citarne solo
scograficadi classici del tango, nella quale ovviamentefigura Piazzolla. alcune estremamentecaratteristiche e che non possono essere confuse le une
$

[ 392] [ 393]
cantata da Goyeneche insiemeall’orchestra di Salgan nel 1952, con quelle
conle altre. Queste interpretazioni, che oltre ad avere un fraseggio peculia-
sfumature, con quell’incredibile padronanza del corpo della voce, del suo
re, a punteggiareil testo, a conferire un’intonazione personale e a enfatizza-
volumee della sua grana, quasi parola per parola, non è semplicemente una
re solo certi elementi, inseriscono nuovesezioni, variano le vel ocità, e pre-
nuovaversione di una certa canzone, ma un’opera unicae irripetibile, chesi
sentanoorchestrazioni diverse, non sono un’appendice all’opera - appendi-
esauriscein sestessa.
ce necessaria e auspicabile, ma pur sempre un’appendice — masono l’opera
A coloro che oggi «interpretano» Piazzolla non sfugge questa logica e
stessa: fannosì che una certa composizione sia quella e non un’altra.
neanchele variabili che presenta l’opera di un composttore che volle tenere
La relazione dialettica fra scrittura e interpretazione assume quindidei
il piede in duestaffe. Maria de Buenos Aires si configura come un bancodi
tratti propri nel caso delle musiche di tradizione popolare. Si potrebbe dire
che in quel campo, anzi,si radicalizza, raggiungendolivelli di tensione im- prova ampliato. Non è una composizionechecircola facilmente nel merca-
pensabili nell’ambito della tradizione classica. Nessuna interpretazione del- to classico. Al di là degli interessi commerciali in nomedeiquali si cercò di
la sonata «Alchiaro di luna» di Beethoven, per quanto audaceo arbitraria, riesumarla,è priva di azione, per i parametrideiteatri di operalirica è bre-
potrà mai generare un contrasto comequello creato da Bill Evans, per esem- vee il testo, incomprensibile per qualsiasi pubblico che non parli spagnolo —
pio, rispetto a una canzonetratta da un musical di Broadway composto da e, secondoalcuni, ancoradi più per chi lo parla — è praticamente intraduci-
George Gershwin, o da Piazzolta quando,conil primo Octeto,rifà «El en- bile in altre lingueper la presenza massiccia di terminilocali e di neologismi.
L’orchestrazione, del resto, richiede quasi sempre qualche adattamentoper-
trerriano». Nel primocasoè chiarochel’operaè quella della partitura, men-
ché non si addice all’organico di nessun teatro al mondo né tantomeno a
tre nel secondo un’ipotetica partitura, ammesso checi fosse, non sarebbe
quello di gruppi popolari attuali e in grado di suonare «in stile». Maria de
stata altro che la baseper ulteriori partiture, improvvisazionio varianti me-
Buenos Aires non è un’operaclassica, da studiare attraverso la partitura e da
morizzate, che avrebbero elaborato cose ancoradiverse. Una parola diffusa
riprodurre con dettagli dovuti all’interpretazione personale ma fedeli alla
nell’ambito delle musiche popolari, arrangiamento, nella variante spagnola
sua essenza, come potrebbe succedere con Boris Godunov, La traviata,
arreglo, che significa anche abbellimento, sembra conservare le tracce di
Porgy and Bess e perfino West Side Story. Ma non è nemmeno un’opera
questa Concezioneiniziale della versione come cambiamento dell’aspetto
completamente popolare,visto chedifatto è stata eseguita da musicisti clas-
esterioe dell’opera. L’arreglo rimandaalvestiario, a qualcosa che conferi-
sce un aspetto migliore aJja persona, la abbellisce 0 la imbruttisce, e comun- sici e in maniera classica, ossia con un’interpretazioneletterale della parti-
que la rende più o meno adatta a certi contesti sociali, ma non la altera nel- turà o dei suoi adattamenti. Questa specie di doppia appartenenzadi Piaz-
la sua essenza. Mentre gli arreglos musicali, che all’inizio non erano molto zolla all'ambito popolare e a uno dei molteplici strati di quello classico,in
parte peril fatto di aver provato a comporre opere chiaramente ascrivibili a
diversi da una veste o da un belletto — di fatto consistevano solo in un ac-
ciò che si può intendere per musica «elevata» - i suoi concerti per bando-
cordofragli interpreti su come sarebbestata presentata l’opera — conlo svi-
neone per chitarra e bandoneon,brani orchestrali come Tangazo, la Suite
luppo deigeneri popolarie la loro crescente contaminazioneconcriteri pro-
del Este o il ciclo Historia del tango perflauto e chitarra — e in parte peril fat-
venienti dalla musica classica, cominciarono ad assumere un ruolo sempre
più centrale che finì perinvestirela firmadell’opera. Non sitrattavapiù del- to che le sue composizioni popolari sono state interpretate da musicisti clas-
la «Cumparsita ) di Matos Rodriguez, ma di quella «di» Salgan o quella sici, ha situato la sua «operina»in una posizione liminare e contraddittoria.
«di» Troilo. No p c'era più «All of You» di Cole Porter ma «All of You» del E nontanto perché non si sappia comeclassificarla — che sarebbe il meno —
quanto perchél’opera ha determinatousi nuovi, totalmente diversi da quel-
quintetto di Miles Davise,tra gli ascoltatori più navigati, non una versione
li di qualunque altra opera popolare ma anche di qualsiasi composizione
a caso, ma quella incisa il 3 settembre del 1956 e inclusa nel disco ‘Round
classica, facendo sorgere problemidi interpretazione anch'essiinediti.
About Midnight. Anzi, per gli esperti di jazz, quella particolare incisione di
In Maria de Buenos Aires, comein ogni operain cui Piazzolla interpreta
«All of You» costituisce un oggetto diverso — e non un’altra versione dello
se stesso; c’è innanzitutto un gradodiessenzialità nell’esecuzione paragona-
stéS0 088€t to — rispetto a quella registitta dal lo stesso gruppo unasettima-
bile soltanto a un assolo di Charlie Parker. Non c’è mododi suonarla com’e-
nadopotra Je cinquee le otto del pomeiggio, e usdta per la prima volta al-
ra stata suonata nelle presentazionioriginariee nell’incisione realizzata nel
l'interno della raccoltain sei cd delle registrazioni complete di Miles insieme
1968 senza quella sincope ad libitum di Piazzolla che praticamente nessun
a Coltrane, che vanno dal 1955 al 1967. Allo stesso modo, «Almadeloca»,
7
[394] [ 395]
fsi

bandoneonistaè finora riuscito a riprodurre con esattezza. Potrebbe essere chesi trova nelle partiture, se la sua essenza poggia su unaserie di elementi
interpretata nel modogiusto soltanto da qualcunochetentassedi clonarlo. che sono parte integrante dell’interpretazione dei gruppioriginari del ban-
Ma,a differenza di quanto succedecon le opereclassiche, le eventuali inter- doneonista e del suo particolarissimo mododi suonareil proprio strumen-
pretazionialtrui modificherebbero qualcosa che fa parte della sua essenza,e to, l’incisione di Maria de Buenos Aires di Kremerpalesa questo aspetto. Se
che è quindiinsostituibile. Nessuno, se non uno studente, un imitatore pro- si vuole sapere come suona la musica di Piazzolla senza Piazzolla, basta
fessionista o, per altre ragioni, uno sciocco, si cimenterebbenel tentativodi ascoltareil violinista lettone. «Now that the time has come, and a rumor of
riprodurre, nota per notae inflessione petinflessione, un assolo di Parker o dark grass is awake in your silence, through a pore in*this asphalt, I shall
il modoin cui Gardel interpretava «Soledad» o quello in cui Mick Jagger evoke your voice... Now that the time has come...»; comincia la traduzione
cantava «Sympathy for the Devil». Se qualcuno canta un tango del reperto- inglese del libretto contenuta nell’Edizione Kremer. Nell’arrangiamento,
rio di Gardel o un pezzodeiRolling Stones o suona un branodi Parker, cer- Desyatnikov sostiene di aver soppresso «alcunielementitipici della musica
cherà ovviamentedi farne una versione personale. Ma allora Maria de Bue- popolare degli anni Sessanta». E aggiunge: «Inoltre, per quanto suonistra-
nos Aires, intesa come opera popolare, nella quale il tocco personale degli no,ci tenevo a sottolineareil razionalismodell’arte di Piazzolla, la logica im-
interpreti è considerato un tratto fondamentale e non accessorio, non am- placabile delle sue armoniee deisuoiritmi innegabilmenteinsoliti, caratte-
mette interpretazionialtrui. O, quantomeno,le interpretazioni letterali che ristiche che sonostate sacrificate del tutto nella quantità di arrangiamenti
potrebbero essere tentate non avrebbero alcun senso e rientrerebbero nel commerciali che si trovano sul mercato». Comesi fa a individuare con esat-
campodelle imitazioniprive di valoreartistico. Come «All of You»di Miles tezza l’effetto provocato da Piazzolla su musicisti probabilmente nauseati
Davis o «Almadeloca» di Goyeneche, è un’operagià di per sé completa. E dalle avanguardieistituzionali dei decennitra il 1950 eil 1970 suinterpreti
lo è in un modoa cui nessunapartitura classica avrebbe mai potuto aspira- come Kremer, che prima di aver compiuto trent'anni avevano già suonato e
re: incisa su disco, e peraltro incisa molto bene, speciese si tiene conto dei registrato tutto il repertorio tradizionale del loro strumento, dalle Partite di
mezziprecari con cuivennerealizzata la registrazione, Il problemaè che, se Bach al Concerto perviolino «Alla memoria di un angelo» di Alban Berg?
come opera popolare Maria de Buenos Aires non puòessere reinterpretata, Stupisce che quei musicisti rimangano sorpresi dalla «logica implacabile
non funziona nemmeno come opera classica, in quanto perde proprio ciò delle sue armoniee dei suoi ritmi». In fin dei conti, non è altro chela classi-
chela caratterizzava: il tocco di Piazzolla e del suo gruppo. ca condiscendenzadeiclassici, sorpresi dalla logica dei popolari, ma al tem-
L’incisione di Kremer alla guida della sua Kremerata Musica, con Hora- po stesso tentati di sopprimere «elementitipici della musica popolare degli
cio Ferrer come voce narrante e Jairo e Julia Zenko comecantanti, palesa anni Sessanta» senza considerare che Maria de Buenos Aires non è altro che
proprio questa sorta di impossibilità. Al di là degli adattamenti - la nuova «musica popolare degli anni Sessanta»(peraltro ancorataalla logica,all’e-
orchestrazione, realizzata da Leonid Desyatnikov, non prevede la chitarra poca ancora primordiale, di passarealla storia come «un’opera dastudiodi
elettrica (che in altre versioni di Kremererastata sostituita dal clavicemba- registrazione», un’opera gou/diana, per quanto fosse stata presentata prima
lo) e modifica l’organico riducendoi due violini e le due percussioni della dal vivo). Nonc’è altra versione possibile se non quella dello stesso Piazzol-
versione originale a un solo strumento per tipo — perseguela letteralità, la, così comeuna canzoneinterpretata da Frank Sinatra nonsi può trovare
adottando un modello interpretativo classico per riprodurre,fra le altre co- da nessun’altra parte se non in quella stessa canzoneinterpretata da Frank
se, il carattere popolare dell’opera. Le differenze più salienti derivano, Sinatra. Altri, nel riprenderle, non potrannoche creare nuove opere, ma non
com’era immaginabile, dal bandoneon, e come esempio potrebbe bastare nuoveversionidi quelle esistenti. Monk, suonato da Davis, sarà Davis e non
l'incipit, dovela sincope di Piazzolla, accentuata da una smisurata apertura Monk. La musicadi Piazzolla, come quella di Mingus, quella di Chet Baker,
del fueye, nelle mani del bandoneonista Arne Glorvigen è rimpiazzata da un comele canzoni di Carlos Gardel, Roberto Goyeneche, Edith Piaf o i pezzi
silenzio. La versione,in ognicaso,si fa interessante quandosi allontana dal- incisi dai Beatles, si trova dentroaldisco, o meglio è ciò che è stato impres-
l'originale e quando l’arrangiamento diventa preponderante, comenell’in- so nel disco. È quella la scrittura. E l’opera non è nient'altro che questo.
troduzione del «Tema de Marfa», dove un ostinato suonatoin pizzicato dal
violoncello sostituisce l’arpeggio originale — e un po’ ingenuo — della chitar-
ra. Se la musica di Piazzolla, comesi è più volte affermato, non è solo quella

[ 396] [ 397]
RINGRAZIAMENTI
Note

L'Harmattan,
1. Antonieta Sottile, Alberto Ginastera: Le(s) Style(s) d’un compositeur argentin,
rigi 2007 i
a
2. Riportato danatalio Gorin in Astor Piazzolla. Memorias, Alba Editorial, Barcellona 2003
Cu-
( Ser Piazzolla 7); Giacomo Editore, Roma 1995, traduzione di Hugo Aisemberg, Cecina
. nie Luisa Ma 10)
+ Jean-Jacques attiez, prefazione ad Antonieta Sottile, Alberto Ginastera..., cit.
toe Schònberg und andere: Gesammelte Aufsitze zur Neuen Musik, Schott,
se .
3

5. Arthur C. Danto,After the End ofart: Contemporary Art and the Pale of History, Princeton
University Press, Prirceton 1996 (Dopola fine dell’arte. L'arte contemporanea e il confine del-
la storia, Bruno Mondadori, Milano 2008, traduzione di Nicoletta Poo).
6. Maria de Buenos Aires è andata di nuovoin scena al Teatro Cervantes di Buenos Aires a metà
del 2008, con unaresa al di sotto delle aspettative. Horacio Ferrer ha interpretato di nuovo se
stesso. Il complesso musicale era diretto dall'insigne bandoneonista Néstor Marconi. L'ascolto
dell’opera quarant'anni dopo ha permesso di constatarnei difetti originari.

Sarebbestato più difficile scrivere questo libro senza la generosa disponibilità di tut-
ti coloro con cui abbiamo avuto mododiparlare, che ci hanno fornito molto mate-
riale, hanno prestato attenzione ai nostri dubbi e alle nostre ipotesi, hanno letto,
commentato, suggerito e corretto. Daniel Piazzolla, Leopoldo Federico, Horacio
Malvicino, Oscar L6pez Ruiz, Gerardo Gandini, Tomés Gubitsch, Amelita Baltar,
Horacio Ferrer, Gustavo Beytelmann,Beatriz Sarlo, Rafael Filipelli, Carlos Rodari,
Sergio Renn, Julio Palacio, Albino G6mez,Isidoro Gilbert, Jorge Andrés, Alfredo
Rosso, Pipo Lernoud, NoéJitrik, Manolo Jufrez ed Eduardo Lagos sonoparte delli-
bro, conle loro testimonianzee i dati inestimabili che ci hanno fornito riguardo ad
Astor Piazzolla, alla sua musica, ai suoi ascolti e al modoin cui veniva o non veniva
ascoltato,e, ultime ma noncerto per importanza, riguardo a Buenos Airese all’Ar-
gentina degli anni ai qualisi riferisce questo lavoro. Anche Julio Nudler e Natalio
Gorîn, studiosi e ammiratori di Piazzolla, oltre che autori dilibri sulla sua vita e la
sua opera, e scomparsi entrambi da poco, hannoaccettato di parlare con noi. Gu-
stavo Fernindez Walker e Juliin Delgado hannocollaborato con passionealla ricer-
ca e alla raccolta dei materiali documentaridi tipo giornalistico, ma soprattutto han-
no prodigato unacreatività e un’acuta osservazioneessenziali per indirizzare i nostri
passi. Martîn Liut e Pablo Gianera sonostati lettori particolarmenteattenti e i loro
suggerimentisi sono rivelati fondamentali. Federico Monjeauci ha fornito l’intro-
vabile «Partitura peronista» di Piazzolla. Guillermo Bazzola, Gabriel Senanes, Jorge
Fondebrider, Irene Amuchféstegui, Graciela Speranza, Gustavo Mozzi, Mariana De
Tomaso, Teodoro Cromberg e Miguel Galperiînci sono stati vicini durante tuttoil
percorso che ha portato alla realizzazione di questo libro. Laura Fischerman,da par-
#

[398] [ 399]
te sua, ha letto riletto il testo contribuendo in modosignificativo a renderlo più DISCOGRAFIA
chiaro e immediato. E, ovviamente, questo lavoro esiste ed è stato possibile grazie a
Fernando Fagnani, della casa editrice Edhasa, che, oltre ad averne curato la vestefi-
nale, ha appoggiatoil progetto fin dall’inizio e ha accompagnatoconintelligenza e
complicità — oltre che coninfinita pazienza- tuttele fasidella ricerca e della scrittu-
ra. Infine,e al di là dei loro commenti, delle letture e dei consigli, meritano un rin-
graziamento speciale Diana Theocharidis e Gabriela Tognetti, che hanno reso possi-
bile questo libro e moltoaltro.

La produzionediscografica di Astor Piazzolla è piuttosto caotica. Non sono pochii


dischiusciti per più di un'etichetta,e a voltei titoli non coincidono. Lo stessotitolo,
inoltre — i casi più frequenti sono Adids Nonino e Libertango — può corrispondere a
dischi completamente diversi. Questa selezione intende essere indicativa e non esau-
stiva. Non vengonoriportatetutte le edizioni esistenti, ma quelle che si possono re-
perire più facilmentetra le tante in catalogoe, nel casoin cuiil contenutosialo stes-
so, quelle che presentano un’edizione più accurata, menoerrori nelle note di coper-
tina e una migliore qualità in termini di masterizzazione del suono. I dischi che han-
no avuto un’edizione argentina sono corredati del titolo e del nomedell’etichetta re-
lativi. La Ediciòn critica della Sony-BMG include come bonustrack, oltre agli lp ori-
ginali della RcA Victor e della Columbiausciti quando Piazzolla era ancorain vita,
tutti i singoli e gli ep pubblicati dal bandoneonista con quei marchi. Non sonostate
riportate le antologie, a meno che non contenessero materiali inediti su cd relativi a
concerti molto datati. Ritenendochei tanghiscritti tra il 1950 e il 1953 per orche-
stre diverse dovessero essere considerati opere originali, si è deciso diinserirli insie-
meai dischi nei quali possono essere trovate quelle versioni, anche nel caso in cui
questi nonsiano di Piazzolla. Quandononsitratta di dischi originali usciti mentre
Piazzolla era in vita, si chiarisce che cosa contengono. Le date corrispondonoall’in-
cisione, nonall’uscita dei dischi. Le opere «classiche»più significative sono indicate
a parte.

Francisco Fiorentino. Su discografia juntos (Dirige Astor Piazzolla), em1 Reliquias


(registrazioni insieme a Francisco Fiorentino, 1945).
i

[ 400 ] [ 401 ]
Astor Piazzolla. Grandes del tango 18, Lantower (Orchestra 1946-1948 / Incisioni El tango (1965), Ediciones PAgina/12 (con EdmundoRiveroe Luis Medina Castro;
parigine del 1955. Non comprendeil brano «Republica Argentina», che ha un va- testi di Jorge Luis Borges).
lore storico più che artistico. Contiene come bonus track un disco uscito nel 1950 Concierto de tango enel Philharmonic Hall de Nueva York (1965), Universal, Serie
per l’etichetta TK, con i brani «Triste» e «Chiqué»). Seminal (registrazione in studio — sebbeneil titolo indichi il contrario — del Quin-
Anfbal Troilo, Antbal Troilo 4. Grandes del tango 39, Lantower (comprende «Para teto con Agri, Gosis, Lépez Ruiz e Diaz; l’edizione comprende un ep inciso nel
lucirse», «Tanguango», «Prepàrense», «Contratiempo», «Triunfal» e «Contra- 1965 e nel 1967 e uscito nel 1969, con due brani cantati da Egle Martin, oltre a
bajeando»). «Retrato de mî mismo»e «Verano portefio», che era già uscito all’interno del di-
Anibal Troilo, Anibal Troilo from Argentina to the World, EMI (contiene l’incisione sco con le musiche dell’opera teatrale Melenita de oro). £
di «Lo que vendrà»del 1957). Historia del tango Vol. 1 (1967), Universal, Serie Seminal (include, come bonus
Francini-Pontier, Francini-Pontier. Grandes del tango 22, Lantower (include «Para track, una parte del terzo volume rimasto incompiuto. I brani che non vi com-
lucirse», «Contratiempo», «Triunfal» e «Lo que vendrà»). paiono avrebbero dovutofar parte dell’edizione del secondo volume, annunciato
José Basso, José Basso from Argentina to the World, emi (vi figurano «Para lucirse», dall’etichetta discografica ma ancora inedito).
«Contratiempo» e «Triunfal»). Maria de Buenos Aires (1968), Trova (Quinteto allargato più Horacio Ferrer come
José Basso, Volver, EuroRecords (contiene «Preparense»). vocerecitante e Amelita Baltar ed Héctor de Rosas comecantanti).
Osvaldo Fresedo, Osvaldo Fresedo from Argentina to the World, eMI (comprende Adiés Nonino (1969), Trova (Quinteto con Agri, Amicarelli, Lépez Ruiz e Diaz).
«Paralucirse», «Prepàrense», «Contratiempo»e «Triunfal»). Pulsaci6n (1969), Trova (includei pezzi strumentali di Maria de BuenosAires insie-
Astor Piazzolla. Completo 1956-1957, Lantower (vi sono raccolti i dischi Tango meai brani Pulsacion No.1, 2, 4 € 5).
progresivo e Tango moderno dell’Octeto Buenos Aires, Lo que vendrà, inciso a Amelita Baltar interpreta a Piazzolla y Ferrer. Ediciòn critica (1970), Sony-BMG (vi
Montevideo con gli strumenti a corda dell’orchestra del s.0.D.R.E., Tango en Hi- figura come bonustrackil singolo inciso nel 1969 con Roberto Goyeneche).
Fi e i due dischiusciti per la Tk nel 1956 che contengono «Azabache», «Negra- Envivoen el Teatro Regina. Edici6ncritica (1970), Sony-BMG (Quinteto con Agri,
cha», «Sensiblero» e «Lo que vendrà», oltre a quello edito nello stesso anno dalla Manzi, Tirao e Diaz).
Odeén, con «Vanguardista» e «Marrén y azul»; nei casi in cui figurano più ver- En persona. Edicién critica (1970), Sony-BMG (assolodi Piazzolla al bandoneon che
sioni di unostesso pezzo — «Lo que vendrA», «Sensiblero», «Tres minutos con la accompagnanoparti recitate da Ferrer).
realidad» — si tratta chiaramentediregistrazioni diverse). Concierto para Quinteto. Edici6ncritica (1971), Sony-8MG (con la formazione clas-
Piazzolla interpreta a Piazzolla. Edicibn critica (1961), Sony-BmG (primo Ip del sica del Quinteto,e assolo, duetti e un quartetto di bandoneon).
Quinteto, con Bajour, Gosis, Malvicino e Diaz). La bicicleta blanca. Edici6n critica (1971), Sony-BMG (Amelita Baltar con Piazzolla
Ensayos, RP Music (proveinciseall’inizio del 1961 con il Quinteto formato da Var- e la sua orchestra).
daro, Gosis, Malvicino e Diaz). Miisica popular contempordneade la ciudad de Buenos Aires Vol. 1. Ediciòn critica
Piazzolla... o no? Bailable y apiazolado. Edicién critica (1961), Sony-BMG (Quinte- (1972), Sony-BMG, (Conjunto 9 con Osvaldo Manzial pianoforte).
to formato da Vardaro, Gosis, Lépez Ruiz e Diaz). Roma, 1972, Trova (Conjunto 9 dalvivo, con la stessa formazione del disco prece-
Grabacién cumbre, Diapas6n(includele incisioni realizzate a Montevideo nel 1961 dente).
dal Quinteto — con la stessa formazionedel disco precedente — con Héctor de Ro- Mtisica popular contemporaneade la ciudad de Buenos Aires Vol. 2. Edici6ncritica
sas che canta in due pezzi; il disco è arricchito da dueregistrazioni dell’orchestra (1973), Sony-BMG(Conjunto 9, con Osvaldo Tarantinoal pianoforte).
di SalgAn insieme a EdmundoRivero,realizzate nel 1957). Muerte del angel, Milin Sur (registrazione dal vivo del 1973 al Teatro Ode6n, con il
Nuestro tiempo. Edicién critica (1962), Sony-BMG (Quinteto con Agri, Manzi, Lé- Quinteto formato da Agri, Tarantino, Lépez Ruiz e Diaz).
pez Ruiz e Diaz,oltre a Héctor de Rosas). Libertango (1974), Trova (con turnistiitaliani).
Tango para una ciudad. Edicién critica (1963), Sony-BMG (Quinteto, con la stessa Reuniò6n cumbre (1974), Trova (con Gerry Mulligane turnisti).
formazionedel disco precedente). Piazzolla y Amelita Baltar (1974), Trova(incisioni realizzate a Milanodi brani per
Introduccién al angel, Vol. 1, Melopea(incisione di un concerto del 1963 a Radio la maggiorparte già registrati in precedenza).
Municipal, con la stessa formazione del Quinteto del disco precedente). Suite troileana (1976), Trova (con Agrie turnisti).
Tango contempordneo. Edicién critica (1963), Sony-BMG (Nuevo Octeto Buenos AstorPiazzolla-José Angel Trelles, Balada para un loco (1976), Trova (con l’Octeto
Aires, con Ernesto Sabato, Alfredo Alcén ed Héctor de Rosas). Electrénico).
40 obras fundamentales, Universal(è l’unico album nelquale viene inserita una par- Con Agri (1977), Trova (uscito inizialmenteconil titolo Viaje de bodas, comprende
te di 1944-1964. 20 aftos de vanguardia con sus conjuntos, del 1964, ancora ine- musicheda film; le tracce sono state registrate in parte dall’Octeto Electrònico,
dito su cd; contiene anche branitratti da diversi volumi di Historia del tango e di con Agrial violino, e in parte dal duetto Agri-Piazzolla).
El tango, il disco registrato insiemea Rivero, con testi di Jorge Luis Borges). Persecuta (1977), Trova (con turnisti).
$

[ 402] [ 403 ]
Madisica de peliculas (1977), Trova (pubblicato originariamente conil titolo Arma- Piazzolla, Tres movimientos sinf6nicos Buenos Aires (con un brano diLuis Bacalov).
guedon). Santa Barbara Symphony Orchestra; direttrice: Gisèle Ben-Dor, Delos 2005.
Piazzolla Mundial (1978), Trova (con turnisti). Piazzolla, Tangazo (contiene Tres movimientos tanguisticos porteftos, Concierto pa-
A intrusa. El infierno tan temido (1979), Trova (colonne sonore con il nuovo quin- ra bandoneòn, guitarra y orquesta, ecc.). Orchestra Sinfonica di Montréal;solisti:
tetto formato da Ziegler, SuArez Paz, L6pez Ruiz e Console). Daniel Binelli e Eduardo Isaac; direttore: Charles Dutoit, Decca 2001.
Escualo (1979), Trova (nuovo quintetto;l’album include l’opera Sette Sequenze, per Piazzolla, Concierto para bandonedn y orquesta (contiene Tres movimientos tan-
quartetto d’archi, incisa nel 1983 dal Quartetto d’Archidell’orchestra Graunken guisticos portefios e arrangiamenti per bandoneonsolo di brani composti da Piaz-
di Monaco). zolla). O rquestra de Cambra Teatre Lliure; solista: Pablo Mainetti; direttore: Jo-
Piazzolla Goyeneche en vivo. Ediciòn critica (1982), Sony-BMG, (con Roberto Goye- sep Pons.
nechee il nuovo quintetto). Piazzolla, Winter was Hard (con operedi Sallinen, Pàrt, Riley, Webern e Zorn). Kro-
Concierto de Nécar (1983), Milàn Sur (concerto al Teatro Colén, con la nuovafor- nos Quartet, Nonesuch 1988.
mazione del Conjunto 9 e l'Orchestra Filarmonica di Buenos Aires, diretta da Pe- Piazzolla, Five Tango Sensations, Kronos Quartet, Nonesuch 1991.
dro Ignacio Calderén). Piazzolla for Two, Patrick Gallois e Gòran Séllscher, Deutsche Grammophon 1997
Live in Wien (1983), Messidor (nuovo quintetto). (comprende L'Histoire du tango, perflauto e chitarra, Études tanguistidues per
Adios Nonino (1983), Mil&n Sur (nuovo quintetto dal vivo a Lugano). flauto, ecc.).
Libertango (1984), Milàn Sur (nuovo quintetto dal vivo al Teatro Roxy di Mar del Sérgio e Odair Assad Play Piazzolla, Nonesuch 2005 (comprende Tango Suite para
Plata). dos guitarras e delle trascrizioni).
Live at the MontrealJazz Festival (1984), Mil4n Sur (nuovoquintetto; già uscito per Soul of the Tango. The Music of Astor Piazzolla, Yo-Yo Ma: violoncello (con
la stessa etichetta con il titolo Otofio portefto). Kathryn Stott al pianoe altri), Sony 1997 (include Le Grand Tango).
Milva-Astor Piazzolla, Live at the Bouffes du Nord (1984), Metronome (Milva, con
il nuovo quintetto).
Tangos. El exilio de Gardel (1984), Milàn Sur (nuovo quintetto).
Live in Colonia 1984 (1984), Intuition (nuovo quintetto).
Milén 1984 Vol. 1 e Vol. 2 (1984), Trova (nuovoquintetto).
Tango: Zero Hour (1986), Nonesuch (nuovo quintetto; a partire da questo disco
Malvicino sostituisce L6pez Ruiz).
The New Tango (1986), Atlantic (nuovo quintetto insieme a Gary Burton al vi-
brafono;inciso dal vivo al Festival di Montreux).
Tristezas de un Doble A (1986), Messidor (nuovoquintetto; inciso dal vivo alla Kon-
zerthaus di Vienna).
The Rough Dancer and the Cyclical Night (Tango apasionado) (1987), Nonesuch
(con Suarez Paz, D’Rivera, Zinger, Alchourron e Gonzalez).
The Central Park Concert (1987), Chesky (nuovo quintetto).
Sur (1987), Milan Sur (nuovo quintetto, con Goyeneche; colonna sonora).
La camorra (1988), Nonesuch (nuovo quintetto).
Tres minutos con la realidad (1989), Milàn Sur (Sexteto, prova aperta al Club Ita-
liano di Buenos Aires).
Luna (1989), EMIsphere (Sexteto dal vivo ad Amsterdam).
57° con la realidad (1989), Intuition (Sexteto dal vivo alla BBC e in studio, con
Gonzdlez al contrabbasso).
The Lausanne Concert (1989), Milfn Sur (Sexteto dal vivo a Losanna).

Operesinfoniche e da camera

Allison Brewster Franzetti et alii, The Unknown Astor Piazzolla, Chesky 1999.
Comprende composizionigiovanili, da camera e per pianoforte solo.

[ 404 ] [ 405 ]
DISCOGRAFIA COMPLEMENTARE Horacio Salgan, Grandes del tango 32, Lantower 2006.

=
Sexteto Mayor, From Argentina to the World, EMI 1996. '
Sexteto Tango, Presentacibn, Sony-BMG 2003.
Trio Federico-Berlingieri-Cabarcos, Tango xFaffgny-arigisolo8.
Antbal Troilo, From Argentina to the vWÉa, EM:il 99g%raAiude la maggior parte
delle registrazioni realizzate per la Odi, fine degli anni Cinquanta; esiste
un’edizione completa uscita per l’etichetta co o Cantan Angel
Cérdenas y Roberto Goyeneche, ma ha una ità mentelimitata).
Antbal Troilo, Anibal Troilo 4. Grandes del tango 39, Lantower 2004 (include tutte
le registrazioni strumentali per l’etichetta TK, tra cui le prime realizzate dal quar-
tetto con Roberto Grela alla chitarra, l’arrangiamento di «Responso»scritto da
Piazzolla e le versioni dei tanghiscritti da Astor tra il 1950 eil 1954).
Anibal Troilo, Gara, RCA 2004.
Anibal Troilo, La #ltima curda, RCA 2004.
Anibal Troilo, Lo que vendrà, RCA 2004.
Antbal Troilo, Pa’ que bailen los muchachos (include le incisioni realizzate dal suo
quartetto insieme a Roberto Grelaalla chitarra nel 1962), RCA 2004.
Antbal Troilo, Uro (comprendei primi arrangiamentifirmati da Piazzolla), RcA Vic-
| tor 2004.
\ Anfbal Troilo, Romance de barrio, RCA Victor 2010.
\ Anfbal Troilo, Cafetin de Buenos Aires, RCA Victor 2010.

Tango Jazz

Recordando a la Guardia Vieja 1933-1944 (comprendei quattro braniincisi da Los Dave Brubeck, The Dave Brubeck Octet, Original Jazz Classics 1999.
Virtuosos nel 1937), EuroRecords 2007. \ Dave Brubeck, Time Qut, Columbia 2002.
José Basso, Grandes del tango 21, Lantower 2006. \ John Coltrane, Giant Steps, Atlantic 2007.
Miguel Calé, Grandes del tango 16, Lantower 2004. \ Miles Davis, F.s.P., Columbia 1997.
Francisco Canaro, Grandes del tango 28, Lantower 2006. | Miles Davis, Miles Abead, Columbia 1997.
Juan D’Arienzo, Bien lunfardo (contiene «Che existencialista»), RCA 2001. Miles Davis, ’Round About Midnight, Columbia 1997.
Julio de Caro, Grandes del tango 36, Lantower 2006. Miles Davis, Birth ofthe Cool, Capitol 2001.
Lucio Demare, Grandes del tango 27, Lantower 2006. Miles Davis, Porgy and Bess, Columbia 2006.
Carlos Di Sarli, Grandes del tango 12+7, Lantower 2004. Miles Davis, Kind of Blue, Columbia 2009.
Francini-Pontier, Grandes del tango 22, Lantower 2005. Duke Ellington, Ellington Uptown, Columbia 1987.
Osvaldo Fresedo, Grandes del tango 25, Lantower 2005. Ella Fitzgerald & Louis Armstrong, Porgy & Bess, Verve 2011.
Alfredo Gobbi, Grandes del tango 35, Lantower 2006. Quincy Jones, Gula Matari, A&M 2011.
Pedro Laurenz, Grandes del tango 26, Lantower 2005. Stan Kenton, City of Glass: Stan Kenton Plays Bob Graettinger, Capitol 1995
Osvaldo Manzi, Tangos en Visto & Oido, Sony-BMG 2008. Stan Kenton, Sketches on Standards, Capitol 2002.
Osvaldo Pugliese, Osvaldo Pugliese r. Grandes del tango 2, Lantower 2002. Charles Mingus, Mingus Ab Um, Columbia 1999.
Osvaldo Pugliese, Osvaldo Pugliese 2. Grandes del tango 9, Lantower 2003. The Modern Jazz Quartet, Concorde, Original Jazz Classics 1992.
Osvaldo Pugliese, Osvaldo Pugliese 3. Grandes del tango 19, Lantower 2005. The Modern Jazz Quartet, Django, Original Jazz Classics 1990.
Osvaldo Pugliese, 40 obras fundamentales, Universal 2007. The Modern Jazz Quartet, Lonely Woman, Atlantic 1998.
Quinteto Real, Quinteto Real, Sony-BMG 2003. The Modern Jazz Quartet, Fontessa, Atlantic 2009.
Quinteto Real, Su majestad el tango, Sony-BMG 2007. i
Thelonious Monk, Brilliant Corners, Original Jazz Classics 1999.
Eduardo Rovira, Sérico, Acqua Records 1997. Gerry Mulligan, Pleyel Concert, Vol. 1 e Vol. 2, Vogue 2000.
i

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OscarPettiford, Oscar Pettiford Sextet, Vogue 1997.
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The Beatles, Abbey Road, EMI 1998.
Musicaclassica The Beatles, Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, EMI 2009.
Emerson, Lake & Palmer, Tarkus, Shout Factory 2007. E
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Johann Sebastian Bach, Goldberg Variations, The Historic 1955 Debut Recording, King Crimson, In the Court of the Crimson King, Discipline 2010.
Glenn Gould, Sony 1992. King Crimson,In the Wake of Poseidon, Discipline 2010.
Johann Sebastian Bach, Suites para cello, Pablo Casals, EMI. The Kinks, Arthur or the Decline and Fall of Britisb Empire, Sanctuary 2011,
Béla Barték, Music for Strings, Percussion and Celesta, Chicago Symphony Orche- Manal, Manal, Sony 2003.
stra; direttore: Pierre Boulez, Deutsche Grammophon 1994. The Who, Tommy, MCA 1996.
Béla Barték, Zoltàn Kocsis Plays Béla Bart6k (include l’opera completa per pia-
noforte solo), Philips 2005.
Béla Barték, String Quartets, Emerson String Quartet, Deutsche Grammophon Altro
2007.
LucianoBerio, Sinfonia, Ekphrasis, direttore: Peter Eòtvés, Deutsche Grammophon Missa Luba, Universal 1990.
2005. Leonard Bernstein, West Side Story, Soundtrack, Sony 1992.
George Gershwin, Porgy & Bess, Willard White, Cynthia Haymon, ecc., London Eduardo Fal, Ernesto Sabato, Romance de la muerte de Juan Lavalle, Universal
Symphony Orchestra; direttore: Simon Rattle, EMI 1989, 2011.
Alberto Ginastera, The Three Strings Quartets, Cuarteto Latinoamericano, Élan Re- Leonardo Favio, Fuiste mia un verano, Sony-BMG 2007.
cordings 1997. Ariel Ramirez, Misa criolla, Milan 2006.
Alberto Ginastera, Panambi ed Estancia, London Symphony Orchestra;direttrice: Mercedes Sosa, Mujeres argentinas, Polygram 1996.
Gisèle Ben-Dor, Naxos 2006. MercedesSosa, Para cantarle a mi gente, Universal Import 2010.
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Tradition 2011. :
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rettore: Valery Gergiev, Philips 2003.
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Karlheinz Stockhausen, Klavierstucke 1-11, Aloys Kontarsky, Sony 1993.
Igor Stravinskij, Le Sacre du printemps (contiene L'Oiseau de feu, Perséphone), San
Francisco Symphony Orchestra; direttore: Michael Tilson Thomas, Sony 1999.
Igor Stravinskij, L’Histoire du soldat (contiene Le Chant du rossignol, ecc.), Cleve-
land Orchestra Chorus; direttore: Pierre Boulez, Deutsche Grammophon 2001.
Igor Stravinskij, Chamber Works & Rarities (contiene Octeto, Ragtime,ecc.), diret-
tori: Vladimir Ashkenazy e Charles Dutoit, Decca 2003.
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No. 4, 5,7 € 9), Renée Fleming, New World Symphony; direttore: Michael Tilson
Thomas, RCA 1997.

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Quinta parte. 1959-1967 (New York-BuenosAires) 169
Sesta parte. 1968 (Buenos Aires) 273
Inoltre, sono stati consultati gli archivi delle seguentitestate: Settima parte. 1969-1973 (Buenos Aires) 303
Ottava parte. 1974 (Milano-Roma) 341
Quotidiani
Nonaparte. 1975-1978 (Buenos Aires-Parigi) 357
La Nacién, El Mundo, La Prensa, Democracia, Noticias Grdficas, Clarin, La Opi- Decimaparte. 1979-1989 (Parigi-New York-Parigi-Buenos Aires) 371
niòn, Pigina/t2, Buenos Aires Herald, The New York Times e The Guardian.
Riepilogo e conclusione 387

vd PPPUO
Ringraziamenti 399
Riviste
Discografia 401
Discografia complementare 406
EI Hogar, Sintonia, MundoPeronista, Qué, Sur, Primera Plana, Andlisis, Panorama,
Extra, Confirmado, Gente, Siete Dias, Femirama, PinUp, Cronopios, La Bella Bibliografia 410
Gente, Pelo, El Expreso Imaginario, Crisis, Ramonae Jazz Magazine.

[ 416 ]
4
TITOLI DI CODA minimum fax media Arianna Bonazzi
organizzazione corsi Barbara Bernatdini
Valeria Veneruso
minimum fax live Mattia Cianflone
Piazzolla.
La biografia
di Diego Fischermane Abel Gilbert
e

«Seil mio vecchio mi avesse regalato un sax,


oggisarei un grande sassofonista».

www.minimumfax.com

traduzione Natalia Cancellieri


revisione della traduzione Giulia Zavagna
impaginazione Enrica Speziale
correzione delle bozze Enrica Speziale
Dario Matrone
progetto grafico Riccardo Falcinelli
stampa Arti Grafiche La Moderna
promozionee distribuzione Pde spa

al momento in cui questo libro va in stampa


lavorano a minimum fax
con Marco Cassini e Daniele di Gennaro:

direttore editoriale Martina Testa


direttore commerciale Piero Rocchi
ufficio stampa Alessandro Grazioli
Rossella Innocentini
editor collana Nichel Nicola Lagioia
editor collana Indi Christian Raimo
redazione Dario Matrone
Enrica Speziale
ufficio diritti Lorenza Pieri
redazione web Valentina Aversano
amministrazione Benedetta Persichetti
rapporti con lelibrerie Antonia Conti
responsabile magazzino Costantino Baffetti
libreria minimum fax Francesca De Cesare
SOTTERRANEI (ULTIME USCITE) 129. Peter Orner Un solo tipo di vento
130. A.L. Kennedy Day
131. George Saunders I/ megafono spento. Cronache
da un mondo troppo rumoroso
132. Leonard Cohen Confrontiamoallora i nostri miti
133. Angela Pneuman Rimedicasalinghi
134. Todd Hasak-Lowy Prigionieri €
135. John O’Brien Via da Las Vegas
136. Isaac Asimov Gli enigmi dei Vedovi Neri
137. A.L. Kennedy Geometria notturna
138. Dizzy Gillespie con Al Fraser To be or notto bop.
L’autobiografia
139. Adam Mansbach.La fine degli ebrei
140. Véronique Ovaldé E il mio cuore trasparente
141. Leonard Cohen Lespezie della terra
142, Ethan Hawke L'amore giovane
143. George Saunders Nelpaese della persuasione
144. John O”Brien Lezionidistrip-tease
145. Ben Ratliff Comesi ascolta il jazz
146.Zadie Smith Cambiare idea
147. Nick Laird L'errore di Glover
111. Jonathan Lethem Memorie diun artista della delusione 148. Georgina HardingI/ gioco delle spie
112, Nick Laird La bandadelle casse da morto 149. Kevin Canty Dove sono andatia finire i soldi
113. Aa. Vv. United Stories ofAmerica.21 scrittori per il 21° secolo 150. Sam Lipsyte Chiedie ti sarà tolto
114. Aa. Vv. Rock Notes.I grandi songwriters si raccontano 151. Richard Cook Blue Note Records. La biografia
115. Isaac Asimov Dodicicasi per i Vedovi Neri 152, Stewart Copeland Strange Things Happen.
116. Véronique Ovaldé Stanare l’animale La miavita con i Police, il polo e i pigmei
117. Todd Hasak-Lowy Nonparliamola stessa lingua 153. Leonard Cohen Parassiti del paradiso
118. Donald Antrim Il verificazionista 154. David Lipsky Come diventaresestessi.
119. Olivier Adam Stai tranquilla, io sto bene David Foster Wallace si racconta
120. Duke Ellington La musica è la mia signora 155. Aimee Bender L'inconfondibile tristezza della torta
121. Lester Bangs Impubblicabile! al limone
122. Charles D'Ambrosio Il suo vero nome 156. Jennifer Egan Il tempo è un bastardo
123. Aa. Vv. Non vogliamo male a nessuno.I migliori raccontidella rivista 157. Robin D.G. Kelley Thelonious Monk. Storia di un genio
McSweeney's. Volume secondo amenicano
124. Kathryn Davis Il luogo sottile 158. Catherine O’Flynn Ultime notizie da casa tua
125. Rick Moody Tre vite 159. James Franco In stato di ebbrezza
126. Olivier Adam Peso leggero 160. Mary McCarthy Gli uomini della sua vita
127. Isaac Asimov I banchetti dei Vedovi Neri 161. Leonard Cohen Morte di un casanova
128. Count Basie con Albert Murray Good morning blues. 162. Aimee Bender La ragazza con la gonnain fiamme
L'autobiografia 163. Diego Fischermane Abel Gilbert Piazzolla. La biografia
$
MINIMUM CLASSICS 21. John O’HaraVenerein visone
22. Athol Fugard Tsotsi
ss 23. Bernard Malamud Gliinquilini
24. William H. Gass Prigionieri del paradiso
25. Walter Tevis Lo spaccone
26. Richard Yates Easter Parade
27. AlanSillitoe La solitudine del maratoneta e
28. Henry Miller Parigi-New York andata e ritorno I
29. Richard Yates Una buona scuola
30. Ann Beattie Gelide scene d’inverno
31. Bernard MalamudLevite di Dubin |
32. Walter Tevis Il coloredei soldi I
33. Richard Yates Cold Spring Harbor
34. John Barth La vita è un’altra storia. Raccontiscelti
35. John Hawkes Arance rosso sangue
36. Alan Sillitoe Sabato sera, domenica mattina
37. Bernard MalamudRitratti di Fidelman
38. Richard Yates Bugiardi e innamorati
39. Grace Paley Fedeltà
40. Bernard MalamudI/ barile magico
41. LawrenceFerlinghetti A Coney Island of the Mind
John Barth L'Opera Galleggiante 42. Nathanael West Signorina Cuorinfranti
RSS Eee

Donald Barthelme Ritorna, dottor Caligari 43. Richard Yates Proprietà privata. Raccontiinediti
Richard Yates Revolutionary Road 44. Stanley Elkin Il condominio
John Barth La fine della strada 45. Bernard MalamudPrimagliidioti
James Purdy Malcolm
Nelson Algren Walk on the wild side
Mary Robison Dimmi
Richard Yates Disturbo della quiete pubblica
Donald Barthelme Atti innaturali, pratiche innominabili
o. James Purdy I/ nipote
11. Stanley Elkin Magic Kingdom
| 12. Virginia Woolf Diario di unascrittrice
\ 13. John O’Hara Appuntamento a Samarra
| 14. Bernard MalamudIl migliore
15. Richard Yates Undicisolitudini
16. Walter Tevis L'uomo che cadde sulla Terra
t7. Joseph Heller Comma 23
| 18. Bernard Malamud Una nuovavita
i) 19. Donald Barthelme Biancaneve
20. Walter Tevis La regina degli scacchi
NICHEL (ULTIME USCITE) ZI. Marco Mancassola Il ventisettesimo anno. Due racconti
sul sopravvivere
22. Aa. Vv, Best off2006. Letteratura e industria culturale. Il meglio
delle riviste letterarie italiane
23. Ernesto Aloia Sacra Famedell’Oro
24. Carlo D’Amicis Escluso il cane
25. Carola Susani Pecore vive, e
Antonio Pascale Sè fatta ora
27. Aa. Vv. Voisiete qui. Sedici esordi narrativi
28. FabioStassi È finito il nostro carnevale
29. Riccardo Falcinelli & Marta Poggi L’allegra fattoria. Sette racconti
per adulti cattivi
Elena Stancanelli A immaginare una vita ce ne vuole un’altra
. Veronica RaimoI/ dolore secondo Matteo
. Paolo Cognetti Una cosa piccola che sta per esplodere
. Aa. Vw, Tu seilei. Ottoscrittriciitaliane
. Fabio Stassi La rivincita di Capablanca
Carlo D’Amicis La guerra dei cafoni
Paolo MascheriIl gregario
Giorgio Vasta Il tempo materiale
Giuseppe GennaItalia De Profundis
Alessandro Fabbri Mosche a Hollywood . Aa. Vv. Senza corpo. Voci dalla muova scena italiana
Se

Riccardo de Torrebruna Tocco Magico Tango . Eleonora Danco Ero purissima i


Christian Raimo Latte . Peppe Fiore La futura classe dirigente
Nicola Lagioia Tre sistemiper sbarazzarsidi Tolstoj . Aa. Vv. Anteprima nazionale, Nove visionidel nostro futuro invisibile
(senza risparmiarese stessi) 3. Laura Pugno Quandoverrai
Riccardo Falcinelli & Marta Poggi Cardiaferrania . Aa. Vv. Ogni maledetta domenica. Otto storie di calcio
Leonardo Pica Ciamarra Ad avere occhi per vedere Giuseppe Genna Assalto a un tempo devastatoe vile.
IO. Ernesto Aloia Chisi ricorda di Peter Szoke? Versione 3.0
II. Valeria Parrella mosca più balena Carlo D’Amicis La battuta perfetta
12. FrancescoPacifico Il caso Vittorio . Domenico Starnone Fare scene. Una storia di cinema
13. Riccardo RaccisI/ Paradosso di Plazzi Stefano Jorio Radiazione
14. Aa. Vv. La qualità dell’aria. Storie di questo tempo . TommasoPincio Lo spazio sfinito
IS. Christian Raimo Dov’eri tu quandole stelle del mattino . ErnestoAloia Paesaggio con incendio
gioivano in coro? Gianluigi Ricuperati I #10 &npero è n ell’aria
I6. Paolo Cognetti Manuale per ragazze di successo . Alessio Torino Tetano
17. Aa. Vv. Best off. Il meglio delle riviste letterarie italiane. Laura Pugno Antartide
Edizione 2005 Marta Baiocchi Cento micron
18. Giordano Meacci Tutto quello che posso Carola Susani Eravamo bambini abbastanza
19. Ivano Bariani 16 vitamine Filippo D’Angelo Lafine dell’altro mondo
20. Valeria Parrella Per grazia ricevuta Paolo Cognetti Sofia si veste sempre di nero
FILIGRANA (UL 23. Francis Scott Fitzgerald Nuotare sott'acqua e trattenereilfiato.
Consiglia scrittori, lettori, editori
24. Besito De Coco Corazéw.Il cuore della musica cubana
25. Bruno Ballardini Gesù lava più bianco. Ovvero comela Chiesa inventò
il marketing
26. Lillian Ross Ritratto di Hemingway
27. Ian Hamilton In cerca diSalinger £
28. RenzoParis Ritratto dell’artista da vecchio. Conversazioni
con Alberto Moravia
29. Anton Cechov Senza trama e senza finale. 99 consigli di scrittura
30. Raffaele La Capria Cinquant'anni di false partenze. Ovvero
l’apprendista scrittore
3I. Raymond Carver Niente trucchi da quattro soldi. Comescrivere
onestamente
32. Flannery O'ConnorNel territorio del diavolo. Sul mistero discrivere
33. Lucio Del Corso e Paolo Pecere L'anello che nontiene.
Tolkien fra letteratura e mistificazione
34. Henry Miller Una tortura deliziosa. Pagine sull’arte di scrivere
35. Alfonso Berardinelli L’abc del mondo contemporaneo. Autonomia,
Benessere, Catastrofe
36. Vittorio Giacopini Fuori dal Sistema. Le paroledella protesta
Francesco Piccolo Scrivere è un tic. I metodidegliscrittori 37. Anton Cechov Scarpe buone e un quaderno di appunti. Comefare
IO. Stefano Diana W.C. Net. Mito e luoghi comunidi Internet un reportage
II. Paolo Mattei Esuli. Dieci scrittori fra diaspora, dissenso e letteratura 38. David Mamet Note in margine a una tovaglia. Scrivere (e vivere)
12. Christopher Hitchens La posizione della missionaria. Teoria e pratica per il cinemae peril teatro
|
di Madre Teresa 39. Raffaele La Capria Caro Goffredo. Dedicato a Goffredo Parise
13. Doris Lessing Le prigioni che abbiamo dentro. Cinque lezioni 40. Jack London Pronto soccorso perscrittori esordienti
sulla libertà 4I. Lawrence Grobel Colazione da Truman. Incontri con Capote
14. Patricia Highsmith Comesiscrive un giallo. Teoria e pratica 42. Adelia Battista Ortese segreta. Ritratto intimo di Anna Maria Ortese
i
della suspense 43. Anthony Burgess L'importanza di chiamarsi Hemingway
|
15. Allen Ginsberg Facile come respirare. Appunti, lezioni, conversazioni 44. Eudora Welty Una cosapienadi mistero. Saggisulla scrittura
Paul Auster Una menzogna quasi vera. Conversazioni con Gérard 45. Edmund White La doppiavita di Rimbaud
|
46. Fabio Stassi Holden, Lolita, Zivago gli altri. Piccola Î
de Cortanze
17. Filippo La Porta Manuale discrittura creatina. Per un antidoping enciclopedia dei personaggiletterari (1946-1999) |
|
della letteratura 47. Jonathan Lethem Crazy Friend. Io e Philip K. Dick
18. Beckett, Ionesco, Miller, Pinter, Williams Un mestiere chiamato deside- 48. Eudora Welty Come sono diventata scrittrice
rio. Interviste sull’arte del teatro 49. JamesJoyce Scrivere pericolosamente. Riflessionisu vita, arte, letteratura
19. Luca Beatrice Stesso sangue. DNA di una generazione' so. Zadie Smith Perché scrivere
20. Ciro Ascione Videogames. Elogio del tempo sprecato SI. Flannery O’ConnorSola a presidiare la fortezza
ZI. Giordano Meacci Improvviso il Novecento. Pasolini professore s2. Francesco Pacifico Seminario sui luoghi comuni. Imparare a scrivere
22. «Ben Okri La tigre nella bocca del diamante. Saggi, paradossi, aforismi (e a leggere) con i classici
INDI 13. Aa. Vv. Costruire la pace. Discorside i premi Nobel per la pace
I4. Stefano Liberti A sud di Lampedusi. Cinqueanni di viaggisulle rotte
dei migranti
IS. Primae dopo il ’68. Antologia dei « Quaderni piacentini»
a cura di GoffredoFofi e Vittorio Giacopini
16. Giulio Salierno Autobiografia di un picchiatore fascista
17. Angela Davis Aboliamole prigioni? Controil carcgre,
la discriminazione, la violenza del capitale
18. Checchino Antoninie Alessio Spataro Zona delsilenzio.
Unastoria di ordinaria violenzaitaliana
19. Aa. Vv. Terre in disordine. Racconti e immaginidella Campania di oggi
20. Antonio Pascale Questo è il paese che non amo. Trent'anni nelP’Italia
senza stile
2I. Gilberto Squizzato La tv che non c’è. Comee perché riformare la Rai
22. HugoParederoI signori colberretto. La dittatura raccontata
dai bambini
23. Girolamo De Michele La scuola è di tutti. Ripensarla, costruirla,
difenderla
24. Stefano Liberti Land Grabbing. Comeil mercato delle terre
crea il nuovo colonialismo
25. Federica SgaggioIl paese dei buonie deicattivi. Perché il giornalismo,
John Perkins Confessioni di un sicario dell'economia invece di informarci, ci dice da che parte stare
Martin Howard Sappiamocosa vuoi. Chi, come e perché ci manipola 26. Manifesto degli economisti sgomenti. Capire e superare la crisi
la mente 27. Gilberto Squizzato Libera Chiesa. Storie di cristiani a cui non è mai
Aa. Vv. Sette pezzi d'America. I grandi scandali americani raccontati piaciutoil potere
dai premi Pulitzer
Fidel Castro Prima della rivoluzione. Memorie di un giovane lider
Giuseppe D'Onofrio Buon sangue non mente. Il processo
alla Juventus raccontato dal «grande nemico»
Aa. Vv. Omicidi americani. Da Kennedy a Columbinei grandifatti
di sangue raccontati dai premi Pulitzer
Aa. Vv. New York, ore 8.45. La tragedia delle Torri Gemelle
raccontata dai premi Pulitzer
Angela Davis Autobiografia di una rivoluzionaria
Aa. Vv. Catastrofi. I disastri naturali raccontati dai grandi reporter
ro. John Perkins La storia segreta dell'impero americano. Corruttori,
sciacalli e sicari dell'economia
II. Aa. Vv. Il corpo il sangue d’Italia. Otto inchieste da un paese
sconosciuto
12. Cristiano de Majo e FabioViolaItalia 2. Viaggio nel paese
che abbiamoinventato
MINIMUM FAX CINEMA MINI - I TASCABILI DI MINIMUM FAX
nuova serie

Frangois Truffaut Il piacere degli occhi Kurt Vonnegut Dio la benedica, dottor Kevorkian

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Martin Scorsese I/ bello del mio mestiere. Scritti sul cinema Raymond Carver America oggi
Isaac Asimov Dodicicasi per i Vedovi Neri
Cahiers du cinéma Lapolitica degli autori. Prima parte:le interviste

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Cahiers du cinéma Lapolitica degli autori. Seconda parte:i testi Giorgio Vasta Il tempo materiale
Aa. Vv. Roccoe i suoifratelli. Storia di un capolavoro FabioStassi È finito il nostro carnevale

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David MametI tre usi del coltello. Saggie lezionisul cinema Gianni Mura La fiammarossa. Storie e strade dei miei Tour
Sidney Lumet Fare un film Donald Antrim Votate Robinson per un mondo migliore

LN
Carmelo Bene Contro il cinema Matthew Klam Questioni delicate che bo affrontato dall’analista
Geoffrey Macnab Taxi Driver. Storia di un capolavoro
Hi

Aa. Vv. L'occhio delregista. 25 lezioni dei maestri del cinema


contemporaneo Di prossima pubblicazione
David Lynch Perdersi è meraviglioso. Interviste sul cinema
Valeria Parrella Mosca più balena
Lester Bangs Guida ragionevoleal frastuono più atroce
Diego Fischerman,scrittore e musicista,
è autore,tra gli altri, dei volumi La musica
del Siglo xx, Efecto Beetboven e Escrito
sobre mtisica. Ha curato l’edizione critica
della discografia di Astor Piazzolla uscita
per la RcA Victor e la cs Columbia.

Abel Gilbert, compositore,scrittore


H

e docente universitario, è autore deilibri


DN

Cuba de vuelta, Cerca de La Habana,


NADA

El terror y la gloria e La divina Cecilia.

Questo libro è stampatosu carte dotate dicertificazione rsc. Natalia Cancellieri ha tradotto,tra gli altri,
Peril testo: carta Musadelle cartiere Burgo. Il mal di Montanoe Parigi non finisce mai
Per la copertina: carta Symbol Freelife Satin delle cartiere Fedrigoni. di Enrique Vila-Matase il romanzo Prime
0

notizie su Noela Duarte scritto a sei mani


o
H

da José Ovejero, José Manuel Fajardo


e Antonio Sarabia.
II.

finito di stampare nell’ottobre 2012


presso Arti Grafiche La Moderna - Roma
per contodelle edizioni minimum fax
Questo volumeè stato realizzato grazie alla
collaborazione con Tivù, la società partecipata
ristampa anno da Rai, Mediaset e Telecom Italia Media
che ha comeobiettivi principali la promozione
10987654321 2012 2013 2014 20I5 della diffusione del digitale terrestre e lo sviluppo
di TivùSat, la prima piattaformasatellitare
gratuita italiana.
«Per me, stare con il bandoneon è comestare con
una donnache mipiace».
Astor Piazzolla

minimum fax

in collaborazione con

Libertà
di visione

ISBN 978-88-7521-443-2

Î Il III

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