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esi
Diego Vitea44101)
eZe:
Piazzolla
104; biografia IT]
(I/
144,
minimum fax
Questa biografia, curata dai due maggiori
esperti argentini della musica di Astor Piazzolla,
è il più completo studioesistente sul padre
del tango moderno,figura affascinante di uomo
e musicista, virtuoso del bandoneon
Sotterranei
e contaminatoreper eccellenza dei generi
163
popolari con quelli «colti».
Conunascrittura rigorosa e una grande
ricchezza di informazioni, gli autori
ricostruisconola vita e l’opera di Piazzolla
collocandole nel più ampio contesto musicale
e storico-culturale. L’infanzia a New York
e l’amore precoceperil jazz; il ritorno
da adolescente a Buenos Aires e l’incontro
con il tango, destinato a trasformarsi per sempre
proprio grazie alle idee innovative di Piazzolla
(l’uso di armonie mutuate daljazz, le tecniche
improvvisative, l'introduzione di strumenti
elettrici); le collaborazioni prestigiose con jazzisti
come Gerry Mulligan e Gary Burton
o conscrittori del calibro di Ernesto Sabato
e Jorge Luis Borges. Sullo sfondo,i rivolgimenti
politici del Novecento latinoamericano,
le rivoluzionie le dittature, da lui sempre vissute
coninsofferenza («non sono né yankee né
marxista», disse di sé una volta, «sono un
bandoneonista») e conil desiderio di potersi
dedicare all’unica grande passione della vita:
la musica, quel nuevo tango che a partire
dagli anni Sessanta e Settanta conoscerà
una straordinaria popolarità, valicandoi confini
argentini e affermandosi come unodeicolori
più vividi e riconoscibili della tavolozza musicale
contemporanea.
PIAZZOLLA .
LA BIOGRAFIA
traduzione di
NATALIA CANCELLIERI
Composizione tipografica:
Sabon (Jan Tschichold, 1967)
INTRODUZIONE
Il nome Astor nonesisteva. Mar del Plata non era cheun portodi pescatori,
alcuniisolati di case signorili a una certa distanza e uno stabilimento bal-
nearedi legno,forse neanche quello. Nel 1921, Vicente Piazzolla, poi meglio
conosciuto come Nonino,battezzò suofiglio con un nomeinventato. Voleva
rendere omaggio a un amicoitaliano chesi faceva chiamarecosì. Non sape-
va che quel nomeera l’abbreviazione con la quale, per puro sfizio, l’amico
avevasostituito l’originario Astorre. Si trattò forse di un primo malinteso,
non premonitore, ma, comealtri, propizio. In fin dei conti Astor suonava
meglio di Astorre. E per quanto non potesse saperlo nessunoin quelrionedi
immigrati a pochipassi dal mare,alfiglio che avrebbe cambiato per sempre
il suonodi un’altra città, Buenos Aires, si addiceva inaugurare quel nome.
Le influenze musicali di colui che venne battezzato Astor Pantale6n Piaz-
zolla erano per la maggior parte quelle che si diffusero negli ambienti cultu-
rali «colti» della capitale argentina tra il 1940 e il 1980:il tango tradiziona-
le, il modernismogià un po’ antiquato degli inizi del Novecento,le estetiche
nazionaliste, la riscoperta di Johann Sebastian Bach e del Barocco,l’egemo-
nia della fuga come formadelle forme, il jazz commerciale, i musical ameri-
cani, il cool jazz e in seguitoil jazz rock e la musicaprog,il culto per gli Swin-
gle Singers e il Modern Jazz Quartet, le musiche hollywoodiane e perfino la
canzoneitaliana alla Sanremo.
X
[5]
Piazzolla non era esperto in nessunodi questi generi. Nemmenodi musi- nomehabanera e a un certo piede ritmico sul quale avevanoinnestato le for-
ca classica,* sebbene abbia sempre ambitoall’aura di prestigio che questa me europeein voganel repertorio domestico per pianoforte: il rondò — un
conferiva,e attornoalla qualeluie i suoi sostenitori costruironosvariati mi- episodiofisso a cui vengonointercalati episodidi tonalità diverse — o la vec-
ti che circolano ancora oggi. Eppure, probabilmente fu proprio l’incomple- chia struttura in due parti, ciascuna ripetuta due volte, presente nelle danze
tezza di quelle conoscenze a impedirgli di esserne una merareplica. I mate- popolarie ricorrente nelle stilizzazioni ideate a partire dal Rinascimento e
riali di ciò che Piazzolla chiamò rivoluzione del tango erano quelli del suo dal Barocco. Di afro-caraibico rimase ben poconell’armonia nelle infles-
tempo. Lo sguardosu quei materiali era così soggettivo e inconfondibile che sioni melodiche,e le partiture:dì queste babaneras, suofiate dalle ragazzine
finì per liquidarela possibilità di continuaresulla stessa via. Le stradeintra- dei salotti spagnoli, approdaronoin sale diverse, di ben altro tenore, in un
prese da Piazzolla erano talmente personali che divenne moltodifficile se- porto australe all’altro capo dell'Atlantico. Un portodi cui un altro spagno-
guirle senza che la musica suonasse comeunacopiasbiadita delsuostile. lo aveva celebrato l’aria buona (alla quale allude il nome Buenos Aires) e do-
Il malinteso è unodei motori più potenti della cultura. Un marinaio ascol- ve i peggiori musicisti possibili — quelli pagati dai postriboli e dalle sale da
tava una canzonein un porto qualsiasi — un’isola greca, Cartagine, la Ma- ballo sulle «rive» della città — di quelle partiture leggevano ciò che potevano
gna Grecia — credevadiricordarla, la reinventavae la insegnavaaiproprifi- e comepotevano. E dove oltretutto, con pratiche apprese neiteatri di zar-
gli che la trasmettevano di generazione in generazione: ciascuno inseriva 0 zuela, improvvisavano prendendosi grandilibertà rispetto a quantovi era
toglieva qualcosa, dimenticava o aggiungeva,e altri marinai, in altri posti, scritto. Peraltro, anche lo strumento che avrebbefinito per caratterizzare
ascoltavano quelle canzoni, le ricordavano a distanza di tempoe le trasfor- quella musica — uno strumento assurdo, dalla diteggiatura che sfugge a qual-
mavano. Il tango stesso non hapoiunastoria molto diversa. Frale tante teo- siasi logica — arrivò in quel porto per caso e, sempre per caso, venne studia-
rie possibili, quella più verosimile parla proprio di una catenadi tradimenti to, suonato e assimilato dalla pratica musicale quotidiana. E proprio nel
che nasce da brani da sala suonati male o, almeno, suonati in mododiverso tango,in quel linguaggio dal nome che sembra provenire dall’Africa e che in
da quanto prevedevala partitura. Brani da sala che discendevanoa loro vol- precedenza aveva designatoi balli dei neri — basati su una musica che però
ta da un malinteso originario. non avevaniente a che vedere con quella che a sua volta si sarebbe poi chia-
Si chiamavano habaneras e, presumibilmente, erano in qualche modole- mata tango — quello strumento inventato da Heinrich Bandintorno al 1846
gate al folklore** afro-caraibico. Tuttavia, quella radice remota era già sta- trovò, per la primae unica volta (almenofinora), una scuola e unostile. Se
ta alterata da autori spagnoli interessati soltanto al presunto esotismo del ci sono strumenti fortemente identificati con determinate musiche — la chi-
tarrae il flamenco, la cornamusae il folklore scozzese o gallego,gli ottonie
* Malgradoil suo scarsorigore, la denominazione «musicaclassica» è chiara, sia peril mercato il jazz, la chitarra elettrica e il rock — nel caso del bandoneon quell’identifi-
che peri lettori. Sebbene,all’interno di quanto denota abitualmente,i critici operinodistinzioni cazionesfocia nella simbiosi. Glistili del bandoneonsonoglistili del tango.
significative— nonsonola stessa cosa un'opera buffa di Cimarosao il Concerto op. 24 di Anton È quasi impossibile non sentire una movenza da tango in qualsiasi musica
Webern, né per il linguaggio che impiegano né per il loro valore simbolico — e sebbene, comepos-
sibile definizione piùesatta, preferiscano parlare di «musicaartistica scritta e di derivazione eu- suonata con un bandoneon. Ed è quasi impossibile immaginare un tango
ropea», si è deciso di mantenerela vecchia qualifica «classica», a menoche non si renda neces- senza bandoneon,senza evocarlo o averne nostalgia.*
saria una delimitazione più precisa del campoin questione. Né «erudita» né «accademica»pre- Tuttavia,al di là degli aneddotilegati all’origine del genere, collocabile al-
suppongono una vera revisione di tale nozione — solo unasostituzione di termini — e non basta-
no chiaramente ad attestare le analogie o le differenze che possonointercorrere fra l'erudita
la fine dell'Ottocento e sulle spondedel Rio de la Plata (entrambe, presumi-
Bjérk e l’accademico Stockhausen, peraftro suo amico.
#* La parola folklore è entrata nell’uso spagnolo[e italiano, n.d.t.] cone folclore. Tuttavia,la * Il bandoneonè stato adottato anche dai gruppi popolari del nordovest dell’Argentina, in par-
convenzioneinternazionale, influenzata in gran parte dalle norme bibliografiche a nglosassoni ticolare a Santiago del Esteroe a Salta,e figura nei repertori della tradizione rurale. Tuttavia,lì
e dall’industria discografica,utilizza la grafia originale. In Argentina, peraltro, anche la musica nonsi sono sviluppatistili di esecuzionee scuole caratteristiche comequelli del tango,a dispet-
della tradizione rurale, che nelle zone urbane vide un’esplosione di vendite negli stessi anni in to della presenza di musicisti del calibro di Dino Saluzzi. Il caso di questo bandoneonistadi Sal-
cui avevainizio la carriera di Piazzolla, era chiamata folklore, con la k. Senza contare chela tra- ta, che ha esordito suonandofolklore rurale — e che negli anni Settanta ha contribuito a due di-
slitterazione genererebbe una cont'addizion e conil termine folk — che nessuno scriverebbe con schi del gruppo Los Chalchaleros — è comunqueatipico, poiché, prima di diventare unafigura
la c. Si è scelta pertanto la dicitura©tiginale, che per di più rinvia in modoinequivocabile all’e- di rilievo internazionale nei generi collaterali al jazz, ha fatto carriera a Buenos Aires come mu-
timologia della parola, «dottrina del popolo». sicista di tango, in orchestre comequella di Alfredo Gobbi.
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[6] [7]
/
bilmente), in quella genesi si può rintracciare unadelle caratteristiche essen- portanza di ciò che la pratica ha fatto dei dettami del pentagramma. Il suo
ziali del tangoe, in particolare, uno degli elementi primordiali dellostile di stile interpretativo non è un’appendice alla musica. Nonè undettaglio or-
Piazzolla:il gioco di specchifra scrittura e interpretazione. Fin dagli esordi, namentale. È la musicastessa.
il tango è una musicascritta. E il tango è anche una musicaincuila'scrittu- Le partiture dell’opera di Piazzolla, perfino quelle dei brani più distanti
ra, per per scelta, viene trasgredita. L’opera di Piazzolla è scritta, sa- dalla tradizione del tango, rivelano il ricorso a uno scarso numerodi ele-
rebbei ibile senzala scrittura. Tuttavia, si costruisce per reazioneal- menti: un’armoniala cui genesi risale ai primi del Novecento,ritmi additivi
la partitura. L’esecuzione non corrisponde maiesattamentea ciò cheè scrit- utilizzati con unacerta regolarità — in particolare quelfo che deriva dall’ac-
to. Intere parti vengono aggiunteallo spartito con la pratica, con l’accumu- centuazione marcata del piederitmico tipico della milonga — alcunescaleri-
18esecuzioni. Ritmiscritti in un modo devono suonarein unaltro. I conducibili allo stile del primo Alberto Ginasterae a Igor Stravinskij, l’uso
MASRISEdi Piazzollalo sapevanoe si passavanoil testimonel’un l’altro. Ma dell’ostinato, un impiego fluido — benché sommario - del contrappunto sco-
soprattutto c'è il bandoneon.E il modoin cui lo suonaPiazzolla. Per lui non lastico,l’influenza di George Gershwine del progetto di Leonard Bernstein
ci sononote che comincinosui tempiforti. Qualsiasi suono, ancheil più bre- in West Side Story e la confluenza di «alto» e «basso»caratteristici di quel-
ve, è sempre sincopato. Non importacosaci sia scritto sul pentagramma. l’opera. Un’analisi circoscritta agli spartiti risulterebbe deludente.Visi tro-
Piazzolla trasforma in un elementoessenziale, materiale, indivisibile dalla verebbe un coacervodi materiali piuttosto prevedibili e notevolmentetradi-
musicastessa, un’interpretazione del tutto personale del rubato caratteristi zionalisti già a metà degli anni Cinquanta. Mentrel’opera di Piazzolla è ben
co del tango, di quell’indugiare sul tempo per poi recuperarlo con un’acce- lungi dall’essere suonata in quel modo.
lerazione impetuosa (il tempo rubato a cui rimanda appuntoil termine ru- In quelle che potrebberoessere chiamatele sue composizioni4 tesi — com-
bato) di cui si erano appropriati anche Anibal Troilo, Pedro Laurenz e An- posizioni legate sempre all’interpretazione di un gruppo particolare, dal-
gel Ciriaco Ortiz,fra i tanti. l’Orquesta del ’46 all’Octetofinoall’ultimo Quintetoo al Sexteto — c’è qual-
C’è un aneddoto raccontato da Piazzolla che, ancora unavolta, ricondu- cosa di poderoso, originale, inquietante che le partiture non fanno vedere.
ce il suo stile a una sorta di malinteso. Il bandoneonista conobbe Gardel a Sela cifra del tango è la distanza tra quantoè scritto e ciò che viene suona-
New York da bambino, dopo chei suoi genitori avevano lasciato Mar del to, l’opera di Piazzolla la rispecchia all’ennesima potenza. La sua è una mu-
Plata in cerca di fortuna. Lavorò infatti come comparsa nelfilm E/ dia que sica costituita dal resto del testo, da quello che sfugge all’analisi tradiziona-
me quieras, dove recitava il maestro. Secondola leggenda, quando Gardel le, da uno spazio determinato dall’interpretazionee che può essere esamina-
sentì il piccolo Astor suonare qualche tango,gli disse, con un tono verosi- to nella misura in cui si può sviscerareil resto del testo. Inoltre, è una musi-
milmente analogo a quello dei dialoghi che interpretavaal cinema, che suo- ca costruita molto spesso a partire da combinazioniunichee originalidi ele-
nava come uno spagnolo. Non è da escludere che Gardel avesse provato a mentiche non eranoné uniciné originali. Elementiche, in molticasi, erano
spiegare a Piazzolla qualcosa riguardoall’«essenza» del genere,ossiail ru- stati estrapolati da linguaggiin cui risultavano convenzionalie inseriti in al-
bato. Ed è probabile che Piazzolla abbia reagito a quella critica come solo tri, ai quali conferivano una sfumaturadi novità e sorpresa. Detto altrimen-
qualcunocresciuto a New York avrebbepotutofare, cioè conl’introduzio- ti, è possibile cheil riferimento bartokianoe lo spirito quasijazzistico — con
ne di sincopinella propria musica. In definitiva, Piazzolla mise in pratica la sua accentuazione semprenell’aria — di «Tango para una ciudad»' non
l'appunto di Gardel lasciandosiinfluenzaredall’idea dello swing che regna- fossero nuoviné peril jazz né per la musica classica, ma operavano con una
va neljazz. O meglio, da un’intera città nella quale, malgradolacrisi finan- straordinaria modernitànel contesto di quella musica originale, che prende-
ziaria e la miseria,si viveva con l’idea dello swing. va definitivamente forma nel suono particolare — nell’interpretazione— del
Il compositore e pianista Gerardo Gandini, membrodell’ultimo sestetto bandoneon di Piazzolla, del piano di Osvaldo Manzi, del contrabbassodi
del bandoneonista, dice: «La musicadi Piazzolla è Piazzolla che la suona».* Enrique Kicho Diaz,della chitarra elettrica di Oscar L6pez Ruize delvioli-
Ed è vero. Nella sua musica,nei suoistilemi, ciò che è scritto hala stessa im- no di Antonio Agri.
Piazzolla non era né un musicista jazz, né un musicista classico. Non era
nemmeno un musicista per il cinema, campo nel quale la sua relativa de-
* Tutte le citazioni sonotratte da interviste personali con gli autori, salvo neicasiin cuisia in-
dicata un’altra fonte. strezza derivava dalla pratica acquisita né più né meno che guardando film.
*
[8] [9]
E il suo rapportocon il tangoera segnato dalla distanza dalla terra d’origi- riali provenienti dalla tradizione del tango, apparvero nuovi e sorprendenti.
ne. Maè proprio questo che dàvita al suostile. La lontananza, le conoscen- Tuttavia, la rivoluzione di questo conservatore chesi fregiava diessere rivo-
ze imperfette,le lezioni indulgenti di Ginastera, che nongli chiedeva quello luzionario fu in qualche modo paradossale. Una musica che, disprezzata
che poi avrebbe Pretesoda Atri solo perché era un «musicistadi tango», an- dall’accademia e ripudiata dal mondo agonizzante del tango tradizionale,
che se cercava c OMunquedi «educarlo»; l’incomp leta preparazioneal con- finì per diventare l’unico suonopossibile di quella Buenos Aires contraddit-
trappuntoricevuta da una vecchia maestra che aveva finito pe consigliargli toria nella quale, in pieni an ni Sessant&, una rivista chiamata Primera Plana
di dedicarsi al tango;il jazz ascoltato di straforo, spiandodalla porta del siera assuntail compitodidisputare alla Chiesala fornfazione del gusto col-
Cotton Club 0, in seguito — nel 1959, uno dei grandi momenti del genere mu- to dei ceti medi e una dittatura militare aveva deciso di restaurare lo status
sicale, con dischi come Kind ofBlue di Miles Davis, Mingus Ah Um di Char- quo. Ossia di recuperare quell’essenza nazionale che la modernità metteva a
lie Mingus o Giant Steps di John Coltrane — ascoltando attentamente, inve- repentaglio,ritratta senza posa dal cinema attraverso famiglie in cui figura-
ce di unotraquesti, il conservatore Oscar Peterson,al quale dedicò anche un vanoinvariabilmente almeno un militare e un sacerdote e che, curiosamen-
pezzo. Piazzolla sembra essergi sempre trovato nel posto giusto al momento te, finì per avere come sottofondo musicale anche le sonorità di Piazzolla e
giusto, ma a qualche metrodi distanza, cosa che evidentemente gli ha per- dei suoi epigoni.
messo di mantenere una visione personale. La sua musica, in ogni caso, è il Buenos Aires emulavai grandi centri culturali — Parigi, New York — o me-
risultato di una combinazione improbabile di componentiinsolite. Ed è il glio, le notizie che da lì provenivano,a sprazzi, senza continuità, incomple-
prodotto di unacittà, BuenosAires, che lui, un argentino di Mardel Plata te e molto spesso idealizzate; lo faceva però su unascala differente. Quello
cresciuto a New York, dove aveva ricevuto la sua educazione sentimentale e che i movimenti sostenuti dall’industria culturale rappresentavanoin tali
da dovesi portò via qualcosadi più che semplici ricordi adolescenziali, sep- città (dove l’arte non commerciale e più distante dal marketing dello spetta-
pe interpretare come nessuno. Una città frammentata, dovela grettezza del- colo disponeva ancora di una sua rete di etichette discografiche, gallerie
la storia era compensatadalla solennità dei proclamie doveil provinciali- espositive, club o sale da concertoe riviste specializzate), a Buenos Aires era
smo, l’arretratezza tecnologica, le dimensioni ridotte del mercato l’isola- circoscritto a minuscoli gruppi, che frequentavanoglistessi bar senza nean-
mentorispetto ai centri d’irradiazione culturale del momento avevano come che rivolgersi la parola ed erano sostenuti in buonaparte dall’iniziativa di
contraltare un’industria editoriale che riuscì a modificarele abitudinidilet- fan che demordevanosoltanto quandoi diretti interessati dichiaravanoil
tura nonsolo locali, ma di tutta l'America Latinae della Spagna, con centri fallimento.
d’avanguardia comel’Instituto DiTella, e con alcuniartisti che ebbero un’e- Il tangostesso, che per qualche decennio aveva dato luogo a un’industria
normeinfluenzain tutto il mondo. più o menofiorente, era un campo molto più minato ed eterogeneo di quan-
Piazzolla, ben lontanodalla possibilità, e dal desiderio, di dar vita a un to potrebbero far pensarecerte visioni idealizzate. Fin dagli esordi, quando
movimentocollettivo — comeera statoil bop rispetto al jazz — assomiglia da le partiture arrivavano facilmente laddove il ballo era proibito, nell’oriz-
questo puntodivista, e molto più di quantosi potrebbe immaginare, a Jor- zonte presumibilmentecristallino della tradizione nazionale — o cittadina —
ge Luis Borges. Entrambi, infatti, hannoistituito nuovi sistemi di lettura, si che in seguito vennecostruito conil tango,si intravedono già alcunelinee di-
sonoinventati genealogie personali e hannocreatosulla basediselezioni ar- visorie. La prima falsità riguarda la clandestinità del tango e la sua circola-
bitrarie. Entrambi hanno generatostili unicie irripetibili (per quanto imita- zione nei postriboli agli inizi del Novecento. Le primeincisioni fonografiche,
bili) a partire da saperi parzialmente enciclopedici e da letture frammenta- realizzate nel 1907,* dimostrano che, già a quell’epoca, era una musica
rie. L'uno, Borges, si professava conservatore ed è stato invece rivoluziona- strettamentelegata a usileciti e perfino cerimoniali. Il fatto che nello stesso
rio. L’altro, Piazzolla, per quanto teorizzassela rivoluzione,vi è arrivato me- annoil negozio di abbigliamento Gath y Chaves, che era anche unacasadi-
diante un programmaanch'esso conservatore — e mediante l’opposizioneal- scografica, mandasse Alfredo Gobbie sua moglie a Parigi per coordinare la
le vie che aveva imboccato la musica classica a partire dal 1950. Il suo se- registrazione dei tanghieseguiti dalla Banda Repubblicanadella città o che,
greto, come quello di Borges,è stato l’espatrio. Nessuna delle sue influenze
musicali era più rivoluzionaria nel momentoin cui Piazzolla tornò da Parigi * Si noti che la primaincisionedi jazz, il Livery Stable Blues della Original Dixieland Jass Band,
nel 1955. Maalcuni elementi formali, combinatitra loro e applicati a mate- vide la luce proprio dieci anni dopo, nel 1917.
%
{ 10] {1r]
nel 1909, la Bandadella Polizia di Buenos Aires, diretta da A. Rivara, inci- via via slegato dall’intentooriginario di riprodurre la realtà più o meno quo-
desse «El purrete» di José Luis Roncallo indica un’accettazione sociale tidiana. Naturalmente non mancaronoi tanghisociali, come «Pan» di Cele-
senz'altro maggiore di quella che la leggenda attribuisce al genere in questa donio Flores o «Alpie de la Santa Cruz» e «Se viene la maroma», entrambi
fase iniziale. È possibile che nei primi decenni del Novecentoil tangosi bal- di Mario Batistella e Manuel Romero, eppurecerti temi che erano centrali
lasse nei bordelli, ma tutto sembra indicare che, già a quell’epoca,lo si bal- nella vita di Buenos Aires, comela guerra civile spagnola, la seconda guerra
lasse anchein altri posti. E se è vero chele ragazze bene non lo ballavano — mondiale, il peronismo,i flussi migratori interni, le vacanze sulla costa
quantomenoin pubblico, come dimostra l’aneddoto raccontato da Edgardo atlantica o i cambiamenti nei rapporti sociali a partire falla Ley de Propie-
Cozarinsky,' secondo il quale Ricardo Giiraldes lo insegnava in segreto a dad Horizontal,} non venneroripresi da quasi nessun tangodi quel periodo.
Victoria Ocampo — comunquelo suonavanoal pianoforte. Tra il 1910 e il Si potrebbe affermarechela fine della stagione del tangosia coincisa conla
morte di Gardel, come se in quel momento fosse venuta meno anchel’atti-
1920cifu unaverae propria esplosionedi pubblicazioni che adattavanogli
spartiti dei tanghi più popolari peril pianoforte, ed erano propriole signo- tudine del genere musicale a rinnovarsi 0,se nonaltro, la presunta capacità
delle sue partiture di rappresentarela realtà urbana. Per quantotutta la can-
rine della buona società bonaerensea eseguirli nei salotti. Il ballo, d’altron-
zone popolare dei decenni che vanno dal 1930 al 1950 fosseper sua natura
de,se effettivamente aveva avutoi tratti dell’erotismo che l'Europaviscoprì
nostalgica, il tango, ancora oggi, acquisisce legittimità agli occhi del suo
sulla scorta di Rodolfo Valentino,li perse via via nell’arco dei suoi decenni
pubblico a seconda del modoincuirispecchia la città di BuenosAires.
di splendore, trasformandosi in una danzastereotipata, «appiattita», stan-
doalle parole deglistessiballerini, tipica di saloni benilluminatie dicircoli In tal senso, è interessante analizzare le parole del tango «Rascacielos»,
familiari frequentati da fidanzatiufficiali e coppie sposate, finché una nuova scritte dall’autore teatrale Ivo Pelay sulla musica di Francisco Canaro, che
mistificazione tornò a riscattarlo dall’oblio, a partire dagli anni Novanta. uscì per la prima volta allegato a una rivista musicale nel giugno del 1935.
Ad ogni modo,unacosaerail ballo, e un’altra l'evoluzione musicale. Ad esempio,visi trovail riferimentoalle trasformazioni urbanechepiù tar-
Oltre alle rivalità — che portavanospesso allo scontrofisico — tra la tifose- di sarebbe scomparso del tutto dal genere: «Mi Buenos Aires / suelo por-
ria di un'orchestra o di un cantanteparticolare e quella di un altro, il mon- tefio! | Cimo has cambiado | tus casas y calles | por otras de ensueîto! | Con
do del tango era nettamentediviso tra chi lo ballava e chi lo ascoltava; tra diagonales ! y rascacielos | vas ya vestido | hoy de largo | lo mismo que yo!»
[«Buenos Aires mia, / terra natale! / Come son cambiate/ le tue casee le tue
coloro che ne apprezzavanoil lato più potente, canyengue, ossia dotato del-
la genuinità tipica del contesto sociale da sobborgo, e coloro chene esalta- vie / Ora sembranoun sogno! / Conviali /e grattacieli / vai ormaivestita / da
vanole finezzestilistiche e gli arrangiamenti. Comesarebbe successo molto gala / proprio come me!»] E ancora: «Mi BuenosAires crisol de razas! | De
più avanti conil pope il rock, c’era chi nel tango trovava soprattutto un mo- los que llegan / dulce esperanza./Tu aspecto cambia | pero no cambiaran/ tu
corazén jamds! | Ciudad adorada! | Hay en tu entrania | venas de acero | que
do diessere, la manifestazione di qualcosa che avevaa che fare con l’iden-
tità, assimilabile al quartiere o alla città o a certe usanzedi un passatodive- serpentean | gritando: Progreso!» [«Buenos Aires mia / crogiolo di razze! /
nuto leggendario,e chi vi cercava — benché questaricerca fosse di rado for- Dolce speranza/ per chi sta arrivando. /Il tuo aspetto cambia / mail cuore/
mulata con precisionee fosse priva di qualsiasi base teorica — una musica nonte lo cambieranno mai! / Città adorata! / Nelle tue viscere ci sono / vene
«da ascoltare», un linguaggio dotato di una certa astrazione. d’acciaio / che serpeggiano / gridando: Progresso!»]
Il consensoo il rifiuto talvolta derivavano da questioni puramente musi- Nei decenni successivi, il tango preferì attingere a un immaginario non
cali- o legate alla coreografia — comeil mododi accentare i tempiforti, la re- molto diverso da quello impiegato da Esteban Echeverria nel racconto lun-
golarità di quegli accenti, le modalità del rubato o la complessità degli ar- go Il mattatoio, del 1840, nel puntoincui descrive le acque di un fiumein
rangiamenti, che in qualche caso potevano confonderei ballerini. E di mez- piena che cercano un arginenei pendii del Sud. Peraltro, la celebrazione del
zo c'erano anche questioniideologiche, alcune più vaghe, che dipendevano progresso — rappresentato nonsolo dai grattacieli, ma anche dalla ricchezza
dalla maggiore o minoreincisività dell'orchestra o del cantante,e altre più apportata dall’immigrazione — di Canaro e Pelay può essere contrappostaal-
nette, legate a quanto veniva espresso neitesti. Da unlato, il tango, che era l’immaginedi Julio Sosa che aggredisce un gruppodi giovani che ballanoil
arrivato a chiamarein causa la prima guerra mondiale, seppure comeele- twist nel musical Buenas noches, Buenos Aires, diretto da Hugo del Carril
mento melodrammatico, in «Silencio» di Gardele Le Pera,in generalesi era nel 1963 (e sul quale si tornerà più volte), o a «Che existencialista», unostra-
%
[12] [13]
no manifesto cantato da Alberto Echagiie insiemeall’orchestra di Juan D’A- con quel mondo di malvagi, pendii, inondazioni, lampioni rétro, madri che
rienzo nel 1954 e che comincia così: «En esta tierra quees tierra de varones, lavavanoi pannialla fonte e rapporti sentimentali degni più di un fewilleton
| becha con lanzas de gauchos legendarios, | nos han salido una porcin de ottocentesco (tubercolosi compresa) che di unarealtà urbana nella quale or-
otarios, | que yo no sé por qué usan pantalones» [«Da questa terra cheè ter- mai da tempo molte persone vivevano in appartamenti.’ E, soprattutto,i
ra di uomini, / fondata dalle lance di gauchos leggendari, / è venuto fuori un ballerini più giovani cominciaronoa scegliere altre danze. È quell’universo
manipolodicitrulli / che non so perché usanoi pantaloni»]. Il cantante, che diviso e agonizzante, del quale da unlatosi rivendicava il valore rappresen-
in realtà si chiamava Juan de Dios Osvaldo Rodriguez,interpreta con il suo tativo di una certa identità culturale, ma che, dall’altrog perdeva vertigino-
abituale tono strafottente le parole di Rodolfo Martincho che erano state samente sempre più pubblico, a stufare Piazzolla e a indurlo a voler diven-
musicate da un altro cantante di D’Arienzo, Mario Landi(in realtà Mario tare un «musicista classico» a Parigi (proprio come Gershwin in Rapsodia
Villa), che a quei gauchos opponevaquelli che «/evanel pelo largo y despei- in blu,il film-biografia del 194 5, interpretato da Robert Aldae diretto da Ir-
nado, l el saco de un color y otro el talonpa, | hablan de “ti” y “ti” los pobres ving Rapper, al quale puresi rimanderà più volte nel corsodellibro). È quel-
gansos, | y al agua y aljab6nle tienen bronca» [«portanoi capelli lunghie lo il mondo che violenterà nel 1946 con la sua orchestra e i suoi arrangia-
spettinati, / la giacca di un coloree di un altro le braghe, / danno del “tu” e mentipieniditrilli e pizzicati. È quello il mondochesi burlerà spessodilui,
del “te” i poveri allocchi/ e ce l'hanno a morte con l’acquae il sapone»], per comequella volta che una signora, durante unballo in cuisi esibiva il can-
precisare nel ritornello: «Che existencialista, | no te hagas el artista, | mejor tante Francisco Fiorentino, cominciò a danzare sulle punte e con le braccia
cahd un pico y una pala, | andà y yugala, flor de vagòn. | Cheexistencialista, alzate come per far capire che quello non era tango, ma «musicaclassica».
| mejor cambiadepista. / Andd a “Paul”* y pelate, | alargà el saco y bafiate, Ed è quello il mondoincuitorna da Parigi a metà degli anni Cinquanta, con
che carton» [«Ehi, esistenzialista, /non farel’artista, / prendipiuttostola pa- l’idea di modernizzare il tango — e renderlo sofisticato, trasformandolo in
la e il piccone /e va’ a sgobbare,razza di poltrone. / Ehi, esistenzialista, / sarà musica «da ascolto» - ma anche con l’esigenza di confrontarsi, di rendere
meglio che cambistrada. / Vai da “Pal”e rapati, / fa’ allungarela giacca e manifeste l’ignoranzae l’indole conservatrice di quell’ambiente,e, in parte,
lavati, / piattola»]. Tra questo mondoe quello delle orchestrazioni di Argen- di vendicarsi, È quello l'universo con il quale Piazzolla decide diinteragire.
tino Galvanper il complesso di Anfbal Troilo o il virtuosismo diquelle di Mi- Avrebbe potuto farsi considerare un musicista jazz che faceva incursioni nel
guel Calé, con Osmar Maderna comepianista e arrangiatore, o quella diret- tango o un compositoreclassico chesi abbeveravaa quelle fonti — e la musi-
ta da Enrique Mario Francini e ArmandoPontier, c’era ben poco in comune. ca forse non sarebbestata diversa — ma, o perché non volle, nel primo caso,
Comedelresto nulla aveva a che spartire Echagiie con Oscar Serpa o Alber- o perché nonciriuscì, nel secondo,si definì un musicista di «nuovo tango».
to Marino o,più avanti, conle incredibili finezze del giovane Roberto Goye- «Che sia tango ma anche musica», sosteneva introducendo una contrap-
neche. Non c’erano punti in comunetra D’Arienzo e la sua affettazione nel posizione discutibile, che rifletteva tuttavia un proposito estetico di chiara
dominio del ritmo e Osvaldo Pugliese,il cui stile, giudicato «violento» da matrice gershwinianae nel quale, soprattutto, era il tango a provvedere,ol-
molti ballerini, da altri era considerato «impossibile da seguire» per via del- tre che ai materiali, alla struttura portante, alle modalità di diffusione e al
le sue frenate e accelerazioni repentine. E, dal punto di vista del mercato, non nomestesso. È quello l’ambiente che, a un certo punto e quasiall’unanimità,
eranola stessa cosa nemmenoi cantanti più popolari, idoli della radio e del- stigmatizza Piazzolla e lo trasforma non solo in un musicista impopolare
le riviste rosa, le orchestre preferite dai ballerini, e altre come quella di (come SalgAn, Osmar Madernao perfino Eduardo Rovira), ma anchein un
Salgan, che non ebbe mai un grande successo, non fu mai troppo popolare e traditore, in un apostata. Nel nemico. All’epoca,il mondodel tango era co-
si rivelò economicamenteinsostenibile peril suo direttore. mequelle stelle la cui luce sopravvive migliaia di secoli alla materia; ormai
Tuttavia, alla fine degli anni Quaranta, ma soprattutto agli inizi del de- non generava quasi nulla, ma, ancora per diversi decenni, avrebbe conti-
cennio successivo, il delicato equilibrio su cuisi reggeva il tango comeatti- nuato a proclamarsi rappresentativo della società bonaerense. Per quell’u-
vità lucrativa cominciò a incrinarsi rapidamente. Chi vi cercava «una musi- niverso, Piazzolla era «il male». Comprenderlosignifica, oltre che avvici-
ca» trovava sempre menodaascoltare. Chi apprezzava unacerta poeticasi narsi a una delle musiche più trascendenti del Novecento, comprendere una
scontrava con testi antiquati e sempre più lontani dalla città reale. In parti- società contraddittoria, insieme modernae provinciale, conservatricee infi-
colare, le generazioni più giovani avevanoscarse possibilità di identificarsi nitamente avida di cambiamento, ampollosa nelle dichiarazioni e smisurata
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nella visionedise stessa, che lo adottò e al contempo lo condannò,lo trattò Tendremos que vivira la jineta | yo, la mujeryel hijo turbulento. / Casi no se ve el sol,no se oye
da bastardoe nefece uno deisuoi «fiori all’occhiello», lo umiliò attraverso el viento, | no hay dondecultivar una violeta; | los pasos quedos y la voz discreta, | no se enoje
un vecino sonoliento. | Diez pisos se alzan sobre mi cabeza; | sobre mi actividad 0 mi flaqueza /
le sue cancellerie e ambasciate e, mentre fingevadi ripudiarlo, gli concedeva
gravita, hierro y piedra, un mundoentero.! Nadie sabrd mirisa ni mi llanto... | jcudn grande de-
privilegi e prebende che né Troilo né Juan Carlos Paz né Mauricio Kagel, berd deser mi canto | para Ilenar de luz este agujero!» [«Questo, amici, è il mio appartamento:
Horacio Salgàn, Eduardo Fali o Atahualpa Yupanqui hanno maiottenuto. / tre stanze, servizi e lavabo. / Dovremovivere alla bell’e meglio / io, la mogliee il figlio turbo-
lento. / Nonsi vede quasiil sole, non si senteil vento, / non c’è posto per piantare nemmeno una
Inoltre, per comprendere uno comelui, che ha rivendicato la propria bravu-
violetta; i passi quattie la voce bassa, /che nonsi arrabbi qualche vicino assonnato. / Dieci pia-
ra sotto molteplici aspetti, che ha lottato con alcune armi della musica clas- ni si ergono sulla miatesta; / sul mio impegnoola miapigrizia / gravitaf in ferro e cemento, un
sica nel mondodel tango e con quelle della musica popolare per aprirsi un mondointero; / Nessuno saprà se rido o piango... / quanto dovrà essere grande il mio canto/
varco all’interno dell’accademia, che si è misurato con Gershwin, Carlos per riempiredi luce questo buco! »]
Note
1. Contenuto nel disco omonimo,uscito per la css Columbia nel 1963 e pubblicato su cd nel
2005 comeparte della Edicidn critica della Sony-BMG.
2. Edgardo Cozarinsky, Milongas, Edhasa, Buenos Aires 2007.
3. Questa legge, promulgata nel 1949, consentìil frazionamentodei grandiedifici in affitto e la
vendita delle unità abitative agli stessi inquilini. Poiché i prezzi degli affitti erano congelati, per
effetto della Ley de Alquileres— la legge sugli affitti - prorogata in quello stesso anno, molti pro-
prietari vendettero appartamenti a prezzi bassissimi e medianteil sistema delle quote. L'effetto
immediatofu che,tra il 1949 e il 1952, un gran numerodi ex inquilini, del ceto medio e medio-
basso, divennero proprietari di appartamentiin base alla nuova Ley de Propiedad Horizontal.
4. «Paùl» era il nomedi un veterinario e parrucchiere per cani famosoall’epoca. «Talonpa»è il
«riocontra» (contrario) di «pantalén», e «vagén»deriva da «vago», pigro.
5. Diverse poesie pubblicate da Baldomero Fernindez Moreno prima degli anni Cinquantate-
stimoniano questi cambiamenti nei rapporti sociali e nel tessuto urbano. In «Departamento»,
ad esempio, scrive: «Liste es, amigos, mi departamento: | tres piezas, dependencias y pileta. /
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PRIMA PARTE: 1921-1936
ambizioso che non ebbe mai bisognodi essere esposto apertamente per po- sto che fece Piazzolla durante la sua adolescenza di «ragazzo di strada».
ter essere portato avanti. Koolhaas parla di una «cultura della congestione», Non forse vero che raccontò di averfatto da «guida» e da translator a Gar-
nella quale ogni casa rappresentava unostile di vita e un’ideologiadiversi, del? A lui, che non parlava inglese e voleva conquistare Manhattan,dice di
ma dove qualcosa di quell’ethos comune annullava le inconciliabili diffe- conoscere «tutta» la città e questo gli permette di percorrerla da cimaa fon-
renze. I grattacieli definivano l’orizzonte possibile dei quartieri «alti» e di do, da Harlem a Wall Street, da Midtown all’East Village. Come un new-
quelli «bassi». Facevanodella città una «fabbrica di esperienze». Gliedifici yorker.
eranola replica materiale di quella coscienzainteriore. New York: esplosione di densità umanae tecnologia. È qui che la storia
Se, comediceva Victor Hugo,il progresso cheriscontravaa Parigi era «la personale e quella collettiva cominciano a definire il progetto Piazzolla. Il
traccia di Dio», a New York queisegnali si erano secolarizzati con la velo- suo arrivo a Manhattan coincide con un evento fondamentale per il modo in
cità imposta dal capitalismo, un modello disviluppo che trasformavain fos- cui verrà registrata e comincerà a circolare la musica: l’invenzione del mi-
sili gli oggetti e le mode del giorno prima. E coloro che vi arrivavano non po- crofono elettrico. Negli anni Ottanta Piazzolla ritornerà a Manhattan per
tevano che arrendersi all’evidenza. Nel 1917, Lev Trotzky soggiornò per esibirsi in un concerto leggendario a Central Park? e suggellare una nuova
due mesiin quella città, primadi attaccare Pietrogrado. E ciò che vide era la scoperta,il formato digitale con cui inciderà i suoi ultimi dischi in studio,
«capitale leggendariamente prosaica dell’automatismo», nelle strade della Tango: Zero Hour (1986), The Rough Dancer and the Cyclical Night (1987)
quale «regnala teoria estetica del cubismo» mentre neicuori «troneggia la e La Camorra: The Solitude ofPassionate Provocation (1988). Ritorna nella
filosofia morale» del dollaro. «New York mi appare comela più perfetta città in cui era stato quando,a ottobre del 1927, aveva debuttato Il cantan-
espressione dello spirito contemporaneo»? Trotzky non aveva un soldo. Af- te di jazz, il primo film sonoronella storia del cinema. In quelfilm,la voce di
fittava «una stanza nel quartiere operaio», non molto lontano dal numero 8 AI Jolson aveva chiuso in un sol colpo con un’epoca. Nasceva la materia di
di St. Mark”s Place, il primo domicilio dei Piazzolla a Manhattan. Lì, il for- cui era fatto lo spettacolo, una materiachesi sviluppava e moriva troppo ra-
te legametra la vita quotidiana e la tecnologia saltava talmente all’occhio pidamente. È difficile credere che un’infanzia e un’adolescenza trascorse in
che si domandavaseil vecchio continente avrebbe mai raggiunto un livello un ambiente dalle continue e acclamate trasformazioni come quello — dove
simile. Scrive in La mia vita: un frigorifero, un’auto o delle calze autoreggenti erano presentati come«ri-
voluzionari», «maivisti» o «inimmaginabili» — non abbianoinfluito su Piaz-
La stanza era dotatadi una serie di comodità inconcepibili per un europeo: lu- zolla, l’autore di pezzi come «Prepàrense» o «Lo que vendrà» e l’unico mu-
ce elettrica, cucina a gas, bagno, telefono, montacarichi automatico peri vive-
sicista di tango a essersi mai «sovrainciso» (nella versione di «Adi6s Noni-
ri e un altro per portare giù il secchio dell'immondizia. Tutto ciò ha conquista-
no»peril disco Libertango, del 1974, e, prima, nella versione del duetto con
to immediatamente la simpatia dei nostri ragazzi per New York. Per qualche
tempo, il telefonoè statoil centro di ogniloroattività. Né a Viennanéa Parigi se stesso di «Milongatriste», nel 1970) e ad aver utilizzato camereedeffetti
avevamoavutoin casa quell’apparecchio diabolico. di riverbero. Non sembra casuale nemmenola sua passione per le colonne
sonoreo l’idea di intitolare uno dei suoi dischi Tango en Hi-Fi.
Nei primi minutidi E/ tango en Broadway, un film quasi solo diinterni, Nei primi decenni del secolo, l’effetto della tecnologia sul lavoro e sul
Carlos Gardeloffre una versionesilenziosa di quella stessa eccitazione: apre tempolibero — osserva Benjamin — scomponeval’esperienza in frammenti.
la finestra della sua stanzae sullo schermosi staglia l’immaginedel Flatiron Lo stile giornalistico rifletteva tale frammentazione. E anche il montaggio
Building, altro simbolo della città. Gardel funge da presentatoreagli occhi nel cinema. La perdita dell’«unitàdistile» nella musica ne era un’ulteriore
del suo pubblico. «Manhattan», dice a malapena, come un maestrodiceri- manifestazione. D’altronde, non è forse ciò che fa Gershwin, che debutta
moniedi un teatro del futuro. con Rhapsody in Blue l’anno in cui arrivano i Piazzolla, con le sue prime
Il fasto e l’opulenza non sono nuovi nelle metropoli, ma, come avverte commistioni di Chopin, Liszt, Debussy,il ragtime, gli spiritual e i pezzi da
Walter Benjamin riferendosi all'Europa, lo è l’accesso secolare, pubblico. Lo commedia musicale, ma anche con un «montaggio» dotato di una sua coe-
splendore della modernità poteva essere assaporato da chiunque passasse renza? L’eclettismo funziona comeunità: una prospettiva tesa all’armonia
perle strade della città, entrasse nei suoi negozi, nei museie nelle gallerie, e molto americana. O, sesi vuole,l’illusione che mette in risalto le contraddi-
l’attraversasse partendo dalle sue viscere, ossia la metropolitana. Ed è que- zioni della modernità. Dal momentoincuile registrazionisi trasformanoin
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lavori permanenti, la sfera del classico comincia a perdere il monopolio del- terà Astoralla figlia Diana.* Piazzolla ricorderà «con affetto» la «gentedel-
la mafia», per la sua «lealtà» verso gli amici. In unacittà che in pochi minu-
la trascendenza e si rende possibile un’altra migrazione,dall’«alto» al «bas-
__se»;in modo che venganoesplicitate le stesse idee di progressoe storicità. ti a piedi prodigava invenzionie saturavale notti con il fulgore della pubbli-
Rbapsody in Blue vende un milionedi dischie il suo autore, durante un cità, Nonino beveva mate e, cercando di mitigare gli effetti della nostalgia
incontro con Leopold Stokowski, rimane sbalordito dalfatto cheil diretto- (l’Italia continentale? La spiaggia di Mardel Plata?), ascoltava tanghi. Tra
re d’orchestra non la conosca. Dicerto, in quegli anni, chi non ha comprato la vita del barbiere al servizio della mafia e Pedro Maffia, al mondo doveva
esserci una formadiriscatto, un salvacondotto, e il padre sentiva che eranel-
il disco ne è venuto a conoscenza grazie alla radio. La radio cambia le con-
venzioni che vigevano nell’Ottocento. Se prima la musicaera circoscritta so- le manidelfiglio. Astor aveva otto anni quando Noninogli regalò unostru-
lo all’«esperienza sociale» (persone riunite per eseguire e ascoltare ciò che mento musicale che si era procurato al banco dei pegni. Il padre annotò se-
era in voga), quell’invenzionedilata le consuetudini: dieci milioni di perso- gretamente su un quadernoi passi che avrebbe mossosuofiglio: «Arriverà
ne ascoltano ogni settimanai concerti dell'Orchestra Sinfonica della NBC. lontano, è molto in gamba». Non era l’unico a pensare allo spettacolo come
In casa Piazzolla c'era una radio. F anche un grammofono. Ma la musica ancora di salvezza. Groucho e Harpo Marx,nelle rispettive autobiografie,
non proveniva solo da lì. New York, come pochealtre città, definisceil suo raccontanodello sforzo incessante della madreperfarli diventaredelle star.
nuovostatuto il suo nuovo ruolo a partire dalla riproduzionetecnica del Fu così che Piazzolla ricevette in regalo uno strumento (e con esso un
suonoche tanta preoccupazionedestava in Stravinskij e Bart6k. La musica mandato) che affondavale sue radici nella Cina millenaria, aveva trovato
diventa molto spesso un’intrusa,si insinua dove non è stata chiamata(l’atto unadelle sue varianti nella Russia imperiale ed era stato ripreso dai tedeschi,
di nascita della muzak risale al 1926, in un ascensore), si propaga a macchia che vi avevano adattato il modello della concertina inglese. Era un bando-
d’olio, fa a meno dei muscoli(lo scrittore William Gaddis vede nella piano- neon, ma, come ha riconosciuto lo stesso Piazzolla, avrebbe potuto essere
la l’origine del computer per via della carta perforata); si reinventa, con la qualsiasi altra cosa. «Se il mio vecchio mi avesse regalato un sax, oggisarei
«hit» come nuovo concetto — quante volte Piazzolla avrà sentito «I Got un grandesassofonista». Eppure, c’è a chi piace pensare che nonsiastatoil
Rhythm»da qualche altoparlante? La musica fornisce al cinema unostraor- caso, ma un preciso destino a metterele cose al loro posto: lo strumento era
dinario supporto narrativo che inghiotte i generi e apre la strada al bricolage arrivato nel negozio grazie a un argentino. Nessuno sapevadichi fosse, ma
per metterloal servizio dell’immagine. New York è una nuova Babele,e ogni adesso era nelle mani di un bambino a cui piaceva fendere l’aria con una
lingua offre la propria musicain sacrificio al trambusto della strada secon- mazza da baseball. E Piazzolla doveva decifrarlo. Come se aprendolo aves-
do un sistema di continua trasfusione. Non è un caso che Piazzolla abbia se dovuto immergersi in un abisso sconosciuto. E, per di più, in stereo. Il
parlato della sua precoce passione per il Rlezmer che sentiva nel quartiere bandoneon è l’unico strumento in cui ciò che suona sinistra è diverso da
ebraico, al confine con Little Italy. Lo schema degli accenti 3+3+2 degli im- ciò che suonaa destra.
migrati mitteleuropei l’avrebbe trovato lì prima che nella milonga e nella Il bandoneon aveva subito ulteriori trasformazionifino a trovare la sua
vera «nazionalità» in Argentina. La sua condizione di strumento portatile,
musica di Francisco e Julio De Caro.
Noninolavorava per la mafia siciliana che da pochissimi anni era padro- più accentuata rispetto a quella delle concertinee delle fisarmoniche,il co-
na di Little Italy e dintorni. Prima, i bassifondi erano in manoai Plug Uglies, sto inferiore a quello di un pianofortee la possibilità di assolvere a diverse
i Dead Rabbits, i Daybreak Boys; a personaggi come Joseph Morris, alias funzioni(quella religiosa, funebre, la festa pagana), gli aveva consentito di
Monk Eastman,ritratti in modo impeccabile da Herbert Asbury nel libro Le diffondersi fin da subito con un relativo successo in Germania. (Chisidi-
gang di New York, che Borges ricicla nella sua Storia universale dell’infamia. verte con uno strumento che esala tanta gravità? Che la sua creazione sia
Eastman,«il procuratoredi iniquità», come lo chiama Borges, muorealla fi- frutto di un altro malinteso?) Heinrich Band arrivò ad aprire un negozio a
ne del 1920 con cinquepallottole in corpo. Si parlava ancoradilui in alcuni New York. Ma fu Alfred Arnold a lanciare sul mercato nel 1864 il famoso
ambienti — comefosse una leggenda — quando Noninosistabilì in St. Mark’ marchio a-A e a fondare nel ror1 la Alfred Arnold Bandonion, Konzertina
Placesotto la protezione di Don Scabutiello. «Era un quartiere violento per- und Piano-Accordion Spezial Fabrik,che, fino al 1949, con qualcheinterru-
ché c'erano famee risse continue. Sono cresciuto vedendotutto questo. Ban- zione durante le due guerre mondiali, continuò a produrre i marchi Premier
de che si azzuffavanotra loro, furti e morti all’ordine del giorno», raccon- e America, oltre a quello già citato.
% n
[27]
{ 26]
Il bandoneon era un altro strumento minore, destinato alla migrazione,e, didatta. «Era inutile pensare di trovare in riva all’Hudson un maestro di
in quantotale, portav 2 CON SÉéuno Stigmafamiliare. Comericorda il musi- bandoneone il ragazzo, per conto suo, si adoperò affinchéi bottonigli sve-
cologo Peter Szendy," Tito Ri@rdi, l’editore di Verdiin Italia, esprimevail lassero tutti i loro segreti. Non si racconta forse che Pascalsi fosse inventa-
proprio sdegnonei confrontidei suonatoridi organettoe altri musicisti am- to da solo la geometria?», segnala l’autore dell’articolo, un pioniere, in un
bulanti già al primo Congresso Internazionale della Proprietà Letteraria e certo senso, nell’esercizio dell’adulazione spropositata.* Di certo le regole
Artistica che si tenne a Bruxelles nel 1858. Ciò che disapprovavadi questi del bandoneongli si sarebberorivelate lentamente, a suon di tentativi ed er-
strumentiera la loro capacità di «far sentire» le «idee migliori di certe ope- rori, maestre di quartiere, precoci abbandonie quesitiirrysolti.
re» fuori dal loro contesto originario e riprodotte «con ognisorta ditaglio, La prima personachecercò di trasmettergli i rudimenti della teoria e del
con modulazionie orribili alterazionidell'armonia, con arrangiamenti pes- solfeggio — scrive Diana Piazzolla nel suo romanzo-biografia - aveva su una
simi» in modoche «ciò che era nuovo [al pubblico] sembrava vecchio». delle pareti del suo studio un quadro con l’immagine di Mozart bambino.
La frontiera tra artisti e pubblico comincia a dissolversi con la fabbrica- Era un dipinto in cui Mozart suonava per «principie re». Lei, l'insegnante,
zionein serie di strumenti relativamente economici, che favorisce l’irruzio- lo guarda, confronta quell’espressione con quella dell’allievo che indossa
ne dell’amateur. Il bandoneonsi diffonde quasi in parallelo con un altro dei pantaloncini grigi e; con una «gioiacelestiale», scorge delle analogie. Il
grande fenom©N0 che altererà per sempre la percezione: la fotografia. Così volto,i riccioli. «Gli somigli, Astor», disse la maestra al bambino - secondo
comela fotografia democratizzò la fruizione delle immagini mettendoalla quanto racconta Diana Piazzolla — il quale lo riferì subito ad Asunta Ma-
portata di un nuovo grande pubblico le vecchie opere d’arte,gli strumenti netti, sua nonna, che a sua volta lo comunicò a Nonino (non c’è racconto
traduttori, grazie al loro carattere di intermediari, assunsero una funzione iniziatico senza profezia).?
analogarispetto alla musicascritta. Lacittà in cuisi svolge la scena (che avrebbe meritato un altro quadretto
Il bandoneon intendeva renderepiù sofisticato l’esercizio della traduzio- agiografico: il bambino Piazzolla che suona sotto lo sguardo estatico della
ne. Ma rimaneva pur sempre uno strumento bastardo. Per affrancarsi da sua maestra) era afflitta dal proibizionismo. La famiglia, cometantealtre,si
quella condizione, aveva bisognodi un contesto diverso. Cominciò a parla- inserisce nel circuito del mercatoneroe si dàaltraffico illecito di whisky. Lo
re una nuovalingua in Argentina, dove entrò senza passaporto. Il nomedi prepara e imbottiglia clandestinamentenella vasca da bagno. Cos'altro farà
chi ve lo portò è ancora avvolto nell’ombra. L’unica certezza è che arrivò a del resto Piazzolla conil suo bandoneon? Distillare: separare sostanze, dare
Buenos Aires e, come milioni di immigrati, imparòla linguadel porto si a vedere una cosa diversa per poi contrabbandarla. Il destino di Astore il
prestò alla sua logica: l’ibridazione. Qui, il bandoneon trovò una nuovafa- suo A-A. Un duplice Astornella città bifronte.
miglia organologica, quella del tango, grazie alla quale si dotò di un nuovo C'è un momentoin cui quel rapporto contraddittorio con New York(far
statuto, e al tempo stesso impresse a quella musicala sua sonorità definitiva. parte della periferia e, al tempostesso, essere di passaggio in mezzoal vorti-
Dicono cheall’inizio i bandoneonisti, suonando lo strumentoall’unisono, ce degli eventi) viene documentato. Piazzolla partecipa all’inaugurazione di
tendesseroa imitareil flauto e l’organetto ambulante. Il processo di assimi- uno degli edifici annessi al Rockefeller Center, quello che per Koolhaasè il
lazione nonfu così semplice. Nel 1913 il bandoneonista Vicente Loduca,ri- maggiorrisultato dell’architettura newyorkese(e della simbiositra architet-
ferendosialrifiuto che lo strumento suscitava, diceva: «Nessuno voleva im- tura e spettacolo: la City Hall, una delle sue principali appendici). Ce lo por-
parare a suOnarlo, era no in pochissimiad avereil coraggio di entrare in una tano a suonareil bandoneon. Lì c’era anche Diego Rivera, il muralista mes-
sala con lostrumento nella custodia. Si vergognavanodelsuo aspetto, della sicano. Rivera, anziché whisky, cercava di contrabbandare l’ideologia so-
sua volgarità».” vietica dentro al Taj Mahaldel fordismo rappresentato dal Rockefeller Cen-
Il Piazzolla che all’età di otto annisi ritrovò in mano quell’assurdo aggeg- ter. Voleva che Lenin si stagliasse come una sfingesulle pareti dell’rcA Buil-
gio nella sua casadiLittle Italy non sentiva ancorail bisogno di nasconder- ding (al suo fianco,le masse sovietiche organizzate marciavanoversolo svi-
lo agli sguardialtrui. Il bandoneonin quella fase era qualcosa di imperscru- luppo di un nuovo ordinesociale, illuminate dalla luce della storia). Piaz-
tabile. In un’intervista pubblicata il 1° agosto del 1947 sul quotidiano Noti- zolla e suo padre lo sorprendononelpienodi quell’impresa, impossibile da
cias Gréficas, e che forse può essere considerata la prima biografia di Astor, nascondere. Piazzolla tira fuori dalla custodia il bandoneon e comincia a
raccontaal giornalista che i primi passi furonoin tutto e per tutto da auto- suonarlo. E dev'essere andata proprio così, perché Rivera seppe ricambiare
£
[28] [ 29 ]
Se
«C’è una navein partenza per New York», canta Sportin’ Life. Il personag-
gio, plasmato da George Gershwin e suo fratello Ira a immagine e somi-
glianza di Cab Calloway, cerca di convincere Bess a partire con lui. A New
York avranno una «high life», le dice. Di fronte al rifiuto di Bess, alla fine
della secondascenadell’ultimoatto di Porgy and Bess,insiste che non ci sarà
una seconda chancee le lascia sulla porta una bustina di «polvere dellafeli-
cità», nel caso cambiasse idea. George Gershwin, parlando di questo perso-
naggio — Sportin” Life 0, forse, lo stesso Calloway — scriveva sul New York
Timesil 20 ottobre 1935, solo dieci giorni dopo la prima all’Alvin Theatre:
«Più che uno spacciatore, è un divertente mascalzone, perverso,facilonee al
tempostessoaffidabile, persino amabile». Calloway, ribattezzato «the hi-
de-ho man», celebre per l’inedito scatinserito nell’incisione di «Minniethe
Moocher» nel 1931, leader di un gruppodi straordinari musicisti condan-
nati restareprigionieridello stile istrionico dicui era vittimaluistesso,finì
con l’interpretare il ruolo di Sportin’ Life nella versione di Porgy and Bess
del 1952 e nelle tournée americaneed europeefinoall’agosto del 1954. Pro-
babilmente non fece né più né meno quello che aveva semprefatto: rappre-
sentare se stesso.
Cabell Calloway, natola notte di Natale del 1907 a Rochester, New York,
si formò a Baltimorae diresse gli Alabamians a Chicago; nel 1929 inaugurò
"#
[ 30] [31]
una nuovafasee,alla testa della stessa band, arrivò a New York contempo- sono compartimenti stagni. Interagiscono: si intersecanoe si sviluppano con
raneamente al crollo della borsa. Lì fondò i Missourians, coni quali incise la mediazione del denaro.
due dischi. Nel secondo, con l’etichetta Perfect, il nome del complesso era Musicae affari sono nati praticamenteinsiemeagli Stati Uniti. L’industria
già scomparsoperlasciareil posto al suo: Cab Calloway. Gershwin, parlan- musicale risale al 1787, undici anni dopo la dichiarazione di indipendenza.
do di Porgy and Bess, faceva intravedere i propri intenti quando spiegava: Delle primesedici partiture mai pubblicate, quattro erano opera di Alexan-
der Reinagle. Una delle sue canzoni patriottiche si intitolava «America,
Ritengo che un’opera debba saper divertire: idealmente dovrebbe contenere Commercio e Libertà». Reinagle destinò la musica puraf quella strumenta-
tuttii fattori che possanofavorirel’intrattenimento. Così, quandohoscelto co- le, alla sfera privata. Tra l’efftmero e ciò che eleva, tuttavia, emerse a poco a
me tema po rgy and Bessy una storiasui neri di Charleston, ero certo che questo
mi avrebbe permesso di comporre un tipo di musica colta e al tempo stesso leg.
poco unaterza possibilità, di cui Gershwin intuì chiaramenteil potenziale.
gera e di contemplare insieme l'umorismoe la tragedia; insomma, una serie di Le arie della Normadi Bellini, particolarmente in vogaalla fine dell’Otto-
elementi jn grado di intratteneresia la vista che l’udito, perchéi neri possiedo- cento, vanno ascritte a tale genealogia: erano tradotte in un formato acces-
no tutte queste qualità in modo innato." sibile e si diffondevano su un territorio in espansione. La Norma, ricorda
Crawford, è «classica», «occidentale» e «seria», ma al contempo,per il mo-
«Divertire». «Intrattenere». I presupposti gershwiniani suscitano un’im- do in cui circola, è «popolare». Questo tipo di diffusione inciderà sulla co-
mediata avversione nella corrente di studi culturali guidata dalla Scuola di struzionedel sapere stesso del popolo e benpresto gli scambitra i due ambi-
Francoforte. In inglese, la parola (divert) ha accezioni più che maisuscetti- ti sarannoall’ordine del giorno. L’accessibilità determina la nascita di «nuo-
bili di demonizzazione: distrarree sviare. Sinonimidi caducità e alienazione. vistili, istituzioni e tecniche di vendita», dal mondo «classico» (emblemati-
Alla luce di questo, la Teoria Critica era restia ad ammettere chel’arte bassa co è il volto della soprano Jenny Lind sulle saponette) al vaudeville.
fosse dotata di impulso utopico o che, come pensail sociologoinglese Simon L’intrattenimento è perlopiù conservatore, ma nella New York in cui
Frith,! esistessero perfino formepositive di consumoe che un divertimento crebbe Piazzolla non semprelo era, così come nonlo era a Rio de Janeiro e
in gradodi conciliarsi con l’arte potesse avere valore. Che fosse ipotizzabile a San Paolo a partire dagli anni Quaranta, a Buenos Airesall’epocain cui
sia un’arte capace diintrattenere sia un intrattenimento artistico. Un ele- nacquee si sviluppò il tango — benchéil genere stesso o chi se ne occupava
mentochesi poteva riscontrare nelle commedie musicali, negli elaboratiar- nondi radosiostinassero a sostenere il contrario — o nella Londra degli an-
rangiamenti dei complessi da ballo, nelle orchestre ibride come quella di ni Sessanta. E non c’è definizione migliore di entertainer, termine in conti-
Paul Whiteman - dove suonavanoBix Beiderbecke e Frank Trumbauere che nua tensione fra arte e intrattenimento, per Calloway, questo cantante e
commissionò ed eseguì per la prima volta Rhapsody in Blue — nelle armo- danzatore talentuoso quanto eccessivo — una sorta di Don King del jazz —
nizzazionidei quartetti vocali in voga nei concerti radiofonicie, fin da subi- questo Sportin” Life frivolo e di successo, capacedi avere i migliori musicisti
to, nel cinema. e di suonare,oltre agli arrangiamenti più interessanti, quelli più terra terra,
Scott Joplin aveva intitolato uno dei suoi ragtime «The Entertainer» e che unavolta si prese unacoltellata nelle chiappe da unodeisuoi strumenti-
questafigura di «intrattenitore» nonsolo abile e divertente ma, molto spes- sti, Dizzy Gillespie (l’arte contro l’intrattenimento,si potrebbe dire), e che
so, capacedi sperimentareconil linguaggio e di metterlo in risalto non era, Piazzolla spiava dalla porta del Cotton Club negli anni della Grande De-
ovviamente, unafigura profetica, portatrice di autonomia, eppureil suo suc- pressione.
cesso non per forza implicavail fugace passaggio dalla notorietà all’oblio.
Il musicologo Richard Crawford" pone l’accentosu untipodi dialettica
con cui, a modosuoe in altre circostanze, dovràfare i conti lo stesso Piaz-
zolla: la distinzione tra «compositori» di opere che incarnano l’ «autorità»
dell’autore, e composizioni che presentano una notazione pensata come un
canovaccio,alla quale gli esecutori si attengono o menoin base al grado di
«accessibilità» che richiede il contesto. L’una aspira alla «trascendenza».
l’altra, alla fruizione e al beneficio immediato. «Alto» e «basso», però, non
[32] [33]
e,
«Nonavevo dubbi, maestro», risponde il padre, che però decidedi torna-
re a New York.
Qualcosa è cambiato a Manhattan. I Piazzolla vivono nella Nona Strada,
a dueisolati dalla casa precedente. C'è qualcosa di diverso nell’aria per via
della Grande Depressione. La crisi si annusa, si palpa, si ascolta. Nell’East
Side vive LiborioJusto,il figlio di un generale che aveva destituito Hipélito
Yrigoyen a Buenos Aires, che consolida la propria svolfa politica a sinistra
proprio a New York. La città in cui quattro anni prima avevacapito di esse-
re «nella capitale del mondo», dove le ombredei grattacieli «accrescevano
la mia aspirazionea creare cos e ggantesche»'* mentreil tessuto sociale, ur-
banoe culturale, con la Grand e pepressione,si ramificava. Un quartodella
popolazione riceveva sussidi. J'empire State Building veniva costruito in
tempirecord per alleviare simbolicamentela crisi e dare la sensazione chela
rovina non sarebbe duratain eterno. In quella stessa città, banco di prova
per il New Deal di Franklin Delano Roosevelt, dove man mano chele ven-
dite dei dischi diminuiscono inesorabilmentesi compranopiù radio che mai
— più musica per menosoldi — Gershwinscrive ;] suo Porgy and Bess e Piaz_
zolla suona in un cabaret chiamato El Gauchijto, LO gestiscono degli spa_
gnoli che gli offrono l’occasione di recuperare jp0 dei pezzi che aveva im_
L’apprendistato di Piazzolla con il bandoneonsisvolge tra diversi campidi parato a memoria e malvolentieri, «Cuando Ilora la milonga». Di lì a POCp;
forza: mercato-patrocinio, riconoscimento-mancanza di pubblico, cultura giorni suonerà con un aFgentino e un peruviano, «vestito da m8fMalo,
«alta»-cultura «bassa». Da tutto ciò più avanti deriveranno alcunidei suoi Quell’uniforme lo mette a nudo: non ha unaterra, solo porti in lontananza.
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capisaldi. La convinzione che la musica potesseessere qualcosa di più che un Non è ancorail momentodi vestirsi da «gauchito» «Ero il bambinopr,d;-
passatempo amatoriale, d’altronde, è una costante di suo padre. Vuole che gio arrivato dalla pampa argentina», si definisce (esagerando) mentre p,ra
dominilo strumento perchéè la chiave del loro espatrio. Lo fanno studiare con Alberto Speratti, l’autore del primolibro — fore il piùilluminante _ yy
con un altro immigratoitaliano, che suona il mandolino, male ore, raccon- Piazzolla.'” E sempre conil suo bandoneon, all’età di dodici anni, si presen-
terà Astor, le passano a parlare di cucina. ta ai microfoni della wmcr. È questo il periodo in cui impara anche,e pre-
La divagazioneculinaria lo vedrà tuttavia fare ritorno nel suo paese. Il ra- cocemente, che il suo mestiere puòservire qualsiasi causasia fonte di profit-
gazzo a Mardel Plata parla più l’inglese che lo spagnolo, comei personag- to. Astor, che molto piùtardi istituzionalizzerà la camicia nera come indu-
gi non doppiati di Gilda,il film con Rita Hayworth e Glenn Ford ambien- mento ufficiale del musicista di tango, suona «Camisas negras» per accatti-
tato in Argentina. Eppure il bandoneonritorna in primo piano. Un altro im- varsi le simpatie deifascisti del quartiereitaliano.
migratoitaliano, Libero Paolini, che suonavanella sala da tè Munich,gli in- Giacché nonesiste ra CCONtOagiografico senza una qualche epifania, Piaz-
segna i primi rudimenti. E la sregolatezza emerge fin da subito. Perché ciò zolla, il «bambinoprod igio», k trovaalla finestra, in modoindiscreto: il se-
che Piazzolla suona a orecchio sono le melodie di Gershwin, quelle che de- gnale arriva da unacasa vicina, è un pianoforte che Suona Rach, Un unghe-
ve aversentito alla radio fino alla sazietà. Il maestro disapprova, gli dice che rese che Astorsi figura sia alunnodi Sergej Ra hmanina,6; chiama Béla
deve dedicarsi anima e corpo al tango. Cambia insegnante un’altra volta. Wilda. « Parlavamo di jazz, di cannelloni, q amicizia gel ‘esigenza di stu
Homero, il fratello di Libero, gli insegna qualche ranchera, polke e valzer. È diaresei e perfiotto Ore al giorno per rago iungere per fezione. Con ly
anche se non suona tanghi, Homero comunica al padre che «il ragazzo ha conbbi il veroamore per la musica». Ma stro nink, cu 9C0, precettore
talento» e che, pur denotando ancora uno «stile americano», ha «il tango «Con grande impegno», ricorda, «trasferivo Bach sul bandoneon. Riuscivo
nelle vene»! a farlo sempre meglio, del tango non mi ricordavo nemmeno».
£
[ 34] [35]
Gershwin, altro girovago, rievocandoil suo incontro con la musica, ac- zione è innanzitutto una forma. Per intenderla cometale, dice, bisogna rif
cennava a sua volta a una casualità provvidenziale. Stava pattinando ad tornare al punto di partenza c trovarecosì, nella linguain cuisi traduce, un\
Harlem quandosentì un pezzo di jazz che, secondoil suo biografo David atteggiamento chepossa ridestare in essa «un’eco»dell’originale.
Ewen,'? «lo impressionòa tal punto» che «non poté mai più dimenticarlo». Il Piazzolla traduttore, nell’arco della sua traiettoria musicale, nonsi at-
Oltretutto, anche Gershwin ebbe un «maestro ungherese», chesi rivelò fon- terrà allo «stadio contingente» di una lingua (in questo caso il tango), ma
damentale perché grazie a lui scoprì un’intera tradizione di compositori che permetteràchealtre, straniere, lo «scuotano». E traducendo Barték il jazz
ignorava. In Rapsodia in blu,il film-biografia del 1945 che a Piazzolla non estenderà le frontiere di genere, amplierà e approfondirà la propria lingua.
doveva essere sfuggito, il maestro ungherese ha un manoscritto originale di Un altro traduttore, Keith Emerson,cercò in Barték quanto cercava Piazzol-
Brahms che mette nelle sue mani comese in quel passaggio di consegne per la, per adattarlo all’organo Hammond,nell’ambito di un rock chesi defini-
Gershwin si stesse chiudendoil cerchio. «Hofiduciain te, questo è un paese va «progressivo» (un aggettivo utilizzato prima dal jazz e associato al tango
in crescita, dovela tradizionesi mescola con la novità. Seriesci a unire le due da Piazzolla nel 1957, quandoincise un disco con l’Octeto Buenos Aires).?
cose, l'America avrà finalmente una voce», gli dice mentreglielo affida. Ciò che Benjamin vedeva comeunesercizio inutile (la traduzionedi se-
Alcuni frammentidell’autobiografia piazzolliana sembranoscritti in mo- conda mano,la «trasmissioneinesatta di un contenutoinessenziale») acqui-
do specularea quelfilm. Le somiglianze affiorano comesitrattasse di una ra- sta un nuovosignificato nelle sue dita. Quelle «traduzioni di traduzioni»
diografia esposta alla luce. Nell’imponentefigura di Gershwin,che ritroverà (dall’orchestra al piano e dal piano al bandoneon) sonoin un certo senso
a Buenos Aires attraverso lo schermo, Piazzolla ravvisa un modello per sa- germinali. I pollici si deformanovia via che si muovonosullo strumentoal
nare le contraddizioni fra erudito e popolare, studio e intuizione, Europa e ritmo di una musica sradicata.
Nuovo Mondo,che lo accompagnerannodi continuoe cheil film accentua «Eranoi tempiin cuiil ragazzo rispondevain inglese quandogli parlava-
in modoperfino grottesco quandoil musicista newyorkesesi trova di fronte noin spagnolo, arrivando addirittura a confessare diessere italiano: argen-
a un Ravel accondiscendente, quasi genuflesso, e gli domanda: «Comefa a tino mai, per timore di essere confuso con un portoricano», dice Speratti a
trovarel’ispirazione?» «Quandoparlo a Ravel del mio desiderio di studiare proposito di Piazzolla.?* Un’infanzia tagliata su misura di uno strumento mi-
ride, eppure io voglio studiare», dice in un altro momento. Piazzolla vedrà grante e clandestino.
nell’autore del Concertoin fa una guida per forgiare il proprio «sogno ame-
ricano»: ottenere il riconoscimento del pubblico e del mercato con una mu-
sica personale. Anche se, curiosamente, quandoricorderà Gershwine il suo
aneddoto francese- il film di Irving Rapper — cambierà uno dei nomidi
persona. «Gershwin voleva studiare con Nadia Boulangere lei non lo volle
comeallievo». La storia, ormai diventata leggenda, è stata raccontata da
Blas Matamorosulla rivista Crisis'? in questi termini: «Quella vecchiaccia
gloriosa e insopportabile, che aveva partecipato alle leggendarie lezionidi
composizione del grande Gabriel Fauré e avevacorretto le partiture del com-
pagno di banco Maurice Ravel, accettava comeallievo quel rioplatense mol-
ti anni dopoaverrifiutato, per ignoranza, un americano chiamato George
Gershwin».
Eppure, al bandoneon,Piazzolla suona Gershwin.
Suona in modofebbrile e traduce. Adatta riduzioni dallo scopo puramen-
te divulgativo, comele versioni popolari dei grandi romanzi. La traduzione
è unavariante dell’arrangiamentochevive il suo momentodisplendorenel-
l’Ottocento. «Nessuna traduzionesarebbe possibile se mirasse, nella sua ul-
tima essenza, alla somiglianza con l’originale», dice Benjamin.*° La tradu-
[36] [37]
di Astoria di Long Island,il piccolo Astor indica un orizzonte imperscruta-
bile per il quartetto che lo accompagna. L'immaginediventa il passaporto
simbolico del suo ingresso nella cultura argentina, seppure attraverso
Broadway. Lontano dalle telecamere, Piazzolla mostra a Gardel comesuo-
nail fueye,® e Gardel emette una sentenza inequivocabile: «Diventerai qual-
cuno, ragazzo,te lo dico io. Mail tango lo suoni come uno spagnolo». Gar-
del percepisce uno squilibrio::benchési vesta da «gaucfiito», il pibe è anco-
ra un marinaretto. E tra i due ha luogo, secondo Diana Piazzolla, un altro
dialogo cheresterà negli annali. «Il tango faccio ancorafatica a capirlo», di-
ce il giovane Astor. E Gardel, che è ormai unastatua che muovesolo la boc-
ca, gli risponde: «Quandolo capirai, non vorrai più lasciarlo»?
Maprimabisogna tornare a MardelPlata. Perché, dopoi diversitipi di
iniziazione per i quali passa (la musica,la cultura «gang», gli ambienti ma-
fiosi, il soprannome /efty, una fidanzata, la prima performance,la forma-
zioneall’interno della società dello spettacolo), nel 1937 rientra in Argenti-
nae ritorna al tango,intitolandoil primo pezzotipico del genere «Paso a pa-
so por Broadway», per quantolo suonasse come «uno spagnolo». Il suo de-
butto musicale ha luogonel bar del padre, il Nueva York, dove però suona
l’armonicainsieme a due musicisti ciechi. Esegue «Someof These Days». Si
pettina come Mickey Rooney. Parla comeil doppiatore spagnolo di Tarzan,
Gli ascolti furtivi al Cotton Club coincidonocon il suo ingresso nel mondo il personaggio dei romanzidi Edgar Rice Burroughsche al cinema,a partire
del cinema per manodi Gardel. Piazzolla ottiene una piccola parte in E/ dia dal 1932, fu interpretato dal nuotatore olimpico Johnny Weissmuller.
que mequieras. Interpreta unostrillone. La sua presenza permette di chiu- Lo spagnolo rudimentale con il quale Piazzollasi fece conoscerealsuo ri-
dere una scena rappresentativa degli archetipie dei pregiudizi checircolava- torno viene spesso rimarcato dai suoi biografi. La sua lingua stentava non
no nell’Argentina degli anni Trentarispetto al ruolo dell’entertainer e che poco a adeguarsiall’inflessione degli argentini, un tratto che si accentuerà
combinavano il disprezzoclassista con una spettacolarizzazione melodram- conil passare degli anni e marchierà il suo mododiparlare al punto che, nel-
matica. Gardel, che all’epoca aveva superato la quarantina, nel film è un la ristretta cerchia musicalein cui si muoverà, verrà chiamato, a quanto rac-
«giovane» oppresso dall’atteggiamentoprotettivo del padre, che vuole far- conta Horacio Ferrer, «el Yoni» — traslitterazione argentina di Johnny — un
gli sposarelafiglia di un altro imprenditoreper riunire così i due patrimoni. appellativo che rimandaalla sua inequivocabile condizionedistranieroe at-
MaGardelsi ribella. Ama un’altra donna, vuole cantare e suonare per quan- traverso il quale, al momentodicriticare la sua musica,i suoi avversari met-
to ciò possa sembrare pericoloso. Per questo «scappa»di casa calandosi dal teranno in discussione anchealtre cose.*
balcone con un grosso fardello (il suo strumento). Sta fuggendo con degli Astor aveva ormaidiciassette anni, ma lo «imbarazzava»chei suoi amici
amici quando unpoliziotto lo sorprende e lo arresta perché ha un’aria so- sapessero che suonavail bandoneon(0, peggio, che lo facesse indossando un
spetta. In quel momento la musica che accompagnala scena, emuladi Ri- travestimento).In Francia, molto tempo dopo, l’avrebbe tenuto nascosto
chard Strauss, si interrompe e lascia parlare gli attori. «Suoniamo», dice nell’armadio. Il contrasto fra quella presenza imbarazzantee l’aspirazione a
Gardel quando la musica nonsi sente più. Solo quando l’agente capisce che dotare lo strumento di una nuovacittadinanza è presente fin dagli esordi. Il
è il figlio di Argiielles decidedilasciarli andaree di non farne parola con nes-
suno. «I miei genitori non devono saperne nulla», lo implora il cantante.
«Sarò una tomba», diceil poliziotto, la voce dello Stato. È allora che com- * Già agli inizi del secolo,l'appellativo veniva usato nel mondo del tango peralluderea chi era
forestiero. Il pianista e compositore Prudencio Aragén (1886-1963), ad esempio, era sopran-
pare perunistanteil Piazzolla «strillone». In unafoto delle riprese negli stu- nominato «el Johnny»per via dei capelli un po’ rossicci.
£
[ 38]
[39]
bandoneon comincia ad assumere un nuovosignificato grazie a un’altra sco- passionati». AI di là della possibile confusioneriguardo alle datee all’ordi-
perta casuale. Quella del violinista Elvino Vardaro. «Ho trovato un modo ne degli eventi, c'è un elemento inequivocabile: Piazzolla si identifica con la
diverso di suonareil tango», dirà. corrente innovativa del tango. Ad attrarlo, quandovi entra in contatto, è
La memoria di Piazzolla è molto selettiva e a volte presenta lacune e re- proprio l’analogia con il convulso background assorbito a Manhattan.
miniscenze confuse (uno dei suoi migliori amici a Manhattan è Rocky Gra- Nella lettera inviata da Astor a Elvino Vardaroil 14 maggiodel 1938 —
ziano, dice a Speratti, ma a suafiglia assicura che era Jake LaMotta). Altre che sembra opera di un traduttore automatico dall’inglese allo spagnolo —
volte è basata su ricostruzioniarbitrarie. Non è chiaro che cosa abbia ascol- nella quale chiede al suo idolo:di mandargli unafoto, fafgià capolinoil desi-
tato di Vardaro. A Speratti parla del sestetto (Vardaro e Hugo Baralis al vio- derio di nuovescale gerarchiche. «Ammirononsolola sua orchestra, la mia
lino, José Pascualal pianoforte, Pedro Caracciolo al contrabbasso e Anibal preferita, ma lei comeviolinista. Io non sonounviolinista, suono il Bando-
si Lu. . . mu.
Troilo e Jorge Fernndez al bandoneon). Ma nonci sonoregistrazioni di- neon». Ha solo diciassettè annie scrive già il nomedel suo strumento con
scografiche di quel gruppo. È molto probabile che, incollato alla radio in l’iniziale maiuscola.
quei giorni di tedio a Mardel Plata, avessesentitoil sestetto suonare dalvi-
vo. O che, magari, fosse rimasto colpito dal quintetto Los Virtuosos. Il la-
vorodelle percussioni, la sovrapposizionedi diversi schemiaccentuativie la
sequenza del 3+3+2 nella seconda parte della straordinaria versione cheil
gruppofece nel 1937 di «Chiclana» - un tango che Piazzolla avrebbe ese-
guito più tardi, con la sua Orquesta del ’46 - lo lasciano supporre.Il quin-
tetto era natoin seguito a unepisodio piuttosto curioso. Nell’Argentina del-
l'epoca,il voto era sinonimodi truffa. La si chiamava «frodepatriottica».
Malarivista Sintonia, in controtendenzarispetto a quella pratica coerciti-
va, invitò i lettori a scegliere «democraticamente»i migliori strumentisti che
avrebbero potuto formarela grandeselezione. Sintonia emiseil suo verdet-
to mentre Piazzolla si trovava a New York: Francisco De Caro al pianofor-
te, Ciriaco Ortiz e Pedro Maffia — che declinò l’invito per altri impegnie fu
rimpiazzato da Carlos Marcucci, che era arrivato terzo - come bandoneoni-
sti e Vardaro e Julio De Caro al violino. «Il pubblico, sempre pronto a so-
stenere operedi sicuro valoree, soprattutto, animate daintenti nazionalisti,
votando con grande entusiasmo e seguendo passo a passo gli interessanti
candidati che questo originale concorso ha avuto mododi proporre, ha ap-
pena manifestato la propria volontà sovrana», annuncia la rivista nel co-
municare i membri del quintetto.**Il complesso venne formato seguendoil
modello dei «virtuosi del jazz», i seguacideiquali, sottolineava Sintonia, ne-
gli Stati Uniti erano «un esercito»: «Si esibisconoalla radio, fanno tournée,
incidonodischi, suonanoneiteatri. Ricevono compensistrepitosi». La rivi-
sta che intendeva formareil gusto popolare si domandavase gli «assi no-
strani» sarebbero mairiusciti a «imitare i loro omologhi americani» e a
prendereil posto di Gardel, che era morto nel 1935, «nella memoria delle
masse». «Ce la faranno a viaggiare per tutto il paese guadagnandoingenti
sommedi denaroe ad attirare con le loro esibizioni grandi fiumanedi spet-
tatori? Speriamo disì. Nel frattempo, incoraggiamoli con i nostri voti ap-
[40] [41]
Note della prima parte
1. Rem Koolhaas, Delirious New York, The Monacelli Press, New York 1978 (Delirious New
York: un manifesto retroattivo per Manhattan, Electa, Milano 2001, traduzionee cura di Mar-
co Biraghi).
2. Lev Trotzky, Mein Leben: Versuch einer Autobiographie, Fischer, Berlino 1930 (La miavita,
Mondadori, Milano 1976, introduzione e traduzione di Livio Maitan).
3. La versionediscografica,intitolata The Central Park Concert, è uscita perl'etichetta Chesky
Recordsnel 1994.
4. Diana Piazzolla, Astor, Corregidor, Buenos Aires 2005.
s.Ivi
6. Peter Szendy, Écoute, une histoire de nosoreilles, Les Éditions de Minuit, Parigi 2001.
7. Citato da Oscar Zucchi in «El bandone6nenel Riode la Plata. Parte 11», sulsito internet To-
doTango, http:/www.todotango.com/spanish/bi blioteca/cronicas/eronica_bandoneon_2.asp.
8. Noticias Gréficas, 1° agosto 1947.
9. Diana Piazzolla, Astor, cit.
ro. Quel miseral sarebbe statopoi riprodotto a Città del Messico, al primo pianoe sopra l’atrio
centrale del Palazzo delle Belle Arti, che funge da principale sala espositiva della capitale.
11. Diana Piazzolla, Astor,cit. SECONDA PARTE: 1938-1953
12. The New York Times, 20 ottobre 1935.
13. Simon Frith, Performing Rites. On the Value of Popular Music, Oxford University Press,
Oxford 1995. . (BUENOS AIRES)
14. Richard Crawford, American Musical Landscape. The Business of Musicianship from Bil-
lings to Gershwin, University of California Press, Berkeley 2000.
15. Diana Piazzolla, Astor,cit.
16. Liborio Justo, Prontuario. Una autobiografia, Ediciones B, Buenos Aires 2006.
17. Alberto Speratti, Con Piazzolla, Galerna, Buenos Aires 1969.
18 David Ewen, George Gershwin: His Journey to Greatness, Ungar Pub. Co., New York
1956.
19- Blas Matamoro, «Tango:Piazzolla, la vanguardia y después», Crisis, novembre 1973.
20- Walter Benjamin, «Die Aufgabe des Ubersetzers», in Charles Baudelaire, Tableaux Pari-
siens. Deutsche Ùbertragung mit einem Vorwortiiber die Aufgabe des Ubersetzers, Verlag von
Richard Weifbach, Heidelberg 1923 («Il compito del traduttore», in Angelus Novus: saggi e
frammenti, Einaudi, Torino 2008, traduzione € cura di Renato Solmi).
21. Tango progresivo, Discos Allegro (1957). Inclusoin Piazzolla Completo. 1956-1957, Lan-
tower (2009).
22. Alberto Speratti, Con Piazzolla,cit.
23.La grafia corretta in spagnolo sarebbein realtà fue/le, ossia mantice, ma a BuenosAires, per
riferirsi al bandoneon,è più comunefueye.
24. Diana Piazzolla, Astor,cit.
25. Ivi.
26. Sintonia, 15 ottobre 1936.
27.Il fac-simile della lettera è stato pubblicato da Diana Piazzolla in Astor,cit.
[ 42]
Esistere è avere un nomeproprio, un’ancora di salvezza in mezzo alla molti-
tudine. MardelPlata, però, condannavaPiazzolla all’anonimato. Tutto era
piatto, noioso. La spiaggia, un cul-de-sac. All’orizzontesi profilava soltan-
to la possibilità di studiare contabilità. E, per giunta, «avevodei nemici,liti-
gavo contutti». Doveva partire. Impossibile resistere alla forza centripeta
di Buenos Aires. Miguel Calé lo incoraggiavaa farlo. «Il profumo del tango
arriva fino ad Avenida General Paz, o poco più in là. Mafiniscelì», dirà lui
anni dopo.?
Decise di andarsene.Il padre gli diede un fascio di banconote. Astor viag-
giò verso la capitale argentina insieme a un conoscentedi Vicente Piazzolla,
su unastrada asfaltata da pochissimo: la linea che congiungeva due punti di
un’enorme pianura senza passato. Buenos Aires era il «centro» attorno al
quale girava tutto: l’amministrazione nazionale, la cultura e la ricchezza che
derivava dalla produzione agricola. «Da una parte BuenosAires e dall’altra
il nulla», conclude nel 1933 Ezequiel Martinez Estrada nel suo Radiografia
de la Pampa. Piazzolla l'aveva intuito. Come poteva essere qualcuno nel
nulla? Per-questo approdò nell’«ombelico fluviale della mostruosacittà»,
un luogoche, all'apparenza, era «più simile a Parigi che a Chivilcoy», ma /
che «dentro, nel sanguee nello stile», non era poi molto diverso da «qual-
siasi paesino dimenticato in provincia di La Rioja».* f
£
[45]
ca e la stessa musica classica. Julian Aguirre, Juan José Castro, i pezzi per
La città è un transatlantico ormeggiato, a bordodelquale si viaggia verso pianoforte di Ernesto Drangosch e un precoce quanto dimenticato tentativo
lo stesso lUOgOincui ci si trova. Inducealla divagazione metafisica, fa del re-
taggio p remoderno una fonte di ispirazione poetica, un fondamento della di Alberto Ginastera testimoniano questi approcci.
coscienz 2 € Un codice di comportamento. Vi operanoe cospiranoanarchici, Le diatribe sultango che sorgono a Buenos Aires non sono nemmenosem-
plici controversie sullo stile, ma, comesottolinea la Garramufio,discussioni
comunisti, ultramontani, socialist, positivisti, aristocratici fra ncesizzati che fanno capoa diverse tipologie o reti culturali: parlano di conflitti più
nazisti, avanguardisti, cos mopoliti sostenitori della Repubblica spagnola ampi, che trascendonoil dibattito musicale. £
fanatici del generale Millan-Astray e del suo «viva la morte!» e simpatiz- Le prime avanguardie argentine, sostiene l’autrice, possonoessere analiz-
zanti di Yrigoyen nostalgici e bohémien.
zate a secondadelle posizioni che adottarono riguardoal tango. La filiazio-
Piazzolla dovette vivere quella città stratificata comeunarivelazione, 0 ne «autoctona» che Borges attribuisce al tango, come continuazione della
come un déjà-vu.
tradizione gauchesca, vorrebbe cancellareil ruolo determinante dell’immi-
Claude Lévi-Strauss vedeva l'America come unaterra passata dalla bar- grazione. Per Borges,il nuovo tango ha «corrotto» quello genuino. «Esiste
barie alla decadenza senza conoscerela civilizzazione. Le città del Nuovo unastoria del destino del tango cheil cinematografo riesuma periodicamen-
Mondoprecipitavano dal nuovo al decrepito senza fermarsi alla maturità. te», dice riguardo alla genealogia ufficiale — periferie malfamate, bordellie,
Non c’era traccia divestigia. Perle città europee,il susseguirsi deisecoliè si- solo alla fine, l’adozione patrizia. Sempre secondo Borges, questo «roman-
nonimodiprogresso,è un valore. Per gli americani, dice in Tristi tropici,’ due zo di un giovane povero» è una specie di verità indiscussa o di assioma: «I
anni significayo decadenza. E nella San Paolo degli anni Trenta percepisce
qualcosa che è applicabile a Buenos Aires: si sviluppa con una tale rapidità miei ricordi (e ho compiuto cinquant'anni) e le ricerche da me condotte sul
che è impossip.ile procurarsene la pianta, perché ogni settimana bisognereb- filo della tradizione orale, certamente non lo confermano», dirà nelle edi-
be aggiornarla. Che musica è quella che puòcaptare una simile vertigine? zioni successive di Evaristo Carriego.”
Il tango, come;| gambain Brasile, in poco tempopassò dall’essere consi- È per questocheparla di una fase precedentealla «deplorata conversione
delatoprimitivo , essere riconosciuto come musica nazionale. La purifica- alla decenza dei quartieri poveri e malfamati». Quello chesi suonava prima
era un prototangoche merita di essere onorato. Borges, seguendo Leopoldo
zionecivilizzatrice fu immediata. Tra il DNA dubbio e la sua canonizzazione Lugones, negli anni Trenta parla di un tango «barbaro»che nonesiste più.
intercorsero pochi anni. È ciò che Florencia Garramufio in Modernidades «Nel tango quotidiano di BuenosAires, nel tango delle serate familiari e del-
primitivas* ha definito comeun prodotto anfibio, che mira simultaneamen- le pasticcerie rispettabili c'è una malizia triviale, un sapore di infamia chei
te al «patriottismo», che gli deriva da un passato primordiale, e alla «mo- tanghi del coltello e del lupanare non potevano nemmenosospettare».
dernità», chesi costruisce fuori, a Parigi. Ciò che è primitivo è, in parte, un Coloro che nel giro di qualche decennio avrebbero esaltato i sobborghi
cosmopolitismo alla rovescia.
edenici comeun presente perpetuo erano borgesiani, benché non lo sapesse-
Secondo la Garramufio, la parabola del tango smentiscel’idea di una cul-
ro ancora.
tura comple tamentecivilizzata. Se il progresso implicava l’introduzione di La glorificazione dell’autenticità dei luoghiperiferici, così simile all’idea-
nuove tecnoJogjee stili di vita, e se spessoera visto comelo specchiodi quan- lizzazione di Mosca a discapito della «francesizzata» San Pietroburgo
to accadeva nelle grandi capitali, la rivendicazione di un passato «selvag- («adesso ti chiamano Margot», ebbe a dire lo slavofilo Michail Séerbatov
gio” "APP esentava quantomeno un problema per il discorso della moder- nell’opera satirica Viaggio nella terra di Oftr, del 1784),? trasferisce sul
nizazione, Dj quil'esigenza di «ripulire» la fedin a del tango. Le tracce del- «centro» l’idea di corruzione chefino ad alloraera stata attribuita a un tut-
l’origine sono questo: orme, non qualcosa di permanente. to generico. Ma, ad ogni modo,dalla condannainiziale di quel «rettile da lu-
Questo processo può essere spiegato come un pasaggio dal corpo all’udi- panare», per usare le parole di Lugones,all’accettazione — e, soprattutto, al-
to, dal ballo procace alla canzone. Ascoltareciò che viene detto. De Caroin- l’esaltazione degli elementi più legati alla delinquenza e al malaffare da po-
trodurrà unanovità poi approfondita da Piazzolla: ascoltare, ma senzatesto. stribolo, divenuti segni di purezza genetica — non passano poi molti anni.
Il tango nonè spp ciò chesi sente e le accese conversazioni che nederi va-
no. È oggetto di yyrappresentazione chesi declina in linguaggidiversi: il Nella transizione che denota comecaratteristica principale il passaggio dal
cinemae la pittu ala caricatura, la letteraturae il saggio,la poesia, la gr afi- ballo «con pausee torsioni del busto» a quello «liscio», colpisce la conver-
*
[47]
[46]
sione di uno dei paladini del nazionalismo argentino. Manuel Gflvez,nel
suo EI diario de Gabriel Quiroga. Opiniones sobre la vida argentina, del
T9IO,Scriveva:
Le rive del fiume hanno dimenticato la loro musica. Gli immigrati, sloggiando
i gauchos, hanno mess fine ai canti e alle danz autoctone [..]. In compeno
adesso abbiamoil tango , un prodottodel cosmop olitismo, unamusicaibridae
funesta. Nonconoscop iente di più ripugnante del tango arg@tino. Il ballo è
grottesco[...] e, comefosse UN castigo, ci tocca sentire dappertutto questa mu-
sica brutta e sgraziata, sinto MO deplorevole della nostra denazionalizzazione.”°
e { 62] [63]
to simile a quella realizzata da Bach» dall’«adattamento», parola che, a
quantodice, gode del «favore del volgo». E chiude con un commentosprez-
zante: «Ai giorninostri nonsi contanoi sacrilegi commessi dalla radio, dal
cinemae dal balletto». Forsel’allusioneera rivolta agli studi Disneye agli ar-
rangiamenti per Fantasia della Toccatae fuga in re minore di Bach o della Sa-
gra della primavera, con quella feroce mutilazione dell’originale. Lo statuto
dell’arrangiamento mutò di pari passo con l’evoluziorfe del mondodello
spettacolo, che gli assegnò forzatamentealtre funzionie ritmidiversidi dif-
fusione. Nona caso Szendysostienecheil declino dell’arrangiamentotradi-
zionale sia legatoall’istituzione del«diritto d’autore», che vietava l’adatta-
mentoe l'arrangiamento delle opere musicali e, al contempo,all’apparizio-
ne della radio e deldisco, che sostituirono l'arrangiamento per pianoforteai
fini di una maggiore divulgazione.
L’arrangiamentopianistico era correlato a una concezioneiperbolica del-
l’opera. Liszt preferiva parlare di traduzione. «Miriterrò soddisfatto solo
quando avrò assolto alla funzione dello scriba intelligente, del traduttore
coscienzioso checoglie lo spirito di un’operaperfilo e per segno»,disse ri-
guardoalla trascrizione delle sinfonie di Beethoven, nel 1835.
Secondo Robert Schumann, l’arrangiamento è un’«opera originale» che
nonsostituisce il modello machesi fa sentire accanto a questo. È un’ombra
Piazzolla e Dedé si sposaronoa ottobre e andaronoad abitare in un condo- che ha acquisito una certa autonomia. Si parlerebbe allora di «Opera»e
minio nel quartiere di Montserrat. «Sarò la migliore casalinga del mon- « Oper:a».
do», gli promise la giovane sposina. La donna era ancora relegata nel si- Eppure, nel ventesimo secolo, l’arrangiatore è una persona che firma
lenzio e tra le pareti domestiche. Il matrimonio non sarebbe stato l’unico «nell’opera» altrui e nel corpo altrui. Per Szendy, è l’unico ascoltatore che
cambiamentonella vita di Astor. «ConTroilo si guadagnava bene»,ricor- scrive il proprio ascolto anziché parlarne. Ferruccio Busonil’aveva propo-
derà a propositodelle notti al Tibidabo, che non era un semplice cabaret, ma sto a Schònberg quandoquesti gli aveva concesso la sua Op. 17. Mail vien-
il nucleo musicale di quella città che, conla sua forza di gravità, era una ca- nese nonaccettò: se c'è bisogno di un arrangiamento,gli dice in unalettera,
lamita per ciò che la circondava. Lì, nella fila dei bandoneon, Piazzolla «ciò significherebbe che la mia composizione è imperfetta».‘°
aspettava ancora una volta che la fortuna bussassealla sua porta. L’arrangiatore, ai tempi del disco, si nutre di tutte le contraddizioni del
Un’indisposizione di Argentino Galvan, l’arrangiatore ufficiale di Troilo, passato e vi aggiunge quelle proprie dell’era della riproducibilità tecnica.
gli permise di prenderne il posto. A Piazzolla venneaffidato «Azabache», un Piazzolla aveva accumulato un capitale musicale notevole quandosiritrovò
candombe che Pichuco doveva presentare al concorso «Ronda de Ases» in- seduto di fronte al pentagrammaper soddisfarela richiesta di Troilo. «Aza-
detto da Radio EI Mundo, mache poi non venne mai inciso.” Doveva im- bache»era l’obiettivo. Cosa poteva «sentire»lui in quei tanghiche sfuggis-
primerealla partitura la suacifra del tango. se ad altri? Che tipo di trama? La politonalità stravinskiana, le armonie al-
Peter Szendy definisce l’arrangiamento come una formadi ascolto.Que- terate di Ravel, gli accordi per quarte di Bart6k filtrati da Ginastera - non
sta definizione è molto più esauriente di quella proposta nel 1958 dal- potevanoesistere entro il perimetro tracciato da Troilo. L’innesto delle co-
l'Encyclopédie de la musique (Fasquelle), che lo descriveva come la «tra- noscenze acquisite fuori dal Tibidabo avrebbe funzionato soltanto se fosse
sformazionedi untestoaffinchésia possibile eseguirlo con strumenti di una stato invisibile o approvato dal direttore. Troilo era il custode del proprio
categoria“diversa da quella previstaOriginar iamente». L'enciclopedia prefe- stile. La proverbiale «gommaper cancellare» avrebbe rimosso qualsiasi co-
risce dist1BUCFe l'arrangiamento indUanto «operacolta e dallostile eleva- sa non rispondesseai suoi propositi o minassel’identità della sua orchestra.
#
[64] [ 65]
Piazzolla, a posteriori, dice che Pichuco cancellava «accordi complessi e dif-
ficili». Non doveva esserestato così all’inizio, quando la sua destrezza era
molto apprezzata.
L’orchestra di Pichuco,del resto, aveva avuto un arrangiatore esemplare
come Galvin. La sua versione di «Recuerdos de bohemia», qualche anno
più tardi, avrebbe rappresentato un modelloe, al contempo, avrebbe deter-
minatola soglia di ciò che era accettabile nell’ambito del tango. Dopo un av-
vio leggermenteinstabile rispetto al centro tonale, l’arrangiamentosi svi-
luppava senza ulteriori scossoni. A colpire era il suo piglio eclettico (una
gammachesi estendevafino a Ravel e a Broadway). Soltanto al quarto mi-
nuto — secondo unapratica delresto abitualeall’epoca — entravala voce.
Piazzolla superò magnificamente la prova di «Azabache». Il tangovinseil
concorso e diedeil via a nuoviincarichi.
«Inspiraci6n», del 1943, è il primo arrangiamentodi Piazzolla inciso da
Troilo. La sua aderenzaa ciò che si addiceva a un tangodell’orchestradi Pi-
chuco è indubbia, e le armoniesonoclassiche. Tuttavia, la «firma»si rico-
noscenell’abbondanza dei cromatismidi passaggio,nei pizzicati degli stru-
menti a cordae neitrilli barocchi del pianoforte. L’assortimento delle vociè
contenuto. Troilo, a quantopare, cancellava o apportava correzioni conso-
ne al tango, ma al tempostesso approvava e gradiva. «Inspiraciòn», con
Se, stando al ragionamento di Adrian Gorelik in Miradas sobre Buenos Ai-
quell’arrangiamento (mutilato) di Piazzolla, era uno deipezziforti delle lo-
res,l’arte della città è unasortadi «città analoga», comela costruivail tan-
ro esibizioni, tanto che tornavaa inciderlo ogni volta che stipulava un nuo-
go negli annidi formazionedi Piazzolla? Comeleggeva la quotidianitàe l’e-
vo contratto con unacasa discografica. Lo registrò per la prima volta con la
sperienza moderna? Attraversoi suoitesti si può capire qualcosadelle logi-
RCAnel 1943, poiper la TK nel 1951, e per la Odeònnel 1957. Esiste anche
che che vigevano a quel tempo?
unaversione incisa da Piazzolla nel 1947 conla sua orchestra personale. Lì
«Buenos Aires, mi tierra querida | escucha mi cancibn» [«Buenos Aires
si riscontrano maggiori acciaccature delle corde, mentre l’orchestratore si
amata terra mia / ascolta la mia canzone»], «No sabés las ganas que E
concede — o gli viene concessa — una maggiorescioltezza contrappuntistica,
de verte» |«Nonsai quanta voglia ho di vederti»], «Cuando yo te vuelva a
pur sempreentroi limiti convenzionali. Era «in stile», ma con un'impronta
ver...» [<«Quandoti rivedrò...»] Le invocazionisi crogiolano su un luogo co-
tutta sua. L’evoluzione sarebbe stata lenta maassicurata.
mune atemporale. La «città», in generale, non sembra un'entità fisica, ma
solo un nomeprivo di sostanza. Martinez Estrada, invece, vedela città di
quel periodo comeunacostellazioneeclettica. La sua architettura è diversa
in ogni riquadro delreticolo spagnolo adagiato sulla pianura. Questo ele-
mento la dice lungasui suoi abitanti. «Ciascuno assomiglia al proprio sogno
piuttosto chealla città», dice questo straordinario osservatore. Cinquanta-
mila edifici che proclamano cinquantamila volontà capricciose. Un mosaico
dianime «che remano control’unità d’insieme». L'autore compatisce allora
gli artisti autoctoni: «Lo sforzo di quei poveretti che scrivono, dipingono 0
fanno musica non può riscattare unacittà protesa versola supremazia eco-
nomica, senza alcun riguardo per l’estetica»4
£
[ 661] [ 67]
Su unasuperficie così eterogenea, i mandarini del tango stabiliscono una una meta, rileva Susan Buck-Morss,* si opponedialetticamenteallo stato di
tan-
serie di precetti poetici che hannola rigidità di un codice della strada. «Il «trance autoindotta» del fléreur, un tipo urbano che aveva sviluppatoun
È ag-
go d’oggi cosa dovrebbe riprodurre?», si domanda Homero Manzi. «modo per sentirsi a casa» sulla strada, abitandola comesesi trattassedi
chesi
giunge che la musica di Buenos Aires è «la voce della nostalgia per ciò interno: i caffè sonoil suosalotto; le panchine dei parchi, i suoi mobili; i se.
rimpian to se non su un tempo in due quar- gnali stradali, i suoi oggetti d’arredo. Insomma, la città trasformat mn Ila
è perduto» eche «non può essere
ti».!* In tal senso, «Anclaoen Parîs» di GuillermoBarbieri ed Enrique Cadi- geografia di un’esperienza. Sn
camo,scritto nel 1931, è il modello dell’elegia in voga. «Lejano Buenos Ai- «L'immagine che abbiamo della città è sempre un #0’ anacronistica. Il
res] qué lindo que has de estar | ya van para diez aîios que meviste zarpar| caffè è degenerato in bar; l’atrio checi lasciava intravederei cortili e la er-
tu mismo gola è adessoun indistinto corridoio con in fondo un ascensore», dice Bor.
c6mo habri cambiado tu calle Corrientes / Suipacha, Esmeralda,
che
arrabal» [«Buenos Aires lontana/ che bella sarai I son dieci anni ormai ges, da parte sua, in un raccontointitolato «L’indegno». Il testo faparte di Il
mi vedesti salpare / come sarà cambiata la tua Calle Corrientes / Suipach
a, manoscritto di Brodie e fu pubblicato nel 1970.4 Per il Borgesdiallora, il
]. Così, sostiene Manzi, perdure rannoso lo «i passato ormainonerasoltanto «la formapiù bella di ciò chesi è n
Esmeralda,i tuoi sobborghi»
tanghi dotatidi quello spirito evocati vo, quelli in grado di metterc i di fron- Tuttavia, la canzone di una città mutante come Buenos Aires continuava a
nse
te agli scenari e ai personaggi del Novecento, intrisi del dolore bonaere credere in quell’affermazione precoce.I suoi autorisi trovavano meglio con
arrecato dal contrasto fra passato e presente, capacid i riconcil iarci con tut- delle ambientazioni fisse, quasi fossero le imperturbabili scenografie di
e sen-
ti i luoghi e le usanze ormai scomparsi, dotati di quell’animafilosofica musical dil caffè, la casa deigenitori, il sobborgo) davantialle quali si muo.
timentale ereditata dai cantori popolari patriottici e dai puristi amanti delle vevanoi cantanti. Come cogliere la drammatica accelerazione storica che
grandi prodezze». L'altro tango, «quello dei ritornelli e dei patemi d’ani- stava subendola capitale e che minavaognicertezza?
mo», specifica, non è che «un couplet, non ha la cittadinanza bonaerense». Si potrebbe pensarecheil tango fosse anacronistico già nei tempi d’oro. E
dei
Ele canzoni «d'amore lacrimogene» sonosolo il frutto «dell'invasione che la sua teorica rappresentazione del «sentimento bonaerense» fosse pià
gorgheggi provenienti dal tropico». ostentata che reale. Ma si potrebbe anche azzardare che fosse proprio quel-
Manzi, quello che in «Milonga del Novecientos», del 1932, fa dire alla l’anacronismo a renderlo rappresentativo. Che la nazione chesi inventava
o» unastoria e perfino una geografia — quella sconfinata «Antartide argentina»
voce cantante «no me gusta el empedrado| ni me doy con lo modern
[«non mi piaceil selciato / e la modernità non fa per me»], il «paroli ere col- che non compariva sulle mappe vendutenel resto del mondo — potesserico-
to» che decise di «scrivere parole per gli uomini», sarà coerente con il suo noscersi soltanto in un ritratto immaginario. «Il tango, comela letteratura
decalogo personale. Esalterà «le ruote infangate dell’ultimo organetto», nonrispecchia una realtà, ma reclama unarealtà. Nessuno può e
ul-
«Ila luna che sguazzanel fango»e, ancora nel 1948, con «Sur», unodegli che la città di BuenosAires fosse come la raccontanoi tanghi. Nei tanghiil
timi grandi tanghi-canzone,il «profumo delle erbe medicin ali che continu a padre è sempreassente, non lavora nessuno,le ragazze vannoa ballare nel-
a riempirmi il cuore». le milongas, son sempretutti a far bisboccia, a quarant'anni sonogiàal ca-
Tra «Milonga del Novecientos» e «Sur» intercorrono sedici anni, duran- polinea, attempati, in rovina, mentre guardanoal loro passato connostalgia
te i quali il cinemaattribuisce un significato completamentediverso ai sob- e cinismo», diceloscrittore e saggista RicardoPiglia.* Il bonaerense, in ogni
borghi, mentre cambia anche lo spazio urbano «reale». Enrique Santos Di- caso, sembravatrovare la propria essenza nell’esaltazione di una città scom-
ra-
scépolosi accorgedi questa differenza e in uno dei suoi monologhi perla parsa. Il tango,chesi rifaceva a unastoria e a una tradizione chein realtà
dio dice: «Il sobborgodi una volta era bello da leggere, ma non da vivere.
Perché non miverrete a dire che preferivate la pozza al marciapiede bello pu- "La citazione proviene da un'intervista apparsa su ADN Cultura, un supplementodel quoti-
lito e chevi divertivate di più conil fango che conl’asfalto».'* diano La Naciòn, nell'agosto 2008. Nellostessoarticolo,l’autore di Respirazione artifi sal 2 as-
Benjamin sosteneva che si può dire di conoscere unacittà solo quandosi
sicura che, così come la nascita del rango-canzonefu sancita da «Mi nochetriste» dol É i il
suo atto di morte risale al 1956, con «La tiltima curda». E aggiunge: «Ciò che è stato fatto do»
impara a perdervisi e ad attraversarla a partire da tutti e quattroi punti car- po quel tangoè tutta un’altra cosa, perché siè persa l’idea della condizione diaminatica che so-
dinali. Lo smarrimento comepossibilità di spezzare la monotonia delsusse- stiene e governa tutta l'enunciazione poetica, mentre ha preso piedeil sistema della fibera asso»
guirsi delle cose. L’ebbrezza di chi ha camminato a lungoperle strade senza ciazione, un surrealismo da quattro soldi che accostail violinoal colibrì e laforfora al cuore»
£
[ 68] [ 69]
-
confrontoalle quali le iniovazio n
avevao solo una decina d’anni, ma in costrui va, come la
dimento», sì
erano considerate alla stregua di un «tra di
zolla, in definitiva unuomo
città, una biografia che lo legittimasse. Piaz
tango, avrebbe fatto lo stesso.
urni» piuttosto che come artisti), sensualità avesse sottratto «grazia ai movimenti». Ed ecco un’immediata
. .
- «
affinità con Borges e Bioy Casares. Pertuttie tre, si tratta di «mostri». Il nar-
i osta... ; .
eregiametzalmente aPho tarigo più astratto non venisse formulata in termi- ratore di «Le porte del cielo», invece, viene da un altro mondo,quello dei
esplici Phonsignifica che nonesistesse. Di fatto, c'erano momenti duran- dottori, e per questo, quandovaal Santa Fe,resta fuori dalla pista e ascolta
Nile esib “ioni delle orchestre, specie quandoi cantanti si presentavano,in la tipica orchestrina «suonarein sordina e con impegno».
te le smetteva di ballare e si metteva adascoltare. Efin Piazzolla voleva proprio questo genere di ascoltatori, era per loro che
j del pubblico : : . componeva. «Credidi essere al Colén?», ha raccontato diessersi sentito di-
ee entatoridelle mil ongas che non ballavano ? e checi€
da subito ci furo no frequ re ironicamente al Marabùo al club Boca Juniors più di una volta. La sua
IrO Or°T chestree i loro cantanti pre feriti.
gd AYANOieoltento Pereven ascoltare le P"9 esperienza più sgradevole sembraessere legata all’inserimento del violoncel-
IRPA par tua concomitanza dell'ascolto e @l ballo. An-
se Simo qa h, che il
pFrit
i z e “re, come ? il i musiÈ; cologo ingle
.
bile ipoti
zi,i, èè possiibi i
. Re
lo in «Copas, amigos y besos», il brano di Mariano Mores. «Era così lungo,
; . za é . 3 x
ballo sia una forma ‘’ascolto, conun livello di concentrazi ge che non è così complesso che le cameriere del cabaret in cui suonavamo cominciarono
di
a prenderciin giro e a ballare sulle punte, comese fosse musica classica».‘°
È e» 7 3
dprecintai e degl . pnR!aranta, ballo e ascolto nonsolo sono anti- L’arrangiamento non funzionava e doveva essere modificato. «Credo che
Ra i ia Sali foati Tnt quello sia stato il primo passo della separazione da Fiorentino: nemmenoa
tetici, ma corrispondon d mbiti sociali diversi. Julio Cortizar ha offerto
una testimonianza pers 1 i queste opposizioni in «Le porte del cielo», lui piaceva osare».In unatale dialettica, gli opposti non si attraggono mai.
ona ; ; Lasintesi non è un’opzionepraticabile, pertanto il Colén è evocato da quel-
el .1951.La vicenda è ambientata
ental nel
nfluito in Bestiario D la battuta come unafase lontana daveniree, al tempostesso, comeil simbo-
o. TO anberonista del narrator
un racconta. Sfitido Sp ir e inducea ipotizzare
; lo di un’offesa musicale. Per Piazzolla, d’altronde, il ballo era una messin-
1942, Ma Beura succ siva, Rarrato Le ifUestio ne ricorda una donna
unadata di s essiva. ho . scena: se ne poteva fare a meno. Ciò che succede «dalle ancheai piedi»gli in-
costr uiscl ricor do diunafesta di car-
di nome Celina, morta da poco, e fi %
[77]
176]
teressava pocoo niente. La testa è il corpoche ascolta. E la cosiddetta «Co-
lonizzazione» significava voltare le spalle alla pista e al locale notturno. Tra
il mondo ruffianesco e la promessa di «elevazione spirituale» che si suppo-
neva rappresentasse quel teatro, non c’era mediazione possibile.
Coloroche difendevanola valenza astratta della musica ostentavanoil lo-
ro rifiuto peril ballo. «A mei ballerini non sono mai interessati», dice Piaz-
zolla a Speratti, e rimarcail proprio ripudio quando raccontala genesidi «EI
desbande», un tango della fine degli anni Quaranta: «Ha un attacco simile a
quello di “El tamango”, di Carlos Posadas, e poi continua conle variazioni
indemoniatee terribilmentedifficili che usavogià allora. E sulfinale c'è una
coda su un tempodi valzer. Cominciavoa lasciare da partei ritmi classici, a
dimenticarmi dei ballerini, a suonare perché la gente ascoltasse».Via via
che si «stacca», Piazzolla abbandona un modo di comprendere e sentire che
è ben rappresentato da un precoce diverbio con Juan Canaro,fratello di
Francisco e direttore di un’orchestradi tango chefu tra le prime ad andare in
Giappone. Piazzolla lo incontra nella casa discografica Perroti e gli chiede
cosa ne pensa del suo arrangiamento di «Ahî va el dulce». «Me hai rovina-
to», gli dice Canaro,e gli tira un cazzotto. Il danno inferto al pentagramma
esigeva unarivincita sul corpodi colui che aveva profanatola scrittura.
«In Calle Corrientes non si era maivisto un successo clamoroso come quel-
lo del pibe Astor Piazzolla... Di lui ci aveva parlato in terminielogiativi
OsvaldoPugliese. E anche Horacio Salgan. E prima ancora, Anfbal Troilo»,
si legge sulle pagine di Noticias Grdficas il 1° agosto del 1947,che accoglie
a braccia aperteil «pupillo della famiglia del tango», il «beniamino». La sua
orchestra,si sottolinea, «ha un ritmo travolgente» che «si è guadagnato la
stima del pubblico nell’annoscarso in cuiil complesso ha avuto mododifar-
si conoscere». Un tango come «El desbande»riscuote un «successo» che è
«perfettamente comprensibile»vista la sua eccellente qualità, dovuta innan-
zitutto «all’estro musicale dell’autore e alle peculiarità dell'orchestra che ha
saputo imporre». L'articolo gettava inconsapevolmentele basi del modoin
cui da quel momentosi sarebbe parlato del bandoneonista: con assoluto en-
tusiasmo, comein questocaso, o con disprezzo. L’autore, che nonsifirma, si
schiera con la primafazione. L'articolo hail merito di farci constatare alcu-
ne convinzioniprecocidi Piazzolla, per quanto ancora abbozzate, così come
la sua posizioneall’interno del circuito del tango. La popolarerivista della
sera è colpita dalla «curiosatraiettoria» del personaggio,interessante perché
costituisce «un’eccezione alla regola». Piazzolla, osserva, «non è diventato
un bandoneonista nei quartieri di Mataderos o di Palermo, manegli Stati
Uniti. Nientemeno che a New York. È superfluo dire che non ha potuto at-
£
[79]
[78]
ti nos allo scenaf,, suggestivo e obbligatodei lampioni a petrolio, dei sob- particolare, a quella della fine dell’Ottocento, ereditata da questi musicisti nei
bp orghi tipici della. pitale, con tanto di organetto e cose del genere. La cosa conservatoriin cui si erano formati e della quale si era avvalso il cinema ame-
è Nata traigrattag) i». La distanza gli consente una prospettiva di cui gli al- ricano. In partiture comequella ideata da Erich Korngold per La leggenda di
tri sono sprovvisti. L’«asso della mil 989”, come lo definisce il giornale, Robin Hood,diretto da Michael Curtiz nel 193 8, o nelle musichedi scena dei
ha mai film di Gardel, affiorava la vulgata del romanticismotardivodi cuisi nutriva
«nonprovanostalgia per Buenos Aires per il semplice motivo che non
sta.
conosciutola città». C'è un’altra com Ristione che incuriosiceil giornali
l'immaginazione dei musicisti di tango più illuminati. Le frontiere della «ge-
capitale», al rarchizzazione» del tango facevano comunque capo a Rachmaninov.E seè
Sebbene «si sia ovviamente aggiornatosulla parlata tipica della
è «un “reietto” vero cheil jazz, per quanto fosseil jazz più commercialee legato alle sale da
tempostesso domina lo «slang» newyorkese. A suo parere,
dizioni», ballo, entrò a far parte della vita di questi musicisti — Galvin fu membrodel-
da entrambele parti»e il suo destino è quello di «sanare le contrad
«che la Brighton Jazz e Jaime Gosis, che avrebbe suonatoconil primo quintetto di
dal momento che la musica «non ammette etichette». Questo spiega
tanghi di una volta con l’aggiu nta di accordi che Piazzolla, fu anche pianista degli Hawaiian Serenaders — noncostituivaai lo-
possa proporcii più intensi
osserva ziones i poteva conside rareun elo- ro occhi un vero riferimento culturale. Il concetto di improvvisazionee quel-
sembranostrayinskiani». Questa
er viadell’ccostamento al suo Maestro. La notarileva altresì che Piaz lo di assolo, che comportavanoestesie virtuosistici sviluppi strumentali, se
zolla hastudiat, con Ginastera pers ei anni. Gli accordi che al cronista «sem erano centrali per Piazzolla, non coinvolgevano particolarmentegli altri mu-
brano» stravinskiani in realtà non lo SONO, ma quelloscarto rispetto al ca- sicisti di tango. La loro formazione da musicisti «lettori» gli consentiva al
massimodi arrivare a Gershwin. E nonil Gershwin compositore di canzoni
none andavagiustificato con un dato estemporaneo.
per musicalche iljazz aveva assimilato come materiale preferenziale, ma l’au-
In «Se armé», di José Staffolani e Pedro Maffia, uno degli arrangiamenti
tore di suite e brani rapsodici dove le musiche popolari si combinavano con
incisi dall’orchestra di Piazzolla nel 1947, fa irruzione untipo di glissando
il linguaggio classico del romanticismo crepuscolare. Gershwin fu senz'altro
che poteva aver tratto da Ravel o dal cinema. In pezzi come «Pigmali6n»,
del uno specchio nel quale molti vollero vedersiriflessi. Le «Escalas en azul» di
dove si concede un minutodi introduzione strumentale, e «Villeguita»,
uso molto più disinvolto del Madernao la versione del «Blue Tango» di Leroy Andersondestinataall’or-
1948, in cui introduce il ritmo 3+3+2, con un
Noticias Grdficas. chestra di Francini-Pontier, per arrivare, una ventina d’anni dopo,alla co-
contrappunto e dell’armonia, risalta lo stile che colpisce
dove lonna sonora firmata da Mariano Mores per Bueras noches, Buenos Aires,
Tutto ciò è esaltato dalla straordinaria intesa dell’orchestra «del ’46»,
com- denotano una conoscenza alquantoprecisa di Gershwin — e di epigonipiù di-
spiccavano Atilio Stampone, Hugo Baralis e Leopoldo Federico, e che
scutibili, come Anderson — tuttavia,il progetto era destinatoa fallire, almeno
refeva anche Roberto DiFilippo, un bandoneonista che ebbe un’influen-
in quanto possibile fonte di modernità, per una semplice ragione: la matrice
determi ante su Piazzolla e sull’evoluzione del suo modo di suonare.
arran- armonica e melodica del tango era la stessa della musica romantica. Ciò che
Astor, anni dopo,intravedeva una volontà di cambiamento nei suoi
l’approssimazione del- differenziava Gershwin non eral’impiego delle tecniche classiche — un proce-
giamenti di allora, ma, al tempostesso, riconosceva
suo parere, era troppo dimento già piuttosto conservatore nel 1920 — ma degli elementidel folklore
le proprie intenzioni. Nel 1948 sciolse l'orchestra. A
in- afroamericano,in cui spiccavanoinflessioni melodiche microtonali, sincopi
avanzata perl'epoca. «Era per questo che avevamo poco lavoro, nonci
isolato e accentuazioniinsolite, e anche un uso della dissonanza più coloristico che
vitavano né alla radio né sulle piste da ballo, cominciavo a rimanere
non funzionale. La grande differenzatra Piazzolla e gli altri musicisti di tango che
rispetto a un sacco di musicisti di tango ».5 La sua ricostruzione dei fatti
di Noticias Grdficas, ma ciò non toglie che l’or- provaronoa sondarei limiti del genere si doveva in primo luogoalsuosiste-
combacia conil panegirico
co- madiriferimentinell’ambito della musica classica, che era un po’ più esteso
chestra potesse godere di un certo riconoscimento e che questorisultasse
direttore e fosse anche insufficien- grazie all’apprendistato con Ginastera e anche alla sua melomania.Inoltre,la
munque inferiore alle aspettative del suo
sua visione del jazz — pur sempre unavisione più newyorkese — non si ferma-
te per il sostentamento economico.
va agli aspetti formali. Piazzolla ne coglieva l’espressione, rilevava il ruolo
AIdilà delle possibili interpretazioni, Piazzolla aveva deciso di oltrepassa-
giocato dal lavoro strumentale degli interpreti e il senso di premura,di ur-
re unalinea di demarcazione. Neitentativi di «ampliamento» del linguaggio
o genza che trasmettevano i primie frenetici assoli del bebop che negli anni
da parte dei musicisti di tango che Piazzolla stimavadi più, come Maderna
in Quaranta arrivavano a BuenosAiressu dischi in gommalacca.
SalgAn, emerge uno sguardorivolto esclusivamente alla musica classica e,
#
[ 80] [81]
Il discorso sul tango non poteva che generare anche un
p ri rigeti pubblicava qu otidianamenté La Nacidr i suoi «Grafodrammi». Medra-
in un musicista curioso e cosmopolita :&me Piazzol la. Sitra ttava di u:veI no è unsagace osservatore dhcostumi.Il suo orizzonte si ampliòtra il 1946
paradosso: la valenza «artistica» di quia musica era innegabile, sia dal eil 1947, coni calendari «Alpargatas», illustrati da Florencio Molina Cam-
nto divista vista della
punto della compos
c izione
izi È dil’ascolto, ma dal modoin
che j cuii se ne poscont emi gaubeschi. I soggetti prefer itida md rano rel0° peròlacittà
parlava questo aspetto sembrava non g;stere. Leriflessioni sul genere non (il bar,il biliardolo stadio di calcio) e le abitudii dell'e ca (la spiaggia,il
contemplavano De stilistici Né;poti stepfutare evoluzioni. Per casinò,le paste della domenica). Il tango, naturalmente, non poteva nonfar-
. o discogra e la rac i di l ne parte. Medrano «vede» i musicisti annoiati, con la Barba sfatta, il naso
quantoil mercat . 8 Ito prosperasse Ò fosse ormal diffuoQin
moltissime case, ! ’MMENt&0ri delgeneredi Lopecito o Julio Jorge Nelson, rosso, mezzi addormentati, privi della benché minima empatia conil ballo o
in apologie
po plafi a uei tempi, non facevanoaltro che cimentarsi
molto tathe, con il cantante. È come se suonasseroconil pilota automatico.E la vignetta
Patrio el resto nonesisteva un, rivista specializzata — CONtrarianen- cheli ritrae così, intitolata «La Cumparsita», prese a circolare proprio nel
te a quanto accadeva conil jazz am6;cano — che seguisse 1’ aumentodelle momento di massimo splendore del genere, a metà degli anni Quaranta.
vendite e sulla quale si potesse discutre del modo di suonare di Carlos Di Quell’iconografia del torporeera agli antipodi rispetto al senso di apparte-
bili» e momentifor-
Sarli, del contrasto, ella sua opera, tra momenti «canta nenza perseguito da Piazzolla. Era logicocheil capitale simbolico che aveva
ntidi Maderna per
tementerit ar La varietà delle voci negli arrangiame accumulato gli imponesse benaltro.
lla per Troilo il violon-
Cal6,o del modoin cui negli arrangiamentidi Piazzo È in questo contestoche bisognacollocareil rifiuto di Piazzolla peril tan-
retorici del Barocco.
cello dettava la melodia o venivanoinseriti espedienti go — e nonl’inverso, comelo stesso bandoneonista ha provvedutoa precisa-
e ai musicisti più
Nonesisteva neppureuna rete di scambio che permettess re. È vero che una parte — e non quella più rappresentativa - del mondodel
si poteva fisch iettare un tango
inquieti di confrontarsi. Neiceti intellettuali, tango rinnegava l’idea stessa della sofisticazione, o della ricercatezza, in
imegto estemporaneo. È seci si sping eva oltre, era solo quanto simbolodella perdita di autenticità. Orlando Figes® rintraccia qual-
o citarlo comerife
unpretestoper parlare della realtà pol;t;ca “Il tango per molti era sinonimo cosa di analogonelle suddette controversietra gli intellettuali di San Pietro-
del peronismo, per quanto la sua base sociale in realtà si sentisse più a suo burgo (la metropoli francesizzata) e di Mosca(riserva, insieme alla campa-
agioconil folklore rurale o i suoi deriv_}j, Alla fine del 1953, CortAzarscel- gna, dell’autenticità incontaminata), all’epoca in cui germogliaronoleeste-
r abbordareil tema.
se le pagine della rivista Sur, «di» Victoria Ocampo,pe tiche nazionaliste. Buenos Airesle riproducesu scala ridotta quandonel tan-
conflui tonel libro Il giro del giorno in go vienetracciata la frontiera che separa l’«autenticità» dall’ «esotismo co-
L’articolo si intitola «Gardel»ed è poi
era morto nel 1935, serviva a stil- smopolita». Tale opposizione, che nel caso degli intellettuali nazionalisti
ottanta mondi.L’encomio del Muto, che
e aMMira zi one, come
lare un altro «tipo» di veleno. Gardel «genera affetto aveva avutoa chefare con l’esaltazione della campagnae,poi, del tango più
bide moti-
Leguio Justo Sufrez; dà e riceve do izia, senza nessunadelle tor popolare, per una parte di pubblico e di compositorie interpreti si tradusse
cheven gonoa
vazionierotichesu cui si regge la'®!MA deicantanti tropicali nella valorizzazionedicerti cantanti, complessi e repertori, con un occhiodi
nità rientita che
farcivisita, o il puro piacere peril cat! vo gusto e la meschi riguardoper coloro che ricorrevanoal lunfardo, ossia il gergo popolare bo-
i naerense,e alle tematiche «da sobborgo»o per chi, comenelcitato caso di
spieganoil successo di un Alberto Castillo».
Ipo
«Donne»,« gioco» e «sbornie» sembravano essere, d’altro ci «Cheexistencialista» o in «Giuseppeel crooner», eseguiti dall’orchestra di
se pier È zioni espresse dalmusicista di tango. Ben presto, Piazzolla D’Arienzo,rifiutava apertamentela novità associandola a «roba da femmi-
I istanze on solo da quelMmondo notturno, ma anche da un senso nucce». Questo non era certo l’ambiente che poteva valorizzare Piazzolla,
del mestiere fortemente ancorato gUna sorta di trafila burocratica (dal ta- manonera nemmenoquello che predominava sui mezzi di comunicazione
deidiritti la-
barin all'amantee dalletto al palcoscenico), e che l’estensione o nella direzioneartistica delle etichette discografiche.
in un’esteti-
vorativ i la sindacalizzazione dei musicistifinì per trasformare Il tangofacilone di D’Arienzo aveva un suo seguito ed era estremamente
ca, più che in una vittoria consocia tiva: la contrattazione elevata a pro- popolarenelle sale da ballo di quartiere, mail «canone» prediligeva cantan-
gramma. O forse un mercatonel qual ; ja saturazionedelcircuito lavorativo ti e orchestre che, pur senza perdere questa specie di genuinità essenziale,
finì per determinare un’implosione. L effetto entropico è stato colto da Luis eranoriusciti a dotarsi di unacertaricercatezza. Troilo e i suoi cantanti (Flo-
J. Medrano. Artista plastico, disegn tore e umorista, tra il 1941 e il 1974 real Ruiz, Francisco Fiorentino, Alberto Marino, Edmundo Rivero, Rober-
£
[82] [83]
to Goyeneche, Rail Berén) eranoin tal senso un buon termine di paragone. Quandoscriveva per Troilo, Piazzolla sfoltiva al massimola scrittura del-
La massima del tango — ossia del «buon tango», secondoi parametrifissati l’accompagnamento in modo cheil direttore potesse variare a suo piaci-
dalla comunità stessa — potrebbe riassumersi in una cosa come «né rozzi né mento. Lasciava lo spazio necessario affinché quel rubato che sembravari-
finocchi», una terza via che suona quasi come un’anticipazione del «né maneresospesonel tempoe che a Troilo riusciva fin dalla prima battuta fos-
yankee né marxisti: peronisti» che Piazzolla, negli anni Settanta, trasfor- se il centro dell’universo. Inoltre, poteva contaresul piano di Carlos Figari —
merà per spiegare il suo pragmatismo politico in modo inequivocabile: «Né per il quale componevaispirato da reminiscerZ® debussiane, inserendo sva-
yankee né marxista: bando N®ONISR». riati ornamenti cometrilli, morden {j e grup eti- € su urfvioloncello al qua-
E nel mondo del «buon‘AN80”, Piazzolla era ben lungi dall’essere con- le assegnare gli assolo. Quando arrangiava lo stesso tango per l’orchestra di
testato come compositore e orchestratore. Era uno che, negli anni Cin- Fresedo aggiungeva arpeggiper il pianoforte, che culminavanoin noteiso-
quanta, senza essere membroné direttore di alcuna orchestra —la sua si era late del vibrafono, con contrasti di intensità estremi. Nelle orchestrazioni
sciolta già da un anno — componevae arrangiavaa livello professionistico, per Francini-Pontier inseriva cadenzee assoloperil violinista, e quandoscri-
su commissione, per i complessi più rinomati. «Intendo comporre due tan- veva per Basso affidava al bandoneonista — il virtuoso Julio Ahumada — va-
ghi all'anno. Con quattroincisioni riesco a vivere», raccontò di avergli sen- riazioni «dannatamentedifficili», comele definiva quest’ultimo,e sfruttava
tito dire il bandoneonista Roberto Pansera, che aveva fatto parte della sua al massimolo stile percussivo deldirettore al piano. Lo stile di Troilo e Bas-
rchestra.® Tra coloro che hannoscritto su Piazzolla, l’unico che ha colto so, d’altro canto, era quello chesi avvicinava di più all’idea di «versione da
a fondamentale importanza dei tanghi compostiall’inizio degli anni Cin- concerto», tanto che nelle composizioni per Troilo arrivava a concedersi
quanta — «Prepàrense», «Contrabajeando», «Lo que vendri», «Triunfal» versioni molto più lunghe e con sviluppi strumentaliassai più estesi che nel-
e, non ultimo, «Para lucirse», il pezzo che inaugura la serie — è lo scrittore le altre. L'interpretazione di Troilo di «Para lucirse», ad esempio, dura qua-
e giornalista Julio Nudler. «[Primadi allora] non mi era ancora chiaro co- si quattro minuti, un’enormità per i canoni commerciali dell’epoca.
sa volevo», dice Piazzolla, citato da Nudler, riferendosi a questo periodo. Può anche darsi che nonfosseroi direttori delle orchestre a scegliere di
«L'ispirazione decisiva, quella che mi ha fatto arrivarefin qui, l'ho trovata commissionarei brani a Piazzolla, ma chefosselui a scegliere loro. Le quat-
nel 1950, quandoho scritto un brano che si chiamava “Para lucirse”».?° tro orchestre in questione erano senz’altro le sue preferite e quelle che consi-
Per Nudlerc’era qualcosa di sorprendente nel fatto che proprio quel pezzo deravaall’altezza dei propri tanghi. Forsevi trovava un possibile corrispetti-
non fosse mai stato annoveratonel repertorio di Piazzolla — a differenza di vo dell’orchestra di Paul Whiteman, tanto abile a muoversi con scioltezza nel
«PrepArense» o «Triunfal», ad esempio, Eppure,se si analizzanole quattro mondodell’intrattenimento quanto a commissionaree a far debuttare Rhap-
versioniregistrate nel 1950,risPettiva mente dalle orchestre di Anfbal Troi- sody in Blue. In ogni caso,tali orchestre potevano essere paragonate al mo-
lo, Osvaldo Fresedo, Francini-PoMMer e José Basso,e, soprattutto,se si 0s- dello di quella di Stan Kenton, popolare e insieme trasgressiva. Questi lavo-
servanole differenze mostrate da lascuna, appare evidente chesi trattava rava con arrangiatori come Pete Rugolo ed era in grado di concepire dischi
di una composizioneP®NSata da Piazzolla proprio «para lucirse», ossia per comeCity of Glass, che comprendevaincisioni realizzate tra il 1947 eil 1953
mettersi in mostra cd®€ COMPOS tore «professionista», «su commissione», di opere a dir poco iconoclaste, composte appositamenteperil suo comples-
capacedi ideare un tangoconil quale ogni gruppopotesse mettere in m0- so da Bob Gracttinger. Per giunta, chiamavail proprio ensemble «The Inno-
stra il meglio che aveva da offrire. In tal senso, pensare che quelle orchestre vations Orchestra»e intitolava i dischi Artistry in Jazz (1950), Innovations
suonassero i suoi tanghi sarebbe un errore. Piazzolla non aveva una pro- in Modern Music (1950) o New Concepts of Artistry in Rbythm (1952).*
pria orchestra — a parte quella di Radio Splendid, che diresse durante una «Era esattamente ciò che volevo fare 10», diceva Piazzolla riferendosia lui,
serie di registrazioni per l’etichetta rk, con la cantante Maria de la Fuente.
Nonc’era un repertorio piazzolliano che Troilo, Fresedo, Basso e Francini-
Pontier potessero scoprire e adottare, ma pezziideati su misura per ogni or- * Questo costante desiderio di rinnovamento suscitava anchecritiche, perfino tra i componen-
ti della sua band. Stando a un aneddoto verosimile quantodifficile da appurare, Kenton,all’i-
chestra da un autore che cercava unosboccodel tutto nuovoper il tango:
nizio di una tournée, chiese ai musicisti, ormai seduti a-bordo del furgonecheli avrebbe porta-
quello rappresentatodalla figura del compositore — e orchestratore — pro- ti in giro, nuoveidee.Il trombettista Al Porcino, da unodeisedili posteriori, alzò la sua voce ro-
ca e scorbutica come sempre, per domandare: «E se suonassimo con un po’ di swing?»
fessionista.
£
,
[84] [851]
«elaborare armonie analoghe, ma con unadifferenza: al posto degli ottoni io per ri velarsiuna sentenza peril tango stesso), quelle critiche!9N erano del
avevo gli strumenti a corda e il bandoneon. Le poche volte in cui ho usato tutto ingiustificate. Rispecchiavano semmai q valessadi dr alla delusio-
trombe, tromboni e saxil risultato è stato pietoso. Ad esempio, mi è succes- ne di un innamorato. Solo chi ama può soffrire a tal punto quandol’altro
so quandohodiretto l’orchestra di Radio Splendid, nel 1952».7' Fra l’altro, non ricambia i suoi sentimenti. Troilo, secondo Piazzolla, aveva scelto un
Gershwin, Ellington e Kenton erano accomunati da un elemento extramusi- destino indegno.E tale indegnità non era diversa da quella del tango nel suo
cale che stava molto a cuore anche a Piazzolla e che lo incoraggiava a crede- insieme. Nonostante potesse aspirare a essere una musica potente e innova-
- tiva -— e avrebbe potuto esserlo.fin dagli esordi, benché &oloro che se ne oc-
re nella fattibilità dei suoi progetti: ebbero successo anchea livello economi cupavano nonlo capissero chiaramente e fossero incapaci di formulare il
co.E forse è proprio dalle differenze tra Kentone Troilo che deriva in parte
problemain questi termini — si era ripiegato nella contemplazionedise stes-
Pastio di Piazzolla nei confrontidel suo ex direttore.Il fatto che coluiche gli so e nell’eterna ripetizione delle sue vecchie glorie, ogni giorno più obsolete.
aveva offerto un postonella fila dei bandoneon della propria orchestra ed era
stato il primo a dare credito ai suoi arrangiamenti — a dispetto di tutte le can- Se l’astio di Piazzolla per il mondodel tango è prevalso proprio alla fine
cellature che gli aveva inflitto — non si decidesse a prendere le distanze dal del periodoin cui era stato più apprezzato,ciò può essere dovutosoltantoal
ruolo di intrattenitore da ballo popolare per assumere quello di guida di una fatto che cominciava a intuire quale sarebbestato il tetto massimo. A co-
grande orchestra di tango «da ascoltare»era per Piazzolla una sorta di tradi- s’altro poteva aspirare oltre a comporreper le migliori orchestre? AI mondo
mento nei confronti di un destino nonsolo possibile, ma anche auspicabile. c'era qualcosa di meglio delle complesse cadenze e variazioni che scriveva
Contrariamente a quanto è stato tramandato dal mito nel corso degli an- pensando al bandoneon di Ahumadaper l’orchestra di Basso o al violino di
ni, una partesignificativa del pubblico di tango — nonché dei musicisti — ap- Francini per il complesso che dirigeva insieme a Pontier? La Nacién e La
prezzavagli arrangiamenti di Piazzolla. La mole delle orchestrazioni realiz- Prensa avrebbero maipotuto scrivere di «Para lucirse» o «Triunfal» comeil
zate per Troilo mentre suonava nella sua orchestrae il fatto che, nel 1951, New York Times aveva fatto con Rhapsody in Blue? Qualcuno,a parte Igor
fosse stato prescelto per arrangiare «Responso», il branoelegiaco composto Markevitch e Aaron Copland, che in due occasioni diverse erano andati a
da Pichucoper la morte di Manzi, sonoindici della considerazionedi cui go- salutarlo dopo averlo sentito suonare al Tango Bar, si rendeva conto della
deva il musicista di Mar del Plata. La gomma per cancellare a quel punto grandiosità di ciò che stava facendo?
rappresentava una revisione, una sorta di «editing» non molto diverso dal
lavorosvolto dai violinisti J6zsef Joachim o Ignaz Schuppanzighrispettiva-
mente per Brahms e per Beethoven, 0,nel caso di quest’ultimo, da quello del-
l’editore Artaria. Il fatto checi fosse uncertoscartotra ciòche l’unosi aspet-
tava dall’altro e viceversa — al puntoche si è portati a immaginareche Piaz-
zolla e Troilo si affibbiassero a vicenda l’affettuoso appellativo di «incor-
reggibile» — nontoglie che si stimassero reciprocamente. Per quel che con-
cerne Troilo, non ha mai avuto riserve ad ammetterlo pubblicamente. Piaz-
zolla, sempre intenzionato a distinguersi e a far risaltare il proprio ruolo
screditandoquello degli altri, può darsisia statopiù critico. Eppure, in en-
trambii casi, l’opera in comune attesta un mutuorispetto. Comunque, non
bisogna dimenticare che le critiche più dure di Piazzolla sono posteriori. E
delresto,se si pensa alla figura statuariadi Troilo, travestito da musicista di
tango comein unarecitascolasticain tuttii film e i programmi televisivi de-
gli anni Sessanta, alla sua orchestra sorretta musicalmenteda altri (nella fat-
tispecie, Raùl Garello) e a una carriera alla fine della quale era quasila cari-
catura di se stesso («siamola smorfia di quello che sogniamodi essere», di-
ce Discépolo in «Quien màs, quien menos», una canzone del 1934 chefinì
[87]
[ 86]
na _—————_
priano Reyes, il sindacalista che ebbe un ruolo di primo piano nella mobili-
tazione del 17 ottobre. Nel 1940, Reyes lavorava come domesticoa casa del
giudiceCésar Viale. Sei anni dopo,torna nell’edificio di Calle Posadas, ma
stavoltacome deputato laburista. Entra nella stessa casa dove era stato un
servitore obbediente e ruminatra sée sé la sua rabbia di classe. Rivedeil suo
padrone. A un certo punto il giudicelasciail salone principale, doveSì tro-
vavanogliinvitati. In pochi mifiuti ritorna co n yn vassoiocarico di Hechie-
rini per l’aperitivo. Guarda il domestico di un tempoe gli dice: «Mio caro
onorevole, mi permetta di servirla con lo stesso vassoio e nello stesso modo
in cui Cipriano serviva me». Il legislatore laburista si alza in piedi e ringra-
zia con un brindisi alla «nostra impareggiabile signora, dofia Amalia Mufiiz
in Viale». La scena, coni suoi capovolgimenti, non costituisce soltanto il
simbolo di un’inversionediruoli. Nelle parole di Horacio Gonzdlez,si trat-
ta della «quintessenza del peronismo».??
L’era di questa formidabile mobilità sociale esigeva un linguaggio pro-
prio, in gradodi designaree arbitrare. Bisognava dotarla delle parole, delle
immagini e anche dei suoni appropriati. «Questa bambina gioca con una
bambola,gliel’ha regalata Evita».? Il peronismoistituì un tipo di pedagogia
che trovavail suo punto di forza nella rappresentazione, dalla grafica, con le
sue stampe tipografiche tridimensionalie i caratteri ombreggiati, all’archi-
Il professionismo di Piazzolla segue unatraiettoria che ha inizio nel mo- tettura: dalla Città dei Bambinial Teatro General San Martin,la cui costru-
mento in cui comincia a suonare con Troilo e, quasisubito, a creare orche- zione cominciò nel 1954. «Una retorica educativa cheè stata in qualche mo-
strazioni, per approdare in un secondo momentoalla formula, inedita peril do il suo nucleo più indicativo», dice Gonzalez.” Per un momento, breve ma
tango, del compositore «su misura», al servizio delle orchestre degli altri. fondamentale, Piazzolla si accoda come «compositore classico» e «profes-
Negli anni Cinquanta è inoltre autore di musiche per il cinema e cercherà poi sionista» alla campagnadi estetizzazione della politica che consisteva nel
di ottenere prestigio anche nel «mondoclassico», provandoa far circolare diffondereallegorie amorose,statueconil profilo della coppia, unasfilza di
le sue opere da camerae per orchestra, alle quali appone tassativamenteil massimeilluminate. Un fugace periodo da scrivano al servizio di un manda-
numero d’opus, anche quandosi tratta di semplici esercizi assegnatigli dal to, la Lealtà, che non può essere compresoaldi fuori della sua cornicestori-
suo maestro. Questo atteggiamento da musicista specializzato corrisponde ca e delle stesse inquietudini musicali di Piazzolla.
anch a un modelloap preso da Ginastera: quellodel compositore che si po- Nel 1947, l’annoincui il filosofo Carlos Astrada tiene una conferenza al-
ne aldli sopra delle con fngenz edel mondoe al quale non deve interessare af- l'Accademia Navale nella quale viene delineata per la prima volta la teoria
fatto©hi sia a pagare, pirché dspetti la sua arte. Un tipo di neutralità pro- della terza via, una Commissione Onoraria guidata da Dardo Corvalan
fessionale che, a quell’epoca, specie se paragonato al modoin cui venivano Mendilaharsu comincia a progettare un monumentoin onore del descami-
analizzati gli avvenimentipolitici, ricorrendo cioè alla lente della seconda sado, termineconcui venivanodefinitii sostenitori di Per6n. Nel 19 53 l’ini-
guerra mondiale e dell’antitesi fra nazismo e democrazia comechiavi di let- ziativa si sarebbe tramutata nel mausoleodi Eva: 137 metri d’altezza che do-
tura di qualsiasi cosa, risultava quantomeno problematico. vevanoerigersi dove oggisi trovanogli studi della televisione pubblica, in
Il peronismoè stato qualcosa di più che un fonte battesimale che cercò di Avenida Figueroa Alcorta, e davanti ai quali si immaginò che«Ie future ge-
nominaree rinominare quasitutto (perfinogli strumenti per misurareil tem- nerazioni argentine avrebberosfilato in segno di eterna gratitudineperi se-
po: ldologio p eronista). Icambiame nradical e cui si andò incontro con coli dei secoli».7° Il 1948 è percepito dall’élite culturale come una sorta di
l’asce@ al poter e del coloniflo è stato r&contato in modo magistrale da Ci- anagramma numerico dell’orwelliano 1984. Il ministro dell’Istruzione,
£
{ 88] [ 89]
Oscar Ivanissevich, quell’annoja nciale sue prime invettive contro la mo- mediisole Falkland. «Republica Argentina»si colloca su un gradino più in
dernità pittorica. «La mania dger eriade | cubismo,del futurismo,del fauvi- basso rispetto ad altre forme cantabili di accondiscendenza come «Oda a
smoe del surrealismo è la maga degl a udacie dei tipi strani che vogliono Per6n», interpretata da Alberto Marino con un accompagnamentodichi-
tarre nel 1947, «Evita Capitana», per la voce di Juanita Larrauri e un’or-
distinguersi a tuttii costi», sbraitò al l’inaugarazione del xxxvn Salone del- chestra diretta da Domingo Marafiotti, o «La Descamisada», una milonga
le Arti Plastiche.” La causa della sua collertaera stato Sol en el dngulo di Pet-
incisa da Nelly Omar. L’adesione di Piazzolla a questa corrente celebrativa
toruti. Ivanissevich aveva composto assieme a Catulo Castillo il «Canto al andrebbe forse considerata comeunpiccolo scivolone chelotirò fuori da un
trabajo», che debuttò il 25 novembre, eseguito dell’orchestra del Teatro
Colén diretta da Alejandro G6mezdel Barrio. Nel 1949, mentre Perònpre- momentodi ristrettezze economiche. E non sarebbe stato l’ultimo.
sentava al Congresso di Filosofia di Mendozail suo intervento da manuale La macchina simbolicae discorsiva del peronismo cominciò a funzionare
intitolato «La comunità organizzata», Ivanissevich soccombeva nuovamen- pressoché a pieno regimeagli inizi degli anni Cinquanta, mentr har”
te alla propria passione per la canzonee scriveva il testo della «Marcha Pe- cava vie alternative al tango. Duelibri testimonianogli intenti pedagogî!
ronista». Un grido accorato gli esce dal petto nell’edizione successiva delSa- del partito egemonico. La nacibn argentina. Justa, libre y soberana è un ma-
lone delle Arti Plastiche almomento di determinare gli orientamentidel gu- nuale di ottocento pagine piene zeppeditabelle, statistiche, diagrammie im-
maginisull’operato del peronismo, dovesi nota l’influenza della propagan-
sto di Stato. «Adessoi falliti, quelli che desiderano essere ricordati senza da sovietica e affiorano i fondamenti del costruttivismo e del futurismoita-
sforzo, senza studio, senza morale e a qualsiasi condizione, hanno unrifu-
gio: l’arte astratta, l’arte morbosa,l’arte perversa, l’infamia dell’arte». I suoi liano tanto ripudiati da Ivanissevich. L’artista plastico Daniel Santoro, au-
adepti sono «tipistrani, ispirati dalla cocaina, dalla morfina, dalla marijua- tore di un’opera che abbordain chiavecritica e ironica l’iconografia di que-
na, dall’alcol o dallo snobismo», e vengonostrumentalizzati dalle «forze di- gli anni, arriva a parlare di «blando stalinismo». La lotta di classe, dice, dà
sfattiste dell’estremismo senza Dio e senza Patria» che cercanodi privareil luogo alla certezza di un presente propizio,il pugno chiuso diventa una ma-
notesa,l’espressione severa un sorriso benevolo.”
popolo anche «dell’ultimo rifugio spirituale: quello della bellezza». Il di- Il secondolibro avrebbe assunto fa valenza di un vangelo.
scorso del ministro, che sarebbe tornato in scena durante il governodi Isa- La ragionedella mia vita (1951) è l’«autobiografia» di Eva, nella qualeil
bel Perén e José Lépez Rega, dovette far accapponare la pelle all’artista modello retorico imperante giunge alla sua massima «raffinatezza». «Il suo
amatoriale Dedé Wolffin Piazzolla.
animo è appunto ciò che non si può descrivere, esattamente comeilsole.
Fin daallora, Piazzolla ha un APPOrto quantomeno ambiguoconil go- Non è nemmenopossibile guardarlo. Bisogna accontentarsidi sentire checi
verno. È vero che, come ha semp"© detto, evitò di partecipare a unfestival di scalda la pellee ci illumina il cammino». Così «parla»l’autrice mediante la
beneficenza della Fondazione Eva Perénchesi tenne al Luna Park. Mala sua penna infervorata di un ghostwriter, Manuel Penella de Silva. La ragione
assenza nonera dovutaa ragioni di tipo ideologico. Avevasciolto l’orche-
stra. La stessa con la quale nel 1948 aveva registrato un branosu misura del della mia vita è «un’opera di Stato e del cuore».* Un tipo di apologia che
Primo Piano Quinquennale, con untesto che attestaval’euforia distributiva. cercherà un corrispettivo nella musica «colta». Pe-rén. Duesillabe. Un rap-
«Yo tengola suerte de ser argentino] vivir en la patria mds linda y feliz» [«Io porto accentuativo da anacrusi che cade su un tempoforte. Un loop inter-
ho la fortunadi essere argentino/ di vivere nella patria piùbella e felice»], minabile su una battuta di 6/8.
Il 17 ottobre del ’45, da un balcone della Casa Rosada,il colonnellosi
cantava Alberto Fontin Luna. «Republica Argentina», il valzer composto compiace nel «vedere» l’inno cantato dalle masse che l’hannoriscattato («il
da Santo, Lipsker e Reinaldo Yiso e arrangiato da Piazzo Ila, nonsolori-
specchia quelP temperie, ma va a rafforzare la campagnadi sensibifzzazio- popolo aveva messo tacere la macchina del lavoro», annotò a proposito di
ne su UN femaChe, prima del peronismo,era oggetto di disc ussionesolo nei quella giornata Cipriano Reyes).Ventinove anni dopo,affacciato allo stes-
so balcone,il generale ormai moribondodirà nel suo ultimo discorso pub-
circoli intellettuali:”* si trattava della propaganda «malvinista» — «Nuestras blico, quasi fosse un testamento, che il suo udito serba ancora il ricordo
islas, pedazo de patria que se alza en el mar» [«Le nostreisole, un pezzo di
patria che emerge dal mare»], dice il brano —che mirava a instillare nell’opi- «della musica più straordinaria», la parola del popolo. Inizioe fine di un ci-
nione pubblica la rivendicazione della sovranità argentina sulle isole Malvi- clo, scanditi in sordina dal suo rapporto con l’arte combinatoria dei suoni —
ne, che, a livello ufficiale, facevano invece parte del RegnoUnito,con il no- e deisilenzi.
X
[91]
[90]
Per quantoil peronismosia in ter-
sempre stato legato di più al folklore,Du spobladasde ensuefto | y abrazandola causa detu lider» [«Quandola patria
. . era prigioniera/ di quell’angustia che trasformatutto/in vita priva di palpi-
mini musicali viene immediatamente associato alla «marcetta», ossia l’inno
a cui diede voce proprio un uomo di tango - Hugodel Carril — e che venne tazione o in un sordopalpitare / arrivasti camminandoperle strade / ormai
inciso su un vinile con lo scudo delgiustizialismo sul quale si stagliano due privediillusioni / e abbracciandola causadel tuo leader»], si leggeall’inizio
mani giunte in un saluto da patto sociale. È a quella marcia che sembrari- del testo. «Para cantar la gloria de tu nombre / nos faltan las palabras / y nos
dursi lo spettro sonoro di un’intera epoca. «A volte ascolto Bach e altre queda un silencio que nosdice: iplena eres de gracia!» |«Per cantare la glo-
Beethoven. Ma la musica popolare sempre», confessa Per6n a EstebanPei- ria del tuo nome/ ci mancanole parole/ ci resta solo un silenzio checifa di-
covich.* Eva, invece, svelò in qualche occasione la sua passione per Debus- re: sei piena di grazia!»], concludeil panegirico.
sy e Chopin, nomi propri che facevano parte della discografia selezionata La sinfonia drammatica «A una mujer»è rimasta negli annalidella storia
dalla pianista amatoriale Victoria Ocampo. della musica come l’unico tributo a una guidaspirituale elaborato con gli
x x 8
Perén era convinto che «la cultura o è popolare o non è cultura». Du strumenti della cultura «alta». L’astuzia,il senso dell’opportunità o forse
rante il suo governofuronoestesii diritti lavorativi di interpreti e composi- una segreta avversionee il peso diobiettivi più stringenti fecerosì che Piaz-
tori, venne formata l'Orchestra Sinfonica Nazionale, nel 1948 fu fondatoil zolla venisse escluso dalla classificain cui figurava soltanto «quella donna»,
conservatorio nazionale L6pez Buchardoe, nella fattispecie, vennero finan- Le affinità tra la partitura della Calcagno ed Epopeya argentina. Movimien-
ziati gli studi della pianista Martha Argerich a Vienna, con Friedrich Gulda, to sinfonico para narrador, coro y orquesta, scritta da Astor Piazzolla e pri-
mentre all'ambasciata argentina della città improvvisarono un posto da so- va di numero d’opus,induce a parlare di opere in qualche modosiamesi. La
vrintendente economico per suo padre e uno da segretaria per la madre.Il primaa esserescritta e pubblicata fu quella del bandoneonista. Nel 1952,
peronismo rafforzò l’opera di divulgazione nelle scuole. E poi, con grande l’anno della morte di Eva, la sua Epopeyaesce grazie all’editore Sarraceno.
tripudio popolare, adibì il Teatro Colén a incontri sindacali e a concertidi L’opera era basata su testi di Mario Nufiez, l’autore del «Soneto a las manos
massa, come quello del cantante e ballerino spagnolo Miguel de Molina. La de Eva Per6n», incluso nello stesso canzoniere sul peronismo a cui aveva
leggendaria vedette nera Joséphine Baker, invece, sali sul palcoscenico per contribuito Mende Brun.
tenere una conferenza dedicata alla Portabandiera degli Umili. l’adattamento per pianoforte di Epopeya fu realizzato da Piazzolla stes-
Pochi mesi dopo la mortedi Eva, nell’agosto del 1952,al fine di «traman- so. È stato riesumato percaso dal fondodella Biblioteca Nacional. La sco-
dare» a «imperitura memoria»il suo «magnifico e impareggiabile operato», perta risale al 2003 ed è opera di un gruppodi musicologi argentinitra i qua-
la municipalità di Cordoba indisse un concorso musicale denominato «Pre- li figurava Pablo Fessel. «Non avrei mai pensato che potesse ricomparire.
mio Universidad Nacional de Cérdoba, doctor Horacio Ahumada». Nella Pensavosi trovasse fra le opere che aveva distrutto perché non gli piaceva-
categoria «opere strumentali» vinse Elsa Calcagno con la sua Sinfonia no... Ricordo bene quantol’avesse rinnegata», ha dichiarato Diana Piazzol-
drammatica «A una mujer». Lei, la vincitrice, lavorava come insegnante di la sulle pagine di Clarin." In quell’occasionela figlia ha raccontato che era
musicainistituzioni del Consejo Nacional de Educaciòn — probabilmentein stato un certo Nuîfiez, che «era amicodi papàe consigliere di Per6n», a com-
scuole primarie della capitale nelle quali si insisteva sulle stilizzazioni del missionargliela (Astor e il Generale legati da una grigia figura della consu-
folklore rurale in quanto manifestazione emblematica della «patria». Si de- lenza di palazzo). «Papà voleva comporre una specie di inno, maalla fine
dicava anchealla critica musicale per la rivista La Mujer. Adepta del nazio- non gli piaceva e impedì chefosse usato ed eseguito». Una mera questionedi
gusto personale? Semplice insoddisfazione rispetto alrisultato finale?
nalismo musicale più pué'ile, che non andava oltre i ve nti precetti armonici
La partitura denota un sinfonismo elementare;la ritmica è quadrata, co-
dell'Ottocento, nel 19509%VEVA €S eguito perla prima v olta al Teatro Colén
me imponeva l’occasione, predominanogli accordi di quarta, l’«accordo
il suo Concierto en do menorpara cello y orquesta. «A una mujer» rappre-
Petruska», che sovrapponeduetriadie che era ormaitrito ritrito già allo-
sentò il suo massimo riconoscimento pubblico. La Calcagnoutilizzò un te-
ra, e le figure modali. La voce narrante,a differenza di quanto succede nel-
sto di Mario MendeBrun, del 1951, recitato per la prima volta in occasione
le passioni barocche, non presenta alcuna notazione.Il tono del racconto è
delle feste folkloristiche in onore della guida spirituale della nazione:
simile a quello dell’opera di Calcagno.Il 17 ottobre come simbolo della Ge-
«Cuandola patria estaba detenida | bajo esa angistia que convierte todo|
nesi è ricreato da Piazzolla con una nota pedale sulla qualesi inserisce l’a-
en vidasin latir o en latido sin eco | Ilegaste canmnandop or las rutas | de-
,
[92] 193]
giografia. Alla battuta 106 dell’Andante maestososi dice: «;Una fecha, una di Ginnasteràe che mostr a sile €e )
pagina degloria! Y una nacibn en busca de sus claros destinos... El dia de su n più sc@ll stici
gnameenti .
o unee somigl ianz conil
sco Carl Orff
redese ina», dicon
comienzo, la atmosfera presagiaba — con singular pergeio — el estallido de «Epopeya a78eRt le chenon 12 Azzi e Collier, £. uscitò
serto interes i Li : ;
las grandes conmociones, apartàndoseasi del camino envejecidodel error» lait la Proepalnre vc îmnoa Perén» ARPAdicano”lanp,
[«Una data, una pagina gloriosa! E una,zionein cerca dichiari approdi... eseguito."
Il giorno della suaascesa,l'atmosfera facg, pres agire—colsuo aspettesin- L’opera che Piazzolla aveva tenu __ta, così Ila della Cal-
golare — l’esplosione di grandi emozioni,jjonta Nandosicosì dall’obsdeta era in linea congli obiettivi O MaAScos | sec COME qug Quinquen-
cattiva strada»]. L’Allegro energicointer;gca l apologia: «Y abi, ubiado cagno, con È culturali“ |. i d
nale. La loro pubblicazione sembrava dro parte di unp RN su più larga
en su lugar, altura de su impostergabj, realidad, inicamente ahi, por sen- scala. Nel 1952 la rivista Mundo Peronista annunciò la creazione dell’Or-
tencia inapelable de la providencia» [«E lì, fermo al suo posto, dall’alto del- chestra operaia della Confederazione generale dei lavoratori. L'articolo non
la sua ineluttabile realtà, un, amentelì, per sentenza inappellabile della fa riferimento néal futuro direttore né alle opere sulle quali questa avrebbe
provvidenza»]. A quel punto;, narratore è chiamatoal silenzio, l'orchestra
favorato. Si sottolinea soltanto che con questa formazionesi vuole cercare di
comincia a scenderedi registr,, scale d terzine che finiscono nuovamente in mettere in chiaro che anche la musica classica è alla portata dei lavoratori.
sentire la vocedi chi riporta ì Nonè azzardato pensare che Epopeya argentina fosse stata pensata come
accordi di quarta, mentre, n superficie, si fa
Gr ; ido de Dios» parte del repertorio di quel progetto poifallito.
fapsno deaa SetaagstoE pra, da Dio»], Piazzolla rinnegò l’opera, destinandola a languire per annineisotterranei
per poi arrivare” ©' sezio?” di battute irregolari(4/8, 3/8 e 2/8) che sfocia della Biblioteca Nacional prima che potesse essere ripulita dai detriti dei
in un'altra sent ‘09 ]] c0.0 accompagna la voce narrante: «Un pueblo quali l’aveva ricoperta l'oblio. Riscattarla, pur nella sua riduzione — il for-
enza. sunumen creador» [«Un popolo pos- matotascabile della letteratura musicale — presuppone ovviamente un eser-
pujante que acta y marcha segurode: e»], e concluderi-
sep
pe
pia peisc
isce
e e marcia fiducioso nel suo nume tutelar
parola lealtà. i l
cizio che appartiene al campodelleipotesi. Il breveflirt di Astor con l’im-
maginario ideologico statale del «peronismo classico» ebbe luogo mentre
Jady, che non aveva an Juan José Castro era esiliato a Montevideo e dopo che Ginasteraera statoli-
Soltanto il movimento lento è dedicato alla first
. : - «Abona do t
el esfuerzo desiintere- cenziato dal Collegio Militare. Non era qualcosa di innocenteaderireal pro-
rcato la soglia della santificazione.
£L48 VESFRO rocio Gue anuncia el candor y la pdleza de la flor amanecida I la grammaestetico di un movimentochefu ingiusto perfino con Hugodel Car-
sonrisa, el renunciamiento, la comprension y latitud de una fe olimpica» ril, la Voce della Marcetta, quando censurò la sua versionee affidò una nuo-
[«Garantito lo sforzo disinteressato /comer ugada che annunciail candore va incisione del Canto (al) Generale a Héctor Mauré(per la direzione di Do-
e la bellezza del fiore appenadischius _, / il sorriso,il sacrificio, la compren- mingo Marafiotti, come in quella precedente,e con il supporto del coro di
- ‘4 di . Pica»], , dice il narratore.E il coro repli- p Fanny Day), come punizioneper aver accettato di esibirsi, durante il lungo
sionee l’immensità di una ifede olimpica»)
‘gl de su augusta bandera consagrada...
ca: «Evita, bandera de su ideal e dEGE Gue Ce 1iSsag lutto disposto per la morte di Eva che aveva sospeso ognisorta di spettaco-
Oy, mana onancias de ecos infinitos» [«Evita, bandiera del suo lo, nella quasi nemica Montevideo.*
È ta es na res e A .
Es deale del la sug gusta bandiera consacrata... Tale è oggi, € e doma-
GO)
ideale e 1 n
amo
epilogoo riprer i g ndeil 7 richi
ni sarà risonanza di e chi infiniti»]. Il solenne te
) e si chiudecon il carat
unilaterale alla «lealtà» (all’unisono, ovviamente
) " n
ristico amen. lo
...S0 un anno prima che Pierre Boulezi visi- _
Epopeya argentina fu scrittà' .
5 Aires come membro della compagni p a tea-
tasse per la prima volta Bueno
Le Dartea sans maî-
trale di Jean-Louis Barrault, mentré!ava ARA il suo pri-
Kagel imbastiva
tre, la sua opera inaugurale, e mentre Mauricio
un'esposizione patrocinata
mocontributo sonoro pubblico, nell’ambito di
era che riassumegli inse-
dal governonella provinciadi Mendoza. È un’op
[94] [95]
— TTT"
del suo desiderio di istituire un’arte «semplice», che fosse espressione del
«carattere nazionale», il Padre dei Popoli attaccò per primacosaleartivisi-
ve e la musica. Lady Macbeth deldistretto di Mzensk, l’opera di Dmitrij
Sostakoviò, trionfava da ben due anni quandoil dittatore andò a vederla al
Bolshoi dal suo palco privato. Il 28 gennaio del 1936, Sostakovié aprì la
Pravda, l’organoufficiale del partito, e s’imbatté in un titolo agghiacciante:
«Caos anziché musica». Come:se non bastasse,l’autore 4ell’articolo sirite-
neva offeso dalle sceneerotiche dell’opera. La Pravda era implacabile: accu-
sava il compositore di essere formalista e piccoloborghese. «Il pericolo di
questa tendenza nella musicasovietica è evidente: la bruttezzasinistroide nel-
l’opera hala stessa origine della bruttezza sinistroide nella pittura, nella poe-
sia, nella pedagogia e nella scienza». Secondo Solomon Volkov,** fu Stalin in
personaa scrivere la stroncatura anonima,nella qualesi parlava di «cacofo-
nia» e «scabrosità», e che diede inizio al calvario del compositore. Il caso
Sostakoviè ebbe unforte effetto inibitore sui compositorie gli interpreti.
In Germaniale cose non erano diverse. Michael Kater ricorda ad esempio
che, prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale, un quinto dei musi-
cisti professionisti era affiliato al partito nazista.* Lo stesso valeva per un
terzo dei componenti della Filarmonica di Vienna, spinti da motivazioni
ideologiche ed economiche. «Se un musicista dimostravatalentoe lealtà al
regime in parti uguali, il successo professionale era virtualmente assicura-
uovepocimidaradatigantitsomunaue, dev'essere invrpretrae co
tte di un campo diforze ne! qua
to».?° Ad ogni modola musica era un elemento di estrema importanzaperil
musica giocava un ruolo determinante:“f sistema di relazioni che avevaca- nazismo, al punto che esistevano ben due agenzie che la regolamentavano.
ratterizzatoi totalitarismi europei sconfitti, e che vigeva ancora dopo la se- La prima, la Lega d’Azione per la Cultura Tedesca (KDFK,l’acronimo tede-
conda guerra mondiale, ebbe un corrispettivo anche in America Latina. I le- sco), fu creata dal partito di Hitler nel 1929, nel pieno della Repubblica di
gami tra la musica e lo Stato emersero con maggiore chiarezza in Messico e Weimar, per far fronte alle spinte moderniste. Ebbe come mentoreideologi-
in Brasile piuttosto che in Argentina. Il compositore messicano Carlos Ch4- co Alfred Rosenberg,il filosofo del nazismo. Unavoltaal potere, la Camera
vez istituì fondazioni artistiche durante il governo di Lazaro Cardenas (1’°I- Musicale del Reich (RMK), controllata da Goebbels, ebbe come primo edef-
stituto nazionale di belle arti, la Scuola di danza) e fu consigliere di ministri fimero presidente Richard Strauss. Poi toccò a Peter Raabe.
e presidenti. Heitor Villa-Lobos, figura cruciale per la musica brasiliana, La «nazificazionedella musica»fu portata a termine dall’Orchestra Sinfo-
amicodi Edgard Varèse e di Arthur Rubinstein, era funzionario dell’«Esta- nica NazionaleSocialista, dal Festival di Bayreuth e dal coro della Gioventù
do Novo»di Getilio Vargas.Il suo biografo Vasco Mariz ricorda cheil pro- Hitleriana, con l’obiettivo di metterla al servizio di un’idea: la questioneraz-
lifico autore di bachianas e choros, e di straordinarie opere orchestrali e per ziale. «I tedeschi sonoi soli ad avereil diritto di definirsi musicisti», diceva
chitarra, fu anche colui che introdusse l'insegnamento della musica e del Wagner.«Un popolo che annovera maestri come Bach e Beethoven non
cantocorale nelle scuole di Rio de Janeiro, allora capitale del paese.” perderà maila guerra», arrivò a dire Fritz Sein, un pastore esperto di musica
modelliedota
to plannerperennie Trento presi
basati osull’ambi
di agdottabasar
sacra, nemico giurato del jazz e della cosiddetta «musica degenerata» (ex-
tartete musik).Si contano più di ventimila branicreati perfinipolitici nei
valenza, la simulazione,la resistenza, eequivocità. Stalin era umelomane, diversi organismi di regime (Gioventù Hitleriana, sA, ss, esercito, scuole,
appassionato di opera russa e italiana. Le purgh è e le incrimtàzioni dei teatri, radio, luoghi adibiti a cerimonie, conservatori), ed è l’entità di questa
membridella vecchia guardia bolscevica investiron o ancheglialti. Invirtù produzionea fare la differenza tra peronismoe nazismo(a dispetto dell’assi-
z