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FONDAZIONE

ISTITUTO INTERNAZIONALE DI STORIA ECONOMICA “F. DATINI”


PRATO

Serie II – Atti delle “Settimane di Studi” e altri Convegni


38

RELAZIONI ECONOMICHE
TRA EUROPA E MONDO ISLAMICO
SECC. XIII-XVIII
**
EUROPE’S ECONOMIC RELATIONS
WITH THE ISLAMIC WORLD
13TH - 18TH CENTURIES
**
Atti della “Trentottesima Settimana di Studi”
1-5 maggio 2006

a cura di Simonetta Cavaciocchi

ESTRATTO

Le Monnier
La Settimana di Studi è stata realizzata con il contributo di:

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ISBN 88-00-72239-3
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Angela Orlandi

Oro e monete da Costantinopoli a Firenze in alcuni documenti toscani


(secoli XV-XVI)

La sera del 29 aprile 1453 Costantinopoli fu dichiarata capitale dell’Impero otto-


mano. Il ‘grande cannone’ di Maometto II aveva distrutto le mura della città, ma non
aveva scalfito i traffici che i mercanti fiorentini intrattenevano con quelle parti
d’Oriente.1
Si apriva un nuovo periodo durante il quale Istanbul sarebbe divenuta la degna
erede della greca Bisanzio. All’indomani della conquista, infatti, i sultani cominciaro-
no la ricostruzione e il rinnovamento dell’Impero, un’operazione che in pochi decenni
avrebbe trasformato Costantinopoli nella più grande e prestigiosa città del Vecchio
Mondo. A cavallo della acque azzurre del Corno d’Oro, la capitale dei Cesari sprigio-
nava un fascino misterioso sui viaggiatori europei che vi giungevano per terra o per
mare. Ciò che certamente non sfuggiva era la sua ripartizione in popolosi e vivaci ag-
glomerati: Stambul, Galata, Üsküdar.
Agli occhi di Bonsignore Bonsignori che vi giunse durante il suo pellegrinaggio
verso Gerusalemme, si profilavano «[…] su una punta di Constantinopoli cinque o sei
torre» dove, si diceva, era conservato «[…] tutto il tesoro del Turcho»2; di là dal porto
invece il fiorentino scopriva Galata e Pera «[…] città secondo dicono, già facta da ge-

1 La caduta di Costantinopoli, assieme all’occupazione dell’Albania (1478) e all’attacco ad Otranto


(1480), provocò qualche difficoltà alle attività economiche di genovesi e veneziani; ma, ben presto, i mer-
canti italiani si adattarono ai nuovi equilibri creatisi con l’espansione ottomana. H. HOSHINO, Il commercio
fiorentino nell’Impero Ottomano: costi e profitti negli anni 1484-1488, in Industria tessile e commercio internazionale nella
Firenze del tardo Medioevo, a c. di F. FRANCESCHI, S. TOGNETTI, Firenze 2001, pp. 113-123, p. 113; si vedano
inoltre M. AMARI, I diplomi arabi del R. Archivio Fiorentino, Firenze 1863; IDEM, I diplomi arabi del R. Archivio
Fiorentino, Appendice, Firenze, 1867; H. İNALCIK, L’Empire Ottoman, in Studies in Ottoman Social and Economic
History, Londra 1985 (Variorum), pp. 75-103; IDEM, An economic and social history of Ottoman Empire, 1300-
1914, Cambridge 1994; C. KAFADAR, The Ottomans and Europe, in Handbook of European History 1400-1600.
Late Middle Ages, Renaissance and Reformation, a c. di T. A BRADY, H. A. OBERMAN, J. D. TRACY, Leiden-New
York-Köln 1994, pp. 589-628; G. MÜLLER, Documenti sulle relazioni delle città toscane coll’Oriente cristiano e coi
turchi fino all’anno MDXXXI, Firenze 1879; W. YALE, Il Vicino Oriente, Milano 1962.
2 BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE DI FIRENZE, MS. Magliabechiano (da ora in avanti BNCFI, MS.
Magl.) XIII, 93, Viaggio di Gerusalemme, cc. 15r. e v. Al viaggio di Bernardo Vecchietti e Bonsignore Bon-
signori è stato dedicato il saggio di E. BOORSOK, The Travels of Bernardo Vecchietti and Bonsignore Bonsignori in
the Levant (1497-98), in «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», XXXVI, pp. 145-197.
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novesi, la quale è lunga più d’un miglio et largha non pase un quarto. Stannovi tutti
merchanti; sonvi una Chiesa di San Michele che è de’ fiorentini et loro la fanno offi-
ciare […]».3
Un quartiere residenziale dove le minoranze etniche e soprattutto i mercanti stra-
nieri beneficiavano di un buon clima e adeguati livelli di vita, come constatava lo stesso
Bonsignori che durante il suo soggiorno, fu accolto e ben alloggiato godendo «[…] di
bon vini, bone malvagie, bone galline, boni castrati, bone vitelle, optimi pesci d’ogni
ragione».4 Era giunto nella città del Bosforo in un periodo favorevole ai fiorentini.
Maometto II, fin dall’abbattimento dell’ormai logoro potere della città bizantina,
non aveva fatto mistero di volere ridurre i numerosi privilegi di cui beneficiavano i
mercanti veneziani, a tutto vantaggio dei toscani;5 la caduta di Costantinopoli fu
l’occasione per ampliare i loro traffici. Approfittando di tutto questo il comune di Fi-
renze istituì le galee di mercato che, con ritmo quasi annuale, raggiungevano il Corno
d’Oro.6 I prodotti trasportati per via di mare erano solo una parte, giacché le merci
seguivano anche le vie di terra che da Ragusa portavano a Istanbul.
Utilizzando l’istituto contrattuale dell’accomandita, gli operatori toscani inviava-
no in Levante le loro merci, affidandole al socio accomandatario che si impegnava
nella loro vendita.7 Così ad esempio, nell’agosto del 1459 la compagnia di Benedetto e
Bernardo Uguccioni di Firenze e quella di Bendetto e Mariotto Uguccioni di Pisa
consegnarono a Raffaello Carsidoni 2000 fiorini d’oro «[…] per trafficare et exercitare
in mercatantia nelle parti di Romania et di Turchia».8 Lo stesso Carsidoni, nel settem-
bre del 1463, assieme a Piero Berti e Bartolomeo Sapiti, fu accomandato dagli Uguc-
cioni e Gondi di imbarcarsi sulle galee di Levante, capitanate da Luigi Petti, con 37
balle di panni di garbo di più colori, destinati a Pera.9 In quegli stessi anni (1462 e
1463) Battista di Taccino chiedeva al suo corrispondente in Costantinopoli di preferi-
re per i panni di lana la vendita in contanti, mentre Bernardo Banchi e Piero Segni
realizzarono una analoga accomandita che si chiuse con l’importazione di quasi 1500
fiorini, pari al 90% del valore totale delle vendite.10
Proprio a partire dagli anni Sessanta del Quattrocento, numerosi toscani raggiun-
sero la Turchia costituendo vitali colonie mercantili in città ormai sotto il controllo

3 BNCFI, MS. Magl., XIII, 93, c. 19r.


4 Ibid., c. 20v.
5 H. HOSHINO, Il commercio fiorentino nell’Impero Ottomano, cit., pp. 113-114.
6 M. E. MALLET, The Fiorentine Galleys in the Fifteenth Century, Oxford 1967.
7 A queste associazioni temporanee, nel Cinquecento, si affiancarono le aziende commissionarie,
strutture più adatte alle caratteristiche di quei commerci. Solo raramente le grandi compagnie fondarono in
quegli empori autonome filiali, limitandosi a far seguire i loro traffici da collaboratori che spesso facevano
la spola tra la Toscana e Costantinopoli. B. DINI, Aspetti del commercio di esportazione dei panni di lana e dei drappi
di seta fiorentini in Costantinopoli, negli anni 1522-1531, in Saggi su una economia-mondo. Firenze e l’Italia fra Mediter-
raneo ed Europa (secc. XIII-XVI), Pisa 1995, pp. 215-270, pp. 246-249.
8 ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE (da ora in avanti ASFI), Carte Strozziane, IV Serie, 587, carte
non numerate.
9 Ibid., 587, carte non numerate.
10 R. A. GOLDTHWAITE, La costruzione della Firenze rinascimentale, Bologna 1984, p. 85.
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ottomano. Bruno Dini ha individuato, tra il 1447 e la fine del secolo, almeno undici
accomandite. Nel 1469, secondo Benedetto Dei, i fiorentini presenti nelle tre piazze
di maggior interesse commerciale, Costantinopoli, Adrianopoli e Bursa11, erano per lo
meno 51. Ma fu soprattutto la diplomazia di Bāyazīd II, successore di Maometto II,
che offrì a Firenze l’occasione per allargare le proprie attività commerciali in aree tra-
dizionalmente controllate dalla Repubblica veneta, dai genovesi e dai ragusei. Secon-
do una cronaca modenese, nel 1483 il sultano inviò nella Città del Giglio un suo
ambasciatore che stipulò un patto di amicizia con il quale i turchi si impegnavano ad
importare ogni anno 5.000 pezze di pannilani.12
Fu proprio in quel periodo che a Pera si costituì la nazione fiorentina, rappresen-
tata da un console (l’emino) e dotata di privilegi. Il lavoro nelle case e nei magazzini,
scandito dalle campane della Chiesa di San Michele e le garanzie giuridiche sul diritto
di proprietà regolavano la vita sociale ed economica dei nostri mercanti in Oriente.
Su quelle piazze i toscani acquistavano un’ampia gamma di prodotti: seta, sostan-
ze tintorie e mordenti, spezie, porcellane, tappeti, barracani, pietre e metalli preziosi
cui si aggiungevano merci meno raffinate come lana, cuoia e panni di produzione lo-
cale. Assai consistenti, in termini di valore, erano anche le mercanzie vendute: le im-
barcazioni che salpavano dai porti toscani o le carovane che da Ragusa giungevano in
quei mercati, portavano panni di Londra, tele d’Olanda, sapone, mandorle, anici, ma
soprattutto la più pregiata produzione tessile fiorentina. Il tratto essenziale di questi
traffici era lo scambio di tessuti di lana, serici e auroserici con la seta levantina. Em-
blematici, da questo punto di vista, sono i dati offerti dalla azienda di Giovanni Sal-
viati a Costantinopoli per il periodo 1491-1494. In quegli anni tra gli acquisti conclusi,
la seta occupava l’81,3% del valore totale, seguita dal pepe (8,41%) e dal cuoiame
(5,51%). Al contempo panni e sapone ricoprivano rispettivamente l’85,24% e il
14,17% delle vendite.13
I provveditori dell’Arte della Lana, alla fine del Quattrocento, definivano Costan-
tinopoli lo “stomaco” della produzione tessile laniera fiorentina. Hidetoshi Hoshino

11 L’importanza dei traffici con il Vicino Oriente spinse Firenze ad organizzare apposite magistrature
destinate al controllo degli scambi e delle attività con quelle zone. B. DINI, Aspetti del commercio di esportazio-
ne, cit., p. 247; IDEM, L’economia fiorentina dal 1450 al 1530, in Saggi su una economia-mondo, cit., pp. 187-214.
12 H. HOSHINO, Il commercio fiorentino nell’Impero Ottomano, cit., p. 113. Il periodo fu caratterizzato da
frequenti iniziative di consoli fiorentini, tese a far correggere atteggiamenti esosi di funzionari turchi nelle
diverse parti del sultanato. Spesso fu anche possibile ottenere alcuni vantaggi di tipo fiscale come nel caso
narrato in una lettera di Pandolfo Corbinelli. Da Pera, il fiorentino scriveva che Bāyazīd II aveva richiama-
to il suo primo Pascià con il quale i rappresentanti della nazione avevano parlato ottenendo la risoluzione di
controversie relative alla riscossione di alcuni dazi che i mercanti dovevano pagare lungo la strada di Ragu-
sa. I toscani riponevano grandi speranze nell’operato del nuovo Pascià che sembrava assai più attento del
sultano alle questioni di natura economica: Bāyazīd II infatti, secondo quanto raccontato dal Corbinelli,
«[…] voleva levare i nuovi commerci, perché il Signore s’è dato totalmente allo spirito per un giuramento
fatto quando prese la signoria […]». BNCFI, Ginori Conti, 29,25, Pera-Firenze, Pandolfo Corbinelli a Nicco-
lò Michelozzi, 24 settembre 1506, c. 1v.
13 ARCHIVIO SALVIATI DI PISA, Fondo di Costantinopoli, 397, Libro Debitori e Creditori, cc. 7, 73, 28, 38,
70, 71, 79, 82.
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ha fatto propria questa considerazione con ragioni motivate14; i dati offerti dalla cro-
naca di Benedetto Dei, seppure debbano essere accolti con cautela, assumono sicuro
valore evocativo: nel triennio 1470-1473 Firenze avrebbe inviato annualmente in Tur-
chia un numero di panni non inferiore a 7.50015 per un valore che avrebbe potuto ag-
girarsi attorno a 200.000 fiorini d’oro.16
La produzione laniera che veniva inviata era costituita da panni di garbo; ad essi,
verso la fine del XV secolo, se ne aggiunsero di qualità migliore come i sopramani17 e
quelli di San Martino; era un segno evidente che i turchi cominciavano a domandare
prodotti più raffinati. Questa capacità di assorbimento del mercato emerge dal carteggio
Medici e in particolare da una lettera del 16 giugno 1501 in cui si lamentava un insuffi-
ciente invio di pezze (90 l’anno) quando se ne sarebbero potute vendere 250 o 300.18
Ai valori di Benedetto Dei sui panni esportati si devono aggiungere le stime di
Ashtor sulle stoffe di seta che, per fare un esempio, nel solo 1474 avevano raggiunto
il ragguardevole valore di 60.000 fiorini.19
Sono note le vicende dell’Arte della Seta fiorentina e la consistente crescita delle
sue botteghe da dove uscivano tessuti raffinati e di alta qualità, in grado di contendere

14 H. HOSHINO, L’Arte della Lana in Firenze nel Basso Medioevo. Il commercio della lana e il mercato dei panni
fiorentini nei secoli XIII-XV, Firenze 1980, p. 243.
15 H. HOSHINO, L’Arte della Lana in Firenze nel Basso Medioevo, cit., pp. 269-271; IDEM, Alcuni aspetti del
commercio dei panni fiorentini nell’impero ottomano ai primi del ’500, in Industria tessile e commercio internazionale, cit.,
pp. 125-135.
16 Il calcolo è nostro. Esistono alcune stime sulla produzione quattrocentesca di panni e seterie fio-
rentini. All’inizio del secolo il livello annuo si aggirava attorno alle 10.000 pezze; nei primi decenni del Cin-
quecento la produzione si stabilizzò intorno ai 20.000 panni che divennero circa 33.000 nel 1561. Questo
standard rimase sostanzialmente stabile sino alla fine del XVI secolo. Per quanto riguarda i tessuti serici, le
relazioni dell’ambasciatore veneziano Marco Foscari rivelano che nel 1527 a Firenze si ottenevano, da 400
balle di seta, 400.000 ducati tra seterie e drappi auroserici. Per il settore laniero, il Foscari stimava in
600.000 ducati il valore prodotto che corrispondeva a 14.000 panni di garbo e 4.000-5.000 pezze di panni
San Martino. P. CHORLEY, Rascie and Florentine Cloth industry during the Sixteenth Century, in «The Journal of
European Economic History», vol. 32, n. 3, pp. 487-526; B. DINI, Aspetti del commercio di esportazione, cit., pp.
231-232; IDEM, L’industria serica in Italia. Secc. XIII-XV, in La seta in Europa. Secc. XIII-XX, Atti della “Ven-
tiquattresima Settimana di Studi” 4-9 maggio 1992, a c. di S. CAVACIOCCHI, Firenze 1993 (Istituto Interna-
zionale di Storia Economica “F. Datini”- Prato), pp. 91-123.
17 Dal nome della omonima lana castigliana con cui venivano tessuti. H. HOSHINO, L’Arte della Lana
in Firenze nel Basso Medioevo, cit., p. 275.
18 Deplorando la scarsità delle spedizioni, il corrispondente dei Medici, Giovanni Maringhi precisava
che avrebbe potuto «fare cose di fuoco» con quei panni destinati a ‘diventare seta’. HARVARD UNIVERSITY,
Baker Library Selfridge Collection, MS. Medici, 547, Pera-Firenze, Giovanni Maringhi a Piero Venturi e compa-
gni, 22 aprile 1501, c. 74v e Giovanni Maringhi a Francesco Galilei e compagni, 31 maggio 1501, c. 75r.
Alcune missive del copialettere 547 sono state tradotte in lingua inglese nel volume di G. RANDOLPH
BRAMLETTE RICHARDS, Florentine Merchants in the Age of the Medici. Letters and Documents fron the Selfridge Col-
lection of Medici Manuscripts, Cambridge 1932.
19 E. ASHTOR, Il commercio italiano col Levante e il suo impatto sull’economia tardomedievale, in “Aspetti della vita
economica medievale”, Atti del Convegno di Studi nel X Anniversario della morte di Federigo Melis, Firenze
1985 (Istituto di Storia Economica), pp. 15-63; si veda anche IDEM, L’exportation de textiles occidentaux dans le
Proche Orient musulman au bas Moyen Age (1370-1517), in Studi in memoria di Federigo Melis, I-V, Napoli 1978, II,
pp. 303-377; IDEM, The Volume of Levantine Trade in the Later Middle Ages (1370-1498), in Studies the Levantine
Trade in the Middle Ages, Londra 1978 (Variorum), pp. 573-612.
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gli spazi commerciali tradizionalmente occupati dall’Oriente.20 Pochi esempi possono


aiutare a comprendere questa forte progressione verso aree che avevano una antica e
prestigiosa tradizione produttiva. Nel 1498 Bonsignore Bonsignori scriveva che a
Bursa, città di mercanti e artigiani, scalo di ogni mercanzia (soprattutto sete, cordova-
ni, cammellotti, tappeti e gioie) «[…] vi si lavora più seta et drappi d’oro che non si
lavorono in tutta Italia, non sono però sì belli».21 La compagnia Gondi, azienda di
battioloro, tra il luglio del 1510 e lo stesso mese del 1512, inviò il 90% della sua pro-
duzione in Turchia dove il commissionario, Tommaso d’Aiolfo, si occupò delle vendi-
te a Costantinopoli e Pera. Insomma i mercanti toscani vendevano panni di lana e,
per tutto il Quattrocento, quantità più limitate di drappi serici a Adrianopoli, Costan-
tinopoli e Bursa, acquistando in cambio consistenti quantità di seta persiana che, se-
condo alcuni calcoli, era sufficiente a coprire un terzo della domanda delle
manifatture fiorentine.22
Gli indizi che emergono dagli studi del Dini e dai documenti archivistici che ab-
biamo potuto esaminare, lasciano supporre che il saldo commerciale della Città del
Giglio con Costantinopoli, pur essendo favorevole, fosse piuttosto vicino al pareggio
fino alla prima decade del Cinquecento. Non è un caso che, nel movimento di metalli
preziosi grezzi o monetati, gli invii dal Levante a Firenze fossero in questo periodo
relativamente sporadici. Tutto ciò sembra trovare conferma nei registri contabili di
alcune aziende fiorentine dell’epoca. È il caso della commissionaria di Giovanni di
Marco Strozzi a Bisanzio che, tra il 1492 e il 1494, aveva esitato panni, drappi serici e
sapone per 10247.00.05 fiorini e aveva inviato in Italia seta, pepe e cera per
10178.02.04 fiorini.23 In simile situazione si doveva trovare anche il gruppo Medici
che contava una presenza a Costantinopoli e una a Ragusa (con Iacopo di Giuliano
dei Medici); nei copialettere tenuti a Firenze da Francesco dei Medici (1503-1509)
non troviamo notizie di invii di sacchetti di monete o lingotti verso la città Toscana; al
contrario appaiono frequenti, nel primo lustro del Cinquecento, spedizioni di monete
d’oro da Firenze verso la costa dalmata per assicurare liquidità a Iacopo. Si trattava di
somme corrispondenti alla vendita sulla piazza di Firenze di seta grezza e cammellotti.24

20 Nel 1427 in città si contavano 45 botteghe dell’Arte di Por Santa Maria; alla fine del secolo ancora
Benedetto Dei ne individuava 83 che, nel 1561, dopo la crisi dell’assedio e la ripresa di metà Cinquecento,
erano diventate 86; B. DINI, L’industria serica in Italia, cit., pp. 112-113; IDEM, Una manifattura di battiloro nel
Quattrocento, in Tecnica e società nell’Italia dei secoli XX-XVI, Atti dell’undicesimo Convegno Internazionale di
studio tenuto a Pistoia nei giorni 28-31 ottobre 1984, Bologna 1987, pp. 83-111.
21 BNCFI, MS. Magl., XIII, 93, c. 21v.
22 B. DINI, L’industria serica in Italia, cit., p. 115.
23 I valori erano così composti: panni (823.16.09 fiorini), drappi serici (fiorini 1034.00.00), sapone
(fiorini 974.12.04), sete (fiorini 9007.05.02), pepe (fiorini 944.12.09), cera (fiorini 226.04.04). B. DINI, Aspet-
ti del commercio di esportazione, cit., p. 48.
24 Le sete e i cammellotti che venivano spediti da Ragusa a clienti fiorentini, erano accompagnati da
un ordine di pagamento (beneficiario il gruppo Medici di Firenze) per il valore delle merci esportate. Le
somme ottenute dalla riscossione della lettera di cambio venivano poi fisicamente trasferite nella città dal-
mata. Rari furono i casi in cui i Medici trovarono a Firenze la possibilità di rimettere tali cifre tramite lettere
di cambio. HARVARD UNIVERSITY, Baker Library Selfridge Collection, MS. Medici, 538 e 539. Di seguito sono
indicate alcune missive esplicative di questo meccanismo: manoscritto 538, Firenze-Ragusa, Francesco di
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Il rapporto di composizione tra valori esportati e importati cominciò a cambiare già


prima dell’ascesa al trono di Solimano il Magnifico (1520) e ancor più quando iniziò una
fase di scontri tra Turchia e Persia. Le guerre ridussero gli arrivi della seta persiana a
Bursa e il suo prezzo si innalzò. Questo aumento che in verità ebbe un primo inizio
negli anni ’80 del Quattrocento,25 provocò la riduzione degli acquisti di seta orientale.
Ciò non bloccò la produzione serica di Firenze che iniziò a comperare la materia
prima in Spagna, ad Almeria e Granada, ma soprattutto in Italia. Napoli, Monteleone
di Calabria, Messina e successivamente Vicenza e Verona divennero i nuovi centri di
approvvigionamento. La confezione e la spedizione di drappi crebbe in quantità, con
livelli qualitativi molto elevati.
Dunque, almeno a partire dalla prima decade del 1500, la bilancia commerciale
era divenuta ancor più favorevole ai fiorentini. Tra i molteplici indizi a sostegno di
questa affermazione stanno i registri contabili di Raggio Raggi, un sensale assicurativo
che, tra il 1524 e il 1526, assicurò merci verso la Turchia europea per un valore di
80.380 fiorini d’oro. Il valore assicurato delle importazioni fu invece di 41.220 fiorini:
almeno il 10% di esso era costituito da monete e verghe d’oro. Proprio a partire dal
secondo lustro del Cinquecento l’afflusso di monete e metalli preziosi si accrebbe,
così come più frequenti e numerosi divennero gli operatori fiorentini che nei loro
viaggi provvedevano a raccogliere metalli preziosi da trasferire a Firenze.
Gran parte degli scambi commerciali si concludeva in aspri, la specie monetaria
d’argento di origine turca, ma gli operatori toscani raccomandavano ai loro corrispon-
denti di rimettere le somme, quando possibile, in ducati d’oro, seraffi26 o in verghe e
monili27. Ci sembra di poter affermare che la maggiore intensità di afflusso di oro nella
Città del Giglio si sia prevalentemente concretizzata nel quarantennio 1510-155028.

Giuliano dei Medici a Iacopo di Giuliano dei Medici, 21 marzo 1504, c 25r.; Firenze-Adrianopoli, France-
sco dei Medici a Matteo Maestrini, 09 aprile 1504, c. 29r.; Firenze-Ragusa, Francesco dei Medici a Iacopo
di Giuliano dei Medici, 25 settembre 1505, c. 58v.
25 Hoshino sostiene che, tra il 1480 e il 1512-13 , il prezzo della seta era cresciuto di circa il 24,6%. H.
HOSHINO, Alcuni aspetti del commercio dei panni fiorentini nell’impero ottomano, cit., p. 134; E. ASHTOR, The Eco-
nomic Decline of the Middle East During the Later Middle Ages – An Outline, in Technology, Industry and Trade. The
Levant versus Europe, 1250-1500, Londra 1992 (Variorum), pp. 253-286; si vedano anche M. ÇIZAKÇA, Fi-
nancing Silk Trade in the Ottoman Empire: 16th-18th Centuries, in La seta in Europa. Secc. XIII-XX, cit., pp. 711-
722; IDEM, Price History and the Bursa Silk Industry: a Study in Ottoman Industrial Decline, 1550-1650, in The
Ottoman Empire and the World-Economy, a c. di H. İSLAMOĞLU-İNAN, Cambridge-Paris 1990, pp. 247-261.
26 Seraffo, così gli occidentali chiamavano la moneta aurea di origine egiziana ashrafî che circolava
nell’impero turco col nome di eşrefi altun; cfr. R. MANTRAN, La vita quotidiana a Costantinopoli ai tempi di
Solimano il Magnifico e dei suoi successori (XVI-XVII secolo), Milano 1985, p. 212. Stando al rapporto di cambio
con il fiorino d’oro largo di Firenze, un seraffo vecchio doveva contenere poco più di 3 grammi d’oro,
quello di Sal 2,16.
27 Spesso le rimesse venivano realizzate contemporaneamente in moneta, metallo prezioso e monili;
se poi le somme da recapitare a Firenze erano particolarmente alte si distribuivano tra più operatori addetti
al trasporto. Ne è un esempio l’invio disposto nel 1525 da Antonio Gerini a favore di Matteo Botti e dei
Capponi di Firenze, per un valore di 18.766 aspri. Carlo Carnesecchi ebbe in consegna 3 verghe d’oro del
peso di 129 miticalli e 1/3 (620,8 grammi); tramite Lorenzo Balducci se ne recapitarono 8 pezzi di 121
miticalli (580,8 grammi) e 175 ducati d’oro; per Tommaso Scarlatti si mandarono invece 2 catene, 2 anelli e
2 «smaniglie» (141 grammi complessivi), 180 ducati di Aleppo e 50 ducati d’oro di peso. A.S.FI, Libri di
commercio e di famiglia, 712, Firenze-Pera, Matteo Botti ad Antonio Gerini, 27 ottobre 1529, c. 37v. Il mitical-
ORO E MONETE DA COSTANTINOPOLI A FIRENZE
987

Tale fenomeno può essere colto proprio nel suo manifestarsi, analizzando i com-
portamenti di alcune aziende fiorentine tra il 1498 e il 1550. Questi i casi aziendali e
gli anni documentati: Ristoro di Averardo Serristori e compagni setaioli (1498-1510);29
Antonio Serristori e compagni battilori (1498-1515);30 Lorenzo e Filippo Strozzi e
compagni lanaioli di garbo (1503-1514);31 Alessandro e Bernardo Gondi e compagni
battilori (1510-1513);32 Erede di Francesco da Sommaia e compagni lanaioli (1518-
1522);33 Francesco e Giovambattista di Agnolo di Francesco di Iacopo Doni e com-
pagni lanaioli in San Martino (1524-1539);34 Filippo di Niccolò Capponi e Giovanni
di Niccolò Biffoli e compagni setaioli (1530-1539)35 e Giuliano di Piero di Gino

lo era un’unità di peso, usata per le merci preziose, pari a 4,8 grammi. A. MARTINI, Manuale di metrologia,
ossia misure, pesi e monete in uso attualmente e anticamente presso tutti i popoli, Roma 1976, p. 179.
28 La preferenza per il metallo giallo è facilmente comprensibile: la significativa crescita degli scambi
internazionali aveva determinato un incremento della domanda di moneta aurea in un Mediterraneo da
lungo tempo fedele all’oro. Proprio l’Impero turco rimase per tutto il XVI secolo zona dell’oro che vi
giungeva dall’Egitto dove arrivava attraverso il Sudan e l’Etiopia. L’argento al contrario era più scarso, at-
traversava le province ottomane senza fermarsi a lungo, pronto a scappare verso l’Estremo Oriente, so-
prattutto in Persia dove il suo prezzo era più elevato. C. M. CIPOLLA, La moneta a Firenze nel Cinquecento,
Bologna 1987, p. 27; H. İNALCIK, L’Empire Ottoman, cit., p. 92. Sulla questione del movimento dell’oro e
dell’argento tra Oriente e Occidente esiste una ricca bibliografia; mi limito a segnalare alcuni degli studi che
sembrano più significativi: E. ASHTOR, Les métaux précieux et la balance des payements du Proche-Orient à la Basse
Époque, Paris 1971, pp. 66 e ss.; F. BRAUDEL, F.C. SPOONER, Les métaux monétaires et l’économie du XVIème siè-
cle, in Relazioni del X Congresso Internazionale di Scienze Storiche, IV, Storia Moderna, Firenze 1955, pp. 233-264;
K.N. CHAUDHURI, Circuits monétaires internationaux, prix comparés et spécialisation économique, 1550-1750, in Étu-
des d’histoire monétaire. XII-XIX Siècles, a c. di J. DAY, Lille 1984, pp. 49-67; J. DAY, The Great Bullion Famine of
the Fifteenth Century, in IDEM, The Medieval Market Economy, Oxford 1987, pp. 1-54; IDEM, The Question of
Monetary Contraction in Late Medieval Europe, in IDEM, The Medieval, cit., pp. 55-71; F. LANE, Exportations véne-
tiennes d’or et d’argent de 1200 à 1450, in Études d’histoire monétaire, cit., pp. 29-48; F.C. LANE, R.C. MUELLER,
Money and Banking in Medieval and Renaissance Venice, 1, Coins and moneys of account, Baltimore 1985; R.C. MUL-
LER, Money and Banking in Medieval and Renaissance Venice, 2, The Venetian Money Market. Banks, Panics, and the
Public Debt 1200-1500, Baltimore 1997; U. TUCCI, Le emissioni monetarie di Venezia e i movimenti internazionali
dell’oro, in IDEM, Mercanti, navi, monete nel Cinquecento veneziano, Bologna 1981, pp. 275-316; P. VILAR, Oro e
moneta nella storia. 1450-1920, Bari 1971, pp. 38-48. Riguardo le miniere di oro e argento aurifero delle zone
centrali della Serbia, che divennero, una volta conquistate, ulteriori fonti di approvvigionamento di metallo
giallo, per l’Impero ottomano, si vedano: S. ĆIRKOVIĆ, The Production of Gold, Silver, and Copper in the Central
Parts of the Balkans from the 13th to the 16th Century, in Precious Metals in the Age of Expansion. Papers of the
XIVth International Congress of the Historical Sciences, a c. di H. KELLENBENZ, Stuttgart 1981, pp. 4170; D.
KOVACEVIC, Dans la Serbie et la Bosnie médiévales: Les mines d’or et d’argent, in «Annales ESC», 15, 1960, pp.
248-258; H. KELLENBENZ, Final Remarks: Production and Trade of Gold Silver, Copper, and Lead from 1450 to
1750, in Precious Metals in the Age of Expansion, cit., pp. 307-362.
29 ASFI, Serristori famiglia, 598, Libro azzuro segnato L, Debitori e Creditori.
30 ASFI, Serristori famiglia, 599, 600, 601, Libro azzuro segnato C, Libro paonazzo segnato D, Libro
giallo segnato E, Debitori e Creditori.
31 ASFI, Carte Strozziane, V Serie , 89, Libro Giornale e Ricordanze segnato A.
32 ASFI, Fondo Gondi, 2, Libro giallo segnato F, Mastro.
33 B. DINI, Aspetti del commercio di esportazione, cit., pp. 20-21.
34 BNCFI, Fondo Tordi, 478, Libro Grande giallo.
35 BNCFI, Fondo Capponi, Libri di commercio, 7, Libro Grande bianco segnato A. Per un quadro generale
degli scambi commerciali della compagnia Doni e di quella dei Capponi e Biffoli si veda B. DINI, Aspetti del
commercio di esportazione, cit., pp. 18-19 e pp. 29-30.
ANGELA ORLANDI
988

Capponi e compagni battilori (1540-1550).36 A questi si aggiungono il quaderno di


viaggio di Luigi di Carlo da Castelfiorentino (1522-1523)37 e 2 Libri Debitori e Credi-
tori e Ricordi di Bernardo di Bindo Bardi che, tra il 1522 e il 1533,38 si recarono ri-
spettivamente a Costantinopoli e Adrianopoli.
I risultati emersi dall’indagine sono stati raccolti in 11 tabelle che mostrano il va-
lore assoluto delle importazioni e delle esportazioni per ciascuna azienda studiata. La
lettura corretta delle tavole richiede un indispensabile chiarimento. Non esiste una
corrispondenza diretta tra il valore dei beni venduti in Levante e il valore delle somme
e dei prodotti esportati in Toscana. Quasi sempre le somme inviate a Firenze corri-
spondono a vendite concluse in tempi precedenti, non rilevate dalla contabilità; ciò
dipende dalla limitatezza temporale e dalla frammentarietà dei registri, privi dei do-
cumenti contabili di corredo. Dunque le tabelle non possono evidenziare l’esatta cor-
rispondenza tra il venduto e l’acquistato, sono invece utili per analizzare l’interno
rapporto di composizione delle esportazioni e delle importazioni.
La compagnia di Arte della Seta di Ristoro e quella di battiloro di Antonio appar-
tenevano all’ampia compagine dei Serristori che, con le loro attività mercantili e ban-
carie agivano principalmente a Lione, Bruges, Anversa e Napoli39 ma, almeno dagli
ultimi anni del Quattrocento, diressero i loro affari anche verso il Levante; ai tessuti
serici e auroserici affiancavano nei loro invii panni di lana e tessuti di cotone. Nel pe-
riodo osservato essi importarono da Costantinopoli cammellotti, grana, pellame e
manufatti per valori inferiori alla metà di quanto esportarono. Le somme non reinve-
stite venivano recuperate attraverso meccanismi cambiari, mentre relativamente mo-
deste (e comunque irregolari) furono le importazioni in oro. Proprio a questo
proposito, l’elevato valore (29,45%) dei ritorni in oro, registrato dall’azienda serica in
un unico invio del luglio 1505, potrebbe essere spiegato da particolari necessità con-
giunturali. Non è un caso che, esattamente nello stesso periodo (1499-1507), nella
bottega di battioloro gli arrivi di oro non raggiunsero il 9% del valore delle esporta-
zioni che invece furono occupate, per oltre il 45%, da materie prime (la sola seta ri-
copriva il 51% del totale) e manufatti orientali (Tabelle I e II).
L’azienda dell’Arte della Lana di Lorenzo e Filippo Strozzi confezionava panni di
garbo, soprattutto quelli di qualità superiore: i sopramani. La produzione veniva esita-
ta in Levante, in Ungheria, a Napoli, Roma e nelle fiere dell’area adriatica come Reca-
nati, Lanciano e Pesaro,40 oltre che sul mercato locale. Dai legaggi presenti nella
documentazione le spedizioni realizzate nel periodo compreso tra il 1503 e il 1507
ammontarono a 346 panni.41 Di questi, 174 furono venduti fra Pera e Adrianopoli per
36 Ibid., 13, Libro Grande azzurro segnato F.
37 ASFI, Libri di commercio e di famiglia, Appendice, 3854; Libro del viaggio in Levante.
38 ASFI, Venturi Ginori Lisci, 454 e 455; Libro Debitori e Creditori segnato A e Libro Debitori e Cre-
ditori e Ricordi.
39 S. TOGNETTI, Da Figline a Firenze. Ascesa economica e politica della famiglia Serristori (secoli XIV-XVI),
Firenze 2003, pp. 158-163; si veda anche B. DINI, L’economia fiorentina dal 1450 al 1530, cit., pp. 204-205.
40 ASFI, Carte Strozziane, V Serie, 89, cc. 14r. e v., 22r. e v., 36r. e seguenti.
41 Gli altri invii si distribuirono in questo modo: Napoli 96, Recanati 12, Lanciano 30, Pesaro 16, Ro-
ma 12, Ungheria 6. Ibid., 89, cc. 100r. e seguenti.
ORO E MONETE DA COSTANTINOPOLI A FIRENZE
989

un importo di oltre 5.000 fiorini. Tra il febbraio del 1504 e l’aprile del 1509 rientrò a
Firenze una parte di quel credito per un valore di quasi 3.000 fiorini. Esso era com-
posto da cammellotti e tappeti (64%), seta (23,3%) e da un bel cavallo baio con le sue
bardature (2,3%). Le rimesse tramite lettere di cambio furono il 5,5%, quelle in mo-
nete d’oro erano limitate al 7,32% (Tabella III).
Un quadro diverso ci viene offerto, pochi anni dopo, dal mastro della compagnia
Gondi, battilori e setaioli. Tra il luglio 1510 e il luglio 1513 essi esitarono drappi per
oltre 19.600 fiorini; una piccola parte andò a Lione e Roma, ma la maggior quantità
fu venduta in Levante per un importo di oltre 17.000 fiorini. In quello stesso periodo,
i Gondi ricevettero a Firenze valori per 15.377,22 fiorini; solo il 17,87% era rappre-
sentato dai prodotti tipici del Vicino Oriente, il 54,26% era costituito da rimesse
cambiarie, il 27,87% era in monete d’oro (Tabella IV).
Bruno Dini ha studiato il caso della azienda dei da Sommaia che nel maggio del
1522 piazzò in Levante 24 panni di garbo riscuotendo 589,94 fiorini tutti in seraffi e
ducati d’oro, salvo un giroconto di 171 fiorini (Tabella V).
Anche la compagnia dei Doni, lanaioli in San Martino, volle, in cambio dei suoi
panni, solo monete e metalli. Dalla loro contabilità emerge che, tra il settembre 1524
e il luglio 1527, essi inviarono 90 panni tra sopramani, sanmartini e saie. Di questi ne
furono venduti 63 per un valore di oltre 1.690 fiorini. Nella sezione avere del Mastro
aziendale emerge che la compagnia fiorentina ricevette, tra il settembre del ’26 e il
maggio del ’29, sacchetti di monete e verghe d’oro per 2.246,66 fiorini e un gruppo
di aspri d’argento del valore di quasi 12 fiorini. Appare evidente che una somma così
alta doveva comprendere anche il ricavato di vendite fatte in mesi o anni precedenti
(Tabella VII).
Per gli anni successivi, quelli che dalla seconda metà del Trenta giungono al 1545,
la documentazione esaminata mostra come Antonio Landi e Tommaso Scarlatti, cor-
rispondenti in Pera della bottega di Arte della Seta di Filippo Capponi e Giovanni
Biffoli, esitarono drappi serici e auroserici per circa 2.500 fiorini ed esportarono mo-
nete d’oro (25,30%) e «monete d’abaco» (28,20%). In questo caso la quota delle mer-
ci che prendevano la via della Toscana appare abbastanza elevata occupando quasi il
36% delle importazioni (Tabella IX). L’analisi interna aziendale mostra anche le prime
difficoltà che i fiorentini sentivano nei commerci verso il Bosforo: il 76,6% dei drap-
pi confezionati fu venduto a Napoli e Lione, solo il 9,6% fu destinato al Levante.42
Siamo consapevoli del valore puramente esemplificativo dei sette casi sopra evi-
denziati; per quanto pochi, essi mostrano una tendenza inequivocabile che affidava
all’oro un ruolo fondamentale nelle importazioni dal Bosforo. Sembra di capire che,
almeno nella prima metà del Cinquecento, solo l’oro abbia sostituito la seta greggia
nonostante che gli altri prodotti orientali fossero largamente richiesti e commerciati in
varie parti dell’Europa.

42 BNCFI, Fondo Capponi, Libri di commercio, 7, cc. 86s. e d., 111s. e d., 132s. e d., 170s. e d., 185s. e d.,
207s. e d., 222s. e d, 267s. e d., 279s. e d., 288s. e d.
ANGELA ORLANDI
990

A rafforzare questa nostra sensazione stanno i risultati di una ulteriore indagine


svolta su due piccoli mercanti-conducitori che, tra il 1522 e il 1533, fecero tre viaggi
in Levante: Luigi di Carlo da Castelfiorentino e Bernardo di Bindo dei Bardi.
Luigi di Carlo era un mercante del contado che teneva stretti rapporti con Firen-
ze dove, come molti altri piccoli operatori ragusei, anconetani, greci, albanesi, levava
piccole quantità di panni per venderli ad Adrianopoli, Costantinopoli e Pera. Egli pe-
rò non si limitò ad inviarvi tessuti e manufatti, come accadde ad un taglio di seta
prodotto alla maniera alessandrina.43 Non sappiamo se sia stato l’unico caso della sua
vita ma, tra l’estate del 1522 e l’autunno del 1523, Luigi decise di andare personal-
mente ad osservare le possibilità offerte da quelle terre lontane. Di questa avventura
ha lasciato traccia in un piccolo e disordinato quaderno di appunti per noi illuminante.
Portava con sé 7 balle di panni di lana e alcuni tagli di tessuti di raso d’oro e ales-
sandrini; all’affare partecipava il fratello Gerolamo che era rimasto a Castelfiorentino.
Dalla vendita dei drappi, Luigi ricavò 10.552 aspri (188 fiorini) con un utile netto pari
al 44% del capitale investito. Gli appunti che ci ha lasciato non segnalano il risultato
relativo alle altre merci; dicono invece che egli tornò in patria con 1.788,76 fiorini,
una somma troppo alta per essere soltanto sua: probabilmente svolse un classico ser-
vizio per conto di altri. Si trattava di un gruzzolo fatto di aspri, ducati, seraffi e ver-
ghe corrispondente a più di 6 chili di metallo giallo (Tabella VI).
I due viaggi di Bernardo di Bindo dei Bardi sono meglio documentati. Il primo,
cominciato agli inizi del 1527, si era concluso nell’agosto del 1529, il secondo lo tenne
impegnato tra l’estate del 1532 e il settembre dell’anno successivo.
Quando partì la prima volta, il nostro mercante portava panni e drappi di alcuni
lanaioli e setaioli; nel complesso il carico era composto da 234 sopramani, 3 saie, 2
sanmartini, 9 londre, 126,75 picchi di «alti e bassi» e 63,5 picchi di rasi e telette. La
loro vendita fruttò 5991.04.06 fiorini, di questi più del 66% tornarono in Patria sotto
forma di monete e verghe d’oro, mentre la quota dei prodotti levantini non raggiunse
lo 0,5% del valore totale dei rientri (Tabella VIII).
L’esperienza dovette essere positiva e fu ripetuta qualche anno più tardi. Come
nel precedente viaggio, il Bardi portava con sé panni, saie e drappi che numerosi ope-
ratori gli avevano affidato. Mazia Mazinghi e Andrea del Nero gli avevano dato in ac-
comandita rispettivamente 13 balle di panni e 3 balle di saie;44 a Pera avrebbe dovuto
consegnare 14 balle di panni e 2 casse e ¼ di drappi delle compagnie degli Eredi di
Francesco da Magnale, di Francesco Benvenuti, di Gerardo Bartolini di Firenze e di
Iacopo Miniati di Ancona.45 Se questi erano i compiti principali, molte incombenze
gli furono affidate da altri mercanti, parenti e conoscenti.46
43 ASFI, Libri di commercio e di famiglia, Appendice, 3854, c. 38r. Si trattava di un drappo lungo braccia
13,125 il cui costo ammontava a fiorini 2,4 il braccio.
44 ASFI, Venturi Ginori Lisci, 455, cc. 72s.e d. e 73s. e d.
45 I destinatari erano Francesco da Magnale, Francesco Benci, Giovanni Vernacci, Guglielmo da
Sommaia e Vieri di Vieri. Ibid., 455, carte non numerate.
46 Per Mazia Mazinghi, Bernardo doveva comperare un cavallo «godereccio» spendendo sino a 40
scudi; la moglie invece ordinava 40 braccia di «bocaccino» per una veste e 6 braccia di damasco incarnato
per un paio di maniche che «lei dice è damasco di Soria», 6 braccia di «beche da cingere», 3 berrettini e un
ORO E MONETE DA COSTANTINOPOLI A FIRENZE
991

Il 15 marzo del 1533, Bernardo, avendo ormai concluso alcuni affari in Adriano-
poli, affidò a suoi connazionali che rientravano a Firenze,47 362 miticalli (Kg. 1,738 )
di oro sodo, 4500 aghi di Damasco, una bardatura da cavallo e alcuni piccoli oggetti.48
Due o tre giorni dopo partì per Pera dove sperava di terminare la vendita dei panni
che non era riuscito a collocare sul mercato di Edirne. Ben presto però si rese conto
che la loro fine sarebbe stata lunga, perciò decise di lasciare le saie e i sopramani a
Francesco da Magnale incaricandolo del loro spaccio.49 Al suo rientro, dopo aver fatto
trasferire a Firenze proprie somme (circa 63 fiorini) tramite giroconto, Bernardo dei
Bardi aveva con sé monete e verghe d’oro per più di 970 fiorini e un sacchetto di a-
spri del valore di oltre 31 fiorini (Tabella X). In aggiunta a tutto questo trasportò, per
conto di terzi, 11 sacchetti d’oro (circa 3.998 fiorini) e una certa quantità di merci (tra
cui Kg. 3,110 di oro filato).50

Se a questi elementi si aggiungono 2.273 ducati d’oro e 1.927 seraffi riportati a


Firenze nel 1524 da Daniele Strozzi51, un rapido calcolo sui dati sopra enunciati, mo-
stra come, nel periodo analizzato, questo gruppetto di operatori e aziende fiorentine
abbia trasferito nella Città del Giglio oltre un quintale di oro coniato e in verghe.
Considerato che si tratta di un campione molto limitato è facile immaginare che i tra-
sferimenti effettivi siano stati assai più consistenti. A parte questo, la documentazione
consente di analizzare le forme e le modalità con cui i metalli preziosi giungevano in
Toscana.
Dalle fonti qui utilizzate è stato possibile constatare che tra il 1498 e il 1540 al-
meno una trentina di fiorentini svolsero viaggi tra la madre Patria e il Vicino Oriente,
ed è del tutto probabile che al loro rientro a Firenze portassero denaro contante e

bel cordovano. Antonio Gualtieri invece domandava un tappeto da lettuccio, una pezza di «mucaiardo»
nero e una bianca, 2 seghe per tagliare legname, 4 berrettini neri di pelo di cammello e un cavallo istriano;
la moglie Lisabetta avrebbe voluto una pezza di «mucaiardo» bianco e qualche ago di Damasco. Monna
Francesca Salviati chiese alcune pezze di bambagino e tele per asciugatoi. Infine messer Calcagni, tesoriere
della Mercanzia, pagò al Bardi ben 100 ducati per un cavallo. Ibid., 455, cc. 76s. e d.
47 Si trattava di Alessandro Vernacci, Piero Canacci e Francesco e Silvestro Serristori. Ibid., 455, c. 82s. e d.
48 Per Simone di Dino Miniati acquistò 20 macramè, per Mazingo Mazinghi una bardatura da cavallo
e 3.000 aghi di Damasco; 50 berrettini di cammello e 50 di cotonino e alcuni tessuti erano invece destinati a
Pandolfo Biliotti di Ancona, Ibid., 455, c. 82s. e d.
49 Al Bardi restavano ancora da vendere 11 saia e 12 pezze di sopramani di Mazia Mazinghi, Paradiso
Mazinghi e Mazingo Mazinghi; 1 saia verde porro di messer Paradiso Mazinghi e 8 pezze di saie sopramane
di Andrea del Nero.
50 Il Bardi non si limitò a trasportare, per conto di terzi, monete e metalli preziosi; al momento della
partenza Pagolo di Vieri gli consegnò 4 «mucaiarri» doppi, alcuni ermesini e 12 paia di «beche» da recapita-
re a Girolamo da Sommaia; Giorgo Bertoli gli chiese di portare a Ragusa alcuni cammellotti destinati a
Zanobi Bertoli; anche Francesco da Magnale gli dette 2 pezze di panni di pelo di cammello per la compa-
gnia di Firenze; Andrea Peroni infine affidò al nostro mercante alcune «zacchere» per Girolamo da Som-
maia. Per suo conto, Bernardo dei Bardi aveva acquistato 2 pezze di taffettà di Bursa, tela per mantelli, 1
coltre, 4 cordovani, 4 seghe, 10 macramé, 20 berretti di cammello, 47 berretti di cotonino, 4.000 aghi di
Damasco, 7 bardature per cavalli, due di queste erano per Giovanni dei Nobili. ASFI, Venturi Ginori Lisci,
455, carte non numerate.
51 B. DINI, Aspetti del commercio di esportazione, cit., pp. 49-50.
ANGELA ORLANDI
992

metalli preziosi. Un servizio, pare di capire, ben retribuito: soprattutto per l’oro sodo
a cui si applicava una tariffa doppia rispetto a quella del coniato (2,5%);52 il trasporto
degli aspri d’argento garantiva una percentuale compresa tra lo 0,5 e lo 0,75% del va-
lore spedito.53
Il percorso seguito, di terra e di mare, è ben conosciuto. La principale città di ri-
ferimento sulle coste orientali dell’Adriatico era Ragusa che ospitava un console dei
fiorentini (nel nostro periodo era Iacopo di Giuliano dei Medici). I motivi di attrazio-
ne non stavano soltanto nel suo vivace porto, approdo fondamentale per le merci che
solcavano l’Adriatico, ma anche per l’importante ruolo della sua zecca, punto di rife-
rimento dell’interscambio di monete e metalli preziosi tra Oriente e Occidente.54 Sul
litorale occidentale si trovava Ancona da dove i sacchetti di monete e metalli prose-
guivano, via terra, sino a Firenze.
Il prezioso bagaglio veniva talvolta assicurato: Tommaso di Aiolfo, corrisponden-
te dei Gondi a Costantinopoli, nel giugno del 1513 assicurò sino a Firenze 450 fiorini
con un esborso di fiorini 09.13.11 d’oro;55 Luigi di Carlo nel suo viaggio di ritorno a
Firenze assicurò oro sodo da Pera ad Adrianopoli pagando un premio di aspri 111
(fiorini 1,98 d’oro)56.
Se il contratto assicurativo tutelava il destinatario ultimo della somma, il conduttore,
dal canto suo, sentiva altrettanto forte la necessità di un attento controllo contabile ca-
pace di mostrare tanto a chi spediva come a chi riceveva, la correttezza del suo operato.
Così ad esempio Bernardo dei Bardi per gli 11 sacchetti d’oro che gli furono affidati al
momento di partire, tenne per ciascuno di essi una accurata memoria, indicandone il
marchio mercantile che identificava il gruppo, il contenuto, i nomi del mittente e del
destinatario. Giunto in Patria avrebbe fatto sottoscrivere l’avvenuta consegna.57
Quando sulle piazze di Costantinopoli e Pera non si riusciva a convertire in me-
tallo giallo le somme che generalmente si riscuotevano in aspri, i mercanti affidavano

52 «[...] di questo oro sodo questi vostri ne vogliono di porto più il doppio che dal coniato, che aviamo
questo danno più et è disonesto di modo che bisognienà fare, oggi dì, il pacto con ogniuno come co’ mari-
nai». ASFI, Libri di commercio e di famiglia, 712, Firenze-Pera, Matteo Botti ad Antonio Gerini, 21 agosto
1528, c. 22r.
53 BNCFI, Fondo Tordi, 478, c. 158d.
54 Sul ruolo e le funzioni della Repubblica di Ragusa si vedano tra gli altri: A. DI VITTORIO, Finanze e
moneta a Ragusa nell’età delle crisi, Napoli 1983; IDEM, Tra mare e terra. Aspetti economici e finanziari della Repubbli-
ca di Ragusa in Età Moderna, Bari 2001, P. PIERUCCI, Una porta verso l’Oriente. La zecca di Ragusa (secc. XVII-
XVIII), Torino 2000; Ragusa e il Mediterraneo. Ruolo e funzioni di una repubblica marinara tra Medioevo ed Età Mo-
derna, a c. di A. DI VITTORIO, Bari 1990.
55 BNCFI, Fondo Tordi, 478, c. 117s. e d.
56 ASFI, Libri di commercio e di famiglia, Appendice, 3854, c. 8r.
57 Di seguito sono riportate le scritture, esplicative del meccanismo, relative ad un sacchetto che il
Bardi doveva recapitare alla compagnia Federighi di Firenze : «Uno grupo segnato dello avanti segno dal
detto per chonsegniare in Firenzie a ’Redi di Rafaello Federigi e compagni in che dise esere ducati 35 e
serafi dua salini, valliono aspri 2165». ASFI, Venturi Ginori Lisci, 455, carte non numerate. «Noi ’Redi di
Raffaello Federighi e chompagni setaioli abiamo riceuto ogi questo dì 20 di setenbre, uno grupo bene
chondizionato il quale ci manda Giovanni Vernaci di Pera, per seguirne suo ordine e per fede del vero, io
Antonio Federighi ò fato questi versi di mio propio mano.» ASFI, Venturi Ginori Lisci, 455, c. 86d.
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993

ai conduttori il compito di trasformarli in Ragusa58. Ciò non accadeva di frequente,


ma, nei casi esaminati, emerge ancora una volta l’importanza che avevano i corri-
spondenti presenti nell’antica Dubrovnik, i quali offrivano assistenza nella delicata
operazione, tenendo conto delle quotazioni correnti rispetto al mercato fiorentino.
In questo caso era di grande importanza il tempismo, l’intuizione e l’abilità nel
decidere sul da farsi. Nel giugno del 1527, ad esempio, tra i ducati buoni valutati 56
aspri e quelli di Aleppo che ne costavano 51 o 51,5, si sarebbero preferiti gli «aleppi-
ni» perché a Firenze dall’uno all’altro si faceva differenza solo del 2,5%.
Se anche a Ragusa il momento non sembrava favorevole, poteva essere opportu-
no rimandare l’operazione, lasciando al Console della nazione i denari in attesa di oc-
casioni migliori: insomma si preferiva allungare ulteriormente i tempi di attesa
piuttosto che ricevere aspri da far fondere alla zecca fiorentina. I carteggi mostrano
queste diuturne preoccupazioni, i successi e gli errori cui seguivano le immancabili
lamentele e in qualche caso la decisione di rispedire gli aspri a Ragusa59. Minori com-
plicazioni si verificavano se le monete contraffatte erano riconosciute nella città dal-
mata. Fu quello che accadde ad una spedizione disposta da Tommaso d’Aiolfo che
aveva consegnato ad un «conducitore», Orlando Boscoli, 60.000 aspri tra i quali se ne
scoprirono ben 2.887 piccoli e falsi, un danno valutato più di 54 fiorini d’oro; il loro
viaggio verso la Toscana terminò sulle coste della Dalmazia dove vennero lasciati a
Leonardo di Piero Pitti.60
Giunti a Firenze, metalli e monete di solito venivano cambiati o venduti ai ban-
chieri. Le aziende che abbiamo esaminato fecero ricorso alle banche di Roberto Ricci
e di Bonifacio Fatti.
Così, per esempio, i seraffi e i pezzi d’oro che, nell’agosto del 1526, Francesco
Rinuccini e Averardo Zati inviarono da Pera alla compagnia Doni, furono consegnati
al Ricci che fondendoli ottenne due verghe d’oro sodo. La prima ricavata da 28 pezzi
d’oro e da 6 seraffi gravi, pesava libbre 02.10.13.12 a carati 22 per oro schietto fine; la
seconda invece conteneva l’oro di 249 seraffi di più valute ed era pesante libbre
02.05.10.12 con una caratura di 16,875 per l’oro e di carati 6,625 per l’argento; il loro
valore complessivo ammontò a fiorini 440.04.08.61
Le due verghe furono lasciate al banchiere che per il loro valore concesse, a favo-
re dei Doni, una corrispondete apertura di credito.
La stessa procedura venne seguita dalla stessa azienda Doni per un invio di seraf-
fi e ducati che giunsero a Firenze nell’aprile del ’27. La casa bancaria, questa volta era
quella di Bonifacio Fatti che, come il suo collega Ricci, aprì a favore dell’azienda una
linea di credito di 369.11.08 fiorini.62

58 ASFI, Fondo Gondi, 2, c. 41s.


59 ASFI, Libri di commercio e di famiglia, 711, Firenze-Cadice, Matteo Botti a Iacopo Botti, 18 aprile
1526, c. 96r.
60 ASFI, Fondo Gondi, 2, c. 41s.
61 BNCFI, Fondo Tordi, 478, cc. 157s. e d., 167s. e d.
62 Ibid., 478, c. 172s.
ANGELA ORLANDI
994

La professionalità del banchiere era indispensabile anche per verificare la caratura


del metallo grezzo e la bontà delle monete che giungevano dai mercati orientali. Nel
luglio del 1528 i Doni pagarono a Niccolò di Daniello Strozzi una piccola somma, 2
soldi e 10 denari d’oro, per avere saggiato metallo giallo giunto dal Levante63. A que-
sto costo si aggiungeva il rischio di ricevere monete mischiate a pezzi falsi o di bassa
qualità. Frequenti erano dunque i commenti di disappunto quando capitava di trova-
re, fra quelli ricevuti, dischetti eccessivamente usurati o con basse percentuali di me-
tallo fino.64
Gli empori orientali rimasero, almeno per tutti gli anni ’30 del Cinquecento, i
mercati più interessanti per panni e drappi auroserici che uscivano dai laboriosi telai
toscani. Ma una prima avvisaglia di difficoltà si era registrata nel 1525, quando Soli-
mano il Magnifico iniziò ad adottare provvedimenti di tipo mercantilistico. La notizia
giunse rapidamente a Firenze e immediati furono i commenti:

«[…] il Turcho à fatto una grida che nissuno tragga oro o argento di sorte alchu-
na del paese, sotto pene gravissime. La qual cosa, se la va avanty, certamente sarà for-
za lassare l’Arte di Lana a molty che ci sono […]».65

Probabilmente il sultano che puntava a far crescere un ceto mercantile turco,


intendeva rivolgersi principalmente ai trafficanti persiani; non sembra infatti che tali
provvedimenti abbiano avuto immediato e significativo effetto sui nostri mercanti
che continuarono ad inviare consistenti quantità di pannilana e drappi serici verso
quelle zone.
Quando il calo delle esportazioni toscane in Oriente divenne più evidente (metà
degli anni Quaranta), i fiorentini tentarono, a volte con successo, di rallentarne il rit-
mo anche agendo sul piano dei rapporti diplomatici.
Nell’agosto del 1539 Matteo Botti avvisava la filiale di Siviglia che a Firenze era
giunta dal Levante una lettera del Console della nazione per informare che il sultano
aveva concesso di caricare una rilevante quantità di frumento a condizione che fosse
destinata «al porto de’ fiorentini e non altrove». La merce avrebbe goduto anche di un
particolare trattamento fiscale.66
In ogni caso, la graduale chiusura dei mercati orientali spinse gli operatori toscani
a cercare soluzioni alternative che consentissero loro di acquistare e vendere prodotti
di quelle piazze superando il divieto. Un efficace espediente era quello di inviare un
corrispondente a Chios che, considerata la sua favorevole posizione, consentiva di
raggiungere agilmente gli empori turchi.

63Ibid., 478, c. 174s. e d.


64 «[…] li quali ritratti, per quanto troviamo, sono molto scharsi: nell’oro sodo troviamo qualche
scharsità di peso e legha al pregio; ne’ ducati buoni che costono 56 aspri l’uno, ve ne sono 1/4 scharsi che
tornono qui moneta [… ] siché vedete quello possiamo fare […]». ASFI, Libri di commercio e di famiglia, 712,
Firenze-Pera, Matteo Botti ad Antonio Gerini, 27 ottobre 1529, c. 37v.
65 Ibid., 711, Firenze-Cadice, Matteo Botti a Iacopo Botti, 20 maggio 1525, c. 46r.
66 Ibid., 713, Firenze Siviglia, Matteo Botti a compagnia di Siviglia, 30 agosto 1539, c. 81r.
ORO E MONETE DA COSTANTINOPOLI A FIRENZE
995

Ancora Matteo Botti nell’estate del 1539, scriveva della gran quantità «di faccen-
de» che si facevano a «Schio» dove si potevano trovare tutti i prodotti orientali e so-
prattutto rilevanti quantità di grano coltivato nelle zone di Volo e Salonicco.67 Così,
assieme alla compagnia Corsi stabilita a Napoli, si organizzò per noleggiare
un’imbarcazione ragusea o veneziana da inviare nell’Isola per caricare grano e non
solo.68 Pera continuava ad essere un vivace mercato per il commercio di cuoiame,
spezie, sete e pannine, tanto che «[…] se la dura di così si faranno barba d’oro»69 pre-
cisava, forse con un po’ di invidia, il mercante fiorentino.
Un’ultima interessante considerazione si trova nelle parole di un anonimo genti-
luomo di Firenze che, da Venezia, alla fine del Cinquecento, auspicava la necessità di
recuperare al commercio i mercati orientali dove pannine, drapperie e soprattutto rasi
continuavano ad avere esito. Due o tre anni prima aveva avuto notizia da alcuni mer-
canti levantini che, proprio i rasi erano nelle loro piazze «oro rotto» per avere comin-
ciato i turchi a vestire con grande lusso e che i rasi fiorentini «[…] trapassavano ogni
altro drappo».70
Gli operatori più attenti e sensibili, percependo le nuove difficoltà, cominciavano
a valutare l’opportunità di indirizzare diversamente i loro traffici: Firenze, come ha
osservato Bruno Dini, tornava nel più tradizionale alveo di una produzione orientata
ad Occidente: Cadice, Siviglia, Valladolid, ma anche Lione e le principali città
dell’Europa centrale71 si sostituirono gradualmente ai mercati orientali. Alcune azien-
de come quella di Francesco e Giuliano dei Medici (1534-1542) e quella di Alessandro
Salviati (1538-1544) seguirono invece un percorso leggermente diverso, collocando la
loro produzione in percentuali sempre maggiori sul mercato italiano.72
Il calo delle esportazioni in Oriente fu principalmente dovuto alla graduale ridu-
zione della loro redditività, al peggioramento delle “ragioni di scambio” dei tessuti
toscani in Levante, agli oneri di una eccessiva lentezza delle contrattazioni e alla dila-
tazione dei tempi di pagamento; a tutto questo si aggiungeva la tendenziale crescita
dei costi di produzione dei manufatti dovuta alla lievitazione dei prezzi delle materie

67 Le mercanzie levantine compreso il frumento, giungevano a Chios su grandi navili turchi che face-
vano la spola tra le coste dell’Isola e quelle della Anatolia. Si ha notizia che il mercante fiorentino France-
sco Cavalcanti nel 1538 era partito da Ancona con destinazione «Scio» dove si era trattenuto un anno
costruendosi una buona fortuna. Ibid., 713, Firenze-Canaria, 07 giugno 1539, Matteo Botti a Andrea Peri,
cc. 17v. e 18r.; Ibid., 713, Firenze-Messina, Matteo Botti a Simone Corsi, 19 luglio 1539, c. 48r.
68 Ibid.,713, Firenze-Messina, Matteo Botti a Simone Corsi, 19 luglio 1539, c. 48r.
69 Ibid., 713, Firenze-Canaria, Matteo Botti ad Andrea Peri, 07 giugno 1539, c. 18r.
70 ASFI, Miscellanea Medicea, 27, III, carte sciolte, c. 1090r.
71 F. GUIDI BRUSCOLI, Drappi di seta e tele di lino tra Firenze e Norimberga nella prima metà del Cinquecento,
in «Archivio Storico Italiano», CLIX, 2001, disp. II, pp. 359-394; M. SPALLANZANI, Le compagnie Saliti a
Norimberga nella prima metà del Cinquecento (un primo contributo dagli archivi fiorentini), in Wirtschaftskräfte und Wir-
tschaftswege. Festschrift fur Hermann Kellenbenz, a c. di J. SCHENEIDER, Nurnberg1978, IV, pp. 603-620; IDEM,
Tessuti di seta fiorentini per il mercato di Norimberga intorno al 1520, in Studi in Memoria di Giovanni Cassandro,
Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Saggi 18, Roma 1991, Vol. III, pp. 995-1016.
72 B. DINI, Aspetti del commercio di esportazione, cit., p. 25.
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prime. Anche gli alti costi di assicurazione e trasporto contribuivano a ridurre in mo-
do significativo gli utili.73.
L’azienda di battilori di Giuliano di Piero Capponi74, per il decennio 1540-1550,
vide agire in Pera due corrispondenti: Antonio Landi e Tommaso Scarlatti. Il primo
esitò 8,75 braccia di broccato di «pelo rosso a bastone» il cui ricavato fu impiegato
nell’acquisto di 12 cammellotti. Con il Nobili il rapporto fu in partecipazione per la
vendita di 53 pezze di «alti e bassi» in cambio dei quali il corrispondente ottenne 100
pezze di panni di pelo di cammello. Nelle scelte di questa azienda il Levante pare per-
dere importanza, a tutto vantaggio di altre piazze come Londra (Guido Cavalcanti),
Anversa (Giacomini e Gondi) e Valladolid (Botti e Bellotti).75 Significativa dunque la
modestia delle quantità di drappi inviati nel Bosforo e ancor più significativa è
l’assenza di un rientro in oro (Tabella XI).
Se alla metà degli anni ’20, i fiorentini allarmati avevano giudicato i divieti del sul-
tano di esportare metallo giallo come «[…] una malissima nuova a questa città, consi-
derato quanto oro hè qui, tutto viene di là, anchora che non ce n’è o pocho»,76 tre
lustri più tardi, una simile notizia non avrebbe sollevato troppe preoccupazioni: a Si-
viglia era «[…] arrivato il capitano Pizarro con gran somma d’oro, che sarà venuto in
tempo a propoxito[…]».77

73 Ibid., pp. 269-270.


74 La produzione di questa bottega era senz’altro raffinata e di alta qualità: lo stesso Duca Cosimo dei
Medici si rivolse al fondaco per ben 7 volte acquistando, nel dicembre del 1542, tra l’altro un «[...] fornimento
di chamera e letto, di panno luchesino» per oltre 170 fiorini e libbre 3 once 10 d’oro filato sottile per ornare
una veste di velluto chermisi della moglie. BNCFI, Fondo Capponi, Libri di commercio, 13, c. 98s.
75 Ibid., cc. 71s. e d., 87s. e d., 101s. e d., 128s. e d., 139s.e d., 143s. e d.
76 ASFI, Libri di commercio e di famiglia, 711, Firenze-Cadice, Matteo Botti a Iacopo Botti, 20 maggio
1525, c. 46r.
77 Ibid., 713, Firenze-Cadice, Matteo Botti a Compagnia di Cadice, 07 gennaio 1540, c. 136r.
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INDICE

Lunedì 1 maggio– APERTURA DEI LAVORI


HANS POHL, Presidente uscente del Comitato scientifico ...................... pag. 7
MIGUEL ÁNGEL LADERO QUESADA, Relazioni economiche tra Europa
e mondo islamico. Secc. XIII-XVIII. Prolusione .................................... » 13

Lunedì 1 maggio – MUSULMANI IN EUROPA

Relazioni
NENAD MOAČANIN, Demographical Trends in the Ottoman
Empire in Europe and their Impact on Economy: neither the West,
nor the East .................................................................................................. pag. 55
GIUSEPPE COSSUTO, Affinità e divergenze nel sistema di tassazione
ottomano applicato agli stati vassalli di Moldavia, Valacchia e Crimea
nei secoli XV-XVII ....................................................................................... » 75

Comunicazioni:
CONCEPCIÓN VILLANUEVA MORTE, El mundo mudéjar y el comercio
terrestre entre los reinos de Aragón y Valencia en el siglo XV............... » 97
CARMEN TRILLO SAN JOSÉ, Organización del espacio agrícolo
y del agua en la Granada nazarí (siglos XIII-XV)..................................... » 121
ROSER SALICRÚ I LLUCH , ¿Repensando Granada? Presencia y
penetración diferenzial cristiana en el sultanato nazarí en la Baja
Edad Media.................................................................................................... » 135

Dibattito (AERTS, CAMPBELL, CIARAMITARO, ÇIZAKÇA, CLARENCE


SMITH, KLEP, KOLODZIEJCYZ, MOAČANIN, MUNRO, MURGESCU,
NORTH, TRILLO SAN JOSÉ, VILLANUEVA MORTE, WATSON)..................... pag. 147

Martedì 2 maggio – EUROPEI NEL MONDO ISLAMICO: XIII-XVIII SECOLO

Relazioni
DAVID JACOBY, The Economic Function of the Crusader States of the
Levant: a New Approach ................................................................................ pag. 159
1052

MICHEL BALARD, Les relations économiques entre l’Occident et le


Monde islamique à la fin du Moyen Age. Quelques remarques ............. pag. 193
BENJAMIN BRAUDE, Christians, Jews, and the Myth of Turkish
Commercial Incompetence.......................................................................... » 219
ANDREW M. WATSON, A Case of Non-diffusion. The Non-Adoption
by Muslims Spain od the Open-field System of Christian Europe.
Causes and Consequences ........................................................................... » 241
JOSÉ ENRIQUE LÓPEZ DE COCA CASTAÑER, Génova y el Reino de
Granada (siglos XIII-XV)............................................................................ » 267

Dibattito (AERTS, BALARD, BIBIKOV, BERG, BORRACELLI, BRAUDE,


CAMPBELL, CLARENCE SMITH, DENZEL, JABOBY, KLEP, KOLODZIEJCZYK,
LADERO, LOPEZ DE COCA CASTAÑER, MANIKOWSKI, MOACANIN, MUNRO,
SHATZMILLER, TYMOWSKI, TOCH, TRILLO SAN JOSE, WATSON) .............. pag. 295

Comunicazioni
ENRICO BASSO, La Maona di Chio, Genova e l’Impero Ottomano:
relazioni commerciali e intrecci diplomatici fra Tardo Medioevo
e prima Età moderna....................................................................................pag. 315
MANUEL RUZAFA GARCÍA, La morería de Valencia: centro
económico mudéjar en área de convergencia cristiana y musulmana
mediterránea (1370-1500) ............................................................................ » 325
MARIA FILOMENA LÓPES DE BARROS, The Portuguese Muslim Minority
and North Africa .......................................................................................... » 339
SVETLANA IVANOVA, Minorities All Around – And Merchants
All Around (towards the Social Status of the Merchant Estate
in Ottoman Overland Trade in the Balkans, 17th-18th cc.) ....................... » 351
UGO TUCCI, Mercanti veneziani e usi di piazza di Alessandria alla
fine del Quattrocento ................................................................................... » 365

Dibattito (BALARD, BAROUTSOS, BASSO, BRAUDE, CLARENCE SMITH,


DENZEL, GONZALES AREVALO, GROHMANN, IVANOVA, LÓPES DE BARROS,
NORTH, TOCH)............................................................................................... pag. 375

Mercoledì 3 maggio – POLITICHE E RIVALITÀ IN EUROPA PER LA SUPREMAZIA


ECONOMICA NEL MONDO ISLAMICO (AFRICA E MEDIO ORIENTE) E REAZIONI
ISLAMICHE / NATURA E VOLUME DELLE RELAZIONI COMMERCIALI TRA EUROPA E
MONDO ISLAMICO

Relazioni
MAYA SHATZMILLER, A Misconstrued Link: Europe and the
Economic History of Islamic Trade ..........................................................pag 387
1053

MARÍA DOLORES LÓPEZ PÉREZ, Política y comercio en el


Mediterráneo occidental medieval: la conformación del cuadro
diplomático y su repercusión en los intercambios económicos
Magreb-Corona de Aragón (ss. XIII-XV) ................................................ pag. 419
IAN BLANCHARD, African Gold and European Specie Markets,
ca 1300-1800.................................................................................................. » 451
ELOY MARTÍN CORRALES, El comercio de España con los países
musulmanes del Mediterráneo (1492-1782) : “eppur si muove” ............ » 485
BERNARD VINCENT, Captivité, esclavage, emancipation en Espagne
et au Portugal (XVIe – XVIIe siècles)......................................................... » 511
MICHEL FONTENAY, Le commerce des Occidentaux dans les échelles
du Levant au XVIIe siècle............................................................................ » 519

Dibattito (AERTS, BERG, BLANCHARD, CAMPBELL, CLARENCE SMITH,


CORDOBA, FONTENAY, GONZALEZ AREVALO, HAUPT, LOPEZ NADAL,
LOPEZ PEREZ, MASSA, MATHIAS, MUNRO, MURGESCU, SHATZMILLER,
TOLEDANO, TYMOWSKI, VINCENT) ................................................. pag. 551

Comunicazioni
INGRID HOUSSAYE MICHIENZI, Les efforts des compagnies Datini
pour établir des relations avec les pays du Maghreb, fin XIVe-
debut XVe siècle............................................................................................pag. 569
PHILIPPE GOURDIN, Les pays du Maghreb et la rivalité entre
Catalans et Italiens pour dominer les routes commerciales de
Méditarranée occidentale (fin XIVe-début XVe siècle) ........................... » 595
MOMČILO SPREMIĆ, Relazioni economiche fra Dubrovnik (Ragusa)
e il mondo islamico dal XIII al XV secolo................................................ » 603
FRANCISCO J. APELLANIZ, Crise financière et rapports internationaux
en Méditerranée: La faillite des corporations européennes dans le
sultanat mamelouk (1450-1517)................................................................. » 617
PHOTIS BAROUTSOS, Population Mobility in Crete within the
Framework of Venetian-Turkish Relations (1470-1645) ......................... » 637
ANNE BROGINI, De l’île corsaire à l’île-rélais . Les échanges entre
Malte et la rive musulmane aux XVIe et XVIIe siècles............................. » 651

Dibattito (BROGINI, CLARENCE SMITH, GOURDIN, HOUSSAYE,


MARTIN CORRALES, MUNRO, NIGRO, SPREMIĆ, TUCCI) .......................... pag.. 663

Giovedì 4 maggio – T RASMISSIONI ISTITUZIONALI E TECNOLOGICHE /


E VOLUZIONE COMPARATIVA DELLE ISTITUZIONI E DELLE TECNICHE :
RECIPROCHE INFLUENZE E INTERAZIONI
1054

Relazioni
MURAT ÇIZAKÇA, Cross-cultural Borrowing and Comparative
Evolution of Institutions between Islamic World and the West ............pag. 671
EHUD R. TOLEDANO, The Shifting Patterns of Ottoman
Enslavement in the Early Modern Period: From European
to African-Caucasian .................................................................................... » 699
WILLIAM GERVASE CLARENCE-SMITH, Scientific and Technological
Interchanges between the Islamic World and Europe, c. 1450-c. 1800. » 719
RICARDO CORDOBA DE LA LLAVE,Industrial Techniques in al-Andalus:
a Long-lasting Legacy .................................................................................. » 739
ROSSITSA GRADEVA, On ‘Frenk’ Objects in Everyday Life in
Ottoman Balkans: the Case of Sofia, Mid-17th - mid-18th Centuries..... » 769

Dibattito (BAROUTSOS, BERG, BLOCKMANS, BRAUDE, CAMPBELL, ÇIZAKÇA,


CLARENCE SMITH, GRADEVA, GRUDER, KLEP, KOLODZIEJCZYK, MATHIAS,
MOAČANIN, MUNRO, MURGESCU, TOCH, TOLEDANO, VAN DER WEE)... pag. 801

Comunicazioni
ALBERTO GARCÍA PORRAS, Transmisiones tecnológicas entre el área
islámica y cristiana en la Península Ibérica. El caso de la producción
cerámica esmaltada de lujo bajomedieval (ss. XIII-XV)..........................pag. 825
SALIM AYDÜZ, Firearm and Munitions Trade between the Ottoman
Empire and some European States. 1350-1600........................................ » 843
SADOK BOUBAKER, Usages de la lettre de change à Smyrne dans la
deuxième moitié du XVIIIe siècle : l’exemple de la maison Roux
de Marseille, 1759-1789................................................................................ » 863

Dibattito ( AYDUZ , BOUBAKER , BORRACELLI , CAROSCIO,


CLARENCE SMITH , CORDOBA , COSSUTO, DENZEL , HALIKOWSKI ,
GARCIA PORRAS, LADERO, MUNRO, SHATZMILLER ,)................... pag. 879

Venerdì 15 aprile – IDEE, REGOLE E PERCEZIONI ECONOMICHE

Relazioni
ALAN M. STAHL, European Minting and the Balance of Payments
with the Islamic World in the Later Middle Ages.....................................pag. 889
JOHN MUNRO, South German Silver, European Textiles, and
Venetian Trade with the Levant and Ottoman Empire, c. 1370
to c. 1720: A Non-mercantilist Approach to the Balance of
Payments Problem ........................................................................................ » 905
BOGDAN MURGESCU, Balances of Trade and Payments between
the Ottoman Empire and Central Europe (16th-18th Centuries) ............ » 961
1055

Comunicazioni
ANGELA ORLANDI, Oro e monete da Costantinopoli a Firenze
in alcuni documenti toscani (secoli XV-XVI) ...........................................pag. 981
ANDREJ PONOMAREV, Silver In, Silver Out: Principles for
Calculating Outflow of a Medieval Currency ........................................... » 1005
MICHAŁ TYMOWSKI, Impact de la révolution des prix en Europe
du XVIe s. sur les transformations économiques à Tombouctou
et dans le bassin du Niger moyen .............................................................. » 1025

Dibattito (BLOCKMANS, BORRACELLI, BRAUDE, CIRIACONO, ÇIZAKÇA,


CLARENCE SMITH, FONTENAY, KOLODIEJCZYK, MOACCANIN, MUNRO,
MURGESCU, ORLANDI, POHL, PONOMAREV, STAHL, TYMOWSKI,
TOLEDANO, VAN DER WEE) ......................................................................... pag. 1035

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