Fichte
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getti esterni): di cosa si tratta? Che cos’è l’Io? Qui sotto pro-
verò a darne alcune definizioni, seguite dalle sue caratteristi-
che.
Per Io dobbiamo intendere:
➢l’Autocoscienza, cioè la ragione nella purezza o assolu-
tezza della sua essenza disincarnata; è la condizione
stessa del pensare, quella che è presente in tutti gli uo-
mini, ma che in Fichte diventa realtà trascendente e se-
parata dall’uomo;
➢in altre parole, è la funzione del pensare che, astratta
dall’uomo, prende vita autonoma e natura di soggetto in
sé e per sé, ossia indipendente dalla realtà, trascendente
e fuori dall’uomo;
➢l’Io va inteso e pensato come l’universale astratto nello
stesso modo con cui ci si riferisce anche al concetto di
umanità: essa è l’insieme di tutti gli uomini, pur senza
identificarsi con nessun uomo in particolare.
➢in ultimo, ma con qualche riserva, potrei dire che l’Io è
il soggetto assoluto allo stesso modo in cui lo è dio. Ma
questa è una definizione che può andare bene solo se la
usiamo come una sorta di analogia, più che come una
vera definizione.
Quali sono le caratteristiche dell’Io fichtiano?
➢Esso è inesauribile produrre, è un porre illimitato,
una pura funzione dinamica che può vivere solo nell’a-
zione, nel fare, nell’attività.
➢E’ attività creatrice del mondo, dato che questo – sen-
za l’Io – non avrebbe né significato né esistenza. L’Io
non va dunque confuso con l’io empirico, che è anzi una
produzione dell’Io che chiameremo puro o universale.
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➢L’Io, inteso come infinita originalità creatrice, è infini-
to nella sua essenza, ed è fuori del tempo (il tempo è
anzi la manifestazione della realizzazione successiva e
progressiva in cui l’Io, limitandosi, prende coscienza di
sé).
➢L’Io puro fichtiano è dunque condizione di ogni possi-
bile esistenza. Questo Io generale, che è presupposto da
ogni esistenza, non è l’io individuale, il soggetto indivi-
duale, bensì ciò che ne costituisce il fondo, l’essenza.
➢Esso non è il nostro stato di individui limitati, bensì ciò
che costituisce il loro presupposto. In altre parole, l’Io
puro è la condizione di ogni essere empirico, tra cui
l’uomo (io empirico).
➢Tuttavia l’Io non può giungere alla coscienza di se stesso
se non nelle sue determinazioni empiriche, ossia tra-
mite i modi particolari nei quali la vita cosciente si rea-
lizza e si manifesta.
➢L’Io è sempre uno e identico a sé, il mondo empirico è
invece molteplice.
➢In altri termini, l’Io infinito o puro di cui parla Fichte
non è qualcosa di diverso dall’insieme degli io finiti nei
quali esso si realizza, esattamente come l’umanità non è
qualcosa di diverso dai vari individui che la compongo-
no, anche se l’Io infinito, come l’Umanità, perdura
nel tempo, mentre i singoli io finiti e i particolari in-
dividui sono soggetti alla nascita e alla morte.
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Riepilogo dei concetti chiave e delle questioni di fondo finora
trattate
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➢per perfezionamento morale quale sinonimo di libertà
ho poi inteso qualcosa di molto simile a ciò che inten-
diamo quando diciamo che il sapere rende liberi;
➢in altre parole, per Fichte progresso morale significa li-
berare l’uomo dalle catene dell’ignoranza;
➢progredire moralmente significa rendere razionale, cioè
comprensibile e conoscibile, l’oscuro mistero dell’esi-
stenza e dell’agire della natura;
➢libertà, o progresso morale, in questo caso, significa ri-
condurre alla razionalità ciò che appare irrazionale;
➢realizzare la libertà è anche non accontentarsi dello stato
presente dell’umanità, dei rapporti attuali degli uomini
tra loro stessi e con la natura, ma puntare “incessante-
mente verso il futuro e il meglio”, come scrive Fichte
in un passo della Missione dell’uomo;
➢si tratta di credere – con le parole di Fichte dai Discorsi
alla nazione tedesca – nella “migliorabilità infinita e
nell’eterno progresso della nostra specie”;
➢questa fiducia nel progresso della razionalità è un vero e
proprio riflesso di illuminismo in Germania.
• Poi abbiamo cercato di definire la natura di questo Io
puro:
➢È l’atto o la funzione del pensare, ma che si fa realtà
autonoma fuori dall’uomo, e che lo trascende.
➢l’Autocoscienza, cioè la ragione nella purezza o assolu-
tezza della sua essenza disincarnata; è la condizione
stessa del pensare, quella che è presente in tutti gli uo-
mini, ma che diventa realtà trascendente e separata dal-
l’uomo.
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➢È definibile anche come dio, nel senso di soggetto asso-
luto, realtà spirituale trascendente da cui tutto deriva,
fonte del reale; un dio che produce le cose con un atto
del pensiero.
• Abbiamo anche tentato di capire cos’è I’Io puro, dandone
le caratteristiche:
➢E abbiamo detto allora che dobbiamo distinguere tra un
Io puro o assoluto o universale e un io empirico
➢L’io empirico non crea problemi, è l’individuo, il sog-
getto singolo calato nella realtà quotidiana, quello sotto-
posto alla vicenda del nascere, del divenire e del morire.
➢L’Io puro invece qualche problema lo dà: innanzitutto, si
chiama puro proprio perché non è coinvolto nell’esi-
stenza materiale come l’io empirico.
➢Anzi, in quanto puro, esso precede la realtà nel suo
contenuto materiale ed è la condizione stessa dell’esi-
stenza di tutto ciò che esiste.
➢E’ insomma il principio assoluto da cui emana la real-
tà concreta, che a questo punto esiste solo in quanto
esiste una realtà spirituale che la pensa, e nel pensarla la
rende possibile, ossia la produce materialmente.
➢Esso è inesauribile attività creatrice del mondo, dato
che questo – senza l’Io – non avrebbe né significato né
esistenza.
➢L’Io non va dunque confuso con l’io empirico.
➢l’Io è infinito nella sua essenza, ed è fuori del tempo.
➢L’Io puro è la condizione di ogni essere empirico, tra
cui l’uomo.
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➢L’Io è sempre uno e identico a sé, il mondo empirico è
invece molteplice.
➢Tuttavia l’Io non può giungere alla coscienza di se
stesso se non tramite i modi particolari nei quali la
vita cosciente si realizza e si manifesta.
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La vicenda dell’Io universale
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Questo Io iniziale, creatore del mondo, non è quindi l’io personale
o empirico di ciascun individuo (non è – cartesianamente – il cogi-
to ergo sum). Sebbene sia stato foggiato in analogia con la co-
scienza dell’uomo, esso è la coscienza in generale, l’Io origina-
rio o universale.
Nel primo momento “l’Io pone se stesso”. L’io non potrebbe sta-
bilire alcun rapporto con la realtà al di fuori di sé se non ponesse
prima se stesso, cioè se non si ponesse come esistente.
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Allora l’Io sarebbe qualcosa di astratto e di vuoto, se non si tro-
vasse di fronte a un Non-io, ossia a qualcosa che è diverso da sé, e
che gli si contrappone, gli resiste, fungendo da ostacolo alla sua
attività.
L’io puro (la ragione) non è cosa che esista sempre e comunque,
non è sostanza, realtà già data, ma attività che deve realizzarsi e
che, se non agisse, cesserebbe di esistere.
➢ “pone il non-Io”.
Allora “l’Io si pone nel Non-Io un limite rispetto alla sua stessa
produttività infinitamente esuberante. Il soggetto dunque pone e
produce l’oggetto per amore di se stesso, per avere un limite e non
fluire all’infinito”.
Tale Non-io (la natura, il mondo sensibile), che appare alle co-
scienze individuali e finite qualcosa di esterno e contrapposto a
esse, non è tuttavia tale se considerato dalla prospettiva dell’Io
puro.
Fichte non vuole dire che prima esiste l’Io infinito, che in seguito
pone il Non-Io della natura, del quale infine fa parte anche l’io in-
dividuale.
Dire che non esiste un Non-Io senza un Io, a sua volta, significa
che non si dà per la natura la possibilità di essere una realtà
autonoma, che precede lo Spirito. Essa è qualcosa che esiste sol-
tanto come manifestazione dell’Io, in relazione all’Io e in funzione
dell’Io. E quindi per l’Io e nell’Io.
Sarà una conquista che, come vedremo, avverrà nel campo della
dottrina della scienza pratica, ossia della morale.
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