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Il sacerdote Tria aveva un brutto presentimento.

Era da tempo ormai che la cattedrale dedicata al Dio Tanar non veniva più frequentata a
causa di alcune voci; si diceva che per i troppi sacrifici dedicati alla divinità si fosse
risvegliato un demone, e che la sua dimora fosse proprio la cattedrale.
Tria aprì la porta. Fu investito dalla stessa magnificenza che altre volte aveva potuto
ammirare, ed ognuna di esse sembrava sempre essere la prima. Enormi affreschi, centinaia
di finestre decorate con le gesta degli eroi del passato, mosaici perfetti sotto ogni punto di
vista, colonne alte decine di metri. E infine c'era l'altare; una tavola di pietra ornata dei più
magnifici gioielli, nuda, senza nessun lenzuolo sopra di essa in modo da far vedere la
bellezza del marmo più pregiato di tutto il regno. Sopra l'altare era riposta la sacra reliquia di
Tanar, un martello indistruttibile fatto di un materiale che sembrava oro, ma che in realtà
aveva molto più valore. Si diceva che chiunque avesse impugnato l'arma del Dio avrebbe
avuto un potere inimmaginabile, per questo essa era protetta dai migliori incantesimi degli
stregoni più potenti del regno; prenderla sarebbe stato impossibile per chiunque avesse
tentato.
Tria avanzava, lento e più insicuro che mai. Si sentiva piccolo, insignificante in confronto alla
maestosità della cattedrale. Tenendo il suo bastone in mano, passo dopo passo si
avvicinava sempre di più all'altare.
Si chiedeva se vi fosse veramente un demone, e se si, quale sarebbe potuto essere; un
demone degli inferi? Un demone del nord? O magari era soltanto un impostore? Avrebbe
potuto pensare a molte altre possibilità, ma la sua mente smise di ragionare quando sentì
dei passi pesanti avvicinarsi dietro di lui. Il sangue gli si raggelò, non aveva il coraggio di
voltarsi. Pensò alla preparazione che da allievo dei saggi aveva affrontato per poter
sostenere momenti come quello, ad ogni fatica e fallimento. Dopo un profondo respiro,
ritrovò la calma e si girò.
"Non avrei mai pensato a te." borbottò Tria con un certo sarcasmo.
La situazione era critica, il nemico era un demone dei vecchi mondi, un mostro
apparentemente aldilà delle sue forze e di chiunque facesse parte del mondo mortale.
I suoi sguardi erano omicidi, e la sua essenza era pura malvagità.
La sua forma fisica era difficile da definire; in alcune parti sembrava fatto da sostanze
fumogene, incorporee, mentre altre, come le mani, apparivano solide. Sopra la testa vi
erano due corna enormi, spaventose, che sembravano allungarsi ogni secondo di più.
Tria notò l'ascia che teneva in una mano, e la mazza che pendeva dall’altra, entrambe le più
grandi che avesse mai visto.
Il demone attaccò per primo. Spietata come non mai, la creatura faceva roteare l'enorme
ascia con facilità, come se fosse stata un comune coltello. Per Tria era quasi impossibile
evitarla. Era come se stesse venendo colpito da tutte le direzioni contemporaneamente.
Agitando anche la mazza, il demone lo centrò in pieno stomaco, scaraventandolo
violentemente a terra. Nonostante l'impatto, il sacerdote aveva ancora molta forza in corpo.
Si rialzò, cercò di concentrarsi mentre il mostro lentamente si avvicinava a passi pesanti,
facendo rimbombare tutta la cattedrale.
Tria agitò il suo bastone verso l'alto, pronunciò alcune parole in una lingua antica, dopodiché
sbatté con forza la sua arma sul pavimento. Il demone esitò per qualche istante, poi
ricominciò ad avanzare. Ma l'incantesimo di Tria era andato a buon fine.
Velocemente, si sdoppiò.
Ora davanti al demone si trovavano due corpi perfettamente identici. Uno dei due si sdoppiò
a sua volta e il terzo ripeté l'operazione.
Tre di loro, allo schiocco di dita del quarto, partirono all'attacco, sguainando con ferocia le
loro spade. L'ultimo, il vero Tria, indietreggiò di pochi passi. Approfittando che il demone era
impegnato a combattere contro i suoi tre sosia, egli chiuse gli occhi, sgombrò la mente da
ogni pensiero e si concentrò più intensamente di quanto avesse mai fatto.
Una delle tre copie era morta. Il demone stava assumendo una posizione di vantaggio nel
combattimento. Ad un certo punto balzò indietro, prese la rincorsa e incornò una seconda
nel petto, facendola svanire nel nulla. L'ultimo falso Tria rimasto gettò la spada, prese il suo
bastone e, pronunciando alcune parole in una lingua antica, materializzò una sfera infuocata
che scagliò contro il demone.
Quest'ultimo non sembrava sorpreso. Con un urlo lanciò la sua mazza contro la meteora che
stava avvicinandosi, frantumandola in migliaia di piccole parti. Subito dopo, inarcò le
sopracciglia infuocate e i suoi occhi diventarono rossi. Alzò una mano al cielo molto
lentamente; dopo pochi attimi, centinaia di corpi scheletrici fecero la loro comparsa da sotto
il liscio pavimento della cattedrale.
Il demone guardò storto l'ultimo sosia. Inarcò le sopracciglia e i suoi occhi diventarono rossi
nuovamente. Incendiò l'ascia nella sua mano e la lanciò contro il suo avversario.
Il finto Tria afferrò al volo l'arnese con un sorriso malizioso, non prestando attenzione alle
fiamme.
Ancora una volta il demone non sembrava sorpreso.
Immediatamente tutto l'esercito di morti che egli aveva evocato si avventò sul falso
sacerdote, che non dava l'impressione di essere spaventato o messo in difficoltà. Ma il
demone aveva perso la pazienza. Inarcò le sopracciglia, i suoi occhi diventarono rossi. Il suo
braccio lentamente si trasformò in una lama nera enorme, con la quale egli avrebbe diviso
l'ultimo suo ostacolo in molte metà. Si lanciò contro il suo avversario, non curandosi di
colpire i suoi alleati. L’ultimo sosia fu colto alla sprovvista dalla creatura e sopraffatto dopo
pochi colpi.
Tria aprì gli occhi; era pronto.
Si mostrò al nemico, che sembrava essersi dimenticato di lui.
Quest'ultimo si infuriò come non aveva mai fatto. Partì alla carica, ma il sacerdote era calmo.
Alzò il suo bastone al cielo, gridò alcune parole in un'antica lingua divina ed un fascio di luce
investì tutta la cattedrale. L'esercito di morti venne polverizzato prima che potesse arrivare a
colpire il bersaglio. Dopo pochi istanti la luce iniziò a sbiadire lentamente. Tria sorrise fra se.
Ma non era finita.
Dall'intenso chiarore emanato dal suo incantesimo vide un'ombra avvicinarsi e subito dopo
sentì una fitta al petto.
Si ritrovò scaraventato a terra proprio sotto l'altare. Il suo avversario era ancora vivo.
Tria alzò lo sguardo e vide la sua unica possibilità di salvezza: la sacra reliquia torreggiava
sopra di lui. Ma come avrebbe potuto prenderla, se soltanto i migliori stregoni sapevano
annullare l'incantesimo che la proteggeva?
Sorrise.
Il suo maestro era uno di quegli stregoni, ed in tempi passati gli aveva rivelato il segreto per
poter liberare l'arma dalle sue protezioni. Pronunciò l'incantesimo. La reliquia cadde a terra
provocando un suono che confuse il demone, facendolo disorientare per qualche secondo.
Tria si avvicinò ad essa; era bellissima, l'arma più maestosa che avesse mai visto.
La prese in mano. Subito sentì scorrere dentro di se un potere ineguagliabile,infinito.
Con quello avrebbe potuto distruggere il demone con uno schiocco di dita.
Aveva la potenza di un Dio.
Ma l'infinito potere divino non può avere dimora in un corpo mortale.
Immediatamente Tria iniziò a sentire che qualcosa non andava, il sangue cominciava a
bruciargli. Restò fulminato da quel potere e venne scaraventato a terra dalla parte opposta
della cattedrale. Non era morto, ma era allo stremo delle forze.
Il demone non si fece aspettare. Lo raggiunse con un agile salto. Inarcò le sopracciglia e i
suoi occhi diventarono rossi. Tria iniziò a levitare andando sempre più in alto, fino a fermarsi
vicino alle travi di legno del tetto. Il demone alzò una mano verso il sacerdote. Pronunciando
delle parole in un'antica lingua proibita, trasformò il suo braccio in una lancia e gli fece
prendere fuoco. Poi attirò a se la sua ascia e incendiò anche quest'ultima.
Inarcò le sopracciglia, i suoi occhi diventarono neri. Con un grido si lanciò contro il sacerdote
e, guardandolo negli occhi, trapassò il suo petto con le due lame infuocate. Il corpo cadde a
terra con un tonfo sordo, e il demone vi si lanciò sopra per distruggere una volta per tutte il
suo avversario. Lanciò un grido per esultare. Aveva vinto.

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