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4.5.3. Voluta 89
4.5.3.1. Voluta a pareti piane parallele 90
4.5.3.2. Voluta a pareti piane divergenti 90
4.5.3.3. Voluta a sezione circolare 91
4.6. Calcolo delle curve reali 91
4.6.1. Stima delle perdite 91
4.6.1.1. Perdite per ventilazione 91
4.6.1.2. Perdite per attrito 92
4.6.1.3. Perdite per urti 93
4.6.1.4. Girante 93
4.6.1.5. Diffusore 94
4.6.2. Curve caratteristiche reali e rendimento idraulico delle pompe 95
4.7. Cavitazione 97
4.7.1. Fenomenologia 97
4.7.2. Teoria della cavitazione 98
4.7.3. Il Net Positive Suction Head 99
4.7.4. Similitudine in cavitazione 100
4.7.5. L’effetto TSH (Thermodynamic Suppression Head) 101
4.7.6. Relazione fra NPSH e angolo di ingresso delle pale 102
4.8. Relazione fra numero di giri specifico e geometria della pompa 103
4.9. Progettazione del bordo di attacco 104
4.9.1. Determinazione del bordo di attacco che minimizza le perdite 104
4.9.2. Progettazione del bordo di attacco per minimo N P SH 105
4.10. Perdite di portata attraverso le tenute 106
4.11. Carichi radiali e assiali nelle turbopompe 107
4.11.1. Bilanciamento carichi radiali nella voluta a sezione circolare 108
4.11.2. Bilanciamento carichi assiali 108
4.12. Esempio: calcolo delle prestazioni di una pompa centrifuga 110
4.12.1. Le prestazioni di riferimento della girante 110
4.12.2. Test eseguiti sul programma 111
4.12.3. Calcolo delle prestazioni di riferimento 112
4.12.4. Cavitazione 114
4.12.5. Variazione dell’inclinazione delle pale 115
4.12.6. Effetto dello swirl 115
Bibliografia 117
I modelli matematici atti a descrivere il comportamento dei flussi di interesse nelle turbomacchine
possono essere classificati in diversi modi, che dipendono innanzitutto dal tipo di fluido considerato.
Il tipo di fluido determina le equazioni di stato del fluido, che permettono di mettere in relazione
tra loro le variabili che ne definiscono lo stato termodinamico, e le sue proprietà termodinamiche.
Una prima distinzione deve quindi essere fatta fra modelli per flussi compressibili (gas freddi
e caldi, vapori), definiti con buona approssimazione come quei flussi in cui il numero di Mach è
superiore a ∼0.3, da quelli per flussi incompressibili (liquidi, gas defluenti a bassa velocità), per i
quali il numero di Mach è inferiore a ∼0.3.
Una seconda distinzione può essere operata fra sistemi isotermi, ovvero sistemi per i quali la
temperatura può ritenersi costante, e sistemi non-isotermi per i quali è indispensabile ricorrere alle
leggi di bilancio dell’energia nelle sue varie forme per chiudere il sistema di equazioni di governo.
Inoltre bisognerà distinguere fra flussi descritti rispetto ad un sistema di riferimento inerziale1
(moto assoluto) da quelli espressi rispetto ad un riferimento in moto non inerziale, quale, ad esempio,
la girante della turbomacchina (moto relativo).
Ci sarà inoltre d’aiuto distinguere una descrizione microscopica dei bilanci di massa, quantità
di moto, energia che può ulteriormente essere distinta nella descrizione Euleriana e in quella La-
grangiana, da una descrizione macroscopica del sistema “turbomacchina” inteso nel suo assieme.
L’approccio macroscopico richiede l’introduzione di approssimazioni più forti di quelle normalmente
richieste dall’approccio microscopico. Offre però il vantaggio di descrivere il comportamento dell’in-
tero sistema mediante relazioni algebriche o modelli alle derivate ordinarie al contrario dell’approccio
microscopico che fornisce modelli basati su equazioni alle derivate parziali.
3
4 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
Dall’altra parte, nel campo dei liquidi, definiti come fluidi in cui la densità varia molto poco a
causa di variazioni di pressione (le variazioni sono poco più elevate di quelle che si hanno nei solidi),
in genere si considera la densità costante, e quindi l’equazione di stato si riduce a:
(1.5) ρ = costante
Questa approssimazione non è sempre valida: ad esempio per l’idrogeno liquido sottoposto ad elevate
pressioni bisogna tener conto della possibile variazione di densità. E’ anche il caso di liquidi sottoposti
a variazioni di temperatura, che hanno come conseguenza una variazione di densità. In questi casi,
non essendoci equazioni di stato per solidi e liquidi di validità generale come nel caso dei gas, e
ricordando ancora che il volume di solidi e liquidi varia poco con la pressione purché le variazioni
di pressione non siano troppo grandi, vengono definiti dei parametri che permettono di scrivere
un’equazione di stato approssimata, valida in un campo limitato di temperature e pressioni. Si
ricorre in questi casi ai coefficienti di espansione termica e di compressibilità isoterma:
1 ∂ρ
(1.6) α=− coefficiente di espansione termica
ρ ∂T p
1 ∂ρ
(1.7) β= coefficiente di compressibilità isoterma
ρ ∂p T
e integrando in un intorno di una condizione di riferimento la
∂ρ ∂ρ
(1.8) dρ = dp + dT
∂p T ∂T p
dopo aver diviso per ρ
dρ 1 ∂ρ 1 ∂ρ
(1.9) = dp + dT = βdp − αdT
ρ ρ ∂p T ρ ∂T p
si ottiene
(1.10) ρ = keβp−αT
con
(1.11) k = ρ̄e−β p̄+αT̄
(a) (b)
Gli stati di gas e liquido coprono buona parte del campo di esistenza dei fluidi, tuttavia esistono
regioni in cui il fluido si comporta diversamente da un gas ideale e da un liquido. Ciò accade in genere
1.1. EQUAZIONI DI STATO DEI FLUIDI 5
per valori molto elevati di pressione. Più precisamente quando la pressione del fluido è superiore a
quella critica. Osservando il diagramma di stato dell’idrogeno si individuano le diverse regioni.
Nei diagrammi di stato temperatura-pressione e entalpia-pressione (Fig. 1.1) si osserva nella
regione più a sinistra (basse temperature) la fase solida. Quindi la curva che separa gli stati solido e
liquido, la fase liquida, la curva di separazione tra gli stati liquido e vapore che va dal punto triplo
al punto critico e la zona di vapore o gas. Nel piano entalpia-pressione si può osservare l’estensione
delle regioni di transizione di fase (liquido-solido e liquido-vapore) che invece collassano in una linea
nel piano T-p. In entrambi i diagrammi si può osservare che per pressioni sufficientemente elevate e
in particolare se superiori a quella critica, la fase non è individuata né come solida, né come liquida,
né come gas o vapore, ma come “fluid” o “fluido supercritico”. E’ interessante notare che, passando
attraverso lo stato di fluido supercritico, è possibile passare dallo stato gassoso a quello liquido (o
viceversa) in maniera continua, senza attraversare una zona bifase.
Nel campo delle applicazioni degli endoreattori a propellente liquido i fluidi si trovano spesso in
condizioni di pressione e temperatura prossime o superiori a quelle critiche. In questo caso quindi
bisogna tener conto che il comportamento del fluido supercritico è diverso sia da quello dei liquidi
sia da quello dei gas e, man mano che lo stato si avvicina a quello critico, l’equazione di stato del
gas si allontana da quella dei gas ideali. In queste condizioni che riguardano la condizione di gas
“reale”, di vapore, di miscela liquido-vapore e di fluido supercritico, valgono altre equazioni di stato
che a seconda dei campi di applicazione assumono espressioni diverse. Equazioni di questo tipo sono
ad esempio le equazioni di Van der Waals:
ρRT
(1.12) p= − aρ2 (a,b, costanti del fluido)
1 − bρ
di Bettie-Bridgeman:
dove con pcr e Tcr sono indicate la pressionee la temperatura critica, o equazioni di stato più complesse
basate su un numero maggiore di coefficienti determinati sperimentalmente quale ad esempio la legge
di Benedict-Webb-Rubin [].
Lo scostamento dell’equazione di stato da quella dei gas ideali può essere misurato dal fattore
di compressibilità, indicato di solito con Z = p/(ρRT ). Ad esempio il comportamento di Z per
l’idrogeno al variare di pressione e temperatura è illustrato in Fig. 1.2a. Sono riportati i valori di
Z che indicano uno scostamento dell’1%, del 5% e del 10%. Si osserva quindi che l’equazione di
stato dei gas ideali approssima abbastanza bene il comportamento dell’idrogeno per temperature
abbastanza più elevate di quella critica (T & 100K) e pressioni anche largamente superiori a quella
critica nel campo delle alte temperature. La Fig. 1.2b, che mostra l’andamento della densità (in
kg/m3 ) al variare di pressione e temperatura, permette di osservare che effettivamente le variazioni
di densità nel campo liquido sono limitate anche per forti variazioni di pressione, sebbene l’idrogeno
sia il liquido con maggiore compressibilità.
Nello studio dei fluidi di interesse è quindi sempre importante sapere quanto le condizioni ope-
rative sono lontane da quella critica. Per questa ragione i valori delle variabili critiche di alcuni dei
più comuni propellenti impiegati negli endoreattori a propellente liquido sono riportati in Tab. 1.1.
6 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
(a) (b)
Tabella 1.1. Grandezze critiche per alcuni dei propellenti più comuni (i valori
dell’acqua sono riportati per confronto).
1.2.1. Equazione di conservazione della massa. Una particella di fluido con massa infini-
tesima dm, densità ρ e volume dV, tali che:
(1.15) dm = ρdV
1.2. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI ISOTERMI 7
∇·V ~ := 1 D (dV)
dV Dt
Dalla definizione, si ricava che la divergenza del campo è la velocità di variazione nel tempo del
volume della particella (dilatazione) lungo la sua traiettoria. Si ricava cosı̀ che:
Dρ ~ )dV = 0
dV + ρ(∇ · V
Dt
da cui si ottengono due forme equivalenti dell’equazione di conservazione della massa:
la forma Lagrangiana:
1 Dρ ~)
(1.16) = −(∇ · V
ρ Dt
che per un flusso a densità costante (incompressibile) suggerisce che:
(1.17) ~ =0
∇·V
ovvero che il flusso è a divergenza nulla.
la forma Euleriana:
Dρ ~)=0
(1.18) + ρ(∇ · V
Dt
in forma non conservativa. Da questa, applicando la definizione di derivata sostanziale, si
ottiene:
∂ρ ~
~ =0
+ V · ∇ρ + ρ ∇ · V
∂t
arrivando cosı̀ alla forma conservativa (differenziale):
∂ρ ~)=0
(1.19) + ∇ · (ρV
∂t
La forma Euleriana conservativa integrata sul volume V di un sistema esteso delimitato
dalla superficie S che ha normale esterna ~n, fornisce il risultato:
Z Z
∂ρ ~ )dV
dV = − ∇ · (ρV
∂t
V V
Z Z
∂ ~ · ~n)dS
ρdV = − ρ(V
∂t
V S
ovvero:
Z
∂ ~ · ~n)dS
(1.20) (m) = − ρ(V
∂t
S
2Si utilizza di seguito il simbolo D/Dt per la derivata sostanziale. In alcuni testi (p.es. [5]) si utilizza per lo stesso
significato il simbolo D/dt, consistente con l’approccio seguito per la manipolazione delle equazioni differenziali.
8 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
dove: Z
m= ρdV
V
ovvero che la massa totale del sistema racchiuso nel volume V può variare nel tempo
solamente a seguito di un flusso di massa netto non nullo attraverso il bordo S di V.
1.2.2. Equazioni del moto. La legge di Newton (2a legge della dinamica) applicata ad una
particella di massa elementare dm, accelerazione ~a e soggetta ad una forza dF~ fornisce la relazione:
dF~vol = ~g dm = ~g ρdV
Se il campo gravitazionale è conservativo allora ammette l’esistenza di una funzione potenziale
φ tale che:
φ = |~g | z
~g = −∇φ
In tal caso le forze di volume potranno scriversi come:
(1.23) dF~vol = ~g dm = −∇φρdV
Per ottenere l’espressione dell’accelerazione resta quindi da determinare il termine dF~sup /dV,
come descritto nel prossimo paragrafo.
Forze di superficie
La forza dF~sup agente su una faccia di area dS con normale ~n è definita come:
~
~n := dFsup = σ~n + τ ~t
S
dS
In base a questa definizione si possono ricavare gli sforzi riferiti alle facce del volumetto di
controllo che hanno normali lungo le direzioni degli assi del sistema di riferimento x, y e z, individuati
dai versori ~i, ~j, e ~k rispettivamente:
~x = σx~i + τxy~j + τxz~k
S
~y = σy~j + τyx~i + τyz~k
S
~z = σz~k + τzx~i + τzy~j
S
Si può dimostrare che dF~sup può essere calcolato tramite la relazione:
La forza S~n agente su una faccia del volumetto di controllo si può calcolare a partire dal tensore
degli sforzi tramite le relazioni:
~n = ~n · Π = Π · ~n
S
in quanto il tensore degli sforzi è simmetrico. Le tensioni σn e τij possono essere ricavate da S ~n
tramite le relazioni:
~n · ~n
σ = ~n · Π · ~n = S
~n · ~t
τ = ~n · Π · ~t = S
Poiché per flussi non viscosi, i termini fuori diagonale di Π sono identicamente nulli, si ha che i
valori sulla diagonale principale sono tutti eguali a pari alla pressione termodinamica p:
Π = −σI = −pI
Il legame esistente fra sforzi e deformazioni in un fluido Newtoniano, si può esprimere tramite le
relazioni:
Π = −τ − pI
con:
1 ~ )I
τ = −2µ Ψ − (∇ · V
3
in cui µ è la viscosità dinamica del fluido, ed il tensore simmetrico di deformazione (tensore di
stretching) Ψ è definito come il tensore simmetrico3:
1h ~ ~ )T
i
Ψ= ∇V + (∇V
2
che rappresenta la parte simmetrica del tensore ∇V ~.
~
Riassumendo, dFsup /dV si può determinare mediante la seguente sequenza di passaggi:
dF~sup
= ∇·Π
dV
2 ~
= ∇ · 2µΨ − ∇ · µ(∇ · V )I − ∇ · pI
3
2 ~
= ∇ · 2µΨ − ∇ · µ(∇ · V )I − ∇p
3
= −∇ · τ − ∇p
ovvero:
dF~visc
= −∇ · τ
dV
dF~pres
= −∇p
dV
Se si introduce il simbolo f~ tale che:
dF~visc
f~ =
ρdV
si ha che l’espressione più generale delle forze di superficie è:
dF~sup
(1.26) = ρf~ − ∇p
dV
In particolare poi, si può verificare che per flussi con viscosità variabile, si ha:
dF~visc
~ 2 ~ 2~ 1 ~
ρf = = −∇ · τ = (∇µ) · 2Ψ − (∇ · V )I + µ ∇ V + ∇(∇ · V )
dV 3 3
Se la viscosità è costante, si ha che il gradiente della viscosità ∇µ è identicamente nullo e quindi
~ 2~ 1 ~
ρf = µ ∇ V + (∇ · V )
3
Se anche la densità è costante , si ha che la divergenza di V ~ è nulla e quindi:
µ 2~
ρf~ = µ∇2 V
~ ⇒ f~ = ∇ V = ν∇2 V ~
ρ
dove ν è la viscosità cinematica del fluido. Si ottiene cosı̀ che le forze di superficie per flussi
incompressibili e a viscosità costante possono essere valutate con la relazione:
dF~sup ~ − ∇p
= µ∇2 V
dV
Espressioni delle equazioni del moto
Sostituendo (1.22), (1.23) e (1.26) in (1.21), si arriva alla valutazione dell’accelerazione lineare
della particella:
1 dF~
~a =
ρ dV
1
= f~ − ∇p − ∇φ
ρ
ovvero:
1
(1.27) ~a = f~ − ∇p − ∇φ
ρ
Da questa espressione si deduce che la particella può variare la sua velocità a causa dell’azione
combinata o isolata degli sforzi di attrito, delle forze di pressione e dall’azione baroclinica della
gravità.
L’accelerazione della particella in un campo di flusso si può ricavare come derivata sostanziale
della velocità della particella stessa:
D ~ ∂ ~
~ ·∇ V~
(1.28) ~a = (V ) = (V )+ V
Dt ∂t
1.2. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI ISOTERMI 11
e quindi si ha che l’equazione del moto può scriversi in diverse forme a seconda se l’accelerazione
viene espressa in forma Lagrangiana o Euleriana.
Sostituendo le diverse espressioni dell’accelerazione (1.28) nella relazione (1.27), si ottengono le
equazioni del moto:
D ~ ∂ ~
~ ·∇ V~ = f~ − 1 ∇p − ∇φ
(1.29) ~a = (V ) = (V )+ V
Dt ∂t ρ
valide per flussi viscosi e compressibili (equazioni di Navier-Stokes), che possono essere espresse nelle
forme:
D ~ 1
(V ) = f~ − ∇p − ∇φ
Dt ρ
∂ ~
~ ·∇ V
~ + f~ − 1 ∇p − ∇φ
(V ) = − V
∂t ρ
Se f~ è nulla, ovvero se il flusso è non viscoso, si ottiene:
D ~ 1
(V ) = − ∇p − ∇φ
Dt ρ
∂ ~
~ ·∇ V~ − 1 ∇p − ∇φ
(V ) = − V
∂t ρ
I due termini a secondo membro possono essere accorpati in virtù dell’identità:
p ∇p p ∇ρ ∇p p p ∇ρ
∇ = − ⇒ =∇ +
ρ ρ ρ ρ ρ ρ ρ ρ
per ottenere:
D ~ p p ∇ρ
(V ) = −∇ +φ −
Dt ρ ρ ρ
∂ ~
~
~ p p ∇ρ
(V ) = − V · ∇ V − ∇ +φ −
∂t ρ ρ ρ
Qualora il flusso fosse incompressibile (a densità costante), si pensi al flusso di un liquido per
esempio, si otterrebbero le relazioni:
D ~ p
(V ) = −∇ +φ
Dt ρ
∂ ~
~ ·∇ V~ −∇ p
(V ) = − V +φ
∂t ρ
Le equazioni del moto possono scriversi nella forma dovuta a Lamb, se si esprime l’accelerazione
in funzione del gradiente dell’energia cinetica e del rotore di velocità:
V2
∂ ~
~ ·∇ V~ = ∂ (V
~)+∇
~ × ∇×V
~
(1.30) ~a = (V )+ V −V
∂t ∂t 2
per ottenere:
V2
∂ ~ ~ − ∇p + f~
(V ) + ∇ +φ ~ × ∇×V
=V
∂t 2 ρ
oppure
12 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
V2 p
~ − p ∇ρ + f~ − ∂ (V
∇ + +φ =V ~ × ∇×V ~)
2 ρ ρ ρ ∂t
Il termine in parentesi tonda a primo membro rappresenta l’energia totale, specifica all’unità di
massa, del fluido. Si può subito notare che per un flusso stazionario, non viscoso, incompressibile
ed irrotazionale, l’energia totale è costante nello spazio (nel tempo si è assunta costante per via
dell’ipotesi di stazionarietà). E’ questa una forma del teorema di Bernoulli che vedremo in seguito.
~
∂V
~ ·∇ V ~ + −∇ · τ − ∇p − ρ∇φ
= −ρ V
ρ
∂t
e la derivata temporale della densità ricavata dall’equazione di conservazione della massa
∂ρ
~ − ∇ρ · V
~
= −ρ ∇ · V
∂t
si ottiene:
∂ ~
~ ·∇ V
~ + −∇ · τ − ∇p − ρ∇φ − ρ ∇ · V
~ V ~ − ∇ρ · V
~V~
ρV = −ρ V
∂t
E poiché vale l’identità tensoriale:
∇ · ρV~V~ =ρ V ~ ·∇ V~ +ρ ∇·V~ V~ + ∇ρ · V
~V~
si ricava:
∂ ~
~V
~ = −∇ · τ − ∇p − ρ∇φ
(1.31) ρV + ∇ · ρV
∂t
Se si integra la precedente espressione sul volume occupato dal fluido si ha:
Z I I I I
(1.34) ∇ · ΠdV = ~n · ΠdS = ~n dS =
S −p~ndS + τ ~tdS
V S S S S
I due integrali curvilinei rappresentano il contributo alla variazione della quantità di moto del
fluido dovuta all’azione congiunta degli sforzi normali e tangenziali agenti sulla superficie che delimita
il volume occupato dal fluido.
Poiché vale l’identità:
Questa relazione evidenzia che non si riesce a trasformare per intero il terzo integrale di volume
in integrali di superficie perché l’ultimo termine della espressione precedente è anch’esso un integrale
di volume.
Il bordo di V, ovvero S, può essere decomposto in tre zone, a seconda se il flusso entri nel volume,
S1 , esca dal volume, S2 , o fluisca tangente ad una parete che contorna il volume, Sw . Perciò S è
ottenibile come l’unione di queste tre zone: S = S1 +S2 +Sw . Gli integrali di superficie sono pertanto
costituiti da tre contributi: quello della parte in cui entra il flusso, quello della parte in cui esce il
flusso, e quello delle eventuali pareti solide che contornano il volume V.
Il vettore F~ , cosı̀ definito:
Z
~ −p~n + τ ~t dS
F =
Sw
rappresenta le forze che le pareti esercitano sul fluido, e si può calcolare in virtù dei risultati
(1.32)−(1.35) come:
Z Z Z Z
∂ ~ dV − ~G
F~ = ~ dṁ − ~ dṁ − −p~n + τ ~t dS −
(1.36) V V ρV
∂t
S2 S1 S−Sw =S1 +S2 V
∂
(•) = 0
∂t
ed inoltre per i liquidi si ha che la densità è costante spazialmente e quindi il gradiente della densità
è nullo:
∇ρ = 0
Il contributo di ~G è, in generale, di piccola entità sia per liquidi sia per gas e quindi si può trascurare.
In conclusione F~ può calcolarsi, in buona approssimazione, come:
14 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
Z Z Z
F~ = ~ dṁ − ~ dṁ − −p~n + τ ~t dS
(1.37) V V
S2 S1 S−Sw =S1 +S2
DV~
D 1~ ~
D 1 2
~ dt · ρ
dEmec = V dV = ρ V · V dtdV = ρ V dtdV
Dt Dt 2 Dt 2
Sostituendo l’equazione del moto in luogo dell’accelerazione si ottiene:
h i
~ dt · −∇p + ρf~ − ρ∇φ dV =
dEmec = V
D V2
h
i
~ ~ ~
= − V · ∇p − V · ∇ · τ + ρ V · ~g dtdV = ρ dtdV
Dt 2
La variazione di energia cinetica di particella è valutabile perciò come:
V2
D
~ − p −∇ · V
~ −∇· τ ·V
~ − −τ : ∇V
~ +ρ V~ · ~g
(1.38) ρ = −∇ · pV
Dt 2
L’ultimo termine può essere valutato come segue:
~ · ∇φ = −ρ Dφ + ρ ∂φ
ρ V~ · ~g = −ρ V
Dt ∂t
Se il campo è stazionario l’ultimo addendo è nullo, ed allora si può accorpare la derivata totale
del potenziale gravitazionale insieme alla derivata totale dell’energia cinetica onde ottenere:
(2) lavoro forze di pressione convertibile in energia interna reversibile, che è diverso da zero solo
nel caso di flusso comprimibile (∇ · V~ 6= 0), e in presenza di forti compressioni o espansioni
(urti, espansioni centrate, ecc.):
Z
− p ∇·V ~ dV
V
(3) lavoro forze viscose sulle superfici, che può essere positivo o negativo:
Z I
− ∇· τ ·V ~ dV = − τ · V ~ · ~n dS
V S
1.3. BILANCI MACROSCOPICI DI SISTEMI ISOTERMI 15
(4) contributo sempre positivo che rappresenta la dissipazione di energia meccanica dovute
all’azione degli sforzi viscosi (processo irreversibile) in calore (in flussi ad alta velocità, in
lubrificazione, ecc.):
Z
− τ : ∇V~ dV > 0
V
Poiché sia il contributo (2) sia il (4) possono variare la temperatura del sistema, la definizione di
sistema isotermo deve essere intesa in senso debole, ovvero si considera isotermo un sistema in cui le
variazioni di temperatura eventualmente causate dagli effetti (2) e (4) siano in prima approssimazione
trascurabili.
d ∂f
Z Z I
(1.40) f dV = dV + f V ~S · ~ndS
dt ∂t
V V S
dove V~S indica la velocità con cui si muove la superficie S. Se il volume di riferimento è quello del
sistema macroscopico appena descritto si ha quindi che l’integrale superficiale è diverso da zero solo
lungo le superfici mobili. La relazione che verrà usata nel seguito è quindi la:
∂f d
Z Z Z
(1.41) dV = f dV − ~S · ~ndS
fV
∂t dt
V V Sw,m
1.3.2. Bilancio macroscopico di conservazione della massa del sistema. La massa totale
del sistema si può calcolare con l’integrale di volume:
Z
(1.42) mtot = ρdV
V
Si può valutare la variazione nel tempo della massa totale in funzione dei flussi entranti e uscenti
nel e dal sistema integrando l’Eq.(1.19) sul volume V occupato dal fluido nel sistema macroscopico,
in modo simile a quello già visto in precedenza nell’Eq.(1.20):
Z Z
∂ρ ~ )dV = 0
(1.43) dV + ∇ · (ρV
∂t
V V
d
Z Z Z
(1.45) ρdV + ~ · ~ndS +
ρW ~ · ~ndS = 0
ρV
dt
V Sw,m S1 +S2 +Sw,f
avendo indicato con W ~ = V ~ −V ~S la velocità del fluido relativa alle superfici mobili. E’ evidente
che su tutte le pareti gli integrali superficiali si annullano e quindi applicando le ipotesi di bilancio
macroscopico l’espressione si semplifica poiché le sole superfici interessate da flusso di massa sono le
sezioni S1 ed S2 .
d
(1.46) (mtot ) = −ρ2 V2 S2 + ρ1 V1 S1
dt
1.3. BILANCI MACROSCOPICI DI SISTEMI ISOTERMI 17
dove il valore univoco di velocità e densità deriva dall’ipotesi di flusso monodimensionale4 nelle
sezioni S1 ed S2 . La portata di massa che attraversa la superficie di area S si può quindi calcolare
come:
Z
ṁ = ρV dS
S
(1.47)
oppure, ṁ = ρ < Ṽ > S (seguendo la trattazione di [6])
oppure, ṁ = ρV S (nell’ipotesi di flusso monodimensionale)
Nella trattazione successiva si farà costantemente riferimento alle ipotesi di [6] e riportate nella nota.
Infine, si introduce l’operatore ∆ (•) definito come:
d
(1.48) (mtot ) = −∆ṁ
dt
Se il problema è stazionario si ricava dunque, molto semplicemente, che:
Z T „ Z «
1 1
Media spaziale e temporale: < f˜ >= f (~
x; t)dS dt
T 0 S S
Z
ρf (~
x; t) V (~
x; t)dS
S
Media rispetto alla portata attraverso una superficie S: fˆ = Z
ρV (~x; t)dS
S
18 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
integrando l’Eq.(1.31) sul volume V di fluido contenuto nel sistema e quindi applicando le ipotesi di
bilancio macroscopico (si veda [6]). Si ottiene innanzitutto:
Z Z Z Z
∂ ~
~ ~
(1.51) ρV dV + ∇ · ρV V dV = −∇ · τ − ∇p dV − ρ∇φ dV
∂t
V V V V
e quindi trasformando il secondo integrale di volume in integrale di superficie e utilizzando le
Eq.(1.41,1.50):
dP~tot
Z Z Z Z
~ ~ ~ ~
(1.52) − ρV (VS · ~n)dS + ρV (V · ~n)dS = − τ · ~n + p~n dS + ~g ρ dV
dt
Sw,m S S V
ovvero:
dP~tot
Z Z Z
~ (W
~ · ~n)dS + ~ (V
~ · ~n)dS = −
(1.53) + ρV ρV τ · ~n + p~n dS + mtot~g
dt
Sw,m S1 +S2 +Sw,f S
dove il primo integrale di superficie e il contributo di Sw,f al secondo sono evidentemente nulli.
Infine, se si raccolgono le forze di superficie che il fluido esercita sulle pareti, indicate con F~ :
Z Z
~ ~ ~
F = Fvisc + Fpress = τ · ~ndS + p~ndS
Sw Sw
si ottiene:
P ressioni agenti F orze agenti
sulle sezioni In/Out sulle pareti del
Variazione quantità di moto In/out sistema F orza di V olume
dP~tot
z }| { z
}| { z}|{ z }| {
(1.54) 2 ~ 2 ~ ~ ~
= ρ1 < Ṽ1 > S1 − ρ2 < Ṽ2 > S2 + p1 S1 − p2 S2 − F~ + mtot~g
dt | {z }
F orze agenti sul sistema
Il vettore ~S = ±S~n è diretto come la normale esterna media ma orientata come ~n nella sezione di
uscita e in verso opposto nella sezione di ingresso ed ha modulo pari al valore dell’area della sezione
stessa. Nell’equazione ottenuta è stato trascurato il contributo della forza d’attrito τ ·~n sulle superfici
S1 e S2 , in quanto esso assume valori significativi solo in prossimità di pareti solide.
Con le notazioni introdotte in precedenza si può riscrivere il bilancio macroscopico di conserva-
zione della quantità di moto come:
d ~ h i
(1.55) Ptot = −∆ (ρ < Ṽ 2 > +p)~S + mtot~g − F~
dt
Se il problema è stazionario, allora si può calcolare la forza che il fluido esercita sulle pareti che
circondano il sistema:
h i
(1.56) F~ = −∆ (ρ < Ṽ 2 > +p)~S + mtot~g
La funzione ρ < Ṽ 2 > +p è denominata “spinta della corrente” (stream thrust). Questa relazione
permette di trovare risposte a problemi pratici molto importanti quali ad esempio il calcolo della
reazione del fluido su una paletta di pompa o turbina, o sul gomito di una tubazione.
1.3.4. Bilancio macroscopico dell’energia meccanica di un sistema isotermo. Anche
la legge che esprime il bilancio macroscopico dell’energia meccanica può essere ricavata integrando
sul volume che definisce il sistema la corrispondente espressione del bilancio microscopico (1.39). Si
definisce a questo scopo l’energia meccanica totale del sistema come:
V2
Z
(1.57) Emec,tot = ρ φ + dV
2
V
1.3. BILANCI MACROSCOPICI DI SISTEMI ISOTERMI 19
Integrando sul volume di controllo la (1.39) e utilizzando l’equazione di continuità (1.19) si ottiene:
V2 V2
Z Z
∂ ~
(1.58) φ+ dV + ∇ · ρV φ + dV =
∂t 2 2
V V
Z Z Z Z
~ ~
− ∇ · pV dV + p ∇ · V dV − ∇ · τ · V dV − ~ −τ : ∇V ~ dV
V V V V
◦ la potenza convertita in energia interna, trasformata in modo reversibile (è presente solo
~ 6= 0):
nel caso di flussi comprimibili, quando ∇ · V
Z
(1.62) Ėc := − p ∇ · V ~ dV
V
◦ la potenza meccanica dissipata a causa degli attriti (perdita di energia meccanica nell’unità
di tempo), si tratta di un termine sempre positivo:
Z
(1.63) Ėv := ~ dV > 0
−τ : ∇V
V
A questo punto restano da esaminare soltanto gli integrali superficiali. Il primo, quello riguardante
energia cinetica e potenziale, porta ad un risultato simile a quello ottenuto nelle precedenti equazioni
di bilancio, facendo ricorso all’ipotesi di flusso monodimensionale su S1 e S2 . Per quanto riguarda
il secondo e il terzo, questi rappresentano il lavoro compiuto dalle forze di pressione ed attrito
sulle superfici. Questo è nullo sulle pareti fisse, mentre assume valori non nulli su S1 , S2 e Sw,m .
Trascurando il contributo di τ su S1 e S2 si ha che moltiplicando e dividendo per ρ si ottiene dalle
forze di pressione un’espressione dello stesso tipo di quella presente per k e φ:
Z Z
~ · ~n p dS
(1.64) p V ~ · ~n dS = ρ V
ρ
S S
20 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
Il lavoro delle forze di pressione e d’attrito compiuto sulle superfici mobili nell’unità di tempo è pari
all’integrale rimanente, quello su Sw,m :
Z
~ dS
(1.65) Ẇ := p~n + τ · ~n · V
Sw,m
Con le definizioni date la forma macroscopica del bilancio di energia meccanica si scrive:
" ! #
d d 1 < Ṽ 3 > p̂
(1.66) (Emec,tot ) = (Ktot + φtot ) = −∆ + φ̂ + ṁ − Ẇ − Ėv − Ėc
dt dt 2 < Ṽ > ρ
Questa forma è molto simile a quella del bilancio di energia meccanica, ma il termine Ėc non è
più presente cosı̀ come p/ρ. Questi termini sono sostituiti da Atot e g. Si osserva però che mentre
l’equazione di bilancio dell’energia meccanica è una conseguenza del bilancio di quantità di moto,
la forma di bilancio dell’energia espressa in termini di A e g è proprio un’equazione di bilancio
dell’energia. Per ottenerla è infatti necessario introdurre il principio di conservazione dell’energia
espresso attraverso il primo e secondo principio della termodinamica (in questo caso dall’espressione
dg = dp/ρ).
1.3. BILANCI MACROSCOPICI DI SISTEMI ISOTERMI 21
Se il problema è stazionario si può ricavare il lavoro specifico per unità di massa scambiato dal
sistema con l’esterno (tramite opportuni organi con pareti mobili: ad esempio palettature rotanti in
una turbomacchina):
Ẇ 1 2 Ėv
(1.68) = −∆ < Ṽ > +φ̂ + ĝ −
ṁ 2 ṁ
che si può riscrivere esplicitando i tre contributi:
Ẇ 1 2
h i Ėv
= −∆ < Ṽ > − ∆ φ̂ − ∆ [ĝ] −
ṁ 2 ṁ
Vediamo come si può valutare il termine di variazione dell’entalpia libera, distinguendo il caso
del flusso comprimibile e incomprimibile:
Caso del flusso comprimibile:
È stato già ricordato che nel caso isotermo (dT = 0):
dp
dg =
ρ
Se il fluido è un gas ideale si ha che lungo un processo che colleghi lo stato (1) allo stato (2), la
variazione totale di entalpia libera vale:
Z 2 Z 2
dp p̂2
∆ [ĝ] = dĝ = = RT log
1 1 ρ p̂1
Se le perdite sono nulle (Ėv = 0) e il lavoro scambiato con l’esterno è anch’esso nullo (Ẇ = 0), si
ottiene il teorema di Bernoulli per flussi compressibili e per sistemi macroscopici isotermi:
1 2 p̂2
(1.69) ∆ < Ṽ > + ∆[φ̂] + RT log =0
2 p̂1
Caso del flusso incomprimibile:
Lungo un processo che colleghi lo stato (1) allo stato (2) si ha che la variazione totale di entalpia
libera, a densità costante, vale:
Z 2 Z 2
dp̂ ∆[p̂]
∆ [ĝ] = dĝ = =
1 1 ρ̄ ρ̄
Si faccia attenzione che il significato fisico del termine (dp/ρ) è alquanto diverso qualora si pensi
attribuito ad un flusso compressibile o ad un liquido. Per un gas (dp/ρ) rappresenta un’energia di
compressione ovvero un’energia legata alla possibilità che il gas faccia o subisca un lavoro (reversibile)
definito dal termine p(∆V) non nullo, che rappresenta la conversione di energia meccanica in energia
interna.
Nel caso di un liquido, la densità costante implica che la divergenza è nulla ovunque, ovvero che
il liquido non è in grado di variare la sua energia interna, perciò (∆p/ρ̄) in un liquido rappresenta
un’energia di pressione essenzialmente di natura idrostatica.
Per un flusso incompressibile isotermo si ottiene dunque:
1 2 p̂
(1.70) 0 = −∆ < Ṽ > +φ̂ + ṁ − Ẇ − Ėv
2 ρ̄
~ =
che è l’equazione di bilancio dell’energia meccanica con Ėc = 0 (come si ottiene considerando ∇· V
0).
Se le perdite sono nulle (Ėv = 0) e il lavoro scambiato con l’esterno è anch’esso nullo (Ẇ = 0),
si ottiene il teorema di Bernoulli per flussi incompressibili isotermi:
1 2 p̂
(1.71) ∆ < Ṽ > +φ̂ + =0
2 ρ
22 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
1.3.6. Relazione fra grandezze micro e macroscopiche. Riprendendo le relazioni tra gran-
dezze micro e macroscopiche, osserviamo che il lavoro scambiato con l’esterno dal sistema necessita la
presenza di supefici mobili lambite dalla corrente fluida, e che si possono individuare due contributi
al lavoro Ẇ , uno legato alle forze viscose e l’altro alle forze di pressione:
Z
Ẇpress = p V ~ · ~n dS
Sw,m
Z
Ẇvisc = τ· V~ · ~n dS
Sw,m
Si consideri ora uno spostamento infinitesimo d~r qualsiasi non coincidente con d~r∗ , che individua
un punto Q nell’intorno di P . Tra il punto P e Q le variazioni delle variabili di stato possono essere
stimate con le relazioni seguenti:
ds = (d~r · ∇) s
dh = (d~r · ∇) h
dp = (d~r · ∇) p
Sostituendo queste relazioni in Eq. (1.73), si ottiene:
1
T (d~r · ∇) s = (d~r · ∇) h − (d~r · ∇) p
ρ
Tale relazione deve essere valida per qualsiasi d~r diverso da d~r∗ :
1
d~r · T ∇s − ∇h + ∇p = 0
ρ
Si ottiene cosı̀ una relazione fra i gradienti spaziali delle variabili di stato valida nell’intorno di
P ad un tempo t fissato:
24 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
1
(1.74) T ∇s = ∇h − ∇p
ρ
Si osservi che non si riesce a valutare questa relazione se non si conosce la storia di tutte le
particelle che attraversano l’intorno di P . In linea di principio, infatti, ogni particella potrebbe
possedere un’entropia diversa dalle altre, e quindi non è possibile calcolare il gradiente entropico in
forma chiusa.
1.4.1.2. Trattazione Lagrangiana. Vediamo invece cosa succede alla particella lungo una linea di
corrente, ovvero come variano le grandezze termodinamiche di stato passando dal punto P al punto
P 0 che appartengono ad una medesima linea di corrente, ovvero:
P 0 = P + d~r∗ = P + V ~ dt
In tal caso la particella di massa dm costituisce un sistema chiuso nel quale la massa è costante
nel tempo. Non è però un sistema isolato, perché la particella può scambiare calore con le altre
particelle.
I differenziali delle variabili di stato lungo la linea di corrente si ottengono proiettando i gradienti
delle medesime variabili lungo il vettore che conginuge P con P 0 . Introducendo l’operatore:
d0 s = (d~r∗ · ∇) s
d0 h = (d~r∗ · ∇) h
d0 p = (d~r∗ · ∇) p
e pertanto il primo principio lungo la linea di corrente si può scrivere:
1
(1.75) T d0 s = d0 h − d0 p
ρ
Sia d0 q il calore scambiato dalla particella tra il punto P e P 0 . In tal caso,:
d0 q = T d0 s
Lo scambio di calore è dovuto essenzialmente alla trasmissione di calore, d0 q0 , fra particella e
particella, e alla presenza di fenomeni viscosi il cui lavoro viene dissipato in calore, d0 qf . Pertanto se
il flusso è adiabatico d0 q0 = 0, e se è non viscoso d0 qf = 0. Quando il flusso è viscoso si può calcolare
d0 qf tramite la relazione:
1
d0 qf = −d~r∗ · f~ = −dt V~ · f~ dove f~ = − ∇ · τ
ρ
Il primo principio lungo una linea di corrente si scrive perciò:
~ · f~ = d0 h − 1 d0 p = T d0 s
(1.76) d0 q0 + d0 qf = d0 q0 − dt V
ρ
1.4.2. Primo principio ed equazioni del moto per un flusso compressibile. Si conside-
rino le equazioni del moto della particella fluida (Eq. (1.29)):
DV~ ∇p ~
=− + f − ∇φ
Dt ρ
Si può sostituire al gradiente di pressione la combinazione fra gradienti di entalpia ed entropia
trovata applicando il primo principio nell’intorno della particella fluida, Eq. (1.74), per ottenere:
1.4. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI NON ISOTERMI 25
DV~
= − (∇h − T ∇s) + f~ − ∇ (φ)
Dt
DV~
= − (∇h + φ) + f~ + T ∇s
Dt
ed inoltre si può scrivere l’accelerazione della particella nella forma alla Lamb (Eq. 1.30) per ricavare:
~
∂V
V2
(1.77) +∇ +φ −V ~ ) = − (∇h − T ∇s) + f~
~ × (∇ × V
∂t 2
Perciò per un flusso compressibile, viscoso, diabatico, rotazionale, si ottiene che:
(1.78)
2
V ∂V~
∇
h + φ +
~
= V × (∇ × ~ ) + T ∇s + f~ −
V
2 | ∂t
|{z}
|{z} {z } | {z } |{z}
energia termica energia potenziale
|{z} rotazionalità viscosità
|{z}
e di compressione gravitazionale energia non stazionarietà
cinetica
| {z }
entalpia totale htot del gas
ovvero che l’entalpia totale htot del fluido definita come somma dei contributi di energia termica, di
compressione, gravitazionale e cinetica:
V2 p V2
(1.79) htot = |{z}
h +φ + = |{z}
u + +φ+
2 ρ 2
dh=cp dT du=cv dT
da cui:
=g
z p}| {
V2 ~
~ ) + f~ − ∂ V
~
∇ u + − T s + + φ = V × (∇ × V
ρ 2 ∂t
| {z }
=gtot
V2
(1.80) gtot = g + φ +
2
Dalle precedenti relazioni si ricava che gtot è uniforme spazialmente se il flusso compressibile
isotermo è per di più irrotazionale, non viscoso e stazionario.
26 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
~ 2
∂V
+∇
V
+φ =V ~ ) − ∇p + f~
~ × (∇ × V
∂t 2 ρ
~
∂V
p V 2
+∇ + +φ =V ~ × (∇ × V ~ ) + f~
∂t ρ 2
Da quest’ultima possiamo dedurre la definizione di pressione totale del liquido che è costituita
dall’energia di pressione (idrostatica), dall’energia gravitazionale e dall’energia cinetica, e compren-
dere quali sono i processi che possono alterare la distribuzione spaziale di pressione totale. La
relazione:
p V2 ∂V~
∇
+ φ +
~
=V × ∇ × ~ + f~ −
V
ρ |{z} 2 | {z } |{z} ∂t
|{z} energia potenziale
|{z} rotazionalità viscosità
|{z}
energia di gravitazionale energia non stazionarietà
|pressione cinetica
{z }
energia totale ptot /ρ del liquido
mostra chiaramente che l’energia totale del liquido, ptot /ρ, definita come:
ptot p V2
(1.81) = +φ+
ρ ρ 2
può variare a seguito della presenza di strutture rotazionali (vortici), della viscosità (strati limiti) e
della non stazionarità del flusso. Si noti che, sebbene per un liquido sia definita un’energia interna
associabile alla temperatura (può infatti essere più o meno caldo, ovviamente), esso non è capace di
convertire la sua energia termica in lavoro non essendo comprimibile.
1.4.4. Conservazione entalpia, entalpia libera e pressione totali lungo una traietto-
ria. Ora possiamo definire i bilanci di energia lungo le linee di corrente facendo il prodotto scalare
dello spazio percorso dalla particella in un intervallo di tempo infinitesimo dt con l’equazione del
moto:
" #
∂ ~
V h i
d~r∗ · + ∇htot = d~r∗ · V ~ ) + T ∇s + f~
~ × (∇ × V
∂t
" #
∂ ~
V h i
~ dt ·
V ~ dt · V
+ ∇htot = V ~ ) + T ∇s + f~
~ × (∇ × V
∂t
Effettuando il prodotto scalare della velocità per ognuno dei temini dell’equazione, si ottiene:
∂ 1 2
V dt + d0 htot = T d0 S + V~ · f~ dt
∂t 2
Sostituendo l’espressione del primo principio scritta lungo la linea di corrente
1.4. BILANCI MICROSCOPICI DEI SISTEMI NON ISOTERMI 27
T d0 s + dt V~ · f~ = d0 q0
si ha:
0 0 ∂ 1 2
(1.82) d htot = d q0 − V dt
∂t 2
Pertanto l’entalpia totale per un flusso compressibile e non isotermo è costante se il sistema è
adiabatico e stazionario.
Analogamente per un flusso compressibile ed isotermo si può scrivere:
" #
∂ ~
V h i
d~r∗ · + ∇gtot = d~r∗ · V ~ ) + f~
~ × (∇ × V
∂t
" #
∂ ~
V h i
~ dt ·
V ~ dt · V
+ ∇gtot = V ~ ) + f~
~ × (∇ × V
∂t
da cui:
~ · f~ dt − ∂ 1 V 2 dt
(1.83) d0 gtot = V
∂t 2
Pertanto l’entalpia libera totale per un flusso compressibile ed isotermo è costante se il sistema
è non viscoso e stazionario.
Infine per un flusso incompressibile si ottiene:
" #
∂V~
ptot h i
∗
d~r · +∇ = d~r∗ · V ~ ) + f~
~ × (∇ × V
∂t ρ
" #
∂ ~
V
ptot
h i
V~ dt · +∇ =V ~ dt · V~ ×∇×V~ + f~
∂t ρ
da cui:
2
ptot
~ · f~ dt − ∂ V
(1.84) d0 = V dt
ρ ∂t 2
L’energia totale per un flusso incompressibile è costante se il sistema è non viscoso e stazionario.
1.4.5. Bilancio dell’energia interna in un volume elementare. Vediamo come si conserva
l’energia in un volumetto, nell’intorno della particella considerata. Si può dimostrare che vale la:
V2
∂ 1 2 ~
~ · ~g − ∇ · pV
h
~ −∇· τ ·V
~
i
ρ u+ V = −∇ · ρV u + − ∇ · ~q + ρ V
∂t 2 2
ovvero:
D 1 2
~ · ~g − ∇ · pV
h
~
~ −∇· τ ·V
i
(1.85) ρ u+ V =− ∇ · ~q + ρ V
Dt 2 | {z } | {z } | {z } | {z }
f lusso termico
lavoro f orze lavoro f orze lavoro f orze
gravitazionali di pressione viscose
La variazione nel tempo della somma di energia cinetica e interna nel volume di controllo è
controllata dal flusso termico che attraversa le pareti del volumetto, dal lavoro delle forze di gravità,
delle forze di pressione e viscose.
28 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
si ottiene l’equazione di conservazione per la sola energia interna di natura termica (du = cv dT ):
Du
~ − (τ : ∇V ~)
ρ =− ∇ · ~q − p ∇·V
Dt | {z } | {z } | {z }
Calore scambiato Dissipazione
con lesterno lavoro f orze
di pressione viscosa
Il lavoro di compressione delle forze di pressione è di tipo reversible, mentre il lavoro delle forze
viscose è irreversibile. Questi due termini rappresentano due modalità di conversione fra energia
meccanica e termica. Il primo termine può prendere segno sia positivo che negativo indicando che
l’energia meccanica associata al lavoro delle forze di pressione può essere convertita in energia termica
e viceversa, mentre il secondo termine è sempre positivo indicando che l’energia meccanica associata
al lavoro delle forze viscose può solamente essere convertita (degradata, dissipata) in energia termica.
Per un fluido incompressibile la divergenza della velocità è identicamente nulla e quindi le forze
di pressione non possono eseguire lavoro. Pertanto l’energia interna di un flusso incompressibile (la
sua temperatura) può variare solo a causa di scambi di calore con l’esterno oppure per effetto della
dissipazione viscosa.
Poiché:
~g = −∇φ
si ricava
ρ V~ · ~g = −ρ V~ · ∇φ
Vediamo come si può ricavare una espressione dell’energia interna in termini di temperatura. Si
può dimostrare che a partire dalla:
Du
~ − (τ : ∇V ~)
ρ =− ∇ · ~q − p ∇·V
Dt | {z } | {z } | {z }
Calore scambiato Dissipazione
con lesterno lavoro f orze
di pressione viscosa
si può ottenere:
DT ∂p ~
~
ρcv = −∇ · ~q − T ∇·V − τ : ∇V
Dt ∂T v
Inoltre, se valgono le seguenti ipotesi:
◦ gas caloricamente perfetto:
1.5. BILANCI MACROSCOPICI PER SISTEMI NON ISOTERMI 29
.
du = cv dT
.
∂p p
=
∂T v T
◦ conduzione di calore descrivibile dall’equazione di Fourier
∇ · ~q = −k∇2 T
◦ lavoro delle forze viscose per un fluido Newtoniano:
~ ) = µΦv
−(τ : ∇V
si perviene alla:
DT
~ − µΦv
ρcv = k∇2 T − p ∇ · V
Dt
In seguito ai passaggi:
Dh Du D p Du 1 Dp p 1 Dρ Du 1 Dp p ~
= + = + − = + − ∇·V
Dt Dt Dt ρ Dt ρ Dt ρ ρ Dt Dt ρ Dt ρ
si può anche ricavare una legge per la conservazione dell’entalpia che si scrive:
Dh
~ + Dp
ρ = − (∇ · ~q) − τ : ∇V
Dt Dt
1.5. Bilanci macroscopici per sistemi non isotermi
1.5.1. Bilancio dell’energia totale. Il bilancio macroscopico dell’energia per un sistema non
isotermo si può ricavare in maniera rigorosa integrando sull’intero volume occupato dal fluido nel
sistema macrosopico la relazione (1.86):
Detot
~ −∇· τ ·V
~
ρ = −∇ · q − ∇ · pV
Dt
Dopo opportune semplificazioni [6], si perviene al bilancio macroscopico:
d
(Ktot + Utot + φtot ) = Variazione nel tempo dell’energia interna del sistema
dt
= ρ1 < Ṽ1 > u1 S1 − ρ2 < Ṽ2 > u2 S2 Trasporto di energia interna
1
+ ρ1 < Ṽ13 > S1 − ρ2 < Ṽ23 > S2 Trasporto di energia cinetica
2
+ ρ1 < Ṽ1 > φ1 S1 − ρ2 < Ṽ2 > φ2 S2 Trasporto di energia potenziale
+ Q̇ − Ẇ Calore e Lavoro scambiati con l’esterno
+ p1 < Ṽ1 > S1 − p2 < Ṽ2 > S2 Lavoro forze di pressione sulle sezioni di ingresso ed uscita
che riveste un ruolo essenziale nel perseguire gli obiettivi del corso.
Si possono analizzare due casi limiti per quanto riguarda la variazione di entalpia:
(1) Se il fluido è un gas ideale valgono le relazioni:
dh = cp dT
p = ρRT
cp − cv = R
che forniscono il risultato:
ZT2 ZT2 ZT2
R γ
∆ [h] = (cv + R)dT = cp dT = dT
M γ−1
T1 T1 T1
1.5.2. Altri bilanci di energia. Il bilancio macroscopico dell’energia è stato già ottenuto per
un sistema isotermo, a partire dall’integrazione della (1.38) e dal primo principio espresso come
dg = dp/ρ. Si può ottenere un risultato simile per il caso isentropico in cui è comodo usare il primo
principio nella forma dh = dp/ρ.
Per i due casi limite di flussi isotermi e isoentropici si può quindi ottenere un bilancio macrosco-
pico di energia nella forma:
1) Per i sistemi isotermi:
d 1 2
(1.89) (Ktot + φtot + Atot ) = −∆ g + φ + < Ṽ > ṁ − Ẇ − Ėv
dt 2
2) Per i sistemi isentropici:
d 1 2
(1.90) (Ktot + φtot + Utot ) = −∆ h + φ + < Ṽ > ṁ − Ẇ − Ėv
dt 2
Confrontando la relazione valida per il sistema isentropico (Eq. (1.90)) con il bilancio dell’energia
totale (Eq. (1.87)) si ricava che Q̇ = −Ėv , relazione che esprime il concetto che le perdite di energia
meccanica sono convertite in calore.
Inoltre si può osservare che le variazioni di entalpia libera g e quella di entalpia h nelle precedenti
espressioni possono essere valutate come:
◦ Se dT = 0:
Z2 Z2
dp dp
∆ [g] = − sdT =
ρ ρ
1 1
1.6. BILANCI DEL MOMENTO DI QUANTITÀ DI MOTO 31
◦ Se ds = 0:
Z2 Z2
dp dp
∆ [h] = + T ds =
ρ ρ
1 1
Pertanto, nel caso stazionario, l’espressione:
Z2
Ẇ 1 dp
(1.91) +∆ < Ṽ >2 +φ + + Ėv = 0
ṁ 2 ρ
1
che esprime il teorema di Bernoulli generalizzato al caso di flussi compressibili, si può utilizzare sia
per il caso del flusso isotermo che per quello isentropico. In questa espressione l’integrale di (dp/ρ)
si calcola in modo diverso a seconda che il flusso sia un gas od un liquido. Infatti, si ha:
◦ Gas ideale non isotermo: Z 2 Z 2
dp dp
= RT
1 ρ 1 p
◦ Gas ideale isotermo (T =costante):
Z 2
dp p2
= RT log
1 ρ̄ p1
◦ Gas ideale che subisce una trasformazione politropica con esponente n (p/ρn =costante):
" #
ρ2 n−1
Z 2
dp p1 n
= −1
1 ρ ρ1 n − 1 ρ1
(per la trasformazione isentropica deve considerarsi in questa espressione n = γ);
◦ Liquido a ρ=cost:
Z 2
dp 1
= (p2 − p1 )
1 ρ̄ ρ̄
Si indirizza il lettore alle pagg. 463–492 di [6] per esercizi ed esempi sull’utilizzo dei bilanci
macroscopici per risolvere una raccolta di problemi di interesse applicativo.
1.6.1. Bilancio microscopico del momento di quantità di moto. Il momento polare dL, ~
rispetto al polo O, della quantità di moto di una particella fluida di massa dm è definito come:
(1.92) ~ := ~r × V
dL ~ dm = ~r × (ρV
~ )dV
e quindi per il fluido che occupa il volume V:
Z
(1.93) ~
L := ~ dV
~r × ρV
V
L’equazione di conservazione della quantità di moto in forma differenziale (1.31) è stata ottenuta
combinando l’equazione del moto (1.29) con l’equazione di conservazione della massa (1.19). Una
equazione dello stesso tipo per il momento della quantità di moto può essere ottenuta come una
conseguenza delle suddette equazioni. Per ottenere questo risultato si può procedere come fatto in
32 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
~ . In
§1.2.4 per l’energia meccanica, dove si è moltiplicata l’equazione del moto scalarmente per V
questo caso l’equazione del moto viene premoltiplicata vettorialmente per ~r:
!
~
DV
(1.94) ~r × ρ − ∇ · Π + ρ∇φ =0
Dt
Si osserva che:
D ~ ~
~ + ~r × DV = ~r × DV
~ = D~r × V
~r × V
Dt |Dt {z Dt} Dt
~ :=D~
V ~ ×V
r /Dt; e V ~ =0
~
DV D~l ∂~l
~ = ∂ ρ~l + ∇ · ρ~l V
~ · ∇ ~l + ~l ∂ρ + ~l ∇ · ρV
~
ρ~r × =ρ =ρ +ρ V
Dt Dt ∂t ∂t ∂t
da cui discende l’equazione di conservazione del momento della quantità di moto in forma differen-
ziale:
∂ ~
ρl + ∇ · ρ~l V
~ − ~r × ∇ · Π + ~r × (ρ∇φ) = 0
(1.95)
|∂t {z } | {z } | {z } | {z }
(3) (4)
(1) (2)
Si può integrare questa relazione sull’intero volume di controllo dV, ricordando che il vettore posizione
~r ed il volume V non variano nel tempo. I quattro contributi integrali si possono calcolare come
illustrato di seguito.
Per il primo contributo si ha:
Z
∂
Z ~
~ dV = ∂ ~ dV = ∂ L
(1.96) ρ~r × V ρ~r × V
∂t ∂t ∂t
V V
Z I I I
(1.97) ∇ · ρ~l V
~ dV = ρ~l V
~ · ~ndS = ρ ~r × V
~ V ~ · ~ndS = ~ dṁ
~r × V
V S S S
1.6. BILANCI DEL MOMENTO DI QUANTITÀ DI MOTO 33
I I
εijk (xi Πjl nl )~ik dS =
= ~r × Π · ~n dS =
S S
I Z Z
~
= ~r × Sn dS = − [(~r × ~n) p] dS − ~r × τ · ~n dS
S
|S {z } |S {z }
Momento forze Momento forze
di pressione viscose
Z Z Z
∂ ~
~
~ dṁ−
(1.100) ~r × V dm = − ~r × V dṁ + ~r × V
∂t
V S2 S1
Z Z Z
− [(~r × ~n) p] dS − ~r × τ · ~n dS + (~r × ~g ) ρdV
S1 +S2 +Sw S1 +S2 +Sw V
dove si sono esplicitati i contributi che dipendono dalle sezioni di ingresso S1 e di uscita S2 . Si noti
che il contributo del trasporto di momento di quantità di moto lungo le pareti del sistema è nullo
perché, per definizione, la velocità è parallela alle pareti e quindi la sua proiezione sulla normale alla
parete è nulla, il che rende identicamente nulli i termini dṁ su Sw .
Analogamente a quanto fatto per l’equazione della conservazione della quantità di moto, intro-
duciamo il vettore momento polare M ~ 0 risultante dell’azione del fluido sulle pareti solide:
Z Z Z
~ 0 := − ~
(1.101) M ~r × Sn dS = (~r × ~n)pdS + ~r × τ · ~n dS
Sw Sw Sw
che può essere calcolato in base alla legge di conservazione del momento della quantità di moto:
Z Z Z
~ 0 := −
(1.102) M ~
~r × Sn dS = ~
~r × V dṁ − ~ dṁ+
~r × V
Sw S1 S2
Z Z Z Z
∂
+ p~r × d~S − p~r × d~S + (~r × ~g ) ρdV − ~ dm
~r × V
∂t
S1 S2 V V
dove si è ipotizzato che il momento dovuto alle forze viscose sia trascurabile sulle superfici di ingresso
e uscita del sistema.
Nello studio delle turbomacchine, il momento polare non è una grandezza particolarmente inte-
ressante, mentre lo è il momento assiale che è la proiezione di M ~ 0 su un asse passante per il polo.
Interessa dunque il momento assiale rispetto all’asse di rotazione della macchina e quindi la proie-
zione del momento polare M ~ 0 calcolato rispetto ad un punto qualsiasi dell’asse di rotazione sulla
direzione dell’asse di rotazione, che è anche quella del vettore ω ~ , velocità angolare della girante:
~0 · ω
~
M~ a = ~j M = ~j M~ 0 · ~j
ω
Essendo la direzione e il verso dell’asse di rotazione fissati si fa spesso riferimento al valore del
componente del momento (preso col segno) Ma . Si può quindi ragionare ancora sulla particella
fluida di massa dm e osservare che la componente del momento della quantità di moto in direzione
assiale, detto momento angolare, è pari a:
(1.103) ~ dV · ~j
ρ~r × V
Per poter studiare meglio le equazioni di bilancio del momento delle forze in direzione assiale e del
momento angolare è opportuno utilizzare un sistema di riferimento cilindrico definito dalle direzioni
tangenziale (~i1 ), assiale (~i2 = ~j) e radiale (~i3 = ~i1 × ~i2 ), e un sistema di riferimento cartesiano
definito dalle direzioni ~i, ~j e ~k come illustrato in Fig. 1.5. In questo sistema di riferimento si possono
esprimere i vettori V ~ ed ~r attraverso i loro componenti:
~ = Vθ~i1 + Vz~i2 + VR~i3
V
~r = z~i2 + R~i3
1.6. BILANCI DEL MOMENTO DI QUANTITÀ DI MOTO 35
Figura 1.5. Schema e nomenclatura per il calcolo del momento della quantità di moto.
avendo indicato con R la distanza del punto considerato dall’asse di rotazione. Moltiplicando scalar-
mente per ~j la (1.95) si ottiene un’equazione di conservazione per il momento angolare della particella
fluida in forma differenziale:
∂ ~
h i
~ V~ · ~j − ~r × ∇ · Π · ~j + [~r × ρ∇φ] · ~j = 0
· ~j + ∇ · ρ~r × V
(1.104) ρ~r × V
∂t
La relazione appena scritta si può semplificare tenendo conto che utilizzando la base ortogonale
cilindrica definita sopra, per un generico vettore ~b vale la relazione:
(1.105) ~r × ~b · ~j = ~j × ~r · ~b = ~i2 × z~i2 + R~i3 · ~b = R~i1 · ~b
Questa relazione è utile per tutti i termini della (1.104) tranne il secondo. Per quest’ultimo si può
facilmente verificare che:
n h io n h io h i
(1.106) ∇ · ρ ~r × V V ~ ~ ~ ~ ~
· j = ∇ · j · ρ ~r × V V ~ ~ ~ ~
= ∇ · ρRi1 · V V = ∇ · ρRVθ V ~
si ottiene una forma uguale alla (1.100) poiché la parte relativa alla presenza di superfici mobili ha
soltanto il ruolo di annullare il termine convettivo (secondo contributo, Eq. (1.95)) sulle superfici
36 1. EQUAZIONI DEL MOTO DEI FLUIDI
dL~ tot Z Z
(1.109) =− ~
~r × V dṁ + ~r × V~ dṁ−
dt
S2 S
Z 1 Z Z
− [(~r × ~n) p] dS − ~r × τ · ~n dS + (~r × ~g ) ρdV
S1 +S2 +Sw S1 +S2 +Sw V
Come è stato già visto nel paragrafo precedente, nello studio delle turbomacchine il maggiore interesse
è rivestito dal momento della quantità di moto (momento angolare) fatto rispetto ad un asse di
rotazione. Quest’ultimo si ottiene ancora una volta moltiplicando scalarmente il momento polare,
fatto rispetto ad un punto qualsiasi dell’asse, con la direzione dell’asse. Si definisce quindi momento
angolare assiale La del volume di fluido contenuto nel sistema macroscopico rispetto all’asse diretto
come ~j: Z
La,tot = RVθ dm
V
e si ottiene:
Z Z
dLa,tot ~ ~
~ · ~j dṁ−
(1.110) =− ~r × V · j dṁ + ~r × V
dt
S2 S1
Z h i Z h Z
i
− ~r × ~n · ~j p dS − ~
~r × τ · ~n · j dS + ~r × ~g · ~j ρdV
S1 +S2 +Sw S1 +S2 +Sw V
Come è stato già visto nel paragrafo precedente, i termini possono essere semplificati utilizzando la
(1.105):
Z Z
dLa,tot
(1.111) = − (RVθ ) dṁ + (RVθ ) dṁ−
dt
S2 S1
Z h i Z h i Z
~ R τ · ~n · i1 dS + R ~g · ~i1 ρdV
~
− R ~n · i1 p dS −
S1 +S2 +Sw S1 +S2 +Sw V
o ancora:
dLa,tot
(1.112) = −∆ [(< RVθ >) ṁ] − ∆ < pR~i1 > ·~S − Ma,m − Ma,f + Ma,g
dt
avendo trascurato il contributo degli sforzi viscosi su S1 e S2 e avendo riassunto negli opportuni
simboli il momento assiale esercitato sul fluido dal suo peso e dal fluido sulle pareti fisse e mobili:
Z h i
R p~n + τ · ~n · ~i1 dS
(1.113) Ma,m =
Sw,m
Z h i
R p~n + τ · ~n · ~i1 dS
(1.114) Ma,f =
Sw,f
Z
(1.115) Ma,g = R ~g · ~i1 ρdV
V
Il secondo termine a secondo membro può essere in genere trascurato, visto che esso si annulla
se le sezioni S1 e S2 sono scelte in modo che il versore normale ad esse abbia componenti solo in
direzione radiale ed assiale (giaccia cioè su un piano meridiano, vedi Cap. 2). Per quanto riguarda
il termine gravitazionale, esso è identicamente nullo sia per gas che per liquidi quando l’asse di
rotazione è parallelo alla gravità (girante ad asse di rotazione verticale), mentre esso non è nullo
quando l’asse di rotazione non è parallelo alla gravità (girante ad asse di rotazione non verticale);
1.6. BILANCI DEL MOMENTO DI QUANTITÀ DI MOTO 37
il termine resta tuttavia ugualmente trascurabile per sostanze gassose o per macchine di piccole
dimensioni. Con queste ipotesi, se il flusso è stazionario si ottiene una relazione fondamentale per il
calcolo delle turbomacchine, ovvero la relazione che esprime il legame tra coppia applicata all’albero
della girante e variazione delle grandezze cinematiche (medie) del flusso tra ingresso ed uscita della
girante stessa:
(1.116) Ma = −∆ [ṁ < RVϑ >]
In virtù di tale relazione, si ricava che:
◦ Per una Pompa (Macchina Operatrice): il momento assiale e velocità angolare sono con-
troversi (coppia agisce in direzione opposta al senso di rotazione della macchina); infatti si
ha che:
[< R2 Vϑ2 > − < R1 Vϑ1 >] > 0 ⇒ ∆ [< RVϑ >] > 0
(1.117) ⇒ Ma < 0 ⇒ M ~ a controverso a ω
~
◦ Per una Turbina (Macchina Motrice): il momento assiale e velocità angolare sono equiversi
(coppia agisce nella stessa direzione del senso di rotazione della macchina); infatti si ha che:
[< R2 Vϑ2 > − < R1 Vϑ1 >] < 0 ⇒ ∆ [< RVϑ >] < 0
(1.118) ⇒ Ma > 0 ⇒ M ~ a equiverso a ω~
Si può inoltre calcolare la potenza (lavoro per unità di tempo) scambiata tra palettatura e
ambiente esterno:
(1.119) Ẇ = M~a ·ω
~ = −ṁω∆ [< RVϑ >]
La potenza specifica all’unità di massa elaborata dalla palettatura vale:
◦ per macchine radiali o a flusso misto:
Ẇ
(1.120) = −∆ [< U Vϑ >]
ṁ
dove U = ωR;
◦ e per macchine di tipo assiale (R1 = R2 ):
Ẇ
(1.121) = −U ∆ [< Vϑ >]
ṁ
Riassumendo:
◦ per una Pompa (Macchina Operatrice):
∆ [< RVϑ >] > 0 ⇒ Ma < 0 ⇒ Ẇ < 0
che rappresenta potenza assorbita da fornire all’albero della girante;
◦ Per una Turbina (Macchina Motrice):
∆ [< RVϑ >] < 0 ⇒ Ma > 0 ⇒ Ẇ > 0
che rappresenta potenza disponibile all’albero.
Per ovviare all’inconveniente di attribuire una potenza negativa ad una macchina operatrice si è
convenuto di definire la potenza relativa ad una turbomacchina nel seguente modo:
◦ Per una Pompa (Macchina Operatrice):
Ẇp = −Ẇ = +ṁ∆ [< U Vϑ >] > 0
◦ Per una Turbina (Macchina Motrice)
Ẇt = +Ẇ = −ṁ∆ [< U Vϑ >] > 0
Bibliografia
[1] G. Parolini, A. Del Monaco, and D. Fontana. Fisica Tecnica. UTET, Torino, 1983.
[2] H.M. Roder, R.D. McCarty, and W.J. Hall. Computer programs for thermodynamic and
transport properties of hydrogen. NASA CR 129261, Nasa, 1972.
[3] Hans Immich. Short Course: Combustion chambers of liquid rocket engines. Master in sistemi di
trasporto spaziale, 2003.
[4] G. K. Batchelor. An introduction to fluid dynamics. Cambridge University Press, 1967.
[5] M.H. Vavra. Aero-Thermodynamics and Flow in Turbomachines. Robert E. Krieger Publ. Co.,
1974.
[6] R. B. Bird, W. E. Stewart, and E. N. Lightfoot. Transport Phenomena. Wiley, 1960.
CAPITOLO 2
corrente sarà caratterizzato da una componente di velocità “meridiana” e una componente di velo-
cità “tangenziale”. La prima è costituita dalle componenti assiale e radiale della velocità, la seconda
è la componente che dà il contributo principale (l’unico nell’approssimazione vista) allo scambio di
energia tra fluido e rotore.
L’intersezione della superficie di corrente con un piano meridiano, cioè un piano che contiene
l’asse di rotazione della macchina, individua la linea di corrente nel piano meridiano.
39
40 2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
Nel tubo di flusso considerato, se ci muoviamo lungo la linea di corrente nel piano meridiano, le
grandezze non variano in direzione normale alla linea di corrente, a causa dello spessore infinitesimo
del tubo di flusso. In generale invece potranno variare nella direzione tangenziale. Rimuovendo
l’ipotesi di tubo di flusso di spessore infinitesimo, l’intersezione delle pareti del tubo di flusso con
ciascun piano meridiano individua un tubo di flusso 2D nel piano meridiano.
L’approssimazione che viene fatta nello studio delle turbomacchine è quella di studiare due
sottoproblemi 2D del problema 3D:
Flusso quasi-bidimensionale nel piano delle superfici di corrente: Ciascuna delle su-
perfici di corrente assialsimmetriche, che possono essere ottenute per rotazione di ciascuna
delle linee di corrente che possono essere disegnate nel piano meridiano, può essere studiata
come un flusso bidimensionale in cui i vettori hanno solo componenti “meridiana” (lungo
la linea di corrente nel piano meridiano) e “tangenziale” (la direzione perpendicolare). Lo
studio lungo la superficie di corrente (viene anche detta “piano interpalare’) è di particolare
importanza perché permette di studiare come si ottengono le variazioni di componente tan-
genziale di velocità, quelle decisive dal punto di vista del momento assiale esercitato sulla
macchina o dalla macchina.
Flusso bidimensionale nel piano meridiano: Nello studio del flusso nel piano meridiano
si fa l’ipotesi di flusso assialsimmetrico e cioè che il flusso ha la stessa soluzione in ogni piano
meridiano. Lo studio riguarda l’evoluzione del flusso in direzione normale alle superfici di
corrente e quindi l’approssimazione bidimensionale considera vettori che hanno soltanto
componenti assiale e radiale, sebbene possano essere presenti forze inerziali dovute alla
componente tangenziale.
2.1.1. Relazione tra velocità assolute e relative. Consideriamo dunque un sistema di ri-
ferimento relativo (non inerziale) con asse ~i2 parallelo alla velocità angolare ω
~ e solidale alla girante
(Fig. 2.2)1; un qualunque punto P sarà individuato in tale sistema da un vettore ~rr che è legato al
vettore ~r dalla relazione2:
−−→
(2.1) ~r = ~rr + OOr
Considerato un intervallo di tempo dt il punto P si sposterà nella posizione P 0 individuata dal vettore
spostamento d~r nel sistema di riferimento fisso e dal vettore d~rr nel sistema di riferimento relativo.
Per costruzione, d~r e d~rr soddisfano le relazioni3:
(2.2) ω × ~rr ) dt
~r + d~r = ~r + d~rr + (~
e quindi:
−−→
(2.3) ω × ~rr ) dt = d~rr + ω
d~r = d~rr + (~ ~ × ~r − OOr dt = d~rr + (~
ω × ~r)dt
1Diversamente dal Cap. 1 dove con ~i , ~i , ~i si è indicato un sistema di riferimento cilindrico assoluto, in questo
1 2 3
capitolo con la stessa terna si indicherà sempre un sistema di riferimento relativo, e, in molti casi un sistema di
riferimento cilindrico relativo.
2I valori delle grandezze e degli operatori nel sistema di riferimento relativo sono evidenziati dal pedice () , mentre
r
quelli nel sistema di riferimento assoluto sono presentati senza pedice.
3Per i sistemi di riferimento scelti vale la relazione ω
~ × ~r = ω~ × ~rr .
2.1. MOTO RELATIVO E MOTO ASSOLUTO 41
Figura 2.2. Sistema di riferimento relativo solidale con la girante rotante a velocità
angolare costante
La velocità nel sistema di riferimento assoluto si ottiene rapportando il vettore spostamento d~r
all’intervallo di tempo infinitesimo dt:
d~r ~ = d~rr + ω ~ +ω ~ +U ~
(2.4) =: V ~ × ~rr = W ~ × ~r = W
dt dt
I tre vettori di velocità giacciono tutti localmente sul piano tangente alla superficie di corrente (per
definizione) e quindi su questo piano si può sempre comporre un triangolo che mostra il vettore
velocità assoluta ottenuto come somma dei due vettori velocità di trascinamento e velocità relativa.
Tale relazione è detta triangolo delle velocità (Fig. 2.3):
(2.5) ~ =W
V ~ +U
~
Le approssimazioni che si possono fare per semplificare la trattazione dei flussi nelle turbomac-
chine sono:
◦ la girante viene rappresentata con una distribuzione infinita di palette di spessore
infinitesimo: con tale schematizzazione il flusso allo scarico di una schiera di profili è
uniforme (non si ha più la presenza di un gradiente di velocità tra ventre e dorso della
singola pala), e la girante viene vista come una discontinuità del flusso assoluto.
◦ la velocità angolare è costante: non vengono cosı̀ analizzati i transitori.
Queste approssimazioni consentono di trattare il flusso come assialsimmetrico, e sono tanto più
accurate quanto più è elevato il numero di pale della schiera e quanto più sottili sono i profili che
formano la schiera.
2.1.3. Relazione tra accelerazione assoluta e relativa. Si ricorda che la definizione di
derivata totale (o sostanziale) nel sistema assoluto è:
D( ) ∂ ( ) ~
(2.9) = + V ·∇ ( )
Dt ∂t
2.1. MOTO RELATIVO E MOTO ASSOLUTO 43
DV~ ∂ “~ ” “ ” “ ”
= W +ω ~ × ~rr + W ~ +ω ~ × ~rr · ∇ W ~ +ω ~ × ~rr =
Dt ∂t
∂W~
= +W ~ · ∇W ~ + ∂ (~ ω × ~rr ) + W ~ · ∇ (~ω × ~rr ) + (~ ~ + (~
ω × ~rr ) · ∇W ω × ~rr ) · ∇ (~
ω × ~rr )
∂t ∂t
Per semplificare questa espressione si osserva che, considerando che ω ~ è un vettore che non dipende dalla posizione
considerata e quindi ∇~ ω = 0, si ottiene (per la simbologia si veda la nota a pag. 33):
~ · ∇ (~ ~ · ∇ (~ ∂ “ ” ∂xj ~ ~
W ω × ~r) = W ω × ~rr ) = Wl εijk ωi xj~ik = εijk ωi Wl ik = εijk ωi Wj~ik = ω~ ×W
∂xl ∂xl
e inoltre che ci sono due termini del tipo (~ ω × ~rr ) · ∇~b, avendo indicato con ~b un generico vettore. Questi ultimi si
possono semplificare osservando che ω ~ × ~rr = ωR~i1 dove con ~i1 è stata indicata la direzione tangenziale e cioè quella
perpendicolare al piano individuato da ω ~ e ~rr . Il prodotto scalare di questa direzione per il gradiente è pari alla
derivata direzionale e quindi, indicando con Rωdt lo spostamento infintesimo nella direzione tangenziale:
d~b d~b
(~ω × ~rr ) · ∇~b = ωR =
ωRdt dt
In un atto di moto rotatorio d~b/dt = ω ~ × ~b e quindi:
ω × ~rr ) · ∇~b = ω
(~ ~ × ~b
sostituendo queste relazioni nella prima, si ha:
DV~ ∂W~
= +W~ · ∇W ~ + ∂~
ω
× ~rr + ω ~ +ω
~ ×W ~ +ω
~ ×W ~ × (~
ω × ~rr )
Dt ∂t ∂t
44 2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
esercitato dalla forza apparente dovuta all’accelerazione ~a sulla particella elementare di fluido dm è
definito come:
(2.17) dMa = −~j · (~r × ~adm)
si osserva che essendo l’accelerazione centripeta radiale:
(2.18) ~acen = −ω 2 R∇ (R)
essa non fornisce momento assiale. L’accelerazione relativa è meridiana, essendo Wθ = 0:
(2.19) ~arel = W~ ·∇ W ~
e quindi anch’essa non fornisce alcun contributo al momento assiale delle forze apparenti. L’accele-
razione di Coriolis è infine completamente tangenziale (~ ~ individuano in questo caso un piano
ωeW
meridiano) e fornisce momento assiale:
(2.20) ω×W
~acor = 2~ ~
Il momento assiale quindi in modulo sarà:
(2.21) dMa = 2ωRWr dm = 2ωRW sin δdm (6= 0)
Questo è l’unico contributo al momento assiale nel caso di palette piane.
avendo anche osservato che ∂r ~rr /∂t = 0. Dal confronto della relazione ottenuta con la (2.13) si ottiene che deve essere:
Dr W~ ∂W~ ~
= +W ~ · ∇W~ = ∂r W + W ~ · ∇r W
~
Dt ∂t ∂t
Quest’ultima relazione può essere utilizzata per procedere con la sostituzione della velocità assoluta con la somma
di quella relativa e di trascinamento, per ricavare sistematicamente le equazioni di conservazione scritte rispetto al
sistema di riferimento relativo a partire da quelle già ottenute per il sistema assoluto.
2.1. MOTO RELATIVO E MOTO ASSOLUTO 45
Nel caso più generale ci potrà essere anche un contributo dell’accelerazione relativa, ma si può
vedere facilmente che è solo la componente radiale di velocità relativa a contribuire al momento
assiale dovuto all’accelerazione di Coriolis, che nel caso particolare di assenza di componente assiale
(come è il caso di turbomacchine puramente centrifughe o centripete) si scrive:
(2.22) dMa = 2ωRW dm
Si consideri ora una girante a palette piane come quella schematizzata in Fig. 2.5. Nel sistema di
riferimento relativo non ci sono superfici mobili e pertanto nelle equazioni di bilancio non compare
lo scambio di lavoro con l’esterno. Bisogna tuttavia tener conto della presenza delle forze apparenti.
In tal caso nell’ipotesi di palette piane, l’equazione di bilancio del momento della quantità di moto
scritta nel sistema di riferimento relativo, non vedrà variazioni di componente di velocità tangenziale,
né, nelle ipotesi di funzionamento stazionario, alcun altro termine se non il momento delle forze
apparenti e il momento delle forze applicate sulle pareti solide (fisse nel sistema di riferiento relativo).
Il momento assiale esercitato dal fluido sulle pareti solide è dunque pari in modulo a quello esercitato
dalle forze apparenti sul fluido ed il calcolo del secondo permette di valutare il primo e quindi la
potenza scambiata dalla macchina con l’esterno. Per calcolare questo momento assiale si può valutare
la massa del fluido che passa attraverso la palettatura. La massa dell’elemento fluido compreso tra
le ascisse curvilinee ξ e ξ + dξ, posto ad una distanza R dall’asse di rotazione ed avente altezza h
nella direzione normale a ξ, potrà essere calcolata (indicando con Z il numero di palette e con t lo
spessore di ciascuna) come:
2πR
(2.23) dm = ρ − t Zhdξ
Z
Nelle stesse ipotesi, la portata che entra nella girante può essere calcolata considerando la generica
sezione perpendicolare alla velocità W~ , a sua volta diretta come ξ:
2πR
(2.24) ṁ = ρ − t ZhW
Z
dividendo membro a membro le ultime due relazioni ottenute si ha:
dm dξ ṁdξ
(2.25) = ⇒ dm =
ṁ W W
che ci permette di esprimere il dm che appare nell’espressione della forza di Coriolis in funzione
di W , dξ e ṁ. Il momento assiale fornito dall’elementino (considerato come la corona circolare di
raggio medio R attorno all’asse di rotazione ~j) assumerà quindi l’espressione:
ṁdξ
= 2ṁωR sin δdξ = 2ṁωRdR = ṁωd R2
(2.26) dMa = 2ωRW sin δ
W
Il momento assiale delle forze apparenti agenti sul fluido presente all’interno della girante è calcolabile
come integrale lungo il raggio:
Z R2
dMa = ṁω R22 − R12
(2.27) Ma =
R1
e quindi per ottenere il moto relativo ipotizzato tra le palette piane è necessario fornire al fluido una
potenza pari a:
Ẇ = Ma ω = ṁω 2 R22 − R12 = ṁ U22 − U12
(2.28)
ossia, in virtù dell’accelerazione di Coriolis (presente se si ha una variazione di raggio con palette
piane),5 si ha una potenza non nulla all’asse se varia l’accelerazione di trascinamento.
5Nel caso più generale di palette non piane si possono avere contributi anche derivanti dall’accelerazione relativa.
46 2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
2.1.7. Equazioni del moto. L’equazione del moto scritta nel sistema di riferimento relativo
è la stessa di quella scritta nel sistema di riferimento assoluto purché si tenga conto della presenza
delle forze apparenti, cosı̀ come descritto dal legame tra accelerazione relativa e accelerazione assoluta
(2.11-2.13). L’equazione del moto diventa quindi:
~
Dr W
∂~ω
∇r p ~
(2.30) + × ~rr + 2 ω ~ ×W ~ +ω ~ × (~
ω × ~rr ) = − + fr − ∇r φ
Dt ∂t ρ
con
1
(2.31) f~r = ∇r · τ
ρ
Assumendo velocità angolare costante (∂~ ω /∂t = 0), utilizzando il primo principio della termodina-
mica (1.73), e la (2.16), l’equazione (2.30) diventa:
Dr W~ 2
U
(2.32) +2 ω ~
~ × W − ∇r + ∇r h = T ∇r s + f~r − ∇r φ
Dt 2
Ricordando la (1.30) e procedendo come a pagina 25 si ottiene:
~
∂r W
(2.33) ~ × ∇×W
+ ∇r htot,r = W ω + T ∇r s + f~r
~ + 2~
∂t
avendo definito un’entalpia totale che contiene al suo interno i contributi di entalpia, energia poten-
ziale ed energia cinetica:
W2 U2 U2
(2.34) htot,r = φ + h + − = φ + h0,r −
2 2 2
Nel caso di flusso incompressibile, visto che
∇p p
(2.35) =∇
ρ̄ ρ̄
l’equazione (2.30) può essere facilmente modificata ricordando ancora la (2.16):
~
Dr W
2 2
(2.36) ω×W
+ 2~ ~ = −∇r φ + p − ω R + f~r
Dt ρ̄ 2
e sviluppando la derivata materiale:
~
∂r W
(2.37) ~ × ∇×W
+ ∇r ptot,r = W ω + f~r
~ + 2~
∂t
avendo definito una pressione totale del moto relativo come:
p W 2 ω 2 R2
(2.38) ptot,r = φ + + −
ρ̄ 2 2
2.1.8. Equazione dell’energia nel moto relativo. Moltiplicando scalarmente per d~r∗ =
~
W dt l’equazione del moto relativo (2.33) e ricordando che il differenziale lungo la linea di corrente
e il gradiente sono legati dalla
(2.39) d0r () = d~r∗ · ∇r ()
vale la seguente relazione:
W2
∂r
(2.40) dt + d0r htot,r = T d0r s + dt W~ · f~r
∂t 2
mentre il I principio lungo la linea di corrente si esprime come:
(2.41) T d0r s = d0r q0 − dt W~ · f~r
e quindi la variazione dell’entalpia totale del moto relativo è dovuta agli scambi di calore con l’esterno
e alla non stazionarietà:
∂r W 2
0 0
(2.42) dr htot,r = d q0 − dt
∂t 2
Per un flusso adiabatico stazionario (quindi anche non isoentropico) si ha quindi:
W2 U2
(2.43) φ+h+ − = costante
2 2
oppure
(2.44) (d~r∗ · ∇r ) htot,r = 0
che rappresenta:
◦ un flusso con entalpia totale relativa costante ovunque;
◦ un flusso con l’entalpia totale relativa che varia solamente in direzione normale alle linee di
corrente del moto relativo.
Per un flusso incomprimibile si riparte dalla relazione (2.37) e quindi si scrive:
∂r W 2
1 0
~ · f~r dt
(2.45) d (ptot,r ) = − dt + W
ρ̄ ∂t 2
con la pressione totale del moto relativo che rimane costante solamente se il flusso è stazionario e
non viscoso.
2.1.9. Bilancio della quantità di moto relativa. Nel caso dello studio del moto nel sistema
di riferimento relativo, lo studio del generico volume di controllo equivale a quello del sistema ma-
croscopico, purché vengano distinte le superfici di ingresso ed uscita del fluido dalle pareti. Infatti le
pareti sono tutte fisse nel sistema di riferimento relativo e quindi il sistema macroscopico si riduce
ad un caso speciale di volume di controllo (determinato da superfici di controllo tutte fisse). Si
ricorda che l’assenza di superfici mobili fa’ si che non ci sia scambio di lavoro tra fluido e pareti nel
sistema di riferimento relativo (Ẇr = 0). L’equazione di bilancio della quantità di moto nel sistema
di riferimento relativo può essere quindi scritta per l’elemento di volume dV:
∂r ~
~ ~
h
~
i
(2.46) ρW dV + ∇ · ρW W dV = − ∇r · τ dV − ∇pdV − ρ∇φdV − ρ~ ω × 2W + ω ~ × ~r dV
∂t
e integrata sul volume di controllo (cioè nel sistema macroscopico costituito dalla girante o rotore
di una turbomacchina):
Z Z Z Z Z
d h i
~ dm + ~ dṁ − ~ dṁ = −p~n − τ · ~n dS + ~G − ~ +ω
(2.47) W W W ω × 2W
ρ~ ~ × ~r dV
dt V S2 S1 S V
L’ultimo termine tra parentesi si può trasformare calcolando il doppio prodotto:
Z Z Z
~ dV − 1 ρω 2 R2~ndS
h i
(2.48) ω × 2W
ρ~ ~ +U ~ dV = 2 ρ ω ~ ×W
V V 2 S
48 2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
La forza che il fluido esercita sulla parete si ha, come si è già visto in (1.56):
Z
F~ =
(2.49) p~n + τ · ~n dS
Sw
e la sua proiezione lungo l’asse sarà, nel caso stazionario e trascurando il termine ~G
Z Z Z Z
(2.50) F~r,a = ~j Wa dṁ − Wa dṁ + p cos δdS − p cos δdS
S1 S2 S1 S2
risultato ottenuto facendo riferimento a Fig. 2.5 dove con δ si è indicato l’angolo tra la direzione
assiale e quella individuata dall’ascissa curvilinea ξ nel piano meridiano e si sono considerate superfici
S1 e S2 perpendicolari alla direzione individuata da ξ.
2.1.10. Bilancio del momento della quantità di moto. Moltiplicando vettorialmente per
~rr l’equazione del moto si ottiene l’equazione di bilancio del momento della quantità di moto, che
consente di ottenere una espressione per il momento che il fluido scambia con le pareti solide.
Ricordando la (1.105) e la (1.108) l’equazione di bilancio del momento della quantità di moto nel
sistema di riferimento relativo si scrive7:
∂r ~ ~
~ · ~i1 W
~ + R (∇p) · ~i1 +
(2.51) ρRW · i1 + ∇r · ρRW
∂t
+ R∇ · ~i1 · τ + ρR (∇φ) · ~i1 + ρR~acen · ~i1 + ρR~acor · ~i1 = 0
si tratta quindi della (1.108) scritta nel sistema di riferimento relativo con l’aggiunta dei termini
delle forze apparenti. Ricordando le (2.14) si nota facilmente che il termine della forza centrifuga
non da’ contributo alla (2.51), mentre per quanto riguarda il termine della forza di Coriolis, si ha:
~ · ~i1 = 2ω~i2 × W
ω×W
2~ ~ · ~i1 = 2ω~i1 × ~i2 · W
~ = 2ω~i3 · W
~ = 2ωWr
Integrando sul volume e procedendo come in § 1.6.2 si ottiene un’espressione identica alla (1.111)
dove si sostituiscono le velocità relative a quelle assolute e si aggiunge a secondo membro l’integrale
generato dalle forze apparenti:
Z Z Z
dLr,a,tot
~ · ~i1 dṁ +
~ · ~i1 dṁ −
h i
(2.52) =− RW RW R ~n · ~i1 p dS−
dt
S2 S S1 +S2 +Sw
Z 1 h i Z Z
~ ~
− R τ · ~n · i1 dS + R ~g · i1 ρdV − 2RωWr ρdV
S1 +S2 +Sw V V
Da quest’ultima espressione è possibile ricavare il momento assiale esercitato dal fluido sulle pareti
(che nel caso del sistema di riferimento relativo saranno solo pareti fisse):
Z Z Z Z
d ~ ~
~ ~
~ ~
(2.53) Mr,a = − RW · i1 dm + RW · i1 dṁ − RW · i1 dṁ − 2RωWr ρdV
dt V
S1 S2 V
avendo considerato sezioni di ingresso e di uscita perpendicolari all’asse di rotazione (lungo di esse
~n · ~i1 = 0).
7 In questo caso si è preferito indicare esplicitamente il prodotto scalare W ~ · ~i1 per indicare la componente
tangenziale della velocità relativa. Questo perché nella discussione si considera una terna destra definita da versori
diretti secondo la direzione dell’asse di rotazione (orientato come ω~ ), la direzione radiale (orientata verso l’esterno), e
la direzione circonferenziale (orientata come la velocità di trascinamento), mentre con Wθ si intenderà nel seguito del
testo la componente tangenziale di W ~ cambiata di segno, come indicato in Fig. 2.3.
2.3. FLUSSO NEL PIANO MERIDIANO 49
Figura 2.6. Tipi di turbomacchina in base alla direzione della linea di corrente.
In questo piano la velocità avrà ovviamente una componente lungo l’ascissa ξ (componente
meridiana) e una componente tangenziale. Lungo questo piano potranno essere individuate le tracce
delle superfici mobili (pale) che indirizzano il flusso come desiderato e che sono quelle che permettono
lo scambio energetico (è su di esse infatti che viene applicato un momento assiale che compie lavoro).
La presenza di superfici mobili in numero discreto fa cadere le ipotesi di flusso assialsimmetrico fatte
all’inizio del capitolo. Quelle ipotesi vanno quindi viste come rappresentative di un comportamento
medio del flusso.
L’angolo che localmente forma la pala (o idealmente il flusso nell’ipotesi di numero infinito di
pale di spessore nullo) con la direzione tangenziale è:
dξ
(2.54) tan β = −
rdθ
L’angolo β (vedi anche Fig. 2.3) viene preso positivo se la pala è inclinata in direzione opposta alla
rotazione. Nel caso particolare di β costante si ha una pala rettilinea nel caso di turbomacchina
assiale e pala a spirale logaritmica nel caso di turbomacchina radiale. Il caso di β = 90o indica che
la pala è meridiana (in tal caso se β è costante si ha una pala piana anche nel caso di turbomacchina
radiale).
Lo studio nel piano della superficie di corrente (o piano interpalare) ci permette di individuare
la forma della palettatura. Infatti dall’equazione di Eulero per le turbomacchine, sappiamo che lo
scambio di energia è legato alla variazione della componente tangenziale di velocità (e solo ad essa nel
caso di turbomacchina assiale). Di conseguenza si può vedere quale deve essere il tipo di curvatura
che devono avere le superfici mobili per ottenere questa variazione. Il primo passo sarà quello di
fare l’ipotesi di “guida perfetta” e cioè nell’ipotesi che il flusso segua perfettamente la direzione delle
pale (ciò equivale a considerare un numero infinito di pale di spessore nullo).
Nei capitoli seguenti si vedrà il dettaglio del flusso nel piano delle superfici di corrente per il caso
specifico di pompe e turbine.
le diverse possibili superficie di corrente. Per capire queste relazioni conviene scrivere le equazioni
del moto in coordinate cilindriche.
Si consideri l’equazione della quantità di moto nel caso ideale:
~
DV
(2.55) ρ = −∇p
Dt
che può essere trasformata in coordinate cilindriche attraverso le posizioni8:
(2.56) ~ = Vr~ir + Vθ~iθ + Va~ia
V
2.3.2. Relazione fra flusso assiale e tipo di vortice. La derivata lungo il raggio del primo
principio (1.74) può essere calcolata come:
~ir · T ∇s = ∇h − ∇p
(2.68)
ρ
ottenendo:
ds dh dp
(2.69) T = −
dR dR dR
e per l’equilibrio radiale e per la definizione di entalpia di ristagno assoluta per un moto vorticoso
(VR = 0)
1
Vθ2 + Va2
(2.70) h0 = h +
2
si ha:
ds dh0 1 d V2
(2.71) T − =− Vθ2 + Va2 − θ
dR dR 2 dR R
52 2. IL FLUSSO NELLE TURBOMACCHINE
Bibliografia
[1] M.H. Vavra. Aero-Thermodynamics and Flow in Turbomachines. Robert E. Krieger Publ. Co.,
1974.
CAPITOLO 3
Ẇ
= −∆ [< U Vϑ >]
ṁ
Si è visto inoltre che la dinamica dell’energia totale del fluido obbedisce ad una legge di con-
servazione diversa a seconda se il flusso è comprimibile o incomprimibile, cioè a seconda se si sta
considerando una macchina termica o una macchina idraulica2. Tuttavia è interessante mostrare le
analogie tra le diverse espressioni nel caso in cui si fa’ l’ipotesi di fluido comprimibile isentropico
(ciò equivale a considerare la macchina di interesse non adiabatica, mentre di solito si considera
la macchina adiabatica, essendo quest’ultima un’ipotesi più prossima al comportamento reale della
macchina). Per avere un fluido comprimibile isentropico bisognerà sottrarre dall’esterno una quan-
tità di calore pari a quella generata dall’irreversibilità della trasformazione (vedi pag. 30). Si ha
quindi:
◦ incomprimibile (liquido):3
Ẇ 1 2 p Ėv
(3.1) = −∆ < V > +φ + −
ṁ 2 ρ ṁ
◦ comprimibile isentropico:
Ẇ 1 2 Ėv
(3.2) = −∆ < V > +φ + h −
ṁ 2 ṁ
◦ comprimibile (caso generale, vedi Eq. (1.88)):
Ẇ 1 2 Q̇
(3.3) = −∆ < V > +φ + h +
ṁ 2 ṁ
Si ricorda che nel caso comprimibile adiabatico (3.3) la variazione di entalpia totale è pari proprio
al lavoro scambiato e descritto dalla (3.2) con l’ultimo termine nullo (Ėv 6= 0 ma esso non compare
nella (3.2) perché Q̇ = 0).
Cerchiamo di uniformare le relazioni (3.2) e (3.1) in una forma tale che possano valere sia per
un gas che per un liquido. Allo scopo, introduciamo una variabile di stato H tale che:
1In questo capitolo appaiono contemporaneamente l’energia interna e la velocità di trascinamento, entrambe
indicate con il simbolo U . Nonostante ciò possa in principio generare confusione è stata mantenuta questa simbologia
che è quella più diffusa per queste grandezze. Per evitare ogni rischio di confusione si segnala che in questo capitolo
l’energia interna apparirà esclusivamente attraverso il suo valore specifico (u) e quindi il simbolo maiuscolo U identifica
inequivocabilmente la velocità di trascinamento (U = ωR).
2Una macchina a fluido incomprimibile è di solito classificata come macchina idraulica mentre una macchina a
fluido comprimibile come macchina termica. Inoltre una macchina che cede energia al fluido compiendo lavoro su di
esso è detta operatrice, mentre una macchina che estrae lavoro dal fluido è detta motrice. In particolare una macchina
operatrice idraulica è chiamata pompa, una macchina operatrice termica compressore, mentre per le macchine motrici
si parla sempre di turbina (turbina idraulica o turbina a gas).
3Si ricorda che V è il modulo della velocità che può essere espresso come V = V 2 + V 2 + V 2 .
ϑ a R
53
54 3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
p p
|~g |H := φ + u + ≈u+ per un gas
ρ ρ
p
(3.4) |~g |H := φ + per un liquido
ρ̄
Confrontando le due espressioni si nota che si può istituire la seguente analogia:
energia interna del gas (∆u = cv ∆T ) ⇔ altezza piezometrica (∆φ = |~g |∆z);
energia di compressione ⇔ energia di pressione idrostatica
Questa notazione permette di scrivere il bilancio dell’energia totale (valido sia per un gas isentropico
che per un liquido) nella forma:
Ẇ 1 2 Ėv
(3.5) = −∆ < V > +|~g |H −
ṁ 2 ṁ
o più in generale per un gas nella forma:
Ẇ 1 2 Q̇
(3.6) = −∆ < V > +|~g |H +
ṁ 2 ṁ
Introducendo la notazione di energia di ristagno H0 = H + V 2 /2, si ha infine:
Ẇ h i Ė
v
−∆ |~ |H0 −
ṁ = g Liquido (gas incomprimibile), gas isentropico
ṁ
(3.7)
Ẇ = −∆ |~g |H0 + Q̇ Gas (caso generale)
h i
ṁ ṁ
e quindi definendo una nuova grandezza, Q̇ che rappresenta energia sottratta al fluido per effetto di
attrito o di scambio di calore o della combinazione di entrambi e in particolare:
Q̇ = Ėv Liquido (gas incomprimibile)
(3.8) Q̇ = Ėv = −Q̇ Liquido isotermo (gas comprimibile isentropico)
Q̇ = −Q̇
Gas (caso generale)
e confrontando la legge che esprime la conservazione del momento della quantità di moto (1.119),
con quella dell’energia totale nella forma generalizzata (3.7), si ottiene la relazione fondamentale
delle turbomacchine (o Equazione di Eulero) che stabilisce che:
Q̇ Ẇ Q̇
(3.9) |~g |∆ [H0 ] = ∆ [< U Vθ >] − = −( + )
ṁ ṁ ṁ
valida sia per sostanze gassose che per liquidi.
L’Eq. (3.9) indica che la variazione di altezza totale H0 del fluido tra ingresso ed uscita della
macchina si traduce quindi in potenza meccanica disponibile all’asse e perdite meccaniche ed inoltre
che a tale variazione corrisponde una variazione delle grandezze cinematiche (medie) del flusso tra
ingresso ed uscita della girante stessa.
La relazione (3.9) si può riscrivere come:
Q̇
h i 1 2
h i
∆ |~g |H + ∆ < V > − ∆ < U Vϑ > = −
2 ṁ
e quindi come:
3.3. VARIAZIONE ENERGIA TOTALE 55
1 2 = − Q̇
∆ |~
g |H + < V > − < U Vϑ >
| 2 {z }
ṁ
Entalpia rotazionale di ristagno=I0
Tale relazione suggerisce di introdurre una nuova variabile di stato I0 designata come Rotalpia
di ristagno o Entalpia rotazionale di ristagno
1
(3.10) I0 = |~g |H + V 2 − ωRVϑ
2
che ha la proprietà di conservarsi inalterata tra l’ingresso e l’uscita di una macchina che ruota a
velocità angolare ω costante se il secondo membro è nullo. Ciò accade ad esempio per una macchina
idraulica ideale (Ėv = 0) o per una macchina termica adiabatica (Q̇ = 0).
In conclusione, la relazione di Eulero per le turbomacchine si scrive:
Q̇ Q̇
Ẇ
|~g | ∆ H0 = ∆ U Vϑ − =− +
ṁ
|{z} ṁ
|{z} ṁ
| {z } | {z }
(1) (2) (3) (4)
V2
2 2 2
V W U
(3.14) −∆ h+ = −∆ +∆ −∆
2 2 2 2
ossia:
W2
2
U
−∆ [h] = ∆ −∆
2 2
2
U − U2 2 W − W12
2
h1 − h2 = 1 + 2
2 2
e considerando il gas termicamente e caloricamente perfetto:
2 2
W U
−cp ∆ [T ] = ∆ −∆
2 2
oppure dalla equazione (3.9):
Ẇ
(3.15) = −cp ∆ [T0 ] = −∆ [U Vθ ]
ṁ
e quindi: 2
W2 U2
∆ [T0 ] ∆ [U Vθ ] 1 V
= = ∆ − +
T01 cp T01 cp T01 2 2 2
3.4. Rendimenti
Per una pompa possiamo immaginare il flusso di energia che:
(1) viene fornita, mediante una turbina o altro organo motore, all’asse della pompa ed è detta
potenza reale all’albero ed è pari a Ẇ ;
(2) attraverso delle perdite meccaniche (dovute a cuscinetti, tenute), schematizzabili con un
rendimento meccanico ηmecc , diventano l’energia disponibile per la girante;
(3) la rotazione della stessa trasferisce energia al fluido (|~g |∆ [H0 ]) (energia disponibile per
il fluido) con delle perdite (per flusso non potenziale) quantificabili con un rendimento
idraulico ηidr ;
e il rendimento della pompa è nell’insieme:
ηp = ηmecc ηidr
Per una turbina invece:
3.4. RENDIMENTI 57
(1) l’energia disponibile iniziale è quella del fluido (∆ [h0 ]) (energia disponibile per il flui-
do) e, attraverso le perdite fluidodinamiche (quantificate attraverso il rendimento adiaba-
tico ηts ) dovute a sforzi tangenziali, ricircoli, flussi secondari arriva a costituire l’energia
disponibile per la girante;
(2) attraverso l’organo rotante, con perdite dovute agli attriti e alle tenute
(ηmecc ), si arriva ad
una potenza detta potenza all’albero da cedere all’utilizzatore Ẇ che può essere una
pompa od altra macchina operatrice.
e quindi:
ηT = ηmecc ηts
ed il lavoro necessario alla girante per realizzare un certo salto di pressione si calcolerà semplicemente:
1 p2 − p1 V22 − V12
1 1 p01 p02
Ẇp = Ẇpid = −1 = +
ηp ηp ρ̄ p01 ηp ρ̄ 2
Se l’energia cinetica del flusso in uscita è utile al sistema (per esempio per una successiva
accelerazione in un ugello) allora il lavoro utile che può essere idealmente estratto dalla
turbina è detto total to total ed è pari alla variazione di entalpia totale del flusso:
Ẇttid
(3.16) = −∆ [h0 ]id
tt = h01 − h03s (s1 , p03s )
ṁ
mentre se l’energia cinetica residua non è utile si definisce il lavoro massimo idealmen-
te estraibile (quello in condizioni isentropiche) il lavoro total to static che è pari alla
variazione tra l’entalpia totale a monte e l’entalpia statica a valle:
id
Ẇts
(3.17) = −∆ [h0 ]id
ts = h01 − h3s (s1 , p3 )
ṁ
ma entrambe sono funzione delle sole condizioni a monte e del rapporto di espansione della
turbina.
Figura 3.3. Evoluzione del flusso in turbina riportata nel piano entalpico.
3.4. RENDIMENTI 59
◦ per un’espansione reale le perdite sono diverse da zero e vanno sottratte al lavoro ideale
per avere il valore reale estratto. Tuttavia, nelle macchine motrici a fluido comprimibile
bisogna tener conto che parte del lavoro perso a causa dell’attrito viene recuperato grazie
al riscaldamento del fluido (cosidetto “lavoro di recupero”, 0 ≤ Ėrec ≤ Ėv ):
Ẇttre Ėv Ėrec Ėv Ėrec
= −∆ [h0 ]re id
tt = −∆ [h0 ]tt − + = h01 − h03s (s1 , p03s ) − +
ṁ ṁ ṁ ṁ ṁ
!
re
Ẇts V32 Ėv Ėrec Ėv Ėrec V32
= −∆ [h0 ]re id
ts = −∆ [h0 ]ts − − + = h01 − h3s (s1 , p3s ) − − +
ṁ 2 ṁ ṁ ṁ ṁ 2
e possiamo quindi definire il rendimento adiabatico total to total:
Ẇttre h01 − h03 Ėv − Ėrec
ηtt = id
= =1−
Wtt h01 − h03s ṁ (h01 − h03s )
e il rendimento adiabatico total to static:
Ẇ re h01 − h3 Ėv − Ėrec + ṁV32 /2
ηts = tsid = =1−
Ẇts h01 − h3s ṁ (h01 − h3s )
e quindi il lavoro estratto sarà:
ηtt h03s , Ėv , Ėrec Ẇttid (h03s )
Ẇ = 2
ηts h3s , Ėv , Ėrec , V3 Ẇtsid (h )
3s
2
Adesso, considerando anche la (3.15) si può legare il rendimento adiabatico total to static con il
rapporto di espansione e il lavoro estratto:
T03 T03
1− 1−
cp (T01 − T03 ) T01 T01 Ẇ
(3.18) ηts = = = γ−1 = γ−1 #
cp (T01 − T3s ) T3s "
1− p 3 γ p 3s γ
T01 1− ṁcp T01 1 −
p 01 p 01
visto che nel caso ideale l’espansione è isentropica; per il rendimento total to total:
T03
1−
T01 Ẇ
(3.19) ηtt = γ−1 = " γ−1 #
p03 γ p03s γ
1− ṁcp T01 1 −
p01 p01
e il lavoro per unità di massa può essere quindi espresso come:
" γ−1 #
Ẇts p3s γ
(3.20) = ηts cp T01 1 −
ṁ p01
oppure
" γ−1 #
Ẇtt p03s γ
(3.21) = ηtt cp T01 1 −
ṁ p01
Se consideriamo piccole le differenze tra le energie cinetiche residue nel caso ideale e reale:
V32 V2
' 3s
2 2
allora sussiste una semplice relazione tra i due rendimenti:
ηts
(3.22) ηtt =
V32
1−
[2cp (T01 − T3s )]
60 3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
e risulta subito:
ηtt > ηts
3.4.2.2. Relazione tra il salto di entropia e il rendimento adiabatico. Si riprenda la definizione
(3.18)
T03
1−
T01
ηts = γ−1
p3 γ
1−
p01
5
e si consideri che per una turbina
∆s T03
= ln
cp T03s
visto che i due punti sono sulla stessa curva di pressione totale; si può anche esprimere il rapporto
tra le temperature finali e iniziali come:
γ−1
T03 T03 T03s ∆s p 03 γ
= = e cp
T01 T03s T01 p01
e quindi il rendimento total to static sarà:
γ−1
p03 γ ∆s
1− e cp
p01
ηts = γ−1
p3 γ
1−
p01
ed analogamente per il rendimento total to total:
γ−1
p03 γ ∆s
1− e cp
p01
ηtt = γ−1
p03 γ
1−
p01
3.4.2.3. Rendimento di una macchina pluristadio. La presenza di un’espansione reale, con au-
mento di entropia, porta ad un vantaggio per la turbina quantificabile in un fattore di recupero;
consideriamo per semplicità una macchina a tre stadi con il medesimo rendimento adiabatico del
singolo stadio:
h01 − h02 h02 − h03 h03 − h04
ηst = = =
h01 − h02s h02 − h03ss h03 − h04sss
ed il rendimento totale che sarà definito semplicemente come:
h01 − h04 (h01 − h02s ) + (h02 − h03ss ) + (h03 − h04sss )
ηT = = ηst
h01 − h04s h01 − h04s
ma dal piano entalpico (Fig. 3.4) possiamo anche dire che:
0
h02 = h02s + ∆h2
0
h03 = h03ss + ∆h3
5Dalla definizione di entropia e dal I principio si ha:
dT0 dp0
ds = cp −R
T0 p0
ma per un’isobara (dp0 = 0) si ha che la pendenza aumenta all’aumentare della temperatura (e quindi dell’entalpia):
˛
dT0 ˛˛ T0
=
ds ˛p0 =cost. cp
3.4. RENDIMENTI 61
0 00
h04sss = h04s + ∆h4 + ∆h4
e sostituendo:
0
h 0
0 00
i
h01 − h02s + h02s + ∆h2 − h03ss + h03ss + ∆h3 − h04s + ∆h4 + ∆h4
ηT = ηst
h01 − h04s
ossia:
0 0
0 00
∆h2 + ∆h3 − ∆h4 + ∆h4
(3.23) ηT = ηst 1 +
h01 − h04s
con in generale
ηT > ηst
vista la divergenza delle isobare.
Figura 3.4. Stati termodinamici all’ingresso e all’uscita di ciascuno dei tre stadi
simili di una turbina nel piano entalpico.
3.4.2.4. Rendimento politropico. Se consideriamo ora infiniti stadi che compiono ciascuno un’e-
spansione infinitesima il rendimento politropico si può definire come:
dh0
(3.24) ηp =
dhid
0
ma dall’espressione dell’entropia della nota 5 di pagina 60 si ha:
1
T ds = dh0 − dp0
ρ0
che nel caso isoentropico:
1
dhid
0 = dp0
ρ0
e il rendimento politropico (3.24) diventa:
ρ0 cp dT0 p0 γ dT0
ηp = =
dp0 T0 γ − 1 dp0
ma considerando il rendimento ηp costante tra due stati (1) e (2) e integrando per separazione delle
variabili si ha:
γ−1
p02 γ ηp
T02
(3.25) =
T01 p01
62 3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
Si può introdurre quindi il fattore di recupero politropico definito come il rapporto tra il
rendimento dello stadio e quello politropico:
γ−1
p02 γ ηp
h01 − h02 1− T 02 1−
ηis h01 − h02s 1 T01 1 p01
= = = γ−1
ηp ηp ηp T02s ηp
p02 γ
1− 1−
T01 p01
Si dimostra che tale rapporto è maggiore di uno e quindi è un’effettivo fattore di recupero; risulta
funzione del rendimento politropico e del rapporto di espansione (per la divergenza delle isobare).6
Per una trasformazione politropica di indice n (che può approssimare un’adiabatica non isentro-
pica) rappresentata dall’espressione
p · ρ−n = cost.
si ha, differenziando rispetto alle grandezze totali:
dp0 dρ0
(3.26) −n =0
p0 ρ0
mentre differenziando l’equazione di stato per un gas ideale si ottiene:
dp0 dρ0 dT0
(3.27) − =
p0 ρ0 T0
e combinando (3.26) e (3.27) si ha:
dT0 n − 1 dp0
(3.28) =
T0 n p0
e confrontando le relazioni (3.25) e (3.28) si ha un’espressione di ηp legata all’indice della politropica
n:
γ n−1
(3.29) ηp =
γ−1 n
3.4.3. Rendimento di ugelli. Per un ugello il rendimento7 può essere espresso come rapporto
tra la variazione dell’entalpia statica reale e quella ideale nel caso in cui il processo sia isoentropico:
h1 − h2 V 2 − V12 V22
(3.30) ηn = = 22 ≈
h1 − h2s V2s − V12 2
V2s
con l’ultima approssimazione valida nel caso in cui la velocità all’ingresso dell’ugello sia molto più
piccola di quella all’uscita. Distinguendo per i diversi fluidi:
6In maniera del tutto simile può essere definito un fattore di controrecupero per i compressori che è minore
di uno per le medesime ragioni esposte sopra.
7Ricordiamo che in un ugello o in un diffusore, essendo assenti parti mobili, il lavoro compiuto sul fluido è nullo:
Ẇ = 0
e quindi, nell’ipotesi che il flusso possa essere considerato in buona approssimazione anche adiabatico (Q̇ = 0) l’entalpia
totale (o l’altezza totale) si conserva.
3.4. RENDIMENTI 63
Figura 3.5. Rappresentazione sul piano (h, s) espansione e compressione di ugelli e diffusori
Assegnando diversi valori al grado di reazione, si possono distingurere diversi tipologie di mac-
chine:
◦ macchine ad azione (R = 0): la variazione di energia cinetica è pari alla variazione di
energia totale del flusso e non si ha variazione di entalpia statica (turbine) o pressione
(pompe) attraverso la girante;
◦ macchine a reazione: l’energia fornita al flusso è in parte di tipo statico ed in parte di
tipo cinetico;
◦ macchine a reazione pura: poco usate, producono una variazione di entalpia statica pari
a quella totale (ossia l’energia cinetica del flusso rimane costante).
3.6.2. Turbina. Dall’espressione (3.20) e considerando che il lavoro per unità di massa è pari
alla variazione di momento angolare si può ricavare un’interessante relazione tra il salto di pressione
e la variazione di momento:
γ
p3 ∆ [U Vθ ] γ−1
(3.36) = 1+
p01 ηts cp T01
dove si ricorda che la variazione di U Vt heta riguarda esclusivamente il rotore e quindi nel caso
specifico dello stadio di turbina in esame, con le denominiazioni di Fig. 3.3, indica:
∆U Vθ = U3 V3,θ − U2 V2,θ
Queste relazioni esprimono il fatto che, per forti variazioni di pressione (p3 /p01 1) è necessaria una
variazione notevole del termine ∆ [U Vθ ] che può essere raggiunto attraverso due differenti strategie:
◦ si opera una notevole variazione di U (quindi del raggio) mentre è più contenuta la varia-
zione di Vθ (angoli β bassi); tale è la strategia con cui vengono progettate le macchine
centripete;
◦ si adotta una grossa variazione di Vθ mentre è piccola o addirittura assente la variazione di
raggio; le turbine di questo tipo sono le turbine assiali.
Da notare comunque che, dalla relazione 3.18, il rendimento è funzione del rapporto delle pressioni :
occorre quindi bilanciare gli effetti per avere un sistema efficiente. Dalle ultime relazioni trovate
(3.34), (3.35) e (3.36) si ha:
γ
p3 1 1 2 U γ−1
= 1+ ∆ U − Q∆
p01 ηts cp T01 A tan β
66 3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
con il termine (1) che rappresenta una velocità meridiana media mentre (2) è rappresentativa di
un numero di Mach di pala; è chiaro che per avere un’espansione è necessario che:
1 1
< oppure cot β1 < cot β2 oppure β1 > β2
tan β1 tan β2
(e) vortici alla base e all’estremità del palettaggio (per i gradienti di pressioni tra dorso e
ventre);
(f) urti nei sistemi transonici;
(g) ventilazione dovuta la trascinamento da parte della girante di fluido che non partecipa
al ciclo;
(2) perdite fuori condizioni di progetto: alle perdite sopra elencate si aggiungono:
(a) ricircoli ed urti per incidenze fuori progetto;
(b) stallo (per i compressori) o pompaggio (per le pompe) per basse portate;
(c) chocking per palettature transoniche;
(d) cavitazione per la presenza di basse pressioni in aspirazione.
Il lavoro reale potrà quindi essere espresso dal prodotto:
Ẇ re = ηmecc (ηvol ṁ) (ηidr ∆ [H0 ])
e visto che il fluido è isotermo allora possiamo dire che le grandezze fondamentali sono tre: massa,
lunghezza e tempo. Le grandezze indipendenti scelte per rappresentare lo stato del sistema sono
la densità ρ, il numero di giri N e il diametro caratteristico D. I parametri non dimensionali che
possono essere definiti in maniera indipendente sono:
(1) la cifra di flusso che rappresenta una portata adimensionalizzata
Q
(3.37) ϕ=
N D3
(2) la cifra di pressione che è la prevalenza adimensionale
g∆ [H0 ]
(3.38) ψ=
(N D)2
(3) il rendimento
(4) la cifra di potenza che è una potenza adimensionale
Ẇ
(3.39) λ=
ρ̄N 3 D5
(5) i rapporti tra le misure geometriche caratteristiche e il diametro D
`i
D
(6) il numero di Reynolds indicativo del tipo di deflusso
ρ̄N D2
Re =
µ
con le quali le relazioni precedentemente trovate assumono la forma non dimensionale con sole 3
gruppi indipendenti:
`i
ψ = ψ ϕ, Re,
D
`i
η = η ϕ, Re,
D
`i
λ = λ ϕ, Re,
D
In alcuni casi vi possonoi essere definizioni differenti per i gruppi adimensionali:
◦ per la cifra di flusso possiamo manipolare la sua definizione10
Q π 2 Vm
ϕ= =
N D3 60 U
e quindi una definizione alternativa per la cifra di pressione è
Vm
ϕ̄ =
U
oppure
Q
ϕ̄¯ =
ωD3
10Si ha infatti che
30
N= ω
π
ωD
U=
2
πD2
Q = Vm
4
3.8. ANALISI DELLE PRESTAZIONI CON L’AUSILIO DELL’ANALISI DIMENSIONALE 69
◦ per la cifra di pressione invece, con le posizioni della nota 10, diventa:
∆ [H0 ]
ψ̄ = g
U2
oppure
∆ [H0 ]
ψ̄¯ = g
(ωD)2
Ipotizzando ora che:
`i
◦ i rapporti D siano sempre i medesimi (la classe delle macchine sia la stessa) si abbia cioè
similitudine geometrica;
◦ il numero di Reynolds di macchina ReD sia sempre lo stesso ovvero sia verificata la simi-
litudine fluidodinamica;11
ne consegue che le prestazioni della pompa sono funzione della sola cifra di flusso (quindi della
portata)
ψ = ψ (ϕ)
η = η (ϕ)
λ = λ (ϕ)
ma solo due delle tre relazioni sono indipendenti ; infatti la potenza può essere scritta come il prodotto
della portata massica per la prevalenza reale:
ρ̄Q 1 g∆ Hid
0h i
2
Ẇ = ρ̄Qg∆ Hre =
0 3
N D (N D) ρ̄
ρ̄N D3 ηp (N D)2
e quindi la cifra di potenza12
Ẇ ϕ
λ= 3 5
= ψ
ρ̄N D ηp
In condizioni quindi di similitudine (geometrica e fluidodinamica) è possibile collassare le diverse
curve della prevalenza in funzione della portata (a diversi numeri di giri e diametri) in un’unica
curva di ψ in funzione di ϕ; possiamo notare che:
◦ i diversi punti delle curva caratteristica non dimensionale (ϕ costante) sono, sul piano
fisico, su delle parabole per l’origine a diversa pendenza visto che la portata è, per diametro
assegnato, funzione lineare del numero di giri
Q = ϕN D3
e la prevalenza è funzione quadratica del numero di giri
g∆ [H0 ] = (N D)2 ψ
◦ nel caso in cui il numero di giri sia assegnato allora la portata è funzione del cubo del
diametro e il salto funzione quadratica dello stesso.
◦ l’analisi dimensionale è valida (in particolare l’ipotesi di similitudine fisica è rispettata)
quando la cifra di flusso si mantiene entro un intervallo [ϕmin , ϕmax ] visto che per flussi al
di sopra o al di sotto di tali valori si hanno fenomeni che fanno cadere le ipotesi di studio
(chocking o stallo).
11Bisogna precisare che la similitudine geometrica non è in generale sufficiente per confrontare i risultati di due
pompe visto che il numero di Reynolds identifica il tipo di deflusso: in generale per aumento della scala della macchina
il numero di Reynolds va aumentando e gli effetti viscosi non essendo predominanti non influenzano il confronto; nel
caso in cui si passi a scale più basse il risultato non è garantito.
12Sotto le stesse ipotesi si può dimostrare che per una turbina idraulica si ha:
λ = ηT ϕψ
70 3. PRESTAZIONI DELLE TURBOMACCHINE
Nel caso in cui la geometria della pompa sia variabile (ad esempio gli angoli caratteristici possano
variare) allora se ne terrà conto nelle relazioni attraverso un angolo caratteristico α:
ψ = ψ (ϕ, α)
η = η (ϕ, α)
e quindi il rendimento potrà anche essere espresso come funzione della cifra di flusso e della cifra di
pressione:
η = η ϕ, ψ −1 (ϕ, ψ) = η̄ (ϕ, ψ)
e quindi si avrà la curva risultante come l’inviluppo delle curve a diverse cifre di potenza.
Figura 3.8. Curva del rendimento per una pompa a geometria variabile
3.8.2. Turbomacchine termiche. La differenza fondamentale nell’analisi dei flussi non iso-
termi rispetto a quelli isotermi sta nella presenza della temperatura tra le grandezze fondamentali;
dalla sperimentazione si ottengono delle relazioni del tipo:
∆h0 = h (ṁ, N, D, ρ01 , µ01 , a01 , γ, `i )
η = η (ṁ, N, D, ρ01 , µ01 , a01 , γ, `i )
Ẇ = Ẇ (ṁ, N, D, ρ01 , µ01 , a01 , γ, `i )
ove il pedice ()01 indica la grandezza alla condizione di ristagno nella sezione di ingresso; scegliendo
come grandezze fondamentali la densità ρ, il diametro caratteristico D, il numero di giri N e la
temperatura T possiamo definire i seguenti gruppi:
◦ la cifra di flusso
ṁ
(3.40) ϕ=
ρ01 N D3
◦ il numero di Reynolds di macchina
ρ01 N D2
ReD =
µ01
3.8. ANALISI DELLE PRESTAZIONI CON L’AUSILIO DELL’ANALISI DIMENSIONALE 71
ma dalle definizioni 3.37 e 3.38 si ha la dipendenza contemporanea dal numero di giri e dal diametro;
a tal proposito conviene definire:
◦ il numero di giri specifico
. per una pompa come
1 √
(ϕ∗ ) 2 N Q
(3.47) Ns = 3 = 3
(ψ ∗ ) 4 (g∆ [H0 ]) 4
che dipende solo dal numero di giri;13
13Per una turbina idraulica si preferisce definire il numero di giri specifico alla potenza come
1 1
λ2 Ẇ 2
Nsp = 5 =N√ 5
ψ4 ρ̄ (g∆ [H0 ]) 4
3.8. ANALISI DELLE PRESTAZIONI CON L’AUSILIO DELL’ANALISI DIMENSIONALE 73
. per una turbina a gas invece si preferisce invece la definizione della nota 1314
1 1
λ2 Ẇ 2
(3.48) Nsp = 5 =N√ 5
ψ4 ρ01 (∆ [h0 ]) 4
◦ il diametro specifico
1 0 1
(ψ ∗ ) 4 D g∆ His 4
Ds = 1 = √
(ϕ∗ ) 2 Q
che dipende solo dal diametro;15
e la cosa importante che mentre le cifre sono funzione del disegno della macchina in termini di
dimensioni, portata numero di giri, il numero di giri specifico e il diametro specifico essendo rapporti
tra cifre, sono funzione della sola architettura della turbina o pompa (assiale, radiale o mista).
Si verifica che preso un piano (Ns , Ds ) tutte le macchine si trovano in una ristretta fascia a
pendenza negativa. si ha inoltre che:
◦ macchine ad angolo di uscita β2 costante sono su curve a pendenza negativa all’incirca
parallele tra di loro;
◦ macchine al medesimo rendimento massimo si trovano a su curve crescenti decrescenti con
i rendimenti maggiori a numeri di giri specifici maggiori;
◦ le macchine assiali sono quelle a numero di giri specifici superiori: visto che il numero di
giri specifico e il diametro specifico sono inversamente proporzionali, volendo una maggiore
prevalenza (quindi un diametro specifico maggiore) si andrebbe verso rendimenti sempre
più bassi; la soluzione prevede quindi il passaggio, per salti elevati, a macchine pluristadio
probabilmente assiali (quindi a rendimenti del singolo stadio superiori).
Il fatto che all’aumentare del numero di giri il diametro diminuisca e si passi da macchine centrifughe
a macchine assiali lo si può spiegare nella seguente maniera: considerando che, dalla definizione,
all’aumentare del numero di giri specifico la prevalenza
ω2
2 Q U
g∆ H = ∆ U − ∆
0
D22 − D12
=
A tan β |{z} 4
Q=0
Bibliografia
[1] S. Sandrolini and G. Naldi. Macchine. Pitagora Ed., 1996.
Parte 2
4.1. Generalità
In generale [1] per lo studio delle pompe vengono definite grandezze simili al numero di giri
specifico; dalla definizione di questi infatti si può ricavare il parametro ωs come:
√ √
N Q 30 ω Q
(4.1) Ns = 3 = = 9.55ωs
(g∆ [H 0 ]) 4 π (g∆ [H 0 ]) 43
oppure in termini non adimensionali si ha anche (specie nella letteratura americana)
√
N Q
(4.2) ns = 3
(∆ [H 0 ]) 4
La classificazione delle pompe definisce:
◦ pompe radiali quelle per cui
0.18 ≤ ωs ≤ 1.2
◦ pompe miste quando
1.2 < ωs ≤ 2.6
◦ pompe assiali quelle per cui si ha
2.6 < ωs ≤ 5.5
I componenti fondamentali di una pompa si suddividono in:
◦ componenti che partecipano al ciclo termodinamico del fluido quali:
. i canali di aspirazione che conducono il flusso alla pompa;
. l’induttore che è una pompa assiale con poche pale ad elevato angolo di ricoprimento
che effettua una precompressione utile per evitare problemi di cavitazione nella girante;
. un raddrizzatore che serve a imporre una componente vorticosa al flusso in ingresso
alla girante;
. la girante che compie il maggior lavoro sul fluido;
. la voluta o il distributore che servono ad convertire l’energia cinetica del flusso in
uscita dalla girante in pressione;
◦ componenti che, pur non lavorando direttamente sul fluido, sono essenziali per il corretto
funzionamento della pompa:
. l’albero di trasmissione che fornisce coppia alla girante e all’induttore fornita da
una macchina motrice;
. gli organi di tenuta necessari per evitare perdite di portata;
. i sistemi di lubrificazione per abbassare gli attriti meccanici e aumentare l’omonimo
rendimento;
. il riduttore di velocità utile se la macchina motrice che fornisce potenza lavora ad
un numero di giri troppo elevato per la pompa.
Coppia e potenza assorbite all’albero sono:
Ma = ρ̄Q∆ [RVθ ]
P = ρ̄Qω∆ [RVθ ] = ρ̄Q∆ [U Vθ ]
77
78 4. STUDIO DELLE POMPE
Se consideriamo quindi la legge di Eulero con l’espressione di g∆ H 0 e di Vθ (nel moto relativo con
La potenza quindi:
◦ sarà lineare nel caso di pale diritte;
◦ aumenterà in maniera più che lineare per pale in avanti;
◦ aumenterà meno che linearmente nel caso di pale all’indietro.
4.2.2. Grado di reazione e triangolo delle velocità. Dalla definizione del grado di reazione
come h i h 2i
∆ ρ̄p ∆ V2
R= =1−
g∆ [H 0 ] ∆ [U Vθ ]
e ipotizzando che:
80 4. STUDIO DELLE POMPE
◦ la variazione di velocità meridiana tra ingresso e uscita sia nulla ∆ [Vm ] = 0 e quindi
2 2
V V
∆ '∆ θ
2 2
◦ non vi sia prerotazione
Vθ1 = 0
si ha:
Vθ2
2
2 Vθ2
R=1− =1−
U2 Vθ2 2U2
e possiamo analizzarla in diversi casi:
◦ per reazione completa (R = 1) deve essere Vθ2 = 0 (velocità assoluta diritta e quindi Wθ2 =
U2 ) e quindi le pale debbono essere all’indietro con angolo
Vm
tan β2min = = ϕ2
U2
che è il minimo per avere la necessaria componente di attraversamento per smaltire la
portata richiesta;
◦ per reazione pari al 50% deve essere
Vθ2 = U2
ossia le pale debbono essere diritte (Wθ2 = 0) e con velocità assiale pari alla necessaria
velocità di attraversamento;
◦ per reazione nulla (R = 0) si ha
Vθ2 = 2U2
e quindi le pale debbono essere inclinate in avanti con angolo
β2max = π − β2min
che è il massimo possibile sempre per ragioni di continuità;
Dai vari triangoli possiamo dedurre che a parità di prevalenza totale al diminuire del grado di
reazione aumenta l’energia del fluido ma contemporaneamente il modulo della velocità in uscita
dalla girante aumenta e quindi la voluta è più sollecitata; l’aumento della pressione dinamica inoltre
eleva l’aliquota di perdite, proporzionali alla pressione dinamica. L’utilizzo delle pompe a grado di
reazione unitario sembrerebbe allora migliore: in realtà avendo tali palette un grado di ricoprimento
maggiore portano ad un aumento di grado di reazione nei condotti e quindi maggiori perdite per
attrito.
4.2. ANALISI DEL FUNZIONAMENTO DELLE POMPE 81
4.2.3. Limiti di funzionamento. Partiamo dalla condizione di progetto (in termini di portata
e quindi di velocità di attraversamento Vm2 ), per una pompa con pale all’indietro, e facciamo variare
la portata medesima1 nelle due diverse direzioni ipotizzando che, per un flusso ideale, l’angolo di
uscita sia sempre pari all’angolo di costruzione β2 :
(1) se la portata diminuisce vediamo che l’angolo di uscita α2 diminuisce mentre aumenta in
modulo e ruota la velocità di uscita; se la portata si annulla allora V2 = Vθ2 = U2 e quindi
si ha un vortice forzato e la prevalenza totale è massima
g∆ H 0 = U22
quindi ψ → 1;
(2) se la portata aumenta l’angolo α2 tende a 90◦ e la velocità al valore massimo
Vmmax
2
= U2 tan β2
e quindi, in assenza di prerotazione, la prevalenza è nulla:
U2 W2
g∆ H 0 = 2 − θ2 = 0
2 2
vista anche che il flusso in termini assoluti è radiale; la cifra di flusso corrispondente è:
V max
ϕmax = m2 = tan β2
U2
4.2.4. Effetto della prerotazione sull’ingresso della pompa. Supponiamo che il flusso
in ingresso alla mandata sia uniforme e non viscoso: se la girante è in rotazione si verrà a creare
una distribuzione di velocità tipica di un vortice libero in maniera tale da avere comunque una
distribuzione di pressione uniforme.
In presenza di un raddrizzatore invece la velocità è costretta a mantenere un angolo α1 in ingresso
fisso al variare della portata e questo può essere dannoso: in condizioni fuori progetto (numero di
giri o portata non nominali) si ha una componente meridiana maggiore o minore del previsto con
la possibilità di formazione di urti in ingresso o distacco della vena fluida. Situazione simile la
si ha quando il condotto di mandata è troppo corto: in questi casi il flusso non uniforme si va a
1Per esempio attraverso un aumento delle perdite a monte della pompa (con la variazione della sezione di una
valvola).
82 4. STUDIO DELLE POMPE
sovrapporre ad una prevalenza non uniforme e il flusso in uscita della girante presenta forti ricircoli
con bassi rendimenti.
4.2.5. Scelta del numero di pale e dell’angolo β2 . Una semplice relazione che ci permette
di stimare il numero di pale necessarie per avere un’efficiente girante è:
Rs
zmin = 2k sin βm
`
con Rs , βm rispettivamente raggio medio e angolo medio mentre k è un coefficiente che dipende
dall’architettura:2
k = 6.5 per macchine radiali
k = 4.5 per macchine assiali
Per la scelta dell’angolo di uscita bisogna tenere conto di diversi aspetti:
◦ il raggio di uscita;
◦ la curva caratteristica desiderata;
◦ il lavoro massimo ottenibile; a diversi gradi di reazione avremo, per prerotazione nulla:3
R g∆ H 0 = U2 Vθ2
0 2U22
1
2 U22
1 0
di separazione).
Figura 4.7. Deviazione della corrente sul piano palare per flusso secondario
Nel piano meridiano la potenza associata al filetto fluido in uscita la possiamo scrivere come:
1 dP
= ∆ [U Vθ (z)] = U22 − U2 Wθ2 (z)
ρ̄ dQ
ma la portata per unità di lunghezza e la velocità meridiano potranno essere espresse dalle
dQ = Vm (z) (πD2 dz)
84 4. STUDIO DELLE POMPE
Vm2
W θ2 =
tan β2
Nel caso si adotti una distribuzione di velocità lineare tra i valori Vmp e Vms si ha una cifra di flusso
pari a:
Vmp − Vms
ϕ = V̄ 1 +
12V̄ 2
che è maggiore per velocità medie più elevate (tipiche di macchine ad elevata portata come quelle
assiali).4
Si potranno definire una serie di rendimenti quali
◦ il rendimento idraulico
0 ∆ploss
g∆ Hid −
ηid = 0 ρ̄
g∆ Hid
~2 e U
◦ considerando che nel triangolo di velocità l’area tra V ~ 2 è proporzionale alla potenza
0 Vm Vθ2
P = ρ̄Qg∆ H ' ρ̄gVm A2 U2 Vθ2 = (2ρ̄gA2 U2 )
2
e che nel caso reale si ha, dalla figura 4.7, un’area minore si può definire il rendimento di
palettaggio
0
Preal Vθ2
ηvane = =
Pid Vθ2
4Altro effetto da considerare è la necessaria rastremazione delle palette (specie nelle macchine assiali) che porta
il gradiente di pressione tra dorso e ventre ad annullarsi all’estremità e quindi portando l’ultima tratto della pala ad
essere “inerte”.
4.4. FATTORE DI SCORRIMENTO 85
Stodola ipotizza che “il flusso secondario sia approssimabile con un vortice forzato di diametro d2
compreso tra il bordo di uscita di una pala e tangente alla pala successiva con velocità angolare
Ω uguale e contraria al quella della girante”. La velocità di scorrimento (slip) può essere quindi
calcolata come
0 d
∆Vθslip = Vθ − Vθ = Ω
2
con
2πR2
d' sin β2
z
con z numero di pale. Sostituendo
πU2
∆Vθ = sin β2
z
mentre
Vθ2 = U2 − Vm2 cot β2
e il fattore di Stodola è
π
zsin β2
σ =1+
1 − ϕ cot β2
ed è funzione:
◦ del numero di pale: all’aumentare di queste diventa migliore la capacità di guida del flusso
e quindi maggiore σ che al massimo è unitario (per portata nulla);
◦ dall’angolo di uscita β2 ;
◦ dalla cifra di flusso ϕ: man mano che la portata aumenta si ha una minore capacità delle
palette di incanalare il flusso e dunque una diminuzione del fattore σ.
86 4. STUDIO DELLE POMPE
4.4.2. Trattazione di Busemann. Tale teoria è valida solo per i profili a spirale logaritmica 5
e trova un fattore σ pari a
A − Bϕ2 tan β 0
σ=
1 − ϕ2 tan β 0
che presenta lo stesso denominatore ma un numeratore con coefficienti6 che sono funzione del:
◦ numero di pale;
◦ del rapporto tra i raggi;7
◦ dell’angolo β 0
4.4.3. Trattazione di Stanitz. Egli considera una trattazione di flusso potenziale valida solo
per campi 2-D (quindi per pale a semplice curvatura) e ritrova che il fattore lo scorrimento ∆Vθ :
◦ non dipende dall’angolo di uscita β2 ;
◦ dipende dal numero di pale z;
◦ dipende in maniera debole dalla comprimibilità;
ottenendo:
U2 π
∆Vθslip = 0.63
z
0.63 πz
σ =1−
1 − ϕ cot β2
5I profili a spirale logaritmica sono profili che mantengono il medesimo angolo indicato qui con β 0 = −β a tutti i
raggi e possiamo determinare le seguenti relazioni:
◦ l’angolo di ricoprimento è
R2
γ = tan β 0 ln
R1
◦ il rapporto tra la lunghezza e l’apertura del canale interpalare è
` z R2
= ln
s 2π cos β 0 R1
con
2π (R2 − R1 )
s=
z ln R
R1
2
0
g∆ H 0 z = U2 Vθ2
4.5.1. Diffusore liscio. Visto che il lavoro scambiato è nullo il momento della quantità di moto
si conserva:
∆ [U Vθ ] = ω∆ [RVθ ] = 0
che ha come soluzione il vortice libero:
R2 Vθ2 = R3 Vθ3
cui vanno affiancati l’equazione di continuità e di conservazione dell’energia:
ρ̄2πR2 b2 Vm2 = ρ̄2πR3 b3 Vm3
2
p V
∆ +∆ =0
ρ̄ 2
2 2
p Vm V
∆ = −∆ −∆ θ
ρ̄ 2 2
p3 − p2 1 2
Vm2 − Vm2 3 + Vθ22 − Vθ23
=
ρ̄ 2
e ricavando dalla continuità e dalla condizione di vortice libero le velocità in uscita:
R22 b22 R22
p3 − p2 1 2 2
= V 1 − 2 2 + Vθ2 1 − 2
ρ̄ 2 m2 R3 b3 R3
che mette in luce la dipendenza del recupero di pressione da:
◦ la variazione delle sezioni di passaggio;
◦ la variazione della distanza da centro.
4.5. ANALISI DELLA DIFFUSIONE 89
4.5.2. Diffusore palettato. Quando il recupero di pressione deve essere elevato l’uso di un
diffusore liscio presenta diversi problemi: il rapporto tra i raggio può essere tale da rendere il sistema
troppo ingombrante ed un angolo di divergenza troppo grande può causare separazione del flusso
con elevate perdite idrauliche.
Nei casi più frequenti si utilizza pertanto un diffusore palettato: la presenza di canali inter-
palari (che costituiscono dei divergenti con angolo 8-12◦ ) permette una guida del flusso migliore e
maggiori recuperi di pressione ottenibili rispetto al diffusore liscio; accorgimenti progettuali sono:
◦ l’utilizzo di un numero di pale del diffusore primo rispetto al numero di pale della girante
(per evitare fenomeni di risonanza del flusso nel diffusore);
◦ la presenza di un prediffusore liscio per eseguire una precompressione e omogeneizzazione
del flusso a valle delle palette rotoriche.
Per il diffusore palettato le equazioni da utilizzare sono la conservazione dell’energia
2
p V
∆ = −∆
ρ̄ 2
la continuità (indicando con b2 e b3 la profondità dei canali in ingresso e uscita)
Vm2 b2 R2 = Vm3 b3 R3
e la relazione tra velocità tangenziale e meridiana:
Vm
Vθ =
tan α
1 R
θ= ln
tan ᾱ R0
e quindi la sezione di passaggio sarà:
Q
2πR3 Vθ b̄
θ
A (θ) = [R (θ) − R0 ] b̄ = R0 b̄ e 3 −1
che cresce esponenzialmente con l’angolo θ e pertanto può portare alla separazione del flusso per
l’elevata compressione che imprime.
4.5.3.2. Voluta a pareti piane divergenti. La distanza tra le pareti per un raggio R è in questo
caso
b (R) = b1 + m (R − R0 ) = k2 R
e quindi l’angolo della velocità è:
Q 1
tan α =
2πk1 k2 R
e quindi integrando:
Q
dR = dθ
2πk1 k2
Q
R = R0 + θ
2πk1 k2
che aumenta linearmente con θ descrivendo in tale frangente una spirale archimedea e la sezione
di passaggio cresce in questo caso linearmente con θ:
b2 + b1 b2 + b1 Q
A (θ) = [R (θ) − R0 ] = θ
2 2 2πk1 k2
4.6. CALCOLO DELLE CURVE REALI 91
4.5.3.3. Voluta a sezione circolare. Scopo principale dell’adozione di tale sezione è mantenere
la velocità costante in tutte le sezioni : in questa maniera si evitano i problemi di carichi laterali
sull’albero per un campo di pressione non uniforme. La velocità sarà fissata dalla portata complessiva
uscente dalla voluta e la sezione finale della stessa:
Q (2π) = Ag Vg
con Vg ' 0.5 ÷ 0.65Vθ3 . Si può fare il bilancio tra la portata proveniente dal diffusore per un certo
raggio R e la portata uscente per l’angolo θ corrispondente:
Vm3 R3 θb3 = Vg A (θ)
che deve valere anche all’uscita e quindi:
A (θ) Q (θ) Vm3 R3 θb3 θ
= = =
Ag Q (2π) Vm3 R3 b3 2π 2π
ossia in questo caso l’area cresce linearmente con θ
Ag
A (θ) =
θ
2π
e quindi il raggio cresce in maniera meno che lineare:
r
4A (θ)
R (θ) = R3 + d (θ) = R3 +
π
e in questa maniera si ottiene un campo di pressioni uniformi anche se in realtà la velocità non è
costante lungo la sezione per la presenza della distribuzione di un vortice libero.10
Z Z
Md = dM = ρ̄ (ω − ωf )2 ξd R3 dA = ρ̄ (ω − ωf )2 Jd
Ad Ad
ove Jd assume il ruolo di un momento di inerzia; per la carcassa, visto che la sua rotazione è nulla:
Mc = ρ̄ωf2 Jc
Dobbiamo ora distinguere i due casi:
◦ per un flusso nullo la coppia che viene trasmessa dal disco al fluido è pari a quella che
il fluido cede alla carcassa (non si ha una variazione di momento di quantità di moto del
fluido); uguagliando le due espressioni possiamo quindi ricavare la velocità di rotazione del
fluido ωf
√
Jd ω
ωf = ω √ √ |{z}=
Jd + Jc 2
Jd =Jc
e di seguito la coppia sulla girante:
1
Md = ρ̄ω 2 2
√1 + √1
Jd Jc
In maniera semplificata possiamo per la girante tenere conto della velocità assoluta e quella relativa
per mezzo di opportuni coefficienti:
0
∆p V2 W2
= KV 2 + Kw 2
ρ̄ 2 2
con KV = 0.2 ÷ 0.4 e Kw = 0.1 ÷ 0.2.
4.6.1.3. Perdite per urti. In condizioni di fuori progetto e per angoli di deflusso reali si hanno
delle perdite fluidodinamiche ascrivibili ad vortici, scie, ecc. . . che vanno sotto il nome di perdite
per urti e che possiamo calcolare per la girante come
∆Wθ21
0
∆p
= ζgir
ρ̄ gir 2
4.6.1.5. Diffusore. Per il diffusore bisogna innanzitutto considerare che il triangolo in uscita dalla
girante presenta un fattore di slip differente da quello di progetto; le approssimazioni possibili sono
due:
◦ consideriamo che al variare della portata il rapporto
δVθslip
2
U2
rimanga costante; ne segue che dall’espressione della prevalenza si ha:
0 2 2 W θ2
gH = U2 − U2 Wθ2 = U2 1 −
U2
e introducendo il fattore di slip
Wθ2 = Wθ∞
2
− δVθslip
2
si ha
δVθslip
!
gH =0
U22 − U2 Wθ∞
2
− U22 2
U2
con il termine tra parentesi costante per ipotesi. Ne segue che lo scorrimento ad una portata
diversa dalla nominale lo si può valutare come segue:
. si considera la condizione di progetto e si determina, con una trattazione opportuna,
il fattore di scorrimento e quindi il triangolo reale;
. a partire dallo scorrimento nominale si traccia la parallela alla Wθ∞
2
e l’estremo di tutti
~
i vettori V2 sarà su tale retta;
. quindi la distanza tangenziale tra la retta delle velocità V2 nominale e tale parallela
fornisce lo scorrimento alle differenti portate;
ed allora la correzione di slip alle varie portate sarà:
δVθslip
" !#
Q 2
∆Vθ = 1 − U2 1 −
QN U2
mentre tra ingresso e uscita del diffusore possiamo ipotizzare flusso a vortice libero con
α2 = α3 visto che le particelle descrivono una spirale archimedea:
R2
∆Vθ3 = ∆Vθ2
R3
e quindi la correzione è:
!2
Q 2 δVθslip
0 2
U22
∆p 2
R2
= ζdif f 1− 1−
ρ̄ dif f 2 QN U2 R3
e la curva delle prevalenze reali ha una distanza verticale costante da quella ideale;
4.6. CALCOLO DELLE CURVE REALI 95
δVθslip
Figura 4.11. Perdite per urti nel diffusore: 2
U2 = cost.
◦ altra possibilità è considerare il coefficiente di Pfleiderer costante con una differenza tra le
prevalenze che diminuisce con l’aumentare della portata:
0
gH∞ = (1 + Cp ) gHz0
e il ∆Vθ2 alle varie portate si trova nella seguente maniera:
. si considera ancora il triangolo di velocità in condizioni nominali con la correzione di
scorrimento opportuna;
U2
. sulla velocità U2 si stacca il vettore 1+C p
individuando il punto B che corrisponde
all’estremo del vettore V~2 per portata nulla;
. si individua il punto A che corrisponde all’estremo del vettore V ~2 in condizioni di
prevalenza nulla e si traccia la retta per AB;
~2 si troveranno su tale retta e quindi la distanza dal prolunga-
. gli estremi del vettore V
mento del vettore w ∞
~ 2 è lo scorrimento cercato;
Calcolato lo scorrimento come
Q 1
∆Vθ2 = 1 − U2
QN 1 + Cp
e ipotizzato ancora un vortice libero tra le sezioni 2 e 3
R2
∆Vθ3 = ∆Vθ2
R3
e quindi la correzione è:
Q 2
0 2 2
U22
∆p 1 R2
= ζdif f 1−
ρ̄ dif f 2 QN 1 + Cp R3
Per il diffusore liscio vi sono perdite per attrito che dipendono dalla traiettoria delle particelle: visto
che essa è più lunga a portate inferiori tale aliquota di perdite è inversamente proporzionale alla
portata.
4.6.2. Curve caratteristiche reali e rendimento idraulico delle pompe. Le curve carat-
teristiche reali delle pompe avranno pertanto una diversa espressione a seconda delle ipotesi assunte
sul rendimento dei palettaggi. Nei due casi limiti da noi esaminati nella stime delle perdite per urto,
∆Vθslip
siottienee quindi nel caso in cui = cost.:
U2
2
slip
" # 0 0 0
δV ∆p ∆p ∆p
gH 0 = gH∞
0
− U22 θ2 − + +
U2 ρ̄ attr ρ̄ urto ρ̄ urto
girante dif f usore
e nel caso in cui Cp = cost.:
96 4. STUDIO DELLE POMPE
∆Vθslip
Figura 4.13. Curve reali nel caso U2
2
= cost.
0
∆p0 ∆p0 ∆p0
gH∞
gH 0 = − + +
1 + Cp ρ̄ attr ρ̄ urto ρ̄ urto
girante dif f usore
4.7. Cavitazione
4.7.1. Fenomenologia. Una particella fluida è composta da: liquido, gas disciolti, vapore del
liquido disciolto.
La pressione parziale pG dei gas e la pressione parziale pV del vapore (denominata tensione di
vapore) disciolti nel liquido sono funzioni principalmente della temperatura e ovviamente del tipo di
liquido e di gas disciolto.
A parità di pressione totale, la pressione statica della particella diminuisce laddove la sua velocità
aumenta come ad esempio accade sul lato in pressione delle pale di una girante di pompa.
Se la pressione statica del fluido diviene inferiore a quella della tensione di vapore del liquido
o diella pressione parziale dei gas disciolti (p < pV o pG ) allora vapore e gas possono evaporare
localmente formando micro-bolle e dando origine cosı̀ ad un flusso bifase.
Man mano che la velocità sul dorso della pala diminuisce, la pressione statica riaumenta e questo
comporta l’implosione dei vapori e gas che tornano in soluzione (monofase).
I principali effetti della cavitazione sono:
◦ Rumore e vibrazioni
Sono causate dall’implosione delle micro bolle. Rumore e vibrazioni possono però essere
anche causate da pale con elevati angolo di attacco del flusso all’ingresso in condizioni di
fuori progetto. E’ bene perciò non confondere le diverse cause;
◦ Caduta della curva caratteristica H-Q e del rendimento: In funzione del numero specifico
di giri della girante si hanno diverse conseguenze sulla curva caratteristica della pompa
(Fig. 4.15). In particolare se:
. ns < 1500 (pompe radiali) allora si ha un’improvvisa caduta della prevalenza ad una
certa portata che dipende dal numero di giri e dalla pressione totale all’aspirazione
della girante; in tal caso i canali interpalari sono lunghi e stretti, e la condizione
di cavitazione iniziata sul lato in depressione riesce ad estendersi attraverso l’intera
sezione di passaggio del canale; questo determina una parziale occlusione del canale
con conseguente crollo della prevalenza elaborata dalla girante;
. 1500 < ns < 5000 (pompe miste) la caduta della prevalenza è più graduale ma ancora
apprezzabile; in tal caso i canali interpalari sono più corti e larghi; per poter estendere
la condizione di cavitazione a tuuta la sezione di passaggio bisogna far defluire una
portata maggiore rispetto a quella da una pompa radiale;
. ns > 5000 (pompe assiali) la caduta della prevalenza non è più apprezzabile; i canali
interpalari sono pochi, corti e larghi; questo determina una bassa sovrapposizione fra
due canali consecutivi; anche ad elevate portate la zona di flusso bifase determinata
dalla cavitazione non riesce mai ad invadere l’intero canale e quindi si riesce ad ottenere
soddisfacenti prestazioni della pompa anche in regime di cavitazione sviluppata.
◦ Azione meccanica di martellamento delle pale e eventuale rottura per corrosione e/o fatica
del metallo: durante l’implosione le bolle presenti sulla parete della pala, esercitano un
martellamento della superficie ad alta frequenza (600-25000 Hz) e ad elevatissime pressioni
(300 e 1000 atmosfere). Se le bolle si formano sulla superficie della pala, si possono creare
98 4. STUDIO DELLE POMPE
V2 V2
pA pS ∆p0
+ gzA + A = + S + gzs +
ρ 2 ρ 2 ρ loss
pmin pS W2
(4.3) = − λw 1
ρ ρ 2
dove
λw = 0.2 − 0.4
La relazione diretta tra le condizioni nel serbatoio ed il punto di minima pressione si ottiene
eliminando ps dalle due espressioni e :
pmin ≤ pV (T ) + pG (T )
dove la condizione di incipiente cavitazione si verifica quando nella vale il segno di eguaglianza. In
tal caso possiamo sostituire l’espressione di pmin nella per ottenere che:
2
pA VA2 W12
0 ∆p0 pV (T ) + pG (T ) 1 Q
+ − gh = gHA − gzS = + + + λw
ρ 2 ρ loss ρ 2 AS 2
Questa espressione rappresenta un vincolo al quale devono sottostare tutte le grandezze onde far
preservare le condizioni di incipiente cavitazione, ovvero se una grandezza aumenta si deve verificare
un simultaneo aggiustamento delle altre onde prevenire il manifestarsi della cavitazione.
Fra le principali situazioni che possono essere di interesse citiamo i casi di:
4.7. CAVITAZIONE 99
V2 p0S
pS pV + pG pV (T ) + pG (T )
(4.4) N P SH := + S − = −
ρ 2 ρ ρ ρ
Si possono fare delle prove al banco in modo che la pompa funzioni a numero di giri N e pressione
all’aspirazione pS fissate. Dall’andamento delle curve caratteristiche H = f (Q, N, pS ) si ricavano i
punti di incipiente cavitazione che indicheremo con il simbolo *.
Le condizioni di incipiente cavitazione sono definte convenzionalmente nel punto della curva
caratteristica ottenuta per Q ed N costanti ed al variare (diminuire) della pressione all’aspirazione
in cui la prevalenza sviluppata dalla pompa raggiunge il 97% del suo valore nominale (Fig. 4.17).
V2 V2
pS pA ∆p0 pV + pG
+ S = − g(zs − zA ) + A − = N P SH +
ρ 2 ρ 2 ρ loss ρ
da cui si può ricavare che l’NPSH dell’impianto vale:
pA VA2
∆p0 pV + pG
N P SHimpianto = + − gh − −
ρ 2 ρ loss ρ
Pertanto la condizione per far funzionare la pompa in assenza del pericolo della cavitazione è :
N P SHimpianto ≥ N P SHpompa
N P SH
σ=
g∆ [H0 ]
e
√
Q
NSS = N
3
(N P SH) /4
I due parametri sono legati fra loro dalla relazione:
1,333
NS
σ=
NSS
I parametri di similitudine possono risolvere il problema di estrapolare le curve di N P SH(Q, N )
note per una macchina che ha un certo diametro caratteristico D1 e che ruota al numero di giri N1
a macchine aventi diverso diametro e rotanti a diversi giri.
Se il funzionamento della macchina prototipo e delle altre macchine in esame rispetta le condizioni
di similitudine geometrica e fluidodinamica, allora entrambe le machine avranno gli stessi valori di
σ e NSS . Se inoltre si troveranno in condizioni di incipiente cavitazione caratterizzate dallo stesso
valore del parametro di Thoma, allora si avrà :
4.7. CAVITAZIONE 101
(N P SH)1 (N P SH)2
σ1 = σ2 → =
gH10 gH20
Q1 Q2
ϕ1 = ϕ2 → 3 =
N1 D1 N2 D23
gH10 gH20
ψ1 = ψ2 → =
N12 D12 N22 D22
Da cui se si vuole valutare l’effetto del diverso numero di giri si ha:
2
N2
(N P SH)2 [Q2 ] = (N P SH)1 [Q1 ]
N1
con
N1
Q2 = Q1
N2
Mentre l’effetto del diverso diametro comporta che:
2
D2
(N P SH)2 [Q2 ] = (N P SH)1 [Q1 ]
D1
con
D1 3
Q2 = Q1
D2
Il numero di giri specifico all’aspirazione è un parametro di similitudine più utilizzato di recente
e serve a caratterizzare immediatamente il tipo di pompa nei confronti delle sue prestazioni in
condizione di incipiente cavitazione. Ad esempio un valore di NSS di 10,000 prevede una pompa
senza inducer, mentre per ottenere NSS dell’ordine dei 100,000 è indispensabile aggiungere l’inducer
in serie alla girante centrifuga. Un ulteriore problema che può essere facilmente risolto con l’ausilio
del NSS è quello di determinare il massimo numero di giri per una pompa con un dato NSS e che
debba operare alla portata QN in un’impianto che fornisce un certo N P SHi . In tal caso si ha che:
q
NSS 4
(N P SH)3i
Nmax = √
QN
4.7.5. L’effetto TSH (Thermodynamic Suppression Head). Quando la pressione statica
locale scende sotto la tensione di vapore, il liquido evapora formando vapore. Il processo di eva-
porazione richiede una quantità di calore che viene sottratta alla fase liquida della particella fluida
provocando un’abbassamento della temperatura della particella stessa. Ma la tensione di vapore è
anch’essa funzione della temperatura e quindi il confronto fra pressione statica e tensione di vapore
deve essere effettuato tenendo in debito conto questa dipendenza.
Si può osservare che l’abbassamento di tensione di vapore dovuto all’evaporazione si può qua.jpgicare
come segue:
dpvap pvap hg
(4.6) ≈
dT Rvap T 2
102 4. STUDIO DELLE POMPE
dove xvap è la frazione molare di vapore nella miscela, hg è il calore latente di evaporazione, cp,liq è
il calore specifico del liquido, Rvap = R/wvap è la costante del vapore e wvap è il peso molecolare del
vapore e R è la costante universale dei gas. Con queste posizioni, l’abbassamento percentuale della
pressione di vapore in funzione della percentuale di vapore presente vale:
" 2 #
∆pvap hg cpliq
= xvap = K
pvap cpliq T Rvap
Questo comporta che:
(N P SH)
2
Vm
≈3 nel caso di H2O
2g
(N P SH)
2
Vm
≈2 nel caso di LOX
2g
(N P SH)
2
Vm
≈1 nel caso di LH2
2g
Che indica che l’idrogeno liquido gode del più elevato TSH, ovvero che a parità di velocità
meridiana richiede il minimo NPSH.
4.7.6. Relazione fra NPSH e angolo di ingresso delle pale. Nella progettazione de-
gli induttori si tiene conto che questi sono organi anticavitazione. Si utilizza anche qui analisi
adimensionale. U è la velocità più elevata, nelle pompe assiali al tip
p0S −pV
τ= ρ U2
2
Ut = −ωRT ip
ψ1 η = F (ϕ, τ, disegno)
τ = F (ϕ, disegno)
E’ una funzione definita sperimentalmente per vari tipi di pompa.
Se lavoriamo con delle Ut elevate, data
pos − pV →
deve essere
τmin ↓
Numero di pale deve essere basso e quindi le pale hanno un forte ricoprimento l’una contro l’altra.
Questo perchè lavorano in condizioni di incipiente cavitazione.
L’uso degli induttori ci permette di lavorare a ω più elevato e a diminuire la pressione nei serbatoi,
tutte caratteristiche che ci servono.
sin ϑ
τmin =f ϕ
1 + cos ϑ
4.8. RELAZIONE FRA NUMERO DI GIRI SPECIFICO E GEOMETRIA DELLA POMPA 103
gH 0 = ψ2 U22
Q = ϕ2 U2 πD2 b2
Dalla definizione di numero di giri specifico kq :
√
ω Q
kq := 3
(gH 0 ) 4
si può ricavare la:
√ √ √
ω ϕ2 U2 πD2 b2 √ b2 ϕ2
kq := 3 = 2 π√
(ψ2 U22 ) 4 D2 (ψ2 ) 34
che mostra esplicitamente come valori bassi di kq si ottengono per valori bassi di cifra di flusso, alti di
cifra di pressione e per bassi rapporti fra b2 e D2 (macchine a flusso radiale) e viceversa ((macchine
a flusso assiale).
Estendendo l’analisi alle condizioni all’aspirazione si trova che le relazioni:
V1e
ϕ1 =
U1e
D2
U1e = U2
D1e
consentono di scrivere la portata come:
π(D1e2 − D2 ) π 2 D2 D2 π 2 D2
1i
Q = V1e = ϕ1 U1e D1e (1 − 21i ) = ϕ1 U2 D1e (1 − 21i )
4 4 D1e D1e 4 D1e
e infine la velocità specifica come:
r
2
D1i
ω ϕ1 U2 DD1e2 π4 D1e
2 (1 −
2 ) √
s 3 s
D1e √ D1e D2 ϕ1
kq := 3 = π (1 − 21i )
(ψ2 U22 ) 4 D2 D1e (ψ2 ) 34
Esplicitando questa relazione rispetto al rapporto tra diametro max all’aspirazione e diametro
allo scarcio della girante di ha:
2 √
D1e 1 kq 3 ψ2
(4.7) = √ √
D2 3
π 1 − ν2 3 ϕ
1
dove:
D1i
ν=
D1e
Dalla relazione (4.7) si ricava che il rapporto D1e /D2 è tanto maggiore quanto più è alta la
velocità specifica e la cifra di pressione e più bassa la cifra di flusso. Inoltre tanto maggiore è il
prolungamento del bordo d’attacco verso l’aspirazione (piccolo ν < 1) tanto maggiore diventa il
rapporto D1e /D2 . Il rapporto ottimale fra D1e e D2 potrà essere identificato come illustrato nella
sezione che segue.
104 4. STUDIO DELLE POMPE
4.9.1. Determinazione del bordo di attacco che minimizza le perdite. Sotto l’ipotesi
che siamo fuori dalle condizioni di cavitazione, si può trovare quel valore del diametro esterno D1e
che rende minimi gli urti; la portata in ingresso è:
Q = π R12e − R12i V1
mentre dal triangolo di velocità nel caso di prerotazione nulla la portata, con la velocità meridiana
V1 costante, si ricava la portata in funzione delle relativa e di rotazione:
q 2
Q = π R12e − R12i W1e − ω 2 R12e
ma le perdite d’urto sono proporzionali alla velocità W1e (che tra l’altro è la più grande nell’intervallo
R1i < R < R1e ); possiamo:
◦ minimizzare, a parità di portata Q, la velocità W1e e ottenere quindi la condizione di ottimo
in termini di R1e ;
◦ massimizzare, a parità di W1e , la portata Q trovando quindi ancora la condizione di ottimo
in termini di R1e che ancora minimizza le perdite d’urto.
che, per 0.3 ≤ ν ≤ 0.5 e 0.614 ≤ ϕ ≤ 0.674, va da un valore di 31 a 34 gradi. Dalla definizione della
cifra di flusso:
V1,e,ott Q 1
ϕott
1 [ν] = = 2 ott
U1,e,ott ott ωR
π R1,e (1 − ν 2 ) 1,e
s
ott 3
Q
(4.8) R1,e =
πϕott
1 [ν]ω (1 − ν 2)
e da qui il valore del raggio interno11
ott ott
R1,i = νR1,e
Il valore ottimale del rapporto D1e /D2 si può quindi ricavare inserendo nella relazione (4.7) i
valori ottimali di ϕott
1 per assegnati ν, ψ2 e kq .
4.9.2. Progettazione del bordo di attacco per minimo N P SH. Dalla definizione di
N P SH, Eq. (4.4, sostituendo alla pressione totale la sua definizione e dalla pressione minima il
legame con la pressione all’aspirazione, Eq. (4.3), si ha:
V12 W2
N P SH = + λw 1
2 2
si trova
U12 2
N P SH = ϕ1e (λw + 1) + λw
2
Si può definire il parametro di cavitazione (analogo a N P SH):
√
ω Q
Kcav = q
4
(N P SH)3
e sostituendo
πϕ1e 1 − ν 2
2
Kcav = 3
1 2 (λ + 1) + λ
2 ϕ1 e w w
2
◦ diminuire la velocità di rotazione della girante; tale soluzione confligge però con la necessità
di accoppiare la girante della pompa con quella della turbina senza l’impiego di riduttori di
velocità;
◦ diminuire il raggio esterno all’aspirazione della girante.
Inserendo il valore ottimo della cifra di flusso nella (4.9) possiamo ricavare il raggio ottimo
esterno:
s
Q
(4.10) R1ott =
e
πϕott
1e ω (1 − ν 2)
Figura 4.19.
Figura 4.20.
sull’albero che collega le giranti. In particolare, la spinta può essere decomposta in una componente
radiale ed una assiale rispetto all’albero della turbopompa. Vediamo nelle due sezioni che seguono
quali sono le origini di queste componenti di spinta e come il progetto della turbopompa deve essere
concepito in modo da minimizzare l’impatto di tale spinta.
4.11.1. Bilanciamento carichi radiali nella voluta a sezione circolare. In condizioni di
progetto è stato visto come la voluta a sezione circolare sia l’unica ad avere il campo di pressioni
costante lungo θ; in condizioni fuori progetto però si ha la presenza di una distribuzione non uniforme
visto che la velocità Vg non è quella prevista.
Considerando il semplice caso di mandata nulla abbiamo che le condizioni al contorno all’inizio
della voluta e alla fine sono differenti:
◦ per θ = 0 la velocità Vg coincide con la componente tangenziale della velocità in uscita dal
diffusore
Vg (0) = Vθ3
e dunque diversa da zero;
◦ per θ = 2π per la continuità la velocità deve essere nulla
Vg (2π) = 0
e quindi, dividendo grossolanamente la girante in quadranti, verso l’uscita la velocità si annulla e la
pressione tende a quella totale: si ha un carico netto verso l’alto e quindi una sollecitazione a fatica
dell’albero. La risultante può essere graficamente individuata sul piano (θ, H) come l’area tratteg-
giata in blu tra la curva nominale e quella reale a portata inferiore a quella nominale. Per portata
superiore a quella nominale si ha un carico di segno opposto visto che la velocità va aumentando
mentre la pressione diminuisce. Una relazione empirica che ci fornisce il modulo di tale risultante
per tutte le condizioni è: " #
Q 2
F =k 1−
QN
che vede una proporzionalità quadratica con la portata.
4.11.2. Bilanciamento carichi assiali. In presenza di un flusso non nullo nella girante esiste
una spinta assiale: in virtù dei trafilaggi di fluido dietro il disco e dietro al controdisco esiste una
risultante in direzione x che dipende dalla portata visto che dalla portata dipende il salto di pressioni
realizzato. Possiamo scrivere il bilancio della quantità di moto in direzione assiale:
◦ che le tenute siano tali da portare le portate di fuga a zero: il fluido quindi si mette in
rotazione come un corpo rigido con una velocità angolare ωf
ωd
ωf =
2
come visto nel paragrafo 4.6.1.1;
◦ oppure che si abbia una portata non nulla: per i nostri scopi possiamo adottare l’ipotesi
di Pfleiderer che, anziché considerare il bilancio di momento di quantità di moto, considera
che il fluido sia ad una velocità di rotazione maggiore di quella del paragrafo 4.6.1.1:
0.8ωg < ωf < ωg
e in ogni caso avremo una distribuzione di pressione di vortice forzato:
ωf2
p (R) = ρ̄ R2 + cost.
2
con la condizione al contorno
ωf2
p (R2 ) = p2 = ρ̄ R22 + cost.
2
e quindi
ωf2
R22 − R2
p (R) = p2 − ρ̄
2
da cui la pressione media
R2 ωf2
Z
R22 − R12
p̄ = p (R) 2πRdR = p2 (Q) − ρ̄
R1 4
Per il dimensionamento è necessario considerare il valore massimo di p2 che si raggiunge per mandata
nulla (Q = 0)
p2 − p1
= U22
ρ̄
che fornisce la massima spinta negativa.
Un possibile rimedio alla spinta assiale la creazione di camere stagne dietro al disco che, essendo
in comunicazione con l’imbocco della girante, siano a pressione p1 e quindi limitino al massimo il
tratto ove si risente della differenza pd − p1 (Fig. 4.22). In tale tratto si risente infatti sia della
presenza del foro che della pressione atmosferica:
ωf2
R2 − Rf2
p (R) = p1 + ρ̄
2
con una pressione media:
ωf2
Rt2 + Ra2 − 2Rf2
p̄ = p1 + ρ̄
4
110 4. STUDIO DELLE POMPE
e, imponendo ad una certa portata che sia pari alla pressione p1 si trova la posizione del foro
r
Rt2 + Ra2
Rf =
2
la risultante:
F = (pd − p1 ) A0 − (p1 − patm ) Aa − ṁV1i
risulta la minima in condizioni nominali.
e reintroducendo la portata
Z b
Q = πD2 Vm dz
0
si ha:
Rb
P 2 U2 0 Vm2 dz
= U2 −
ρ̄Q tan β2 b Vm dz
R
0
che ritorna all’espressione derivante dall’equazione di Eulero
P U2 Vm2
= U22 −
ρ̄Q tan β2
solo nel caso in cui il profilo di velocità sia proprio un profilo uniforme.
L’utilizzo nell’esempio dell’ossigeno liquido elimina i problemi legati alla comprimibilità ; nel
caso si fosse fatto uso di idrogeno liquido la densità sarebbe stata funzione della pressione e della
temperatura secondo delle relazioni semiempiriche del tipo:
p−p̄
−α(T −T̄ )
ρ = ρ̄e β
con β e α costanti valide in un intorno di p̄, T̄ .
Per il disegno della pala si considera un arco di cerchio il cui centro si individua con il seguente
algoritmo:
(1) si considerano i due cerchi di raggio (medio nel nostro caso) R1 e R2 che delimitano la pala;
(2) a partire da una direzione di riferimento, si traccia un angolo di apertura β1 + β2 ;
(3) individuato B, si traccia, rispetto al raggio corrispondente, una retta inclinata β2 rispetto
al raggio;
(4) l’intersezione dell’asse di AB con tale retta fornisce il centro C cercato.
si possono trovare, a diversi RPM, il salto di pressione e la potenza assorbita (prestazioni che
saranno poi di riferimento per tutti i test successivi) sotto le ipotesi che12
(1) il rendimento di progetto di una girante sia una funzione del numero di giri specifico (ricavata
in base all’analisi di un numero elevato di pompe differenti)
d
ηidr = 0.41989 + 2.1524Ns − 3.1434Ns2 + 1.5673Ns3
per Ns ≤ 0.8 oppure
d
ηidr = 1.020 − .120Ns
per Ns > 0.8
(2) il rapporto tra il rendimento in condizioni di progetto e fuori progetto sia una funzione della
portata non dimensionale
ηidr
ξ = d = 0.86387 + .3096F − .14086F 2 − .029265F 3
ηidr
(3) il numero di giri specifico all’aspirazione richiesto sia funzione della portata
req
Nss = −.28607 + 4.14245F − 12.0967F 2 + 20.708F 3 − 15.42122F 4 + 3.9366F 5
(4) il fattore di scorrimento sia, in rapporto al suo valore di progetto, funzione anch’esso della
portata
σ
= 1.534988 − .6681668F + .077472F 2 + .0571508F 3
σd
e possiamo rilevare:
12Le funzioni sotto introdotte sono rappresentate nei grafici allegati.
114 4. STUDIO DELLE POMPE
◦ essendo le pale inclinate all’indietro (β2 < 90◦ ) la prevalenza decresce con la portata (le
perdite introdotte sono troppo piccole per influenzare la pendenza della curva);
◦ la potenza assorbita, sempre lo stesso motivo, è crescente in maniera meno che lineare.
◦ la velocità tangenziale in uscita (indicata nel grafico con CU 2) decresce all’aumentare della
portata (ed è proprio questo il fattore che determina la diminuzione di prevalenza) perchè
aumenta lo scorrimento (visibile nel grafico adiacente) all’uscita della girante.
Figura 4.27. Velocità tangenziale in uscita (indicata nel grafico con CU 2) decresce
all’aumentare della portata
4.12.4. Cavitazione. L’insorgere della cavitazione porta ad una variazione delle prestazioni
della girante: pur non potendo con il modello utilizzato ricavare le prestazioni della pompa (è neces-
saria la conoscenza del flusso all’interno della girante per sapere l’esatta distribuzioni di pressioni)
possiamo ricavare le coppie di punti (Q, N P SH), per un certo numero di giri, in cui si ha che la
pressione minima è pari o inferiore alla pressione di vapore saturo del liquido in oggetto (incipiente
cavitazione).
Si possono rappresentare, per ciascun numero di giri, tale coppie di valori al variare della pressione
in ingresso e della pressione di vapore saturo osservando:
◦ all’aumentare della portata, aumentando la velocità in ingresso e quindi la depressione
sulla pala, il valore di N P SH aumenta ossia anche con pressioni aspirazione superiori si ha
cavitazione;
◦ anche all’aumentare della pressione di vapore saturo il fenomeno si ripete;
◦ le curve tracciate dovrebbero mostrare anche che per RPM superiori NPSH deve essere
superiore (maggiore velocità relativa in ingresso) ma la discretizzazione dell’intervallo in un
numero basso (16) di portate esplorabili non permette di avere la risoluzione necessaria (da
qui anche la pendenza anomala a basse portate delle curve a RPM superiori).
Pressione di aspirazione (atm) 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2
Pressione di vapore saturo 1000 5000 10000 50000 100000
Figura 4.30. Nomenclatura per il triangolo delle velocità in uscita della girante.
si vede come all’aumentare dell’angolo si ha un aumento della componente tangenziale della velocità
e quindi, a parità di condizioni iniziali, una aumento di quantità di moto che si ripercuote, dall’equa-
zione di Eulero, in energia totale. Altresı̀ però si ha un aumento del modulo della velocità e quindi
un maggior carico sulla voluta con le conseguenti perdite; i dati forniti non davano informazioni
sulla voluta e quindi le reali prestazioni della pompa non sono state appurate. Si può però immagi-
nare che all’aumentare di β2 la prevalenza sviluppata abbia un andamento crescente decrescente in
virtù dell’esistenza, per un diffusore palettato, di una condizione di progetto che si verifica per una
certa portata ed una certa direzione del flusso in uscita dalla girante (ancora funzione di Q e di β2
appunto).
I valori utilizzati per β2 sono riportati sotto in tabella e gli andamenti rispecchiano le previsioni
fatte dato che:
◦ la prevalenza aumenta con β2 ;
◦ la potenza assorbita aumenta, e in particolare cambia la concavità , passando da pale
all’indietro a pale in avanti.
angoli β2 utilizzati 25!‘ 50!‘ 75!‘ 100!‘ 125!‘
4.12.6. Effetto dello swirl. Sempre dall’equazione di Eulero, in forma completa però :
g∆H 0 = U2 Vθ2 − U1 Vθ1
116 4. STUDIO DELLE POMPE
Figura 4.31. Effetto dell’angolo di uscita delle pale sulla potenza assorbita
si vede come all’aumentata dell’angolo di ingresso α1 diminuisca Vθ1 e, per θ > 90◦ , cambi addirittura
segno; non stupisce allora il fatto che, all’aumentare di α1 , si abbia un aumento della prevalenza e
della potenza assorbita ma ancora una volta non si tiene conto delle perdite per urto che sono, a parità
di portata (quindi di velocità meridiana) superiori a quelle in condizioni nominali per l’aumento o
la diminuzione dell’incidenza rispetto al valore di progetto.
angoli α1 utilizzati 70!‘ 80!‘ 90!‘ 100!‘ 110!‘
Bibliografia 117
Figura 4.34. Curve caratteristiche della potenza assorbita a diversi numeri di giri
Bibliografia
[1] A.J. Stepanoff. Centrifugal and Axial Flow Pumps. Wiley, 2 edition, 1957.
118 4. STUDIO DELLE POMPE
T0
h0 − h02 1 − T20
ηtt = 00 = 0
h0 − h02s 0 γ−1
p2 γ
1 − p0
0
γ n−1
◦ Per una politropica di indice n, e con rendimento politropico ηp = γ−1 n , si ha che il
rapporto delle temperature totali vale:
0 n−1 0 γ−1 η 0 γ−1
T20 p2 n p2 γ p p2 γ ∆S
0 = 0 = 0 = e Cp
T0 p0 p0 p00
◦ il fattore di recupero
0 γ−1 ηp
p2 γ
ηtt 1 − p00
Rtt = = 0 γ−1
ηp p γ
ηp 1 − p20
0
5.1.1. Analisi del condotto fisso. Essendo il condotto fisso si ha un lavoro estratto nullo e
quindi l’entalpia totale si conserva (sia nel caso isoentropico che nel caso reale):
V02 V2 V2
= h1 + 1 = h1s + 1s
h0 +
2 2 2
da cui possiamo ricavare l’entalpia statica in entrambi i casi
V12
h1 = h00 −
2
V2
h1s = h00 − 1s
2
con v
u
u 2γ
" γ−1 #
p1 γ
V1s =t RT00 1 −
γ−1 p00
Per adimensionalizzare e quindi semplificare le analisi sperimentali le perdite si possono adimen-
sionalizzare in differenti maniere:
◦ rispetto al salto entalpico ideale
Rst
ζ= 0 = 1 − ϕ2
h0 − h1s
◦ rispetto al salto reale
Rst ζ ζ 1 − ϕ2
ζ0 = = = =
h00 − h1 ϕ2 1−ζ ϕ2
◦ introducendo in fattore di perdita, più facile da misurare sperimentalmente visto che
utilizza le pressioni
p0 − p02 p0 − p0
Y = 00 = 0 V21
p1 − p1 ρ1 1 2
che quindi permette di ricavare il rapporto tra le pressioni totali
p1
0
p1 1 + Y p00
=
p00 1+Y
Si dimostra che:
! γ−1
γ
1+Y
p
1+Y 01
−1
p0
ζ= 1−γ
p1 γ
p00
−1
p1
che nel caso di accelerazione nulla p00
= 1 è
1
ζ0 =
1+Y
p1 ζ
e che in un piano ,
vede le perdite attenuarsi con l’aumento dei rapporti di espansione e al
p00 ζ0
diminuire di Y (che tiene conto della fluidodinamica).
◦ fluidodinamico
h00 − h1 V12 1
ηf l = = = ϕ2 = 1 − ζ =
0
h0 − h1s 2
V1s 1 + ζ0
legato al quadrato di ϕ.
5.1.2. Analisi del condotto rotante. In questo caso è invece la rotalpia totale relativa che si
conserva
∆ [IR ] = 0
e quindi è la medesima sia per lo stato 1, lo stato 2 e lo stato 2 isoentropico
w12 U12 w2 U 2 w2 U2
−
h1 + = h2 + 2 − 2 = h2s + 2s − 2
2 2 2 2 2 2
relazione che permette di ricavare la velocità relativa nel caso isoentropico:
s
w12
2
U12
U2
w2s = 2 h1 + − h2s + −
2 2 2
che presenta un termine aggiuntivo dovuta alla forza centrifuga.
Ipotizzando ancora una proporzionalità tra la velocità nel caso ideale e reale:
w2 = ψw2s
si può calcolare l’entalpia reale
w12 U22 − U12 w12 U22 − U12
2
h2 = h1 + + −ψ h1 + − h2s +
2 2 2 2
con le perdite nel rotore
w12 w2
2
− h2s = ζR 2s
Rrot = h2 − h2s = 1 − ψ h1 +
2 2
introducendo ancora i fattori di perdita:2
Rrot Rrot
ζR = = 2 = 1 − ψ2
h01
− h2s w2s
2Si ricorda che la pressione totale relativa viene definita come
w2
p0r = p + ρ
2
5.1. ANALISI TERMODINAMICA DELLO STADIO 123
0 Rrot 1 ζR
ζR = = 2 =
h01 − h2 ψ 1 − ζR
p01r − p02r p01r − p02r
Y = =
p02r − p2 w2
ρ2 22
con Y che ha senso solo per macchine assiali in quanto per macchine mista la variazione di U 2 può far
invertire il segno al numeratore. Una volta note le prove sui condotti fissi, quindi nota Y , si può, con
l’uso della definizione per i condotti mobili, trovare la variazione di pressione totale e quindi trovare
le perdite per lo stadio rotante della turbina. I rendimenti per i condotti mobili sono sempre quello
isoentropico e fluidodinamico (quest’ultimo ancora legato al quadrato del fattore di proporzionalità
ψ)
w22 − w12 − U22 − U12
h1 − h2
ηis = = 2 − w2 − U 2 − U 2
h1 − h2s w2s 1 2 1
h01 − h2 w22 2
ηf l = = 2 =ψ
h01 − h2s w2s
γ
p00 = p0 1 + δM02
γ−1
h00 = Cp T00
(3) per lo statore si parte dalla considerazione che, non essendoci parti mobili, il lavoro
scambiato con il fluido è nullo e pertanto l’entalpia totale si conserva
∆ h0 = 0
Tra il primo e l’ultimo termine si trova, visto che la trasformazione è isentropica, la velocità
ideale in uscita dallo statore
v
u
u 2γ
" γ−1 #
p1 γ
V1s = t RT00 1 −
γ−1 p00
e quindi la velocità reale
V1 = ϕV1s
e quindi la temperatura
V12
1 0
T1 = h0 −
Cp 2
da cui il Mach, la pressione totale, ecc. . .
(4) per il rotore possiamo subito trovare la velocità relativa in ingresso dal triangolo delle
velocità
w12 = V12 − U 2 − 2V1 U1 cos α1
e in questo caso la rotalpia totale relativa risulta costante
0
∆ IR =0
che per una macchina assiale equivale a dire che l’entalpia totale relativa è costante e la
stessa tra ingresso rotore, uscita e uscita ideale
w12 w2 w2
h01R = h1 + = h2 + 2 = h2s + 2s
2 2 2
con
T10R = T1 1 + δM12R
γ
p01R = p1 1 + δM12R γ−1
e
w1
M1R = √
γRT1
Possiamo quindi trovare lo stato finale del fluido
2
w2s
h2s = h01R −
2
w2
h2 = h01R − ψ 2 2s
2
e da qui le perdite
Rrot = h2 − h2s
h00 − h02
η=
h00 − h02ss
con
" γ−1 #
p00
γ
h00 − h02ss = Cp T00 − T2ss
0
= Cp T00 1 −
p02
La variazione di entropia è
p01R
S2 − S1 = R ln
p02R
5.1.4. Grado di reazione cinematico e termodinamico. Il lavoro estratto dal fluido può
essere calcolato in differenti maniere
2
w2 U 2
0 0 V
W = ∆0→2 h = ∆1→2 h = ∆1→2 [U Vθ ] = ∆1→2 − +
2 2 2
mentre il lavoro estratto per reazione (ossia ottenuto dalla variazione dell’entalpia statica del flusso)
è, dalla seconda e l’ultima espressione
2
U − w2
Wreaz = ∆1→2 [h] = ∆1→2
2
con il lavoro di azione (variazione di energia cinetica)
V2
Waz = W − Wreaz = ∆1→2
2
Si definisce quindi il grado di reazione cinematico il rapporto tra il lavoro di reazione e quello
totale
Wreaz Waz
(5.1) R= =1−
W W
126 5. STUDIO DELLE TURBINE
che può essere scritto in diverse maniere a seconda che le espressioni del lavoro vengano calcolate
dalla variazioni di entalpia e/o di energia cinetica:
∆1→2 [h]
∆1→2 [h0h]
∆1→2 U 2 −w 2i
2
R= h 2 2 2i
∆1→2 V −w2 +U
∆1→2 [h]
∆ h V 2 −w2 +U 2 i
1→2 2
5.1.5. Relazione fra triangoli di velocità e grado di reazione. Definite le cifre di flusso
ϕ (3.40), di pressione Ψ (3.41), di potenza Λ (3.42) e rendimento η (o i loro equivalenti 3.43, 3.46,
3.45) possiamo esprimere la relazione di Eulero in termini adimensionali. Il risultato consente di
esplicitare il legame esistente fra cifra di pressione e grado di reazione con la cifra di flusso e gli angoli
che individuano la forma dei triangoli di velocità in ingresso ed uscita di uno stadio di turbina. In
particolare, per la cifra di pressione, anche detta coefficente di carico palare, si ottiene che:
ϕ 1 ϕ
(5.4) R= (cot β2 − cot β1 ) = − (cot α1 − cot β2 )
2 2 2
.
Tali risultati possono essere specializzati per i casi:
◦ macchina assiale ad azione; imponendo che il grado di reazione cinematico sia nullo nella
relazione (5.4) si ottiene:
R=0
⇒ (cot β2 − cot β1 ) ⇒ β2 = β1
R = ϕ2 (cot β2 − cot β1 )
ovvero che la condizione per ottenere uno stadio ad azione è quella di prendere palettaggi
con angoli di ingresso β1 ed uscita β2 identici, il che implica palettaggi simmetrici. Per una
fissata velocità assoluta Vθ,1 , si otterranno infinite geometrie, tutte ad azione, al variare
della velocità periferica U della girante. Sostituendo questa condizione nella (5.3) si ottiene
per la cifra di pressione:
◦ macchina a 50% di reazione; imponendo che il grado di reazione cinematico sia 0.5 nella
relazione (5.4) si ottiene:
R = 12
⇒ (cot α1 − cot β2 ) ⇒ β2 = α1
R = 12 − ϕ2 (cot α1 − cot β2 )
ovvero che la condizione per ottenere uno stadio ad 50% di reazione è quella di prendere
palettaggi con angoli di ingresso α1 ed uscita β2 eguali. Per una fissata velocità assoluta Vθ,1 ,
si otterranno infinite geometrie, tutte a 50% di reazione, al variare della velocità periferica
U della girante. Sostituendo questa condizione nella (5.3) si ottiene per la cifra di pressione:
Ψ = 2ϕ cot α1 − 1
che mostra come la cifra di pressione a parità di cifra di flusso dipenda solamente dall’angolo
α1 ;
◦ macchina a scarico assiale; imponendo che l’angolo α2 sia nullo nella relazione (5.4), ovvero
che la velocità assoluta allo scarcio sia assiale, si ottiene per il grado di reazione:
α2 = 0 Vm
1 ϕ ⇒ tan β2 = =ϕ
R = 2 − 2 cot β1 U
che indica che la cifra di flusso è uguale alla tangente dell’angolo β2 . Imponendo che l’angolo
α2 sia nullo nella relazione (5.3) fornisce direttamente:
Ψ = 1 + ϕ cot β1
che mostra come la cifra di pressione a parità di cifra di flusso dipenda solamente dall’angolo
β1 .
Per calcolare il rendimento di una macchina assiale consideriamo che la differenza tra l’entalpia
totale iniziale e quella totale a valle del processo isentropico (con il rapporto di espansione ideale) è
il lavoro nel caso ideale e quindi
2
2 2 + w2 − w2
0 0 0 V2s V1s − V2s 2s 1s
h0 − h2s = h0 − h2s + =
2 2
e quindi
V 2 + w2s
2 − w2
h00 − h2s = 1s 1s
2
Il rendimento total to static sarà
W 2ΨU 2 2Ψ
ηts = 0 = 2 2 − w2 = V12 w22 w12
h0 − h2s V1s + w2s 1s + −
ϕ2 U 2 ψ2 U 2 U2
esprimendo tutto in funzione delle velocità reali; considerando poi il teorema di Pitagora per w1
w12 Vm2 1
2
= 2
+ 2 (Vθ1 − U )2 = φ2 + (φ cot α1 − 1)2
U U U
e la relazione 5.3 si ha
0
φ cot α1 + cot β2 − 1
(5.5) ηts =
φ2
2
1
ϕ2 sin2 α1
+ 2 2 0 − 1 − 12 (φ cot α1 − 1)2
1
ψ sin β2
Ognuna delle relazioni trovate in precedenza rappresenta una retta nel piano (Ψ, ϕ) e (R, ϕ) con
pendenze funzione degli angoli α e β. Pertanto le coordinate di un punto appartenente ad una di
tali rette rappresenta le prestazioni di uno specifico disegno di stadio di turbina come schematizzato
in Fig. 5.5. In letteratura si trovano i diagrammi riassuntivi delle prestazioni nel punto di progetto
di macchine a diversi gradi di reazione dovuti a Hawthorne, Shaw e Smith (fonte [1]).
128 5. STUDIO DELLE TURBINE
5.1.6. Ripartizione dei salti entalpici. Assegnato il grado di reazione χ e supponiamo noto
il salto entalpico totale possiamo subito trovare entalpia e temperatura all’uscita dello statore una
volta note le condizioni ideali in uscita dal rotore T2s o h2s
h1 = h2s + χ∆ [htot ]
T1 = T2s + χ∆ [Ttot ]
e sempre dalla definizione 5.2
2
w2s 2
2 2 2 2
− w 1 = χ V1s − V0 + w 2s − w 1
ψ2
si può ricavare la velocità relativa w1
2 χ 2
− w12 = V1s − V02
w2s
1−χ
Dalla conoscenza dei Mach relativi quindi e visto che l’entalpia totale relativa va conservandosi lungo
il rotore di una macchina assiale
" # γ
p2s p02sR 1 + δM12R γ−1
= 0 2
p1 p1R 1 + δM2s R
si ricava la pressione p1 .
Dalle espressioni trovate, nell’ipotesi di macchina assiale con velocità meridiana costante e V0 =
V2 , possiamo confrontare le prestazioni e le forme stadi a diverso grado di reazione
◦ per uno stadio ad azione o impulso
χ=0
vediamo subito che non si ha variazione delle caratteristiche fluidodinamiche tra ingresso
e uscita5 che portano quindi a triangoli ideali simmetrici; essendo però
w2 = ψw2s
si hanno triangoli reali non simili, la presenza di una componente meridiana inferiore in
uscita e quindi la necessità di aumentare la sezione verso l’uscita anche se non vi è alcuna
espansione nel rotore;
5Essendo la trattazione integrale, non si hanno informazioni sul comportamento del flusso nel rotore e sul reale
profilo di velocità: la forma dei palettaggio comporta comunque la presenza di una zona di accelerazione seguita da
una decelerazione (affinché la velocità media del flusso sia sempre la medesima).
5.1. ANALISI TERMODINAMICA DELLO STADIO 129
◦ per uno stadio al 50% di reazione si ha i salti entalpici ideali sono i medesimi nello statore
e nel rotore
h1 − h2s = h0 − h1s
e anche
2
w2s − w12 = V1s
2
− V02
e triangoli sono similicon
p2
<1
p1
ovvero si ha un’espansione nel rotore.
◦ per uno stadio ad azione invece si ha l’espansione nel solo rotore mentre lo statore provvede
solo a deviare la corrente.
Ne segue che si progetta la macchina con χ = ε > 0 con ε piccolo a piacere ma tale da
provocare nella girante un’espansione tale da bilanciare il rallentamento del flusso dovuto
alle forze di attrito.
130 5. STUDIO DELLE TURBINE
V1 W2
KN = KR =
V1,is W2,is
5.3. PERDITE NELLE TURBINE 131
◦ Rendimenti di espansione
h00 − h1
ηN =
h00 − h1,s
◦ Perdite di entalpia
◦ Produzione di entropia
s1 − s0 = s1 − s1,s s2 − s1 = s2 − s2,s
◦ Perdite di pressione totale
132 5. STUDIO DELLE TURBINE
γM 2
YN ∼
= ξN 1+ per M < 1
2
che dimostra che YN ingloba la dipendenza rispetto al numero di Mach, contrariamente a ξN . Questo
fa si che valori di YN calcolati a bassi valori di Mach possano essere validi anche ad elevati Mach,
con l’ovvio vantaggio di poter fare prove sperimentali solo a basso Mach.
I modelli predittivi di stima dei coefficienti di perdita si basano su relazioni trovate sperimental-
mente analizzando un elevato numero di tipi di palette in galleria del vento con precise connotazioni
geometriche e in condizioni di funzionamento sia di progetto che di fuori progetto. Sono state classi-
ficate in relazione alla loro origine in perdite di profilo, perdite secondarie, perdite per urto, perdite
per trafilamento al tip delle palette e infine perdite dovute al raffreddamento delle palette. Il loro
peso percentuale è riassunto nel grafico riassuntivo di fig. 5.11.
5.3.1. Perdite di profilo. Le perdite dovute allo strato limite che si forma sulla superficie
della paletta, quelle dovute ai fenomeni di separazione di questo, gli effetti legati ad elevati angoli
d’incidenza ed elevati valori del numero di Mach del flusso all’ingresso delle palette sono classificate
come perdite di profilo. Gli incrementi di entropia e le conseguenti perdite di pressione totale offrono
una misura dell’entità dei fenomeni suddetti. L’entalpia totale del flusso rimane invece costante
qualora l’approssimazione di adiabaticità del sistema sia sufficientemente accurata. La difficoltà
principale che si riscontra nella predizione delle perdite di energia meccanica è legata al fenomeno
della transizione; in particolare è difficile individuare quando e dove questa potrà verificarsi. Il
flusso da laminare può passare successivamente ad un regime separato a causa dei locali gradienti di
pressione avversi che danno origine a delle bolle di ricircolo, che di fatto causano la transizione, con
notevole incremento delle perdite di energia meccanica. In fig. 5.12 viene data la schematizzazione
del fenomeno appena descritto.
Le perdite dovute allo spessore finito della paletta al bordo d’uscita, che provoca separazione del
flusso ed è la zona in cui avvengono interazioni tra le onde d’urto e le onde di espansione, sono di
5.3. PERDITE NELLE TURBINE 133
Figura 5.12. Separazione del flusso all’ingresso delle palette in condizioni di fuori progetto.
fatto accorpate alle perdite di profilo. Questi effetti sono ben evidenziati in turbine transoniche e
supersoniche ove vengono trattati separatamente.
5.3.2. Perdite secondarie. Sono generate dal sistema di vortici illustrato schemativamente
nella fig. 5.13 a sinistra. La variazione di circolazione lungo lo span della paletta è il principale
fattore che ingenera un sistema di vortici che attraversano il canale della turbina. Un secondo
fattore è di produzione di vorticità è il basso livello di energia cinetica della parte di flusso relativo
allo strato limite che non permette il mantenimento dell’equilibrio tra forze centripete e forze di
pressione. Di fatto vi è un impedimento del flusso a proseguire senza una deviazione verso il lato
in aspirazione della paletta adiacente, perciò si viene a creare un movimento di flusso dal lato in
pressione di una paletta verso quello in aspirazione dell’altra. In questo modo si dà origine ad un
moto vorticoso, detto Passage Vortex, responsabile della diffusione di energia nel canale, e di una
notevole perdita di energia meccanica.
Un altro elemento importante è il vortice a staffa (fig. 5.13 a destra) che si forma quando il flusso
indisturbato proveniente da monte incontra la paletta. La zona in cui il fenomeno ha origine è il
bordo d’attacco della paletta, dove il flusso dello strato limite, a causa del gradiente di velocità di
cui è dotato nell’impatto con la paletta della turbina, genera un moto vorticoso definito Leading
Edge Vortex. Tale vortice si separa in due parti che proseguono separatamente, il primo sul lato in
aspirazione della pala, il secondo sul lato in pressione. Questi interagiscono in maniera diversa con
il Passage Vortex in quanto il primo viene trascinato da quest’ultimo, mentre il secondo ne viene
avvolto.
Infine bisogna tenere conto del flusso nel punto in cui interagiscono lo strato limite dell’endwall e
quello della paletta. Queste strutture vorticose interagiscono fra loro provocando perdite di energia
meccanica.
5.3.3. Perdite per urto. Le perdite che si sviluppano mediante la dissipazione viscosa attra-
verso il sistema di urti, che si ingenerano al bordo d’uscita delle palette (fig. 5.14) in condizioni di
flusso transonico e supersonico, prendono il nome perdite per urto.
134 5. STUDIO DELLE TURBINE
5.3.4. Perdite di tip leakage. Le perdite dovute alle clearance che sono comprese tra l’e-
stremità superiore della pala e la cassa della turbina vengono definite come un contributo separato
dagli altri e vengono chiamate Tip Leakage losses. Questo tipo di perdite dipende dalla forma
del tip della paletta, in quanto esistono due diverse tipologie costruttive, definite rispettivamente
tip shrouded e tip unshrouded. Il primo tipo è relativo ad una paletta provvista di un’appendice
simile alle winglets delle ali degli aerei alloggiata in una cava realizzata nella cassa; naturalmente le
forme possono cambiare in base alle esigenze costruttive, ed è una prerogativa sia delle pale dello
statore che di quelle del rotore. Molto importante ai fini della caratterizzazione delle perdite, è
capire la modalità di realizzazione dell’accoppiamento con la cassa, che deve essere tale da ridurre
al minimo il passaggio di flusso. Tale accoppiamento, perquanto riguarda il tip shrouded, viene
realizzato mediante utilizzo delle cosiddette tenute a labirinto, cosı̀ come schematizzato in fig. 5.15.
La figura rappresenta molto semplicemente lo schema costruttivo di una paletta con shroud; si può
notare inoltre il particolare della tenuta a labirinto atta a limitare il più possibile il passaggio di
flusso dalla pressure side alla suction side: quest’ultimo è agevolato dalla differenza di pressione tra
un lato e l’altro della paletta. Tale passaggio permette l’immissione nel canale di flusso con diversa
velocità e differente angolo. Tale immissione permette la formazione del vortice di leakage, il quale,
interagendo con il flusso principale,origina le perdite di energia meccanica.
La configurazione della figura 5.15 non è l’unica possibile; infatti, dalla fig. 5.16, si può vedere
che esistono due tipologie costruttive rispettivamente tip shrouded e tip unshrouded. Nel primo
5.3. PERDITE NELLE TURBINE 135
caso la paletta è priva di qualsiasi tipo di appendice; l’accoppiamento e la tenuta vengono realizzati
mediante anelli ancorati alla cassa con struttura a nido d’ape, caratterizzati da interferenza con le
palette, le quali girando a basso regime costruiscono l’alloggiamento nell’anello consumandone una
parte. In entrambi i casi non si riesce mai a fermare il passaggio di flusso; pur tuttavia si riesce a
ridurre le perdite dovute al miscelamento sulla suction side.
14
105
00 0
(5.8) ξ = ξ
Re
dove per lo statore abbiamo:
0
α
i t /c α12
( 0
! )
α1 h
max
(5.12) YP (i=0) = YP (α0 =0) + YP (α0 =α2 ) − YP (α0 =0)
1 α2 1 1 0.2
in cui l’ultimo fattore permette di estendere il modello a valori tmax /c diversi da 0.2. E’ da in-
tendersi che gli angoli da utilizzare nella (5.12) sono del tipo α (tra velocità assoluta e velocità di
trascinamento) per lo statore e β (tra velocità relativa e velocità di trascinamento) per il rotore.
I grafici di fig. 5.17 sono stati ottenuti mediante prove sperimentali in galleria di schiere di pale
con un valore del numero di Reynolds pari a 2 × 105 , con un rapporto tra spessore del trailing edge
ed il passo pari a 0.02 e e con un numero di Mach allo scarico minore di 0.6.
Nel modello Ainley e Mathieson, si può correggere il valore di perdita ottenuto a Re = 2 × 105
con la relazione:
0.2
105
YP (i=0,Re6=2×105 ) = YP (i=0,Re=2×105 )
Re
e poi includere il contributo legato all’impiego di rapporti tra spessore del trailing edge te ed il passo
pari s a 0.02 con la:
A partire dalle perdite di profilo a incidenza nulla, si ottengono quelle ad incidenza qualsiasi,
come segue. Si introduce un coefficiente χi definito come rapporto tra YP (i6=0) e YP (i=0) :
YP (i6=0)
(5.14) χi =
YP (i=0)
Figura 5.19. a) Incidenza di stallo is (s/l = 0.75) in funzione del rapporto fra angolo
del flusso all’ingresso e allo scarico α1 /α2 ; b) Fattore di correzione sull’angolo in uscita
della schiera di pale in funzione del rapporto s/c. Grafici validi per Re = 2 × 105 ,
Mach < 0.5 , rapporto passo/corda s/l pari a 0.75.
5.3.6.2. Perdite secondarie e di tip clearance. Le perdite secondarie YS e quelle dovute alle tip
clearance YT l vengono correlate mediante un’unica relazione:
2
cos2 α2
τ CL
(5.15) YS + YT l = λ+B
h s/c cos2 αm
140 5. STUDIO DELLE TURBINE
(A2 /A1 )2
(5.16) λ=
1 + (din /dout )
in cui A1 , A2 , din , dout sono le aree delle sezioni di ingresso ed uscita, i diametri medi all’ingresso
ed uscita, rispettivamente, del canale palare.
Il coefficiente B nella (5.15) assume due diversi valori a seconda della tipologia costruttiva:
B = 0.25 per palette con shroud
B = 0.50 per palette senza shroud
Inoltre, nella (5.15), τ è lo spessore del gioco al bordo della paletta (tip clearance), e:
1
(5.17) αm = tan−1 [ (tan α1 − tan α2 )]
2
ed il rapporto tra coefficiente di portanza CL e s/c è esprimibile in funzione degli angoli della schiera
tramite la:
CL
(5.18) = 2 (tan α1 + tan α2 ) cos αm
s/c
E’ opportuno comunque distinguere gli effetti dovuti alle perdite secondarie da quelle relative
alle tip clearance.
Per quanto riguarda le perdite secondarie abbiamo:
2
cos2 α2
CL
(5.19) YS = λ
s/c cos2 αm
dove le perdite sono proporzionali al quadrato del coefficiente di portanza; λ aumenta al diminuire
dell’aspect ratio s/c.
Gli effetti dovuti alle tip clearance vengono quantificati dalla:
cos2 α2
CDe
(5.20) YT l =
s/c cos2 αm
dove:
τ c
(5.21) CDe = BCL2
s h
5.3.7. Modello di Dunam-Came. Si tratta di uno sviluppo del modello di Ainley-Mathieson
che riprende l’espressione delle perdite di profilo e viene elaborato in modo tale da poter essere
utilizzato anche per l’analisi delle prestazioni di turbine di piccole dimensioni. L’espressione delle
perdite globali è la seguente:
" 2 #
Re
(5.22) Y = (YP + YS ) + YT l χT e
2 ∗ 105
Le perdite di profilo YP vengono calcolate riprendono l’espressione di Ainley-Mathieson ed
aggiungendo gli effetti degli eventuali alti valori del numero di Mach in uscita Mout della schiera:
c cos α C 2 cos2 α
2 L 2
(5.24) YSAM DC = 0.0334 0
h cos α1 s/c cos2 αm
in cui:
CL
(5.25) = 2 (tan α1 + tan α2 ) cos αm
s/c
e:
1
(5.26) αm = tan−1 [ (tan α1 − tan α2 )]
2
La somma delle perdite di profilo e secondarie viene moltiplicata per il coefficiente relativo al
numero di Reynolds. Per quanto riguarda le perdite dovute alle tip clearance anche in questo caso
viene rielaborata l’espressione trovata da Ainley-Mathieson:
c τ 0.78 cos2 α2
(5.27) YT l = B 4 (tan α1 − tan α2 )2
h c cos αm
in cui B prende i valori:
B = 0.47 per palette con shroud
B = 0.37 per palette senza shroud
τ = radial tip clearance × (no. dei seals)−0.42
Il termine correttivo delle perdite dovute al trailing edge si calcola con la medesima metodologia
usata nel modello di Ainley-Mathieson.
5.3.8. Modello di Kacker e Okapuu-Moustapha. Questa modellizzazione è una delle più
recenti almeno per quanto riguarda i calcoli mean line, che per come sono stati concepiti richiedono
modelli di perdita che non abbiano bisogno di altri dati se non quelli che abbiamo specificato nella
sezione del dimensionamento. E’ basato sul modello di Ainley Mathieson ottimizzato da Dunam e
Came e può fornire risultati con accuratezze dell’ordine del 2%. L’espressione delle perdite totali è
(5.28) Y = χRe YP + YS + YT et + YT c
dove χRe è il fattore di correzione del numero di Reynolds che corregge solamente le perdite di profilo
mentre le perdite dovute al trailing edge in questo modello risultano separate da quelle di profilo. Il
fattore di correzione del numero di Reynolds viene calcolato come segue:
−0.4
Re
χRe = Re ≤ 2 ∗ 105
2 ∗ 105
−0.2
Re
(5.29) χRe = Re > 106
106
Le perdite di profilo sono cosı̀ definite:
2
(5.30) YP = 0.914( Kp YP (i=0) + Yshock )
3
142 5. STUDIO DELLE TURBINE
dove YP (i=0) rappresenta le perdite di profilo a incidenza nulla basate sul modello di Ainley-Mathieson
(5.14) tranne che per il termine in valore assoluto del rapporto tra l’angolo metallo in ingresso della
generica paletta e l’angolo di flusso in uscita, il quale tiene conto di eventuali incidenze negative:
0
0 α
i t /c α12
( 0
! )
α α1 h
max
(5.31) YP (i=0) = YP (α0 =0) + 1 YP (α0 =α2 ) − YP (α0 =0)
1 α2 α2 1 1 0.2
Nella (5.30), il fattore correttivo KP che è stato inserito per ovviare al comportamento troppo
conservativo della correlazione di Ainley-Mathieson riguardo a casi in cui il valore del numero di
Mach è elevato. Il fattore correttivo viene definito come segue:
(5.32) KP = 1 − K2 (1 − K1 )
dove entrambi i coefficienti correttivi dipendono dal valore del numero di Mach in ingresso ed in
uscita della schiera:
γ
1− 1+ γ−1 2 γ−1
2 M1
rH P1
(5.35) Yshock = 0.75 (M1,H − 0.4)1.75 γ
rT P2
γ−1 2
γ−1
1− 1+ 2 M2
in cui P1 e P2 , M1 e M2 sono le pressioni totali e i numeri di Mach a monte e valle della schiera.
La relazione dipende dal rapporto dei raggi rispettivamente al tip rT ed al root rH per tenere conto
della differenza di velocità delle due zone del canale interpalare. Il valore M1,H è calcolato con la
relazione:
2.2 !
rH
(5.36) M1H = M1 1 + K − 1
rT
in cui K è una costante che vale 1.8 per lo statore e 5.2 per il rotore.
Le perdite secondarie vengono espresse in funzione dell’aspect ratio, il quale dà una misura
dell’ampiezza del canale dove è appunto presente il sistema vorticoso. L’espressione di Kacker-
Okapuu è stata elaborata sulla base del modello di Ainley-Mathieson ottimizzata successivamente
da Dunam e Came, la relazione fondamentale elaborata è :
(5.38) Ks = 1 − K3 (1 − KP )
tiene in conto gli effetti delle accelerazioni del flusso in prossimità degli endwall che di fatto sono
fonti di perdite, e:
5.3. PERDITE NELLE TURBINE 143
2
1
(5.39) K3 =
h/b
ed ancora:
2
cos2 α2
cos α2 CL
(5.40) YSAM DC = 0.0334FAR 0
cos α1 s/c cos2 αm
dove:
CL
(5.41) = 2 (tan α1 + tan α2 ) cos αm
s/c
e.
1
(5.42) αm = tan−1 [ (tan α1 − tan α2 )]
2
Il fattore correttivo FAR è una funzione dell’aspect ratio h/c e prende due diverse formulazioni
a seconda h/c sia maggiore o minore di 2. Ciò consente di coprire uno spettro di forme delle palette
quanto più ampio possibile:
p
1 − 0.25 2 − h/c
(5.43) FAR = per (h/c) ≤ 2
h/c
1
(5.44) FAR = per (h/c) > 2
h/c
Le perdite dovute al trailing edge producono effetti in termini di bloccaggioche possono quindi
essere espresse in funzione del rapporto tra lo spessore al trailing edge e apertura di gola. Per
ottenere una stima quantitativa di questo tipo di perdite si introduce un coefficiente di energia ∆Φ
calcolato tramite la relazione:
0 0
!
α α1
(5.45) ∆Φ2T et = ∆Φ2T et(α0 =0) + 1 ∆Φ2T et(α0 =α − ∆Φ2T et(α0 =0)
1 α2 α2 1 2) 1
in cui i valori dei coefficienti relativi ai casi di turbina ad impulso ∆Φ2 0 e di quella con
T et(α1 =α2)
ingresso assiale ∆Φ2 0 sono definiti mediante il grafico della fig. 5.22.
T et(α1 =0)
h i− γ
γ−1 2 1 γ−1
1− 2 M2 1−∆Φ2T et
−1 −1
(5.46) YT et = − γ
γ−1 2 γ−1
1− 1+ 2 M2
Le perdite dovute alle eventuali velocità supersoniche che potrebbero caratterizzare il flusso
vengono inglobate nelle perdite di profilo.
Le perdite dovute alla tip clearance devono tenere conto del fatto che la paletta può essere
realizzata secondo le due tecniche costruttive che prevedono o meno uno shroud che contorna le
palette. I palettaggi senza shroud generano perdite di trafilalamento superiori a quelli con shroud a
causa delle perdite legate al flusso tridimensionale che si ingenera al tip delle palette. Tali perdite
sono espresse in termini di caduta di efficienza ∆η secondao la relazione:
∆η
η0
(5.47) Rtip
= 0.93
∆K
h cos α2 ∗ RM ean
in cui ∆K definisce la variazione della clearance tra il tip della paletta e la cassa.
Il termine ∆η può essere convertito in termini di perdita di pressione totale YT c mediante una
procedura iterativa imponendo un valore di efficienza con un valore di clearance nullo. Per quanto
riguarda le palette con shroud, la correlazione è espressa in funzione dell’inverso c/h dell’aspect ratio,
dipende dal coefficiente di portanza del profilo CL ed in particolare dal numero delle tenute (seals:
protusioni che cosituiscono il labirinto della tenuta (vedi fig. 5.16).
0
!0.78 2
c K CL cos2 α2
(5.48) YT c = 0.37
h c s/c cos3 αm
0 K
(5.49) K =
(n◦ seals)0.42
5.3.9. Prestazioni fuori progetto: Modello di Moustapha. Fino a questo momento sono
state definite le correlazioni in condizione di progetto, lasciando fuori la stima delle perdite che si
sviluppano in condizione di fuori progetto. Il modello proposto è quello elaborato da Moustapha che
ha sviluppato delle correlazioni sperimentali per definire le perdite di profilo e secondarie quando la
macchina lavora in condizioni di fuori progetto. In particolare verranno analizzati i contributi dovuti
alle incidenze del flusso rispetto alle pale diverse da quelle di progetto. A questo proposito troviamo
che le perdite d’incidenza sono funzione del diametro del leading edge, del pitch, dell’aspect ratio e
della forma del canale. La perdita sotto forma di coefficiente energia ∆Φ sono espresse mediante le
relazioni:
(5.50) ∆Φ2 = 0.778 × 10−5 x + 0.56 × 10−7 x2 + 0.4 × 10−10 x3 + 2.054 × 10−19 x6 per 800 > x > 0
(5.51) ∆Φ2 = −5.1734 × 10−6 x + 7.6902 × 10−9 x2 per 0 > x > −800
dove definiamo:
−1.6 0
d cos αin −2
(5.52) x= ( 0 ) (α1 − α1des )
s cos αout
5.4. TURBINE AD AZIONE MONOSTADIO 145
il quale è funzione dello scarto fra l’angolo di incidenza α1 in fuori progetto da quello in condizioni di
progetto α1des . La conversione di ∆Φ2 in perdita di pressione totale Yof f di fuori progetto avviene
mediante la seguente:
γ
h
γ−1 2 1
i− γ−1
1− 2 M2 −1
∆Φ2
−1
(5.53) Yof f = − γ
1 − 1 + γ−1 2 γ−1
2 M2
Per quanto riguarda il calcolo delle perdite secondarie d’incidenza, la forma delle equazioni
rimane invariata ma i coefficienti sono diversi. Non viene inoltre usato il coefficiente ∆Φ2 , bensı̀ si
modellizzano direttamente i rapporti tra le perdite in termini di pressione, riferite al comportamento
in condizioni di design e quello fuori design:
Yof f
(5.54) ( ) = exp(0.9x) + 13x2 + 400x4 per 0.3 > x > 0
Ydes
Yof f
(5.55) ( ) = exp(0.9x) per 0 > x > 0.4
Ydes
0 −0.3 0
0 α1 − α1 d cos α1 −1.5
(5.56) x = 0 0 ( 0 )
α1 − α2 c cos α2
Le perdite di miscelamento possono essere schematizzate con modelli più complessi i quali ri-
chiedono una serie di parametri aggiuntivi come ad esempio le velocità del flusso nel mixing layer.
Infatti esiste la possibilità di suddividere il canale interpalare in tre parti rispettivamente del lato
in pressione, quello in aspirazione e la porzione centrale. Il flusso viene miscelato nei mixing layer
ed infine ponendo l’ipotesi di pressione statica costante all’uscita del canale vengono miscelati i tre
diversi flussi. Tale modellizzazione è difficilmente praticabile nei codici mean line per via della ne-
cessità di nuovi parametri di velocità , temperature e pressione da definire nei canali intercalari, ed
è perciò più semplice seguire l’approccio sperimentale con l’individuazione dei coefficienti correttivii
che, nel caso di perdite ψ costanti, rappresenta una parabola con il massimo per X = 21 . In realtà le
perdite sono funzione di X: considerando infatti V1 vettorialmente costante per X > 12 la velocità
w1 tende all’asse della macchina e, visto che la macchina è ad azione, la stessa cosa dicasi per w2 e
quindi la deviazione ∆β nella girante della corrente è inferiore e quindi ψ è più basso; ne consegue
che per una turbina monostadio ad azione si preferisce un valore di X leggermente superiore a 0.5.
Dall’analisi condotta il valore ottimale di velocità è pari a due volte la velocità in ingresso e
quindi il valore massimo del lavoro è
L ' U 2 (1 + ψ) ≤ 2U 2
ossia in termini adimensionali ψ ≤ 2: se consideriamo la geometria del distributore fissata (in termini
di α1 ) allora
1
Uott = V1 cos α1
2
con V1 funzione del salto entalpico disponibile e realizzato nel distributore; se la turbopompa è a ciclo
aperto allora il salto disponibile è elevato e quindi la velocità tangenziale ottimale è troppo grande
per permettere un semplice accoppiamento con la pompa e/o un ingombro limitato del gruppo.
5.4.2. Quantificazione delle perdite. Dal fatto che la turbina sia ad impulso ne seguono le
due note condizioni termodinamiche mentre l’energia cinetica in uscita dal distributore può essere
h1 = h2s p1 = p2
visto che le condizioni di ristagno 0, 1 e 1s coincidono; il lavoro può essere visto come somma del
lavoro ideale estrabilbile e delle perdite nel distributore, nella girante e allo scarico
V12 V22 w22 w12 w2 V2
= h00 − h1s − 1 − ϕ2 h00 − h1s − 1 1 − ψ 2 − 2
(5.58) L= − + −
2 2 2 2 | {z } |2 {z 2
} |{z}
Rdistr Rgir Rscar
che mostra come per massimizzare il lavoro occorre, oltre a minimizzare le perdite nei condotti
fissi e mobili, anche mantenere bassa la velocità sia nei condotti della girante (quindi diminuire
w1 il che significa, a pari V1 , aumentare U ) sia allo scarico e quindi possibilmente realizzare una
5.4. TURBINE AD AZIONE MONOSTADIO 147
girante a scarico assiale. Il rendimento total to static, detto anche rendimento periferico, assume
l’espressione
Rdistr + Rgir + Rscar
ηp = 1 −
h00 − h1s
che in termini adimensionali, con le relazioni trovate sopra tra le velocità e Vθ1
0
2 cos β2
Vθ1 X (1 − X) 1 + ψ cos β1 0
!
L cos β2
(5.59) ηp = V 2 = Vθ2
= X (1 − X) 1 + ψ 2ϕ cos2 α1
1s 1 cos β1
2 2ϕ2 cos2 α1
1
che mostra, data la dipendenza di ϕ e ψ da X, un massimo spostato per X > 2 e che diminuisce
con α (visto che aumenta la deviazione della corrente nella girante).
Il rendimento complessivo della turbina deve tenere conto anche delle perdite per attrito e
ventilazione (quest’ultime proporzionali all’area del disco girante)
Rattr +Rvent
L − (Rdistr + Rgir + Rscar ) − ṁ
ηturb = = ηp − ∆η
h00 − h1s
Ancora nel caso di macchine ad azione è possibile avere, con palettaggi leggermente divergenti, un
grado di reazione cinematico nullo ed uno scarico assiale: aumentando però la velocità w2s necessaria
aumentano le perdite ma il rendimento è complessivamente migliore. Visto che χ > 0 e quindi
p2 < p1
ṁ = ρ1 w1 A1 = ρ2 w2 A2
b2 > b1
5.4.3. Limiti prestazionali. Il rotore della turbina è sottoposto a due diversi tipi di sollecita-
zioni meccaniche
◦ forze aerodinamiche non costante dovute al campo di pressioni del fluido;
◦ forze di inerzia che in un regime di funzionamento costante sono costanti;
e una volta che è stato scelto il materiale è determinata, in base alla temperatura di esercizio, lo
sforzo di trazione σ ammissibile; si dimostra che la sollecitazione massima che viene esercitata per
una certa configurazione è proporzionale alla velocità di trascinamento
σmax ∝ U 2
calcolata per il diametro medio; esiste quindi un valore massimo di velocità tangenziale utilizza-
bile che dipende dal materiale e che è dell’ordine di 300 ÷ 350 ms . Il lavoro sarà quindi limitato
superiormente
2 m2
Lmax ≤ 2Umax = 245.000 2
s
e quindi il massimo salto entalpico sfruttabile, con un rendimento tipico di 0.8 sarà
Lmax m2
∆hmax = ' 306.000 2
ηp s
◦ il lavoro massico aumenta quindi a parità di potenza la portata può diminuire con conse-
guente beneficio sull’impulso specifico;
◦ il salto entalpico sfruttabile può, a parità di velocità tangenziale, aumentare con la possi-
bilità di avere macchine a ciclo aperto;
◦ l’angolo di deviazione per la girante e il distributore aumenta con aumento delle perdite e
conseguente diminuzione del rendimento.
Si dimostra che per una macchina con Z stadi il valore ottimale di X è
U 1
Xott = =
Vθ1 2Z
e il lavoro massimo
Lmax = 2Z 2 U 2
Considerando ora il caso reale con le perdite ψ e ϕ dalle relazioni trovate per la macchina monostadio
e adattate alla bistadio si ha:
V12
= h00 − h1s − 1 − ϕ2dist (h0 − h1s )
2
e il lavoro sarà possibile scriverlo come somma del salto entalpico ideale (per il rapporto di espansione
dato) e delle perdite
h 2 2
V −V w2 i h V 2 −V 2 w2 i
L = LI + LII = 1 2 2 − 21 1 − ψI2 + 3 2 4 − 23 1 + ψII 2 =
w2 V2 w2
= h00 − h1s − 1 + ϕ2dist h00 − h1s − 1 1 + ψI2 + 2 1 − ϕ2radd − 3 1 − ψII
2
| {z } | {z } |2 {z } |2 {z } |2 {z }
salto ideale Rdistr Rradd
RI RII
mentre il rendimento P
i Ri
ηp = 1 −
h00− h1s
Consideriamo ora per semplicità che non vi siano perdite (ϕ = ψ = 1) e consideriamo l’espressione
del rendimento
2 −V 2
V1s
V4 2
4
2
ηp = V 2 = 1 −
1s V1s
2
che nello condizioni di ottimo X = 14 e V4 = Vm
V1 sin α1 2
ηpmax = 1 − = cos2 α1
V1
che vale anche per Z salti e che mostra che all’aumentare di questi aumenta l’angolo iniziale di
deviazione e dunque diminuisce il rendimento. Il lavoro massimo per Z salti sarà calcolabile una
150 5. STUDIO DELLE TURBINE
Calcolando però il rendimento si vede che il rapporto con la turbina a singolo stadio
ηpZ
<1
ηp
5.6. TURBINA AD AZIONE A SALTI DI PRESSIONE 151
◦ nelle ipotesi sopra fatte il valore ottimo di X per il singolo stadio è sempre
Z 1
Xott =
2
0
le velocità, a salto ∆h fissato, sono scalate con la radice di Z
r
V θ1 V1 cos α1 V1s cos α1 ϕ1 ∆h0 Z=1
Uott
Z
Uott = = =ϕ = cos α1 2 = √
2 2 2 2 Z Z
V1Z=1
(5.62) V1Z = √
Z
6In ogni caso è possibile, ai fini di una regolazione più agevole, aumentare il salto di pressione per avere un flusso
in chocking negli ugelli di statore e quindi una portata costante.
152 5. STUDIO DELLE TURBINE
w1Z=1
w1Z = √
Z
Z
◦ se invece fissiamo, per limiti strutturali ad esempio, Umax allora il salto entalpico è funzione
7
lineare di Z.
◦ la presenza di più stadi statorici ove si realizza un salto di pressione porta alla necessità di
tenute che evitino che parte della portata non espanda come dovuto; inoltre tali trafilamen-
to, sempre presente per equilibrare la spinta assiale, porta alla necessità, nelle equazioni di
conservazione, di considerare le grandezze estensive anziché specifiche.
◦ l’espansione nei vari stadi porta ad una diminuzione della densità: la progettazione di
una turbina a velocità assiale costante porterebbe ad un aumento dell’altezza delle palette
troppo grande (di gran lunga superiore all’aumento dovuto alle perdite per attrito per le
turbine a salto di velocità) e quindi
pale svergolate con grado di reazione variabile con il
~
raggio. Si considera allora, a V1 costante, una diminuzione di α1 con conseguente aumento
della componente assiale; conseguenza marginale è la ripartizione non più uniforme del salto
entalpico tra i diversi stadi.
5.6.1. Rendimento. Consideriamo ora uno stadio ad azione (χ = 0) e scriviamo il salto ideale
di entalpia totale in funzione di V1 e V2 :
" 2 #
2
V1s V22 V12
0 0 0 0 2 V2
h0 − h2s = h0 − h1s − h2s − h1s = − = 1−ϕ
2 2 2ϕ2 V1
e di seguito, utilizzando l’espressione del lavoro 5.57, il rendimento total to total
2ϕ2 cos2 α1 X (1 − X) (1 + ψ)
ηtt = 2
1 − ϕ2 VV12
che rispetto al rendimento 5.59 risulta maggiore per la presenza di un denominatore minore di uno
e tale differenza cresce la crescere di V2 (visto che ciò che veniva considerato perdita prima ora non
lo è più). Dai triangoli di velocità
0 0
V22 = U 2 + w2 − 2U w2 cos β2 = U 2 + ψ 2 w12 − 2ψU w1 cos β2
w12 = U 2 + w12 − 2U V1 cos α1
si ha 2
V2 h i
= ψ 2 + X cos2 α1 (1 + ψ)2 X − 2ψ (1 + ψ)
V1
e dunque
2ϕ2 cos2 α1 X (1 − X) (1 + ψ)
ηtt = n h io
1 − ϕ2 ψ 2 + X cos2 α1 (1 + ψ)2 X − 2ψ (1 + ψ)
e possiamo vedere che, rispetto alla turbina a salti di velocità, il rendimento si presenta maggiore
e con un andamento più piatto nell’intorno del massimo; ancora una volta, considerando anche le
perdite per ventilazione (proporzionali ad U ) il massimo si sposta ad X inferiori rispetto al Xott
dell’analisi fluidodinamica ed inoltre la cifra di pressione (che è inversamente proporzionale a U 2 )
risulta superiore a bassi X.
7Rispetto alla turbina a salti di pressione dobbiamo notare però che la dipendenza da Z (vedi 5.60 e 5.61) ha
l’esponente dimezzato.
5.6. TURBINA AD AZIONE A SALTI DI PRESSIONE 153
5.6.1.1. Confronto tra monostadio e pluristadio. Prendiamo due macchine, una monostadio e
l’altra bistadio, con le seguenti condizioni:
◦ sia reso disponibile lo stesso salto entalpico totale (inferiore al massimo sfruttabile per limiti
strutturali); √
◦ abbiano triangoli simili (scalati del fattore Z)
◦ abbiano le medesime perdite (ϕ, ψ);
allora le perdite nella macchina monostadio saranno somma delle perdite nel distributore e nella
girante (dalla 5.58)
2
2
1 V1 2 w1
RZ=1 = Rd + Rg = −1 + 1+ψ
ϕ2 2
Z=1 2
Z=1
mentre nella turbina bistadio basta moltiplicare per Z la medesima espressione con le opportune
velocità 2
2
1 V1 2 w1
RZ = Z −1 + 1+ψ
ϕ2 2 Z 2 Z
che, vista la 5.62 e seguenti, permette di affermare che le perdite fluidodinamiche nella turbina sono
le medesime a prescindere dal numero di stadi impiegati. Allo scarico però, supponendo la velocità
assiale, per la turbina monostadio si ha
Z=1
V12 Z=1 sin2 α
Rsc =
2
mentre per la pluristadio
V12 Z sin2 α RZ=1
Z
Rsc = = sc
2 Z
la perdita è scalata di Z proprio come l’energia cinetica.
5.6.2. Analisi delle perdite di portata attraverso una turbina a salti di pressione.
Consideriamo un caso semplice con tre stadi ad azione: le portate che attraversano ciascuno stadio
sono legate tra di loro dai trafilamenti
ṁII = ṁI − (δ ṁe + δ ṁII )
ṁIII = ṁII − (δ ṁIII − δ ṁII )
154 5. STUDIO DELLE TURBINE
con i trafilamenti attraverso le tenute a labirinto sull’asse che possono essere scritte come
s
1 2
1 p00 − (pa )
δ ṁ = αA
RT 0 n
con αA il coefficiente di efflusso, A la sezione di passaggio ed n il numero di stadi del labirinto; dalla
relazione presentata si può trovare il numero minimo di labirinti
2 2
α2 A2 p00 − (pa )
nmin =
(δ ṁmax ) RT 0
che è funzione delle prestazioni; dal punto di vista fluidodinamico si può pensare che, attraverso delle
espansioni isoentropiche e successivi riscaldamenti isobari, il punto rappresentativo si sposti sempre
ṁ
sulla curva di Fanno corrispondente alla portata adimensionalizzata αA .
P
C=
ω
In generale possiamo adimensionalizzare la pressione rispetto alla pressione di scarico e quindi
avere delle funzioni della portata adimensionalizzata rispetto alla portata di chocking e del numero
di adimensionale: p !
p00 ṁ RT00 N D
ηT , =F ,p 0
psc D2 p00 RT0
ottenendo che la portata adimensionalizzata è proprio costante in condizioni di saturazione.
Nel caso in cui vada in chocking la girante allora si ha quanto detto sopra: una volta arrivati alla
pressione critica (quindi sull’estremo della stessa curva di Fanno visto che la portata è costante) si ha
0
una post-espansione che porta il flusso ad essere supersonico, ad arrivare ad una pressione p2 inferiore
0
e quindi a sviluppare un lavoro superiore; possiamo quindi definire una p2min al di sotto della quale,
essendo il fan di espansione non più incidende sul palettaggio, non si ha ulteriore incremento della
potenza sviluppata. Si può infatti vedere come il lavoro di post-espansione sia limitato inferiormente
con il rapporto di espansione.
5.7.1.1. Trasformazioni reali e indice della politropica. Per una trasformazione isoentropica
γ
p ρ
=
p0 ρ0
dalla termodinamica si possono trovare le espressioni della velocità e della portata specifica nel caso
subcritico: v
u
u 2γ
" γ−1 #
p2 γ
V =t p0 ρ0 1 −
γ−1 p00
v " 2 γ+1 #
1 u
ṁ p γ u 2γ p γ p γ
= ρV = ρ00 p00 ρ00
V = t −
A p00 γ−1 0
p0 0
p0
mentre il caso supercritico si ottiene sostituendo al rapporto di pressioni quello critico.
5.7. CURVE CARATTERISTICHE 157
Se abbiamo ora una generica traformazione politropica (che schematizza un processo con perdite):
n
p1 ρ1
(5.63) =
p0 ρ0
si ottengono delle relazioni simili
v
u
u 2γ
" n−1 #
p2 n
(5.64) V =t p0 ρ0 1 −
γ−1 p00
v
u " 2 n+1 #
ṁ u 2γ γ − 1 p n p n
p00 ρ00 M02
(5.65) =t 1+ 0 − 0
A γ−1 2 p0 p0
e quindi esiste un legame tra l’indice della politropica, l’espansione, le perdite e le condizioni in
ingresso:
γ
p1
ln pp10 1 + δM02 γ−1
0
(5.66) n=n , γ, ϕ, M0 =
p00 p1 (1+δM 2 γ−1
0 )
1
ln p0 2
„ « γ−1
3
0 p1 γ
1−ϕ2 41− 5
p0
0
Ψ = −1 + ϕ (cot α1 + cot β2 )
e questo avviene se gli angoli di uscita del flusso sono uguali a quelli geometrici e che gli angoli di
flusso variano poco tra le condizioni di e fuori progetto:
Per la turbina completa isoliamo il termine ρdp ed integriamo considerando l’espressione 5.63:
Z Z psc " n+1 #
ṁ2 X 1 n 0 0 psc n
2 2 =− ρdp = p0 ρ0 1 −
2 µ A
i=1 i i p00 n+1 p00
che, nel caso comune di curve a T00 costante e considerando che a primo membro il rapporto tra le
sommatorie è circa unitario per le ipotesi fatte:
v
u n+1
ṁ 0t
u psc n
(5.68) ¯ = p 0 1 −
v ṁ p00
u „ « n+1
u
p̄sc n
p̄00 1−
t
p̄0
0
che fornisce nello spazio ṁ, p00 , psc un cono a sezione ellittica. Da tale superficie potremo quindi
ricavare le curve caratteristiche ideali a p00 costante o a psc costante: si nota che in quest’ultimo
caso l’assenza di choking porta all’aumento della portata al diminuire della pressione psc (fino alla
condizione di pressione nulla) mentre nella realtà la saturazione di uno o più stadio porta ad una
portata massima ben definita.
p̄00 1 − (p̄∗sc ) n
5.7.3.2. Metodo di Stodola per un numero finito di stadi. La correzione della teoria presentata
per l’insorgere del chocking la si conduce semplicemente considerando il rapporto di espansione
disponibile per la turbina:
(1) se
n
p1 p1 2 n−1
0 ≥ 0 =
p0 p0 cr n+1
allora la portata è quella trovata sopra
v " 2 n+1 #
u
ṁ u 2γ p1 n p1 n
p00 ρ00
=t −
A γ−1 p00 p00
0 < 0 =
p0 p0 cr n+1
allora la portata è costante e pari a quella di chocking
v
u " 2 n+1 #
ṁ u 2γ 0 0
2 n−1 2 n−1
= t p0 ρ0 −
A γ−1 n+1 n+1
con il punto di raccordo in condizioni critiche: la superficie conica acquista una base parallelepipeda
che tiene conto della saturazione. L’equazione della curva corrispondente sarà:
ṁ 2 p1 − pcr 2
+ =1
ṁcr p00 − pcr
per p1 ≥ pcr e
ṁ = ṁcr
per p1 < pcr .
Introducendo ancora la portata massima smaltibile
s
n+1
γ 2 n−1
Γ = A1 (n − 1)
γ−1 n+1
si ha 2 2
ṁ p1 − pcr
+ =1
Γ p00 − pcr
e la curva di ṁ in funzione di p00 ottenuta approssima bene il caso reale.
Bibliografia 161
Bibliografia
[1] J. H. Horlock. Axial Flow Turbines. Robert E. Krieger Publ. Co., 2 edition, 1973.
[2] D. G. Ainley and G. C. R. Mathieson. A method of performance estimation for axial flow turbines.
ARC R and M 2974, Aeronautical Research Council, London, 1957.
Elenco delle figure
δVθslip
4.11 Perdite per urti nel diffusore: 2
U2 = cost. 95
4.12 Perdite nel diffusore per Cp = cost. 96
∆Vθslip
4.13 Curve reali nel caso U2
2
= cost. 96
4.14 Curve reali a Cp = cost. 96
4.15 Effetto della cavitazione per ns differenti 97
4.16 Schema del circuito all’aspirazione della pompa 98
4.17 N P SH critico 99
4.18 N P SH in funzione di Q e N 100
4.19 107
4.20 107
4.21 Carichi laterali 108
4.22 Distribuzione di pressione per impeller senza foro di comunicazione. 109
4.23 Distribuzione di pressione per impeller con foro di comunicazione. 110
4.24 Disegno di assieme della girante e dei canali palari 112
4.25 Grafico delle funzione polinomiale relativa al rendimento η. 113
4.26 Grafici delle funzioni polinomiali relative a ξ, NSS e σ. 113
4.27 Velocità tangenziale in uscita (indicata nel grafico con CU 2) decresce all’aumentare della
portata 114
4.28 NPSH al variare della pressione di aspirazione 114
4.29 NPSH al variare della pressione di vapore saturo 115
4.30 Nomenclatura per il triangolo delle velocità in uscita della girante. 115
4.31 Effetto dell’angolo di uscita delle pale sulla potenza assorbita 116
4.32 Effetto dell’angolo di uscita delle pale sulla prevalenza 116
4.33 Curve caratteristiche della prevalenza a diversi numeri di giri 116
4.34 Curve caratteristiche della potenza assorbita a diversi numeri di giri 117
4.35 Curve caratteristiche adimensionali 117
4.36 Prevalenza al variare della pre-rotazione all’aspirazione 117
4.37 Potenza assorbita al variare della pre-rotazione all’aspirazione 118
1.1 Grandezze critiche per alcuni dei propellenti più comuni (i valori dell’acqua sono riportati
per confronto). 6
167