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In quel tempo

John Martone

Tufo
In quel tempo
Copyright © 2021 John Martone
Tufo
jpmx@protonmail.com
In quel tempo
A Romano, Toni, Alessandra, Maria Laura, e Eufemia
per la loro amicizia, per il loro aiuto

Infatti, in conseguenza del continuo piangere, aveva contratto


una gravissima malattia agli occhi. Perciò il medico cercava di
persuaderlo a desistere dal piangere, se voleva sfuggire alla cecità.
Ma il santo replicava: “O fratello medico, non si deve, per amore
della vista che abbiamo in comune con le mosche, allontanare da noi,
neppure in piccola misura, la luce eterna che viene a visitarci. Il dono del-
la vista non l’ha ricevuto lo spirito per il bene del corpo, ma l’ha ricevuto
il corpo per il bene dello spirito.”
Bonaventura, Leggenda maggiore.
Un innocente
accende una lampada

la casa sulla collina


è un faro.

La via anonima
è un filo senza colore

un ramo dell’albero
chiamato Möbius.

Nei rami invernali


rinasce una luce

buona come pane


per i passeri.

~5~

Etimologia

Le parole
stupite

crollano
come sassi
del loro tempio.

~6~

Ancora il dopoguerra
un libro illustrato
sulla tavola

scala di grigi
ma più grigio
sempre più

negli occhi
maculati.

~7~

Scopro che il mio nome


non è più soltanto il mio.

Molti lo hanno
molti che fanno

cose grandi!
Di loro c’è un mondo!

Come potrò mai ringraziarli?


E io, lo scemo esule,

vedo un ponte di pietre


preziose sotto cui

mi addormenterò.

~8~

Il vento cessò
e ci fu grande bonaccia

faccio il letto
e metto la camera

in ordine
su quel mare.

il vento polare
crolla sui campi
di notte

una frana di spazio

e un piccolo io
con un’anima
che non è.

~9~
Nonno calvo
con le bretelle
maglietta bianca

sorride predicando
ai pesci di
memoria.

Un temperino per
scrivere

nella corteccia—
inesauribile

profondità.

~ 10 ~

Sto in piedi
nella stanza vuota.

Come chiameranno
quei pianeti
ancora non scoperti?

~ 11 ~

Quel paesaggio
una sfida
le parole sono piccolissime.

quelle galassie
miliardi di anni di luce
lontane —

e dal profondo
salgono fonemi.

Domeniche piovose
sono ancora

quello scolaro delle elementari


alla finestra.

Guarda quel bianco


abito da sposa

ATGC
Chiara seppe bene cucire.

~ 12 ~

Dopo la diaspora il figliol guarda nello specchio.

Il letto fatto …

Nevica tutto il giorno.


Un lenzuolo bianco
veleggia sopra il letto,

e sto pronto. Aperto.


In questa piccola stanza

mi sento illuminato
da uno spettro
più che visibile,

una vocale, o.

~ 13 ~

Questa vita è un sogno trasparente ma gli occhi sono pieni d’acqua


scura.

La vista guarita, viene l’afasia.

In un capanno crollato mi chino nel buio cercando attrezzi.

Quelle parole dette una volta soltanto come mai le ricorderemo?

Chiara fiamma blu


quel piccolo cielo dentro me.
Ci entrerò.

~ 14 ~

Grappolo

dopo le uve lo stelo


nello spazio negativo
un uomo attorcigliato.

~ 15 ~

Questa foto di un uomo in abito nero


e quella di galassie miliardi di anni distanti
sono la stessa immagine.

Nella pioggia invernale la casa sulla collina diventa un acquerello.

~ 16 ~

Dal nulla sgorga la speranza di vedere cervi.

~ 17 ~

Nel grigio approccio di neve la candela spenta davanti all’icona.

Dopo sonno profondo si ritrova sul marciapiede in attesa del treno.

Allenarsi—
Ascendere, discendere

le scale dello stadio


vuoto al tramonto.

Osserva lentissimamente l’erba d’inverno.

Il legame tra di noi — il vuoto tra le nostre parole.

~ 18 ~

Un'ora stamattina
viene lo spirito—

è come la vita duri


precisamente sessanta minuti.

Le ombre di parole, le sue mani scure.

La durata della frase


qualche centimetro di radice

tagliata, gettata via


—c’è dunque speranza.

Quei grovigli, nodi


le mie viscere

come vidi sotto


Cappella Sansevero

per tutto il tempo


sono stato pieno di radici.

~ 19 ~

John Martone è uno pseudonimo.

Dopo tanti chilometri, due metri sopra la terra esita la neve.

La parola giusta non trovata, silenzio sboccia.

~ 20 ~

Lei fabbrica dei merletti tra i colpi.

Più e più spazio, la sua cesta piena di merletti.

Le forbici sul tavolo ancora più lucenti della neve.

~ 21 ~

Voglio qualcosa astringente, come uno spinterometro.

L'isola fa nuotatori noi tutti.

~ 22 ~

Di solito faccio la mia passeggiata in senso orario ma oggi in senso


antiorario come quella volpe.

Dopo quel vento di tempesta, un tetto sottopiedi.

D’inverno il vuoto dentro un recinto d’orto …

Lui è un sacco mezzo-pieno di ossa e rifiuti ma che sogni belli!

Perdo i miei oggetti, perdo i loro nomi, ma resta la cura.

Sono due colombi nel corniolo d’inverno … e tre … quattro …


nessuno. Eccomi.

~ 23 ~

Sognato d’un fanciullo semi-nudo, costato ferito, uno di noi.

Stupito dalla luce ho fame.

Le ombre svolazzanti dei colombi attraversano le mura lucenti della


camera. Già vertigini non mi serve andar altrove.

Ricordo il giorno
la parola fazzoletto
diventata mia.

~ 24 ~

Spezzato il guscio di parole, la noce è mia.

L’erba d’inverno, una panchina …


il vuoto non è solitario.

I campi di quel tempo sono ancora i campi in quel tempo.

Ultimo ricordo
Io ricordo un intagliatore di cammei.

Senza valigie l’intagliatore di cammei torna al suo paese.

Con il suo temperino


un intagliatore principiante
siede sulle scale fuori di casa.

~ 25 ~
Vetrina aperta
Con dita antiche il meccanico di camion tasta cammei.

Varco la soglia.
Viene un perditempo.

Sorride una bocca mancante di due denti.


Fa il falegname.

~ 26 ~

Nel mio bosco, fondamenta abbandonate di casa, con dentro alberi


crescenti, e così il desiderio compiuto.

Tanti anni, tanti demoni espulsi, il bimbo tace.

Dispersa la folla, mi ritrovai seduto sulla terra, vestito e sano di mente.

Silenzio — il carbone ardente, libro dolce. Il veggente tace e viene la


profezia.

La finestra aperta al sottozero, vedo oltre il bosco.

Pane sul tavolo, la pagina vuota.

~ 27 ~
Dito sulle labbra, spazio per il volo.

Quiete interiore, la camicia alla rovescia.

~ 28 ~

Cestino di vimini
pieno di tempo

anche la poesia
è vuota.

Non si destò mai abbastanza presto.

Ho fame d’antichità. Mi dai sassi o pane.

Come un tempio di de Chirico la mia camera. Solo lo spazio è crollato.

Parola dopo parola—c’è un Samaritano?

~ 29 ~
Nessuno chiese a Gesù di guarire dalla vecchiaia.

Cugino F mi spinge via del ramo crollante.

Prima dell’ictus scrive giù tutto dopo.

Sulla tavola alcuni ninnoli dell’inconscio alla fine.

~ 30 ~
Una pagina vuota e non ho niente per i passeri.

Nomi fuggitive, quelle scattole vuote, le regalo a te.

Il recluso Camaldolese non firma i suoi scritti.

Dimenticanza è un paesino.

~ 31 ~

I vestiti di un morto mi stanno molto bene.

Tardo è il guscio, pronta la noce.

Parlo con gli occhi chiusi, è meglio che distogliere lo sguardo.

~ 32 ~

Illeggibile la frase ma il significato nel giallo-verde lichene resta sul


sasso intagliato.

Viene lo spirito finché non penso che io possa vedere.

Di quel tempo prima degli occhiali conservo cari ricordi.

Quel miope immagina come sarebbe passata la sua vita a Pompei.

C’è un dialogo perpetuo dentro questo sasso. Ascoltalo.

Colgo silenzi, così tante specie impollinate da un respiro.

~ 33 ~

~ 34 ~

Un mattino senza fastidio, chiaro, come se stessi ancora sognando.

Da entrambi i punti di vista, le briciole sotto la tavola sono le mie.

In quel tempo non c’è nessun altro tempo.

Un treno dell’infanzia sferraglia attraverso il bosco scuro.

Le scie chimiche si dissipano. Cinque miglie sotto, una bambina vede


la Madonna del Silenzio.

~ 35 ~
All'improvviso uccelli piccoli scoppiano come cocci.

Prendo una mela dalla cantina. Ho due ginocchia.

Ogni frase sulla sua propria pagina, fortunata, come un buco nella mano.

~ 36 ~

Prego dall’abisso. Comincia a nevicare.

Pezzi di carta ex voto … Dove fu quel muro di chiesa?

Fuori palazzo, disperato cerco la parola chiave.

Senza vederli conosceva il canto di ogni uccello, il mio amico morto.

Stracciato
un superstite
di stupore.

~ 37 ~

Sigarette accese
nella tempesta di neve
povere lucciole.

La neve si giace a strati.


Affetto una pera.

~ 38 ~

All’alba fumo di un comignolo nel sottozero; ci sono superstiti.

Una cesta di vimini piena di parole o un mondo silenzioso, non sai come
scegliere.

Tu sei il filo attorcigliato di un confine.

Più e più piegato da vecchiaia, una singola molecola grande.

Sta sempre attraversando campi frigidi un neolitico.

Lo hanno scoperto con le sue mani congelate al fucile.

~ 39 ~
(Il cervello è il nostro camuffamento naturale. Ci nasconde a noi stessi.)

I nostri lebbrosi sono trasparenti.

Nel giorno più freddo un falco gigante.

Pare che io possa disfare l’esilio se solo sapessi scrivere.

Queste mie preghiere sono conosciute precedentemente come poesie.

~ 40 ~

Nel laboratorio di Giotto facevo l'inutile tuttofare ma guarda,


guarda tutto che hanno fatto.

Nevica. Ci sono uccelli piccoli nel corniolo. È il mio impegno guardare.

Una volta ho conosciuto come sono chiamati quei piccoli uccelli.


Ora li guardo più attentamente.

Quando chiedi, la pausa che mi serve per risponderti è la risposta più


vera.

Sento lo spazzaneve che raschia chiaro anche la mente.

Mi sveglio senza pensiero di fronte ai campi di neve.

~ 41 ~
Campi di neve fuori, gioco con la mia calcolatrice.

Uno strato nuovo di neve sopra gli altri. Sono tanti millenni in un inverno.

Una testa ancora neolitica lancia sbirciatine da una galleria frangivalanghe.

Quarant’anni fa, sono scivolato nel silenzio alpestre.


È più ripido, più profondo ora.

Affetto l’ultima mela; scopro il grembo.

Pepe rosso schiacciato — lacrime per un padre.

~ 42 ~

Etimologia — profezia

Il mio desiderio
quella mancanza delle stelle.
Non vi sarà più notte.

Mi umilio davanti al Grande Garzanti ma non trovo ciò che cerco.

Nei campi di neve dimoro al centro della infinita o.

Dopo la neve un bagliore accecante e la tuta spaziale.

~ 43 ~
Un breve riposo
sulla maniglia della pala di neve —
l’uccello blu.

Mi piace la neve proprio come cade. Lo sforzo rovina tutto.

Solo una frase le parole del giorno intero.

Archeologi già, scavano la neve.

Oltre gli alberi di fico campi di neve.

~ 44 ~

La mia vista guarita, vidi la gente come alberi che


camminano e alberi come gente tranquilla.

La mia scrittura è piena di errori, di cui molti non sono sulla carta.

Per vedere le sinapsi di una finestra si deve romperla.

Qualche volta mi sbaglio di proposito per sentire qualcosa di giusto.

~ 45 ~

I ghiaccioli crescono lunghi, comincia la quaresima.

Qualcosa scritta, il biglietto diventa un biglietto.

Un paesaggio, le braccia spalancate.

Con una stilo prova a far crescere le uve in inverno.

Silenzio scioglie i nodi.

Davanti all’eremo un sentiero di ciottolini rumorosi.

Le cose di ogni giorno — non saprai mai come chiamarle?

~ 46 ~
Fare di questo groviglio il tuo nido.

Cellula dopo cellula vuota ora, il cervello era un favo.

Con una intonazione ascendente si pronuncia OK.

Ho la metà dei tuoi geni, e come te, dimenticherò tutto.

Vorrei poter ricordare regalandoti quella giostra piccola di cristallo.

Della grandezza di una stella parla la briciola.

È tempo di chiedere. Stai zitto!

Era molto bella, ma avevo solo fame.

~ 47 ~

Sempre scavando la neve — perché non provi mai a sciare di fondo?

L’orto sotto la neve, chiudo gli occhi.

Un fiore di magnolia, una camera calda nella neve.

~ 48 ~

Che il mio silenzio sia un vuoto cesto di vimini.

Quante stagioni già il nuovo cestino di salice.

Le mani preganti, giunchi intrecciati.

Il cestaio sogna le dita di paglia

Con una stilografica o un trincetto plasmare il vuoto.

Intrecciando un cesto, torno al bosco.

L’orlo del cesto di salice una sponda di fiume.

~ 49 ~
Un'intera vita quanti cesti vuoti.

La bottega del cestaio con le finestre aperte, e (un momento) le mani


vuote.

~ 50 ~

Chi vuole il paesino di sogni si ferma qui.

Tanti alfabeti diversi quanti "junk DNA."

Sulle ginocchia stamattina, io faccio il copritetto, amen.

Paralleli perfetti sotto le stelle, nessuno vede i listelli del tetto.

Tegola rovescia, tegola superiore; pioggia o stelle.

Tutto dipende dai coppi di displuvio.

L'illusione di movimento lungo le tegole del colmo.

~ 51 ~
Da vecchio, Papá costruì un lucernario.

Scure a martello, perfettamente bilanciata — come il copritetto.

~ 52 ~

Ogni cosa finita rivela la sua non-ancora.

L’annaffiatoio col suo beccuccio traforato


L’annaffiatoio col suo beccuccio traforato
L’annaffiatoio col suo beccuccio traforato
L’annaffiatoio col suo beccuccio traforato
finché non sono le radici infine bagnate.

Il mio grande annaffiatoio è verde


delle piante in vaso ne sono molte.

Il vocabolario cresce:
ho anche delle talee in acqua.

Con un coltello da innesto scrivo una frase.

Si mette la marza nella incisione come un pennino in inchiostro —


Kobayashi.

~ 53 ~

Sulle spalle portando un sacco di “non ricordo che cosa” mi avvicino


alle montagne.

Il cervello è una camera a nebbia, e le frasi le tracce fotografiche.

Leggero il volo del passero ancora a Chernobyl.

Dopo il dosimetro le stelle.

Zoppicando con un bastone, parla della materia oscura.

Prima del sincrotrone Large Hadron, gli scugnizzi di Napoli sotterranea


si scontravano.

~ 54 ~
Non provare a organizzare le cose. La primavera verrà alle montagne.

Qual disegno farebbero i raggi cosmici, se potessimo vederli?

~ 55 ~

Dopo una notte di sottozero, gli stami aurei di un croco.

Narcisi già, mi pento di tante cose troppo tardi.

Aquilegie lungo un marciapiede, lui aggiusta la sua coppola.

Una retina dentro fuori, quella zinnia di memoria.

~ 56 ~

Scegliendo lui stesso i libri, lo studente fece i suoi primi errori.

In quel tempo, feci accordare le desinenze mentre la tessitrice buttò


la navetta.

Fu lottando con equazioni algebriche. La sua gamba destra divenne molle.

Povero, sì. Lo sento nei miei polmoni.

Sentiva un silenzio interiore come se abitasse già lì.

Briciole di pace. Sempre a briciole.

L'unica camicia pulita è macchiata.

~ 57 ~

Nebbia mattutina —
mi ritrovo nel bosco.
Ci sono tante parole che non sentirò mai.

La mente che fu un cielo stellato è ora un lago senza fondo.

Parole passano, chiocciole lasciano tracce scintillanti nel primo sole


del giorno.

Ogni parola ha il suo buongiorno e buona serata poco dopo.

Le foglie bagnate marciscono.


Ci seppelliamo in un Grande Garzanti.

~ 58 ~
Dopo la pioggia, le cose si spogliano dei loro nomi nel sole.

Stendevo le mani qui e lì in una lingua immensa. Smarrito e cieco.

Con gli occhi scuri, questo piccolo sasso con un sapore salato, una
moglie.

Accecato da cose lucenti sussurro il tuo nome.

Dicevano
quel ragazzo cieco
facesse suoni
come un delfine.

Camminavo
accanto lui.
Persino oggi
odo quel mare.

~ 59 ~

Perché non la dipinge mai come vecchia?

Dimentico l’anno, ma posso ancora legare la sciarpa.

Silenzio è il suo proprio paesaggio.

Due oche—
una coppia a parte dal branco
il loro silenzio.

La Vergine del Silenzio


Un dito sulle labbra, si raggiunge il mondo intero.

Bimbo e vecchio sanno l’immensità oltre. Smemorati dimoriamo fra


tali estremi.

~ 60 ~
Non ti ho mai incontrato nemmeno ti ho visto. Come è che siamo stretti?

Einaudi
Onda dopo onda, il mare sogna il guscio che lo circonda.

Qualcosa su noi: I piatti impilati, i servizi da tavola sistemati,


e nessun'orma sul pavimento.

Almeno perderemo anche i nostri limiti.

Cominciare con una sola persona — una lettera minuscola, casuale.

Il rispolverare appena fatto—c’era anche quel momento.

Lei ha risparmiato tutti i suoi orologi da polso rotti.

~ 61 ~
Se non potrò darti i miei ricordi di te, cosa?

In quel tempo, c'era chi pregava Cristo, “non morire.”

Sto ancora imparando tutte le coniugazioni di morire.

Avete rispetto per quella distanza come l’orlo intricato di un mantello.

Un giorno “normale” senza ansietà, raro come quel cervo nel giardino, la
pioggia finita. Magari un cervo immaginario.

La mia cara sarta è morta. Adesso non c’è nessuno su cui posso dipendere.

~ 62 ~

Piango ancora la perdita di Claudia, i suoi scritti che nemmeno i topi


capirono, nella scatola sotto il suo letto.

~ 63 ~

Settant'anni ancora contando sulle dita.

i miei occhiali piegati — un digiuno quaresimale.

Rotto il vaso dell’albero. Tra i miei antenati ci furono briganti.

~ 64 ~

Lo scolaro
ha dieci anni;

per la prima volta


sente delle case
a palafitte.

Nel laboratorio per i disabili urla un giovane. La prateria resta immobile.

Dondolando senza parola—un giorno di ottantaseimilaquattrocento


secondi.

Non è il mio fallimento ne il suo:


con la sua mente di fanciullo
lui è più forte di me.

~ 65 ~

Com’è grande la fabbrica abbandonata di scarpe con i suoi pavimenti di


foglie e cocci e le sue costellazioni di finestre non ancora rotte.

A questo angolo il sole lungo la modanatura rivela piccolissimi


buchi di chiodi spaziati con cura.

~ 66 ~

Grazie per il sole


grazie per il cervo
al confine del giardino.

Grazie per la forza


di seguirlo oltre

o non avendo la forza,


di restare nel mistero.

Stracci
queste
parole
in prestito

adatte
a una pezza
scalza
di nube.

~ 67 ~

Cadrà
un giorno
quel ramo gigante
e morto
nel vento di primavera
il nido
con i superstiti
d’inverno

in alto.

~ 68 ~

Com’è pesante
un libro di duemila pagine
e meno di un soffio dentro.

Il libro
è un blocco di legno
per fermare la ruota

finché non sei pronto


a liberarla.

Pieno di storia
un soffio galleggia via.
Restano le banchine vuote.

~ 69 ~

Sono piccolo
e guardo nella mia mano

c’è il piccolo cuore


di un pollo macellato

— pulsa ancora? —

ci sono quelle
aperture
vacue

il viscido
tocco

di un velo.

~ 70 ~

Pandemia quaresimale

Le ceneri arrivano per posta.


È sempre stato così.

~ 71 ~

Sorrise molto occupandosi delle sue violette africane sul davanzale. Non
so dove moriva.

Ma soprattutto mi piacciono le cipolle arrostite e Dostoevskij alla fine


d’inverno.

Lui cammina
tutto il giorno.
Fa circoli grandi nella sala.
Conosce solo poche parole
che ripeta
ogni dieci secondi:
come ti chiami?
Il mio insegnante
mite, d’amore.

Fuori la sala dei beati


(vale a dire, i dimenticati)

due colombacci costruiscono


il loro nido nella grondaia arrugginita.

~ 72 ~

Minestra di lenticchie
anche oggi —
Sono pazzo per van Leeuwenhoek!

~ 73 ~

Preghiere come gli stracci di un povero che si spoglia.

L’istante dopo
il corvaccio volato via
io il ramo morto.

Fine marzo
le sue promesse piccole nell’erba.

Marzo —
gli alberi cominciano ad allenarsi.

Come lo specchio che grida quel mio scaffale per i libri, vuoto,
pronto per il trasferimento.

Sole d'inverno sul pavimento e le cose sistemate.

~ 74 ~

Le ragazze hanno le mammelle piccole;


i vecchi si appoggiano ai loro bastoni.

Da solo
come ogni altro sasso
divento molti.

Rocce lungo la riva del fiume,


le squame lucenti di un pesce.

Ogni ciottolo un dono, anche quello nella mia scarpa sinistra.

~ 75 ~

Alla fine apparterrò alla fine.

Altre
menti

Mattino presto
il tuono del telaio —
siamo attoniti.

~ 76 ~

Quattro avvoltoi nel giardino, qualche corvaccio dopo, e io alla fine.

Dopo una notte da incubi ci sono questi portoni di Napoli, coperti


da graffiti multicolori.

Miniature di vetro filato —


la fine dell’inverno.

Trecento frasi, sfaccettature di speranza.

~ 77 ~

Il mormorio
del ruscello lungo il sentiero
una lunga passeggiata.

I corvi per una sveglia.


Mi fanno strizzare gli occhi.

Equinozio di primavera, l’orlo del Sud.

Guizzante, crepitante, mai fiamma piena, il tuo percorso.

Onda o particella, la più piccola fiamma possibile.

~ 78 ~

Fari dal bosco la prima luce del giorno.

Vedo quelle parole ma non so come scriverle.

Nastri dai colori vivaci nel libro —


un sentiero si apre come fiore.

Vedi tracce di luce non mai la fonte.

La preghiera del silenzio sta in attesa senza pausa.

In quei giorni feci il botanico, ora coltivo silenzi.

Quando raggiungo l’ultima pagina, sento un colombo fuori.

~ 79 ~

Nello stesso abito oggi, un passo indietro.

Mi chiamano nonno. Proseguo nel cammino.

Tutte le cose intorno a me sono particelle di un sogno


che neanche è il mio.

Il primo temporale di primavera. Le mie scarpe vuote accanto alla porta.

Il mio hoodie marrone è immenso — a cosa stava pensando Dio?

~ 80 ~

Ohrwurm
Il suono di armadietti di cucina …
(qualcosa nascosta dentro me).

Vuoi chiamarli lampade, nebbia — gli spiriti di mamme innumerevoli


sorgono a ogni alba.

Nel laboratorio ascolto i veri filosofi — i non-verbali.

Ogni porta ha il suo allarme.

Pane spezzato come per uccelli


— la aiuto a mangiare.
Da dove venimmo?

Senza fare neanche un passo divento un immigrante.

Lui ode bene — le sue mani dice che siamo tutti sordi.

~ 81 ~
Altrimenti sia il custode laboratorio un Camaldolese.

Mi dice che ha una domanda. Segue una pausa come questo cielo im-
menso.

Scintillanti nel sole, le loro sedie a rotelle mi fanno sempre pensare a


Ezechiele.

~ 82 ~

Figlia

Come un’eco
di silenzio

sedia a dondolo
libro illustrato

senza parola
le tue mani svolazzano

come lo spirito
sopra l’arca

sul mare —
un'arca di echi.

~ 83 ~

Le urla di una che non sa parlare …


ma le mie parole sono un muro.

Se potessi sentire sarei un vuoto tremolante.

Una ragazza suona la batteria. Scroscia un vento crepuscolare, piovoso.

La depressione
Già morta, riesce appena a vestire il proprio corpo.

Freddo e piovoso il primo mese di primavera.


Noi tutti siamo questa ragazza bipolare.

Abbaglianti macchioline di mica scintillano nelle pietre di quel


muro, ma io sono sempre chiuso fuori. Senti — parlo del mio
proprio cervello!

~ 84 ~

Dopo venti anni una stilografica diventa molto intima come una dentiera
senza la quale io sarei un disastro, ma non voglio che nessuna la veda o
sappia quanto mi aiuta a vivere.

Come se fosse la prima volta incontro la parola “parentela”.

~ 85 ~

Pensavo che quel camion all’alba fosse un tuono.

Se salissi fuori da questo mare di sonno sarei troppo pesante. Nella doccia
sono il fondo del mare.

Dopo un anno di perdita, all’alba la luce da una finestra sul primo piano.

All’alba un Giuseppe dormiente sogna riscatto.

La magnolia germoglia. Un ragazzo scrive al Papa.

~ 86 ~
Figure di ombra, cenere, polvere, quei giorni pieni di luce.

In quel tempo non pensa di quel tempo.

Se non per la nebbia dell’alba di oggi, quel tempo non ci potrebbe


essere mai stato.

Che bella cosa svanire senza rumore come nebbia al sorgere del sole.

Talvolta cade una bella riga sulla pagina. Qualcuno è già saltato via.

Una traccia del rosso nel calice della notte scorsa. E una mosca della frut-
ta. Un’altra generazione.

~ 87 ~

La pioggia cessa e lei può dormire.

Il messaggio del forestiero viene all’alba.

La voce è piccola — scrivo la dettatura.

Qualche parola ben piantata, aspetto il tempo caldo.

Mi immergo nell’arte di germogliare.

Grigio opaco nella mano di un altro — sono una cote.

Scrivo nel letto finché non sogno.

Mi rannicchio nel letto — sono un ciottolo — o piuttosto diciamo


che io mi seppellisca come uomo paleolitico.

~ 88 ~

Nel laboratorio di riciclaggio un gobbo naufragato strappa pagine dagli


zibaldoni.

Immagini del sogno trascorrono la mente. Alla fine c’è un cane nell’albe-
ro.

Echeggia il cantilenare di un uomo autistico l'intera giornata, il suo Sta-


bat Mater.

Cocci di vasi di terracotta nell’orto, parole farfugliate.

I primi germogli di aglio nell’orto nudo — acuti, senza nessuna traccia di


dubbio.

Livella a acqua, filo a piombo, faccia a solchi.

~ 89 ~
Ho dodici anni. Getto palate di sabbia sul vaglio alto. Una collina cresce
sull'altro lato, e più in là una casa.

Nonno muratore a letto: Cazzuola morfina. Un mattone di Campania


invisibile nella sua mano.

~ 90 ~

Dieci versi al giorno. Dieci onde quiete. E la quiete dopo.

~ 91 ~

Una piccola camera d’albergo in un paese distante — un vecchio torna


a casa (immaginaria) sua.

Mai sapeva sostenere un’amicizia. Scriveva una lingua che non ha mai
conosciuto.

La radio divulga l'esistenza di innumerevoli microrganismi non ancora


scoperti (molto meno nominati) nel ghiaccio antartico. Siedo nella mia
macchina in sosta.

Incapace di maneggiare una piccolissima barca a vela su un lago na-


scosto, mi piace immaginare il veicolo spaziale Voyager con il suo “disco
d'oro” precipitando dentro quel non immaginabile buio. Come sta? …

Affogando in un mare di ansia, mi ritiro sulla riva di un lago nascosto


nelle montagne.

I pini, il lago, la villetta nelle montagne — Cioè il quadro al di sopra


del divano della fanciullezza.

~ 92 ~

Il suo zaino è più grande di lui. Tra poco lui svanisce.

Cerco per tutta la casa. Ho bisogno di trovare il suo testamento


prima che io muoio.

Cosa significa che ha dimenticato di pulire i suoi occhiali? Scrivere


con il dito per terra è come fare un orto.

Sempre gli stessi problemi — traversine sotto i binari dietro il nostro


noviziato.

~ 93 ~

Vicino e più vicino, fino a non riconoscere nulla.

Il saio per un'ora, al mattino presto prima delle lezioni

Dopo il digiuno, la luce mattutina su un piatto a maiolica.

Finalmente il calore del sole e il contorno molto netto della mia ombra.

Sono le ombre di uccelli volanti non difetti oculari.

Il sogno persiste quando sono sveglio, un respiro dopo l'altro.

Nessuna fuga — in qualunque posto tu stia, sboccia l’infinito.

~ 94 ~

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