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LA CANZONE DI ORLANDO

traduzione di Renzo Lo Cascio (a c. di M. Bensi, Mi, Rizzoli, 1996)


Lasse XII-XXVI (designazione di Gano)

XII XV

L’imperatore se ne va sotto un pino: Il capo chino tenne l’imperatore:


chiama i baroni per tenere il consiglio: lisciò la barba, i baffi accarezzò,
il duca Oggiero, il vescovo Turpino, né mal né bene al nipote rispose.
Riccardo il vecchio e suo nipote Enrico, Tacciono i Franchi, ma Gano parlar vuole:
il prode conte di Guascona Ezzelino, si drizza in piedi, innanzi al re si pone,
e con Teobaldo di Remi anche il cugino, con gran fierezza comincia il suo discorso.
che è Milone, e Geriero e Gerino. E disse: “Guai, se credete a un briccone,
Con essi insieme il conte Orlando arriva, a me o ad altri, se non per bene vostro!
ed Oliviero, il nobile e ardito. Se il re Marsilio manda a dirvi che vuole
Franchi di Francia ve ne son più di mille. vostro vassallo diventare in ginocchio,
Vi venne pure Gano, che poi tradì. che avrà la Spagna tutta per vostro dono
Ora il consiglio che male andò s’inizia. e accetterà la nostra legge dopo,
chi vi consiglia di rigettar l’accordo,
non pensa come possiam morire noi.
XIII Non deve vincere consiglio d’orgoglio:
lasciamo i folli e ai saggi diamo ascolto!”
“Signori,” disse l’imperatore Carlo
“il re Marsilio i suoi messi mi manda.
Assai mi vuole dei suoi beni donare, XVI
orsi, leoni, veltri da incatenare,
cammelli e astori con penne da mutare, Qui innanzi agli altri ecco Namo venuto:
e muli carichi d’oro fino d’Arabia; miglior vassallo non c’è in corte di lui.
poi, oltre a questo, più di cinquanta carri. Disse al sovrano: “Avete ben veduto
Però mi dice che in Francia me ne vada: quale risposta Gano v’ha qui tenuta:
mi seguirà dove sto, ad Aquisgrana, certo v’è senno, se s’ode con astuzia.
riceverà la legge che ci salva: Il re Marsilio nella guerra è battuto:
sarà cristiano, da me avrà le sue marche. i suoi castelli gli avete tolti tutti
Ma io non so che cosa abbia nell’animo”. e con le macchine frantumate le mura,
Dicono i Franchi: “ Ci occorre stare in guardia!” le città arse e le schiere distrutte.
Se manda a dirvi d’aver pietà di lui,
colpa sarebbe fagli male di più.
XIV Se con ostaggi vi vuol fare sicuro,
questa gran guerra durar non deve più!”
L’imperatore il discorso ha finito. Dicono i Franchi: “Ha ben parlato il duca”.
Il conte Orlando, che in altro modo stima,
si drizza in piedi, lo viene a contraddire.
E disse: “Guai, se credete a Marsilio! XVII
Già da sette anni nella Spagna venimmo;
e conquistato v’ho Nobile e Commibile, “Chi manderemo lì, signori baroni,
Preso ho Valterna e la terra di Pina, al re Marsilio, allora, in Saragozza?”
e Balagario e Tudela e Siviglia. E Namo: “Me, se me ne fate dono!
Gran tradimento vi fece il re Marsilio. Datemi dunque il guanto ed il bastone”.
Dei suoi pagani a voi ne mandò quindici, Risponde il re: “Voi siete uomo accorto.
recava ognuno una rama d’ulivo; Ma per la barba ed i baffi che porto,
queste parole medesime vi dissero. così lontano io non vi manderò.
Voi dai Francesi prendeste allor consiglio, State seduto: nessun vi s’è rivolto!”
ed essi diedero un consiglio stordito.
Due vostri conti al pagano spediste:
l’un fu Basante e l’altro fu Basilio, XVIII
che il capo persero nei monti presso Altilia.
Lottate come lottaste da principio, “Signori, dunque, chi mandare potremo
e il vostro esercito in Saragozza arrivi; al Saracino che Saragozza tiene?”
fate l’assedio, anche a durar la vita, “Risponde Orlando: “Io posso andarvi bene!”
ma vendicate gli uomini che vi uccise!” “Non lo farete” dice il conte Oliviero.
“Il vostro cuore è molto duro e fiero:
io temerei che voi lite faceste.
LA CANZONE DI ORLANDO
traduzione di Renzo Lo Cascio (a c. di M. Bensi, Mi, Rizzoli, 1996)
Lasse XII-XXVI (designazione di Gano)

Ma se il re vuole, si può mandare me.”


Risponde il re: “Entrambi voi tacete! XXII
Né voi né lui laggiù vi recherete.
Per questa barba che biancheggiar vedete, Vedendo Gano che Orlando ride, sente
nessuno i dodici Pari mi deve scegliere!” un tal dolore, che in cuor d’ira si fende:
Allor si placano e tacciono i Francesi. e poco manca ch’egli non perda i sensi.
Al conte dice: “Io non v’amo per niente:
avete fatto una maligna scelta.
XIX Giusto sovrano, eccomi qui presente:
gli ordini vostri sono pronto ad adempiere”.
Ora Turpino di Remi si fa innanzi,
e dice al re: “Lasciate stare i Franchi!
In questa terra siete stato sette anni; XXIII
essi hanno avuto tante pene ed affanni.
Datemi, sire, il bastone e il guanto, “In Saragozza so ben che andar dovrò;
ed io andrò dal Saracin di Spagna: ma chi va là, non può fare ritorno.
voglio vedere un po’ come mi appare”. Io poi per moglie ho la sorella vostra,
L’imperatore risponde di malanimo: e il più bel figlio che avere mai si possa:
“Laggiù sedete sopra quel drappo bianco! è Baldovino, che un giorno sarà un prode.
E non parlate se non ve lo comando!” Io lascio a lui tutti i feudi e gli onori.
Voi cura abbiatene: non lo vedran questi occhi”.
Carlo risponde: “Tenero avete il cuore.
XX Poiché ve l’ordino, andare vi bisogna”.

Disse re Carlo: “Cavalieri di Francia,


del mio paese un barone indicatemi, XXIV
che rechi al re Marsilio il mio messaggio”.
Orlando disse: “Il mio padrigno Gano”. Disse il sovrano: “Gano, venite avanti:
Dicono i Franchi: “Egli lo può ben fare! ora prendetevi il bastone ed il guanto.
Se lui togliete, uno non c’è più saggio”. L’avete udito: vi designano i Franchi”.
Fu dall’angoscia oppresso il conte Gano: Rispose Gano: “Sire, m’ha scelto Orlando!
gettò dal collo le gran pelli di martora, Per quanto io viva, non potrò più amarlo,
e nella tunica di seta egli rimase. né più Oliviero, che d’Orlando è il compagno,
Aveva il volto fiero, gli occhi cangianti, ed anche i dodici Pari, che l’aman tanto:
nobile il corpo ed il torace largo: li sfido tutti, a voi, sire, davanti”.
fu così bello che tutti lo miravano. Gli disse il re: “Avete assai malanimo.
Disse egli a Orlando: “Pazzo, che è questa rabbia? Or certo andrete, poiché ve lo comando”.
che tuo padrigno son io tutti lo sanno “Io posso andarvi, ma senza alcun riparo,
eppure hai detto che da Marsilio io vada! come non l’ebbero Basilio né Basante.”
Ma se di là Dio mi farà tornare,
ti farò sempre un così gran contrasto,
che durerà per quanto tu vivrai”. XXV
“Follia ed orgoglio!” qui gli risponde Orlando.
“San tutti bene ch’io non temo minacce. L’imperatore gli tende il guanto destro,
Ma un uomo accorto recar deve il messaggio: ma il conte Gano vorrebbe qui non essere.
se il re lo vuole, per voi son pronto a farlo!” Andò per prenderlo, e gli cadde per terra,
Dicono i Franchi: “Dio, che potrà ciò essere?
Da un tal messaggio ci verrà una gran perdita”.
XXI “Signori,” dice Gano “ne sentirete!”

Gano risponde; “Per me tu non partire!


Né tu vassallo mi sei, né io tuo sire. XXVI
Carlo comanda che io vada a servirlo;
e in Saragozza me ne andrò da Marsilio. “Datemi, sire,” disse Gano “il congedo.
Ma io farò certo qualche follia, Poiché andar debbo, non ho che cosa attendere.”
prima di porre fine alla mia grand’ira”. Ed il re: “Partite per Gesù e per me!”
Quando l’udì, si mise Orlando a ridere. Con la sua destra l’assolve e poi lo segna.
Quindi gli affida il bastone e il breve.

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