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7.

1 IL DIFFICILE DOPOGUERRA
DALLA VITTORIA MUTILATA AL BIENNIO ROSSO
Nel 4 novembre 1918 l’Italia festeggiò la fine del 1° conflitto mondiale con la fine del processo
risorgimentale. Però il clima di euforia durò poco poiché alla conferenza di pace di Parigi l’Italia ebbe un
ruolo di 2° piano.

LE RICHIESTE ITALIANE A VERSAILLES


A determinare l'insuccesso diplomatico dell'Italia furono le contraddizioni delle pretese del presidente
del consiglio Orlando e il suo ministro degli Esteri Sonnino, i quali, infatti, rivendicavano, insieme al
Trentino, all'Alto Adige e a Trieste, anche la Dalmazia e la città di Fiume, il cui possesso avrebbe
consentito all'Italia il controllo di tutto l'Adriatico settentrionale.
Le richieste di Sonnino però erano molto incoerenti perché per Fiume si appellò al principio di
nazionalità (dato che era a maggioranza italiana) invece per la Dalmazia lo negò (dato che la
maggioranza era slava e spettava quindi al Regno dei serbi).
In altre parole, se da un lato ci si appellava al principio di nazionalità , dall'altro lo si negava.

LA “VITTORIA MUTILATA” E L’IMPRESA DI FIUME


Di fronte all’insuccesso delle trattative diplomatiche, molti, soprattutto gli interventisti del 1915,
sostennero che l'Italia fosse stata privata della vittoria.
Gabriele D’Annunzio (1863-1938), già protagonista delle "radiose giornate" di maggio nella primavera del
1919 coniò lo slogan "vittoria mutilata” che si diffuse rapidamente da essere accreditata da alcuni
esponenti liberali.
D'Annunzio passò dalle parole ai fatti: la sera dell'11 settembre 1919, riuniti vari gruppi di volontari a
Ronchi (vicino a Monfalcone), marciò sulla città di Fiume e vi istituì una “REGGENZA" PROVVISORIA. Il
governo italiano non intervenne, pensando di poterne trarre vantaggio.
I "legionari fiumani", che seguirono D'Annunzio, appartenevano a diverse culture politiche: si
intrecciavano nazionalismo e sentimenti garibaldini, irredentismo ed estremismo sindacale, anarchismo.
Ciò che li univa era l’ostilità verso la liberal- democrazia e i suoi valori, e verso la mentalità “borghese”.

LE ASPETTATIVE DEL MOVIMENTO OPERAIO


L’ italia non era fragile solo sul piano internazionale ma anche internamente: il paese usciva stremato
dalla guerra e i ceti più umili volevano essere risarciti per i sacrifici compiuti in guerra, tra questi:
→ gli operai delle fabbriche che erano stati militarizzati
→ i reduci di guerra ai quali era stato promessa della terra dopo la vittoria.
→ Inoltre stava emergendo la convinzione che il mondo non sarebbe più stato lo stesso e che la
rivoluzione come in Russia fosse alle porte anche in Italia, infatti la stagione dei moti di protesta
che, dal 1919 al 1920, coinvolse sia le campagne che le città : il cosiddetto "biennio rosso".
LE RIVENDICAZIONI DEI BRACCIANTI
Per l'elevata inflazione e le difficoltà economiche, i motivi di protesta dilagarono in tutta la penisola.
→ Nelle campagne del Nord le LEGHE BRACCIANTILI, attraverso scioperi e boicottaggi, riuscirono ad
ottenere dai proprietari terrieri alcuni principi fondamentali, come l'imponibile di manodopera
(veniva stabilito un numero minimo di lavoratori da impiegare anche nelle stagioni “morte"
dell'agricoltura) e le liste di collocamento (mediante le quali erano le leghe a decidere chi dovesse
essere impiegato, in modo da ripartire equamente le giornate lavorative).

o Il maggiore controllo del mercato del lavoro era una conquista importante, anche se la
socializzazione delle terre era l'obiettivo finale della mobilitazione dei braccianti socialisti.
→ Al Sud la mobilitazione delle masse prese una forma diversa. Nelle campagne del Mezzogiorno
c’erano ancora i grandi latifondi e il malcontento dei contadini senza terra sfociò nell’occupazione
delle terre incolte. In assenza di sindacati, queste azioni erano spesso organizzate da associazioni di
ex-combattenti.
LE AGITAZIONI OPERAIE NELLE CITTÀ
Mentre il mondo delle campagne era in rivolta, nelle città ci furono molti scioperi.
→ Le lotte, iniziate contro il carovita, si spostarono rapidamente nelle fabbriche – quando vi fu una
mobilitazione degli operai metalmeccanici (FIOM, l'organizzazione sindacale dei metallurgici) perché
gli fu negato il rinnovo dei contratti, allora gli operai fecero l’ostruzionismo, rallentando la
produzione. Un'impresa milanese decise di chiudere gli stabilimenti (praticando quella che si chiama
"serrata") e il sindacato reagì proclamando l'occupazione delle fabbriche, e gli operai li presidiarono
con le armi, cominciando a organizzare il lavoro per conto proprio. Questo fenomeno si propagò a
tutti i maggiori complessi industriali del Nord, e anche altrove, coinvolgendo circa 400.000
lavoratori.
→ Nacquero i CONSIGLI DI FABBRICA che si diffusero rapidamente nei principali stabilimenti del
Nord, a cominciare dalla Fiat e da altre aziende torinesi. Eletti direttamente dai lavoratori, questi
organismi avevano assunto a loro modello quello dei soviet russi: non a caso Antonio Gramsci,
giovane intellettuale socialista, affermava nel giornale torinese "L'Ordine Nuovo" che essi avrebbero
potuto trasformarsi in avanguardie rivoluzionarie.

LA FINE DELLA LEADERSHIP LIBERALE


L’AFFERMAZIONE DEI PARTITI DI MASSA
Il 16 novembre 1919 si svolsero nuove elezioni politiche. Oltre al suffragio universale maschile si
adottò anche il sistema proporzionale, il quale, assicurava alle varie liste un numero di seggi in
rapporto ai voti ottenuti, ed era il più adatto per riprodurre fedelmente le tendenze dell'elettorato.
→ Il partito socialista (32,3 % dei voti) divenne il primo partito politico d’Italia.
→ Successo anche il partito popolare italiano (PPI) (20,5% dei voti), partito nato per iniziativa di don
Luigi Sturzo, un sacerdote siciliano. Da quel momento i cattolici avrebbero partecipato attivamente
alla vita pubblica, superando definitivamente la barriera posta dal non expedit.
→ Dalle elezioni del 1919 uscì qualcosa di profondamente nuovo.
o La Camera si rinnovò per due terzi dei deputati socialisti e cattolici che erano più giovani e di
estrazione sociale più modesta.
o I liberali perdevano per la prima volta nella storia d’Italia unita, passando dagli oltre 300 seggi
del 1913 a circa 200 (su 508).
o L'organizzazione politica dei liberali, incentrata su singoli notabili e sulla rete informale dei rapporti
che questi intrecciavano all'interno del loro collegio elettorale, era adatta al suffragio ristretto e al
sistema uninominale d'un tempo, non certo alle dimensioni di collegi molto più ampi. I socialisti e i
popolari, invece, facevano capo a partiti che possedevano proprie strutture, radicate nel territorio:
nel primo caso, grazie a un insieme di strutture territoriali di base (le “sezioni"), leghe contadine,
cooperative, associazioni operaie; nel secondo caso, per via di una serie di società di mutuo
soccorso, di casse di risparmio e di legami di categoria, e dei loro fitti rapporti con le parrocchie.
→ Allora i liberali finirono per richiedere l’intervento di GIOLITTI che riprese la sua vecchia tattica
riformista e mediatrice per evitare che l’occupazione delle fabbriche sfociasse in un moto
rivoluzionario, attuando una politica redistributiva del reddito, attraverso una serie di
misure fiscali tra cui l’istituzione della nominatività dei titoli e di un'imposta straordinaria sui
sovrapprofitti dell'industria bellica in tempo di guerra e l'aumento della progressività delle
imposte di successione.
→ Giolitti, facendo leva sulla Confederazione generale del lavoro (CGL) e sull’Associazione degli
industriali (Confindustria) per evitare che il sindacato continuasse ad incitare all’occupazione
delle fabbriche, dall’altra convinse il padronato ad aumentare i salari e a riconoscere ai loro
rappresentanti un parziale controllo della produzione. Ciò portò allo sgombero delle fabbriche.
→ Per quanto riguarda la città di Fiume, Giolitti intraprese un negoziato diretto con il Regno dei serbi,
croati e sloveni e di fronte alla resistenza proclamata da D Annunzio, Giolitti fece intervenire
l’esercito, che nel cosiddetto “Natale di sangue” pose fine all’avventura dei legionari fiumani, e Fiume
venne dichiarata città-stato indipendente e l'Italia conservò tutta l'Istria più la città di Zara, cedendo
il resto della Dalmazia (TRATTATO DI RAPALLO).
IL PREVALERE DEL MASSIMALISMO
Alla lunga, la tattica politica di Giolitti ebbe molti problemi:
- non riuscì a superare l'ostilità di gran parte del mondo industriale e finanziario;
- le riforme sociali non bastarono per dargli il consenso del PSI in cui aveva prevalso la corrente
massimalista che rifiutava qualsiasi compromesso con il "sistema borghese" ed escludeva a priori
una riforma dell'assetto politico e sociale. Tuttavia i massimalisti non avevano un preciso disegno
politico per mobilitare le masse alla conquista dello Stato: i loro propositi continuavano perciò a essere
avvolti in una nube di indeterminatezza. Essi furono quindi incapaci di guidare l'ondata di
rivendicazioni del "biennio rosso" contribuendo però ad alimentare nella borghesia la paura del
bolscevismo. Una parte dell'opinione pubblica fu perciò spinta su posizioni antisocialiste.
LA NASCITA DEL PARTITO COMUNISTA
- Inoltre dopo il fallimento dell'occupazione delle fabbriche, ci fu la scissione tra Partito socialista ed
estrema sinistra. Al congresso di Livorno (1921) il massimalista Serrati si rifiutò di prendere
l’appellativo di partito comunista e di espellere i riformisti, a quel punto i gramsciani abbandonarono
il congresso e fondarono il Partito comunista d’Italia
LE PAURE DELLA BORGHESIA E LA NASCITA DEL FASCISMO
- All'inizio degli anni Venti i fermenti rivoluzionari erano ormai in fase calante
- le conquiste sindacali ottenute da braccianti, contadini e operai avevano lasciato il segno
- la “neutralità" del governo nel conflitto tra capitale e lavoro durante l'occupazione delle fabbriche
era stata considerata una sorta di abdicazione dello Stato: gli industriali avevano chiesto invano
l'intervento dell'esercito per sgomberare le fabbriche.
- Molti borghesi industriali non vedevano l'ora di liberarsi di Giolitti, per le misure in materia
finanziaria e fiscale.
- I proprietari terrieri, erano insofferenti del forte potere contrattuale conquistato dalle leghe
contadine e temevano nuovi tumulti.
- Anche sull'onda di queste paure poté emergere un nuovo movimento politico, il FASCISMO, il
cui radicale programma nazionalista e antisocialista non nascondeva la sua avversione nei
confronti delle istituzioni liberali.

IL MOVIMENTO FASCISTA E L’AVVENTO DI MUSSOLINI


Nel 1919 a Milano, l'ex socialista Benito Mussolini (inizialmente pacifista, poi interventista era stato
espulso dal partito socialista, e cominciò a condurre una campagna politica contro i suoi ex compagni di
partito, bollati come nemici interni e traditori della patria) fondò i "FASCI DI COMBATTIMENTO”.
"FASCIO" perché c’era la volontà di tagliare trasversalmente lo schieramento politico, aggregando in
una formazione del tutto nuova idee, uomini, linguaggi e programmi di destra e di sinistra.
Il fascismo di questa fase, detto "sansepolcrista" (perché fondato in una sala riunioni che si trovava in
piazza San Sepolcro, a Milano), univa:
- un aggressivo nazionalismo,
- una prospettiva istituzionale repubblicana (personalmente rivendicata da Mussolini)
- una venatura anticapitalista propria del repertorio ideologico della sinistra.
Nel movimento fascista confluirono così quello stesso eterogeneo ambiente che aveva dato vita
all'avventura di Fiume.
Il movimento acquisì forza, dopo il "biennio rosso", proponendosi agli occhi della borghesia terriera
delle campagne padane come un efficace strumento antisocialista.
Infatti per contrastare il potere delle leghe contadine socialiste(leghe rosse), gli agrari si accordarono
con i fascisti, i quali ricorsero alla violenza e colpirono i movimenti contadini e operai e le
amministrazioni socialiste.
Insieme ai Fasci di combattimento furono istituite anche le “squadre d’azione”, ossia squadre armate
di fascisti (composte per lo più da reduci di guerra e giovani studenti) che, con la violenza e con le
cosiddette “spedizioni punitive”, assalivano esponenti socialisti, leghe e talvolta cattolici.
Il primo episodio si verificò a Bologna nel novembre 1920, in occasione dell'insediamento della nuova
giunta comunale socialista. 500 fascisti assalirono il palazzo d'Accursio, sede del municipio; i
socialisti aprirono il fuoco e una decina di persone, tra cui tre fascisti, persero la vita.
→ Le "spedizioni punitive" effettuate dalle squadre fasciste "tirannide rossa" furono sostenute e
finanziate dagli agrari, e questo conferma il desiderio di rivincita classista del fascismo.
→ Se il fascismo si trasformò nelle campagne del Nord in un movimento di massa (composto
prevalentemente di piccoli proprietari, affittuari, coloni che avevano subito i boicottaggi e le multe
imposte dalle leghe bracciantili) fu perché riuscì a darsi una dimensione popolare, e a mostrare
una certa autonomia rispetto ai “signori della terra". Ciò lo portò a proporsi non solo come
antagonista, ma anche come successore del socialismo nell'organizzazione di alcuni strati popolari.
→ A determinare il suo successo un ruolo fondamentale ebbe anche la debole reazione, se non
complicità, delle istituzioni: infatti le autorità militari e civili locali lasciarono dilagare le violenze
fasciste contando sul fatto che indebolissero la spinta sovversiva dei “rossi".
Il fascismo dunque a poco a poco stava cominciando ad acquisire importanza grazie a nazionalisti, ex-
combattenti, agrari, industriali delusi dalla debolezza del partito liberale e timorosi di una
rivoluzione comunista, parte della classe media che aveva visto diminuire il proprio stipendio a causa
dell’inflazione, piccoli proprietari commercianti e un certo numero di disoccupati che trovò nelle
“squadre d’azione” un modo per sfogare la propria frustrazione violenta.
L’INGRESSO DEI FASCISTI IN PARLAMENTO
Primo obiettivo di Mussolini fu quindi quello di “costituzionalizzare” il movimento fascista e Giolitti,
anticipando le elezioni, inserì i fascisti all'interno dei “blocchi nazionali"- liste di coalizione- tutto
perché credeva di poter così ottenere la maggioranza per poi “ riassorbire “ la componente fascista nel
partito liberale.
Ma queste aspettative vennero deluse dai risultati del voto: i socialisti subirono una lieve flessione, i
popolari si rafforzarono, i liberali aumentarono ma non ripresero il controllo della Camera e Mussolini
entrò così in parlamento insieme ad altri 34 deputati .
Mussolini, dopo il suo ingresso in Parlamento intendeva sostenere il fascismo come forza d'ordine, era
intenzionato a limitare l’azione degli squadristi, anche perché i caporoni locali non sempre seguivano le
sue direttive.
LA NASCITA DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA
Dopo uno scontro armato a Sarzana fra numerosi fascisti (che volevano liberare dagli arresti una decina
di loro camerati) e un reparto di carabinieri, fecero una tregua e venne stipulato un "patto di
pacificazione" tra Mussolini, da una parte, e il Partito socialista e la Confederazione generale del
Lavoro dall'altra. Per la netta opposizione dei capi locali (i cosiddetti ras) dello squadrismo agrario, in
realtà l'accordo non ebbe mai seguito pratico.
Mussolini poi procedette alla trasformazione dei fasci nel nuovo Partito nazionale fascista (PNF),
restringendo così la libertà d'azione dei ras (capi locali del fascismo ). Forte di oltre 200.000 iscritti, il
PNF risultò il partito italiano con il maggior numero di aderenti.
→ Dopo le dimissioni di Bonomi fu nominato Luigi Facta che riuscì a bloccare una nuova ondata di
aggressioni degli squadristi.
→ I socialisti non riuscirono ad opporsi alla strategia del "doppio binario" condotta da Mussolini –
da un lato la violenza armata, dall'altro la manovra parlamentare, ma alla fine si ribellarono,
dichiarandosi favorevoli ad una coalizione antifascista.
→ I sindacati si mobilitarono proclamando uno “sciopero generale legalitario" in difesa delle libertà
costituzionali.
Ormai, però , era troppo tardi: i fascisti erano diventati padroni incontrastati delle piazze. La coalizione
antifascista si risolse in nulla di fatto e la partecipazione allo sciopero legalitario fu scarsa ma diede il
pretesto ai fascisti per sferrare una devastante azione di rappresaglia che annientò le ultime capacità
di resistenza del movimento operaio.
La maggioranza massimalista del partito socialista decise di espellere i riformisti del partito, che a loro
volta crearono il PSU, partito socialista unitario, il cui leader era Giacomo Matteotti.
Il fascismo aveva ormai posto le basi per un controllo effettivo del paese.
Infine, per conquistare effettivamente il controllo del paese, ricorse alla forza e il 28 ottobre 1922
ordinò alle camicie nere, che erano poco più di 25°000, di marciare su Roma.
Mussolini sperava in un atteggiamento non ostile degli alti militari, sulla neutralità del Vaticano e sulla
"benevola attesa" degli ambienti economici rassicurati dai suoi discorsi a favore di una politica liberista.
Mussolini annunciò : "O ci daranno il governo, o lo prenderemo calando su Roma".
Le squadre fasciste entrarono nella capitale senza che ci fossero scontri anche perché Vittorio Emanuele
III decise di non firmare il decreto di stato d'assedio sottopostogli da Facta che allora si dimise.
Questi eventi segnavano di fatto la fine dell’Italia liberale. Di fronte alla paralisi del sistema politico, la
soluzione imposta da Mussolini apparve a molti l’unica via di uscita e ricevette dal re l’incarico di
formare un nuovo governo.
Mussolini arrivato da Milano salì al Quirinale per sottoporre al sovrano la lista dei suoi ministri.
Il primo governo fascista fu di coalizione, al quale partecipavano liberali giolittiani, liberal-
conservatori, popolari e democratici e ricevette dalla Camera un ampio voto di fiducia, e
l'attribuzione dei pieni poteri. Ma di fronte alla paralisi del sistema politico, la soluzione extra-
costituzionale imposta da Mussolini apparve a molti l'unica via di uscita.
ERA LA FINE DELL’ITALIA LIBERALE ANCHE SE ERANO POCHI A RENDERSENE CONTO

I PRIMI PROVVEDIMENTI DI MUSSOLINI


I PRIMI PASSI DEL FASCISMO AL POTERE
Mussolini agli inizi:
o fu liberista in economia per favorire gli industriali (demolizione dell'apparato statale allestito
durante la guerra e l'abolizione della nominatività dei titoli azionari introdotta da Giolitti).
o abolì le norme a tutela dei lavoratori e lo scioglimento dei loro organi di rappresentanza.
o cercò di rassicurare il Vaticano, cercando di creare un rapporto diretto con la Curia. Infatti
introdusse l'insegnamento obbligatorio della religione cattolica nelle scuole, nell'ambito della riforma
scolastica varata dal ministro della Pubblica istruzione, nonché illustre filosofo, Giovanni Gentile.
o cercò di liquidare le opposizioni, verso cui attuò una dura politica repressiva con il sequestro dei
loro giornali, l'arresto preventivo dei loro militanti e lo scioglimento delle amministrazioni “rosse".
o furono anche introdotte le prime trasformazioni istituzionali, che formalizzavano le tendenze
autoritarie del fascismo: istituito il Gran Consiglio del Fascismo per dettare le linee guida al governo;
gli squadristi vennero inseriti nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, un corpo para-
militare con compiti di polizia.
o Inoltre fece approvare una riforma elettorale (la cosiddetta “legge Acerbo” chiamata dal nome
del suo estensore), con la quale il partito di maggioranza relativa avrebbe avuto maggioranza
assoluta. Ciò si concretizzò nelle elezioni dell’aprile 1924, in cui i fascisti si presentarono a capo
del “listone nazionale”, che ottenne, tramite aggressioni e intimidazioni nei confronti delle
opposizioni, il 65% dei voti.
IL DELITTO MATTEOTTI
Tuttavia il 30 maggio 1924, all'apertura della nuova Camera, il leader del PSU (socialisti riformisti- coloro
che avevano lasciato il PSI perchè appunto riformisti e non massimalisti) Giacomo Matteotti denunciò le
violenze compiute dai fascisti durante la campagna elettorale e una serie di brogli e di irregolarità
avvenute durante le votazioni; e chiese che le elezioni fossero invalidate. Il 10 giugno Matteotti venne fu
rapito e ucciso da un gruppo di squadristi.
L'assassinio di Matteotti ebbe un forte impatto sull'opinione pubblica e iniziò a vacillare e numerose
furono le manifestazioni di antifascismo. Il "Corriere della Sera" e "La Stampa", i due principali
quotidiani della borghesia liberale italiana, si schierarono apertamente contro il governo e promossero
una campagna di stampa contro l'illegalismo fascista.

LA “SECESSIONE DELL’AVENTINO”
Nel frattempo, alla Camera, i partiti di opposizione decisero, sotto la guida del liberale Giovanni
Amendola, di astenersi dai lavori parlamentari e di riunirsi in un luogo diverso; avvenne la cosiddetta
"secessione dell'Aventino" (rifacendosi a un episodio dell'antica storia romana), che però non si
tradusse in un’iniziativa politica concreta
Vittorio Emanuele III, del resto, si asteneva dall'intervenire perché temeva “un salto nel buio", una volta
che ci si fosse liberati di Mussolini.
Si continuò così a restare sul piano della "protesta morale", nobile ma politicamente sterile.
L’intera vicenda si concluse il 3 gennaio 1925, quando Mussolini, ormai certo di aver sottomesso il
Parlamento, si assunse apertamente la responsabilità dell’accaduto e fece perciò capire in modo esplicito
che intendeva trasformare in senso autoritario le istruzioni e mettere a tacere le opposizioni anche
con l’uso della forza .
Da quel momento, quanto rimaneva del vecchio Stato liberale sarebbe stato definitivamente liquidato.

7.2 LA COSTRUZIONE DELLO STATO FASCISTA


LA SVOLTA DEL 1925
Dopo il discorso alla Camera del 3 gennaio 1925, ci furono nuove violenze squadriste contro le sedi dei
circoli e delle associazioni politiche antifasciste, retate contro i comunisti e i socialisti che vennero
arrestati perché "pericolosi".
LE “LEGGI FASCIATISSIME”
La svolta autoritaria si ebbe con l’emanazione delle “leggi fascistissime” ( concepite da ALFREDO
ROCCO - ministro della giustizia), con le quali vennero aboliti tutti i partiti e i sindacati non-fascisti,
venne rafforzato il governo (che non rispose più al Parlamento, ma solo al re, e che emanava le leggi) e
nacque la vera dittatura.
Le “leggi fasciatissime” avevano l'obiettivo di riformare i rapporti tra potere esecutivo e legislativo:
- prima legge 1925 - il presidente del Consiglio diventò capo del Governo, e non rispose più al
Parlamento, ma solo al re.
- seconda legge 1926 - il governo ottenne la facoltà di emanare le leggi autonomamente e senza
riferirne davanti al Parlamento, stravolgendo così la divisione dei poteri tra esecutivo e legislativo.
IL RAPPORTO CON IL RE
Mussolini, poiché avrebbe dovuto confrontarsi con Vittorio Emanuele III, non pensò mai di entrare in
aperta rottura con il re, il quale continuò ad attenersi alla regola di uno scrupoloso riserbo anche in
occasione di provvedimenti del governo da lui non condivisi in pieno.
Il passo successivo nella costruzione di uno Stato autoritario fu, con la LEGGE DEL FEBBRAIO 1926,
l’eliminazione dei Comuni e la sostituzione del sindaco con il podestà, Nominato direttamente dal
governo e non dai cittadini, mentre nelle province la figura di riferimento continuava ad essere il
prefetto.
IL CONTROLLO SUI POTERI LOCALI
Il passo successivo nella costruzione di uno Stato autoritario fu, con la LEGGE DEL FEBBRAIO 1926,
l’eliminazione dei Comuni e la sostituzione del sindaco con il podestà, scelta dal re, dunque dal potere
centrale e non dai cittadini, mentre nelle province la figura di riferimento continuava ad essere il
prefetto, funzionario di nomina governativa.
IN ITALIA SI ASSISTE AD UNA SUPREMAZIA DELLO STATO “FASCISTIZZATO, SUL PARTITO FASCISTA.
Infatti, diversamente da quanto sarebbe accaduto nella Germania nazista, il processo di costruzione di
un regime totalitario assunse dunque in Italia un aspetto del tutto particolare, caratterizzato
dalla supremazia dello Stato "fascistizzato" sul Partito fascista.
II PNF risultava insomma svuotato di una sua reale funzione politica, mentre rimaneva fondamentale
quella propagandistica e di controllo sociale.
Mussolini intendeva infatti governare il paese soprattutto tramite le leve della macchina statale,
servendosi dell'organizzazione del partito come di uno strumento per la costruzione del consenso
intorno al regime.
LA DISCIPLINA DEI RAPPORTI TRA CAPITALE E LAVORO
Parallelamente alla fascistizzazione delle istituzioni, il regime regolamentò i rapporti di lavoro e
soppresse il ruolo del sindacato.
Gli ideologi del regime come Alfredo Rocco erano convinti che l’autonomia del sindacalismo fascista
avrebbero dovuto essere poste sotto uno stretto controllo dello Stato, in modo tale che lo sviluppo
produttivo e l'ordinamento economico non venissero intralciati dalla lotta di classe o da altre forme di
conflittualità all'interno del mondo del lavoro.
Furono quindi istituite le corporazioni, organismi statali che comprendevano rappresentanti del
padronato e dei lavoratori e che dovevano trovare una sintesi nell’interesse superiore dello Stato, ma in
realtà ad avvantaggiarsi furono soprattutto i datori di lavoro.
Il primo passo in questa direzione venne compiuto con la sottoscrizione del patto di Palazzo Vidoni
(dal nome del palazzo romano in cui venne firmato) con cui la Confindustria riconosceva al sindacato
fascista il monopolio della rappresentanza dei lavoratori.
Il sindacato veniva riconosciuto come un organo dello Stato, sottoposto a una serie di vincoli e di
norme che andavano dalla scelta dei suoi dirigenti al controllo dei suoi bilanci, all'obbligo dei lavoratori
nei singoli settori di appartenervi.
Si stabiliva inoltre la soppressione del diritto di sciopero e della serrata (che divenivano reati contro
lo Stato), mentre la soluzione delle controversie tra lavoratori e datori di lavoro veniva affidata a
una Magistratura del Lavoro.
Non avendo più alcuna possibilità di agire concretamente a favore dei lavoratori, la Confederazione
generale del Lavoro (CGDL) si auto-sciolse.
Venne proibita anche la festa del 1° maggio.
Nei fatti a essere efficacemente tutelate furono unicamente la proprietà privata e la libertà d'impresa,
mentre lo stesso non avvenne per i lavoratori, ormai privati del diritto d'associazione in sindacati liberi.
L’ORDINAMENTO CORPORATIVO
Quindi una serie di norme giuridiche e istituti collettivi con una duplice funzione:
1. risolvere le controversie di lavoro mediante appositi arbitrati pubblici esercitati dallo Stato;
2. indirizzare la produzione verso obiettivi di “interesse nazionale", cioè del regime.
3. la creazione di organismi, corporazioni, che avrebbero dovuto riunire le associazioni dei datori di
lavoro e quelle dei lavoratori, con il compito di realizzare una sintesi fra le rispettive richieste.
4. un ministero delle Corporazioni (di cui Mussolini fu il primo titolare) che tuttavia per anni rimase
solo un'entità burocratica.
5. Anche la Carta del Lavoro rimase un manifesto programmatico in cui si enunciavano i principi
generali del corporativismo, che non assunsero comunque un valore giuridico, se non nel 1942
quando vennero infine inseriti nel Codice Civile.

DALL’AUTORITARSIMO AL TOTALITARISMO
La svolta autoritaria subì un'accelerazione alla fine del 1926, perché ci furono una serie di attentati
contro Mussolini, che culminarono il 31 ottobre, a Bologna, con quello attribuito al quindicenne Anteo
Zamboni, subito ucciso sul posto dai fascisti.
Il governo si servì di questo episodio per spazzare via le ultime tutele di matrice liberale e
imprimere al regime un carattere totalitario.
Furono infatti emanati numerosi decreti legge con i quali:
- si inasprirono le pene contro gli espatri clandestini e vennero annullati i passaporti;
- si istituì il confino politico - ovvero il domicilio coatto in un comune diverso da quello di residenza,
inflitto senza necessità di un processo e di una condanna – per tutti coloro che avessero commesso o
manifestato il proposito di sovvertire l'ordinamento fascista;
- si eliminarono i direttori di quotidiani e periodici antifascisti, sopprimendo libertà di stampa;
- furono sciolti tutti i partiti, associazioni e organizzazioni non fascisti;
- furono estromessi dal parlamento 122 deputati che avevano aderito alla "secessione dell'Aventino".
- Furono introdotte le LEGGI DI PUBBLICA SICUREZZA: fu creata l’OVRA, una polizia politica, e il
MVSN, un Tribunale speciale per la difesa dello Stato che decideva sui reati politici ( con sentenze
immediatamente esecutive ) , venne reintrodotta la pena di morte , che era stata abolita dal Codice
Zanardelli del 1889 (ma di fatto non più contemplata in Italia sin dal 1876).
IL PLEBISCITO DEL 1929
La tappa conclusiva di stravolgimento dell’ordine istituzionale italiano si ebbe con la riforma elettorale,
sulla base della quale nel 1929 fu indetto un plebiscito, nel quale i cittadini dovevano solo
accettare o rifiutare una lista unica di 400 candidati scelti dal Gran Consiglio del fascismo; tuttavia il
voto non era né libero né segreto, in quanto la scheda del "si" era facilmente riconoscibile dall'esterno
perché tricolore, mentre quella del “no" era bianca e chi la votava veniva fatto oggetto di violenze.
Così le elezioni del 24 marzo registrarono un'affluenza senza precedenti (pari al 90% degli aventi diritto
al voto) e attribuirono il 98% dei consensi alla lista unica.
La Camera dei deputati continuò a funzionare senza alcuna forma di autonomia, rinnovata di
volta in volta sulla base di elezioni farsa a liste bloccate e monopartitiche.

L’ANTIFASCISMO TRA OPPOSIZIONE E REPRESSIONE


Tra gli oppositori al fascismo c’erano divergenze ideologiche che provocarono un contrasto
generazionale:
- i giovani volevano l’azione, rinnovare le idee e i programmi dell’antifascismo (Pietro Gobetti
intellettuale torinese, ucciso dagli squadristi, ambiva ad una profonda rigenerazione morale e
culturale dell’Italia)
- i vecchi erano disorientati e prendevano tempo
Poiché non si trovò una convergenza di idee, i giovani si trovarono al bivio tra 1. proseguire la
militanza contro il regime, oppure 2. scegliere il silenzio e furono in molti ad optare per il secondo
atteggiamento (cattolici, liberali ..).
Benedetto Croce, filosofo napoletano, scrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti in risposta al
Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile, fù la figura di riferimento degli antifascisti,
denunciò la deriva autoritaria del fascismo esaltò la libertà di pensiero
Alcuni piccoli gruppi di militanti antifascisti decisero di agire in clandestinità e molti emigrarono
all’estero (Francia e Belgio), fenomeno al quale fu dato il nome di “fuoriuscitismo”. Nella scelta di
espatriare le motivazioni politiche si univano a quelle economiche.
All’estero si crearono gruppi di esuli che cercarono di ricreare una forma di opposizione al regime
fascista. Soprattutto a Parigi si riannodarono i rapporti tra i reduci dell’Aventino (Turati, Treves, Pietro
Nenni, Giuseppe Saragat), che diedero vita alla CONCENTRAZIONE D’AZIONE ANTIFASCISTA che ebbe
molta importanza nella divulgazione dei motivi dell’opposizione al regime mussoliniano.
Il movimento Giustizia e Libertà, fondato a Parigi, raccoglieva giovani di diversa opinione politica …
tutti si riconoscevano nel socialismo liberale, e attuarono alcune iniziative audaci ed esemplari, come il
lancio dei volantini su Roma e Milano.
I comunisti invece mantenevano un atteggiamento di sostanziale isolamento rispetto alle altre forze
antifasciste. I comunisti non vedevano alcuna differenza sostanziale tra il governo fascista e uno social
democratico dato che dal momento in cui si rifiutava la prospettiva di una rivoluzione comunista l’unico
esito poteva essere quello di uno stato capitalista e reazionario. Morto Gramsci, dopo 10 anni di
detenzione, prese il suo posto Palmiro Togliatti che portò avanti tre indirizzi:
- il legame con l’URSS
- Il lavoro cospirativo tra gli operai del Nord
- l’analisi continua dei fenomeni sociali e agli sviluppi del quadro politico internazionale
Togliatti definì il fascismo un REGIME REAZIONARIO DI MASSA, in quanto basato sulla dittatura e il
coinvolgimento delle masse ideologicamente e politicamente.

I RAPPORTI CON LA CHIESA E I PATTI LATERANENSI


Il maggiore ostacolo che il fascismo poteva incontrare nella realizzazione di un regime totalitario era la
chiesa cattolica, fortemente radicata nella società italiana, per via della fede religiosa.
Subito dopo la presa di Roma (con la Breccia di Porta Pia nel 1870) era esplosa la questione romana tra
lo Stato Italiano e la Chiesa cattolica perché il papa aveva considerato lo Stato usurpatore e non solo
aveva rifiutato ogni accordo con esso, ma aveva anche invitato i cattolici a non collaborare (ad esempio
rifiutandosi di votare = non expedit).
Dopo circa 40 anni le cose erano in parte cambiate perché Giolitti con il Patto Gentiloni aveva trovato un
accordo coi cattolici affinché votassero i suoi candidati in cambio di concessioni.
Tuttavia rimaneva la frattura ufficiale tra lo Stato e la Chiesa che non avevano alcun accordo, finché nel
1929 Mussolini e Pio XI stipularono i Patti Lateranensi (composti da un trattato e un concordato).
Il vaticano voleva una stabilizzazione dell’Italia, anche se per via autoritaria, perché significava limitare
l’avanzata dei laici, socialisti, anticattolici … ed inoltre il papa Pio XI avrebbe potuto stabilire in via
ufficiale la religione cattolica preminente in Italia.
L’11 febbraio del 1929 furono firmati da Mussolini e dal cardinale Pietro Gasparri i PATTI
LATERANENSI (nome del palazzo di San Giovanni in Laterano in cui furono stipulati):
→ con il TRATTATO la Santa Sede riconosceva la sovranità del Regno d’Italia, con Roma come sua
capitale , mentre lo Stato italiano riconosceva lo Stato della Città del Vaticano, una minuscola entità
territoriale sovrana costituita dalla basilica di San Pietro e dalle costruzioni ad essa adiacenti. In tal
modo alla chiesa cattolica veniva attribuita una territorialità politica, sempre negata in base
alla legge delle Guarantige. Al trattato venne allegata una convenzione finanziaria con la quale lo
stato italiano si impegnava a pagare un’indennità di risarcimento per l’estinzione nel 1870 dello stato
pontificio.
→ con il CONCORDATO si definiva invece la delicata questione del ruolo della religione cattolica in
Italia. Il concordato garantì alla chiesa uno status di assoluto privilegio, ripudiando il principio
liberale di laicità espresso nella formula cavouriana “libera chiesa in libero stato”.
o Al matrimonio religioso furono attribuiti effetti civili
o I tribunali ecclesiastici potevano rendere nullo il vincolo coniugale
o Divieto di divorzio
o Sacerdoti esonerati dal servizio militare
o Chi abbandonava la tonaca non poteva più accedere ai pubblici uffici
o Il cattolicesimo venne riconosciuto come religione di stato.
Avendo chiuso la “questione romana” Mussolini veniva visto come “l’uomo della provvidenza” da molti
cattolici che aveva risolto la questione romana.
Nel volgere di un paio di anni però il fascismo e la chiesa entrarono in un aspro contrasto in merito al
problema mai risolto della formazione intellettuale e morale dei giovani, soprattutto quando i
giovani dell’azione cattolica furono oggetto di violenze squadriste e per questo, dovettero
ridimensionarsi.

L’ORGANIZZAZIONE DEL CONSENSO


Mussolini cercò di consolidare la dittatura anche acquisendo un consenso tra la popolazione e
tentando di controllare la società, mediante:
- Una serie di organizzazioni che dovevano fare partecipare la popolazione alle manifestazioni e
iniziative promosse dal regime
Il suo principale obiettivo era creare un UOMO NUOVO IN LINEA AI CANONI DELL’IDEALE FASCISTA:
VIRILE, VOLITIVO, NAZIONALISTA.
L’educazione scolastica era uno degli strumenti fondamentali per formare le giovani generazioni
secondo i principi dell’ideologia fascista, quindi:
→ riorganizzazione con la Riforma Gentile del 1923 dell’educazione scolastica: nelle scuole infatti ci fu
la selezione degli insegnanti (giurare fedeltà al regime- solo 12 rifiutarono e persero il posto) e
l’introduzione di un libro di testo unico;
→ Gli studi, soprattutto umanistici, dovevano esaltare i valori del fascismo ed il culto dello stato.
→ Venne creata l’Opera Nazionale Balilla (ONB), per l’istruzione ginnico-sportiva e militare dei
ragazzi dai 6 ai 18 anni. Per i ragazzi più grandi vennero istituiti i Gruppi universitari fascisti
(GUF); i ragazzi più grandi, tutti riuniti poi sotto la Gioventù italiana del littorio (GIL)
→ Fu creata l’istituzione dell’Opera nazionale dopolavoro (OND) che, con l’allestimento di eventi
sportivi e culturali, aveva lo scopo di organizzare il tempo libero e modellare gli stili di vita di uomini
e donne.
→ Consenso dell’ambiente intellettuale tramite riconoscimenti, lusinghe e gratifiche (sussidi e
incarichi pubblici)
→ Al fascismo stava a cuore il controllo dei mezzi di comunicazione di massa: il cinema, la radio e i
giornali: furono imposte infatti forti limitazioni alla libertà di espressione
o fu inoltre istituito un sottosegretariato che divenne parte del Ministero per la cultura popolare
(Minculpop) il quale doveva imporre una versione ufficiale degli avvenimenti sociali e politici che
tutti dovevano adottare;
o anche l’Ente italiano audizioni radiofoniche (EIAR, attuale RAI) doveva, attraverso messaggi
propagandistici e programmi di intrattenimento, indirizzare l’opinione degli ascoltatori;
o infine pure l’Istituto Luce, che realizzava i cinegiornali, aveva come fine l’esaltazione di imprese
e opere del regime, tramite l’uso sapiente di immagini e di un linguaggio iperbolico.

7.3 ECONOMIA E SOCIETÀ NEL FASCISMO


LO STATO INTERVENTISTA
Inizialmente la politica economica fascista era stata liberista (privatizzazione telefonia e assicurazioni,
eliminazione burocrazia …più produttività però più importazioni che esportazioni quindi rialzo prezzi e
inflazione), tuttavia con l’affidamento del ministero delle Finanze a Giuseppe Volpi, divenne
interventista allo scopo di stabilizzare la lira e ridurre le importazioni, a partire da quelle agricole.
Il governo fascista, comprendendo che il settore più sviluppato era quello agricolo, varò un programma
per l’incremento della produzione cerealicola, la cosiddetta “BATTAGLIA DEL GRANO” che aveva
per obiettivo l’autosufficienza in questo settore e inasprimento dei dazi doganali sui cereali.
Il mondo rurale venne chiamato ad ammodernare e intensificare la produzione agricola interna, e
nacquero ideologie di matrice ruralista: le campagne quali custodi delle tradizioni più autentiche
degli italiani [immagine di mussolini a torso nudo nei campi per evocare la figura del fante-contadino , la
disciplina collettiva per un interesse nazionale].
Alla “battaglia del grano” si affiancò la “BATTAGLIA DELLA LIRA”.
Infatti, per una maggiore stabilizzazione della lira, l’Italia procedette ad una rivalutazione della
moneta, fissando a “quota 90”, ovvero 90 lire per una sterlina, il cambio con la valuta britannica.
Questa manovra ebbe tre effetti positivi:
1. fu garantito il potere d’acquisto e salvaguardia dei risparmi della piccola/media borghesia
2. furono rassicurati i creditori esteri, Americani in particolare
3. ridusse i costi delle importazioni
Ma ebbe anche effetti negativi:
1. limitazioni accesso al credito
2. conversione forzosa del debito pubblico
3. flessione delle esportazioni
4. perdita potere d’acquisto dei salari
5. le imprese esportatrici persero competizione sui mercati esteri
Invece i principali gruppi industriali (elettricità e chimica) si avvantaggiarono della politica di
incentivi promossa dal governo per favorire processi di razionalizzazione e di concentrazione
aziendale, diminuendo i costi di produzione e gestione.
Le misure protezionistiche adottate dal regime per accrescere la produzione industriale e agricola
limitarono gli effetti più devastanti della crisi del 1929. Tuttavia la recessione che aveva colpito il
mercato internazionale giunse anche in Italia e il governo dovette ricorrere quindi a provvedimenti
d’emergenza:
- avviamento di un programma di lavori pubblici con l’obiettivo l’autosufficienza (keynesiano-
attraverso investimenti pubblici si poteva stimolare la domanda e quindi l’occupazione), senza
importare prodotti dall’esterno.
Il governo fascista avviò un vasto programma per la realizzazione di infrastrutture (scuole, ferrovie,
porti, ospedali …) e di bonifiche di territori incolti o paludosi (il progetto più importante fu quello
dell’Agro Pontino, dove furono edificati nuovi centri urbani, tra cui Sabaudia e Latina, in cui
insediare la manodopera più povera reclutata in varie parti d’Italia).
- in ambito finanziario, per evitare la crisi delle Banche a causa del fallimento delle industrie, fu creato
l’Istituto per la ricostruzione industriale (IRI), a cui la Banca d’Italia assicurò i fondi necessari per
diventare l’azionista di maggioranza delle più importanti banche nazionali (Banca Commerciale
italiana, Credito Italiano e Banco di Roma) e acquisire il controllo delle imprese indebitate.
Con la nascita dell’’IRI si posero le prime basi per un’ECONOMIA MISTA”, PUBBLICA E PRIVATA,
nell’ambito della quale lo Stato poteva controllare parte del sistema bancario e parte di quello
industriale, cioè l’ITALIA fascista era la seconda dopo l’URSS per grado di statalizzazione
dell’economia nazionale.
- Imposizione di un indirizzo improntato all’autosufficienza , incrementando la produzione nazionale
delle merci che solitamente erano importate. Impose un limite nella quantità massima da importare
per ogni prodotto, istituì il monopolio statale delle operazioni in valuta, vietato tenere moneta estera.
Con la conquista dell’Etiopia il regime confidò nella possibilità di utilizzare i nuovi territori coloniali per
ottenere alcuni prodotti di cui era carente la madrepatria.
→ DIRIGISMO= politica in cui lo stato è interventista in ambito economico
→ AUTARCHIA = indipendenza dall’estero economicamente
L’AUTARCHIA FU COSTOSA E CON SCARSI RISULTATI.

LA SOCIETA’ ITALIANA FRA ARRETRATEZZA E SVILUPPO


Il processo di sviluppo fu segnato d'aspetti contraddittori infatti nonostante la politica ruralista fu
supportata dal regime, si affermò un trasferimento di risorse dall'agricoltura all'industria e al sistema
finanziario. A fare le spese del mancato decollo del settore agricolo fu in primo luogo il
mezzogiorno dove erano limitate le possibilità di sviluppo di un'industria locale ( es agro-alimentari) .
Il SUD rimase più arretrato per scarsità d’industrializzazione, di utilizzo di macchinari in agricoltura,
incompiuti molti progetti. Solo intorno a Napoli riuscirono a trarre vantaggio degli incentivi per
l’industria pesante (complesso siderurgico di Bagnoli, imprese aeronautiche e cantieristiche furono
riorganizzate dall’IRI a Taranto e Bari).
Il NORD con le regioni della Lombardia, Piemonte e Liguria raggruppavano quasi il 53% dell’industria e il
64% del capitale azionario.
CREBBE COSÌ IL DIVARIO TRA NORD E SUD .
Il regime cercò di migliorare le situazioni più gravi, intervenendo nell’assistenza sociale, soprattutto con
una politica d’incremento demografico, necessaria a una politica di potenza:
- Istituzione dell’OPERA NAZIONALE PER LA MATERNITA’ E L’INFANZIA per l’assistenza alle madri
bisognose e all’infanzia abbandonata.
- Centralità ed esaltazione della famiglia e del matrimonio
- Favorite le famiglie numerose, con incentivi economici (assegni, premi, assunzioni del capofamiglia)
- Imposta a carico dei celibi
Nonostante tutto ciò tre agli anni 20 e 30 ci fu un progressivo calo delle nascite.
Nonostante il tentativo del governo per evitarlo , ci fu l'esodo di consistenti nuclei di popolazione dal
mezzogiorno verso alcuni grandi città del nord come MILANO e TORINO.
Con l'aumento della popolazione operaia risulta fondamentale migliorare le condizioni di lavoro: 1.
venne fondato l'Istituto nazionale fascista della previdenza sociale ( INFPS- oggi INPS); 2. venne
fondato l'Istituto nazionale fascista per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ( INFAIL OGGI
INAIL ) Tutto ciò però ebbe scarsi effetti pratici sulla vita delle persone. In questo periodo il ceto medio
ottiene vantaggi dato che fa parte di una BUROCRAZIA STATALE di dimensioni sempre maggiori e gli
era stata assicurata la stabilità del posto e uno stato giuridico che lo tutelava. Si stavano formando nuovi
funzionari, con incarichi di rilievo e quasi staccati dal resto della società che agivano il più delle volte a
loro vantaggio. Il capitalismo italiano si trovò ingabbiato nelle maglie del BUROCRATISMO.

LA POLITICA ESTERA AMBIVALENTE DI MUSSOLINI


Tra i piani di Mussolini vi era quello di dare all'Italia un maggior peso politico in Europa. Perciò il
governo di Mussolini si pronunciò a favore di una revisione dei Trattati di Pace in modo da
favorire le sue mire espansionistiche nel Mediterraneo (Mare Nostrum) e in Africa.
Con l'ACCORDO DI LOCARNO del 1925 Mussolini assunse il ruolo di mantenitore dello status quo in
Europa, cioè garante dell’inviolabilità delle frontiere tra la Francia, la Germania e il Belgio.
Stipulò una serie di accordi con la Bulgaria, la Romania e l'Ungheria, strinse buoni rapporti con l’Austria,
supportandola nella difesa della sua indipendenza nei confronti della Germania.
La politica estera subì un cambiamento con l’ascesa di Hitler, in quanto il suo appoggio alla
Germania (o la sua avversione ad essa) avrebbe modificato gli equilibri europei.
Inizialmente Mussolini, insieme alla Francia e alla Gran Bretagna, attuò misure per limitare il
revisionismo tedesco, infatti il governo italiano sottoscrisse gli ACCORDI DI STRESA in cui si impegnava
a mantenere gli accordi di Versailles e a favorire l'indipendenza dell'Austria; Mussolini credeva così di
essersi guadagnato il favore del Regno Unito e Francia per la sua espansione in ETIOPIA che aveva
sempre tentato di rendere un suo protettorato.
E così il 3 ottobre 1935 del 1935 Mussolini invase l’Etiopia, dichiarandosi avverso alle potenze
plutocratiche (Francia e Gran Bretagna) e giustificando l'azione come un atto dovuto per una nazione
proletaria come l'Italia. Ovviamente la guerra fu intrapresa anche per ragioni di ordine economico e
sociale (eccedenza di manodopera, esportazioni, commesse statali per la guerra, colonialismo).
Tuttavia la Società delle Nazioni condannò l’Italia in quanto Stato aggressore e successivamente fu anche
approvata l’adozione di sanzioni economiche e misure di embargo che colpivano le esportazioni
italiane, che la propaganda fascista sfruttò, facendo credere agli italiani che il paese fosse sottoposto ad un
assedio economico a causa delle sue scelte in politica estera.
Alla fine, le truppe etiopiche non riuscirono a resistere all’attacco del corpo di spedizione italiano,
composto da 400.000 uomini e guidato da Badoglio e Graziani, che nel conflitto utilizzò anche i mezzi
corazzati e l’aviazione nonché i gas asfissianti (vietati nelle convenzioni internazionali).
Così il 5 maggio 1936 Badoglio entrò ad Addis Abeba, mentre il 9 maggio Mussolini proclamò la
restaurazione dell’impero italiano, offrendo la corona a Vittorio Emanuele III.
La conquista portò più costi che benefici (complice la breve durata del controllo italiano)
Inoltre i rapporti con Francia e Inghilterra (uscita dell’Italia da Stresa) si incrinarono il governo italiano
si trovò costretto ad avvicinarsi al regime nazista, promulgando nel 1938 leggi razziali.
L’ANTISEMITISMO E LE LEGGI RAZZIALI
Nel 1938-1939 il regime fascista promulgò le cosiddette “leggi per la difesa della razza” che
avevano come obiettivo la discriminazione degli ebrei italiani, sulla base delle leggi tedesche di
Norimberga del 1935(in pratica si giustificava scientificamente l'esistenza delle razze creando una
gerarchia piramidale). Venne fatto un censimento di tutti gli ebrei (che erano 46656).
Nel 1938 il “Giornale d’Italia “ pubblicò il “manifesto degli scienziati razzisti” in cui si affermava che
le razze umane esistono e hanno fondamento biologico e chi gli ebrei non appartenevano alla “razza
italiana” la quale doveva perciò essere difesa da ogni genere di contaminazione.
Queste leggi prevedevano che gli ebrei non potessero: avere matrimoni misti con gli italiani, essere
proprietari di aziende o terreni, lavorare in banche o imprese assicuratrici, avere domestici ariani,
espulsione dalle scuole, licenziamento da tutte le pubbliche amministrazioni …
Dei progetti si pensò inoltre a quello di un’espulsione di massa di tutti gli ebrei che non fu portato a
termine a causa della Seconda Guerra Mondiale (il fascismo optò infine per lo sterminio di massa).
Si potrebbe pensare che l'Italia abbia sostanzialmente copiato le leggi tedesche, quando in realtà
era già nei progetti di Mussolini avviare una politica razzista e antisemita (la Santa Sede era
abbastanza tiepida, tutelava solo gli ebrei convertiti).
8.1 LA GERMANIA DALLA CRISI DELLA REPUBBLICA
DI WEIMAR AL TERZO REICH
LA SCALATA AL POTERE DI HITLER
Dopo la fine della prima guerra mondiale tra il 1924 il 1928 la Germania conobbe un periodo di
assestamento.
- L’emissione di una nuova moneta nel 1923,
- la riduzione delle spese correnti,
- una severa politica di deflazione,

- l’attuazione del piano Dawes che prevedeva il sostegno della finanza internazionale allo Stato
tedesco attraverso prestiti a lunga scadenza,
- la regione mineraria della Ruhr tornata di nuovo sotto la sovranità tedesca
- la Germania riammessa nella Società delle Nazioni.
avevano garantito alla Repubblica di Weimar una fase di ripresa economica e politica.
Problema di fondo: le riparazioni di guerra previste dal trattato di pace di Versailles.
Essendo chiaro che la Germania non avrebbe potuto onorare i pagamenti annuali del Piano Dawes,
nell’aprile 1930 entrò in vigore su iniziativa degli Stati Uniti il piano Young che rateizzava il
pagamento e riduceva l’ammontare totale dell’indennità di guerra, pur prevedendo alti tassi di interesse.
Tale debito estero impediva alla Germania di decollare e finì perciò per diventare un cavallo di battaglia
della destra radicale che lo utilizzò per delegittimare la classe dirigente, accusata di essere sottomessa
alle potenze estere.
La Germania di Weimar, inoltre, fu un caso di democratizzazione incompiuto, in quanto:
- la burocrazia e l’esercito erano apertamente ostili ai principi repubblicani
- la piccola e media borghesia, colpite dall’inflazione, erano diffidenti nei confronti della democrazia
- tra i ceti medi e la vecchia classe dirigente si diffuse la nostalgia dell’età imperiale
- si diffonde la destra reazionaria che volevano un rivincita nei confronti di Francia e Gran Bretagna
- il PRESIDENTE DELLO STATO che poteva sospendere alcune libertà e diritti civili e in caso di
emergenza poteva nominare un governo senza l’approvazione di una maggioranza parlamentare. Era
UNA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA DIVISIONE DEI POTERI, l’autonomia del parlamento era
subordinata alla volontà del presidente.
In questo contesto ricomparve sulla scena il PARTITO NAZIONALE SOCIALISTA DEI LAVORATORI
TEDESCHI (NSDAP) che era stato messo al bando e il suo principale dirigente Hitler era stato incarcerato
che, dopo la sua liberazione, ricostruì il partito e partecipò alle elezioni.
Nel 1925 furono create le SS ( “squadre di protezione”), guardia del corpo di Hitler alle sue dirette
dipendenze, che affiancarono le SA (“squadre d’assalto”) conosciute anche come camice brune e che
erano una vera e propria organizzazione paramilitare.
Alle SS, poste poi sotto il controllo di Himmler, fu dato il compito di servizio investigativo del partito,
con l’obiettivo di raccogliere informazioni non solo sugli avversari politici ma anche sui dirigenti delle SA
di cui Hitler non si fidava completamente.
Il PARTITO NAZISTA agiva servendosi di tre diversi strumenti:
1. la partecipazione al voto;
2. l’azione violenta contro gli oppositori;
3. le grandi manifestazioni di massa orchestrate dal capo della propaganda del partito Goebbels.
Nel MEIN KAMPF (LA MIA BATTAGLIA) scritto nel periodo di prigionia, Hitler sosteneva che per far
uscire il paese dalla situazione in cui era precipitato era necessario procedere a:
1. liquidare il sistema democratico - inefficiente e corrotto
2. intraprendere un’offensiva contro i nemici della Germania - interni (ebrei e socialisti) ed
esterni (le potenze straniere)
3. creare una “grande Germania”, capace di imporre la propria egemonia in Europa
In pochi anni, il partito nazista da piccolo e marginale cominciò a crescere a livello elettorale e
organizzativo, radicandosi sempre di più nella società tedesca.
L’ideologia nazionalsocialsta (nazionalismo, anticomunismo, antisemitismo, antiliberalismo) raccolse
consensi tra:
- le classi popolari, con una situazione economica precaria
- la borghesia, voleva una maggior stabilità politica
- la grande industria e l’alta finanza che speravano che un regime autoritario fosse in grado di
garantire una sicura protezione dei grandi interessi economici.
Accettano meno libertà x una maggiore stabilità politica.
CRISI AMERICANA DEL 1929.
Il crollo della borsa di Wall Street ebbe ripercussioni pesanti sulla Germania (essendo dipendente
dall’afflusso dei capitali americani), infatti il sistema bancario tedesco precipitò e la moneta perse tutto il
suo valore.
- Per far fronte alla crisi i governi tedeschi (a differenza degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, che
svalutarono la moneta) applicarono misure severe contro l’inflazione e la difesa della valuta,
tagliando le spese statali e confidando sulle imprese private.
I prestiti statunitensi e il flusso di capitali esteri si ridussero e ciò finì per provocare la sospensione di
molti lavori pubblici, innescando una profonda crisi economica: licenziamenti, fallimenti bancari, calo
dei prezzi delle derrate agricole, la produzione industriale subì una rovinosa caduta; i disoccupati erano
un terzo della popolazione attiva.
Il PARTITO NAZISTA accusando quale prima causa del dissesto della Germania il trattato di Versailles e
un presunto “complotto” ordito dagli ebrei contro l’economia tedesca, riuscì a fare breccia negli
elettori, soprattutto nella grande massa dei disoccupati.
RAFFORZAMENTO DELLA DESTRA E DIVISIONE DELLA SINISTRA
Anche alcuni partiti popolari e conservatori tradizionali erano favorevoli a una svolta autoritaria e
credevano di poter addomesticare Hitler: quindi un accordo con il partito nazista avrebbe potuto tagliare
fuori la sinistra e rafforzare il potere esecutivo. Per fare questo ritenevano possibile un accordo con lo
Zentrum, il partito moderato che raccoglieva il voto cattolico e che coltivava un acceso patriottismo.
Il pericolo rappresentato dal nazismo fu sottovalutato anche dalla Sinistra che non vedeva la necessità di
costruire un fronte unito contro Hitler, preoccupandosi invece della lotta contro il partito comunista per
il controllo sulla classe operaia tedesca.
Il Partito Comunista tedesco, inneggiava alla rivoluzione, convinta che nazismo e capitalismo fossero
due facce della stessa medaglia; in questa visione, un’eventuale vittoria dei nazisti avrebbe potuto
accelerare lo scontro e creare condizioni favorevoli per il processo rivoluzionario.
AVVENTO DI HITLER AL POTERE
In questa situazione d’instabilità economica e politica:
- il cancelliere Brüning aveva anticipato le elezioni, contando di ottenere una più solida maggioranza
moderata ma le urne avevano premiato i partiti più radicali, soprattutto i nazisti.
- ad aprire la strada ai nazisti fu infine il fallimento dei governi successivi all’esecutivo di Bruning.
- il 30 gennaio 1933 Hitler, in quanto più votato, venne incaricato di presiedere il governo.
- A partire da quella data gli eventi subirono un’accelerazione:
o il parlamento venne sciolto
o il Reichstag, la sede del parlamento, fu incendiata, addossando le responsabilità ai comunisti
cosi da poterli dichiarare fuori legge
o le nuove elezioni attribuirono al partito nazista il 43,9% dei voti

o viene votata, con il consenso dello Zentrum, la legge sui pieni poteri, grazie alla quale Hitler
venne autorizzato a promulgare le leggi senza l’approvazione del parlamento.
NEL GIRO DI POCHI MESI LA GERMANIA, A COMINCIARE DALL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, SUBÌ UN
PROCESSO DI NAZIFICAZIONE.
→ i governi regionali furono sciolti e la gestione del potere passa nelle mani del governo;
→ i partiti politici furono soppressi e quello nazista venne proclamato partito unico;
→ i sindacati furono sciolti e sostituiti da organizzazioni di regime;
→ reparti delle SS vengono inserite nei reparti di polizia
→ vengono creati i primi campi di concentramento per gli oppositori
→ in decine di roghi pubblici vengono bruciati i libri di autori invisi ai nazisti
→ inizia una violenta campagna antisemita con il boicottaggio dei negozi ebraici

Il gruppo dirigente nazista regolò i conti anche nel suo interno.


Nella notte tra il 30 giugno al 1 luglio 1934 durante la cosiddetta NOTTE DEI LUNGHI COLTELLI, gran
parte del gruppo dirigenti delle SA viene assassinato o incarcerato.
Hitler intendeva così sbarazzarsi di elementi ormai inutili o che potevano rappresentare un ostacolo alla
stabilizzazione del potere nazista.
Sorte analoga tocco a vari esponenti della destra nazionalista e ad alcuni alti ufficiali dell’esercito. In tal
modo cancellò ogni forma di opposizione ed iniziò la stagione del TOTALITARISMO NAZISTA.
LA STRUTTURA TOTALITARIA DEL TERZO REICH
Quando Hitler assunse il totale controllo dello Stato, nasceva il nuovo Reich da intendere come
impero: il terzo dopo quello di Carlo Magno e quello degli Hohenzollern.
Al vertice del nuovo ordinamento politico Hitler creò una nuova carica quella di Fuhrer cioè di capo
supremo della Germania che riuniva nelle sue mani tutti i poteri della Repubblica di Weimar.
Era considerato la coscienza della nazione e si configurava come la fonte stessa del diritto e della
legittimità. Al Fuhrer spettavano due missioni: 1. risollevare la Germania dalle condizioni umilianti e
dalla crisi economica; 2. restituirle il rango di grande potenza in Europa (forza vitale).
La società tedesca venne indottrinata in base ai principi nazisti, in base all’ideologia totalitaria in cui il
singolo e i suoi diritti dovevano essere completamente subordinati alle ragioni della comunità di
appartenenza. Il regime nazista mirava ad assorbire nella sfera pubblica ogni aspetto della vita privata.
Gli individui esistevano solo in quanto parte di una “comunità di popolo” cioè un insieme di persone
unite tra loro dalla comune appartenenza a un etnia originaria, quella ARIANA, di conseguenza i singoli
individui potevano essere sacrificato in nome del superiore interesse collettivo.
Ogni azione del governo (lo “stato del Fuhrer”) era volto a:
- reprimere le potenziali manifestazioni di dissenso
- alimentare un consenso di massa attorno a Hitler (diffondere un NUOVO SPIRITO TEDESCO)
→ I ragazzi dai 10 anni in su venivano inclusi nei corpi combattenti giovanili (gioventù hitleriana).
→ fu introdotta la leva obbligatoria nell’esercito
→ I lavoratori, dopo lo scioglimento dei sindacati liberi, invece erano raccolti nel Fronte del Lavoro.
→ Anche la disciplina imposta agli intellettuali fu ferrea.
→ Particolare importanza ebbe la GESTAPO, atta ad eliminare qualsiasi cellula di protesta
(comunisti, socialisti, democratici …). REPRESSIONE E LIQUIDAZIONE.
→ La disoccupazione della classe operaia venne azzerata anche grazie all'industria bellica.
→ La classe operaia fu conquistata dal regime con una serie di misure per riassorbire la
disoccupazione e nuove forme di assistenza sociale.
→ I ceti medi furono rassicurati dalla restaurazione dell’ordine e sedotti dalle dichiarazioni di
orgoglio nazionale.
→ Hitler stipulò un CONCORDATO con la Santa Sede e un accordo analogo con le chiese
protestanti: le diverse confessioni religiose potevano esercitare il loro magistero a patto che
mantenessero il silenzio su quanto avveniva in Germania (nel terzo reich). Quelle che rifiutarono
tale clausola come per esempio testimoni di Geova furono duramente perseguitate.
Un altro motivo che garantì il successo del nazismo fu il nuovo indirizzo di politica estera.
→ la Germania uscì dalla Società delle Nazioni, avviando una politica aggressiva espansionista. Egli
giustificava questa condotta con la necessità della ricerca di uno spazio vitale per la Germania.
Questi atti poco pacifici vennero sopportati da Francia e Inghilterra in quanto la Germania rappresentava una
barriera contro l'unione sovietica.

L’ANTISEMITISMO CARDINE DELL’IDEOLOGIA NAZISTA


La COMUNITÀ DI POPOLO concepita da Hitler era un sodalizio di sangue che doveva lottare per
preservare la propria purezza e affermarsi su altri gruppi etnici. Alla base vi era il concetto di razza e di
gerarchia razziale: le razze superiori erano destinate a combattere a trionfare su quelle inferiori.
Gli ariani erano una razza superiore mentre al fondo della scala c’erano gli ebrei colpevoli dei
peggiori vizi dell’umanità , ma soprattutto la tendenza a ibridarsi contaminando la purezza delle razze
superiori. Il GERMANESIMO ARIANO doveva difendersi dalla minaccia del giudaismo, che i nazisti
sospettavano celarsi persino nel cosmopolitismo o nell’imborghesimento della società.
I tedeschi di origine ebraica erano circa 500.000, contro una popolazione di 70 milioni di abitanti. Con la
vittoria del nazismo l’ANTISEMITISMO si trasformò in una politica di Stato e con le leggi di Norimberga
venne negata la parità dei diritti agli ebrei che furono ridotti a semplici sudditi del terzo Reich.
→ atti di ostilità quotidiana verso gli ebrei come il boicottaggio delle loro imprese e negozi.
→ 200.000 ebrei furono indotti ad abbandonare il paese: quelli che rimasero caddero vittime
della oppressione nazista.
Nel corso della NOTTE DEI CRISTALLI, tra l'8 e il 9 novembre 1938, assumendo a pretesto la morte di un
diplomatico tedesco le autorità naziste alimentarono un pogrom, cioè una violenta sollevazione
popolare che si diffuse in tutta la Germania. Durante la NOTTE DEI CRISTALLI, così chiamata per la
distruzione da parte dei nazisti delle vetrine dei negozi di commercianti ebrei, furono dati alle fiamme
migliaia di abitazioni, sinagoghe, centri sociali. 30.000 ebrei furono arrestati e deportati nei primi campi
di concentramento dove fino ad allora erano stati internati perlopiù gli oppositori politici. I campi di
concentramento (il primo fu a Dachau) costituivano dei siti di detenzione sottratti a qualsiasi
giurisdizione legale, erano gestiti dalle SS.
Fu questo il primo passo verso lo sterminio di massa degli ebrei.
Nei lager/campi di concentramento la gente (ebrei, asociali, zingari, testimoni di Geova, omosessuali,
delinquenti comuni) veniva sottoposta a lavori estenuanti che spesso comportavano la morte dei
prigionieri, definiti inutili, “subumani”, superflui e nocivi.

8.2 I REGIMI AUTORITARI IN EUROPA


L’EUROPA DELL’EST
All'origine dell’instaurazione di regimi autoritari anche nei paesi dell'Europa centro-orientale, ci fu un
intreccio: tra conflitti sociali, debolezza delle istituzioni parlamentari e risposte repressive.
I Regimi di stampo fascista si instaurarono progressivamente in Austria, Ungheria e negli Stati balcanici.
In Ungheria acquistarono peso le Croci frecciate (ideologia fascista e antisemita). In Croazia, il
movimento squadrista degli ustascia (impronta nazionalistica antiserba).

LA SPAGNA E IL PORTOGALLO
I paesi iberici ancora arretrati: c’era ancora una politica autoritaria e clientelare e il potere decisionale
era in mano a una oligarchia e a dittature militari.
In SPAGNA, il generale de Rivera, spalleggiato dal re, attuò un colpo di Stato che lo portò al potere,
creando una situazione di instabilità politica.
In PORTOGALLO, si diffuse l'“integralismo lusitano” che voleva la restaurazione della monarchia e una
società cattolica basata sulla famiglia. Salazar assunse la carica di primo ministro e varò una nuova
Costituzione che inaugurò l'Estado Novo, governo autoritario, destinato a durare a lungo

8.3 LA RIVOLUZIONE TRASFORMATA IN REGIME


AUTORITARIO L'URSS DI STALIN
L’ascesa di Stalin
Nel periodo in cui fu al potere, Lenin aveva allontanato dal partito tutti coloro che non condividevano
appieno i suoi ideali. Non vedeva di buon occhio nemmeno Stalin, che nominato segretario generale del
PCUS, Partito comunista dell’URSS, controllava l'intero apparato del partito.
Prima della sua morte (gennaio 1924) Lenin aveva comunicato la sua contrarietà all’ascesa di Stalin,
suggerendo di rimuoverlo, ma era troppo tardi.
Come luogotenente di Lenin, Stalin aveva fatto sue due regole della rivoluzione bolscevica:
1. andava messo da parte ogni scrupolo morale nell'adempimento della missione rivoluzionaria
2. la costruzione del socialismo era compito esclusivo del partito e del suo leader .
In seguito alla morte di Lenin si aprì una crisi all'interno del partito, infatti vi erano due fronti interni:
- Stalin parlava di “socialismo in un solo paese” e credeva nell'industrializzazione accelerata e nella
collettivizzazione delle terre
- mentre Trockij, era favorevole alla rivoluzione permanente, cioè promuovere, attraverso
l'Internazionale comunista, un processo rivoluzionario in tutti i paesi europei più avanzati, così che
essi avrebbero potuto sostenere l'Unione Sovietica
Lo scontro si risolse nel 1927 a favore di Stalin e Trockij fu estromesso dall'URSS nel 1929.
I CARATTERI DEL REGIME
STALIN voleva fare in modo che l'Unione Sovietica potesse essere autosufficiente economicamente, così
da competere con i paesi avanzati.
- Si procedette alla collettivizzazione forzata delle campagne, con lo scopo di acquisire le eccedenze
di prodotti alimentari per approvvigionare le città e accrescere le esportazioni
- Secondo Stalin il principale ostacolo erano i piccoli proprietari terrieri definiti kulaki, considerata
una classe parassitaria. I provvedimenti contro questa casta furono duri e violenti.
A difesa dei kulaki si levò Bucharin, le cui richieste furono condannate come deviazionismo di destra.
Le resistenze tra i contadini vennero annientate, sospendendo la consegna dei viveri ai villaggi,
riducendoli alla fame. Le vittime di queste carestie artificiali furono circa 5 milioni.
- La REQUISIZIONE DELLE TERRE veniva seguita da turni massacranti di lavoro e da una
meccanizzazione dell’agricoltura per aumentare la produttività .
- La popolazione fu ridistribuita in modo coatto sull' immenso territorio Russo; una parte dei
contadini venne trasferita da una regione all'altra o forzatamente inurbata. La quasi totalità dei
contadini superstiti fu inserita nelle fattorie collettive, i kolchoz.
 Tramite i piani quinquennali si ebbe uno sviluppo molto rapido delle industrie (manodopera
raddoppiata e produzione quadruplicata) e degli armamenti, però le condizioni di lavoro nelle
FABBRICHE erano peggiorate ed erano stati aboliti molti diritti.
 Chi più produceva veniva definito “Eroe del Lavoro”: si mirava così a formare una sorta di
competizione tra gli stessi lavoratori.
Come gli altri regimi europei, quello di Stalin si basava sulla COSTRUZIONE DEL CONSENSO attraverso
una propaganda martellante, NUMEROSE INNOVAZIONI ECONOMICHE, RADICALI CAMBIAMENTI
SOCIALI E L’INDOTTRINAMENTO IDEOLOGICO.
Stalin assunse un immenso potere che riuscì a gestire grazie alla sua risolutezza, intelligenza e
volontà, estremamente carismatico (culto della sua personalità)
Il potere conferito a Stalin derivava anche dalla sua decisione di continuare ciò che aveva rappresentato
la rivoluzione bolscevica, cioè difendere la PATRIA DEL SOCIALISMO.
Stalin considerava tutti gli altri paesi come nemici e qualsiasi genere di critica era un crimine politico;
vennero così messe in atto le numerose purghe (eliminazione, arresti, fucilazioni degli avversari).
Il pretesto per cominciare queste sistematiche azioni fu l'assassinio di Kirov, e da allora il
commissariato del popolo per gli affari interni (la polizia politica) intraprese numerosi processi
pubblici i quali, servendosi anche di tortura, condannavano avversari politici o ritenuti tali. Venne
coinvolto nei processi anche il maresciallo che portò alla modernizzazione dell'armata rossa.
Nel biennio 1937/38, apice del terrore staliniano, almeno 700.000 persone furono fucilate e
moltissime altre furono deportate o imprigionate.
Se la Germania aveva istituito i lager, l'Urss istituì i gulag, campi di lavoro concentrati attorno alla
regione della Siberia il cui fine non era di sterminare ma era quello di realizzare grandi opere
infrastrutturali senza alcun spreco di risorse. … erano malnutriti, facevano lavori pesanti e finivano per
morire si stenti.

8.4 LA RIVISITAZIONE DEL MARXISMO IN OCCIDENTE


Le gerarchie sovietiche monopolizzarono il pensiero marxista e lo convertirono in una rigida
ortodossia (oltre che come base per il regime dell’Urss serviva per controllare guidare i partiti
comunisti della terza internazionale )
Nei paesi europei alcuni intellettuali marxisti cercarono di proporre un'interpretazione non dogmatica o
comunque fuori dai canali ufficiali della dottrina di marx . Uno dei primi rappresentanti del “ marxismo
occidentale” fu l’ungherese Lukacs: egli propose un’interpretazione “ umanistica” del marxismo
sottolineando l'importanza della dimensione culturale e non solo di quella economica x capire la società .
Le sue tesi a Mosca vengono ritenute un ERESIA Antonio Gramsci riferiva che il modello leninista del
partito unico contenesse il germe del totalitarismo ed elaborò una concezione della politica come
“egemonia” in cui partito diventava “ l'intellettuale collettivo” chi è aveva il compito di realizzare nuove
forme di democrazia fondata sulla centralità del lavoratore= il popolo DEVE partecipare -non controllo
dall’alto ( non doveva essere un oggetto ma un soggetto politico ) Gramsci morì isolato nelle carceri
fasciste.

8.5 IMPERIALISMO E NAZIONALISMO IN ASIA


In Giappone dopo la crisi del 29, si affermarono alcuni movimenti della destra radicale che miravano a
instaurare un ordinamento autoritario.
Per rispondere alle difficoltà economiche del paese venne quindi intrapresa, con il sostegno
dell'esercito, una politica espansionistica molto aggressiva verso la Cina-che iniziò con l'occupazione
della Manciuria. I militari assunsero un peso crescente nella vita pubblica giapponese fino a costruire un
regime autoritario. La politica estera aggressiva si basava inoltre su una concezione esplicitamente
razzista. Nel 1937 il Giappone mosse guerra alla Cina.
In Cina l'alleanza tra nazionalisti e comunisti- prima uniti contro il governo di Pechino dominato dai
“signori della guerra” - si incrinò quando il capo dell'esercito nazionalista divenne il massimo leader
politico. L'esercito nazionalista si scontrò con l'esercito comunista per il controllo di Pechino: dopo
averla conquistata, i nazionalisti misero fuorilegge il partito comunista e spostarono la sede del governo
a Nanchino.
I nazionalisti aspiravano a una modernizzazione del paese sul modello occidentale, ma di fronte
diverse difficoltà furono costretti ad abbandonare i progetti di riforma, a cominciare da quella agraria.
I comunisti nel frattempo si organizzarono in clandestinità sotto la guida di MAO ZEDONG, cercando
consensi tra i contadini delle campagne .
Di fronte alle “ campagne di annientamento “ lanciate dai nazionalisti in una vera e propria guerra
civile , l’armata rossa di Mao iniziò un ripiegamento nel nord del paese che durò circa un anno ( = la
LUNGA MARCIA ) . Solo -di fronte alla sempre più pressante minaccia giapponese , entrambe le parti
fecero un accordo per la costituzione di un fronte comune contro l’invasore.

9.1IL RIARMO NAZISTA


La Germania di Hitler non aveva nascosto la sua vocazione revisionista volta a mettere in discussione
l'accordo di Locarno, che obbligava le potenze continentali a non modificare il quadro territoriale
definito a Versailles → il Terzo Reich rivendicava il diritto di espandersi per la conquista del cosiddetto
“spazio vitale”. Le prime iniziative furono:
→ ritiro della delegazione tedesca dalla conferenza di Ginevra (dove si discuteva un accordo sul
controllo degli armamenti )
→ uscita della Germania dalla Società delle nazioni
→ politica di riarmo che reintrodusse la leva obbligatoria (esercito di 100.000 uomini e 35
divisioni )
→ istituisce un corpo di aviazione militare (la temibile Lutwaffe )
→ cancelliere austriaco ucciso da un gruppo di nazisti che volevano prendere il potere
In risposta i capi di governo della Francia, Italia e Gran Bretagna si riuniscono nella CONFERENZA
DISTRESA condannando il riarmo tedesco e la necessità che venisse mantenuta l'indipendenza
dell’Austria, senza però assumere alcun provvedimento concreto e ognuno si mosse separatamente
Nasce un fronte franco-italo-britannico contro la Germania, che però ha molti elementi di debolezza :
(tutti pensano in primis ai propri interessi )
→ la Francia sottoscrisse un accordo di reciproca assistenza con l'Unione Sovietica la quale si dichiarava
contro il fascismo.
→ l'Inghilterra stipulò un trattato navale con la Germania permettendo allo stato tedesco di possedere
una flotta.
→ A ledere maggiormente l'alleanza Franco-Italo-Inglese fu l’annessione da parte di Mussolini
dell'Etiopia.
Le reazioni degli alleati spinsero Mussolini a dichiarare morto per sempre il fronte di Stresa e
l’annessione dell’Austria da parte della Germania non costituiva più un problema per l’Italia.
Hitler approfittò di questa situazione per militalizzare la Renania ( = si tratta di un territorio tedesco,
vicino alla Francia - x questo era stato deciso negli accordi di Versailles che non doveva essere
militazizzata ). La regione venne annessa senza l'utilizzo della violenza.
La Francia non poté reagire a questa dimostrazione di forza a causa della grave crisi interna (in soli sette
anni si susseguirono 17 governi) → anche qui inizia a emergere l’estrema destra che voleva creare un
regime di stampo fascista . Per impedire che ciò accadesse , i partiti di sx si coalizzano e creano il
FRONTE POPOLARE che vinse le elezioni. Sale al governo Blum ( socialista ) che però fomenta
nell’estrema sinistra ideali rivoluzionari e si scontra con l’opposizione degli ambienti industriali e
finanziari. Ritenendosi inadeguato egli si dimette.

9.2 LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA


Nel 1936 alle elezioni vince il FRONTE POPOLARE ( che univa x la prima volta : socialisti, comunisti,
repubblicani e anarchici ) e si contrapponeva al FRONTE NAZIONALE (partiti di destra e del centro).
Nascono però una serie di dissidi interni ( alla coalizione di sx , tra moderati e rivoluzionari) e con la dx
che culminano con le violenze squadriste della FALANGE, partito di ispirazione fascista ( che Mirano
al rovesciamento del sistema repubblicano) una parte dell’ esercito insorge dopo l’uccisione del
monarchico SOTELO e francisco franco e mola ( due generali ) attuano una sollevazione e in seguito
arrivano a controllare una parte della spagna occidentale. Il 29 settembre 1936 viene instaurato il primo
governo golpista ( creato con un colpo di stato ) presieduto da Francisco Franco
La guerra civile spagnola, visti i fronti che vennero a formarsi, può essere considerata il prologo
della guerra mondiale: si configura infatti come il primo conflitto aperto tra nazifascismo e
repubblicanesimo.
Le elezioni spagnole avevano determinato la fine della monarchia e furono attuate una serie di riforme
progressiste (epurazione delle forze armate, politica anticlericale, autonomia alla Catalogna).
L’opposizione della destra tentò un colpo di stato che fallì; tuttavia la destra sconfisse le forze
repubblicane nelle elezioni successive. CIÒ PROVOCÒ il“ Biennio nero“ (1933-1935) in cui la
popolazione si ribella contro la politica della destra al potere (elimina tutte le riforme fatte dalla sinistra)
Le successive elezioni furono vinte dal fronte Popolare (repubblicani, socialisti, comunisti e anarchici)
contrapposto alla destra del fronte nazionale (partiti di destra e del centro). Le proteste a seguito del
voto portarono a una serie di violenze squadriste della destra fomentate dalla falange (movimento
fascista spagnolo). La situazione precipitò quando un monarchico fu assassinato dalla polizia speciale
governativa, inizia così una sollevazione contro i poteri da parte di Franco (nazionalista).
Inizialmente il fronte Popolare (repubblicani, socialisti, comunisti e anarchici con l’appoggio dell’URSS)
sottostimarono la forza dei nazionalisti, e nella città di Burgos, venne costituito il primo governo
golpista presieduto da Franco grazie anche all'Italia e alla Germania. Grazie all'aiuto delle due
potenze, la Falange nazionalista fu in grado di portare a termine il golpe nazionalista.
- La Germania inviò una squadriglia di aerei (la Legion Condor) che bombardarono la popolazione
civile, famoso fu bombardamento a tappetto della città di Guernica.
- L’Italia impegnò più di 500.000 uomini nei combattimenti di terra
Quindi con l’aiuto dell'Italia e della Germania, quel golpe che era iniziato in difesa del blocco del
potere agrario, clericale e monarchico, finì per identificarsi con i regimi fascisti e nazisti. FRANCO
assunse i pieni poteri come generalissimo e venne costituito un partito unico, la Falange
nazionalista.
Le democrazie europee non intervennero:
- la Francia temendo che venissero intralciati i suoi collegamenti con le colonie nordafricane e più
propensa alla diplomazia, proposte il “non intervento”
- l'Inghilterra aderì alla proposta della Francia, in quanto vedeva di buon occhio l'asservimento della
spagna a patto che non si toccasse Gibilterra.
- Solo l'URSS di Stalin inviò rifornimenti e truppe e sostegno alle BRIGATE INTERNAZIONALI, ma non
furono sufficienti.
- Alcuni italiani, come Pietro Nenni, combatterono al fianco del fronte Popolare anche come forma di
protesta verso il fascismo (BRIGATE INTERNAZIONALI- volontari antifascisti provenienti da molti
paesi anche fuori dall’Europa- uniti contro il fascismo)
Il fronte popolare-antifascista si rivelava però inefficiente a causa delle forti divisioni interne:
- Gli anarchici volevano trasformare la guerra civile in una rivoluzione sociale
- Le altre componenti più moderate, volevano solo difendere le istituzioni repubblicane
- I comunisti volevano un riformismo moderato e rispettoso della proprietà privata (tranne quella
latifondista)
Questi scontri finirono in uno scontro armato: i franchisti assediano Barcellona e Madrid sancendo così il
definitivo crollo della repubblica e la nascita del REGIME DITTATORIALE di Francisco Franco (1939 )
Questo scatenò una repressione durissima tanto che gli espatri politici furono 300’000.

9.3 TRA L’ASSE ROMA-BERLINO E PATTO ANTICOMINTERN


Durante il conflitto spagnolo ci fu un avvicinamento tra Italia e Germania che si concretizzò con l’ASSE
ROMA-BERLINO(1936 il ministro degli esteri Ciano firmo l'asse Roma - Berlino trattato anti bolscevico
ma non apertamente un'alleanza) che prevedeva:
- Sostegno comune alla lotta di Franco
- Impegno contro il pericolo bolscevico dell’URSS
- Collaborazione economica nell’area dei Balcani
Parallelamente la Germania firmava il patto Anticomintern con il Giappone per stringere l’URSS tra due
fronti, anche l'Italia aderì al patto -si veniva così a formare un attanagliamento nei confronti dell'Unione
Sovietica- che prevedeva: stretta cooperazione politica e ideologica x la difesa comune contro
l’opera disgregatrice dell’internazionale comunista.
Il 26 settembre 1940 sarebbe stato ufficializzato l'asse Roma - Berlino - Tokyo.
Grazie a questi due patti Hitler raggiunse l’obiettivo di:
- ri-imposizione della Germania come potenza europea in grado di competere con le altre.
- di unificare nel terzo Reich tutte le popolazioni di stirpe tedesca presenti in Europa, attraverso
l’annessione dell’Austria infatti qui si era imposto il partito nazista austriaco il cui leader- col
pretesto di porre fine ai disordini scatenati dagli stessi nazisti - chiese l’intervento
tedesco.Mussolini si fece assicurare il rispetto del confine del Brennero.
Reazione delle potenze europee inesistente
- In Inghilterra, il premier Chamberlain perseguiva un programma politico diplomatico: le cause sono
da ricercare negli effetti della crisi del ’29 ancora evidenti; nell’opinione pubblica che era
pacifista, nel conflitto mondiale che era ancora recente e la volontà di creare uno stato forte a
difesa del continente rispetto alla russia, paura per il mancato appoggio dei dominion in caso di
conflitto.
L'Inghilterra era convinta che il terzo REICH una volta che fossero state esauditele le sue richieste
avrebbe assunto una condotta ragionevole appagandosi dei risultati ottenuti.
Le uniche voci contrarie a questa politica furono quelle dei conservatori guidate da Winston Churchill.
La Francia, paralizzata e contrasti tra partiti democratici e filo-fascisti, dal canto suo non era ancora nelle
condizioni di intraprendere un conflitto mondiale ancora peggiore rispetto al primo inoltre i francesi
credevano che la linea Maginot li avrebbe protetti da un eventuale invasione.

9.4VERSO IL CONFLITTO
Hitler vuole invadere la Cecoslovacchia perché vi era presente una minoranza tedesca (nella regione
dei sudeti ) infatti sfrutterà il PARTITO DEI TEDESCHI DEI SUDETI per far pressione sul governo
cecoslovacco
I punti di forza della Cecoslovacchia : • paese industrializzato • legato a Francia e URSS da trattati di
alleanza • poteva contare su un esercito con armamenti moderni; tuttavia non confinava con nessuno dei
suoi Stati alleati.
NEL MAGGIO NEL 1938 la Cecoslovacchia dispose la mobilitazione dell'esercito e così fece la Germania.
L'Inghilterra aveva chiarito che non si sarebbe sacrificata per l'indipendenza della Cecoslovacchia quindi
finì per giustificare le rivendicazioni di Hitler e convinse la Francia a fare altrettanto.
Hitler comunicò che il 1 OTTOBRE avrebbe dato inizio all'occupazione dei sudeti e avrebbe espulso i
gruppi etnici non tedeschi.
Hitler, Mussolini, Chamberlain e Deladier si incontrarono nella conferenza di Monaco per decidere il
destino della Cecoslovacchia. La Germania ottenne i sudeti, la Polonia ottenne la SLESIA, Chamberlain
ottenne un impegno da Hitler a risolvere diplomaticamente future controversie con l’Inghilterra
Le truppe tedesche, usando come pretesto le tensioni tra le nazionalità ceca e slovacca, invasero Praga e
il resto del territorio, istituendovi il PROTETTORATO DI BOEMIA E MORAVIA che divenne parte del 3
Reich. Era ormai evidente che le mire di Hitler andavano al di la dei territori dove erano presenti
minoranze tedesche egli puntava a modificare completamente l’Europa.
Il 21 marzo 1939 Hitler chiese alla Polonia di annettere alla Germania il porto della città libera di
DANZICA. Al rifiuto del governo polacco , Hitler ordinò all'esercito di prepararsi a invadere la Polonia.
A questo punto l'Inghilterra, la Francia abbandonarono la politica delle concessioni ed elaborarono un
sistema di alleanze militari con OLANDA, BELGIO, ROMANIA e TURCHIA x contrapporsi all’asse ROMA-
BERLINO. Chamberlain fece un discorso nel quale dichiarò solennemente che l'Inghilterra la
Francia avrebbero difeso ogni costo la sovranità della Polonia.
—-> Mussolini per dare una dimostrazione di forza del regime fascista il 7 aprile del 1939 senza alcuna
giustificazione invase L’ALBANIA .
Ciò finì per rendere difficili i rapporti con la Francia e l’Inghilterra con il risultato che a Mussolini non
restava altra scelta se non legarsi di Hitler.
L’asse Roma Berlino venne trasformata in un ALLEANZA MILITARE col nome di PATTO D’ACCIAIO che
impegnava le due potenze ad aiutarsi reciprocamente in caso di conflitto. Nell'accordo si celebrava la
comune missione di conquistare uno SPAZIO VITALE per la difesa della civiltà occidentale.
L'Inghilterra e la Francia cercarono un riavvicinamento diplomatico con l'unione sovietica per
isolare la Germania. L'unione sovietica e la Germania sottoscrissero un accordo di non aggressione della
durata di 10 anni noto come Molotov-Ribbentrop (nomi dei 2 ministri degli esteri) .
I due paesi erano assolutamente antitetici tanto sotto il profilo ideologico che politico. Il protocollo
segreto che accompagnava il patto ufficiale -prevedeva la divisione dell'Europa orientale in due sfere
di influenza, una tedesca e una sovietica (la Polonia sarebbe stata spartita). Questo mise in luce la
REALPOLITIK = politica estera che prescinde dall'ideologia e mira a conseguire gli interessi concreti di
uno Stato
UNA NUOVA GUERRA MONDIALE ERA ORMAI ALLE PORTE .

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