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«Voi dagli studi storici passate alla grammatica, BSP BIBLIOTECA BIBLIOTECA STORICA PIACENTINA
Marco Boscarelli nuova serie
Tra i secoli XVI e XIX
nei ducati di Piacenza e Parma
dalla grammatica ritornate alla statistica e quindi STORICA
13.
alla filologia e ai testi e dai testi alla agricoltura, PIACENTINA 1.
Domenico Ponzini Ranieri Schìppisi
dall’agricoltura alla morale e ai racconti, senza tener
Santa Giustina di Piacenza.
Storia, tradizione, culto
conto della critica letteraria e della polemica»; «voi
ERUDITO E POLEMISTA Capitoli giordaniani
2.
14.
Luigi Cassola
Il Canzoniere del codice
siete di quelle tempre che sono purtroppo rare nel INFATICATO Giuseppe Taverna. Una giornata di studi
(Piacenza, 15 maggio 1993)
a cura di Gianmarco Gaspari
nostro paese e nelle nostre generazioni: utilmente
E INFATICABILE
Vaticano Capponiano 74
introduzione, testo critico e commento
a cura di Giuliano Bellorini inquieto e infaticabile, aperto desto pronto a tutto,
sempre sveglio, sempre all’erta, combattitore
26 3.
Giovanna Valenzano, Giuliana Guerrini, Antonella Gigli
Chiaravalle della Colomba. Il complesso medievale
15.
Pietro Giordani, Antonio Canova, LUCIANO SCARABELLI 4.
Giovanni Battista Sartori robusto e anche rude, ma sempre schietto e leale Pietro da Ripalta
Carteggio TRA STUDI UMANISTICI Chronica Placentina nella trascrizione di Iacopo Mori
edizione critica a cura di e disinteressato»: così Giosuè Carducci – di cui è a cura di Mario Fillìa e Claudia Binello
E IMPEGNO CIVILE
21.
culturale italiana in profonda e costante 9.
Un nuovo teatro applauditissimo Giacobini e pubblica opinione nel Ducato di Piacenza.
Lotario Tomba architetto
trasformazione, di cui il Piacentino Atti del Convegno
e il Teatro Municipale di Piacenza Piacenza, 27-28 settembre 1996
a cura di Giuliana Ricci e Vittorio Anelli
rappresenta novità e contraddizioni. a cura di Carlo Capra
22. 10.
Studi in onore di Alberto Spigaroli Fabrizio Periti
a cura di Vittorio Anelli Agricoltura e istituzioni agrarie
a Piacenza in età liberale.
23. Il primo consorzio agrario cooperativo (1900-1927)
Riccardo De Rosa
Lo Stato Landi (1257-1682) 11.
Giordani-Leopardi 1998.
24. Atti del Convegno nazionale di studi
Pietro Giordani
Panegirico ad Antonio Canova
edizione critica e commentata a cura di Gabriele Dadati
26 TIP.LE.CO. 2009 Piacenza 2-4 aprile 1998
a cura di Roberto Tissoni
TIP.LE.CO. 2009
IL BELLO E IL VERO:
LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
(1) Niccolò Tommaseo, Gino Capponi, Carteggio inedito dal 1833 al 1874, a cura
di Isidoro Del Lungo e Paolo Prunas, 4 voll., Bologna, Zanichelli, 1911-1932, II, p. 22;
Roberto Pertici, Appunti sulla nascita dell’intellettuale in Italia, in Christophe Charle, Gli
intellettuali nell’Ottocento. Saggio di storia comparata europea, a cura di Roberto Pertici,
Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 309-346. Si ringraziano Massimo Baucia e Daniela Morsia
della Biblioteca Comunale Passerini-Landi di Piacenza, Alessia Marchi dell’Accademia di
Belle Arti di Bologna e il personale della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna per
avere agevolato in ogni modo le ricerche.
(2) Valerio Castronovo, Stampa e opinione pubblica nell’Italia liberale, in Valerio Ca-
stronovo, Luciana Giacheri Fossati, Nicola Tranfaglia, La stampa italiana nell’età liberale
Bari, Laterza, 1979 (Storia della stampa italiana, a cura di Valerio Castronovo e Nicola
Tranfaglia, vol. III), pp. 1-233, a pp. 225-226.
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MARIA LUIGIA PAGLIANI
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
zione di essi collo stampar cose che sebbene misere di vera letteratura ciò
nondimeno piacevano all’universale, anziché darmi un impiego conveniente a’
miei studi, mi tolse anche quel poverissimo. Onde sono ridotto allo stremo:
sendo io senza un palmo di terra, senza un denaro di frutto da alquanti
mesi. Non ho altro mezzo che la stampa. Ma che stampare? O come essere
comprato se non da chi compatisce alle immeritate sventure? [...]
Con questa le rimetto, pregando di gradirlo, un esemplare delle mie No-
velle che per l’avarizia dello stampatore non mi fruttarono che 60 lire! Oh
misero colui che in Italia deve vivere della penna dicendo il vero(9).
(9) Enrico Garavelli, Giordani «grande e temuto». In margine alla presenza giorda-
niana a Genova, in BSP, LXXXIX, 1994, pp. 83-136, a p. 134.
(10) Ivi, p. 125.
(11) Ivi, p. 104 nota 113.
(12) Della Peruta, Il giornalismo dal 1847 all’Unità, p. 356; sulle forme di autofinan-
ziamento anche Cerri, Luciano Scarabelli, p. 39.
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MARIA LUIGIA PAGLIANI
Vi ammiro. Voi dagli studi storici passate alla grammatica, dalla grammatica
ritornate alla statistica e quindi alla filologia e ai testi e dai testi all’agricol-
tura, dall’agricoltura alla morale e ai racconti, senza tenere conto della critica
letteraria e della polemica. […] Caro e bravo Scarabelli, voi siete di quelle
tempre che sono purtroppo rare nel nostro paese e nelle nostre generazioni:
utilmente irrequieto e infaticabile, aperto desto pronto a tutto, sempre sve-
glio, sempre all’erta, combattitore robusto e anche rude, ma sempre schietto
e leale e disinteressato(14).
2. “Illustrare” l’arte
(13) Luciano Scarabelli, Della esposizione bolognese di Belle Arti. Lettera di Luciano
Scarabelli all’egregio Michele Ridolfi pittore lucchese, Firenze, Tipografia Galileiana, 1846,
p. 4; Garavelli, Giordani «grande e temuto», pp. 133-136; Arnaldo Ganda, «Io ho piacere
a farvi piacere: voi non mi fate bestemmiare?». Lettere di Luciano Scarabelli a Giosue
Carducci (1867-1876), in BSP, CIII, 2008, pp. 109-144, a p. 141.
(14) Ganda, «Io ho piacere a farvi piacere […]», p. 143; già ed. da Giovanni Forlini,
Tre lettere inedite di Giosuè Carducci a Luciano Scarabelli, in «Convivium», XXIV, 1956,
pp. 213-215, a pp. 214-215, la lettera è datata Bologna, 25 aprile 1874.
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
buono illustrare i concetti degli artisti, per documento degli amatori e dei
cultori stessi delle arti: onde mi pare aiuto a pensieri e cose maggiori; e per
questo non degli illustratori soltanto (illustratori veri, non i prosontuosi da
te derisi, e giustamente) ma di tutti che alle arti aiutino colle lettere in qua-
lunque modo, io giudico doversi pubblico onore(15).
Si facciano essi – sono sempre parole del Selvatico – gli interpreti della
pubblica opinione e dissotterrino […] idee e sentimento che molti sentono
dentro di sé […] notino nelle statue e nei quadri gli anacronismi e gli errori
(15) Scarabelli, Opuscoli, pp. 378-379 e anche p. 164: «Io appena ammiratore del
bello, non artista, non sentenziator d’arte».
(16) Michelangelo Gualandi, Memorie originali italiane riguardanti le Belle Arti, 6
voll., Bologna, Jacopo Marsigli, 1840-1845 (lo Scarabelli si riferisce all’uscita del primo
volume). Cfr. Gian Piero Cammarota, Le origini della Pinacoteca nazionale di Bologna,
3 voll., Bologna, Minerva Edizioni, 2001-2004, II, pp. 58-60 e p. 64 nota 31; Donata
Levi, Cavalcaselle. Il pioniere della conservazione dell’arte italiana, Torino, Giulio Einaudi
Editore, 1988, p. XXVI.
(17) In generale sugli orientamenti critici italiani ed europei della prima metà del-
l’Ottocento: Levi, Cavalcaselle, pp. XXIII-XXIV.
(18) Scritti d’arte del primo Ottocento, a cura di Fernando Mazzocca, Milano-Napoli,
Riccardo Ricciardi Editore, 1998, p. 361.
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MARIA LUIGIA PAGLIANI
(19) Scritti d’arte del primo Ottocento, pp. 362-363; Paola Barocchi, Storia moderna
dell’arte in Italia, vol. I, Dai neoclassici ai puristi 1780-1861, Torino, Giulio Einaudi
Editore, 1998, pp. 548-549.
(20) Scritti d’arte del primo Ottocento, pp. 210-211; Concetto Nicosia, Arte e accade-
mie nell’Ottocento, Bologna, Minerva Edizioni, 2000, pp. 103-129.
(21) Bordini Silvia, L’Ottocento 1815-1880, Roma, Carocci, 2002, p. 26; in particolare
sulle Società promotrici: Maria Mimita Lamberti, La Società promotrice di Belle Arti in
Torino: fondatori, soci, espositori dal 1842 al 1852, in Istituzioni e strutture espositive in
Italia. Secolo XIX: Milano, Torino, Pisa, Scuola Normale Superiore, 1981 (Quaderni del
seminario della critica d’arte, 1), pp. 289-408, a pp. 293-296; Scritti d’arte del primo Ot-
tocento, pp. 323-330. In particolare non si può non ricordare il giudizio negativo sulle
Promotrici espresso da Massimo D’Azeglio ne I miei ricordi, in Barocchi, Storia moderna
dell’arte, pp. 346-347 e 350 nota 17.
(22) Scritti d’arte del primo Ottocento, p. 324.
(23) Ivi, pp. 362-363.
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
(24) Michelangelo Gualandi, Dell’esposizione di Belle Arti in Bologna del 1844, Bolo-
gna, Tipografia Sassi, 1844, p. 5, si tratta della pubblicazione in opuscolo di due articoli
apparsi sul «Felsineo» del 22 e 29 ottobre 1844.
(25) Julius Schlosser Magnino, La letteratura artistica, Firenze, La Nuova Italia, 1977;
Scritti d’arte del primo Ottocento, pp. XVI-XVII.
(26) Luciano Scarabelli, Guida ai monumenti storici e artistici della città di Piacenza,
Lodi, Tipografia C. Wilmant e figli, 1841.
(27) In queste pagine si fa riferimento alla produzione giornalistica dello Scarabelli
solo quando appare ristampata in volumi od opuscoli.
(28) Cfr. nota 7. Sulla figura di Giacomo Milan Massari: Pietro Giordani, Onori fu-
nebri al Nobile Giacomo Milan Massari in Santo Stefano di Vicenza il dì 6 marzo 1844,
Rovigo, A. Minelli, 1844.
(29) Collezione del Cav. Michelangelo Gualandi di Pitture, Disegni, Album, Stampe,
incisioni, rami incisi, sculture, oggetti antichi e diversi esistenti nella via San Felice n. 65
in Bologna. Catalogo per la vendita, Bologna, Tipografia Militare, 1866.
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MARIA LUIGIA PAGLIANI
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
origini della Pinacoteca nazionale di Bologna, II, pp. 58-60 e p. 64 nota 31. Anche il
Gualandi è su posizioni molto tradizionali: «Le leggende del Medioevo, che pullulando in
Italia, usurpavano il luogo delle sue maschie storie, de’ suoi eterni poemi, diedero vita
a quelle folle di mezzi-quadri, in cui divenne pregio l’accessorio, intanto che il difficile
ignudo subiva alla sua volta la proscrizione», in Gualandi, Dell’esposizione di Belle Arti in
Bologna nel 1844, p. 6 (si veda anche, alla stessa pagina, il giudizio su Hayez e la diffi-
coltà ad accettare il predominio della cultura artistica milanese); Michelangelo Gualandi,
Tre giorni in Bologna o guida per la città e i suoi contorni, Bologna, s.n.t., 1850.
(35) Luciano Scarabelli, Della cultura degli artisti. Discorso dettato da Luciano Sca-
rabelli Accademico onorario e letto nella premiazione il 21 maggio 1845, in Atti della P.
Accademia di Belle Arti in Ravenna, 1845-1847, Ravenna, Tipografia del Seminario Arci-
vescovile, 1849, pp. 121-133; Id., Della esposizione bolognese di Belle Arti. Lettera di Lu-
ciano Scarabelli all’egregio Michele Ridolfi pittore lucchese, Firenze, Tipografia Galileiana,
1846; Id., Di un episodio della Strage degli Innocenti, dipinto del parmigiano Giovanni
Riccò, Parma, Tipografia Rossetti, 1846; sulla figura di Carlo D’arco: Scritti d’arte del
primo Ottocento, pp. 1016-1017.
(36) Luciano Scarabelli, Pietro Duca di Curlandia. Commemorazione all’Accademia
di Belle Arti in Bologna, Bologna, Regia Tipografia, 1866; Id., La fortuna della filosofia
e delle arti del disegno per Cosimo de’ Medici, dipinto di Antonio Puccinelli, Bologna,
Tipografia Mareggiani, 1868.
(37) Luciano Scarabelli, Le arti belle sono le arti della Libertà, Milano, Tipografia
di Francesco Gareffi, 1865; Id., Di Pietro Giordani (materia inedita). Lettere ed atti per
l’Accademia di Belle Arti in Bologna di cui fu pro-segretario, Bologna, Regia Tipografia,
1874.
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MARIA LUIGIA PAGLIANI
Primeggiava colà [a Roma] fra molti il nostro Landi per la maniera dotta di
comporre istorie, per la bella e vera espressione delle figure, e per lo splen-
dore del colorito, accidente un po’ nuovo in quella scuola, e pel maneggio
singolarissimo di luci e d’ombre a cui molti si sforzavano e niuno aggiungeva,
e per la profonda dottrina di che era fornito, e un gusto squisitissimo e un
sentenziare libero e severo del bello(43).
(38) Barocchi, Storia moderna dell’arte, pp. 226-228; Sandra Pinto, La promozione
delle arti negli Stati italiani dall’età delle riforme all’Unità, in Storia dell’arte italiana, 6,
Dal Cinquecento all’Ottocento, 2: Settecento e Ottocento, Torino, Giulio Einaudi Editore,
1982, pp. 793-1079, a p. 956. Su queste posizioni molto diffuse in ambienti accademici
è anche, ad esempio, Francesco Albèri (1765-1836), docente a Bologna; scrive l’Albèri:
«Lo stile migliore è pertanto il grandioso nei limiti del vero condotto con diligente
accuratezza senza che vi apparisca stento e fatica; e l’opera di pittura tanto è migliore
quanto più è giusto e pellegrino il concetto della rappresentanza; chiara e ben ordinata
la composizione; elegante il disegno; approppriati i caratteri; bene espresse le passioni;
vero ed armonico il colorito». Cfr. Cammarota, Le origini della Pinacoteca nazionale di
Bologna, II, p. 30 e pp. 28-29 per le attività di Albèri a Bologna.
(39) Barocchi, Storia moderna dell’arte, p. 224.
(40) Scarabelli, Opuscoli, p. 136.
(41) Barocchi, Storia moderna dell’arte, p. 717.
(42) Ivi, p. 225. In particolare sulle posizioni antiromantiche dello Scarabelli: Sca-
rabelli, Opuscoli, p. 221; Id., Della esposizione bolognese di Belle Arti, p. 15 nota 9: «il
romantico è un’ingiuria al senno severo degli italiani; l’artista di stile romantico sta
sempre addietro mentre gli altri vanno innanzi». Il linguaggio classicista all’epoca rimane
in voga nelle accademie: Scritti d’arte del primo Ottocento, pp. 210-211. Sui rapporti tra
Romanticismo e Purismo: Barocchi, Storia moderna dell’arte, pp. 446-447; Scritti d’arte
del primo Ottocento; sul Landi: Scarabelli, Opuscoli, pp. 53-119.
(43) Scarabelli, Opuscoli, p. 72.
(44) Ibid.
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
(45) Ivi, pp. 76-79; a p. 79 l’esplicito riferimento al Giordani: «Della meravigliosa tela
del Landi, non dirò io che già scrissero molti, e dignitosamente il concittadino Giordani
riguardo d’ogni cosa»; Pietro Giordani, Discorsi detti nella Reale Accademia di Belle arti
in Bologna li XXIV luglio MDCCCXI per la solenne distribuzione de’ Premj Curlandesi e
de’ Premj delle scuole, Bologna, Tipografia Lucchesini, 1811.
(46) Scarabelli, Opuscoli, p. 103.
(47) Ivi, pp. 121-141; Ferdinando Arisi, Neoclassicismo al Gazzola, catalogo della
mostra, Piacenza, aprile-dicembre 1998, Piacenza, Comune di Piacenza, 1998, pp. 11-
14; il bozzetto è attualmente conservato presso l’Istituto Gazzola di Piacenza, che si
ringrazia per aver fornito l’immagine.
(48) Scarabelli, Opuscoli, p. 130.
(49) Scritti d’arte del primo Ottocento, p. 502.
(50) Barocchi, Storia moderna dell’arte, p. 228.
(51) Scarabelli, Opuscoli, pp. 137-138.
229
MARIA LUIGIA PAGLIANI
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
(52) Ivi, p. 139; sempre sul tema della verosimiglianza della raffigurazione pittorica
anche Scarabelli, La fortuna della filosofia e delle arti del disegno per Cosimo de’ Medici, p.
11. Nel tema della ricerca dell’accuratezza dell’ambientazione e della aderenza alle fonti
si inquadra anche la predilezione dello Scarabelli per le illustrazioni della Commedia di
Dante eseguite dallo Scaramuzza rispetto a quelle del Doré: Confronti critici estratti dalle
lezioni del professore Luciano Scarabelli per le illustrazioni figurative date all’Inferno dante-
sco dagli artisti Dorè e Scaramuzza, Parma, Tipografia della società fra gli operai-tipografi,
1870; ad esempio riguardo alla famosa scena di Paolo e Francesca lo Scarabelli a p. 28
scrive: «In questo fedelissimo lo Scaramuzza che in istanza e in un solo sedile, più proprii
del tempo, i due cognati sedendo […]». Cfr. Corrado Gizzi, Francesco Scaramuzza e Dante,
catalogo della mostra, Torre de’ Passeri (PE), 1996, Milano, Electa, 1996.
(53) Scarabelli, Di un episodio della Strage degli Innocenti, p. 4.
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MARIA LUIGIA PAGLIANI
L’artista nel suo bel colore non usò varietà strepitosa di tinte né di trapassi
di luce che abbarbaglia ed inganna l’osservatore: ma leale e modesto dettesi a
colori pochi, e, tentando un difficile dell’arte, stesse ai chiari per essere tutto
veduto, e non ostante, per accorgimenti molti e di efficacia, produsse buoni
distacchi e rilievi a differenze e contrasti senza confusione nessuna(57).
(54) Ivi, pp. 5-7; sullo stesso tema anche Pietro Giordani, nella Orazione prima
preparata a dirsi nella R. Accademia di Belle Arti in Bologna il dì 26 giugno 1806: «Già
troppo le pubbliche e le private pareti sono piene di antica e di moderna mitologia; di
lascivie, di carneficine, di allegorie, di favole; onde la fantasia s’ingombra, e rimane il
cuore di affetti alla patria utili voto e freddo», in Scritti d’arte del primo Ottocento, pp.
22-23; Robert Rosenblum, Trasformazioni nell’arte. Iconografia e stile tra Neoclassicismo
e Romanticismo, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1984.
(55) Scarabelli, Di un episodio della Strage degli Innocenti, p. 8.
(56) Ivi, p. 5.
(57) Scarabelli, Opuscoli, pp. 190-191.
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
(58) Scarabelli, Della esposizione bolognese di Belle Arti: gli articoli ripubblicati erano
comparsi su «La Farfalla», nn. 44 e 46 del 1846, e probabilmente anche sulla rivista
«Roma». «La Farfalla» esce tre volte al mese come appendice o supplemento della «Gaz-
zetta di Bologna». È bene tenere presente che oggi non è sempre agevole ricostruire
esattamente le implicazioni delle polemiche di quegli anni, delle quali possono sfuggire
riferimenti allora notissimi agli autori e ai lettori.
(59) Cammarota, Le origini della Pinacoteca nazionale di Bologna, II, p. 78.
(60) Giovanna Perini, La letteratura artistica in Emilia al tempo del Maniago, in
Fabio di Maniago e la storiografia artistica in Italia e in Europa fra Sette e Ottocento, a
cura di Caterina Furlan e Maurizio Grattoni d’Arcano, Udine, Università degli Studi di
Udine, 2001, pp. 211-219, a p. 216.
(61) Pinto, La promozione delle arti, pp. 1042-1043 con esempi toscani.
(62) Il giornale viene fondato da Berti Pichat, prima deputato nella Costituente
romana del 1849 e poi deputato della sinistra; il foglio ospita le critiche artistiche del
fratellastro di Berti Pichat, Augusto Aglebert: Alessandro Galante Garrone, I Giornali
della Restaurazione, in Galante Garrone, Della Peruta, La stampa italiana del Risorgi-
mento, pp. 3-246, a p. 215; DB, I, pp. 23 e 113.
(63) Farioli, Ufficialità accademica e critica d’arte militante, p. 40. Il Muzzi presenta
una biografia professionale non lontana da quella dello Scarabelli: insegnante, autore
di testi scolastici, giornalista, moderato in politica, dopo aver invano aspirato al ruo-
lo di segretario dell’Accademia bolognese, ottenuto invece dal Masini, intraprende una
carriera burocratica che lo porta prima al Ministero dei Lavori Pubblici a Modena per
volere del Farini e poi alla Direzione generale delle Poste a Torino: Tortorelli, Salvatore
Muzzi (1807-1884).
(64) Michelangelo Gualandi, Dell’esposizione di Belle Arti in Bologna del 1835 e pochi
cenni su quella di Milano dello stesso anno, Firenze, Tipografia all’insegna di Dante, 1835,
p. 10; Id., Dell’esposizione di Belle Arti in Bologna nel 1844; Farioli, Ufficialità accademica
e critica d’arte militante, pp. 31-42; Poppi, Le istituzioni artistiche fra governo pontificio
e stato unitario, p. 45; Perini, La letteratura artistica in Emilia al tempo del Maniago, p.
214 (secondo l’autrice i lavori del Gualandi «esaltano la positività della ricerca e dell’in-
233
MARIA LUIGIA PAGLIANI
formazione, non certo le discussioni di estetica o le virtù del bello stile»); sul Gualandi
anche Janet Southorn, voce Gualandi Michelangelo, in The Dictionary of Art, 13, Grove,
Oxford University Press, 1996, p. 733.
(65) Scarabelli, Opuscoli, pp. 378-379.
(66) Scarabelli, Della esposizione bolognese di Belle Arti, p. 15.
(67) Alessandra Borgogelli, Antonio Muzzi (Bologna 1815-1894), in Dall’Accademia al
Vero, pp. 109-111; Antonio Muzzi. La fatica della creazione. Bologna 1815-1894, a cura
di Marzia Faietti, catalogo della mostra, Bologna, aprile-luglio 1999, Bologna, Editrice
Compositori, 1999, pp. 12-13. Per il giudizio sul Muzzi oggi: Antonio Muzzi. La fati-
ca della creazione, p. 8 («artista prudente e oculato, al limite della pedanteria e della
puntigliosità; il campione del metodo e del rigore accademico e della faticosa prassi
didattica, inflessibile e senza alcuna concessione al “moderno”»); Giumanini, Uomini
dell’Accademia, pp. 302-306.
(68) Gualandi, Dell’esposizione di Belle Arti in Bologna nel 1844, pp. 13-14.
(69) Alessandra Borgogelli, Rapporti della pittura bolognese con la cultura toscana
(1830-1870), in Dall’Accademia al Vero, pp. 21-29, a pp. 26-27.
234
IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
una tela intitolata Il pittore Calvaert si rallegra con Guido della sua
Assunzione. L’episodio è narrato dal Malvasia. Il giovane Guido Re-
ni, come si sa, aveva abbandonato la troppo tradizionale bottega del
Calvaert per lavorare con i più moderni Carracci. Tuttavia di fronte
all’Assunta destinata alla Chiesa del Gesù di Genova (1616-1617), che
consacra Guido maestro della nuova pittura bolognese, l’anziano Cal-
vaert è il primo a riconoscerne le qualità. «“O Guido mio, mio Guido,
benedette mani” ed afferrate quelle, e strette con le sue – racconta il
Malvasia – teneramente gli le baciava e bagnava di qualche lagrima
con commozione di quanti v’erano presenti»(70). Il soggetto ha quindi
il sapore di una provocazione per l’Accademia bolognese fortemente
legata alla tradizione. Il giudizio negativo della critica meno aperta
«conferma un malessere dell’ambiente artistico ufficiale davanti all’af-
fermarsi di una corrente che, tramite Malatesta si ricollega diretta-
mente all’evoluzione in senso realista della pittura storica»(71).
Guardassoni e Muzzi sono entrambi colpevoli – secondo lo Sca-
rabelli – di essersi allontanati dal “vero” e di avere lusingato il pub-
blico con «ciò che piace e oggi i più fanno, e universalmente per
sventura diletta […], figure di gesso e biacca, immobili e quasi di
cera; che per le splendide vesti, e lussuriose, sopraffanno l’occhio e
la mente dell’idiota senza nulla insegnare»(72). Si tratta di un’osser-
vazione ricorrente e che ben si adatta a diverse situazioni. L’illustre
critico milanese Carlo Tenca, ad esempio, nello stesso anno, deplora
la medesima tendenza in alcune opere esposte a Brera:
Qui gli accessori hanno detronizzato il soggetto principale; non si tratta più
di rappresentar una scena della vita, ma di collocare una o più figure sulla
tela per aver pretesto a sfoggiare bellezza di abiti, di tende, di mobili […] si
direbbe questa pittura una specie di esposizione industriale fatta per traman-
dare ai lontani nipoti l’inventario dipinto delle nostre manifatture(73).
(70) Carlo Cesare Malvasia, Felsina Pittrice. Vite de’ Pittori bolognesi, Bologna, Edi-
zioni Alfa, 1971, p. 361.
(71) Poppi, Le istituzioni artistiche fra governo pontificio e stato unitario, p. 47; Id.,
Alessandro Guardassoni (Bologna 1819-1888), in Dall’Accademia al Vero, pp. 150-152, a
p. 150.
(72) Scarabelli, Della esposizione bolognese di Belle Arti, pp. 5 e 7.
(73) Scritti d’arte del primo Ottocento, p. 393, la biografia del Tenca a p. 1086.
235
MARIA LUIGIA PAGLIANI
236
IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
(76) Maria Luigia Pagliani, Le Deputazioni di storia patria tra diplomatica, antro-
pologia e memorie civiche, in Gli anni modenesi di Adolfo Venturi, Atti del convegno,
Modena, 25-26 maggio 1990, Modena, Franco Cosimo Panini, pp. 17-24.
(77) Carlo Cattaneo, Del restauro dei monumenti e della loro conservazione, in Id.,
237
MARIA LUIGIA PAGLIANI
lascierebbero disertare l’Italia di quel tutto che, studiato come si deve, può
esser cagione che il bello si riproduca o non piuttosto la massima fosse a
restringersi alle opere de’ pittori viventi, come fu sempre mai rispettata? […]
Sulle opere che non possono riprodursi o moltiplicarsi come la scrittura, la
nazione non ha forse alcun diritto? Se non l’avesse e che tutti i capi andas-
sero fuori, sarebbe costretta di mandare loro dietro i suoi figli perché ne
imparassero il magistero […]. Si vendano, si vendano a’ tedeschi, agl’inglesi,
ai russi, ai turchi i più bei quadri che per quattro secoli traggono in Italia
le genti tutte del mondo, vedremo che ci resti, o che cosa sappiano gl’ingegni
economisti della gazzetta milanese(78).
da quasi trenta lustri, preti, monaci e frati, patrizi e principi le proprie chiese
e le proprie gallerie spogliando (rapendo anche l’altrui), vendevano e talora
per incongrua moneta all’estero i prodotti migliori, non a mantenere una
vita onorata, o a soccorrere necessità di poveri o di popoli, ma a soddisfare
appetiti che non voglio nominare(79).
Scritti letterari, artistici, linguistici e vari, raccolti e ordinati da Agostino Bertani, Firenze,
Le Monnier, 1948, pp. 3-13, a p. 3.
(78) Scarabelli, Opuscoli, pp. 268-269. Del tutto occasionale sembra, nel 1870, l’in-
tervento contro l’abbattimento della statua di San Domenico nella omonima piazza
bolognese: Ganda, «Io ho piacere a farvi piacere […]», p. 34 nota 163.
(79) Scarabelli, Le arti belle sono le arti della Libertà, p. 16.
(80) Carlo Cattaneo, La città considerata come principio ideale delle istorie italiane,
a cura di Giulio Andrea Belloni, Firenze, Vallecchi, 1931, p. 46.
(81) Niccolò Tommaseo, Del sentimento dell’arte nelle sue relazioni con la scienza
archeologica, in Bellezza e civiltà, Firenze, Le Monnier, 1857, pp. 106-109, a p. 109.
238
IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
Bianconi del ’26 e del Gualandi del ’50, la guida di Lucca del Mazza-
rosa del ’29, la guida di Parma del ’51 opera di Carlo Malaspina, la
guida di Ferrara dell’Avventi edita nel 1838 e quella piacentina dello
Scarabelli del 1841(82); opere tutte di diversa ispirazione e impostazio-
ne ma contraddistinte da una buona diffusione, almeno a giudicare
dalle numerose edizioni che si protraggono anche per alcuni decenni.
In molti casi si tratta non tanto o non solo di prontuari o strumenti
per un turismo che cominciava ad abbandonare le modalità del grand
tour per approdare alle esigenze di un pubblico borghese, ma di au-
tentici compendi di storia ed erudizione cittadina(83).
A questa categoria appartiene anche la guida dello Scarabelli, che
nell’introduzione così la definisce: «libretto di storia patria vera istru-
zione dei Piacentini», e a sottolinearne la valenza didattica prosegue:
«andava imaginando la pena e il dispetto che la gioventù avrebbe
dovuto provare nel non poter dar conto di sé e de’ padri suoi per la
mancanza di un libretto che l’insegnasse»(84). Tuttavia nonostante il ca-
rattere marcatamente storico, confermato anche dall’esplicito ricorso
alle Memorie storiche di Piacenza di Cristoforo Poggiali come compen-
dio storico, l’opera, di piccolo formato, propone alcune informazioni
che non escludono l’attenzione alle esigenze propriamente turistiche.
Del tutto assenti invece sono gli strumenti iconografici e cartografici
già utilizzati, ad esempio, nelle guide del Bianconi e dell’Avventi pur
cronologicamente anteriori(85).
Ma per Piacenza, e qui sta la novità, la guida si propone come
il primo ricco catalogo di opere d’arte e monumenti cittadini e rap-
presenta un decisivo passo avanti, qualitativo e quantitativo, sia ri-
spetto all’elenco di pittori che il Carasi aveva composto nel 1780(86)
(82) Girolamo Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna e suoi sobborghi,
Bologna, s.n.t., 1826; Antonio Mazzarosa, Guida del forestiere per la città e il contado di
Lucca, Lucca, Balatresi, 1829; Francesco Avventi, Il servitore di piazza: guida per Ferrara,
Ferrara, Pomatelli, 1838; Gualandi, Tre giorni in Bologna; Carlo Malaspina, Guida del
forestiere ai principali monumenti di belle arti della città di Parma, Parma, A. Stocchi,
1851. Sulla guida del Mazzarosa: Massimo Ferretti, Politica di tutela e idee sul restauro
nel Ducato di Lucca, in «Ricerche di storia dell’arte», 8, 1978-79, pp. 73-98.
(83) Giovanni Ricci, Gli incunaboli del Baedecker. Siena e le prime guide del viaggio
borghese, in «Ricerche storiche», VII, 1977, n. 2, pp. 345-381; Leonardo Di Mauro, L’Ita-
lia e le guide turistiche dall’Unità ad oggi, in Storia d’Italia, Annali 5, Il paesaggio, a cura
di Cesare De Seta, Torino, Einaudi Editore, 1982, pp. 369-428, part. pp. 384-385; Lucia
Nuti, Cataloghi di città. Stereotipi etnici e gerarchie urbane nell’Italia di Antico regime, in
«Storia urbana», I, 1982, pp. 35-69.
(84) Scarabelli, Guida, pp. III-IV.
(85) Giancarlo Roversi, Presentazione, in Girolamo Bianconi, Guida di Bologna, Bo-
logna, Atesa Editrice, 1973, anastatica dell’edizione del 1835, pp. n.n.
(86) Carlo Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza, Giuseppe Tedeschi,
1780; Maria Luigia Pagliani, Piacenza: l’immagine della città fra divulgazione culturale
239
MARIA LUIGIA PAGLIANI
sia rispetto alla piccola guida del Cattanei del 1828. «Due anni or
sono – scrive Scarabelli – si domandava una guida per conoscere il
meglio d’arti nella città; e un amico mi spingeva al comporla dicendo:
aggiungete qualche cenno di storia, qualche cosa insomma che faccia
il libro giocondo»(87). Arte e storia è il binomio che accompagna il
lettore per tutta l’opera, numerose sono le digressioni storiche, le ci-
tazioni di materiali d’archivio sulla committenza e i costi delle opere,
il ricorso alle fonti documentarie – e non solo ai criteri formali – per
la datazione di alcuni dipinti come, ad esempio, la tavola con storie
di Sant’Antonino custodita nell’omonima chiesa(88).
Sull’importanza dello studio e della pubblicazione delle fonti arti-
stiche lo Scarabelli torna peraltro ripetutamente:
mi pare che de’ singoli italiani debba essere caro mostrare di quali artisti
si giovassero le loro città, con qual giudizio gli scegliessero, come li ono-
rassero e con quale filosofia le opere a loro commettessero, il che se non
dissero quelli che ora sono morti, ben si vedrà dalle carte che verranno a
pubblicarsi(89).
Mentre nelle prime pagine della guida l’autore sembra voler deline-
are un percorso coerente che dal Duomo e dalla piazza che lo circon-
da si dirige verso Sant’Antonino e Santa Maria in Cortina, la nozione
di itinerario viene poi abbandonata. Si afferma invece una trattazione
inventariale e asistematica, che solo occasionalmente risponde a crite-
ri di prossimità fra i diversi monumenti(90). Non mancano riferimenti
ad alcune collezioni private, come ad esempio quella del Canonico
Bissi nella Prevostura, o a importanti istituzioni cittadine come l’Isti-
tuto Gazzola preposto alla didattica artistica e la Biblioteca pubblica
e informazione turistica dalla metà del Settecento al primo Novecento, in BSP, C, 2005,
pp. 143-154.
(87) Scarabelli, Guida, pp. IV-V.
(88) Ivi, p. 31: si tratta del polittico sulla Vita di Sant’Antonino di Bartolomeo di
Groppallo, 1455-56.
(89) Scarabelli, Opuscoli, p. 388.
(90) Ferdinando Arisi, Introduzione alla ed. an. (Piacenza, T.E.P. Artigrafiche, 1998)
di [Gaetano Buttafuoco], Nuovissima guida della città di Piacenza con alquanti cenni
topografici, statistici e storici, Piacenza, Tip. Tagliaferri, 1842, pp. non numerate; Id.,
Introduzione alla ed. an. (Piacenza, T.E.P. Artigrafiche, 1998) di Scarabelli, Guida, pp.
non numerate. Alle introduzioni dell’Arisi si rimanda anche per la questione dell’anti-
gesuitismo dello Scarabelli e la polemica con il Buttafuoco. Lo Scarabelli aggiorna la
guida negli anni Settanta senza però ristamparla: Biblioteca Comunale Passerini-Landi
di Piacenza (d’ora in avanti BCPc), Ms. Com. 225. L’autore si limita ad alcuni interventi
redazionali e a modificare brani del testo. A trent’anni di distanza dalla prima edizione
non interviene sulla struttura e sull’organizzazione della materia, che già il Buttafuoco
aveva articolato per classi di monumenti, nonostante il progressivo ammodernamento
della letteratura odeporica nel corso dell’Ottocento.
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
(91) Maria Luigia Pagliani, Storia e archeologia nella prima metà dell’Ottocento: al-
cune riflessioni sulla figura di Vincenzo Benedetto Bissi, in BSP, XCIII, 1998, pp. 113-
120; Scarabelli, Guida, pp. 25, 147 e 176-178, questi aspetti verranno poi ampliati nella
guida del Buttafuoco.
(92) Scarabelli, Guida, pp. 42, 55 e 57 (per la citazione).
(93) Ivi, p. 76, p. 133, p. 156.
(94) Scarabelli, Opuscoli, pp. 281-285.
(95) La Pinacoteca nazionale di Ferrara. Catalogo generale, a cura di Jadranka Ben-
tini, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1992, n. 156, pp. XIV-XV.
(96) La Pinacoteca nazionale di Ferrara, pp. 135-137. Sul restauro dell’opera in parti-
colare: Affreschi ferraresi restaurati ed acquisizioni per la Pinacoteca nazionale di Ferrara, a
cura di Eugenio Riccomini, Ferrara, Ministero della Pubblica Istruzione-Soprintendenza
alle Gallerie di Bologna, 1974, pp. 29-35; sulla copia in tela dell’affresco, oggi a San
Pietroburgo: Garofalo. Pittore della Ferrara Estense, a cura di Tatiana Kustodieva, Mau-
ro Lucco, catalogo della mostra, Ferrara, 5 aprile-6 luglio 2008, Ginevra-Milano, Skira
Editore, 2008, n. 42, pp. 166-167.
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MARIA LUIGIA PAGLIANI
Io ho detto liberamente la mia opinione; l’ho detta dopo visita di mio oc-
chio, dopo mio esame, dopo ascoltato l’altrui parere, dopo ottenuto l’avviso
di perito in arte, dopo consultato non pochi egregi ferraresi e nel dirle anche
riportai le scuse che già il conte faceva ai lamenti de’ suoi concittadini(102).
Dico mal dato per avvertire il signor conte che l’opera potrebbe essere stata
in buona mente ed uscita da cattiva mano; onde non reggerebbe il suo cal-
colo della quantità sparsa sopra la superficie. Per certo il signor conte non
fu l’operatore […](103).
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
Sul finire degli anni Cinquanta del secolo l’Unità è ormai alle
porte e per chi, come Luciano Scarabelli, è impegnato nel mondo
culturale si aprono nuove opportunità. L’inevitabile processo di “na-
zionalizzazione” delle istituzioni e il conseguente riassetto dei diversi
comparti del pubblico impiego rappresentano un’occasione propizia
per molti(105). Il Piacentino, da tempo noto agli ambienti governativi,
punta direttamente – grazie agli scritti di argomento artistico, al-
le corrispondenze giornalistiche e alle sue personali conoscenze – al
mondo delle Belle Arti.
Le accademie sono però in profonda crisi. Sin dalla metà dell’Otto-
cento molte autorevoli voci, come ad esempio Pietro Selvatico Esten-
se, ne chiedono la chiusura in favore di un libero insegnamento su
modello delle antiche botteghe(106). La rigida e tradizionale forma-
zione accademica appare ormai del tutto inadeguata al suo scopo,
anzi viene ritenuta «principale sorgente del decadimento delle arti
moderne»(107). A poco servono i progetti e i tentativi governativi di
ca. L’olio sarebbe stato utilizzato per recuperare la vivacità del colore ridotta a causa
di uno sfaldamento del pigmento, in particolare dei bruni: Affreschi ferraresi restaurati,
pp. 34-35. Sulla polemica: Scarabelli, Opuscoli, pp. 280-283; Giuseppe Petrucci, Lette-
ra sopra alcuni dipinti di Ferrara, Novi, Tipografia Moretti, 1842, ripubblicata ivi, pp.
281-312; Francesco Avventi, Errata corrige di un articolo stampato dal Signor Luciano
Scarabelli nel Vaglio n. 31 anno III, in «Album», a. IX, 27 agosto 1842; Lodovico Gio-
ri, Lettera di L.G. a Luciano Scarabelli, Ferrara, 5 settembre 1842, in «Supplemento al
Raccoglitore di cognizioni utili», a. III, n. 10, 6 settembre 1842; Id., Alcune parole sulla
lettera del Sig. Luciano Scarabelli inserita nell’Album di Roma n. 37 (1842) riguardante
l’affresco del Garofalo di Sant’Andrea, in «Il Raccoglitore di cognizioni utili», a. IV, n.
2, 10 gennaio 1843.
(104) Lettera di Giuseppe Petrucci a Luciano Scarabelli, p. 303; Regolamento per le
Commissioni ausiliarie di Belle Arti istituite nelle Legazioni e Delegazioni dello Stato Pon-
tificio, 6 agosto 1821, in Andrea Emiliani, Leggi bandi e provvedimenti per la tutela dei
beni artistici e culturali negli antichi Stati italiani 1571-1860, Bologna, Edizioni Alfa,
1978, pp. 146-151, a p. 148.
(105) Pertici, Appunti sulla nascita dell’intellettuale in Italia, p. 321.
(106) Pietro Estense Selvatico, Sull’insegnamento libero nelle arti del disegno surrogato
alle accademie, Venezia, Tipografia del Commercio, 1858; Luigi Mussini, Intorno all’ordi-
namento dell’Accademia di Belle arti in Firenze, Firenze, M. Cellini e C., 1859; Roberto
D’Azeglio, Delle Accademie di Belle Arti, Torino, Stamperia dell’Unione, 1859; Nicosia,
Arte e accademie nell’Ottocento, pp. 189-209.
(107) Scritti d’arte del primo Ottocento, p. 256.
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MARIA LUIGIA PAGLIANI
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
(110) BCPc, Ms. Com. 281, n. 177, Lettera di Massimo D’Azeglio a Luciano Scara-
belli, 24 maggio 1860; n. 178, Lettera di Massimo D’Azeglio a Luciano Scarabelli, 26
maggio 1860; Scritti d’arte del primo Ottocento, p. XVII.
(111) BCPc, Ms. Com. 281, n. 176, Lettera del Segretario generale del Ministero
della Pubblica Istruzione a Luciano Scarabelli, Torino 31 maggio 1860, trasmissione
del decreto di nomina.
(112) Cfr. in questo volume il saggio di Angelo Cerizza, Luciano Scarabelli: un ac-
cademico in Parlamento.
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MARIA LUIGIA PAGLIANI
A Bologna Scarabelli ritrova molti volti noti, primo fra tutti l’ami-
co Cesare Masini, che, segretario dal 1845, sopravvive al nuovo assetto
politico e istituzionale. Il direttore è il pittore lombardo Carlo Arienti,
già docente di pittura all’Accademia Albertina di Torino. Fra i profes-
sori figurano: il bolognese Antonio Muzzi, oggetto nel ’46 delle critiche
dello Scarabelli, il livornese Salvino Salvini, incaricato per la Scultura,
e il noto ritrattista Antonio Puccinelli, docente di Pittura(115).
Il clima è soffocante. Il direttore rifiuta ogni novità e il segretario
difende i valori della tradizione, timoroso anche della locale Socie-
tà promotrice, colpevole di «allontanare gli artisti dai principi divul-
gati dall’accademia e dal predominio da essa accordato alla pittura
storica»(116). Il nuovo professore di Estetica non è da meno.
Convinto sostenitore dei metodi tradizionali delinea così la for-
mazione dell’artista:
ritornare allo studio principale del nudo e allo studiarlo indefesso, da cui solo
e non da altro scende alla mano abilità d’obbedire all’intelletto; e insiem col
nudo allo studio d’ogni vero della natura ma con scelta reale del bello, ed
esercitarvisi d’intorno nelle composizioni in qualunque argomento; rifare lo
studio dell’antico, sia dalla statua, sia dalla medaglia; di ciò che è dalla mano
dell’uomo scegliere il nobile, ma parcamente usare, senza che non riesce il
vivo delle passioni nelle figure che poniate ne’ drammi(117).
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
Sullo studio dell’antico negli appunti per una lezione del marzo del
1870 aggiunge:
il bello […] tanto carezzato dagli antichi, […] tenuto lungamente e non tra-
mezzato dallo studio del vivo conduce poi al duro e mena anche al falso
l’intuizione dell’artista. Quello che è tradotto in que’ marmi è tolto pienamente
dal vero, ma modellato con lo sguardo della visione dell’intelletto che veste
del bello e del perfetto le forme della viva natura(118).
non istare alle carezze esclusive della sola arte che si voglia esercitare, ma
aiutarsi altresì dello studio della sua più vicina e più amica, non rimaner
digiuni di quelle lezioni di scienze positive a cui le arti chiedono propor-
zionalità, prospettiva, colore durevole; erudirsi profondamente colle istorie,
coll’Archeologia, colla Mitologia: ingagliardirsi la fantasia con la Poetica, e
invalorarsi l’armonia del colorire collo studio della Musica si come gli ottimi
de’ passati intesero e sento con gaudio che già usano molti de’ nostri(119).
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
Le difficoltà dello Scarabelli peraltro non sono che uno dei tanti
segnali del declino dell’Accademia bolognese soffocata da polemiche,
scontri, gelosie. La situazione è destinata ad esplodere pochi anni
più tardi, nel 1871, con uno scandalo che raggiunge le pagine dei
giornali e le aule giudiziarie e che vede tra i protagonisti l’Arienti,
il Masini, il professore di Scultura Salvini, l’allievo Enrico Barbèri e
naturalmente Luciano Scarabelli.
In gioco è la “pensione”, ovvero una borsa di studio governativa,
per le classi di Pittura, Architettura e Scultura. Le prove si tengono
nel novembre del ’70, ma il buon andamento è turbato dalle dichia-
razioni di un partecipante alla selezione per la Scultura: Enrico Bar-
bèri denuncia alla direzione una modifica apportata al suo bozzetto
dal professore di Scultura Salvino Salvini. L’azione lo danneggia e
può escluderlo dal concorso. Altri concorrenti, nell’intento forse di
eliminare uno dei favoriti, confermano la cosa. Il Masini conduce
un’inchiesta interna. Il professor Salvini avrebbe avuto l’opportunità
249
MARIA LUIGIA PAGLIANI
(136) AABABo, 1871, Titolo V, fasc. Giudizio sui concorsi al Pensionato triennale di
Pittura e Architettura, Relazione di Cesare Masini e Carlo Arienti ad Adeodato Malate-
sta, 30 gennaio 1871.
(137) Cesare Masini, Scritto apologetico di Cesare Masini Professore-segretario della
Regia Accademia Centrale delle Belle Arti dell’Emilia in Bologna. Testimone in tribunale
nella causa Barbèri-Salvini ottobre 1871, Bologna, Regia Tipografia, p. 21.
(138) «Il Monitore di Bologna», 26 novembre 1870; 27 novembre 1870; 29 novembre
1870; 1° dicembre 1870; 3 dicembre 1870.
(139) Masini, Scritto apologetico, p. 16; i rapporti tra lo Scarabelli e il Salvini erano
buoni, tanto che all’epoca della contestazione del 1867 il Salvini aveva rappresentato lo
Scarabelli presso il Ministero, allora a Firenze (cfr. nota 126); a sua volta lo Scarabelli,
nel 1870 aveva fatto da intermediario al Salvini nella vendita di un’opera di Donatello
di sua proprietà: BCPc, Ms. Com. 278, b. S, Lettera di Enrico C. Barlow a Luciano
Scarabelli, Newington Butts, 9 luglio 1870.
(140) AABABo, 1871, Titolo V, fasc. Giudizio sui concorsi al Pensionato triennale di
Pittura e Architettura, Relazione di Cesare Masini e Carlo Arienti ad Adeodato Malate-
sta, 30 gennaio 1871.
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IL BELLO E IL VERO: LUCIANO SCARABELLI E LE ARTI
Trascorsi appena due mesi dall’apertura delle Scuole pervenne alla Direzione
un dispaccio dell’onorevole Prefetto di questa Provincia in cui s’annunziavano
stabilite con Decreti reali del 23 Dicembre 1871 le seguenti innovazioni:
Trovato per più rispetti inopportuno il tenere disgiunte le due cariche di
Segretario dell’Accademia e di Professore di Critica e storia d’arte, quelle si
riunivano in una sola persona, conforme a quanto è generalmente in uso
nelle altre accademie del Regno. E però il professore Cesare Masini, che da
ventisette anni esercitava l’ufficio di segretario, si collocava a riposo, man-
tenendogli il Governo l’intero onorario e suggellando con una distinzione di
merito le testimonianze del suo lungo e onorato esercizio. Il Prof. Comm.
Luciano Scarabelli cattedratico di storia e critica era collocato in disponibilità
per riduzione d’ufficio. A ricoprire queste due cariche viene nominato il prof.
Enrico Panzacchi già da tre anni cattedratico di Filosofia al R. Liceo Galvani.
In pari tempo per supplire nella direzione dell’Istituto e sorveglianza delle
Scuole all’egregio Direttore Comm. Arienti da tempo infermo, il Governo in-
carica con ampio e temporaneo mandato il celebre artista comm. Cincinnato
Baruzzi, che fu già per trent’anni professore di scultura in questa accademia.
La qualità di reggente attribuita nella nomina al Panzacchi, nonché il carattere
straordinario e provvisorio della carica del Baruzzi, preludevano ad ulteriori
ordinamenti conformi allo Statuto accademico(144).
(141) AABABo, Lettera di Adeodato Malatesta a Carlo Arienti del 27 gennaio 1871.
(142) Ibid. Il corsivo rende le sottolineature dell’originale.
(143) AABABo, 1871, Titolo V, fasc. Nuovo concorso al Pensionato di scultura trien-
nale, Decreto del Ministro Cesare Correnti 24 febbario 1871; Lettera di Cesare Masini a
Ferdinando Asioli segretario dell’Accademia di Modena, 27 febbraio 1871.
(144) Enrico Panzacchi, Relazione dell’anno accademico 6 novembre 1871-30 giugno
1872, in Atti della R. Accademia di Belle Arti di Bologna Centrale dell’Emilia, Bologna,
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Regia Tipografia, 1872, pp. 16-17 (il corsivo rende la sottolineatura dell’originale). En-
rico Panzacchi, scrittore e critico, una delle personalità più in vista della Bologna di
fine Ottocento, fu eletto alla Camera dei deputati per tre legislature e nel 1901 ricoprì
l’incarico di sottosegretario alla Pubblica Istruzione: DB, II, p. 393; Giumanini, Gli uo-
mini dell’Accademia, pp. 137-152.
(145) Si tratta di 1.700 lire annue lorde, versate mensilmente (BCPc, Ms. Com.
281/4, Lettera del Ministero delle Finanze a L.S., 28 maggio 1872) confrontabili con lo
stipendio annuo della carriera esecutiva: Retribuzione di alcune categorie del personale
civile dello Stato, in Sommario di statistiche storiche dell’Italia 1861-1975, Roma, Istituto
centrale di Statistica, 1976, p. 148 tav. 112.
(146) AABABo, 1867, Titolo I, Provvidenze generali, Lettera di Luciano Scarabelli
al direttore Carlo Arienti, 19 settembre 1867, con la quale chiede di poter vedere i
verbali del Giordani.
(147) Scarabelli, Di Pietro Giordani, p. VII; Antonio Vitellaro, Luciano Scarabelli al-
lievo di Pietro Giordani, in «Archivio Nisseno», I, 1, 2007, pp. 113-132, a pp. 127-131;
sugli anni di Giordani all’Accademia: Andrea Emiliani, Il panegirico a Napoleone legi-
slatore (agosto 1807-1813), in Paola Errani, Le vicende della Biblioteca Malatestiana nel
periodo francese e la nascita della Biblioteca Comunale (1797-1813), Bologna, Editrice
Compositori, 2006, pp. 177-191, a pp. 183-186.
(148) Lettera di Cesare Masini del 10 aprile 1867, in Scarabelli, Di Pietro Giordani,
pp. 141-144, a pp. 142-143.
(149) Luciano Scarabelli al Direttore del «Gazzettino delle arti del disegno», 26
aprile 1867, ibid., pp. 146-148, part. p. 148, la vicenda è all’origine delle sestine giocose
del Masini del 1871, cfr. nota 109.
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